N. 136 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 giugno 2020

Ordinanza del 16 giugno 2020 della Corte d'appello di Reggio Calabria
nel  procedimento  civile  promosso  da  Istituto   Nazionale   della
Previdenza Sociale - INPS contro Italia Maria . 
 
Lavoro e previdenza (controversie in materia di)  -  Accertamento  ai
  fini previdenziali e contributivi delle giornate  di  lavoro  degli
  operai agricoli  assunti  a  tempo  determinato  -  Compilazione  e
  pubblicazione, da parte dell'INPS, di elenchi nominativi annuali  -
  Riconoscimento o disconoscimento di giornate lavorative  successivo
  alla compilazione e pubblicazione dell'elenco nominativo annuale  -
  Previsione  che  l'INPS  provvede  alla  notifica   ai   lavoratori
  interessati mediante pubblicazione, con modalita'  telematiche,  di
  appositi elenchi nominativi trimestrali di variazione. 
- Decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98  (Disposizioni  urgenti  per  la
  stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni,  nella
  legge 15 luglio 2011, n. 111, art. 38, comma 7. 
(GU n.41 del 7-10-2020 )
 
                 Corte d'appello di Reggio Calabria 
 
    La Corte d'appello di Reggio Calabria, Sezione lavoro, riunita in
Camera di consiglio e composta dai signori magistrati: 
        1 dott. Massimo Gullino, Presidente est.; 
        2 dott.ssa Claudia De Martin, consigliere; 
        3 dott. Fabio Conti, consigliere rel. est.; 
    In esito all'udienza del  16  giugno  2020,  celebrata  ai  sensi
dell'art. 83, comma 7, lett h), decreto-legge  n.  18  del  17  marzo
2020, ha emesso la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
    Nel giudizio di appello n. 97/17 R.G.S.L. e vertente fra Istituto
nazionale  della  previdenza   sociale,   in   persona   del   legale
rappresentante, rappresentato e difeso dall'avv. Angela Maria Lagana'
e Italia  Maria,  rappresentata  e  difesa  dall'avv.  Maria  Carmela
Mirarchi. 
  1 - Fatti di causa 
    Il presente giudizio mira alla  riforma  della  sentenza  1087/16
pronunciata dal Tribunale  di  Locri,  Sezione  lavoro,  in  data  21
dicembre 2016 in materia di prestazioni previdenziali temporanee  per
lavoratore agricolo. 
    Il giudizio e' stato  instaurato  da  Italia  Maria  con  ricorso
depositato il 3 luglio 2015, nel  quale  narrava  di  avere  lavorato
quale  bracciante  agricola  alle  dipendenze  dell'Azienda  agricola
Chiarantano Maria in Sant'Agata del Bianco per centodue giornate  nel
2008, venendo iscritta negli  elenchi  dei  lavoratori  agricoli  del
Comune di Bovalino. Lamentava che l'Inps, con lettera  notificata  il
24 marzo 2015, le aveva richiesto la restituzione  di  1.215,03  euro
per disoccupazione agricola anno 2008, rilevando che  la  prestazione
non spettava  per  avvenuta  cancellazione  dagli  elenchi.  Chiedeva
dichiararsi l'illegittimita' della cancellazione  e  conseguentemente
l'esistenza di un titolo per l'erogazione della quale l'Inps chiedeva
la ripetizione. 
    Resistendo l'Inps,  esaminati  i  testimoni  Rossella  Papalia  e
Domenico Mangano, con sentenza n. 1087 depositata il 21 dicembre 2016
il giudice di  primo  grado  ha  accolto  le  domande  annullando  la
cancellazione, disponendo la reiscrizione e  dichiarando  non  dovute
all'Inps le somme ripetute. 
    Con l'atto di appello l'Inps lamenta che il tribunale e'  entrato
direttamente nel merito, senza esaminare la preliminare eccezione  di
decadenza dall'impugnazione della cancellazione dagli elenchi. 
    La appellata a riguardo si era difesa in primo grado, e ribadisce
in questa sede, di avere avuto  conoscenza  della  cancellazione  non
prima del 24 marzo 2015, sicche' il ricorso giudiziale proposto il  3
luglio sarebbe ampiamente tempestivo. 
    L'Inps  aveva  tuttavia  evidenziato  di  avere   notificato   il
provvedimento  con  le  forme  previste   dall'art.   38,   comma   7
decreto-legge n. 98 del 2011, conv. legge n. 111/2011, attraverso  la
pubblicazione telematica del terzo elenco trimestrale  di  variazione
2013 sul proprio sito dal 15 al 31 dicembre  2013.  Rispetto  a  tale
notifica, sostiene l'istituto, il termine decadenziale era ampiamente
decorso. 
    La  Italia  contesta  l'efficacia  della   notifica,   confutando
tuttavia solo genericamente l'adempimento degli oneri  procedimentali
a carico dell'istituto. Nega poi  che  la  disciplina  dell'art.  38,
comma 7 possa esserle applicata. 
