N. 140 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 giugno 2020
Ordinanza del 16 giugno 2020 della Corte d'appello di Reggio Calabria nel procedimento civile promosso da Italia Maria c/Istituto Nazionale della Previdenza Sociale - INPS . Lavoro e previdenza (controversie in materia di) - Accertamento ai fini previdenziali e contributivi delle giornate di lavoro degli operai agricoli assunti a tempo determinato - Compilazione e pubblicazione, da parte dell'INPS, di elenchi nominativi annuali - Riconoscimento o disconoscimento di giornate lavorative successivo alla compilazione e pubblicazione dell'elenco nominativo annuale - Previsione che l'INPS provvede alla notifica ai lavoratori interessati mediante pubblicazione, con modalita' telematiche, di appositi elenchi nominativi trimestrali di variazione. - Decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111, art. 38, comma 7.(GU n.41 del 7-10-2020 )
CORTE D'APPELLO di Reggio Calabria La Corte d'appello di Reggio Calabria, sezione lavoro, riunita in camera di consiglio e composta dai signori magistrati 1 Dott. Massimo Gullino Presidente est. 2 Dott. Claudia De Martin Consigliere 3 Dott. Fabio Conti Consigliere rel. est. in esito all'udienza del 16 giugno 2020, celebrata ai sensi dell'art. 83 comma 7 lett h) D.L. 18 del 17 marzo 2020, ha emesso la seguente ordinanza. Nel giudizio di appello n° 279/17 R.G.S.L. e vertente fra Italia Maria, rappresentata e difesa dall'avv. Maria Carmela Mirarchi e Istituto nazionale della previdenza sociale, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'avv. Angela Maria Lagana' 1- Fatti di causa. Il presente giudizio mira alla riforma della sentenza 1088/16 pronunciata dal tribunale di Locri, sezione lavoro, in data 21 dicembre 2016 in materia di prestazioni previdenziali temporanee per lavoratore agricolo. Il giudizio e' stato instaurato da Italia Maria con ricorso depositato il 27 luglio 2015, nel quale narrava di avere lavorato quale bracciante agricola alle dipendenze dell'azienda agricola Chiarantano Maria in Sant'Agata del Bianco per 102 giornate nel 2009, venendo iscritta negli elenchi dei lavoratori agricoli del comune di Bovalino. Lamentava che l'Inps, con lettera notificata il 24 marzo 2015, le aveva richiesto la restituzione di 1.215,03 euro per disoccupazione agricola anno 2008, rilevando che la prestazione non spettava per avvenuta cancellazione dagli elenchi. Chiedeva dichiararsi l'illegittimita' della cancellazione, con condanna alla reiscrizione, e conseguentemente accertarsi l'esistenza di un titolo per l'erogazione della quale l'Inps chiedeva la ripetizione. Resistendo l'lnps, il giudice di primo grado ha dichiarato la domanda improcedibile per mancato espletamento del procedimento amministrativo prodromico. Con l'atto di appello la lavoratrice lamenta che il tribunale ha erroneamente applicato l'art. 443 c.p.c., che non prevede la dichiarazione diretta di improcedibilita' ma l'assegnazione di un termine. Palesemente fondata questa argomentazione, questa Corte deve sostituirsi al primo giudice nella valutazione dell'insieme delle domande. L'Inps aveva evidenziato di avere notificato il provvedimento con le forme previste dall'art. 38 comma 7 D.L. 98 del 2011, conv. legge 111/2011, attraverso la pubblicazione telematica del terzo elenco trimestrale di variazione 2013 sul proprio sito dal 15 al 31 dicembre 2013. Rispetto a tale notifica, sostiene l'istituto, termine decadenziale era ampiamente decorso. La appellata a riguardo si difende sostenendo di avere avuto conoscenza della cancellazione non prima del 24 marzo 2015, sicche' il ricorsa giudiziale proposto il 3 luglio sarebbe ampiamente tempestivo. La Italia contesta l'efficacia della notifica telematica, confutando solo genericamente l'adempimento degli oneri procedimentali a carico dell'istituto ma negando che la disciplina dell'art. 38 comma 7 possa esserle applicata. 