N. 75 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 1 settembre 2020
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 1° settembre 2020 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Paesaggio - Norme della Regione autonoma Sardegna - Interpretazione di norme di pianificazione paesaggistica - Esercizio delle funzioni amministrative trasferite o delegate alla Regione Sardegna in materia paesaggistica senza pianificazione congiunta con il Ministero per i beni e le attivita' culturali e per il turismo sui beni paesaggistici diversi da quelli di cui all'art. 143, comma 1, lettere b), c) e d), del d.lgs. n. 42 del 2004 - Interpretazione del piano paesaggistico regionale (PPR) primo ambito omogeneo e le relative norme tecniche di attuazione (NTA), dalla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 63 del 2008, nel senso di sottrarre alla pianificazione congiunta alcuni beni in particolare elencati - Interpretazione dell'eccezione al divieto di realizzazione di nuove strade extraurbane di dimensioni superiori alle due corsie, contenuta nell'art. 20, comma 1, lettera b), punto 1), delle NTA, nel senso di escludere da tale divieto ogni opera il cui procedimento di realizzazione, con riferimento alla data di approvazione del PPR, si trovi a uno stadio di avanzamento nel quale e' in corso la procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA), le opere a uno stadio piu' avanzato o le varianti di opere gia' escluse dal divieto - Applicazione dell'eccezione al divieto all'infrastruttura denominata "asse viario Sassari-Alghero". - Legge della Regione autonoma Sardegna 13 luglio 2020, n. 21 (Norme di interpretazione autentica del Piano paesaggistico regionale), art. 1.(GU n.42 del 14-10-2020 )
Ricorso (ex art. 127, comma 1, Cost.) del Presidente del Consiglio dei ministri (c.f. 80188230587), rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato (c.f. 80224030587) presso i cui uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12 telefax n. 06.96.51.40.00; indirizzo PEC ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it giusta delibera del Consiglio dei ministri adottata nella riunione del 7 agosto 2020, ricorrente; Contro la Regione autonoma Sardegna, in persona del Presidente della Giunta regionale in carica, intimata; per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, della legge Regione Sardegna, del 13 luglio 2020, n. 21, pubblicata nel BUR n. 40 del 13 luglio 2020, recante «norme di interpretazione autentica del Piano paesaggistico regionale»; per violazione degli articoli 3, 9, 117, primo e secondo comma, lettera s), e del principio di leale collaborazione, per contrasto con il Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. Con la legge 13 luglio 2020, n. 21, la Regione autonoma Sardegna ha emanato «norme di interpretazione autentica del Piano paesaggistico regionale». In particolare, l'art. 1, comma 1, dispone che: «1. La Regione autonoma della Sardegna esercita le funzioni amministrative a essa trasferite dall'art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica 22 maggio 1975, n. 480 (Nuove norme di attuazione dello statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna), e delegate dall'art. 57 del decreto del Presidente della Repubblica 19 giugno 1979, n. 348 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la Sardegna in riferimento alla legge 22 luglio 1975, n. 382, e al decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616), in conformita' all'art. 3, comma 1, lettera f) della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), senza pianificazione congiunta con il Ministero per i beni e le attivita' culturali e per il turismo sui beni paesaggistici diversi da quelli di cui all'art. 143, comma 1, lettere b), c) e d) del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137). Conseguentemente il Piano paesaggistico regionale (PPR), primo ambito omogeneo e le relative Norme tecniche di attuazione (NTA) approvati con il D.P.Reg. 7 settembre 2006, n. 82, dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 26 marzo 2008, n. 63 (Ulteriori disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione al paesaggio), il cui art. 