N. 144 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 giugno 2020
Ordinanza del 16 giugno 2020 del Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria sull'istanza proposta da D.S. G.C.. Ordinamento penitenziario - Misure urgenti anti-COVID-19 per gli istituti penitenziari e gli istituti penali per i minorenni - Colloqui dei detenuti - Mancata previsione che i colloqui cui hanno diritto i detenuti e gli internati sottoposti a regime speciale di cui all'art. 41-bis della legge n. 354 del 1975 possono essere svolti a distanza con i figli minorenni mediante, ove possibile, apparecchiature e collegamenti di cui dispone l'amministrazione penitenziaria e minorile. - Decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29 (Misure urgenti in materia di detenzione domiciliare o differimento dell'esecuzione della pena, nonche' in materia di sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari, per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19, di persone detenute o internate per delitti di criminalita' organizzata di tipo terroristico o mafioso, o per delitti di associazione a delinquere legati al traffico di sostanze stupefacenti o per delitti commessi avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l'associazione mafiosa o con finalita' di terrorismo, nonche' di detenuti e internati sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, nonche', infine, in materia di colloqui con i congiunti o con altre persone cui hanno diritto i condannati, gli internati e gli imputati), art. 4. Ordinamento penitenziario - Detenuti sottoposti al regime speciale di detenzione - Colloqui dei detenuti - Mancata previsione che i colloqui sostitutivi con i figli minorenni possono essere autorizzati a distanza, in alternativa a quelli telefonici, con modalita' audiovisive. - Legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), art. 41-bis, comma 2-quater, lettera b), terzo periodo.(GU n.42 del 14-10-2020 )
TRIBUNALE PER I MINORENNI di Reggio Calabria Il Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria, riunito in Camera di consiglio, con l'intervento dei signori: dott. Roberto Di Bella, Presidente; dott. Sebastiano Finocchiaro, giudice; dott. G.M. Patrizia Surace, giudice onorario; dott. Giuseppe Marino, giudice onorario; nel procedimento n. ... VG., relativo ai minori D.S. C.M. e D.S. R.P., nati a ... rispettivamente il giorno ..., di D.S. G.C. e F. N. S. ha emesso la seguente ordinanza. Con decreti emessi in data ..., questo tribunale dichiarava D.S. G.C. - arrestato dopo un lungo periodo di latitanza e condannato (v. provvedimento di cumulo e ordine di esecuzione in atti) alla pena detentiva di anni trenta di reclusione per i reati di associazione per delinquere di tipo'`ndranghetistico, omicidio e altro - decaduto dalla responsabilita' genitoriale sui figli minori D.S. C.M e R. P. Con il medesimo decreto dell'... questo tribunale: 1) co-affidava i minori D.S . al Servizio sociale competente per territorio per le attivita' di vigilanza, assistenza, educazione alla legalita', chiarificazione del ruolo paterno e sostegno psicologico, da espletarsi in collaborazione con il Consultorio familiare territorialmente competente e con associazioni qualificate del volontariato antimafia; 2) demandava alle superiori agenzie territoriali di elaborare in favore di F.N.S. - madre dei minori - un percorso di recupero/sostegno delle competenze genitoriali; 3) prescriveva a F.N.S. di attenersi alle prescrizioni impartitele per il benessere psicofisico dei figli minorenni; 4) richiedeva al Direttore della Casa circondariale di ... di attivare, compatibilmente con il particolare regime di detenzione, i supporti necessari a garantire incontri adeguati tra D.S. G.C , sottoposto al regime speciale di cui all'art. 41-bis o.p., e i figli minori. Tale provvedimento era emesso, con l'obiettivo di fornire adeguate tutele per una regolare crescita psicofisica dei minorenni D.S. , a seguito delle non lusinghiere informazioni pervenute in ordine al ruolo educativo della signora F.N.S. La donna, secondo quanto affermato dagli esperti del Consultorio familiare delegato, proponeva, sia pure contraddittoriamente, la propria diversita' culturale e quella della sua storia familiare, ma affascinata dal marito e dal suo mondo, idealizzava il ruolo paterno del coniuge, con la conseguenza che: 1) «l'assenza del padre, lungi dal provocare un indebolimento della sua autorita', ha portato i minori - i quali sperano torni presto a casa - ad interiorizzare maggiormente la figura paterna, mitizzata dalla lontananza»; 2) «a causa di questa idealizzazione, la signora F. ha difficolta' a mettere in atto un processo di rielaborazione della figura genitoriale, che la porti a giudicare in maniera critica le azioni del marito». Allarmanti erano poi le ulteriori conclusioni, rassegnate dagli esperti del citato Consultorio familiare, secondo cui «in questa situazione, il rischio per C. preadolescente maschio, e' che viva il padre come modello cui identificarsi positivamente, anche rispetto alla parte deviante»; Cio' premesso, questo tribunale riteneva condivisibili i suggerimenti forniti dagli operatori delegati al fine di contenere la potenziale pericolosita' evolutiva ravvisata, ovvero quello di attivare: 1) percorsi di sostegno alla genitorialita' in favore della madre per consentirle di avviare un processo di rielaborazione che la portasse a giudicare in maniera critica le azioni del marito e, nel contempo, a tenere un corretto approccio con i figli minorenni; 2) percorsi di sostegno psicologico e di educazione alla legalita' per i minori D.S. , con l'obiettivo che «i medesimi prendano le distanze dal modo di vivere del padre per orientarsi verso modelli di comportamento normativamente accettabili». Nel contempo, questo giudice demandava agli psicologi specialisti del Consultorio familiare delegato, in collaborazione con il Servizio sociale territoriale, il compito di programmare in favore dei minori una mirata attivita' di sostegno psicologico e socio-educativo, con l'obiettivo di spiegare loro gradualmente la realta' delinquenziale in cui si era formato il padre e i reali motivi della sua carcerazione; infine, segnalava l'opportunita' di preparare la signora e i minori anche a programmare, in un futuro non remoto, uno spostamento mirato dalla citta' di ..., segnalando che tale soluzione doveva essere contemplata e adeguatamente programmata, in quanto la negativa reputazione della famiglia paterna, i connessi rischi di emarginazione sociale e la suggestione di determinati modelli culturali comportavano il rischio elevato di esposizione dei minori, una volta raggiunta l' eta' dell'adolescenza, a situazioni di devianza o di pregiudizio per la loro integrita' emotiva. Parimenti, il tribunale segnalava la necessita' che il previsto dispositivo fosse in grado: 1) di spiegare ai bambini, con le cautele opportune, che il padre, attesa l'entita' della pena inflittagli, non sarebbe tornato presto a casa; 2) di preparare i minori prima degli incontri con il padre che, secondo il condivisibile parere degli esperti, non dovevano essere interrotti. Analogo percorso di preparazione questo giudice prevedeva, tenuto conto del peculiare regime di restrizione e con la collaborazione del Direttore della Casa circondariale di ..., per D.S. G., segnalando che lo stesso doveva essere messo in grado di rispondere in modo corretto alle eventuali domande dei figli in ordine al suo stato di carcerazione e ai motivi della sua assenza educativa. L'istruttoria di seguito espletata imponeva - pur con qualche modifica - la conferma delle statuizioni adottate in data 8 novembre 2016. Dall'indagine svolta in esecuzione del citato provvedimento emergeva che: l) la signora F. e i figli avevano abbandonato il degradato quartiere di per trasferirsi presso l'abitazione dei genitori della signora (nonni materni) in una zona della citta' e in un contesto ambientale/familiare piu' rispondente alle esigenze dei minori, apparsi agli operatori socievoli, sereni e seguiti, oltre che dalla madre, dalla norma e dagli zii materni; 2) la signora F. - insegnante di sostegno presso alcune scuole elementari - si era spontaneamente recata presso il ... per un sostegno psicologico; 3) i due bambini - regolarmente iscritti a scuola e frequentanti centri di aggregazione culturale e sportiva - e la madre avevano iniziato dei percorsi di affiancamento con alcuni volontari dell'associazione e un gruppo parrocchiale cittadino; 5) i due bambini stavano incontrando regolarmente, con cadenza trimestrale, il padre detenuto presso il carcere di... Dall'audizione della signora F. e dalle risultanze della relazione sociale in atti risultava ancora che la donna aveva finalmente rivelato ai figli la reale condizione del padre, modificando l'originaria versione che lo stesso si trovasse fuori per motivi di lavoro. Cio' premesso, tenuto conto dell'impegno profuso dalla signora F. e del suo volontario allontanamento dal quartiere di ..., oltre che dei sani legami affettivi con i parenti di parte materna e della ancora tenera eta' dei minori D.S. e', questo tribunale rinviava ogni determinazione in ordine al programmato trasferimento dei medesimi e della madre in altra localita', nei termini in cui era stato auspicato con il decreto in data 8 novembre 2016. Tuttavia, la condizione del padre e il gravissimo contesto familiare (ramo paterno) di riferimento, ritenuto dagli inquirenti il gruppo criminale 'ndranghetistico egemone in imponevano (v. decreto emesso in data 31 ottobre 2017) di proseguire le gia' disposte attivita' di coordinamento e monitoraggio della crescita dei minori, con l'obiettivo di prevenire l'eventuale coinvolgimento in relazioni pregiudizievoli al loro sano sviluppo e di rafforzare - quale necessario contraltare - il percorso genitoriale della madre. Quanto alla posizione di D.S. G. , questo giudice registrava la sincera volonta' del medesimo di non recare sofferenza emotiva ai bambini e di seguire le indicazioni impartite da questo tribunale (v. verbale di audizione del 16 dicembre 2016). Per tale motivo questo tribunale richiedeva (v. decreto in data 31 ottobre 2017) al detenuto - pur senza rinunciare alle sue prerogative di difesa - un progressivo passo avanti nella relazioni con i figli, auspicando che gli stessi fossero edotti - in funzione preventiva e di una corretta relazione educativa - dei crimini commessi dalla famiglia D.S. (quelli accertati con sentenza definitiva), dei motivi della carcerazione del padre e delle cause della morte (violenta) del nonno paterno P. D.S., oltre che della condizione carceraria degli altri familiari. Tali informazioni, lungi dall'essere intese come un'ulteriore punizione nei confronti di chi si trova in una evidente condizione di prostrazione emotiva per la carcerazione e per la consequenziale privazione degli affetti, apparivano (e appaiono) essenziali per costruire una relazione franca padre-figli e costruttiva per il benessere dei medesimi minori, con l'obiettivo - non utopistico - che gli stessi potessero (e possano) ricevere proprio dal genitore ristretto indicazioni adeguate al loro sviluppo educativo, nel rispetto delle regole della convivenza civile. Al riguardo, particolarmente significativa - in funzione della costruzione di un intenso e fruttuoso rapporto con i figli - era apparsa la riflessione avviata dal D.S. nel corso dell'esame delegato circa la condizione di sofferenza in cui egli versava da bambino («Quando io ero bambino ho vissuto un situazione analoga e ricordo perfettamente l'angoscia provata nell'attendere il rientro di mio padre...»), nonche' l'auspicio formulato dal medesimo che la terza generazione dei D.S. (ovvero i suoi figli) potesse rimanere fuori dai circuiti giudiziari. Per tale motivo, questo giudice suggeriva di utilizzare tale riflessione come direttrice su cui «costruire - con l'ausilio dello psicologo e dell'educatore professionale della struttura penitenziaria di attuale detenzione - il cardine su cui progettare la relazione tra il D.S. e i figli». Pertanto, con i decreti emessi in data 31 ottobre 2017 e 11 novembre 2018, prendendo atto del positivo, per quanto parziale, percorso psicopedagogico compiuto dal D.S. questo tribunale ribadiva per ulteriori anni due le statuizioni, dei provvedimenti in precedenza emessi, e in particolare: 1) demandava all'U.S.S.M. in sede il compito di raccordarsi con il Direttore e gli specialisti della Casa circondariale di ... per la necessaria collaborazione; 3) demandava alle superiori agenzie territoriali (Ussm, Servizio sociale, Consultorio familiare) il compito di elaborare in favore di F. N. S. un percorso di recupero/sostegno delle competenze genitoriali nei termini in motivazione indicati, avvalendosi della collaborazione della rete di associazioni e di predisporre un programma di sostegno psicologico dei minori D.S.; 4) richiedeva al Direttore della Casa circondariale di ... di attivare, compatibilmente con il particolare regime di detenzione, i supporti necessari (accompagnamento psicologico ed educativo) a garantire incontri adeguati - nei termini in motivazione indicati - tra D.S. G.C. e i figli minori; 5) prescriveva a D.S. G.C. di attenersi alle indicazioni impartitegli dagli operatori delegati per un corretto approccio con i figli minori. Con istanza in data 29 marzo 2020 D.S. G.C., detenuto ancora sottoposto al regime penitenziario dell'art. 41-bis O.P., sollecitava un colloquio visivo attraverso la piattaforma Skype con i figli minorenni C.M. e R.P., segnalando l'impossibilita' di avere contatti con loro per le stringenti regole previste a causa dell'emergenza Covid 19 dalla circolare n. 101903/AG del D.A.P., che esclude (va) espressamente i minori dall'ulteriore colloquio telefonico sostitutivo (di quello visivo) concesso ai soggetti ristretti in regime di «carcere