N. 206 SENTENZA 8 - 25 settembre 2020

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Miniere, cave e torbiere - Norme della Regione  Toscana  -  Attivita'
  estrattiva nelle cave - Variazione in aumento dello scavo  rispetto
  all'originario piano di coltivazione - Ampliamento delle volumetrie
  di scavo  eccedenti  il  limite  massimo  di  1.000  metri  cubi  -
  Necessita'   di   una    nuova    autorizzazione    -    Denunciata
  irragionevolezza  e  violazione  del  principio  di  uguaglianza  -
  Inammissibilita' della questione. 
- Legge della Regione Toscana 25 marzo 2015, n. 35, art. 23, comma 1,
  lettera a). 
- Costituzione, art. 3. 
(GU n.40 del 30-9-2020 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Mario Rosario MORELLI; 
Giudici :Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana  SCIARRA,  Daria
  de PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI, Stefano PETITTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  23,  comma
1, lettera a), della legge della Regione Toscana 25 marzo 2015, n. 35
(Disposizioni in materia di cave. Modifiche alla l.r. 104/1995,  l.r.
65/1997, l.r. 78/1998, l.r. 10/2010 e  l.r.  65/2014),  promosso  dal
Tribunale amministrativo regionale per la  Toscana  nel  procedimento
vertente tra la Escavazione Marmi  Lorano  II  srl  e  il  Comune  di
Carrara, con ordinanza del 23 aprile 2019, iscritta  al  n.  136  del
registro ordinanze 2019 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visti l'atto di costituzione della Escavazione  Marmi  Lorano  II
srl, nonche' l'atto di intervento della Regione Toscana; 
    udito nell'udienza pubblica  dell'8  settembre  2020  il  Giudice
relatore Augusto Antonio Barbera; 
    uditi gli avvocati Giuseppe Morbidelli e Riccardo Diamanti per la
Escavazione Marmi Lorano II srl e l'avvocato Marcello  Cecchetti  per
la Regione Toscana; 
    deliberato nella camera di consiglio dell'8 settembre 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 23 aprile 2019 (r.o. n. 136 del  2019),  il
Tribunale  amministrativo  regionale  per  la  Toscana  ha  sollevato
questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  23,  comma  1,
lettera a), della legge della Regione Toscana 25 marzo  2015,  n.  35
(Disposizioni in materia di cave. Modifiche alla l.r. 104/1995;  l.r.
65/1997, l.r. 78/1998, l.r. 10/2010 e l.r.  65/2014)  in  riferimento
all'art. 3 della Costituzione. 
    La  disposizione  censurata  prevede  che  l'impresa  autorizzata
all'esercizio di attivita' estrattiva nelle cave debba richiedere una
nuova  autorizzazione  a  seguito   di   una   variazione,   rispetto
all'originario progetto di coltivazione del  sito,  che  comporti  un
«ampliamento delle volumetrie di scavo eccedenti il limite massimo di
1.000 metri cubi». 
    2.- Il giudizio principale e' stato promosso da Escavazioni Marmi
Lorano II srl, titolare di autorizzazione all'estrazione di materiale
lapideo nel distretto delle Alpi Apuane. 
    Detta societa' aveva dapprima impugnato innanzi  al  TAR  Toscana
l'ordinanza del 27 luglio 2018, n.  prot.  59205,  con  la  quale  il
Comune di Carrara  le  aveva  ordinato  la  sospensione  dei  lavori,
contestandole di aver svolto attivita' di escavazione in  difformita'
dall'autorizzazione rilasciata, in particolare ampliando  le  proprie
volumetrie di scavo in misura eccedente il limite normativo di  1.000
metri cubi; quindi, poiche'  l'amministrazione  aveva  revocato  tale
atto - ritenuta l'applicabilita' al caso di specie  dell'art.  58-bis
della legge reg. Toscana n. 35 del 2015,  nel  frattempo  entrato  in
vigore - ed emesso  il  27  novembre  2018  una  nuova  ordinanza  di
sospensione dei lavori (n. prot. 91001)  del  27  novembre  2018,  la
citata societa' aveva impugnato quest'ultima con ricorso  per  motivi
aggiunti. 