2- Norme applicabili alla fattispecie e loro interpretazione consolidata. Le fonti che vengono in rilievo nella fattispecie in esame sono: l'art. 17 D.L. 7 del 1970, conv. legge 83 del 1970; l'art. 22 D.L. 7 del 1970, conv. legge 83 del 1970; l'art. 11 D. Lgs. 375 del 1993; l'art. 38 D.L. 98 del 2011 conv. legge 111 del 2011; l'art. 12bis R.D. 1949 del 1940; Nel diritto vivente espresso dalla consolidata interpretazione giurisprudenziale, il termine di 120 giorni previsto dall'art. 22 D.L. 7 del 1970 conv. legge 83 del 1970 per impugnare i provvedimenti definitivi in tema di iscrizione alle liste dei lavoratori agricoli ha natura sostanziale, in quanto relativo al compimento di un atto di esercizio di un diritto soggettivo, ed e' insuscettibile di sanatoria. Per altrettanto consolidato orientamento, l'iscrizione alle liste costituisce, ai sensi del R.D. 1949 del 1940, presupposto sostanziale indefettibile per ottenere prestazioni previdenziali in agricoltura, non bastando a tal fine neanche l'accertamento giudiziale dell'effettivita' del rapporto di lavoro, ove non accompagnato dall'iscrizione. A mente del previgente art. 17 D.L. 7/70, convertito in legge 83/70, anche dopo le modifiche apportate dal D.L. 510 conv. legge 608 del 1996 e dal D. Lgs. 375 del 1993, la decorrenza del termine decadenziale per l'impugnazione dei provvedimenti di cancellazione partiva dal momento in cui il provvedimento era comunicato personalmente all'interessato, a mezzo di messo comunale o del servizio postale. Cio' in particolare risulta dalla lettura di Cass. sez. lav. n° 813 del 2007, ove testualmente si afferma che "La speciale disciplina che compiutamente regola la materia dell'accertamento dei lavoratori agricoli dipendenti (oggi costituita dalle disposizioni del citato D.L. n. 7 del 1970, in parte sostituite dal D.L. 1° ottobre 1996, art. 9 ter e segg. convertito nella L. 28 novembre 1996, n. 608, e da quelle del D.Lgs. 11 agosto 1993, n. 375, che anch'esse parzialmente sostituiscono quelle del D.L. n. 7 del 1970 nell'intento, esplicitato nel titolo, "di razionalizzare i sistemi di accertamento dei lavoratori dell'agricoltura e dei relativi contributi, si caratterizza per essere l'iscrizione negli elenchi nominativi, come pure la non iscrizione ovvero la cancellazione oggetto di provvedimenti espressi (il primo collettivo, gli altri individuali) e tutti comunicati agli interessati mediante notifica (eseguita, per l'iscrizione, con l'affissione dell'elenco nell'albo pretorio del comune di residenza ovvero personalmente al lavoratore in caso di mancata iscrizione, totale o parziale, o di cancellazione)". A tale soluzione ha costantemente aderito la giurisprudenza di legittimita' successiva (Sez. lav. 19251 del 2007, 15814 del 2009, 12809 del 2011, 24901 del 2014). La notifica personale non e' stata invece mai ritenuta necessaria in relazione ai provvedimenti di iscrizione, bastando pertanto, ai fini della decorrenza dei termini di decadenza, la pubblicazione dell'elenco, quale comunicazione collettiva e impersonale ma sufficientemente efficace. Con la modifica introdotta dall'art. 38 comma 7, si e' invece stabilito che, in caso di riconoscimento o di disconoscimento di giornate lavorative intervenuti dopo la compilazione e la pubblicazione dell'elenco nominativo annuale, l'Inps provvede alla notifica ai lavoratori interessati mediante la pubblicazione di appositi elenchi nominativi trimestrali di variazione, con le modalita' telematiche previste dall'articolo 12bis R.D. 1949 del 1949, che recita "con riferimento alle giornate di occupazione successive al 31 dicembre 2010... gli elenchi nominativi annuali di cui all'articolo 12 sono notificati ai lavoratori interessati mediante pubblicazione telematica effettuata dall'INPS nel proprio sito internet entro il mese di marzo dell'anno successivo secondo specifiche tecniche stabilite dall'Istituto stesso". Non e' piu' prevista, dunque, una notificazione individuale al lavoratore interessato, bensi' l'inserimento della cancellazione del singolo lavoratore in un elenco di variazione pubblicato telematicamente dall'INPS nel proprio sito, secondo specifiche tecniche stabilite dall'Istituto stesso. Lo strumento della pubblicazione on line puo' essere utilizzato anche per le cancellazioni dagli elenchi riguardanti periodi antecedenti ai 31 