2, comma 1, lettera e) ha sostituito l'art. 135 del decreto legislativo n. 42 del 2004, si interpreta nel senso che sono in ogni caso sottratti alla pianificazione congiunta tra Regione autonoma della Sardegna e Ministero per i beni e le attivita' culturali e per il turismo i suddetti beni e in particolare: a) la fascia costiera di cui all'art. 17, comma 3, lettera a) delle NTA al PPR, come definita dall'art. 19 e disciplinata dall'art. 20 delle medesime NTA; b) i beni identitari di cui all'art. 2, comma 1, lettera e), delle NTA al PPR, come definiti dall'art. 6, comma 5 e disciplinati dall'art. 9 delle medesime NTA; c) le zone agricole, l'edificato in zona agricola come definito dall'art. 79 delle NTA al PPR e l'edificato urbano diffuso come definito dall'art. 76 delle NTA al PPR. Il comma 2 dell'art. 1, prevede che: «L'eccezione al divieto di realizzazione di nuove strade extraurbane di dimensioni superiori alle due corsie, contenuta nell'art. 20, comma 1, lettera b), punto 1), della NTA al PPR, si interpreta nel senso che e' esclusa da tale divieto ogni opera il cui procedimento di realizzazione, con riferimento alla data di approvazione del PPR, si trovi a uno stadio di avanzamento nel quale e' in corso la procedura di valutazione di impatto ambientale e le opere che si trovino a uno stadio piu' avanzato. La medesima eccezione si interpreta nel senso che, se l'opera aveva le caratteristiche per essere esclusa dal divieto alla data di approvazione del PPR, continua a essere esclusa dal divieto anche in caso di variante, purche' le caratteristiche generali e identificative dell'intervento non siano mutate, tenendo anche conto dell'art. 46, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilita' (Testo A))». Il successivo comma, 3 stabilisce che: «L'asse viario Sassari-Alghero e, in particolare, la realizzazione nello sviluppo geometrico a quattro corsie del lotto n. 1, costituisce un'infrastruttura determinante per assicurare lo sviluppo sostenibile del territorio ai sensi dell'art. 143, comma 1, lettera h), del decreto legislativo n. 42 del 2004 ed assume carattere strategico, essendo di preminente interesse nazionale e regionale. A tale infrastruttura, la cui progettazione a quattro corsie a tutti gli effetti coincide, nelle sue caratteristiche generali e identificative, con quella gia' sottoposta con esito favorevole alle pregresse valutazioni di impatto ambientale e autorizzazioni paesistico-ambientali, si applicano pertanto le deroghe previste nell'art. 20, comma 1, lettera b), punto 1) delle NTA al PPR». In sintesi, il primo comma dell'art. 1 prevede che le funzioni amministrative trasferite alla Regione Sardegna o ad essa delegate in materia paesaggistica sono esercitate in piena autonomia sui beni paesaggistici diversi da quelli che costituiscono oggetto di copianificazione obbligatoria ai sensi dell'art. 135, comma 1, del Codice dei beni culturali e paesaggistici emanato con il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. Sulla base di questo presupposto, la norma regionale afferma che a far data dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 26 marzo 2008, n. 63 (Ulteriori disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione al paesaggio), che con l'art. 2, comma 1, lettera e) ha sostituito l'art. 135 del decreto legislativo n. 42 del 2004, il Piano paesaggistico regionale e le relative Norme tecniche di attuazione, approvati con D.P.Reg. n. 82/2006, si interpretano nel senso che sono sottratti alla copianificazione le categorie di beni dalla stessa norma elencati. Le disposizioni di carattere generale contenute nel comma 2 e quelle specifiche contenute nel comma 3, si inseriscono nell'ambito del procedimento di VIA della SS 291 c.d. «della Nurra», relativamente ai lavori di costruzione del Lotto 1 da Alghero a Olmedo e del Lotto 4 tra il bivio di Olmedo e l'Aeroporto di Alghero, nel cui ambito si sono espressi negativamente il Ministero dell'ambiente, del territorio e del mare ed il Ministero per i beni e le attivita' culturali e per il turismo, ed il relazione alla quale in data 28 luglio 2020 il Consiglio dei ministri ha deliberato di superare i dissensi emersi, ai