    3.- In ordine alla rilevanza della questione, il TAR  Toscana  ha
osservato che il provvedimento impugnato si fonda sul superamento, da
parte della ricorrente, del limite quantitativo di  tolleranza  negli
scavi. 
    3.1.-  Quanto,  invece,  alla  non  manifesta  infondatezza,   il
rimettente ha sostenuto che la determinazione di un limite massimo di
volumetria, entro cui considerare tollerabile il margine  di  aumento
del volume delle escavazioni, a prescindere  dalle  dimensioni  della
cava  in  cui  esso  e'  realizzato,  violerebbe  il   principio   di
uguaglianza,  comportando  l'identico  trattamento   di   fattispecie
diverse fra loro. 
    Infatti,  dopo  aver  premesso  in  fatto  che  «il   lavoro   di
escavazione del marmo non e' esattamente programmabile a priori»,  il
TAR Toscana ha rilevato che  il  margine  stabilito  dal  legislatore
«puo' essere sufficiente ad affrontare gli imprevisti in una cava  di
dimensioni modeste», ma in una di fronte  particolarmente  esteso  il
limite potrebbe essere superato «per  fatti  anche  non  addebitabili
all'escavatore»;  di  qui  la  dedotta  violazione,  avuto   vieppiu'
riguardo al fatto che al  superamento  del  limite  la  stessa  legge
regionale  ricollega  la  sanzione   piu'   grave   della   decadenza
dall'autorizzazione. 
    3.2.-  Piu'  specificamente,  il  rimettente  ha  richiamato   la
giurisprudenza della Corte costituzionale, formatasi a partire  dalla
nota sentenza n. 53 del 1958, secondo la quale  la  parificazione  di
situazioni  oggettivamente   diverse   costituisce   violazione   del
principio di uguaglianza; mentre, per contro, siffatta violazione non
esiste laddove  una  diversita'  di  disciplina  corrisponda  ad  una
diversita' di situazioni, fatto salvo il limite generale dei principi
di proporzionalita' e ragionevolezza (sentenze n. 79 del 2016 e n. 85
del 2013). 
    Da tanto il giudice a quo ha fatto conseguire una valutazione  di
irragionevolezza della norma, che - pur a fronte di cave diversamente
dimensionate  -  prevede  un  limite  generale  di  tolleranza  nella
difformita' degli scavi espresso in termini  quantitativi,  «anziche'
in termini proporzionali alle dimensioni di ciascun sito estrattivo». 
    4.- Con atto depositato il 7  ottobre  2019  e'  intervenuta  nel
giudizio la Regione Toscana. 
    4.1.-  In  via  preliminare,   la   Regione   ha   rilevato   che
successivamente al deposito dell'ordinanza di  rimessione,  la  norma
censurata e' stata sostituita dall'art.  10,  comma  1,  della  legge
della Regione Toscana 5 agosto 2019, n.  56  (Nuove  disposizioni  in
materia di cave. Modifiche alla l.r. 35/2015 e  alla  l.r.  65/2014);
per effetto di tale modifica, il nuovo testo dell'art. 23,  comma  1,
lettera a), della legge Reg. Toscana n.  35  del  2015  prescrive  il
rilascio  di  nuova  autorizzazione  per  il  caso  in  cui   vengano
realizzate  «difformita'  volumetriche,  entro   il   dimensionamento
autorizzato, eccedenti il 4,5 per cento delle volumetrie  autorizzate
qualora tali difformita' risultino pari o  superiori  a  1.000  metri
cubi e fermo restando il limite massimo di 9.500 metri cubi». 