dicembre 2010, poiche' la limitazione alle sole giornate di occupazione successive a tale data riguarda soltanto, secondo quanto disposto dal comma 6 (che ha aggiunto l'art. 12 bis al R.D. 1949 del 1940), la pubblicazione sul sito internet degli elenchi nominativi annuali, da effettuarsi entro il mese di marzo dell'anno successivo, non anche gli elenchi nominativi trimestrali di variazione, disciplinati dal comma 7, che vengono compilati in caso di riconoscimento o di disconoscimento di giornate lavorative intervenuti dopo la compilazione e la pubblicazione dell'elenco nominativo annuale, poiche' per tale seconda categoria di elenchi il richiamo all'art. 12 bis riguarda soltanto le modalita' telematiche di pubblicazione, non anche la limitazione cronologica di applicazione. Mentre pertanto la modalita' di pubblicazione on line degli elenchi nominativi annuali, entro il 31 marzo, puo' essere utilizzata soltanto per le giornate di lavoro effettuate dopo il 31 dicembre 2010, quella degli elenchi trimestrali di variazione puo' riguardare anche giornate lavorative antecedenti a quella data, come accade nel caso di specie in cui le giornate sono state svolte nel 2008. In tal modo, l'art. 38 comma 7 pone sui soggetto iscritto nell'elenco dei lavoratori agricoli un onere di consultazione degli elenchi trimestrali di variazione pubblicati periodicamente sul sito on line dell'Inps, secondo modalita' che - tra l'altro - non sono fissate per legge ma rinviate alle specifiche tecniche stabilite dall'Istituto il quale, con circolare 82 del 14 giugno 2012, ha fissato i seguenti criteri: 1- Gli elenchi trimestrali di variazione conterranno tutti i riconoscimenti e/o i disconoscimenti di giornate intervenuti dopo la pubblicazione dell'elenco principale 2011; in tali elenchi confluiranno anche le variazioni valevoli per l'anno 2010 e precedenti: 2- Gli elenchi di variazione verranno pubblicati secondo il seguente calendario: - entro il 15 giugno - primo elenco di variazione; - entro il 15 settembre - secondo elenco di variazione; - entro il 15 dicembre - terzo elenco di variazione; - entro il 10 marzo dell'anno successivo- quarto elenco di variazione; 3- I suddetti elenchi saranno pubblicati sul sito internet dell'Istituto accessibile all'indirizzo www.inps.it, nella sezione " Avvisi e Concorsi", sotto la voce "Avvisi", e rimarranno in pubblicazione per quindici giorni consecutivi, consultabili mediante libero accesso e senza utilizzo del P.I.N..; 4- Decorsi quindici giorni consecutivi dalla pubblicazione, i medesimi elenchi non saranno piu' visualizzabili; 5- La pubblicazione dei citati elenchi di variazione avra', ad ogni effetto di legge, valore di notifica alla parte interessata e, pertanto, al lavoratore non verra' inviata la notifica individuale della variazione di giornate; 6- Gli elenchi saranno consultabili per singola Provincia e singolo Comune e ognuno di essi sara' accompagnato da un frontespizio riportante il periodo di validita', il numero dei lavoratori contenuti, i riferimenti normativi e procedurali a base delle variazioni, l'organo e i termini per gli eventuali ricorsi amministrativi. Dunque, la legge non descrive le modalita' e i tempi di pubblicazione degli elenchi di variazione, rimettendosi sul punto alle circolari dell'INPS, le quali, tuttavia, non indicano delle date precise nelle quali essi vanno pubblicati, ma solo i termini entro i quali cio' va fatto, sicche' non e' prevedibile a priori con certezza, ma solo in termini approssimativi, quando cadranno i quindici giorni durante i quali gli stessi resteranno pubblicati sul sito dell'Istituto. La giurisprudenza di merito formatasi dopo l'entrata in vigore dell'art. 38 comma 7, vincolata dalla inequivocabile formulazione legislativa, ha tuttavia costantemente ritenuto che, una volta completata la procedura ora descritta, l'interessato ha legale conoscenza della cancellazione e che da quel momento decorre il termine per l'impugnazione amministrativa. ai sensi dell'art. 11 D.Lgs. 375/1993, in assenza della quale il provvedimento diventa definitivo, con conseguente applicazione del termine di centoventi giorni per l'introduzione del giudizio innanzi al tribunale. Cio' comporta l'onere, per il lavoratore agricolo, di un costante controllo sul sito on line dell'istituto sulle pubblicazioni degli elenchi di variazione che potrebbero - in ipotesi come quella in esame - contenere !a cancellazione della sua iscrizione risalente anche ad anni precedenti. verifica che - tra l'altro, per effetto della rimessione all'Inps delle modalita' di pubblicazione - va condotta, quantomeno, con cadenza quindicinale, posto che quella e' la durata della pubblicazione di ogni singolo elenco. 