  2 - Norme  applicabili  alla  fattispecie  e  loro  interpretazione
consolidata 
    Le fonti che vengono in rilievo nella fattispecie in esame sono: 
        l'art. 17, decreto-legge n. 7 del 1970, conv. legge n. 83 del
1970; 
        l'art. 22, decreto-legge n. 7 del 1970, conv. legge n. 83 del
1970; 
        l'art. 11, decreto legislativo n. 375 del 1993; 
        l'art. 38, decreto-legge n. 98 del 2011 conv.  legge  n.  111
del 2011; 
        l'art. 12-bis, regio decreto n. 1949 del 1940. 
    Nel diritto vivente espresso  dalla  consolidata  interpretazione
giurisprudenziale, il termine di centoventi giorni previsto dall'art.
22, decreto-legge n. 7 del 1970  conv.  legge  n.  83  del  1970  per
impugnare i provvedimenti definitivi in tema di iscrizione alle liste
dei lavoratori agricoli ha natura sostanziale, in quanto relativo  al
compimento di un atto di esercizio di un diritto  soggettivo,  ed  e'
insuscettibile di sanatoria. 
    Per altrettanto consolidato orientamento, l'iscrizione alle liste
costituisce, ai sensi del regio decreto 1949  del  1940,  presupposto
sostanziale indefettibile per ottenere prestazioni  previdenziali  in
agricoltura,  non  bastando  a  tal   fine   neanche   l'accertamento
giudiziale  dell'effettivita'  del  rapporto  di  lavoro,   ove   non
accompagnato dall'iscrizione. 
    A  mente  del  previgente  art.  17,  decreto-legge  n.   7/1970,
convertito in legge n. 83/1970, anche dopo le modifiche apportate dal
decreto-legge n. 510 conv. legge  n.  608  del  1996  e  dal  decreto
legislativo n. 375 del 1993, la decorrenza del  termine  decadenziale
per l'impugnazione dei provvedimenti  di  cancellazione  partiva  dal
momento  in  cui  il  provvedimento  era   comunicato   personalmente
all'interessato, a mezzo di messo comunale o  del  servizio  postale.
Cio' in particolare risulta dalla lettura di Cassazione Sez. lav.  n.
813 del 2007, ove testualmente si afferma che «La speciale disciplina
che compiutamente regola la materia dell'accertamento dei  lavoratori
agricoli dipendenti (oggi costituita dalle  disposizioni  del  citato
decreto-legge n. 7 del 1970, in parte sostituite dal decreto-legge 1º
ottobre 1996, art. 9-ter e segg. convertito nella legge  28  novembre
1996, n. 608, e da quelle del decreto legislativo 11 agosto 1993,  n.
375,   che   anch'esse   parzialmente   sostituiscono   quelle    del
decreto-legge n. 7 del 1970 nell'intento, esplicitato nel titolo, "di
razionalizzare   i   sistemi   di   accertamento    dei    lavoratori
dell'agricoltura e dei  relativi  contributi")  si  caratterizza  per
essere l'iscrizione  negli  elenchi  nominativi,  come  pure  la  non
iscrizione ovvero la cancellazione oggetto di provvedimenti  espressi
(il primo collettivo, gli altri individuali) e tutti comunicati  agli
interessati  mediante  notifica  (eseguita,  per  l'iscrizione,   con
l'affissione dell'elenco nell'albo pretorio del comune  di  residenza
ovvero personalmente al lavoratore in  caso  di  mancata  iscrizione,
totale  o  parziale,  o  di  cancellazione)».  A  tale  soluzione  ha
costantemente aderito la giurisprudenza  di  legittimita'  successiva
(Sez. lav. 19251 del 2007, 15814 del 2009, 12809 del 2011, 24901  del
2014). 
    La notifica personale non e' stata invece mai ritenuta necessaria
in relazione ai provvedimenti di iscrizione,  bastando  pertanto,  ai
fini della decorrenza dei  termini  di  decadenza,  la  pubblicazione
dell'elenco,  quale  comunicazione  collettiva   e   impersonale   ma
sufficientemente efficace. 
    Con la modifica introdotta dall'art. 38, comma 7,  si  e'  invece
stabilito che, in caso di  riconoscimento  o  di  disconoscimento  di
giornate  lavorative  intervenuti   dopo   la   compilazione   e   la
pubblicazione dell'elenco nominativo annuale,  l'Inps  provvede  alla
notifica ai  lavoratori  interessati  mediante  la  pubblicazione  di
appositi  elenchi  nominativi  trimestrali  di  variazione,  con   le
modalita' telematiche previste dall'art. 12-bis, regio  decreto  1949
del 1949, che recita «con riferimento alle  giornate  di  occupazione
successive al 31 dicembre 2010... gli elenchi nominativi  annuali  di
cui all'art. 12 sono notificati ai  lavoratori  interessati  mediante
pubblicazione  telematica  effettuata  dall'INPS  nel  proprio   sito
internet  entro  il  mese  di  marzo  dell'anno  successivo   secondo
specifiche tecniche stabilite dall'Istituto stesso». 