sensi dell'art. 5, comma 2, lettera c-bis), della legge 23 agosto 1988, n. 400, ai fini dell'ulteriore corso del procedimento relativo ai lavori di costruzione di detta opera stradale. Il comma 2 dell'art. 1 disciplina l'eccezione al divieto di realizzazione di nuove strade extraurbane di dimensioni superiori alle due corsie, contenuta nell'art. 20, comma 1, lettera b), punto 1), delle NTA al PPR, precisando che l'eccezione si interpreta nel senso che tale divieto non trova applicazione per le opere con procedura di VIA in corso o in stadio piu' avanzato alla data di approvazione del piano regionale o in caso di varianti di opere gia' escluse dal divieto. Il comma 3 precisa infine che l'eccezione al divieto di realizzazione di nuove strade extraurbane di dimensioni superiori alle due corsie, di cui al predetto art. 20, comma 1, lettera b), punto 1), della NTA al PPR, si applica all'infrastruttura denominata «asse viario Sassari-Alghero», compreso il Lotto 1. Le suddette disposizioni appaiono costituzionalmente illegittime, in quanto eccedono l'ambito della competenza statutaria della Regione autonoma della Sardegna, violando gli articoli 3, 9, 117, primo e secondo comma, lettera s) ed il principio di leale collaborazione, per contrasto con la disciplina recata dal Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. Il Presidente del Consiglio dei ministri propone, pertanto, il presente ricorso, affidato ai seguenti motivi di Diritto 1. Illegittimita' dell'art. 1, della legge regionale 13 luglio 2020, n. 21, per violazione degli articoli 9 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in riferimento all'art. 3 della legge costituzionale n. 3 del 1948 (Statuto speciale per la Sardegna), come attuato mediante il decreto del Presidente della Repubblica n. 480 del 1975, in relazione agli articoli 135, 143, 145 e 156 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio). 1.1. L'art. 3, lettera f), dello Statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3) attribuisce alla Regione potesta' legislativa in materia di «edilizia e urbanistica»; l'art. 6 decreto del Presidente della Repubblica 22 maggio 1975, n. 480 («Nuove norme di attuazione dello statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna») trasferisce alla Regione alcune competenze gia' esercitate dagli organi del Ministero della pubblica istruzione, poi attribuite al Ministero per i beni culturali e ambientali. Lo stesso art. 3 dello Statuto speciale stabilisce che la potesta' legislativa regionale in materia di edilizia e urbanistica deve essere esercitata «In armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonche' delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica», e quindi, necessariamente nel rispetto delle previsioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio, dettate dallo Stato nell'esercizio della potesta' legislativa esclusiva di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. Cio' premesso, si evidenzia che la normativa regionale in esame e' lesiva dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Costituzione, che riserva allo Stato la potesta' legislativa esclusiva in materia di «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali», in quanto consente alla regione di intervenire unilateralmente e non attraverso lo strumento della pianificazione condivisa prevista, per i beni vincolati, dagli articoli 135 e 143 del decreto legislativo n. 42 del 2004, che costituiscono norme di grande riforma economica-sociale vincolanti anche le regioni ad autonomia speciale. Invero, codesta ecc.ma Corte costituzionale ha puntualizzato il ruolo e le attribuzioni del legislatore nazionale con riguardo alle previsioni dello Statuto speciale della Regione Sardegna, affermando che «Il legislatore statale conserva il potere di vincolare la potesta' legislativa primaria dell'autonomia speciale attraverso l'emanazione di leggi qualificabili come "riforme economico-sociali". E cio' anche sulla base - per quanto qui viene in rilievo - del titolo di competenza legislativa nella materia «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali», di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., comprensiva