3- Questione di legittimita' e sua rilevanza. Questa Corte ritiene non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 38 comma 7 D.L. 98/2011 conv. Legge 111/2011 (di seguito art. 38 comma 7), nella parte in cui prevede che "In caso di riconoscimento o di disconoscimento di giornate lavorative intervenuti dopo la compilazione e la pubblicazione dell'elenco nominativo annuale, l'INPS provvede alla notifica ai lavoratori interessati mediante la pubblicazione,, con le modalita' telematiche previste dall'articolo 12-bis del regio decreto 24 settembre 1940, n. 1949, di appositi elenchi nominativi trimestrali di variazione". Nella fattispecie in esame l'applicazione di questa norma assume rilevanza decisiva perche' idonea a porre nel nulla gli esiti dell'istruzione svolta in primo grado, intervenendo a monte sulla stessa configurabilita' del diritto alla prestazione e pertanto confermando la natura indebita della stessa. Vero e' che, nel caso in esame, la soluzione della questione della restituzione dell'assunto indebito dipende anche da altro accertamento, relativo all'esistenza o meno della prova dell'erogazione, ma la ricorrente chiede esplicitamente una sentenza di condanna alla reiscrizione, non risolvibile senza l'applicazione dell'art. 38 comma 7. La disciplina ora riassunta appare violare le seguenti norme costituzionali: Art. 117 Cost. per mancata conformazione del diritto interno ai vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario. Art. 24 Cost. per irragionevole compressione del diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. 4- Segue - sulla non manifesta infondatezza della questione. L'art. 47 della carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea sancisce il c.d. principio di effettivita', riconoscendo che "Ogni individuo i cui diritti e le cui liberta' garantiti dal diritto dell'Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice... ". Secondo la costante giurisprudenza della Corte di giustizia, spetta agli Stati membri disciplinare le modalita' procedurali dei ricorsi, alla sola condizione che tali modalita' non violino i principi di equivalenza ed effettivita', e cioe', rispettivamente, non siano meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi previsti per la tutela dei diritti derivanti dall'ordinamento interno, ne' rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'or-dinamento giuridico dell'Unione (tra le tante, Corte di giustizia 26 novembre 2015, C-166/14, Med Eval, punto 37; 12 marzo 2015, e Vigilo Ltd, C-538/13, punto 39; 6 ottobre 2015, Orizzonte Salute, C-61/14, punto 46). Spetta poi, in primo luogo, ai giudici interni valutare se le disposizioni esaminate, nel loro contesto ordinamentale e tenuto conto delle finalita' che le sorreggono, soddisfino i principi di equivalenza ed effettivita' (Corte di giustizia, 29 ottobre 2009, C-63/08, Virginie Pontin, punto 49). Dunque, il sistema dell'Unione Europea intende garantire a ogni cittadino una tutela effettiva dei propri diritti, che rimuova ostacoli di ordine processuale che rendano eccessivamente oneroso l'esercizio del diritto di difesa. Sulla medesima linea si muove la giurisprudenza della Corte Costituzionale, che ha costantemente utilizzato, quale parametro alla cui stregua valutare la legittimita' delle norme processuali, la idoneita' delle stesse a rendere effettiva la possibilita' di esercizio del diritto cui esse si riferiscono, non frapponendo ostacoli che producano eccessive e irragionevoli difficolta'. Basti citare, al riguardo, la sentenza n° 44 del 