    Non e' piu' prevista, dunque, una  notificazione  individuale  al
lavoratore interessato, bensi' l'inserimento della cancellazione  del
singolo  lavoratore   in   un   elenco   di   variazione   pubblicato
telematicamente  dall'INPS  nel  proprio  sito,  secondo   specifiche
tecniche stabilite dall'Istituto stesso. 
    Lo strumento della pubblicazione on-line puo'  essere  utilizzato
anche  per  le  cancellazioni  dagli  elenchi   riguardanti   periodi
antecedenti al 31 dicembre 2010, poiche'  la  limitazione  alle  sole
giornate di occupazione successive a  tale  data  riguarda  soltanto,
secondo quanto disposto dal comma 6 (che ha aggiunto l'art. 12-bis al
regio decreto 1949 del 1940),  la  pubblicazione  sul  sito  internet
degli elenchi nominativi annuali, da effettuarsi  entro  il  mese  di
marzo  dell'anno  successivo,  non  anche  gli   elenchi   nominativi
trimestrali di variazione, disciplinati  dal  comma  7,  che  vengono
compilati in caso di riconoscimento o di disconoscimento di  giornate
lavorative  intervenuti  dopo  la  compilazione  e  la  pubblicazione
dell'elenco nominativo annuale, poiche' per tale seconda categoria di
elenchi il richiamo all'art. 12-bis riguarda  soltanto  le  modalita'
telematiche di pubblicazione, non anche la limitazione cronologica di
applicazione. 
    Mentre pertanto  la  modalita'  di  pubblicazione  on-line  degli
elenchi nominativi annuali, entro il 31 marzo, puo' essere utilizzata
soltanto per le giornate di lavoro effettuate  dopo  il  31  dicembre
2010, quella degli elenchi trimestrali di variazione puo'  riguardare
anche giornate lavorative antecedenti a quella data, come accade  nel
caso di specie in cui le giornate sono state svolte nel 2008. 
    In tal modo, l'art.  38,  comma  7  pone  sul  soggetto  iscritto
nell'elenco dei lavoratori agricoli un onere di  consultazione  degli
elenchi trimestrali di variazione pubblicati periodicamente sul  sito
on-line dell'Inps, secondo modalita' che - tra  l'altro  -  non  sono
fissate per legge ma  rinviate  alle  specifiche  tecniche  stabilite
dall'Istituto il quale, con circolare  82  del  14  giugno  2012,  ha
fissato i seguenti criteri: 
        1- Gli elenchi trimestrali di variazione conterranno tutti  i
riconoscimenti e/o i disconoscimenti di giornate intervenuti dopo  la
pubblicazione  dell'elenco   principale   2011;   in   tali   elenchi
confluiranno  anche  le  variazioni  valevoli  per  l'anno   2010   e
precedenti; 
        2- Gli elenchi di variazione verranno pubblicati  secondo  il
seguente calendario: 
          entro il 15 giugno - primo elenco di variazione; 
          entro il 15 settembre - secondo elenco di variazione; 
          entro il 15 dicembre - terzo elenco di variazione; 
          entro il 10 marzo dell'anno successivo - quarto  elenco  di
variazione; 
        3- I suddetti elenchi saranno pubblicati  sul  sito  internet
dell'Istituto accessibile  all'indirizzo  www.inps.it  nella  sezione
«Avvisi  e  Concorsi»,  sotto  la  voce  «Avvisi»,  e  rimarranno  in
pubblicazione per quindici giorni consecutivi, consultabili  mediante
libero accesso e senza utilizzo del P.I.N.; 
        4- Decorsi quindici giorni consecutivi dalla pubblicazione, i
medesimi elenchi non saranno piu' visualizzabili; 
        5- La pubblicazione dei citati elenchi di  variazione  avra',
ad ogni effetto di legge, valore di notifica alla  parte  interessata
e, pertanto, al lavoratore non verra' inviata la notifica individuale
della variazione di giornate; 
        6- Gli elenchi saranno consultabili per singola  provincia  e
singolo comune e ognuno di essi sara' accompagnato da un frontespizio
riportante  il  periodo  di  validita',  il  numero  dei   lavoratori
contenuti,  i  riferimenti  normativi  e  procedurali  a  base  delle
variazioni,  l'organo  e  i  termini  per   gli   eventuali   ricorsi
amministrativi. 
    Dunque,  la  legge  non  descrive  le  modalita'  e  i  tempi  di
pubblicazione degli elenchi di  variazione,  rimettendosi  sul  punto
alle circolari dell'INPS, le quali, tuttavia, non indicano delle date
precise nelle quali essi vanno pubblicati, ma solo i termini entro  i
quali cio'  va  fatto,  sicche'  non  e'  prevedibile  a  priori  con
certezza, ma  solo  in  termini  approssimativi,  quando  cadranno  i
quindici giorni durante i quali gli stessi resteranno pubblicati  sul
sito dell'Istituto. 