tanto della tutela del paesaggio quanto della tutela dei beni ambientali e culturali» (sentenza n. 178 del 2018). E' percio' indubbio che la Regione Sardegna non gode di potesta' normativa primaria in materia di tutela del paesaggio, che e' attribuita in via esclusiva allo Stato dall'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, in quanto lo Statuto speciale, come detto, attribuisce alla regione competenza legislativa esclusiva nella diversa materia «edilizia ed urbanistica», che corrisponde sostanzialmente a quella del «governo del territorio», in relazione alla quale le Regioni a statuto ordinario dispongono di potesta' legislativa concorrente (ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost.). E' pur vero che l'art. 6, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 22 maggio 1975, n. 480 (Nuove norme d'attuazione dello Statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna), nel definire i confini delle competenze esclusive della Regione in materia di «edilizia ed urbanistica»le attribuisce anche la redazione e l'approvazione dei piani territoriali paesistici di cui all'art. 5 della legge 29 giugno 1939, n. 1497. Tale competenza, tuttavia, era riconosciuta anche a tutte le regioni ordinarie sin dall'emanazione del decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1972, n. 8 (art. 1, quarto comma), senza che cio' potesse implicare una competenza normativa in materia di tutela del paesaggio, da sempre appartenente in via esclusiva allo Stato (salvo eventuali previsioni piu' favorevoli contenute negli Statuti di autonomia per le regioni a statuto speciale e le province autonome). La stessa legge n. 431 del 1985 (c.d. «legge Galasso»), oltre a estendere il vincolo di tutela inerente a zone di particolare interesse ambientale a tutto il territorio nazionale, prevede espressamente che le regioni sottopongano «a specifica normativa d'uso e di valorizzazione ambientale il relativo territorio mediante la redazione di piani paesistici o di piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali». Codesta Corte costituzionale ha chiarito la natura e la portata delle attribuzioni spettanti alla Regione Sardegna in materia di «edilizia ed urbanistica», evidenziando che «il Capo III del decreto del Presidente della Repubblica 22 maggio 1975, n. 480 (Nuove norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna), intitolato "Edilizia ed urbanistica", concerne non solo le funzioni di tipo strettamente urbanistico, ma anche le funzioni relative ai beni culturali e ai beni ambientali; infatti, l'art. 6, al comma 1, dispone espressamente che "sono trasferite alla Regione autonoma della Sardegna le attribuzioni gia' esercitate dagli organi centrali e periferici del Ministero della pubblica istruzione ai sensi della legge 6 agosto 1967, n. 765 ed attribuite al Ministero dei beni culturali ed ambientali con decreto-legge 14 dicembre 1974, n. 657, convertito in legge 29 gennaio 1975, n. 5, nonche' da organi centrali e periferici di altri ministeri". Al tempo stesso, il comma 2 del medesimo art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 480 del 1975 prevede puntualmente che il trasferimento di cui al primo comma "riguarda altresi' la redazione e l'approvazione dei piani territoriali paesistici, di cui all'art. 5 della legge 29 giugno 1939, n. 1497"» (sentenza n. 51 del 2006). Nella citata pronuncia codesta Corte ha rimarcato peraltro che, in ogni caso, le norme fondamentali statali emanate in materia - come il Codice dei beni culturali e del paesaggio - continuano ad imporsi al necessario rispetto del legislatore della Regione Sardegna che eserciti la propria competenza statutaria nella materia edilizia ed urbanistica. Con la successiva sentenza n. 308 del 2013, codesta Corte, in merito alla legittimita' di norme di interpretazione autentica emanate dalla Regione Sardegna, ha riaffermato il principio del limite alla potesta' normativa regionale derivante dalle norme di grande riforma economica sociale statali in materia di tutela del paesaggio, tra le quali il principio di copianificazione obbligatoria per i beni paesaggistici, previsto dall'art. 135 del Codice di settore, come