2016, con cui e' stata ritenuta l'illegittimita'. costituzionale della norma che fissava, per le controversie proposte nei confronti dei concessionari del servizio di riscossione, la competenza della commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione i concessionari stessi hanno sede, anziche' quella nella cui circoscrizione ha sede l'ente locale concedente, rilevando che l'ampia discrezionalita' riconosciuta al legislatore nella conformazione degli istituti processuali, anche in materia di competenza, incontra pur sempre "..il limite della manifesta irragionevolezza della disciplina, che si ravvisa, con riferimento specifico al parametro evocato, ogniqualvolta emerga un'ingiustificabile compressione del diritto di agire. Nella disciplina de qua, il legislatore, nell'esercizio della propria discrezionalita', ha individuato un criterio attributivo della competenza che concretizza quella condizione di sostanziale impedimento all'esercizio del diritto di azione, suscettibile di integrare la violazione dell'art. 24 Cost. ovvero di rendere oltremodo difficoltosa la tutela giurisdizionale. Invero, il fatto che il contribuente debba farsi carico di uno spostamento geografico anche significativo per esercitare il proprio diritto di difesa integra un considerevole onore a suo carico, il quale, gia' di per se' ingiustificato, diviene tanto piu' rilevante in relazione ai valori fiscali normalmente in gioco, che potrebbero essere di modesta entita', e, quindi, tali da rendere non conveniente un'azione da esercitarsi in una sede lontana". Il medesimo parametro di valutazione e' stato utilizzato anche per scrutinare la conformita' a costituzione di norme che impongono termini per l'esercizio del diritto, statuendosi il principio secondo cui l'incongruita' del termine rilevante sul piano della violazione degli indicati parametri costituzionali si registra solo qualora esso sia non idoneo a rendere effettiva la possibilita' di esercizio del diritto cui si riferisce e di conseguenza tale da rendere inoperante la tutela accordata al cittadino (Corte Cost. n° 94/2017, cosi' in motivazione). Il criterio dell'eccessiva difficolta' dell'esercizio del diritto di difesa e' stato declinato anche con specifico riguardo al tema che qui assume rilievo, ossia quello della verifica sulla ragionevolezza dell'adozione del sistema di comunicazione attraverso pubblicazione di' atti. Al riguardo, va anzitutto segnalata Corte Cost n° 223 del 1993, secondo cui "... fa parte integrante del diritto di difesa, garantito dall'art. 24 Cost., porre i soggetti, interessati ad impugnare determinati atti, in grado di aver tempestiva conoscenza di tali atti, in modo da poter utilizzare nella loro interezza i termini legali di decadenza stabiliti dalla legge per l'esperimento del gravame. Ouesta esigenza e' ordinariamente assicurata dalle forme comuni di comunicazione e notificazione, mentre e' solo eccezionale il ricorso a forme di pubblicita', quale l'inserzione nella Gazzetta Ufficiale, che determinano una presunzione di conoscenza e che possono essere attuate soltanto in casi particolari, quando sia impossibile o sommamente difficoltoso provvedere nelle forme ordinarie. In tale quadro la disciplina della notificazione delle sentenze dei Tribunali delle acque pubbliche alla parte rimasta contumace appare lesiva del diritto di difesa laddove, pur senza una speciale ragione che renda impossibile o sommamente ficoltosa la notificazione nelle forme ordinarie del processo civile, prevede l'inserzione del dispositivo della sentenza nella Gazzetta Ufficiale.". Sempre su questo tema, la giurisprudenza di legittimita' (SS.UU. n° 4394 del 1996) ha riconosciuto la rilevanza costituzionale del diritto alla difesa effettiva in particolare con riferimento alla individuazione del dies a quo del termine di sei mesi per riassumere il processo sospeso, a seguito di rimessione degli atti alla Corte Costituzionale, una volta intervenuta la decisione della Corte stessa. La Corte ha stabilito che, nel caso di sospensione del processo a seguito di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, il dies