    La giurisprudenza di merito formatasi dopo  l'entrata  in  vigore
dell'art. 38, comma 7, vincolata  dalla  inequivocabile  formulazione
legislativa,  ha  tuttavia  costantemente  ritenuto  che,  una  volta
completata  la  procedura  ora  descritta,  l'interessato  ha  legale
conoscenza della cancellazione e  che  da  quel  momento  decorre  il
termine per l'impugnazione amministrativa,  ai  sensi  dell'art.  11,
decreto  legislativo  n.  375/1993,  in  assenza   della   quale   il
provvedimento diventa definitivo, con  conseguente  applicazione  del
termine di centoventi giorni per l'introduzione del giudizio  innanzi
al tribunale. 
    Cio' comporta l'onere, per il lavoratore agricolo, di un costante
controllo sul sito on-line dell'istituto  sulle  pubblicazioni  degli
elenchi di variazione che potrebbero -  in  ipotesi  come  quella  in
esame - contenere la cancellazione  della  sua  iscrizione  risalente
anche ad anni precedenti, verifica che -  tra  l'altro,  per  effetto
della rimessione all'Inps  delle  modalita'  di  pubblicazione  -  va
condotta, quantomeno, con cadenza quindicinale, posto che  quella  e'
la durata della pubblicazione di ogni singolo elenco. 
  3- Questione di legittimita' e sua rilevanza 
    Questa Corte ritiene non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 38, comma 7,  decreto-legge  n.
98/2011 conv. legge n. 111/2011 (di seguito art. 38, comma 7),  nella
parte  in  cui  prevede  che  «In  caso  di   riconoscimento   o   di
disconoscimento  di   giornate   lavorative   intervenuti   dopo   la
compilazione  e  la  pubblicazione  dell'elenco  nominativo  annuale,
l'INPS provvede alla notifica ai lavoratori interessati  mediante  la
pubblicazione, con le modalita' telematiche previste dall'art. 12-bis
del regio decreto 24 settembre 1940, n.  1949,  di  appositi  elenchi
nominativi trimestrali di variazione». 
    Nella fattispecie in esame l'applicazione di questa norma  assume
rilevanza decisiva  perche'  idonea  a  porre  nel  nulla  gli  esiti
dell'istruzione svolta in primo grado,  intervenendo  a  monte  sulla
stessa configurabilita'  del  diritto  alla  prestazione  e  pertanto
confermando la natura indebita della stessa. Vero e' che, nel caso in
esame, la soluzione della questione della  restituzione  dell'assunto
indebito dipende anche da altro accertamento, relativo  all'esistenza
o  meno  della  prova  dell'erogazione,  ma  la   ricorrente   chiede
esplicitamente  una  sentenza  di  condanna  alla  reiscrizione,  non
risolvibile senza l'applicazione dell'art. 38, comma 7. 
    La disciplina ora riassunta  appare  violare  le  seguenti  norme
costituzionali: 
        art. 117 Costituzione per mancata conformazione  del  diritto
interno ai vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario; 
        art.  24  Costituzione  per  irragionevole  compressione  dei
diritto di agire in giudizio per  la  tutela  dei  propri  diritti  e
interessi legittimi. 
  4- Segue - sulla non manifesta infondatezza della questione 
    L'art.  47  della  Carta  dei  diritti  fondamentali  dell'Unione
europea sancisce il c.d. principio di effettivita', riconoscendo  che
«Ogni individuo i cui diritti e le cui liberta' garantiti dal diritto
dell'Unione siano stati violati ha diritto  a  un  ricorso  effettivo
dinanzi a un giudice...». 
    Secondo la costante  giurisprudenza  della  Corte  di  giustizia,
spetta agli stati membri disciplinare le  modalita'  procedurali  dei
ricorsi, alla sola  condizione  che  tali  modalita'  non  violino  i
principi di equivalenza ed effettivita',  e  cioe',  rispettivamente,
non siano meno favorevoli di quelle che riguardano  ricorsi  analoghi
previsti  per  la  tutela  dei  diritti  derivanti   dall'ordinamento
interno,  ne'  rendano  praticamente  impossibile  o   eccessivamente
difficile  l'esercizio   dei   diritti   conferiti   dall'ordinamento
giuridico dell'Unione (tra le tante, Corte di giustizia  26  novembre
2015, C-166/14, Med Eval, punto 37; 12  marzo  2015,  e  Vigilo  Ltd,
C-538/13, punto 39; 6 ottobre 2015, Orizzonte Salute, C-61/14,  punto
46). 
    Spetta poi, in primo luogo, ai giudici  interni  valutare  se  le
disposizioni esaminate, nel  loro  contesto  ordinamentale  e  tenuto
conto delle finalita' che le sorreggono,  soddisfino  i  principi  di
equivalenza ed effettivita' (Corte di  giustizia,  29  ottobre  2009,
C-63/08, Virginie Pontin, punto 49). 
    Dunque, il sistema dell'Unione europea intende garantire  a  ogni
cittadino una  tutela  effettiva  dei  propri  diritti,  che  rimuova
ostacoli di ordine processuale  che  rendano  eccessivamente  oneroso
l'esercizio del diritto di difesa. 