duro». Con decreto in data 21 aprile 2020, questo tribunale - in virtu' del positivo percorso psicologico-educativo compiuto dal D.S. (iniziato a ... e proseguito presso la Casa circondariale di ..., istituto di attuale detenzione) e dei paralleli percorsi seguiti dai figli minorenni (presso il Consultorio familiare ... e con l'ausilio dell'associazione ...) - autorizzava, durante l'emergenza epidemiologica Covid 19, i colloqui visivi (tramite la piattaforma Skype) tra i minori e il padre detenuto. Tale soluzione appariva funzionale al preminente interesse dei minori D.S. legati al padre da un sicuro rapporto affettivo, e, in particolare, per il benessere dell'adolescente C., la cui condizione psicofisica destava particolare preoccupazione. Dalla relazione psicologica in atti emergeva, infatti, la grave sofferenza del ragazzino (appena quattordicenne), recante «segni di trauma dovuti alla separazione dal padre e tratti di rigidita', collegati a difese emotive, con la conseguenza che il medesimo adolescente vive uno stato di lutto non completamente elaborato sia per l'assenza del genitore che per le situazioni esistenziali che si trova a vivere». Aggiungasi, a conforto della superiore proposizione, che il medesimo C. risulta affetto da un'importante patologia cronica (diabete) che, durante l'emergenza epidemiologica, sconsigliava (e sconsiglia) assolutamente i suoi spostamenti, oltretutto molto complessi per le restrizioni governative in atto. Il complesso delle condizioni riassunte rendeva pertanto necessario - per il benessere psico-fisico dei minorenni D.S. - favorire i colloqui audiovisivi richiesti tramite la piattaforma Skype o altra analoga per i mesi di maggio, giugno e luglio 2020 (ovvero per tutto il periodo emergenziale), per la durata stabilita dalla Direzione della Casa circondariale di secondo le norme vigenti, salvaguardando le esigenze di sicurezza connesse alla condizione del detenuto e quelle di salute relative ai minorenni. Parimenti, questo tribunale richiedeva al Direttore della Casa circondariale di ... di predisporre tuti i dispositivi necessari per aiutare il D.S. a trovare le modalita' di relazione piu' adeguate per stemperare la sofferenza dei figli e a progettare insieme a loro un futuro libero dai condizionamenti della (sub) cultura mafiosa, che evidentemente non appare consigliabile si snodi a ... territorio in cui la famiglia D.S, e' etichettata giuridicamente, riconosciuta e percepita da larghi strati della popolazione come mafiosa. Ancora, questo giudice segnalava di avere ricevuto il parere favorevole del Procuratore della Repubblica presso il tribunale di ... e suggeriva di organizzare i contatti audiovisivi presso la Questura di ..., con tutte le cautele necessarie a salvaguardare la salute dei minorenni. Cio' stabilito, questo tribunale ribadiva il co-affidamento dei medesimi D.S. C.M. e R.P. al Servizio sociale territoriale e al Consultorio familiare competente per territorio per la necessaria attivita' di assistenza, vigilanza e sostegno psicologico sopra delineata e il loro inserimento nel progetto ... (in quanto figli di soggetto condannato per i reati di cui all'art. 51, comma 3-bis c.p.p.), nella versione rinnovata di cui al protocollo siglato in data 5 novembre 2019 (1) . Precisava ancora che gli interventi previsti per migliorare le relazioni tra il D.S. e i figli dovevano essere attuati, per la parte relativa al D.S , dallo psicologo e dall'educatore della struttura carceraria, tenendo conto delle statuizioni del decreto. Il decreto in data 21 aprile 2020 non era tuttavia eseguito dal Direttore della Casa circondariale di ... e dal Direttore generale dei detenuti e del Trattamento del D.A.P. che dapprima invitavano questo giudice a rivedere le statuizioni al fine di non creare una disparita' di trattamento tra detenuti sottoposti al regime dell'art. 41-bis o.p. e poi ribadivano il diniego facendo leva sul sopravvenuto decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29, che all'art. 4 autorizza i colloqui a distanza soltanto per i detenuti in regime ordinario e non per quelli - come il D.S. - sottoposti al regime speciale dell'art. 41-bis o.p. Nel dettaglio, con nota (cod ID n. 0138251-0137692/AG) del 7 maggio 2020, il DAP invitava questo giudice a rivedere il decreto del 21 aprile 2020 per evitare disparita' di trattamento tra i detenuti al 41-bis o.p. Con comunicazione dell'11 maggio 2020, a firma del Presidente del Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria, si chiariva il gravissimo pregiudizio che dalla mancata esecuzione del provvedimento relativo ai colloqui audiovisivi ne poteva derivare soprattutto al minore D.S . C. evidenziando come non esistesse alcun divieto di legge alle videochiamate sostitutive di colloquio visivo e, nell'ottenuto parere favorevole della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, prevaleva l'interesse del minore su ogni altra prospettiva che il Tribunale avrebbe potuto esaminare. A tale nota seguiva, infine, ulteriore comunicazione del direttore generale dei detenuti e del trattamento del DAP (cod ...) del ... nella quale si ribadiva l'impossibilita' di eseguire il provvedimento per l'inesistenza del diritto del detenuto al 41-bis di avere colloqui audiovisivi a distanza, essendo lo specifico tema in questione regolato dall'art. 41-bis, comma 2- quater, lettera b) della legge n. 354/1975 e non dall'art. 18 della legge n. 354/1975, cosi' come richiamato dall'art. 4 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29, che si applica soltanto ai detenuti ordinari. A seguito della riassunta interlocuzione, il Procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni di ... richiedeva (v. articolata memoria in atti), previa conferma del decreto in data 21 aprile 2020, di sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29 per violazione degli articoli 2, 3, 30, 31, comma secondo, 32, 10 e 117 Cost. nella parte in cui essa non prevede la possibilita' del giudice di autorizzare, sino al 30 giugno 2020, colloqui a distanza tra il detenuto in regime speciale ex art. 41-bis o.p. e ciascun figlio minorenne, negli stessi termini e condizioni applicabili ai colloqui a distanza tra il detenuto in regime ordinario e ciascun figlio minorenne, nel caso cui non militi in senso contrario una prevalente esigenza di sicurezza. Nel contempo, chiedeva a questo giudice «di concedere contestualmente (in via immediata, provvisoria, lato sensu cautelare e urgente) i colloqui a distanza di cui trattasi (in termini da prevedere - almeno - sino alla data del 30 giugno 2020) - previa delibazione della questione di legittimita' dianzi prospettata e disapplicazione delle statuizioni della circolare del DAP n. 101903/AG del 27 marzo 2020, ove ritenute rilevanti (in senso potenzialmente ostativo) ai fini della conferma delle disposizioni gia' emesse de potestate, ... e della norma di legge presunta illegittima - e subordinando la conferma della detta misura interinale alla declaratoria di incostituzionalita' sopraggiunta» . Analoga questione di legittimita' costituzionale sollecitava il curatore speciale-difensore dei minorenni D.S. , che segnalava altresi' la competenza del tribunale per i minorenni, nell'ambito del procedimento camerale de potestate, anche per la fase esecutiva del provvedimento adottato in data 21 aprile 2020, i cui effetti non si erano esauriti avendo il tribunale delegato un giudice per il monitoraggio della fase attuativa. Ancora, sul punto della rilevanza della questione, il predetto curatore speciale segnalava come «, allo stato, sia oggetto di valutazione da parte del tribunale un ricorso del pubblico ministero in corso di causa. Esso tende ad ottenere la modifica del provvedimento vigente, tenuto conto degli interventi del DAP, sul presupposto che, effettivamente, la legislazione vigente possa non corrispondere alla lettura originariamente data dal tribunale. In alternativa il medesimo pubblico ministero propone che il provvedimento esistente vada modificato con attribuzione al giudice civile della piena potestas judicandi sulla questione del rapporto padre-figli, all'interno del procedimento di VG in atto. Nell'ambito di detta operativita', conseguentemente, il decidere del Tribunale per i minorenni incidera' su diritti soggettivi, cosi' giustificando la disapplicazione del provvedimento amministrativo con esso confliggente, la cui illegittimita' deriverebbe dall'essere entrambe le posizioni giuridiche attive del minore e del genitore coperte da tutela di rango costituzionale». Quanto alla competenza ad intervenire del tribunale per i minorenni nella vicenda de qua e alla questione della disapplicazione della circolare amministrativa del D.A.P., secondo il predetto curatore speciale «nella sfera di competenza del giudice minorile vi e' certamente la possibilita' di disporre e di prescrivere, ovviamente avendo a stella polare l'interesse del minore, anche la compressione di diritti e/o di facolta' connesse al munus genitoriale. E' proprio questa connessione che consente l'ingresso in questa sede della tesi della piena potestas decidendi del tribunale adito sulla questione dei rapporti padre-figlio, con previsione di attribuzione di deleghe esecutive agli organi dello Stato, chiamati ad eseguire il suo pronunciamento con la medesima forza di quelli previsti dall'art. 474 codice di procedura civile. A detto novero di organi comandati di eseguire non potra' quindi sottrarsi il direttore della casa circondariale che e' preposto ex lege, come sopra visto, all'attuazione dei colloqui e dei contatti telefonici e di conseguenza audiovisivi tra i detenuti e il mondo esterno. In questo senso, l'eventuale pronunciamento amministrativo che - come nel caso odierno fa il DAP - dovesse interferire con la sequenza esecutiva de quo puo', pertanto, essere oggetto di disapplicazione». Cosi' ricostruita la vicenda processuale, deve osservarsi che l'emergenza sanitaria dettata dal propagarsi del contagio epidemico da Sars-Cov-2 sul territorio nazionale ha determinato un'immane esigenza di adattamento di tutti i settori dello Stato. Pure il sistema giustizia ha dovuto plasmarsi in relazione alle mutate necessita' di limitazione del contagio virale su diversi fronti. In questo contesto si innesta la questione attinente ai colloqui dei minorenni con genitori detenuti in regime di 41-bis o.p., che risulta di particolare interesse giuridico, implicando il coinvolgimento e l'interazione, sinora inesplorata, di giurisdizioni diverse, di norme sovranazionali e nazionali, norme a tutela dei minori e della genitorialita', norme che garantiscono la stabilita' della sanzione penale e allo stesso tempo la protezione dei diritti fondamentali. Il quadro normativo di riferimento: le norme nazionali. Oltre alle norme sovranazionali direttamente o indirettamente applicabili che di seguito si esamineranno, le norme costituzionali offrono un ampio ventaglio di garanzie per i minorenni, per la genitorialita' e per i detenuti. Agganci generici di tutela sono gli articoli 2 e 3 Cost. in merito alla protezione della dignita' umana, l'uguaglianza ed i diritti fondamentali che interessano l'uomo in quanto tale. Gli articoli 29, 30, 31 della Costituzione realizzano il fulcro della tutela della famiglia come nucleo fondamentale della societa', fissano i principi generali relativi alla genitorialita' e riconoscono i diritti dei minorenni. In particolare, i diritti/doveri di istruzione e di educazione dei quali anche lo Stato deve essere pronto a farsi carico. Tuttavia, il riconoscimento dei legami affettivi non sempre risulta essere preso in diretta considerazione dalla legislazione nazionale; spesso queste relazioni non risultano espressamente regolate dal diritto positivo sebbene vengano alla luce come posizioni giuridiche meritevoli di tutela, perche' costituzionalmente garantite, in rapporto a discipline che hanno ad oggetto altri settori dell'ordinamento. E' il caso dell'ordinamento penitenziario. Le conseguenze dell'applicazione delle norme sulla restrizione della liberta' personale a seguito della pronuncia giurisdizionale di condanna si riversano su posizioni giuridiche di pari interesse costituzionale. L'esigenza di «punizione» statale costituzionalmente prevista invade certamente la sfera dei rapporti affettivi, anche essi garantiti da norme di assoluto rilievo costituzionale. Piu' volte la giurisprudenza si e' occupata del rapporto genitoriale in caso di detenzione ed in virtu' del disposto di cui all'art. 31 Cost., potendo la «formazione del bambino essere gravemente pregiudicata dall'assenza di una figura genitoriale», ha attribuito preminenza all'interesse del minore a crescere a contatto con la madre (e con il padre, in via residuale), rispetto alle esigenze punitive dello Stato. (2) . Ed infatti, in diverse disposizioni dell'ordinamento penitenziario, e del relativo regolamento di esecuzione, la rilevanza dei legami familiari e' elemento indispensabile nel concreto attuarsi della carcerazione, soprattutto al fine di salvaguardare il minore dai danni che la detenzione del genitore puo' innegabilmente provocare. Due sono gli istituti che maggiormente rilevano dal punto di vista della tutela dei (diritti umani dell'individuo detenuto in rapporto ai suoi legami familiari: da un lato, i permessi previsti dall'art. 30 o.p. e dall'altro, i colloqui. La disciplina generale dei colloqui concessi al detenuto e' dettata, principalmente, dagli articoli 18 della legge n. 354 del 1975 e 37 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230. In essi si riconosce il diritto del recluso allo svolgimento di colloqui sia con i propri familiari, previa autorizzazione del direttore dell'istituto penitenziario sia - in presenza di ragionevoli motivi - anche con persone diverse dai congiunti e conviventi (art. 37, 1° comma). Particolare favore, comunque, e' accordato