a quo del termine semestrale per la riassunzione del giudizio e' rappresentato dal giorno in cui avviene la comunicazione alla parte, ad opera della cancelleria del giudice che ha disposto la sospensione, della pronuncia della Corte Costituzionale che ha definito la questione di costituzionalita' ad essa rimessa, poiche' solo questa comunicazione determina la conoscenza concreta della pronunzia medesima, senza che assuma rilievo, all'indicato fine, il sistema di pubblicazione legale, previsto per le sentenze e le ordinanze della Corte Costituzionale - integralmente pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale a norma, rispettivamente, dell'art. 21 d.P.R. n. 1092 del 1985 e 12 d.P.R. n. 217 del 1986 - diretto a rendere conoscibili dette sentenze alla generalita', ma insufficiente ad assicurarne la conoscenza legale da parte dei soggetti specificamente interessati alla prosecuzione del giudizio. Le decisioni da ultimo segnalate si riferiscono a termini "interni" al procedimento giudiziale, a differenza del caso in esame, nel quale la comunicazione del provvedimento di cancellazione all'interessato fa decorrere il termine per l'instaurazione del procedimento contenzioso amministrativo, una volta definito il quale decorre quello di centoventi giorni per la proposizione del ricorso giudiziale. La ratio che ispira quelle sentenze e, segnatamente, il pronunciamento delle SS.UU., non puo' tuttavia non estendersi anche al termine di decadenza per dare inizio ad un'azione giudiziale quando, come nel caso in esame, sia strettissima la correlazione di esso con l'esercizio del diritto di agire in sede giudiziale, tale da dovere essere conforme al principio sancito dall'art. 24 Cost. Le due fattispecie presentano infatti profonde analogie, soprattutto con riguardo alla ritenuta inidoneita' a far decorrere il termine (rispettivamente di riassunzione o di impugnazione) di un sistema di pubblicazione dei provvedimenti generalizzato e non indirizzato al singolo soggetto interessato. L'esigenza di garantire l'effettivita' dell'esercizio del diritto di difesa che sta a fondamento della decisione delle Sezioni Unite si ripropone, nel caso in esame, con ancora maggiore pregnanza, ove si consideri, anzitutto, che nel procedimento sospeso a seguito di rimessione alla Corte Costituzionale la parte sa che ci sara' una decisione a seguito della quale decorreranno i termini per la riassunzione e, pur non sapendo esattamente il momento (certus an incertus quando), e' in grado di fare delle previsioni approssimative, seguendo l'andamento del procedimento innanzi alla Corte Costituzionale, anche attraverso la difesa tecnica di cui normalmente dispone nel giudizio a quo, avveduta e attrezzata sul piano giuridico. Viceversa, nel caso in questione, il lavoratore agricolo sa solo di essere iscritto negli elenchi dei lavoratori agricoli, ma non e' necessariamente a conoscenza di eventuali accertamenti ispettivi e del loro esito, essendo tutt'altro che infrequenti i casi di indagini ispettive su aziende agricole compiute senza assumere informazioni dai lavoratori interessati e anche a distanza di anni da quando il rapporto di lavoro agricolo si e' svolto. Il lavoratore dunque non soltanto non conosce i tempi dell'emissione del provvedimento di cancellazione che fara' scattare il termine di impugnazione, ma neppure ha motivo di ritenere che un simile provvedimento verra' mai in essere e non ha percio' motivo di tenersi costantemente aggiornato. Si aggiunga che costui non ha alcuna ragione per essere assistito da un legale e non e' di norma dotato di conoscenze giuridiche adeguate. La menomazione del diritto di difesa - gia' rinvenibile per il solo fatto di far decorrere il dies a quo per impugnare dal momento della pubblicazione telematica degli elenchi di variazione, senza comunicazione individuale ai singoli braccianti interessati dalla cancellazione - e' ulteriormente aggravata dal fatto che, secondo la circolare Inps 82/2012 sopra citata, le variazioni restano pubblicate per soli quindici giorni, decorsi i quali gli eventuali interessati non avranno possibilita' di venire