    Su tale base ha  chiesto  che  gli  atti  vengano  restituiti  al
giudice a quo per la rivalutazione dei presupposti di rilevanza e non
manifesta infondatezza della questione. 
    4.2.-  Nel  merito,  la  Regione  ha   in   ogni   caso   dedotto
l'infondatezza della questione di legittimita'. 
    A tale riguardo, ha sostenuto che il  rimettente  avrebbe  errato
nell'interpretare la  norma  censurata  come  disposizione  meramente
indicativa di un "margine di tolleranza", idoneo  a  consentire  alle
imprese di escavazione le  variazioni  in  aumento  delle  volumetrie
autorizzate,  senza  attendere  i  tempi  di  un  nuovo  procedimento
amministrativo. 
    La norma andrebbe invece  interpretata  nel  solco  della  regola
affermata dall'art. 17 della legge reg. Toscana n. 35 del  2015,  che
sancisce il ruolo centrale del «progetto di coltivazione»  consegnato
al Comune per l'autorizzazione, e nel quale sono  indicati  i  metodi
adottati,  le  specifiche  di  dimensionamento  spazio-temporale  dei
lavori di scavo, l'analisi di stabilita' geologica ed ogni altro dato
necessario a valutare la compatibilita' dell'attivita' svolta con  il
territorio,  in  tutti  i  suoi   molteplici   aspetti   (ambientale,
paesaggistico, idrogeologico e di sicurezza dei luoghi). 
    In tal senso, la previsione censurata costituirebbe  un'eccezione
alla  necessita'  di  autorizzazione  ex  ante,   perche'   riafferma
l'inammissibilita' di coltivazioni di cava in ambiti non  previamente
sottoposti alle valutazioni ed autorizzazioni prescritte, se non  per
ipotesi circoscritte di minore entita', fra le  quali  l'aumento  del
volume di scavo contenuto nel limite di 1.000 metri cubi. 
    Cio' posto, e ritenuta altresi'  la  finalita'  deterrente  della
norma censurata, in quanto presupposto per l'applicazione del  regime
sanzionatorio in materia  di  attivita'  estrattiva,  la  Regione  ha
concluso osservando che la stessa si sottrae  ad  ogni  sindacato  di
legittimita' costituzionale sotto il  profilo  della  ragionevolezza,
poiche' il perimetro della condotta  punibile  e  la  gravita'  della
risposta    sanzionatoria     costituiscono     espressione     della
discrezionalita' del legislatore nel perseguimento di un obiettivo di
tutela dell'ambiente, in termini che prescindono dal  dimensionamento
del sito estrattivo. 
    5.- Con atto depositato l'8 ottobre 2019,  si  e'  costituita  la
ricorrente nel giudizio principale Escavazione Marmi Lorano II srl. 
    5.1.- Ricostruite le vicende processuali anteriori all'avvio  del
giudizio di legittimita', anche la societa'  interveniente  ha  fatto
cenno al mutamento del quadro normativo,  dichiarandosi  «soddisfatta
della   modifica   legislativa   intervenuta»;   tuttavia,   ritenuta
l'irretroattivita'  della  nuova   disciplina,   ha   dichiarato   di
rimettersi «al prudente apprezzamento della  Corte,  in  merito  alla
valutazione sul superamento o meno della  questione  d'illegittimita'
costituzionale sollevata ad opera della citata novella legislativa». 
    5.2.- Quanto al  merito  della  questione,  la  societa'  ha  poi
aderito alla richiesta di declaratoria di illegittimita' della  norma
censurata, evidenziando l'opportunita' di estenderla all'art.  58-bis
della legge reg. Toscana n. 35  del  2015,  ove  continua  ad  essere
indicato un margine di tolleranza in misura fissa e non proporzionale
alla dimensione complessiva del sito estrattivo. 