ai colloqui con i familiari (art. 18, 3° comma), soprattutto al fine di preservare, per quanto compatibile con la condizione carceraria, «il mantenimento di un valido rapporto con i figli, specie in eta' minore» (3) . Se si sposta l'attenzione sul versante della pericolosita' sociale e si considera quindi l'art. 41-bis, comma 2 o.p., che, parallelamente all' art. 4-bis o.p., e' stato introdotto con obiettivi di neutralizzazione dei detenuti appartenenti alla criminalita' organizzata, il discorso e' evidentemente piu' delicato. Le statuizioni relativi ai colloqui subiscono un restringimento per i detenuti sottoposti al regime speciale di cui all'art. 41-bis o.p. (legge n. 354 del 1975), comma 2-quater, lettera b), che prevede per i detenuti sottoposti al regime di «carcere duro» un solo colloquio al mese con i familiari e i conviventi, da svolgersi ad intervalli di tempo regolari e con modalita' di sicurezza (locali attrezzati ad impedire il passaggio di oggetti, registrazione e controllo auditivo). L'ammissione al colloquio di persone diverse da familiari e conviventi, per i detenuti sottoposti al regime carcerario speciale previsto dall'art. 41-bis o.p., e' subordinata alla presenza di «casi eccezionali, determinati, volta per volta, dal direttore dell'istituto». Dall'esame della normativa relativa al regime speciale di cui all'art. 41-bis o.p., e' agevole intuire come le conseguenze della restrizione in carcere non si riversino esclusivamente sul detenuto, ma colpiscano indirettamente anche i familiari: si coglie al riguardo la c.d. portata bilaterale della pena, che colpisce in modo emblematico i figli minori del detenuto lesi, senza colpa, nel diritto di crescere accanto ai propri genitori e in un ambiente che ne favorisca il sano sviluppo psicofisico, come rilevato dalla Corte costituzionale in diverse pronunce. Cio' premesso, non ci si puo' esimere dal segnalare che la garanzia di tutela di soggetti «fragili» dell'ordinamento e' un compito irrinunciabile per ogni potere dello Stato. Le singole istituzioni si devono fare carico di supportare i singoli ancor piu' se minori, offrendo la piu' ampia protezione possibile attraverso strumenti di natura amministrativa e giurisdizionale. Per consentire l'adeguata cura del preminente interesse dei minorenni figli di detenuti (v. art. 3 della Convenzione di New York del 20 novembre 1989, ratificata dall'Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176) e' fondamentale il coordinamento istituzionale ed una legislazione ampia e puntuale sugli aspetti della vita che li coinvolgono direttamente e indirettamente, facendosi anche carico del loro benessere psicofisico (art. 32 Cost.) ove non realizzato in ambito familiare. L'equilibrio tra la lotta alla criminalita' organizzata, ove il 41-bis o.p. assurge ad emblema, e la tutela degli interessi preminenti dei minori, comporta una seria riflessione che non puo' prescindere dalle valutazioni bilanciate del caso concreto, come piu' volte ha stabilito la Corte costituzionale pur in riferimento a fattispecie diverse. A supporto di tale assunto si segnala la sentenza 12 febbraio 2012, n. 31 della Corte costituzionale che ha dichiarato l'incostituzionalita' dell'art. 569 codice penale, nella parte in cui stabilisce che, in caso di condanna pronunciata contro il genitore per il delitto di alterazione di stato, previsto dall'art. 567, comma 2, codice penale, consegua di diritto la perdita della responsabilita' genitoriale, cosi precludendo al giudice ogni possibilita' di valutazione dell'interesse del minore nel caso concreto. Un bilanciamento ricercato anche dall'Amministrazione penitenziaria con la circolare n. 3676/616 del 2 ottobre 2017 in materia di organizzazione del circuito detentivo speciale di cui all'art. 41-bis o.p. a cui si affianca un allegato contenente specifiche misure applicative detto «Modello 72», che tiene conto di una serie di aspetti di vita quotidiana dei soggetti posti in isolamento al fine di rendere l'esecuzione della pena sempre conforme al rispetto dei diritti umani costituzionalmente (e non solo) garantiti. Il quadro normativo di riferimento: la disciplina emergenziale sull'ordinamento penitenziario. L'improvviso impatto del virus Sars Cov-2 nel nostro territorio ha imposto l'emanazione di una serie di norme emergenziali per disciplinare in via d'urgenza tutti i settori dell'ordinamento, tra questi anche quello giudiziario e penitenziario. Per quanto qui di interesse, il decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29 prevede «Misure urgenti in materia di detenzione domiciliare o differimento dell'esecuzione della pena, nonche' in materia di sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari, per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19, di persone detenute o internate per delitti di criminalita' organizzata di tipo mafioso, terroristico e mafioso, o per delitti di associazione a delinquere legati al traffico di sostanze stupefacenti o per delitti commessi avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l'associazione mafiosa, nonche' di detenuti e internati sottoposti al regime previsto dall'art. 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, nonche', infine, in materia di colloqui con i congiunti o con altre persone cui hanno diritto i condannati, gli internati e gli imputati.» Quanto agli istituiti penitenziari, l'art. 4 del decreto emergenziale dispone: «Al fine di consentire il rispetto delle condizioni igienico-sanitarie idonee a prevenire il rischio di diffusione del COVID-19, negli istituti penitenziari e negli istituti penali per minorenni, a decorrere dal 19 maggio 2020 e sino alla data del 30 giugno 2020, i colloqui con i congiunti o con altre persone cui hanno diritto i condannati, gli internati e gli imputati a norma degli articoli 18 della legge 26 luglio 1975, n. 354, 37 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, e 19 del decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 121, possono essere svolti a distanza, mediante, ove possibile, apparecchiature e collegamenti di cui dispone l'amministrazione penitenziaria e minorile o mediante corrispondenza telefonica, che puo' essere autorizzata oltre i limiti di cui all'art. 39, comma 2, del predetto decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 e all'art. 19, comma 1, del decreto legislativo n. 121 del 2018. Il direttore dell'istituto penitenziario e dell'istituto penale per minorenni, sentiti, rispettivamente, il provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria e il dirigente del centro per la giustizia minorile, nonche' l'autorita' sanitaria regionale in persona del Presidente della Giunta della Regione stabilisce, nei limiti di legge, il numero massimo di colloqui da svolgere con modalita' in presenza, fermo il diritto dei condannati, internati e imputati ad almeno un colloquio al mese in presenza di almeno un congiunto o altra persona». Dunque, appare evidente che nella necessita' di garantire il diritto al mantenimento delle relazioni affettive sia stato ampliato il novero dei contatti telefonici o audiovisivi nella consapevolezza del rischio di contagio determinato dall'ingresso di soggetti esterni dentro le strutture penitenziarie. La ratio della norma ha un chiaro fondamento nell'esigenza sanitaria, il legislatore ha dunque voluto adattare le norme dell'ordinamento penitenziario alle mutate circostanze della realta' sociale, nel rispetto delle indicazioni mediche sul contenimento del contagio virale. Il limite agli spostamenti non puo' dunque comportare un ulteriore restringimento delle liberta' concesse ai detenuti, le stesse possono ben realizzarsi - con modalita' diverse - nel rispetto delle norme di sicurezza. E' tuttavia da ritenere che la disposizione de qua, nel rinviare esclusivamente agli articoli 18 legge 26 luglio 1975, n. 354 e 37 decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, quanto alla determinazione del suo ambito e delle sue modalita' di applicazione, sia riferibile solo al regime ordinario di detenzione e non a quello speciale ex art. 41-bis o.p.. Pertanto, tale combinato disposto legislativo va interpretato (in senso letterale e dichiarativo) in tal senso, cosi' come del resto effettuato dal Direttore generale dei detenuti e del trattamento del DAP con missiva inviata 18 maggio 2020 a questo tribunale. I provvedimenti di attuazione dei decreti emanati in relazione all'emergenza Covid: le circolari. La circolare 101903/AG del 27 marzo 2020 avente ad oggetto «la concessione di un ulteriore colloquio telefonico, in aggiunta a quello sostitutivo spettante, per i detenuti sottoposti al regime speciale di cui all'art. 41-bis, comma 2 o.p.» reca l'organizzazione per la realizzazione di un colloquio aggiuntivo da tenersi con modalita' telefonica in alternativa al colloquio visivo mensile a cui hanno diritto - per il tempo dell'emergenza Covid 19 - i detenuti ristretti in regime di isolamento. I colloqui che si ritengono necessari in ragione dell'impossibilita' di spostamento delle persone sul territorio per effetto della legislazione «anticontagio» possono dunque essere svolti in modo alternativo e con particolari cautele: la chiamata dovra' partire dall'istituto penitenziario verso la caserma dei carabinieri del comune piu' vicino ai destinatari (familiari), luogo in cui gli stessi si recheranno in modo da poter essere identificati ed al fine di registrare la conversazione. La sorveglianza risulta, pertanto, essere perfettamente attuata. Ancora, secondo quanto previsto dalla circolare, i familiari - muniti di dispositivi di protezione individuale - che potranno recarsi presso la caserma per il colloquio, non dovranno essere piu' di due, con esclusione della presenza al colloquio dei minori. La circolare dunque - a differenza della successiva disposizione legislativa di cui all'art. 4 decreto-legge 29 del 2020 - non prevede neppure per i detenuti ordinari collegamenti a distanza diversi dal contatto telefonico ed esclude i minorenni. Un'esclusione non presente nelle precedenti circolari, sia in quelle «pre-covid» che in quelle emesse successivamente. In particolare, la circolare DAP del 21 marzo 2020 denominata «colloqui familiari», valorizzando l'impossibilita' di spostamento sul territorio nazionale dei familiari dei detenuti, ha consentito colloqui telefonici, audiovisivi, bonifici on line, aumenti di spesa per i detenuti, in modo da venire incontro alle esigenze delle famiglie e dei soggetti ristretti in carcere, senza alcuna limitazione in ordine ai minori, come osservato. Ancor prima, la valorizzazione dei sistemi informatici era stata oggetto di circolare emessa in data 12 marzo 2020 per consentire l'utilizzo di piattaforme on line e posta elettronica agli studenti-detenuti. La circolare piu' recente del 12 maggio 2020 - che segue il decreto-legge n. 29/2020 - consente la ripresa dei colloqui in presenza mediante la predisposizione delle cautele «anticontagio» (dpi, plexiglas, distanziamento fisico) ove possibile, previa valutazione dei rischi di spostamento; in alternativa, prevede che rimarranno ferme, le opportunita' di colloquio con mezzi telefonici e, per i detenuti ordinari, anche informatici audiovisivi. Anche in questa circostanza, l'Amministrazione penitenziaria nulla afferma circa la presenza dei minori nei colloqui a distanza. La ratio dell'esigenza di esclusione dei colloqui a distanza tra i minorenni ed i genitori detenuti al 41-bis o.p. ha dunque dei contorni sfumati e sfuggenti. Inoltre, la distinzione tra minori e maggiorenni, quanto alle relazioni familiari esplicantesi nell'istituto dei colloqui, non viene in rilievo ne' nel decreto-legge n. 29/2020 ne' nelle altre circolari che involgono il sistema penitenziario. Verificati gli ostacoli nel dare tutela al segnalato diritto dei minorenni D.S. il presente provvedimento ha come obiettivo quello di identificare i rimedi esperibili per rimuovere questa irragionevole disparita' di trattamento. Si tratta, in particolare, di verificare la rispondenza di tutti gli atti di normazione primaria o amministrativi ai superiori interessi del minore espressi tanto a livello nazionale, quanto nell'ordinamento sovranazionale. Rilevanza della questione Cio' premesso, occorre verificare la rilevanza e non manifesta infondatezza della questione proposta. Il vaglio di rilevanza della questione attiene alla verifica dell'impossibilita', per il Giudice a quo, di risolvere il caso pratico sottoposto alla sua attenzione, indipendentemente dalla risoluzione della questione stessa. Ebbene, nel caso che occupa, il tribunale per i minorenni di Reggio Calabria dovrebbe applicare quello specifico articolo di legislazione primaria (art. 4, decreto-legge n. 29/2020) per rigettare l'istanza del detenuto che ha chiesto di poter vedere i figli minorenni con sistemi telematici o audiovisivi. L'applicazione di tale norma ai fini del rigetto rende rilevante la questione, in quanto si tratterebbe di applicare una norma che si asserisce incostituzionale. Cio' premesso, ne consegue la rilevanza della questione nel presente giudizio, in quanto l'applicazione della norma precluderebbe la valutazione del merito dell'istanza del detenuto e, nel contempo, non consentirebbe al decreto emesso in data 21 aprile 2020 da questo tribunale, tuttora valido in quanto non revocato e di cui in questa sede si ribadiscono le disposizioni nel preminente interesse dei minorenni D.S. , di potere dispiegare la sua efficacia per un rilevante lasso di tempo. Sebbene la norma dell'ordinamento penitenziario sia destinata prevalentemente a disciplinare il rapporto del detenuto con i familiari, non vi e' dubbio che la stessa ha contestualmente dirette ripercussioni sul diritto dei minorenni D.S. ad intrattenere rapporti con il padre detenuto, prospettiva - preclusa, o meglio non considerata, dalla normativa