a conoscenza delle rispettive cancellazioni. Ne risulta che, delle due fasi nelle quali si sviluppa l'attivita' che e' chiamata a svolgere la parte interessata a proporre ricorso avverso la cancellazione - quella percettiva, consistente nel prendere cognizione dell'atto da impugnare, e quella volitiva, consistente nella elaborazione e predisposizione dell'atto di impugnazione - la prima finisce per soggiacere non al termine fissato dalla legge (come avverrebbe se, conformemente all'id quod plerumque accidit, l'atto, una volta pubblicato, restasse a disposizione a tempo indefinito), bensi' al minor termine di 15 giorni stabilito dall'Istituto previdenziale, con evidente, irragionevole compressione del diritto di difesa, non potendosi conculcare il diritto dell'interessato a usufruire dell'intero termine di legge anche per la presa di conoscenza del provvedimento, nulla escludendo che lo stesso possa predisporre il ricorso tempestivamente nell'imminenza della scadenza. Ne' varrebbe obiettare che l'evoluzione degli ultimi anni spinge verso un piu' diffuso e agevole utilizzo degli strumenti telematici, ormai disponibili per ampia parte della popolazione, giacche', oltre a doversi rilevare che processo di alfabetizzazione informatica non e' completo e uniforme ne' geograficamente ne' socialmente, quel che rende eccessivamente oneroso l'esercizio del diritto di difesa rispetto all'osservanza del termine di decadenza e' la stessa necessita' di un controllo periodico, frequente e con cadenza non preventivamente stabilita con esattezza del sito dell'Inps, volto a verificare l'eventuale adozione di provvedimenti che potrebbero riguardare anche annualita' risalenti e che sarebbero destinati a incidere non su un'aspettativa, ma su un diritto, quello all'iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli, gia' entrato a far parte del patrimonio del soggetto. Non risultano nell'ordinamento, del resto, ipotesi di pubblicazione generalizzata per casi in cui il provvedimento incida su situazioni giuridiche gia' entrate nel patrimonio di un soggetto, che si trovi dunque in posizione di mera difesa. Non varrebbe invocare, in contrario, la previsione dell'art. 32 comma 1 legge n° 39/2009, secondo cui A far data dal 1° gennaio 2010, gli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicita' legale si intendono assolti con la pubblicazione nei propri siti informatici da parte delle amministrazioni e degli enti pubblici obbligati, tale previsione potendo sottrarsi a una censura di illegittimita' costituzionale soltanto se interpretata quale forma di agevolazione per le amministrazioni che debbano portare a conoscenza di una generalita' di soggetti non preventivamente identificati e potenzialmente interessati (bandi di gara, concessioni etc.), non quando si tratta di atti che incidono direttamente sulla singola posizione giuridica di soggetti determinati. Tale soluzione si e' del resto fatta strada anche nelle prime interpretazioni della giurisprudenza amministrativa. T.A.R. Lombardia - Milano sez. IV, n° .3148 del 2011 ha affermato che l'art. 32 comma 1, l. n. 69 del 2009 "...appare inequivoco nel determinare una presunzione assoluta di conoscenza in capo ai soggetti interessati all'emanazione di atti da parte delle pubbliche amministrazioni, qualora gli stessi non debbano ricevere una comunicazione individuale legata alla loro peculiare posizione. L'esigenza di una utilizzazione restrittiva delle forme di pubblicazione telematica e' stata avvertita anche dal Consiglio di Stato (sentenza n° 5570/2018), che pure si occupava non di un atto direttamente lesivo di singole posizioni giuridiche, bensi' di un provvedimento amministrativo rispetto al quale vi era una platea indifferenziata di potenziali interessati. Si legge in questa sentenza che "...le norme in tema di pubblicazione telematica degli atti devono essere applicate con particolare cautela e, quindi, sottostare ad un canone di interpretazione restrittiva, in particolare modo nel momento in cui si tratta di determinare (in via interpretativa) gli effetti di conoscenza legale associabili o meno a siffatta