    5.3.- In pari data la stessa ricorrente nel  giudizio  principale
ha depositato un atto denominato "memoria di costituzione con  nomina
di nuovi difensori in aggiunta a quelli gia' costituiti",  nel  quale
ha svolto considerazioni inerenti alla possibile  contrarieta'  della
norma censurata  a  parametri  costituzionali  diversi  ed  ulteriori
rispetto a quello indicato nell'ordinanza di rimessione. 
    5.4.- Infine, il 17 agosto 2020 la medesima  societa'  ricorrente
nel giudizio principale ha  depositato  memoria  integrativa  con  la
quale ha ribadito le proprie argomentazioni difensive. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale amministrativo regionale per la  Toscana  dubita
della legittimita' costituzionale dell'art. 23, comma 1, lettera  a),
della legge della Regione Toscana 25 marzo 2015, n. 35  (Disposizioni
in materia di cave. Modifiche alla l.r. 104/1995, l.r. 65/1997,  l.r.
78/1998, l.r. 10/2010 e l.r.  65/2014),  in  riferimento  all'art.  3
della Costituzione. 
    La   norma   censurata   prevede   che   l'impresa    autorizzata
all'esercizio di attivita' estrattiva nelle cave debba richiedere una
nuova  autorizzazione  a  seguito   di   una   variazione,   rispetto
all'originario progetto di coltivazione del  sito,  che  comporti  un
«ampliamento delle volumetrie di scavo eccedenti il limite massimo di
1.000 metri cubi». 
    1.1.-  Secondo  il  rimettente,  la  disposizione  violerebbe  il
principio  di  uguaglianza,  e   sarebbe   altresi'   intrinsecamente
irragionevole, poiche', nel prevedere un limite di  tolleranza  nella
difformita' degli  scavi  espresso  in  termini  quantitativi  fissi,
anziche' proporzionati alle dimensioni di  ciascun  sito  estrattivo,
assoggetterebbe ad identica disciplina fattispecie diverse fra  loro,
anche in considerazione del  fatto  che  la  stessa  legge  regionale
prevede che il superamento di tale margine comporti la sanzione  piu'
grave della decadenza dall'autorizzazione. 
    2.-  Ai  fini  dello  scrutinio  richiesto  a  questa  Corte   e'
necessario richiamare, nei suoi tratti salienti, il quadro  normativo
di riferimento,  insieme  agli  antecedenti  di  fatto  nel  giudizio
principale. 
    2.1.- Nel disciplinare l'esercizio dell'attivita' estrattiva,  la
legge reg.  Toscana  n.  35  del  2015  prevede  che  lo  stesso  sia
«subordinato ad autorizzazione del comune» (art. 16, comma 1)  e  che
la relativa domanda sia corredata, fra l'altro, da  un  «progetto  di
coltivazione», che indichi anche le «tipologie ed i quantitativi  dei
materiali da estrarre» (art. 17, comma 1, lettera c,  numero  3);  il
contenuto di tale progetto costituisce l'oggetto  dell'autorizzazione
(art. 18). 
    Per  le  ipotesi  nelle  quali  il  titolare  intenda  introdurre
varianti al progetto autorizzato, l'art. 23  consente  il  ricorso  a
segnalazione certificata di inizio attivita' (comma 2),  fatti  salvi
alcuni casi nei quali, per la rilevanza della variante, e'  richiesto
il rilascio di una nuova autorizzazione (comma 1). 
    Rientra  in  tali  casi  la  fattispecie  prevista  dalla   norma
censurata, che concerne la variazione in aumento del volume di scavo,
prescrivendo - per l'appunto - che  ove  tale  variazione  superi  il
margine di  1.000  metri  cubi  sia  necessario  ottenere  una  nuova
autorizzazione. 