emergenziale - che principalmente interessa questa autorita' giudiziaria. Sotto altra direttrice, la rilevanza della questione emerge anche dal contenuto dei provvedimenti emessi da questo tribunale nella vicenda che occupa, concernenti il percorso rieducativo del detenuto D.S. al fine del recupero/sostegno delle sue competenze genitoriali in funzione del preminente interesse dei figli minorenni. Come anticipato, questo tribunale ha richiesto al detenuto D.S. di intraprendere un percorso psicologico e di sostegno per un corretto approccio educativo con i figli minorenni, sofferenti per la mancanza del padre dalla loro vita quotidiana. Orbene, l'interruzione per lunghi mesi dei contatti e, in specie, l'impossibilita' di accedere a colloqui telefonici (sin dal mese di febbraio 2020) e a contatti visivi (sin dal mese di dicembre 2019) durante l'emergenza epidemiologica Covid 19 e' una situazione di fatto che', ritardando l'esecuzione delle statuizioni dei decreti emessi da questo tribunale, incide sulla prospettiva rieducativa prevista in favore del detenuto e, dall'altro, determina una grave compromissione del diritto fondamentale dei figli minorenni ad intrattenere - senza soluzione di continuita' e a maggior ragione durante la difficile situazione emergenziale - rassicuranti contatti anche visivi con il padre. In altri termini, deve segnalarsi che la normativa emergenziale sopravvenuta e il correlato rifiuto ad ottemperare da parte del D.A.P. hanno determinato la sostanziale inefficacia del provvedimento emesso in data 21 aprile 2020, le cui statuizioni in questa sede si ribadiscono - senza ulteriori condizioni - nel preminente interesse dei minorenni D.S. Va ancora evidenziato che la norma derivante dal combinato disposto dell'art. 4 del decreto-legge n. 29/2020 e dell'art. 18 o.p., che vieta i colloqui audiovisivi a distanza del figlio minore con il genitore «detenuto in regime speciale, e' una norma giuridica primaria di relazione che incide non solo sulla posizione del detenuto (e il cui diniego da parte dell'amministrazione penitenziaria puo' essere dedotto con i rimedi dell'ordinamento penitenziario, innanzi la magistratura di sorveglianza), ma anche (e innanzitutto) sulla posizione del minore (i cui diritti sono deducibili innanzi la magistratura minorile). La bilateralita' della relazione giuridica tra figlio minore e detenuto pone pertanto la preliminare questione della legittimazione di questo Tribunale per i minorenni a sollevare il quesito di costituzionalita' della norma di relazione dianzi indicata. Nel dettaglio, la (giurisdizione e la) competenza di questo Tribunale per i minorenni nel caso che occupa e la sua conseguenziale legittimazione a sollevare la questione di legittimita' costituzionale incidentale della norma de qua sono, ad avviso di questo giudice, da riconoscersi per i motivi che di seguito si esplicitano. Innanzitutto, nel rapporto giuridico genitore/figlio minorenne, la posizione preminente (anche se non assoluta) - cosi' come stabilito dall'art. 3 della Convenzione di New York del 20 novembre 1989 - e' quella di diritto soggettivo del minore a mantenere rapporti affettivi e a ricevere dal genitore - anche se detenuto - un'educazione coerente ai valori costituzionali, fattori tutti idonei a consentire al minorenne un adeguato sviluppo della sua personalita' (diritto inviolabile di rango costituzionale che connota i valori della persona umana). In altri termini, il rapporto giuridico tra minore e genitore, non e' paritario stricto sensu, in quanto non si tratta di riconoscere diritti e/o obblighi reciproci, ovvero la compresenza di situazioni giuridiche reciproche di vantaggio frontistanti e dotate di pari rango ed altezza assiologica. Infatti, secondo il condivisibile assunto del pubblico ministero «il fascio collegato di posizioni giuridiche che connota il rapporto giuridico genitoriale, in cui si situa il diritto soggettivo inviolabile dei figli minorenni a mantenere rapporti affettivi con il proprio genitore, appare "sbilanciato" in favore del minore, titolare della posizione giuridiche preminente e prevalente, anche nei confronti del diritto (nella specie ai colloqui, in modalita' a distanza) vantato da parte del genitore». Tale preminenza assiologica comporta l'affermazione della sussistenza della giurisdizione e della competenza del giudice civile minorile, quale giudice naturale de potestate (art. 25 Cost.). Competenza del giudice minorile che, nel caso che occupa, e' rafforzata dalla circostanza che non risulta pendente un contestuale procedimento di sorveglianza e dall'ulteriore rilievo che l'interesse pubblico (primario dal punto di vista dell'Amministrazione penitenziaria) alla sicurezza nella gestione del detenuto in regime speciale e' garantita dal parere espresso dalla Procura della Repubblica presso il tribunale di ... che non ha segnalato esigenze di sicurezza ostative alla concessione di colloqui audiovisivi a distanza nel caso in esame. Aggiungasi, a conforto della superiore proposizione, che distinte sono le azioni esercitabili innanzi il giudice minorile e il giudice di sorveglianza. Si puo' ritenere, infatti, che tra la materia devoluta alla cognizione del giudice di sorveglianza e quella devoluta alla competenza del giudice civile minorile, vi sia coincidenza dei soli seguenti elementi essenziali: personae (il genitore detenuto e il figlio minore), petitum mediato (il colloquio a distanza, per la realizzazione del diritto ai rapporti affettivi), causa petendi passiva (dal punto di vista e nei confronti dell'Amministrazione penitenziaria, nella sua posizione di esecutore del dictum della legge, cosi come interpretato dal giudice). Diversi sono invece il petitum immediato (la pronuncia giurisdizionale di autorizzazione ai colloqui a distanza tra le due personae anzidette da parte del giudice minorile civile; la pronuncia di annullamento di eventuale diniego amministrativo penitenziario da parte del magistrato di sorveglianza in sede di reclamo) e la causa petendi attiva (essendo distinta e prevalente la posizione giuridica del figlio minorenne rispetto a quella del genitore detenuto). Cio' stabilito, dato atto che nel caso in esame non risulta in atti la previa proposizione di un ricorso innanzi il magistrato di sorveglianza da parte del genitore del detenuto di fronte al diniego di consentire i colloqui da parte dell'amministrazione penitenziaria, non si puo' negare la competenza di questo Tribunale per i minorenni e, di conseguenza, la sua legittimazione a sollevare la questione di legittimita' costituzionale. Invero, laddove il legislatore ha inteso ripartire la competenza in materia di diritti del minore alla genitorialita' (anche affettiva) secondo un diverso criterio specifico, esso e' intervenuto espressamente con norme di legge ad hoc, per es. come nel caso dell'art. 38 disp. att. del codice civile, che regolamenta con un criterio speciale la ripartizione di competenza funzionale tra il giudice civile minorile e il giudice civile competente su un giudizio pendente avente ad oggetto anche lo status coniugalis. Ne consegue che l'eventuale concorso di competenza da parte del giudice ordinario minorile e del magistrato di sorveglianza, in difetto di esplicita o di implicita regolazione legislativa, non puo' essere risolto nel senso dell'esclusivita' di una di esse. In altri termini, non si puo' ritenere che sussista in materia di rapporti affettivi tra un figlio minorenne e un genitore detenuto un'implicita preferenza legislativa per l'autorita' amministrativa o per la competenza del giudice di sorveglianza o ordinario, capace di attrarre per connessione anche la cognizione sulla posizione (invero preminente sub specie juris) del minore, in quanto cio' apparirebbe contrario alla logica stessa della specializzazione (anche nella composizione mista dei collegi) e delle funzioni della magistratura minorile. Ritenere che una simile competenza specializzata sia (implicitamente) recessivi di fronte alla competenza del direttore dell'istituto penitenziario o del giudice sorveglianza (relativa alla posizione penitenziaria del detenuto) costituirebbe un quid juris irragionevole, a sua volta da elevare a sospetto di incostituzionali) sotto il profilo della violazione delle garanzie giurisdizionali della condizione del minore e della effettiva tutela in giudizio del suo diritto a mantenere i rapporti affettivi con il genitore mediante il colloquio (a distanza). Nel caso che occupa, inoltre, la questione di legittimita' costituzionale delle norme richiamate in dispositivo e' stata sollecitata dal pubblico ministero minorile e dal curatore speciale-difensore dei minorenni, soggetti processuali non contemplati dalle norme richiamate e portatori di autonomi e distinti interessi, che vedrebbero irragionevolmente frustrate le loro istanze volte alla tutela di diritti fondamentali, nell'ipotesi in cui dovesse prevalere la tesi dell'esclusivita' di competenza della magistratura di sorveglianza o del giudice che procede. In altri termini, una soluzione interpretativa diversa - ovvero quella di riconoscere solo in capo alla magistratura di sorveglianza o a quella del giudice che procede sino alla sentenza di primo grado la competenza a promuovere la questione di costituzionalita' della norma de qua - appare irragionevole significherebbe subordinare la giurisdizione minorile a quella di sorveglianza od ordinaria, con la conseguenza paradossale di paralizzare - con determinazione unilaterale e fondata su aspetti diversi da quelli tipicamente contemplati dalla giurisdizione minorile - gli eventuali interventi giurisdizionali a tutela dei minorenni (nel caso, ad esempio, in cui il magistrato di sorveglianza o il diverso giudice che procede non ritenessero di proporre o ritenessero non rilevante o manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale della norma richiamata). Aggiungasi, inoltre, che l'eventuale (sopravvenuto) diniego ai colloqui/collegamenti a distanza del direttore dell'istituto penitenziario, del magistrato di sorveglianza o del giudice penale che procede sino alla sentenza di primo grado, fondato sulla disposizione di cui si sospetta l'incostituzionalita', non costituisce neppure - ad avviso di questa autorita' giudiziaria - un dato oggettivo idoneo per escludere la rilevanza della questione nel giudizio a quo. Non vi e' dubbio che, nonostante il tribunale per i minorenni non sia un'autorita' giudiziaria contemplata nella disposizione emergenziale in oggetto (cosi' come nell'art. 41-bis o.p.), la risoluzione della questione di legittimita' costituzionale nel senso auspicato (ovvero, con la rimozione del divieto dei colloqui audiovisivi a distanza) consentirebbe a questo giudice di interloquire istituzionalmente (e sinergicamente) in ordine alla necessita' dei contatti previsti - per la tutela dell'integrita' psicofisica dei minorenni - con le autorita' amministrative e giudiziarie preposte ad autorizzarli dalla prospettiva del detenuto, ovvero con il direttore dell'istituto penitenziario (nel caso si tratti di condannato in via definitiva), con l'eventuale magistrato di sorveglianza in sede di reclamo avverso un provvedimento di diniego di un'autorizzazione al colloquio o, nei casi residui, con l'autorita' giudiziaria che procede. Riepilogando, non sembra superfluo segnalare che questo Tribunale per i minorenni ha gia' emesso negli anni plurimi provvedimenti per agevolare i colloqui tra il detenuto D.S. ed i figli minorenni e, nella cornice sopra delineata, un decreto autorizzativo dei colloqui a distanza durante l'emergenza epidemiologica Covid 19 (v. decreto in data 21 aprile 2020). L'esecuzione di tale provvedimento e' pero' impedita dalla sopravvenienza dell'art. 4 del decreto-legge n. 29/2020, disposizione che innova la cornice legislativa di riferimento (essendo stata introdotta una norma di divieto, rilevante nel caso in esame, che al momento dell'adozione del decreto in data 21 aprile 2020 non sussisteva) e impedisce di ottenerne l'attuazione da parte dell'Amministrazione penitenziaria. Attuazione possibile solo con la declaratoria di incostituzionalita' della norma di legge che tale divieto implicitamente pone (o almeno della modalita' categorica in cui tale divieto e' irragionevolmente posto). Cio' premesso, ne consegue che la competenza a pronunciarsi sulla questione non potrebbe essere sottratta al tribunale per i minorenni, autorita' giudiziaria che aveva gia' conosciuto del caso e interpretato estensivamente la disposizione di cui all'art. 41-bis o.p., senza «amputare» la competenza del giudice civile minorile, con violazione cosi dei canoni di effettivita' e pienezza della tutela giurisdizionale dei minorenni D.S. e delle regole (anche costituzionali) del giusto processo (civile minorile). Per completezza di esposizione, deve segnalarsi che le disposizioni del decreto in data 21 aprile 2020 devono ritenersi tuttora valide e funzionali al preminente interesse dei minorenni D.S. Non essendo normativamente prevista una «fase esecutiva» tipica del procedimento minorile, il Tribunale per i minorenni conosce, quale unico modello procedimentale per le materie di volontaria giurisdizione, quello camerale di cognizione, cui e' tenuto ad applicare i principi del giusto processo. Questa considerazione porta la necessaria conseguenza che non esista un diverso modello procedimentale successivo ai provvedimenti decisori del tribunale ma, unicamente, il necessario procedimento di accompagnamento e supporto, sino all'individuazione a tutela del minore di una soluzione idonea a garantirgli un corretto sviluppo psico-fisico ed una corretta estrinsecazione della sua personalita'. A quanto sin qui detto, consegue l'importante effetto di consentire che quegli istituti posti a presidio proprio del minore mantengano efficienza ed esistenza durante l'intero arco