    Sulla medesima linea  si  muove  la  giurisprudenza  della  Corte
costituzionale, che ha costantemente utilizzato, quale parametro alla
cui stregua valutare la  legittimita'  delle  norme  processuali,  la
idoneita'  delle  stesse  a  rendere  effettiva  la  possibilita'  di
esercizio del  diritto  cui  esse  si  riferiscono,  non  frapponendo
ostacoli che producano eccessive e irragionevoli difficolta'. 
    Basti citare, al riguardo, la sentenza n. 44 del 2016, con cui e'
stata  ritenuta  l'illegittimita'  costituzionale  della  norma   che
fissava, per le controversie proposte nei confronti dei concessionari
del  servizio  di  riscossione,  la  competenza   della   commissione
tributaria  provinciale  nella  cui  circoscrizione  i  concessionari
stessi hanno sede, anziche' quella nella cui circoscrizione  ha  sede
l'ente locale  concedente,  rilevando  che  l'ampia  discrezionalita'
riconosciuta  al  legislatore  nella  conformazione  degli   istituti
processuali, anche in materia  di  competenza,  incontra  pur  sempre
«..il limite della manifesta irragionevolezza della  disciplina,  che
si  ravvisa,  con  riferimento  specifico   al   parametro   evocato,
ogniqualvolta emerga un'ingiustificabile compressione del diritto  di
agire. Nella disciplina de qua, il legislatore, nell'esercizio  della
propria discrezionalita',  ha  individuato  un  criterio  attributivo
della competenza che concretizza  quella  condizione  di  sostanziale
impedimento all'esercizio del  diritto  di  azione,  suscettibile  di
integrare la violazione dell'art. 24 Costituzione ovvero  di  rendere
oltremodo difficoltosa la tutela giurisdizionale.  Invero,  il  fatto
che il contribuente debba farsi carico di uno spostamento  geografico
anche significativo per  esercitare  il  proprio  diritto  di  difesa
integra un considerevole onore a suo carico, il quale,  gia'  di  per
se' ingiustificato, diviene tanto  piu'  rilevante  in  relazione  ai
valori fiscali normalmente in gioco, che potrebbero essere di modesta
entita', e, quindi, tali da  rendere  non  conveniente  un'azione  da
esercitarsi in una sede lontana». 
    Il medesimo parametro di valutazione e'  stato  utilizzato  anche
per scrutinare la conformita' a costituzione di norme  che  impongono
termini per l'esercizio del diritto, statuendosi il principio secondo
cui l'incongruita' del termine rilevante sul piano  della  violazione
degli indicati parametri costituzionali si registra solo qualora esso
sia non idoneo a rendere effettiva la possibilita' di  esercizio  del
diritto cui si riferisce e di conseguenza tale da rendere  inoperante
la tutela accordata al cittadino (Corte  costituzionale  n.  94/2017,
cosi' in motivazione). 
    Il criterio dell'eccessiva difficolta' dell'esercizio del diritto
di difesa e' stato declinato anche con specifico riguardo al tema che
qui assume rilievo, ossia quello della verifica sulla  ragionevolezza
dell'adozione del sistema di comunicazione  attraverso  pubblicazione
di atti. 
    Al riguardo, va anzitutto segnalata Corte costituzionale  n.  223
del 1993, secondo cui «... fa parte integrante del diritto di difesa,
garantito dall'art. 24 Costituzione, porre i soggetti, interessati ad
impugnare determinati atti, in grado di aver tempestiva conoscenza di
tali atti, in modo da poter utilizzare nella loro interezza i termini
legali di decadenza  stabiliti  dalla  legge  per  l'esperimento  del
gravame. Questa esigenza e'  ordinariamente  assicurata  dalle  forme
comuni di comunicazione e notificazione, mentre e'  solo  eccezionale
il ricorso a forme di pubblicita', quale l'inserzione nella  Gazzetta
Ufficiale, che  determinano  una  presunzione  di  conoscenza  e  che
possono essere attuate  soltanto  in  casi  particolari,  quando  sia
impossibile  o  sommamente  difficoltoso   provvedere   nelle   forme
ordinarie. In tale quadro la  disciplina  della  notificazione  delle
sentenze dei Tribunali  delle  acque  pubbliche  alla  parte  rimasta
contumace appare lesiva del diritto di difesa laddove, pur senza  una
speciale ragione che renda impossibile o sommamente  difficoltosa  la
notificazione nelle forme  ordinarie  del  processo  civile,  prevede
l'inserzione  del   dispositivo   della   sentenza   nella   Gazzetta
Ufficiale.». 
    Sempre su questo tema, la giurisprudenza di legittimita'  (SS.UU.
n. 4394 del 1996) ha riconosciuto  la  rilevanza  costituzionale  del
diritto alla difesa effettiva in  particolare  con  riferimento  alla
individuazione del dies a quo del termine di sei mesi per  riassumere
il processo sospeso, a seguito di rimessione degli  atti  alla  Corte
costituzionale,  una  volta  intervenuta  la  decisione  della  Corte
stessa. 