    2.2.- Ai fini che qui vengono in rilievo, detta ultima previsione
non puo' essere letta disgiuntamente da quella  di  cui  all'art.  21
della legge reg. Toscana n. 35  del  2015,  che  -  per  il  caso  di
«realizzazione di interventi in difformita' dal progetto  autorizzato
che comportino varianti sostanziali di cui all'articolo 23, comma  1»
(comma 1, lettera d) - dispone l'adozione, da parte del  comune,  del
«provvedimento di  sospensione  dell'autorizzazione»  (comma  1),  da
notificarsi al trasgressore con l'indicazione dei termini  entro  cui
provvedere a presentare le eventuali controdeduzioni  (comma  2);  il
successivo comma 3 prevede, infine, che, ove «non ritenga  meritevoli
di  accoglimento  le  controdeduzioni  o  queste  non   siano   state
presentate  entro  il  medesimo  termine,   il   comune   adotta   il
provvedimento di decadenza» dall'autorizzazione stessa. 
    2.3.- Il  giudizio  principale  prende  avvio  in  tale  contesto
normativo. 
    Riferisce infatti il rimettente che, all'esito  dell'accertamento
di  lavorazioni   quantitativamente   difformi   dal   «progetto   di
coltivazione» autorizzato, in  data  27  luglio  2018  il  Comune  di
Carrara emise un'ordinanza con la quale  sospendeva  l'autorizzazione
gia' rilasciata ad Escavazione Marmi Lorano II srl. 
    La societa' aveva impugnato detta ordinanza con  ricorso  davanti
al TAR Toscana. 
    2.4.- L'ordinanza  impugnata  era  stata  tuttavia  revocata  dal
citato Comune con  provvedimento  del  30  ottobre  2018,  a  seguito
dell'intervenuta modifica della normativa applicabile. 
    L'art. 1, comma 1, della legge della Regione  Toscana  2  ottobre
2018, n. 54, recante «Modifiche alla legge regionale 25  marzo  2015,
n. 35 (Disposizioni in materia di cave. Modifiche alla l.r. 104/1995,
l.r. 65/1997, l.r. 78/1998, l.r.  10/2010  e  l.r.  65/2014)»,  aveva
infatti inserito, nella legge reg. Toscana n.  35  del  2015,  l'art.
58-bis. 
    2.5.- Quest'ultima previsione era stata introdotta  in  quanto  -
come evincibile dal preambolo della legge di modifica -  i  controlli
effettuati dai Carabinieri forestali della  Toscana  nelle  cave  del
distretto apuo-versiliese  avevano  rilevato  aumenti  di  scavo  per
quantitativi idonei a dar luogo alla decadenza  dalle  autorizzazioni
rilasciate; tali condotte  non  erano  pero'  state  contestate  alle
imprese da alcuni comuni del distretto, i quali,  nel  verificare  se
fosse stato o meno superato il margine di 1.000  metri  cubi  di  cui
all'art. 23, non tenevano conto degli scavi effettuati  al  di  fuori
del perimetro di cui al «progetto di coltivazione», ma che rimanevano
comunque  all'interno  della  piu'  ampia  area  a  disposizione  del
gestore. 
    Questa  interpretazione  aveva  ingenerato  l'affidamento   degli
operatori in ordine alla conformita'  volumetrica  dell'attivita'  di
escavazione, rendendo percio' necessario un intervento normativo che,
nel fornire espressamente una piu' rigorosa definizione del perimetro
estrattivo in  termini  corrispondenti  a  quello  del  «progetto  di
coltivazione», prevedesse tuttavia anche un  periodo  transitorio  di
adeguamento, durante il quale veniva esclusa l'immediata applicazione
della piu' grave misura sanzionatoria. 
    2.6.- A questo scopo, l'art. 58-bis della legge reg.  Toscana  n.