dell'attivita' dispiegata dal tribunale. Pertanto, se per un verso il collegio del Tribunale per i minorenni delega un giudice all'effettuazione di alcune attivita' (prassi pacificamente ammessa in giurisprudenza e dottrina nei procedimenti camerali), cio' significa che il procedimento prosegue attraverso detta attivita' delegata. Sotto questo profilo, pertanto, l'intervento del pubblico ministero va interpretato non gia' come ricorso per la «riapertura» di un procedimento concluso, ma come piu' che apprezzabile intervento a tutela degli interessi che il medesimo procedimento vuole salvaguardare e, segnatamente, del diritto dei minori coinvolti alla stabilita' affettiva ed esistenziale alla quale, sia pur con tutte le limitazioni del caso, il rapporto con il padre e' indispensabile. Del resto, dalla lettura del decreto in data 21 aprile 2020 e' agevole infierire che lo stesso si colloca in una cornice piu' ampia e datata di interventi a tutela dei minorenni D.S. in cui la previsione di colloqui con il genitore detenuto rappresenta soltanto una tappa del percorso previsto a loro tutela. Quale logico corollario della superiore proposizione, ne segue che anche il curatore speciale del minore, nella sua veste di difensore dello stesso, puo' intervenire - cosi' come e' avvenuto con l'istanza riassunta - portando nel procedimento pendente il suo contributo. In altri termini, il curatore speciale del minore (ovvero, la voce tecnica dello stesso nel processo), conserva non solo la sua vitalita' ma anche la possibilita' di esplicare tutte le funzioni che gli sono attribuite. Qualora residuassero dubbi, deve segnalarsi che l'ulteriore richiesta del pubblico ministero, che ha domandato la revisione del provvedimento vigente nei termini sopra indicati (Cron. n. 305/2020) e sollecitato il quesito di legittimita' costituzionale della norma sopravvenuta, conferma l'attualita' (e la rilevanza) della questione. Non manifesta infondatezza Per quanto attiene al profilo della non manifesta infondatezza, il giudice a quo non e' chiamato a pronunciarsi sulla fondatezza o meno, esame che e' appunto rimesso alla sola Corte costituzionale, ma deve semplicemente «respingere la questione quando palesemente, prima facie, gli appaia priva di ogni fondamento giuridico» (4) . La Corte costituzionale ha poi aggiunto che il giudice a quo, prima di rimettere la questione, deve preliminarmente tentare l'interpretazione conforme a Costituzione, che tuttavia nel caso che occupa non appare possibile, in quanto tale operazione ermeneutica comporterebbe un'invasione delle prerogative del legislatore, dovendosi estendere l'applicazione di una norma ad una categoria di soggetti - ovvero, i detenuti al regime speciale dell'art. 41-bis o.p. - che la stessa implicitamente esclude. In merito, non sembra superfluo segnalare che la Corte di cassazione in diverse occasioni ha escluso la possibilita' di un'interpretazione estensiva dell'art. 41-bis o.p., con riferimento ai colloqui audiovisivi a distanza, ritenendo (v., a tal proposito, Cassazione I sezione penale n. 16557 del 2019) la necessita' che sia il legislatore a fornire le indicazioni vincolanti per i vari ambiti della vita penitenziaria. Tale indirizzo e' stato tuttavia sconfessato da una diversa lettura conforme del sistema normativo derivante dall'art. 41-bis o.p. operato dalla stessa Corte di cassazione (cfr. Cassazione Penale sentenza n. 7654/2014, dep. 19.02.2015) che, chiamata ad esprimersi in regime di colloqui fra padre e figlio entrambi detenuti e soggetti al regime di cui al 41-bis o.p., premessa tutta la valutazione della questione del rapporto con gli atti amministrativi, ha stabilito che il testo principale di riferimento nella materia e' costituito dall'art. 28 o.p., il quale stabilisce che "particolare cura e' dedicata a mantenere, migliorare, o ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie". Secondo la Suprema Corte, "lo scopo perseguito da tale previsione e' quello di impedire che l'abbandono delle abitudini di vita individuale e familiare acquisite in stato di liberta', imposto dall'espiazione della pena in ambito carcerario, comprometta il mantenimento delle relazioni affettive ed i sentimenti verso i congiunti. Per tali ragioni, ai sensi dell'art. 1, comma 6, e dell'art. 15 ordinanza pera., i colloqui sono inseriti nel trattamento di chi e' ristretto e assumono rilevanza anche ai fini dell'attivita' di recupero e rieducazione del condannato. La Corte, quindi, ne deduce che «la disciplina fortemente limitativa dettata dall'art. 41-bis applicabile a soggetti dotati di particolare pericolosita' non li esclude dai colloqui, ma piuttosto li regolamenta con l'introduzione di limiti numerici e con la possibilita' di adottare, mediante previsioni della normativa attuativi di rango secondario, modalita' esecutive di particolare rigore. L'art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo prescrive che "ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare...", sicche' eventuali ingerenze dell'autorita' pubblica nell'esercizio di tale diritto sono coperte da riserva di legge e devono essere giustificate da esigenze di sicurezza nazionale, pubblica sicurezza, difesa dell'ordine e prevenzione dei reati, protezione della salute o della morale, dei diritti e delle liberta' altrui. In particolare, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha avuto modo di occuparsi piu' volte della compatibilita' delle disposizioni degli ordinamenti nazionali, che, nel disciplinare le modalita' di esecuzione della pena detentiva, di per se' comportante per sua natura limitazioni alla vita individuale e familiare per il distacco forzato che realizza, prescrivono in vario modo l'isolamento dei detenuti ed inibiscono colloqui con i familiari, con il principio che vieta trattamenti inumani o degradanti di cui all'art. 3 della Convenzione; ha quindi stabilito da un lato la necessita' che la struttura penitenziaria realizzi qualche forma di controllo sui contatti tra il detenuto ed il mondo esterno (sez. 2, Messina c/ Italia, 8 giugno 1999), dall'altro che la detenzione, per quanto giustificata dalla condanna per gravi reati e da esigenze di tutela della collettivita', non puo' sopprimere in modo assoluto la relazionalita' e la vita affettiva mediante l'isolamento completo del prigioniero, che puo' produrre effetti negativi sulla personalita' e la sua desocializzazione con pregiudizi irreversibili sul processo di reinserimento nel contesto civile (sez. 2, Van der Yen c. Paesi Bassi, 4 febbraio 2003) NOTA5 . Cio' premesso, nella sentenza in questione la Corte di cassazione conclude indicando espressamente la videoconferenza come strumento atto a superare i limiti di costituzionalita' che, altrimenti, porrebbe la lettura restrittiva dell'art. 41-bis o.p.; strumento idoneo a garantire tanto i criteri di sicurezza e pericolo che sono alla radice del trattamento differenziato, quanto il rispetto dei diritti fondamentali dell'essere umano che ad ogni detenuto, per quanto severamente ristretto, devono essere riconosciuti. In modo conforme, si e' di recente pronunciato il Tribunale di sorveglianza di Roma, che ha autorizzato il colloquio via skype tra due detenuti - tra loro congiunti - sottoposti al regime del 41-bis o.p. In merito, il predetto giudice ha evidenziato che, viceversa, «ci sarebbe un grave pregiudizio al diritto del detenuto al mantenimento di relazioni di diretta presenza con i piu' stretti congiunti. contatti con i parenti hanno rilevanza come strumento volto ad impedire effetti negativi sulla personalita' del detenuto determinati dallo stato detentivo. Pertanto, i colloqui rientrano nell'attivita' di recupero e rieducazione del condannato, anche per coloro che sono sottoposti al regime penitenziario del 41-bis o.p.. In altri termini, da un lato c'e' l'esigenza di recidere i contatti criminali e dall'altro il mantenimento del diritto al colloquio diretto e di presenza con i congiunti quale minima e basilare opportunita' relazionale, in quanto altrimenti si finirebbe per sopprimere completamente la vita affettiva del detenuto con ulteriore svilimento delle condizioni umane di restrizione e con effetti negativi sulla sua personalita' e con gravi pregiudizi sul percorso di reinserimento sociale». Cio' stabilito, il predetto giudice ha precisato che «la valorizzazione della insopprimibilita' di tale diritto sia ancora piu' preminente nella prospettiva della attuazione dei principi costituzionali della finalita' rieducativa della pena e del divieto del trattamento contrario al senso di umanita' indicati dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, considerato che per le restrizioni di movimento e di comunicazione imposta dal regime di cui all'art. 41-bis, l'accesso alle altre opportunita' trattamentali ordinarie sono assai ridotte se non escluse del tutto». Ancora, secondo il medesimo Tribunale, «il sacrificio del diritto in questione non risponde alla concreta esigenza del 41-bis o.p. di garantire l'ordine e la sicurezza pubblica, in quanto il collegamento tramite Skype - gia' promosso con una circolare del Dap (30 gennaio 2019) per effettuare colloqui di detenuti inseriti nel circuito di media sicurezza con i familiari - garantisce la visione dell'immagine senza comportare spostamenti e contatti fisici diretti. Inoltre, il contatto a distanza e' controllabile, registrabile e non comporta rischi, in quanto l'interruzione del colloquio in caso di anomalie e' un'opzione agevolmente percorribile». Infine, «non vi sarebbero problemi legati alla sicurezza in quanto sia il sistema di videoconferenza, sia quello skype, sono gia' utilizzati per i video collegamenti dei detenuti al 41-bis in occasione delle udienze». Cio' premesso, deve osservarsi che nel caso in argomento tale interpretazione estensiva, costituzionalmente orientata, fornita dal Tribunale di sorveglianza di Roma, cosi' come dalla Corte di cassazione nel 2014, non e' percorribile nel caso che occupa per la sopravvenuta disciplina di legge emergenziale, che preclude implicitamente e con una precisa scelta di campo - non richiamandoli - i collegamenti audiovisivi distanza con i familiari per i detenuti sottoposti al regime del 41-bis o.p. Di fronte alla chiara struttura della relatio formale ed esplicita tra l'art. 4 del decreto-legge n. 29/2020 e l'art. 18 o.p. non appare possibile estendere l'interpretazione della legge, in maniera correttiva e conforme a un'inespressa ratio legis maggiormente ampia, senza prima ottenere la caducazione/demolizione di tale norma legislativa di divieto. Ne consegue che un'esegesi costituzionalmente orientata della disposizione censurata, potrebbe dar luogo ad un'interpretazione evolutiva e non estensiva della norma, vietata perche' snatura la funzione di giudice da organo di applicazione in quello di formazione della legge (cfr. Corte di cassazione sez. 3, n. 2230 dell'11 gennaio 1980, Pasculli). Cio' premesso, puo' anticiparsi che la rigida preclusione automatica prevista dall'art. 4 del decreto-legge n. 29/2020 espone al sospetto di legittimita' costituzionale la medesima disposizione per contrasto con gli articoli 2, 3, 27, 30, 31 comma secondo, 32, 117 della Costituzione, nella parte in cui non prevede il medesimo trattamento per i detenuti ordinari e quelli sottoposti al regime speciale di cui all'art. 41-bis o.p. (o, dalla prospettiva che interessa, per i minorenni figli di detenuti ordinari e i minorenni figli di detenuti in regime speciale), relativamente alla disciplina dei colloqui a distanza. Prima questione: sospetta violazione degli articoli 2, 3, 27, 30 e 31, comma secondo, 32 della Costituzione. Come anticipato, l'art. 4, decreto-legge n. 29/2020 ha un riflesso indiretto anche sui diritti fondamentali dei minori, i quali sono privati della relazione visiva a distanza con il genitore ristretto al regime speciale di cui all'art. 41-bis o.p.. Si tratta, quindi, di un vizio materiale consistente nella violazione di norme costituzionali e, in particolare, degli articoli 2, 3, 27, 30, 31, comma secondo, e 32. In questa prospettiva si segnala che la Corte costituzionale ha affermato che «[...] chi si trova in stato di detenzione, pur privato della maggior parte della sua liberta', ne conserva sempre un residuo, che e' tanto piu' prezioso in quanto costituisce l'ultimo ambito nel quale puo' spandersi la sua personalita' individuale». (5) La giurisprudenza di legittimita' ha riconosciuto come diritto soggettivo - facente parte del trattamento del detenuto - quello al mantenimento delle relazioni familiari, ampliando di fatto la portata delle norme di ordinamento penitenziario, in particolar modo dopo la riforma del 1975. Al riguardo, in diverse pronunce ha affermato che l'art. 2 Cost., prevedendo l'obbligo dello Stato di riconoscere e garantire i diritti inviolabili della persona, sia come singolo che nelle formazioni sociali dove svolge la sua personalita', si riferisce anche ai detenuti. Non vi e' dubbio, infatti, che gli istituti penitenziari si possono correttamente inquadrare come tipi di formazioni sociali, ancorche' coatte, in cui la perdita della liberta' conseguente allo status detentionis non deve pregiudicare le esigenze fondamentali dell'uomo. Come anticipato, in diverse occasioni la giurisprudenza di legittimita' ha affermato che, ai sensi dell'art. 27 Cost., la pena non deve tradursi in trattamenti contrari al senso di umanita' e deve avere una finalita' rieducativa, consentendo trattamenti idonei al recupero sociale del reo, tra i quali indiscussa importanza va attribuita al mantenimento dei rapporti familiari e, soprattutto, genitoriali. Ad ogni modo, i suesposti principi sono ribaditi anche dall'Amministrazione penitenziaria che afferma che tali prescrizioni «non sono volte a punire e non devono determinare un'ulteriore afflizione aggiuntiva alla pena gia' comminata» (6) Alla