    La Corte ha stabilito che, nel caso di sospensione del processo a
seguito di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, il dies
a quo del termine semestrale per  la  riassunzione  del  giudizio  e'
rappresentato dal giorno in cui avviene la comunicazione alla  parte,
ad  opera  della  cancelleria  del  giudice  che   ha   disposto   la
sospensione,  della  pronuncia  della  Corte  costituzionale  che  ha
definito la questione di costituzionalita' ad essa  rimessa,  poiche'
solo questa comunicazione  determina  la  conoscenza  concreta  della
pronunzia medesima, senza che assuma rilievo, all'indicato  fine,  il
sistema di pubblicazione  legale,  previsto  per  le  sentenze  e  le
ordinanze della Corte costituzionale - integralmente pubblicate nella
Gazzetta Ufficiale a norma, rispettivamente, dell'art. 21 decreto del
Presidente della Repubblica  n.  1092  del  1985  e  12  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 217  del  1986  -  diretto  a  rendere
conoscibili dette sentenze  alla  generalita',  ma  insufficiente  ad
assicurarne la conoscenza legale da parte dei soggetti specificamente
interessati alla prosecuzione del giudizio. 
    Le  decisioni  da  ultimo  segnalate  si  riferiscono  a  termini
«interni» al procedimento giudiziale, a differenza del caso in esame,
nel  quale  la  comunicazione  del  provvedimento  di   cancellazione
all'interessato fa  decorrere  il  termine  per  l'instaurazione  del
procedimento contenzioso amministrativo, una volta definito il  quale
decorre quello di centoventi giorni per la proposizione  del  ricorso
giudiziale. 
    La  ratio  che  ispira  quelle  sentenze  e,   segnatamente,   il
pronunciamento delle SS.UU., non puo' tuttavia non  estendersi  anche
al termine di decadenza  per  dare  inizio  ad  un'azione  giudiziale
quando, come nel caso in esame, sia strettissima la  correlazione  di
esso con l'esercizio del diritto di agire in sede giudiziale, tale da
dovere  essere   conforme   al   principio   sancito   dall'art.   24
Costituzione. 
    Le  due  fattispecie  presentano   infatti   profonde   analogie,
soprattutto con riguardo alla ritenuta inidoneita' a far decorrere il
termine (rispettivamente di riassunzione o  di  impugnazione)  di  un
sistema  di  pubblicazione  dei  provvedimenti  generalizzato  e  non
indirizzato al singolo soggetto interessato. 
    L'esigenza di garantire l'effettivita' dell'esercizio del diritto
di difesa che sta a fondamento della decisione delle Sezioni Unite si
ripropone, nel caso in esame, con ancora maggiore pregnanza,  ove  si
consideri, anzitutto, che  nel  procedimento  sospeso  a  seguito  di
rimessione alla Corte costituzionale la parte sa  che  ci  sara'  una
decisione a  seguito  della  quale  decorreranno  i  termini  per  la
riassunzione e, pur non sapendo esattamente  il  momento  (certus  an
incertus  quando),   e'   in   grado   di   fare   delle   previsioni
approssimative, seguendo l'andamento del  procedimento  innanzi  alla
Corte costituzionale, anche  attraverso  la  difesa  tecnica  di  cui
normalmente dispone nel giudizio a quo,  avveduta  e  attrezzata  sul
piano giuridico. 
    Viceversa, nel caso in questione, il lavoratore agricolo sa  solo
di essere iscritto negli elenchi dei lavoratori agricoli, ma  non  e'
necessariamente a conoscenza di eventuali  accertamenti  ispettivi  e
del loro esito, essendo tutt'altro che infrequenti i casi di indagini
ispettive su aziende agricole compiute  senza  assumere  informazioni
dai lavoratori interessati e anche a distanza di anni  da  quando  il
rapporto di lavoro agricolo si e' svolto. Il  lavoratore  dunque  non
soltanto non conosce i  tempi  dell'emissione  del  provvedimento  di
cancellazione che fara'  scattare  il  termine  di  impugnazione,  ma
neppure ha motivo di ritenere che un simile provvedimento verra'  mai
in  essere  e  non  ha  percio'  motivo  di   tenersi   costantemente
aggiornato. 
    Si aggiunga che costui non ha alcuna ragione per essere assistito
da un legale e non  e'  di  norma  dotato  di  conoscenze  giuridiche
adeguate. 
    La menomazione del diritto di difesa - gia'  rinvenibile  per  il
solo fatto di far decorrere il dies a quo per impugnare  dal  momento
della pubblicazione telematica degli  elenchi  di  variazione,  senza
comunicazione individuale ai  singoli  braccianti  interessati  dalla
cancellazione - e' ulteriormente aggravata dal fatto che, secondo  la
circolare Inps 82/2012 sopra citata, le variazioni restano pubblicate
per soli quindici giorni, decorsi i quali gli  eventuali  interessati
non avranno possibilita' di  venire  a  conoscenza  delle  rispettive
cancellazioni. 