novellato nel 2008. Alla stregua dei suddetti principi, e' evidente che la Regione Sardegna non ha una competenza normativa primaria in materia di tutela dei beni paesaggistici (non prevista dallo Statuto), ma ha piuttosto competenza in ordine all'elaborazione del Piano paesaggistico, limitata a quella componente di pianificazione che puo' astrattamente essere ricondotta alla pianificazione urbanistico-edilizia, e percio' alla materia di competenza primaria che deve essere esercitata nei limiti derivanti dall'esercizio della potesta' statale in materia di paesaggio. In questo senso deve essere letta l'affermazione di codesta Corte, contenuta nella predetta sentenza n. 51 del 2006, secondo la quale «Tenendo presente che le norme di attuazione degli statuti speciali possiedono un sicuro ruolo interpretativo ed integrativo delle stesse espressioni statutarie che delimitano le sfere di competenza delle regioni ad autonomia speciale e non possono essere modificate che mediante atti adottati con il procedimento appositamente previsto negli statuti, prevalendo in tal modo sugli atti legislativi ordinari (secondo quanto ha piu' volte affermato questa Corte: si vedano, fra le molte, le sentenze n. 341 del 2001, n. 213 e n. 137 del 1998), e' evidente che la Regione Sardegna dispone, nell'esercizio delle proprie competenze statutarie in tema di edilizia ed urbanistica, anche del potere di intervenire in relazione ai profili di tutela paesistico-ambientale. Cio' sia sul piano amministrativo che sul piano legislativo (in forza del cosiddetto "principio del parallelismo" di cui all'art. 6 dello statuto speciale), fatto salvo, in questo secondo caso, il rispetto dei limiti espressamente individuati nell'art. 3 del medesimo statuto in riferimento alle materie affidate alla potesta' legislativa primaria della Regione (l'armonia con la Costituzione e con i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e il rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonche' delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica)». La competenza primaria riconosciuta dallo Statuto speciale alla Regione in materia di governo del territorio non implica affatto una competenza primaria in materia di tutela del paesaggio, in quanto cio' significherebbe sconfessare e scardinare i capisaldi della giurisprudenza costituzionale, che non solo ha sempre distinto le diverse competenze in tali materie, ma ha legato saldamente le competenze in materia di paesaggio e di ambiente (come previsto all'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione), anche sulla base dell'art. 9 della stessa Costituzione, che conferisce al paesaggio valore primario e assoluto (Corte cost. n. 367 del 2007). Se prima della riforma costituzionale del 2001 la tutela dell'ambiente e' stata considerata come un valore di rilievo costituzionale, in quanto sussunto nel concetto di paesaggio, e collocato tra i principi fondamentali della Repubblica, dopo la riforma del Titolo V della Costituzione la Corte non solo ha delineato in negativo il nuovo significato di paesaggio, ma lo ha collegato anche chiaramente all'ambiente. Come esplicitato nella sentenza n. 367 del 2007, il paesaggio tutelato dall'art. 9 della Costituzione e' «l'insieme delle cose, beni materiali, o le loro composizioni, che presentano valore paesaggistico» ed e' «innanzitutto, la morfologia del territorio", cio' che "riguarda ... l'ambiente nel suo aspetto visivo». Mentre ambiente e paesaggio si compenetrano uno con l'altro, la tutela del paesaggio resta invece distinta dal «governo del territorio», pur avendo ambiti in comune, in particolare per quanto riguarda l'attivita' di pianificazione. Al riguardo, codesta Corte ha riconosciuto la prevalenza dell'impronta unitaria della pianificazione paesaggistica, rimarcando che: «sul territorio vengono a gravare piu' interessi pubblici: da un lato, quelli concernenti la conservazione ambientale e paesaggistica, la cui cura spetta in via esclusiva allo Stato, in base all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.; dall'altro, quelli riguardanti il governo del territorio e la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali (fruizione del territorio), che sono affidati, in virtu' del terzo comma dello stesso art. 117, alla competenza concorrente dello Stato e delle regioni. In definitiva, si "tratta di due tipi di tutela, che ben possono essere coordinati fra loro, ma che debbono necessariamente restare distinti" (cosi' la citata sentenza n. 367 del 2007). Ne consegue, sul piano del riparto di competenze tra Stato e regione in materia di paesaggio, la "separatezza tra pianificazione territoriale ed urbanistica, da un lato, e tutela paesaggistica dall'altro", prevalendo, comunque, "l'impronta unitaria della pianificazione paesaggistica" (sentenza n. 182 del 2006). E' in siffatta piu' ampia prospettiva che, dunque, si colloca il principio della "gerarchia" degli strumenti di pianificazione dei diversi livelli territoriali, espresso dall'art. 145 del decreto legislativo n. 42 del 2004» (sentenza n. 180 del 2008). L'attribuzione alla Regione Sardegna di una competenza legislativa primaria in materia di tutela del paesaggio, enucleata dalla materia governo del territorio, sarebbe peraltro discriminatoria nei confronti delle altre regioni a statuto speciale, sia di quelle che contemplano espressamente tale materia nello statuto (per esempio, la Sicilia e la Valle d'Aosta) sia di quelle che non la contemplano (per esempio, Friuli-Venezia Giulia). Con riferimento alla Regione Friuli-Venezia Giulia, avente competenza primaria in materia urbanistica, ma non in materia di paesaggio, codesta Corte ha affermato che: «La Regione Friuli-Venezia Giulia, come del resto riconosce la sua stessa difesa, non ha competenza primaria nella materia della tutela del paesaggio, ma ha solo la facolta', ai sensi dell'art. 6 dello statuto speciale e dell'art. 1 del decreto legislativo 2 marzo 2007, n. 34 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, in materia di beni culturali e paesaggistici), di adeguare alle sue particolari esigenze le disposizioni delle leggi statali, emanando norme di integrazione e di attuazione. Fatta questa premessa, deve rilevarsi come questa Corte abbia piu' volte ribadito che il paesaggio deve essere considerato un valore primario ed assoluto e che la tutela apprestata dallo Stato costituisce un limite alla disciplina che le regioni e le province autonome possono dettare nelle materie di loro competenza (sentenze nn. 437 e 180 del 2008, nn. 378 e 367 del 2007). Si e' piu' volte affermato che, in materia di tutela dell'ambiente e del paesaggio, la disciplina statale costituisce un limite minimo di tutela non derogabile dalle regioni, ordinarie o a statuto speciale, e dalle province autonome (sentenze n. 272 del 2009 e n. 378 del 2007). Inoltre, di recente, si e' chiarito che la dizione ora riportata, cosi' come quella piu' volte usata in precedenza, secondo la quale, in materia di tutela dell'ambiente, lo Stato stabilisce "standard minimi di tutela" va intesa nel senso che lo Stato assicura una tutela "adeguata e non riducibile" dell'ambiente (sentenza n. 61 del 2009) valevole anche nei confronti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome. Infine, anche con specifico riferimento al procedimento volto al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, questa Corte ha affermato che «non e' consentito introdurre deroghe agli istituti di protezione ambientale che dettano una disciplina uniforme valevole su tutto il territorio nazionale nel cui ambito deve essere annoverata l'autorizzazione paesaggistica» (sentenza n. 232 del 2008)» (sentenza n. 101 del 2010). Dal descritto quadro giurisprudenziale e normativo si evince che la materia «edilizia ed urbanistica» include anche la possibilita' di incidere sulla pianificazione del paesaggio in senso lato, salvi i limiti delle norme statali di grande riforma economico-sociale (tra le quali va annoverato il principio di copianificazione, di cui agli articoli 135, 143, 145 e 156 del Codice di settore), senza peraltro riconoscere alla regione una potesta' legislativa primaria in materia di tutela paesaggistica in senso proprio (ossia di individuazione e sottoposizione a tutela dei beni paesaggistici), che non e' prevista dal relativo Statuto. Tale conclusione emerge con