luce delle esposte riflessioni, ne consegue che non devono risultare afflizioni sproporzionate rispetto alla finalita' rieducativa della pena e che incidono su diritti fondamentali anche di terzi soggetti incolpevoli che subiscono l'altrui carcerazione; a maggior ragione se si tratta di minorenni, che ricevono una speciale protezione dalla Carta costituzionale e dalla convenzioni internazionali a tutela dell'infanzia. In altri termini, non e' conforme all'ordinamento costituzionale l'applicazione di una pena che, in assenza di una valutazione bilanciata di esigenze e diritti costituzionali contrapposti, esplichi effetti incidenti sulla sfera di diritti fondamentali di terzi «esterni»; e soprattutto se trattasi di soggetti minorenni, la cui tutela assume caratteri di preminenza nell'ordinamento in tutte quelle circostanze che, direttamente ovvero indirettamente, ne involgono gli interessi. Cio' premesso, la sospetta violazione degli articoli 2, 3 e 30 della Costituzione emerge dall'evidente disparita' di trattamento riservata ai figli minorenni dei detenuti sottoposti al 41-bis o.p. rispetto ai minorenni figli di detenuti ordinari, con la correlata violazione di diritti inviolabili come quello di intrattenere rapporti affettivi con i familiari detenuti, idonei a garantire un corretto sviluppo della personalita' ed una condizione di benessere psicofisico del minore. Nel caso specifico, non vi e' dubbio che risponde ad un'esigenza affettiva dei minorenni D.S. - specialmente in un momento delicato come quello rappresentato dall'emergenza Covid 19 - quella di mantenere il contatto visivo con il padre detenuto, nell'impossibilita' di accedere ai colloqui presso la casa circondariale di ... . Per converso, la violazione sospetta esiste anche sotto la diversa prospettiva del condannato. Parimenti, la violazione costituzionale potrebbe apprezzarsi sotto il profilo degli articoli 31, comma secondo, e 32 Cost., intimamente connessi tra loro e con le disposizioni costituzionali prima richiamate. Non vi e' dubbio che l'impossibilita' di fruire per un lungo lasso di tempo di un contatto telefonico e visivo con il padre stia arrecando ai minorenni D.S. - soprattutto all'adolescente C. cosi' come rilevato dagli specialisti socio-sanitari dell'.... - un indubbio pregiudizio alla loro integrita' psicofisica. Parimenti, la preclusione introdotta non appare in linea con l'art. 31, comma secondo Cost., secondo cui «La Repubblica protegge la maternita', l'infanzia e la gioventu', favorendo gli istituti necessari a tale scopo». In altri termini, non vi e' dubbio che appaia in contrasto con le disposizioni costituzionali sopra richiamate una norma che non operi il necessario bilanciamento tra le esigenze di sicurezza e ordine pubblico e quelle di «protezione dell'infanzia e della gioventu'», privilegiando automaticamente le prime. Preme sottolineare come l'emergenza non possa giustificare la conculcazione di diritti fondamentali della persona nell'ottica di una asserita generica ed indiscriminata tutela della salute pubblica e di un'apodittica esigenza di sicurezza. Occorre bensi' valutare, caso per caso, le condizioni contingenti, per bilanciare nel modo il piu' possibile rispondente alla fattispecie concreta, la supremazia di un diritto fondamentale rispetto ad un altro. Ne' l'emergenza puo' giustificare l'emanazione di una normativa contraddittoria e ingiusta, atta a disciplinare casi simili in maniera irragionevolmente diversa. Come anticipato, secondo il DAP i contatti del tipo di quelli previsti dal provvedimento vigente del Tribunale per i minorenni non sarebbero autorizzabili perche' i detenuti di cui al regime di 41-bis o.p. non fanno parte dello specifico elenco delle categorie degli ammessi al detto beneficio. Infatti per essi il meccanismo dei colloqui e' regolato espressamente dalla piu' restrittiva norma portata dall'art. 41-bis, comma 2-quater, lettera b) legge n. 354/1975. Detta norma non prevede assolutamente l'utilizzo delle videochiamate per i colloqui. Ne discenderebbe pertanto l'impossibilita' di provvedere in tal senso nel caso in argomento. Cio', posto, appare incomprensibile la differenziazione tra i minori figli di detenuti «ordinari» e quelli di detenuti sottoposti al regime di 41-bis o.p. Sebbene la disciplina del c.d. carcere duro sia ritenuta conforme a Costituzione in virtu' della specificita' dei reati per i quali viene applicata e si giustifichi con la precisa ratio di recidere legami tanto stretti come quelli di stampo mafioso, che per loro natura intrinseca non sono destinati a cessare con la carcerazione, questo non puo' dare la stura alla creazione di zone d'ombra non soggette al controllo costituzionale. Cio' trova, peraltro, conferma nella recente pronuncia della Corte costituzionale con la quale e' stato dichiarato illegittimo l'art. 41-bis, comma 2-quater, lettera f) nella parte in cui non consente ai detenuti di cuocere cibi (7) . In altri termini, la normativa esaminata appare di difficile sostenibilita' nel nostro quadro costituzionale, avendo analoghe questioni gia' trovato puntuale risposta in altro recente pronunciamento della Corte delle leggi del 2020/97. Nell'occasione, la Corte costituzionale, entrando nel merito della congruita' dei divieti del 41-bis rispetto agli scopi per i quali e' prevista detta norma, ha affermato che «la giurisprudenza costituzionale ha chiarito che, in base all'art. 41-bis, comma 2, ordin. penit., e' possibile sospendere solo l'applicazione di regole e istituti dell'ordinamento penitenziario che risultino in concreto contrasto con le richiamate esigenze di ordine e sicurezza. Correlativamente, ha affermato non potersi disporre misure che, a causa del loro contenuto, non siano riconducibili a quelle concrete esigenze, poiche' si tratterebbe in tal caso di misure palesemente incongrue o inidonee rispetto alle finalita' del provvedimento che assegna il detenuto al regime differenziato. Se cio' accade, non solo le misure in questione non risponderebbero piu' al fine in vista del quale la legge consente siano adottate, ma acquisterebbero un significato diverso, "divenendo ingiustificate deroghe all'ordinario regime carcerario, con una portata puramente afflittiva non riconducibile alla funzione attribuita dalla, legge al provvedimento ministeriale" (sentenza n. 351 del 1996)». In sostanza, la compressione della possibilita' di intrattenere colloqui visivi a distanza con i familiari (figli minorenni) e la conseguente deroga all'applicazione delle regole ordinarie, potrebbe giustificarsi non in via generale ed astratta, ma solo se esista, nelle specifiche condizioni date, la necessita' in concreto di garantire la sicurezza dei cittadini e la motivata esigenza di prevenire - come recita l'art. 41-bis , comma secondo quater, lettera a) ordinanza pen. - «contatti con l'organizzazione criminale di appartenenza o di attuale riferimento, contrasti con elementi di organizzazioni criminali contrapposte o interazioni con altri detenuti o internati appartenenti alla medesima organizzazione ovvero ad altre ad essa alleate». Da questo punto di vista, l'applicazione necessaria e generalizzata del divieto di collegamenti a distanza, sconta il limite di essere frutto di un bilanciamento condotto ex ante dal legislatore, a prescindere, percio', da una verifica in concreto dell'esistenza delle ricordate, specifiche, esigenze di sicurezza, e senza possibilita' di adattamenti calibrati sulle peculiarita' dei singoli casi. Questa verifica, operata sulla disposizione censurata, fornisce esito negativo, sicche' le questioni sollevate non risultano manifestamente infondate, per sospetta violazione delle norme costituzionale sopra richiamate. E', in definitiva, la previsione ex lege del divieto assoluto a costituire misura sproporzionata anche sotto questo profilo in contrasto con gli articoli 3 e 27 Cost.. In questo caso, alla compressione di una forma minima di socialita' - estrinsecantesi, peraltro, nell'ambito di una cerchia assai ristretta di soggetti non corrisponde un accrescimento delle garanzie di difesa sociale e sicurezza pubblica. Nel caso che occupa, in aggiunta, la Procura della Repubblica presso il tribunale di ... (DDA) ha formulato parere favorevole all'effettuazione dei colloqui anche audiovisivi a distanza tra il detenuto D.S. ed i figli minorenni. Motivo per cui le esigenze di sicurezza sono state ritenute assolutamente tutelabili con la registrazione audio-video del colloquio, la possibilita' di interruzione e con la presenza dei minorenni presso gli Uffici della Questura di ...: condizioni di carattere generale che, a prescindere dalla situazione concreta, consentirebbero di realizzare in assoluta sicurezza colloqui a distanza per tutti i figli minorenni e, piu' in generale, per i familiari dei detenuti sottoposti al 41-bis o.p.. In altri termini, gli accorgimenti predisposti per i contatti autorizzati dal Tribunale per i minorenni tra padre e figlio sostanziano un livello di controllo ancora piu' efficace dei colloqui in presenza e garantirebbero la tutela bilaterale dei diritti fondamentali indicati, nell'ambito di un procedimento nel quale il detenuto D.S. , lungi dal contestarne le statuizioni, si e' adeguato proponendosi collaborativo esattamente nella dimensione richiestagli. Aggiungasi, per completezza di esposizione, che nel caso di accoglimento della presente questione di costituzionalita', in forza della disposizione di cui alla lettera a) del comma 2-quater dell'art. 41-bis o.p. - secondo cui la sospensione delle regole di trattamento e degli istituti di cui al comma 2 puo' comportare «l'adozione di misure di sicurezza interna ed esterna» - restera' consentito all'amministrazione penitenziaria di disciplinare le modalita' di effettuazione dei collegamenti a distanza - cosi' come avviene gia' per i detenuti ordinari e come ipotizzato dalla stessa Corte di cassazione con la sentenza n. 7654/2014 per gli stessi detenuti in regime speciale -, nonche' di predeterminare le condizioni per introdurre eventuali limitazioni. Naturalmente, le limitazioni dovrebbero risultare giustificate da precise esigenze, da motivare espressamente, e sotto questi profili ben potrebbero essere sindacate, di volta in volta, in relazione al caso concreto, dal magistrato di sorveglianza, in attuazione di quanto disposto dagli articoli 35-bis, comma 3, e 69, comma 6, lettera b), ordinanza pen. Ancora, seppur con riferimento diretto alle esigenze del presente procedimento civile - ma specularmente per quelle proprie rieducative e di umanita' del trattamento sanzionatorio - la disposizione richiamata appare in contrasto con l'art. 27 Cost., non consentendo al detenuto di potere recuperare correttamente il rapporto coni figli e, indirettamente, di reinserirsi socialmente, emendando la sua condotta che ha provocato e sta provocando (con la lunga carcerazione) enorme sofferenza pure alla prole minorenne. In altri termini, se e' vero che la pena si realizza per effetto della privazione della liberta', tuttavia e' egualmente innegabile che essa debba, al contempo, consentire trattamenti idonei al recupero sociale del reo e, fra questi, indiscussa importanza va attribuita al mantenimento dei rapporti familiari e, soprattutto, al recupero di quelli genitoriali; prospettiva che e' privilegiata da questa autorita' giudiziaria, in quanto funzionale a garantire il superiore interesse del minore. Seconda questione: sospetto contrasto con l'art. 117, primo comma, Costituzione in riferimento agli articoli 3 e 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU). La valorizzazione dei rapporti tra genitori e i figli minorenni assume una portata di piu' ampio respiro anche attraverso le tutele sovranazionali. Come anticipato, la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza (Convention on the Rights of the Child CRC) del 1989 (8) individua l'interesse del minore quale necessario oggetto di primaria considerazione, in tutte le statuizioni legislative, amministrative e giudiziarie: «in all actions concerning children, whether undertaken by public or private social welfare institutions, courts of law, administrative authorities or legislative bodies, the best interests of the child shall be a primary consideration». (9) Preme all'uopo evidenziare che sono due i punti fondamentali sottolineati, ossia il perseguimento del miglior interesse del minore e letteralmente «tutte le azioni riguardanti i bambini». Si e' cosi' realizzato un mutamento di prospettiva attraverso l'introduzione del concetto di «best interest of the child»: il minore e' riconosciuto titolare di diritti, portatore di un interesse, che - dal legislatore prima e dal giudice poi - deve essere considerato preminente, laddove siano coinvolte dinamiche esistenziali di bambini, soprattutto se in tenera eta'. La nozione di «actions concerning children» secondo l'interpretazione avallata dal Comitato dei diritti del fanciullo comprende tanto le misure che hanno un minore come destinatario immediato, quanto quelle che sulla vita dello stesso si ripercuotono sebbene indirizzate ad altri. Le conseguenze indirette delle azioni non specificatamente dirette verso i minori devono essere apprezzate caso per caso in modo da assicurare le piu' adatte protezioni del fanciullo a seconda delle circostanze concrete. In altri termini, in presenza di «actions concerning children» il minore deve comunque godere di «primary consideration» secondo misure flessibili. (10) Quanto al preminente interesse del minore in rapporto a misure che incidono sui suoi interessi direttamente ed indirettamente si puo' altresi' fare riferimento, a livello sovranazionale, alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, firmata a Strasburgo il 12 dicembre 2007 (che sostituisce la Carta proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000), che all'art. 