tipologia di esternazione comunicativa. A favore di una regola di cautela depongono plurime considerazioni, riconducibili, essenzialmente: a) alla mancanza di una disposizione di carattere generale in grado di equiparare, nella loro efficacia giuridica, tutte le variegate forme di pubblicita' degli atti; b) alla esigenza di garantire, con regole chiare e uniformi, standard tecnici di adeguata e omogenea visibilita' dei dati pubblicizzati sui siti telematici, nei diversi settori e ambiti operativi dell'azione pubblica; c) alla constatazione di una diversa propensione al mezzo telematica che si riscontra nei differenti ambiti del diritto pubblico, anche in ragione dell'eterogeneo grado di specializzazione professionale dei soggetti che vi operano e agiscono; d) alla notevole rilevanza degli interessi implicati nella materia in esame, in particolar modo per quanto concerne l'incidenza che la conoscenza legale dell'atto assume ai fini della decorrenza del termine utile per l'impugnazione degli atti soggetti a pubblicita'; e) alla conseguenza necessita' di privilegiare, in presenza di dubbi esegetici aventi effetti sul regime decadenziale dall'azione impugnatoria, l'opzione meno sfavorevole per l'esercizio del diritto di difesa e, quindi, maggiormente conforme ai principi costituzionali espressi dagli artt. 24, 111 e 113 Cost., nonche' al principio di effettivita' della tutela giurisdizionale. Questo Collegio ritiene dunque che la norma in questione non garantisca l'effettivo esercizio del diritto di difesa, reso eccessivamente difficoltoso, sotto il profilo della gravosita' di un costante controllo telematico degli elenchi (inesigibile per se stesso e reso ancor piu' gravoso dal fatto che - secondo le disposizioni adottate dall'INPS, cui la norma rinvia, tali elenchi restano pubblicati solo per quindici giorni, senza che l'interessato sia in grado di conoscere con precisione la collocazione cronologica dei periodi di pubblicazione), onde evitare che diventi definitivo un provvedimento che puo' portare alla perdita di diritti patrimoniali anche rilevanti (si pensi alle ripercussioni che una cancellazione puo' avere sul requisito contributivo ai fini pensionistici), e cio' oltretutto, come sovente accade, con riguardo a iscrizioni negli elenchi risalenti a molti anni prima. 5- L'impossibilita' di un'interpretazione adeguatrice. Come la giurisprudenza costituzionale costantemente insegna, la rimessione della questione al Giudice delle leggi presuppone l'impossibilita' di un'interpretazione costituzionalmente compatibile della norma in esame. Il Giudice a quo non puo' tuttavia prescindere dall'interpretazione costante che di tali norme viene data in giurisprudenza e, come visto supra, il diritto vivente finora consolidatosi e' univoco, sia in relazione al senso da attribuire alla norma in scrutinio, sia riguardo alle conseguenze a cascata che dalla sua applicazione derivano riguardo i diritti dei lavoratori del settore agricolo. A cio' si aggiunga che qualunque interpretazione adeguatrice deve trovare. riscontro nel tenore letterale della norma. Come si e' visto supra, l'art. 38 comma 7 sfugge a qualsiasi ambiguita' lessicale, assegnando inequivocabilmente valore di notifica alla pubblicazione degli elenchi trimestrali di variazione secondo le modalita' telematiche previste dall'art. 12bis R.D. 1949 del 1940.
Per questi motivi Letti gli artt. 134 e 137 Costituzione della Repubblica, 1 della legge Cost. n° 1 del 1948 e 23 legge n° 87 del 1953, solleva d'ufficio questione di legittimita' costituzionale dell'art. 38 comma 7 Decreto legge 98 del 2011, convertito con legge 111 del 2011, per contrasto con gli artt. 24 e 117 della Costituzione della Repubblica. Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e che sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e che, all'esito di tale comunicazione, sia trasmessa - assieme al fascicolo processuale -alla Corte Costituzionale con la prova delle avvenute regolari notificazioni e comunicazioni. Sospende il giudizio Reggio Calabria 16 giugno 2020 Il Presidente coestensore: Gullino Il consigliere coestensore: Conti