    Ne  risulta  che,  delle  due  fasi  nelle  quali   si   sviluppa
l'attivita' che  e'  chiamata  a  svolgere  la  parte  interessata  a
proporre  ricorso  avverso  la  cancellazione  -  quella  percettiva,
consistente nel prendere cognizione dell'atto da impugnare, e  quella
volitiva, consistente nella elaborazione e predisposizione  dell'atto
di impugnazione - la prima finisce  per  soggiacere  non  al  termine
fissato dalla legge (come avverrebbe se,  conformemente  all'id  quod
plerumque  accidit,  l'atto,  una  volta   pubblicato,   restasse   a
disposizione a tempo indefinito), bensi' al minor termine di quindici
giorni   stabilito   dall'Istituto   previdenziale,   con   evidente,
irragionevole compressione  del  diritto  di  difesa,  non  potendosi
conculcare  il  diritto  dell'interessato  a  usufruire   dell'intero
termine di legge anche per la presa di conoscenza del  provvedimento,
nulla  escludendo  che  lo  stesso  possa  predisporre   il   ricorso
tempestivamente nell'imminenza della scadenza. 
    Ne' varrebbe obiettare che l'evoluzione degli ultimi anni  spinge
verso un piu' diffuso e agevole utilizzo degli strumenti  telematici,
ormai disponibili per ampia parte della popolazione, giacche',  oltre
a doversi rilevare che il processo  di  alfabetizzazione  informatica
non e' completo e uniforme ne' geograficamente ne' socialmente,  quel
che rende eccessivamente oneroso l'esercizio del  diritto  di  difesa
rispetto  all'osservanza  del  termine  di  decadenza  e'  la  stessa
necessita' di un controllo periodico, frequente  e  con  cadenza  non
preventivamente stabilita con esattezza del sito dell'Inps,  volto  a
verificare  l'eventuale  adozione  di  provvedimenti  che  potrebbero
riguardare anche annualita' risalenti e  che  sarebbero  destinati  a
incidere  non  su  un'aspettativa,   ma   su   un   diritto,   quello
all'iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli, gia' entrato  a
far parte del patrimonio del soggetto. 
    Non   risultano   nell'ordinamento,   del   resto,   ipotesi   di
pubblicazione generalizzata per casi in cui il  provvedimento  incida
su situazioni giuridiche gia' entrate nel patrimonio di un  soggetto,
che si trovi dunque in posizione di mera difesa. 
    Non varrebbe invocare, in contrario, la previsione dell'art.  32,
comma 1, legge n. 39/2009, secondo cui a  far  data  dal  1°  gennaio
2010,  gli  obblighi  di  pubblicazione  di  atti   e   provvedimenti
amministrativi aventi effetto  di  pubblicita'  legale  si  intendono
assolti con la pubblicazione nei propri  siti  informatici  da  parte
delle  amministrazioni  e  degli  enti   pubblici   obbligati,   tale
previsione  potendo  sottrarsi  a  una  censura   di   illegittimita'
costituzionale soltanto se interpretata quale forma  di  agevolazione
per le amministrazioni  che  debbano  portare  a  conoscenza  di  una
generalita'  di   soggetti   non   preventivamente   identificati   e
potenzialmente interessati (bandi di  gara,  concessioni  etc.),  non
quando si tratta di atti  che  incidono  direttamente  sulla  singola
posizione giuridica di soggetti determinati. 
    Tale soluzione si e' del resto fatta  strada  anche  nelle  prime
interpretazioni della giurisprudenza amministrativa. 
    Tribunale amministrativo regionale Lombardia - Milano sez. IV. n.
3148 del 2011 ha affermato che l'art. 32, comma 1, legge  n.  69  del
2009 «...appare inequivoco nel determinare una  presunzione  assoluta
di conoscenza in capo ai soggetti interessati all'emanazione di  atti
da parte delle pubbliche  amministrazioni,  qualora  gli  stessi  non
debbano ricevere  una  comunicazione  individuale  legata  alla  loro
peculiare posizione. 