35 del 2015, rubricato «Disposizioni transitorie per il sanzionamento
di difformita' volumetriche sino all'approvazione dei piani attuativi
dei bacini estrattivi delle Alpi Apuane» dispone,  al  comma  1,  che
«[F]ino all'approvazione dei piani attuativi  previsti  dall'articolo
113 della L.R. 65/2014 e comunque non oltre la data del  31  dicembre
2019, qualora il titolare di un'autorizzazione in corso di  validita'
abbia realizzato una difformita' volumetrica superiore ai 1000  metri
cubi rispetto al progetto di coltivazione  autorizzato,  ma  comunque
all'interno dell'area in disponibilita' a destinazione estrattiva, il
comune  ordina  la  cessazione  immediata  dell'attivita'   nell'area
oggetto della difformita' e la presentazione di una perizia giurata»,
ove si attesti che le difformita'  sono  state  realizzate  in  epoca
anteriore al 25 ottobre 2018, data di entrata in vigore  della  legge
stessa. 
    Con il medesimo provvedimento,  il  Comune  ordina  «altresi'  la
presentazione e realizzazione di un progetto di messa in sicurezza  e
risistemazione ambientale dell'area che  tenga  conto  degli  impatti
complessivi derivanti dalle lavorazioni difformi». 
    Il comma successivo dispone che  l'autorizzazione  resti  sospesa
sino all'approvazione del progetto e al completamento delle opere  di
messa  in  sicurezza  dell'area,  ma  che   tali   adempimenti,   ove
intervenuti nei termini prescritti, determinino l'applicazione di una
sola sanzione pecuniaria; la  piu'  grave  sanzione  della  decadenza
dall'autorizzazione e' infatti prevista, in base al comma 3,  per  la
diversa ipotesi in cui  «il  titolare  non  ottemperi  agli  obblighi
stabiliti con l'ordinanza», ovvero «nel caso in  cui,  a  seguito  di
nuovo accertamento, venga rilevata una ulteriore difformita'». 
    2.7.- In conformita' a tali previsioni, in data 27 novembre  2018
il Comune di Carrara aveva dunque ordinato alla  societa'  ricorrente
nel giudizio principale di sospendere le attivita'  estrattive  e  di
produrre, entro novanta giorni, la perizia giurata ed il progetto  di
messa in sicurezza e risistemazione ambientale dell'area previsti dal
predetto art. 58-bis. 
    Quest'ultima ordinanza  e'  stata  oggetto  di  impugnazione  con
motivi aggiunti nel ricorso principale. 
    3.- Tale essendo il quadro normativo di riferimento nel  contesto
del giudizio principale, la questione sollevata dal  TAR  Toscana  e'
inammissibile  per  errata  individuazione  della  norma  applicabile
(aberratio ictus). 
    3.1.- Il rimettente, infatti, pur rilevando espressamente che  la
prima ordinanza del  Comune  di  Carrara,  fondata  sulla  violazione
dell'art. 23 della legge reg.  Toscana  n.  35  del  2015,  e'  stata
revocata e sostituita da una nuova ordinanza,  che  trova  fondamento
nella distinta previsione di cui all'art. 58-bis della stessa  legge,
rivolge le sue censure unicamente nei confronti della prima norma. 
    3.2.- Secondo il  costante  orientamento  di  questa  Corte,  nei
giudizi incidentali ricorre l'inammissibilita'  della  questione  per
aberratio ictus ogni qual volta le doglianze del  giudice  rimettente
investono  una  disposizione   diversa   da   quella   effettivamente
applicabile nel giudizio a quo (fra le altre, sentenze n. 15 del 2020
e n. 109 del 2019): la  questione,  in  tali  casi,  e'  irrilevante,
poiche', quale che sia la pronunzia  nel  merito  in  relazione  alle
censure prospettate, il giudizio a quo resterebbe definito  da  norme
contenute in disposizioni diverse. 
    3.3.- Nel caso di specie, la diversita' fra la norma censurata  e
quella applicata nel giudizio principale si  coglie  anzitutto  dalla
disamina delle condotte che, nelle rispettive  previsioni,  impongono
il rilascio di una nuova autorizzazione; l'art. 23,  infatti,  prende
in considerazione tutti gli aumenti volumetrici di  scavo  effettuati
dall'impresa autorizzata, mentre, come si e'  detto,  l'art.  58-bis,
pur richiamando lo stesso limite di volume, riguarda i  soli  aumenti
realizzati mediante scavi  esterni  al  perimetro  del  «progetto  di
coltivazione», ma compresi nell'area in disponibilita' a destinazione
estrattiva, ed entro il citato limite temporale del 25 ottobre 2018. 