24 ribadisce il diritto dei minori alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere, evidenziando altresi' come «in tutti gli atti relativi a minori», «compiuti da autorita' pubbliche» o «da istituzioni private», «l'interesse superiore del minore deve essere considerato preminente». Sulla stessa scia dei «diritti del bambino» il Trattato sull'Unione europea, art. 3, paragrafo 3 si occupa della protezione dei diritti dei minori (in generale). Ancora, a livello europeo, la Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU) non fornisce una definizione di minore, ma il suo art. 1 obbliga gli Stati a riconoscere i diritti della Convenzione a «ogni persona» sottoposta alla loro giurisdizione. L'art. 14 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali assicura il godimento dei diritti riconosciuti nella Convenzione «senza nessuna discriminazione», comprese quelle fondate sull'eta'. (11) . Tra le fattispecie applicabili a tutti, compresi i minori vengono spesso valorizzate quelle di cui agli art. 8 che garantisce il diritto al rispetto della vita privata e familiare, e 3 che vieta la tortura nonche' pene e trattamenti inumani e degradanti. Avvalendosi di approcci interpretativi che si concentrano sugli obblighi positivi insiti nelle disposizioni della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha sviluppato un ampio corpus giurisprudenziale in materia di diritti dei minori. Varie interpretazioni della norma di cui all'art. 8 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali hanno condotto all'affermazione secondo la quale tale disposizione configura un diritto suscettibile di bilanciamento per effetto del secondo comma, che ammette limitazioni al diritto in parola, ove previste dalla legge e giustificate dalla tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico, oltre che per la protezione dei diritti e delle liberta' altrui. In quest'ottica si giustificano le particolari disposizioni di sicurezza adottate per i genitori sottoposti a detenzione carceraria. Le limitazioni previste sono conseguenza di scelte sanzionatorie collegate a violazioni di norme imperative che strutturano l'ordinamento nazionale e la cui efficacia non e' messa in discussione a livello europeo. Si fa riferimento alle Regole penitenziarie europee (EPR), dettate al fine di uniformare le politiche penitenziarie degli Stati membri. Agli articoli 64 e 65 e' previsto, in particolare, che «ogni sforzo deve essere fatto per assicurarsi che i regimi degli istituti siano regolati e gestiti in maniera da: [...] mantenere e rafforzare i legami dei detenuti con i membri della famiglia e con la comunita' esterna al fine di proteggere gli interessi dei detenuti e delle loro famiglie» ; e ancora, all'art. 24, viene fissato l'obbligo di garantire il mantenimento e lo sviluppo di relazioni familiari «il piu' possibile normali». Orbene, per quanto qui di interesse, non sembra possano esserci difficolta' nel riconoscere che gli standard sovranazionali di tutela dei diritti umani fondino l'esigenza di un sistema sanzionatorio nel quale l'impatto sui figli sia oggetto di autonoma considerazione al fine della determinazione ed esecuzione della pena a carico del genitore. Aspetto di precipuo interesse costituzionale del quale il legislatore si deve fare carico e dal quale il giudice non puo' non farsi orientare nelle questioni sottoposte alla sua attenzione e che comportano una delicata riflessione sul bilanciamento degli interessi emergenti di volta in volta. Ad ogni modo, i suesposti principi sono ribaditi anche dall'Amministrazione penitenziaria che afferma che tali prescrizioni «non sono volte a punire e non devono determinare un'ulteriore afflizione aggiuntiva alla pena gia' comminata» (12) . A cio' va aggiunto che non devono risultare afflizioni anche a terzi soggetti incolpevoli che subiscono l'altrui carcerazione. Cosi' ricostruito il quadro normativo sovranazionale, ad avviso di questo giudice l'art. 4 del decreto-legge n. 29/2020 e' attraversato da un altro profilo di sospetta incostituzionalita', intimamente connesso a quelli prima esaminati. Potrebbe, infatti, prospettarsi la violazione dell'art. 117, primo comma, Cost. per mancata attuazione dell'art. 8 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, secondo cui «ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza. Non puo' esservi ingerenza di una autorita' pubblica nell'esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una societa' democratica, e' necessaria per la sicurezza nazionale, per la pubblica sicurezza, per il benessere economico del paese, per la difesa dell'ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale, o per la protezione dei diritti e delle liberta' altrui». Analoghe considerazioni posso specularmente svolgersi in riferimento all'art. 3 della Convenzione, che vieta i trattamenti inumani e degradanti, sia sotto il profilo del detenuto che di quello dei figli minorenni, costretti a patire le conseguenze di una legislazione particolarmente afflittiva. Tanto premesso in ordine generale, seguendo le direttrici delle sentenze «gemelle» n. 348 e n. 349 del 2007 della Corte costituzionale, non si puo' non riconoscere che, tra normativa interna di rango primario e la Costituzione, si e' «interposta» una norma, attuativa di un trattato internazionale, che, pur non direttamente applicabile, crea obblighi del nostro paese, quale Stato contraente. Tali obblighi, in primo luogo, impongono al giudice comune di «interpretare la norma interna in modo conforme alla disposizione internazionale, entro i limiti nei quali cio' sia permesso dai testi delle norme. Qualora cio' non sia possibile, ovvero il giudice dubiti della compatibilita' della norma interna con la disposizione convenzionale "interposta", egli deve investire questa Corte della relativa questione di legittimita' costituzionale rispetto al parametro dell'art. 117, primo comma spettera' poi alla Corte ...accertare il contrasto e, in caso affermativo, verificare se le stesse norme ... garantiscono una tutela dei diritti fondamentali almeno equivalente al livello garantito dalla Costituzione italiana (Corte cost. n. 349/2007). Secondo la Corte costituzionale, le norme della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali costituiscono esempio di parametro di costituzionalita' in quanto al legislatore nazionale e' richiesta una produzione legislativa conforme alle disposizioni contenute nel testo anzidetto. Detto parametro si definisce interposto in quanto riproduce uno strumento normativo sovra nazionale (fonte -fatto), recuperato nella vincolativita' attraverso l'art. 117 primo comma Cost. (« La potesta' legislativa e' esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonche' dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali»). In altri termini, tali disposizioni - prive di efficacia diretta - sono vincolanti per gli Stati membri quanto al risultato da ottenere, salva restando la competenza delle autorita' nazionali in merito alla forma e ai mezzi. La vincolativita' delle statuizioni si manifesta in piu' direzioni. Anzitutto, si prevede in capo alle Autorita' giudiziarie l'obbligo di interpretare il diritto interno in modo conforme, quando sia reso possibile dal tenore letterale delle disposizioni nazionali. Inoltre, per risolvere antinomie non componibili nell'interpretazione, la disposizione convenzionale quando e' priva di effetto diretto integra il disposto dell'art. 117, primo comma, Cost., inserendosi nel discorso costituzionale al pari di parametro interposto. Cio' premesso, e' indubbio che il contrasto tra l'attuale formulazione dell'art. 4 del decreto-legge n. 29 del 2020 e le norme richiamate sia insanabile in via interpretativa. Il contrasto segnalato deve, pertanto, essere sottoposto alla verifica di costituzionalita' del giudice ad quem. Questa appare l'unica soluzione idonea (e propedeutica) a garantire l'adeguamento del diritto interno agli obblighi convenzionali assunti in materia. La Consulta puo' dunque essere investita, per il tramite dell'art. 117 Cost., della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4 del decreto-legge emergenziale n. 29 del 2020 nella parte in cui omettendo di trattare. i rapporti familiari dei detenuti al 41-bis o.p. nei termini sopra indicati, osta alla realizzazione dei preminenti interessi dei minori come tracciati dalle norme internazionali richiamate e compendiati - sotto il profilo del diritto fondamentale alle relazioni familiari - negli articoli 3 e 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. Per il complesso dei motivi sopra segnalati, deve prospettarsi come rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29, per potenziale contrasto con gli articoli 2, 3, 27, 30, 31 comma secondo, 32 e 117 della Costituzione, nella parte in cui non prevede che i colloqui con i familiari e conviventi cui hanno diritto i detenuti o gli internati sottoposti al regime speciale di cui all'art. 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 possono essere svolti a distanza con i figli minorenni mediante, ove possibile, apparecchiature e collegamenti di cui dispone l'amministrazione penitenziaria e minorile . Al riguardo, non vi e' dubbio che la presente questione sia sollevata per minorenni figli di detenuti sottoposti al 41-bis o.p., che devono necessariamente essere inclusi nella categoria dei congiunti, ma il petitum potrebbe in via consequenziale - sussistendone i medesimi motivi - essere allargato dal giudice ad quem, per derivazione causale, a tutti gli altri familiari e conviventi. Terza questione: sospetta incostituzionalita' dell'art. 41-bis 2-quater, lettera b), terzo periodo, ordinamento penitenziario per potenziale contrasto con gli articoli 2, 3, 27, 30, 31 comma secondo, 32 e 117 della Costituzione Per analoghi motivi e per la stessa rilevanza della questione nel giudizio a quo, che continuera' a tutela dei minorenni D.S. oltre lo stretto periodo emergenziale (non essendo peraltro intervenuta alcuna pronuncia di archiviazione), deve segnalarsi il potenziale contrasto tra l'art. 41-bis 2-quater, lettera b), terzo periodo, dell'ordinamento penitenziario, intimamente connesso con l'art. 4 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29, e le norme costituzionali sopra richiamate, nella parte in cui non prevede che i colloqui sostitutivi del colloquio visivo tra il detenuto sottoposto al regime speciale ed i figli minorenni possono essere autorizzati, in alternativa, con modalita' audiovisive. La presente questione e' sollevata per i minorenni figli di detenuti sottoposti al 41-bis o.p., tuttavia il petitum potrebbe in via consequenziale - sussistendone i medesimi motivi - essere allargato dal giudice ad quem, per derivazione causale, a tutti i familiari e conviventi. E' notorio, infatti, che l'emergenza epidemiologica ripercuotera' i suoi effetti fino a dopo il 30 giugno 2020 (comunque fino al 31 luglio 2020, come stabilito dal decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito nella legge 22 maggio 2020, n. 35), rendendo rischiosi per i minorenni D.S. - cosi' come per altri minorenni in condizioni analoghe - gli spostamenti sul territorio nazionale sino a quando non saranno individuati e resi nella disponibilita' dei cittadini gli antidoti farmacologici necessari (vaccino). A prescindere dalle motivazioni di carattere sanitario presenti nel caso che occupa, non vi e' dubbio che le trasferte per i colloqui visivi comportano oneri economici e di altro genere non facilmente sostenibili e, per quel che concerne i minorenni, anche problematiche di natura scolastica. Non vi e' dubbio, infatti, che la complessa organizzazione delle trasferte presso i penitenziari ospitanti i detenuti al 41-bis o.p. (quasi tutti collocati nel Centro, nel Nord Italia e in Sardegna) determina nella maggior parte dei casi l'assenza scolastica del minorenne, con pregiudizio di quello che e' il suo superiore interesse. Determina, in generale, un'ingiusta e irrazionale discriminazione tra minorenni, in relazione alle condizioni economiche e di salute, alle condizioni familiari e alla distanza chilometrica dagli istituti penitenziari ospitanti i genitori detenuti al 41-bis o.p., con la conseguenza che la presenza ai colloqui visivi per alcuni e' preclusa o comunque assai compromessa. La possibilita' - gia' prevista dall'ordinamento penitenziario sebbene per la sola fase dell'emergenza Covid 19 e per i detenuti comuni - di colloqui (sostitutivi) audiovisivi a distanza consentirebbe di superare le difficolta' segnalate, garantendo il superiore interesse del minore e condizioni di uguaglianza sostanziale. Come gia' evidenziato da altre autorita' giudiziarie (tribunale di sorveglianza di Roma e Corte di cassazione), le esigenze di sicurezza e ordine pubblico potrebbero essere adeguatamente garantite dalla video registrazione, dalla possibilita' di interruzione contestuale del colloquio e dall'espletamento dello stesso - per la parte relativa ai minorenni - presso una caserma dei carabinieri o altro ufficio di polizia giudiziaria tecnicamente attrezzato, secondo modalita' gia' in atto e previste per legge e regolamento. In ordine all'impossibilita' di un'interpretazione costituzionalmente orientata della norma in questione, deve osservarsi che la possibilita' dei colloqui a distanza - sebbene solo per i detenuti in regime ordinario - e' stata introdotta espressamente dall'art. 4 del decreto-legge n. 2 del 10 maggio 2020; cio' a riprova di una diversa lettura dell'antecedente art. 41-bis o.p. fornita dallo stesso legislatore, che altrimenti non avrebbe avuto la necessita' di precisare per norma una possibilita' gia' prevista dall'ordinamento penitenziario. Quanto alla pronuncia che si richiede alla Corte costituzionale, deve osservarsi che le possibilita' tecniche di colloqui audiovisivi sono gia' previste