    L'esigenza  di  una  utilizzazione  restrittiva  delle  forme  di
pubblicazione telematica e' stata avvertita anche  dal  Consiglio  di
Stato (sentenza n. 5570/2018), che pure si occupava non  di  un  atto
direttamente lesivo di singole posizioni  giuridiche,  bensi'  di  un
provvedimento amministrativo rispetto al  quale  vi  era  una  platea
indifferenziata  di  potenziali  interessati.  Si  legge  in   questa
sentenza che «...le norme in tema di pubblicazione  telematica  degli
atti devono essere  applicate  con  particolare  cautela  e,  quindi,
sottostare  ad  un  canone   di   interpretazione   restrittiva,   in
particolare modo nel momento in cui si tratta di determinare (in  via
interpretativa) gli effetti di conoscenza legale associabili o meno a
siffatta tipologia di esternazione  comunicativa.  A  favore  di  una
regola di cautela depongono  plurime  considerazioni,  riconducibili,
essenzialmente: a) alla mancanza di  una  disposizione  di  carattere
generale in grado di  equiparare,  nella  loro  efficacia  giuridica,
tutte le variegate forme di pubblicita' degli atti; b) alla  esigenza
di garantire, con regole  chiare  e  uniformi,  standard  tecnici  di
adeguata e omogenea  visibilita'  dei  dati  pubblicizzati  sui  siti
telematici,  nei  diversi  settori  e  ambiti  operativi  dell'azione
pubblica; c) alla constatazione di una diversa propensione  al  mezzo
telematico  che  si  riscontra  nei  differenti  ambiti  del  diritto
pubblico, anche in ragione dell'eterogeneo grado di  specializzazione
professionale dei  soggetti  che  vi  operano  e  agiscono;  d)  alla
notevole rilevanza degli interessi implicati nella materia in  esame,
in particolar modo per quanto concerne l'incidenza che la  conoscenza
legale dell'atto assume ai fini della decorrenza  del  termine  utile
per  l'impugnazione  degli  atti  soggetti  a  pubblicita';  e)  alla
conseguenza  necessita'  di  privilegiare,  in  presenza   di   dubbi
esegetici  aventi  effetti  sul   regime   decadenziale   dall'azione
impugnatoria, l'opzione meno sfavorevole per l'esercizio del  diritto
di difesa e, quindi, maggiormente conforme ai principi costituzionali
espressi dagli articoli  24,  111  e  113  Costituzione,  nonche'  al
principio di effettivita' della tutela giurisdizionale. 
    Questo collegio ritiene dunque che  la  norma  in  questione  non
garantisca  l'effettivo  esercizio  del  diritto  di   difesa,   reso
eccessivamente difficoltoso, sotto il profilo della gravosita' di  un
costante controllo  telematico  degli  elenchi  (inesigibile  per  se
stesso e  reso  ancor  piu'  gravoso  dal  fatto  che  -  secondo  le
disposizioni adottate dall'INPS, cui la norma  rinvia,  tali  elenchi
restano pubblicati solo per quindici giorni, senza che  l'interessato
sia in grado di conoscere con precisione la collocazione  cronologica
dei periodi di pubblicazione), onde evitare che diventi definitivo un
provvedimento che puo' portare alla perdita di  diritti  patrimoniali
anche rilevanti (si pensi alle ripercussioni  che  una  cancellazione
puo' avere sul requisito contributivo ai fini pensionistici), e  cio'
oltretutto, come sovente accade,  con  riguardo  a  iscrizioni  negli
elenchi risalenti a molti anni prima. 
  5- L'impossibilita' di un'interpretazione adeguatrice 
    Come la giurisprudenza costituzionale costantemente  insegna,  la
rimessione  della  questione  al  giudice  delle   leggi   presuppone
l'impossibilita' di un'interpretazione costituzionalmente compatibile
della norma in esame. 
    Il   giudice   a    quo    non    puo'    tuttavia    prescindere
dall'interpretazione  costante  che  di  tali  norme  viene  data  in
giurisprudenza  e,  come  visto  supra,  il  diritto  vivente  finora
consolidatosi e' univoco, sia in relazione  al  senso  da  attribuire
alla norma in scrutinio, sia riguardo alle conseguenze a cascata  che
dalla sua applicazione derivano riguardo i diritti dei lavoratori del
settore agricolo. 
    A cio' si aggiunga che qualunque interpretazione adeguatrice deve
trovare riscontro nel tenore letterale della norma. Come si e'  visto
supra, l'art. 38, comma 7 sfugge a  qualsiasi  ambiguita'  lessicale,
assegnando inequivocabilmente valore di notifica  alla  pubblicazione
degli  elenchi  trimestrali  di  variazione  secondo   le   modalita'
telematiche previste dall'art. 12-bis, regio decreto 1949 del 1940. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Letti gli articoli 134 e  137  Costituzione  della  Repubblica, 1
della legge costituzionale n. 1 del 1948 e 23 legge n. 87  del  1953,
solleva d'ufficio questione di legittimita' costituzionale  dell'art.
38, comma 7, decreto-legge n. 98 del 2011, convertito  con  legge  n.
111 del  2011,  per  contrasto  con  gli  articoli  24  e  117  della
Costituzione della Repubblica. 
    Ordina che a cura della cancelleria  la  presente  ordinanza  sia
notificata alle parti in causa e che sia notificata al Presidente del
Consiglio dei ministri e comunicata ai presidenti  della  Camera  dei
deputati e del Senato della  Repubblica  e  che,  all'esito  di  tale
comunicazione, sia trasmessa - assieme  al  fascicolo  processuale  -
alla Corte  costituzionale  con  la  prova  delle  avvenute  regolari
notificazioni e comunicazioni. 
    Sospende il giudizio. 
        Reggio Calabria, 16 giugno 2020 
 
                 Il Presidente coestensore: Gullino 
 
 
                                    Il consigliere coestensore: Conti