    3.4.- Inoltre,  e  cio'  che  piu'  conta,  tale  distinzione  si
riverbera nella diversita' del procedimento amministrativo che prende
avvio dall'applicazione dell'una norma piuttosto che dell'altra. 
    Come e' stato illustrato nel punto 2.2, infatti,  il  superamento
del  margine  di  scavo  di  cui  all'art.  23  comporta  l'immediata
sospensione  dell'attivita'  e  l'avvio  di  un  procedimento   volto
all'adozione della sanzione della decadenza,  previo  contraddittorio
con  l'impresa  che  viene   invitata   a   presentare   le   proprie
controdeduzioni. 
    Invece,  il  riscontro  di  una  fattispecie  riconducibile  alla
previsione  di  cui  all'art.  58-bis,   che   nella   prospettazione
dell'ordinanza  di  rimessione  scherma  l'art.  23,   comporta   che
l'impresa cessi provvisoriamente l'attivita', provvedendo al contempo
ad alcuni adempimenti che, ove tempestivi ed approvati, ne consentano
la prosecuzione con l'applicazione della sola sanzione pecuniaria. 
    Cio', del resto, chiarisce il motivo per il quale  il  Comune  di
Carrara si era determinato a revocare la prima ordinanza emanata  nei
confronti dell'impresa ricorrente. 
    Della norma su cui si fonda la  seconda  ordinanza  del  medesimo
Comune, oggetto di ricorso per motivi aggiunti ed in  relazione  alla
quale pende il contenzioso,  non  vi  e'  traccia  nell'ordinanza  di
rimessione, che, pertanto, non chiarisce il profilo della  perdurante
rilevanza dell'art. 23. 
    4.-  Peraltro   la   norma   censurata   e'   stata   modificata,
successivamente  all'ordinanza  di  rimessione,  dalla  legge   della
Regione Toscana 5 agosto 2019, n. 56 (Nuove disposizioni  in  materia
di cave. Modifiche alla l.r.  35/2015  e  alla  l.r.  65/2014),  che,
all'art. 10, comma 1, stabilisce un margine di tolleranza espresso in
termini proporzionati alle dimensioni dell'area di scavo,  nel  senso
prospettato dallo stesso rimettente. 
    Tuttavia, detta modifica non ha inciso  sul  contenuto  dell'art.
58-bis  (eccetto  che  per  profili  che  qui  non  rilevano);  essa,
pertanto, non viene in considerazione in questa sede  come  possibile
jus superveniens, poiche' non riguarda la norma destinata a  definire
il giudizio principale. 
    5.- L'errata individuazione  della  disposizione  applicabile  al
giudizio principale costituisce ragione decisiva di  inammissibilita'
della questione proposta. 
      
 
                          per questi motivi 
                       la corte costituzionale 
 
    dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 23, comma 1, lettera a), della  legge  della
Regione Toscana 25 marzo 2015, n.  35  (Disposizioni  in  materia  di
cave. Modifiche alla l.r. 104/1995, l.r. 65/1997, l.r. 78/1998,  l.r.
10/2010 e l.r. 65/2014), sollevata, in riferimento all'art.  3  della
Costituzione, dal Tribunale Amministrativo Regionale per  La  Toscana
con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 settembre 2020. 
 
                                F.to: 
                  Mario Rosario MORELLI, Presidente 
                 Augusto Antonio BARBERA, Redattore 
                    Filomena PERRONE, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 25 settembre 2020. 
 
                           Il Cancelliere 
                       F.to: Filomena PERRONE