per i detenuti ordinari, sicche' - una volta intervenuta l'eventuale pronuncia di incostituzionalita' - la normativa di dettaglio (regolamentare) potrebbe - come gia' in atto prevede l'art. 4 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29 e come previsto dalle pregresse circolari del DAP dettate per l'emergenza Covid 19 e non solo - essere demandata e disciplinata all'Amministrazione penitenziaria senza cosi' invadere le competenze del legislatore. Per completezza di esposizione e per dissipare ogni ulteriore dubbio in merito, deve segnalarsi che gli accorgimenti tecnici che si richiederebbero all'Amministrazione penitenziaria e agli organi di polizia delegati sono assolutamente identici, alla luce degli attuali progressi della tecnologia legata ai telefoni, a quelli previsti per i semplici colloqui telefonici. Deve, infine, segnalarsi che i colloqui telefonici sostitutivi per i familiari maggiorenni e quelli audiovisivi per i minorenni potrebbero agevolmente essere realizzati in un'unica sessione, nel rispetto del dettato legislativo di cui all'art. 41-bis 2-quater, lettera b), secondo periodo, della legge 26 luglio 1975, n. 354. Deve pertanto segnalarsi il potenziale contrasto tra l'art. 41-bis 2-quater, lettera b), secondo periodo, dell'ordinamento penitenziario, e gli articoli 2, 3, 27, terzo comma, 30, 31, secondo comma, 32 e 117, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui non prevede che i colloqui sostitutivi di quelli visivi tra il detenuto ed i figli minorenni possono essere autorizzati, in alternativa ai colloqui telefonici, a distanza con modalita' audiovisive. Disapplicazione della circolare amministrativa del DAP. Come anticipato, il Procuratore della Repubblica in sede ha chiesto a questo giudice, «di concedere contestualmente (in via immediata, provvisoria, lato sensu cautelare e urgente) i colloqui a distanza di cui trattasi (in termini da prevedere - almeno - sino alla data del 30 giugno 2020) previa delibazione della questione di legittimita' dianzi prospettata e disapplicazione delle statuizioni della circolare del DAP n. 101903/AG del 27 marzo 2020, ove ritenute rilevanti (in senso potenzialmente ostativo) affini della conferma delle disposizioni gia' emesse de potestate, ... e della norma di legge presunta illegittima - e subordinando la conferma della detta misura interinale alla declaratoria di incostituzionalita' sopraggiunta». Cio' premesso, in ordine alla possibilita' di autorizzare i colloqui a distanza tra il D.S. e i figli minorenni deve osservarsi che, pur ribadendosene la necessita' per le ragioni evidenziate da parte di questo giudice, il direttore generale dei detenuti e del trattamento del D.A.P. ha rifiutato di eseguire il provvedimento del 21 aprile 2020 per il sopravvenuto intervento dell'art. 4 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29. Tale norma, oltretutto, fornisce anche lo spunto per una interpretazione piu' rigorosa dell'art. 41-bis ordinanza pen. nella parte in cui non prevede tale possibilita'. Ne consegue che la circolare del D.A.P. n. 101903IAG del 27 marzo 2020, nella parte in cui non prevede la possibilita' di colloqui audiovisivi a distanza per i detenuti al 41-bis o.p. non puo' essere disapplicata, trovando la stessa il suo fondamento in disposizioni di legge non suscettibili di un'interpretazione estensiva, costituzionalmente orientata. L'alternativa comporterebbe un intervento di questo giudice analogo a quello riservato alla Corte costituzionale. In ordine alla vexata quaestio, appare condivisibile l'indirizzo dottrinale secondo cui, «esperito negativamente ogni tentativo di un'interpretazione costituzionalmente orientata, la disapplicazione di una legge ritenuta illegittima puo' avvenire solo a seguito di una pronuncia di incostituzionalita', perche' nel nostro ordinamento non puo' essere ritenuto proprio dei giudici il potere di disapplicare la legge, se non vi sia stata un pronuncia di incostituzionalita' da parte della Corte costituzionale». Nelle more della decisione della Corte costituzionale, indispensabile per la fruibilita' da parte dei minorenni D.S. dei colloqui audiovisivi a distanza auspicati da questo giudice, puo' invece essere disapplicata la suddetta circolare nella parte in cui esclude i minorenni dai colloqui telefonici sostitutivi, che pertanto devono essere immediatamente organizzati per tutto il periodo emergenziale, secondo le modalita' gia' indicate dal DAP con la medesima circolare per i familiari maggiorenni dei detenuti al 41-bis o.p. Al riguardo, deve osservarsi che appare palesemente contra legem la suddetta circolare nella parte in cui nega ai minorenni figli di detenuti sottoposti al regime speciale la possibilita' di fruire dei suddetti colloqui telefonici, peraltro prevista dalla norma primaria dell'art. 41-bis o.p.. In altri termini, la situazione emergenziale non puo' costituire lo spunto per conculcare diritti soggettivi fondamentali, seppur per un tempo limitato. Oltretutto, la predisposizione e l'uso dei dispositivi di sicurezza individuali e il distanziamento sociale - attuabile sia presso l'istituto di detenzione che presso la caserma dei carabinieri (secondo quanto indicato dal DAP) o presso la Questura (come suggerito da questo tribunale per i minorenni) - appaiono tutte modalita' attuative idonee a garantire in ordine alla sicurezza sanitaria anche per i minorenni. Cio' premesso, quando una circolare lede diritti soggettivi come nel caso che ci occupa, «l'interessato non dovra' impugnare ne' la circolare ne' l'atto di applicazione, stante la possibilita' da parte del G.O. in base all'art. 5 della L.A.C. di verificare la fondatezza della pretesa attraverso la cognizione incidentale degli atti emanati dalla P.A.» (13) Al riguardo, non sembra superfluo segnalare che le circolari sono atti di regolazione interna ed esplicano, percio', effetti entro i confini dell'organizzazione degli uffici, degli enti, del personale amministrativo. Nonostante cio' non mancano ipotesi di circolari che abbiano efficacia «esterna» che siano, cioe', idonee ad incidere la sfera soggettiva di un terzo estraneo all'Amministrazione. In ogni caso, e' fondamentale rilevare che la circolare non ha effetti vincolanti, non obbliga alla sua osservanza neanche l'Amministrazione stessa che l'ha emanata. Questo perche' - essendo atto emergente da necessita' mutevoli - e' passibile di continua modifica ed in ogni caso sempre sottoposto al controllo della legge. In altri termini, una circolare illegittima non sara' applicata dagli uffici ai quali si rivolge poiche' in palese contrasto con il principio di legalita'. Con riguardo all'efficacia esterna, affermare che la circolare possa vincolare il Giudice, vorrebbe dire che l'atto amministrativo de quo possa avere effetti normativi e cio' decisamente in conflitto con il dettato Costituzionale sulla riserva di legge (art. 23 Cost.). Per meglio chiarire, il Consiglio di Stato ha affermato in proposito che: «...le circolari amministrative sono atti diretti agli organi e uffici periferici ovvero sottordinati, che non hanno di per se' valore normativo o provvedimentale. Ne consegue che tali atti non rivestono una rilevanza determinante nella genesi dei provvedimenti che' ne fanno applicazione». Inoltre, e' evidente che tali atti di indirizzo interpretativo non sono vincolanti per i soggetti estranei all'amministrazione, mentre, per gli organi destinatari esse sono vincolanti solo se legittime, potendo essere disapplicate qualora siano contra legem.». (14) Il blando potere vincolante della circolare e' stato ribadito anche dalle Sezioni Unite (15) che hanno sostenuto che la stessa non possa essere annoverata fra gli atti generali di imposizione in quanto tali atti non possono ne' contenere disposizioni derogative di norme di legge, ne' essere considerate alla stregua di norme regolamentari vere e proprie. E' opportuno sottolineare che la circolare che abbia effetto esterno direttamente lesivo della posizione giuridica del terzo estraneo alla P.a. e' autonomamente impugnabile dinanzi al G.a. non dovendo essere necessariamente impugnata solo come atto presupposto di altro provvedimento applicativo. (16) Il breve inquadramento giuridico consente di affrontare la problematica del contrasto con il provvedimento di questo tribunale per i minorenni che, sebbene esecutivo, ha trovato ostacolo nella sua concreta attuazione a causa di una circolare amministrativa. La circolare, come precedentemente ricordato, e' un atto che non puo' ledere diritti dei cittadini. Ne' puo' restringere il campo applicativo di una norma di legge (nel nostro caso l'art. 41-bis o.p.) che non preclude ai minori i colloqui telefonici con i genitori detenuti. Tale restrizione appare del tutto irragionevole e puo' comportare una disapplicazione della stessa, nel giudizio in cui viene in rilievo, da parte del giudice ordinario, in quanto proprio la gerarchia delle fonti impone la prevalenza della norma di legge sulla circolare. Ne consegue che - previa disapplicazione della suddetta circolare amministrativa nel caso che occupa - deve demandarsi all'Amministrazione penitenziaria (e, in specie, al Direttore della Casa circondariale di ...) il compito di organizzare immediatamente i colloqui (solo) telefonici nei termini e secondo le modalita' indicate dal decreto in data 21 aprile 2020, ribadite con il presente provvedimento, tra il detenuto D.S. G.C. ed i figli minorenni. (1) Siglato dal Ministero della giustizia, dal Ministero dell'istruzione, dal Ministero della famiglia-Dipartimento pari opportunita', dal Tribunale per i minorenni e dalla Procura della Repubblica per i minorenni di Reggio Calabria, dalla Direzione nazionale antimafia, dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria, dall'associazione Libera e dalla Conferenza episcopale italiana. (2) Cassazione Pen., Sez. I, sentenza n. 4748/2013 (3) art. 61, decreto del Presidente della Repubblica n. 230/2000. (4) T. Martines, testo cit. pag. 480. (5) Corte costituzionale sentenza n. 114 del 1979, cfr. in senso conforme anche C. cost., sentenza n. 26 del 1999. (6) Circolare DAP n. 3676/616 del 2 ottobre 2017. (7) Cfr. sentenza Corte costituzionale n. 186 del 2018. (8) Ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176. (9) art. 3 par. 1. (10) Committee on the Rights of the Children, General comment No. 14 (2013) on the right of the child to have his or her best interests taken as a primary consideration (art. 3, para. 1), 29 maggio 2013, CRC/C/GC/14, parr. 19 ss. (11) Corte europea dei diritti dell'uomo, sentenza 10 giugno 2010, Schwizgebel c. Svizzera n. 25762/07 (12) Circolare DAP n. 3676/616 del 2 ottobre 2017. (13) F. Caringella, Manuale di diritto amministrativo, IX edizione, 2016 Dike giuridica editore, pagg. 521 e ss. (14) C. Stato, sez. IV, 27 novembre 2000, n. 6299. (15) Cassazione Civ. Sez. Un 23013/2017. (16) Tribunale amministrativo regionale Lazio, n. 2800/2019.
P.Q.M. Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29, per contrasto con gli articoli 2, 3, 27, terzo comma, 30, 31, secondo comma, 32 e 117, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui non prevede che i colloqui cui hanno diritto i detenuti o gli internati sottoposti al regime speciale di cui all'art. 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 possono essere svolti a distanza con i figli minorenni mediante, ove possibile, apparecchiature e collegamenti di cui dispone l'amministrazione penitenziaria e minorile; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 41-bis 2-quater, lettera b), terzo periodo, della legge 26 luglio 1975, n. 354, per contrasto con gli articoli 2, 3, 27, terzo comma, 30, 31, secondo comma, 32 e 117, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui non prevede che i colloqui sostitutivi con i figli minorenni possono essere autorizzati a distanza, in alternativa a quelli telefonici, con modalita' audiovisive; Sospende il procedimento civile in corso e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che, a cura della cancelleria in sede, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' a D.S. G., a F.N.S., al curatore speciale dei minorenni avv. Pasquale Cananzi, ai difensori e al pubblico ministero; Ordina che, a cura della cancelleria in sede, l'ordinanza sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; Autorizza nei termini previsti dal decreto emesso in data 21 aprile 2020 e per il periodo emergenziale, previa disapplicazione della circolare 101903/AG del 27 marzo 2020 del DAP, i colloqui telefonici tra D.S. G.C. e i figli minorenni D.S. C.M. e D.S. R.P.; Avvisa che i colloqui telefonici dovranno preferibilmente essere organizzati presso la Questura di ... adottando tutte le cautele necessarie a garantire condizioni di sicurezza sanitaria per i minorenni D.S.; Richiede al Questore di Reggio Calabria di fornire l'ausilio necessario per l'eventuale organizzazione dei colloqui telefonici sopra indicati; Demanda al giudice onorario dott. G.M Patrizia Surace il monitoraggio della fase esecutiva del presente provvedimento e, per l'attuazione delle ulteriori statuizioni de potestate di cui al decreto in data 21 aprile 2020, di tutte le attivita' di raccordo con la Questura di ..., la Direzione della Casa circondariale di ..., il Servizio sociale territoriale, l'E.I.P. individuata e l'associazione ...; Invita le superiori agenzie territoriali e il Direttore della Casa circondariale di ... cui deve essere notificato il presente provvedimento, a relazionare con cadenza trimestrale in ordine agli interventi attuati; Segnala che, a norma dell'art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003 e successive modifiche, in caso di diffusione del presente provvedimento dovranno essere omessi le generalita' e gli altri dati identificativi dei minorenni. Reggio Calabria, 9 giugno 2020 Il Presidente: Di Bella