chiarezza dalla sopra citata sentenza n. 178 del 2018 con la quale codesta Corte, in una visione di sintesi complessiva, ha ripercorso l'evoluzione normativa ed i principi costituzionali via via affermati allorche' si e' occupata, anche a seguito della riforma costituzionale del Titolo V, dei conflitti insorti tra lo Stato e la Regione Sardegna in materia di paesaggio. In particolare, e' stato ritenuto che: «Questa Corte ha gia' avuto modo di affermare, anche di recente, proprio con riferimento alla Regione autonoma della Sardegna, che «la conservazione ambientale e paesaggistica spetta, in base all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., alla cura esclusiva dello Stato [e che ] le disposizioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio si impongono al rispetto del legislatore della Regione autonoma della Sardegna, anche in considerazione della loro natura di norme di grande riforma economico-sociale e dei limiti posti dallo stesso statuto sardo alla potesta' legislativa regionale (sentenze n. 210 del 2014 e n. 51 del 2006)» (sentenza n. 103 del 2017)». In relazione a tale giudizio, relativo agli usi civici (sui quali peraltro alla Regione Sardegna spetta la competenza esclusiva, ai sensi dell'art. 3, comma 1, lettera n), dello Statuto) codesta Corte ha comunque censurato la normativa regionale impugnata, in quanto la Regione autonoma ha proceduto in via unilaterale, e non attraverso la pianificazione condivisa conformemente a quanto previsto dagli articoli 135 e 143 del decreto legislativo n. 42 del 2004. Inoltre, in virtu' del nesso di interdipendenza funzionale esistente tra la competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela del paesaggio e la competenza regionale primaria in materia edilizia e urbanistica, codesta Corte ha evidenziato l'importanza del ricorso all'istituto della concertazione istituzionale, ed ha affermato che: «in ogni caso, in presenza di piu' competenze, quale quella dello Stato in materia ambientale, e quella della Regione autonoma della Sardegna in materia edilizia ed urbanistica, cosi' intrecciate ed interdipendenti in relazione alla fattispecie in esame, la concertazione in sede legislativa ed amministrativa risulta indefettibile per prevenire ed evitare aporie del sistema ...Il legislatore statale conserva il potere di vincolare la potesta' legislativa primaria dell'autonomia speciale attraverso l'emanazione di leggi qualificabili come «riforme economico-sociali». E cio' anche sulla base - per quanto qui viene in rilievo - del titolo di competenza legislativa nella materia «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali», di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., comprensiva tanto della tutela del paesaggio quanto della tutela dei beni ambientali e culturali. Da cio' deriva che il legislatore della Regione autonoma della Sardegna non puo' esercitare unilateralmente la propria competenza statutaria nella materia edilizia e urbanistica quando siano in gioco interessi generali riconducibili alla predetta competenza esclusiva statale e risultino in contrasto con norme fondamentali di riforma economico-sociale». 1.2. La legge regionale impugnata si pone in contrasto con le norme ed i principi sopra illustrati. L'art. 1, comma 1, prevede che le funzioni amministrative trasferite o delegate alla Regione in materia paesaggistica, sono da essa esercitate in piena autonomia sui beni paesaggistici diversi da quelli oggetto di copianificazione obbligatoria ai sensi dell'art. 135, comma 1, del Codice dei beni culturali e paesaggistici di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. In applicazione di tale principio, la citata disposizione stabilisce che, a far data dalla novella del 2008 al citato art. 135 del Codice di settore, il Piano paesaggistico e le relative Norme tecniche di Attuazione si interpretano nel senso che sono in ogni caso sottratti alla copianificazione le seguenti categorie di beni: a) la fascia costiera di cui all'art. 17, comma 3, lettera a), delle NTA al PPR, come definita dall'art. 19 e disciplinata dall'art. 20 delle medesime NTA; b) i beni identitari di cui all'art. 2, comma 1, lettera e), delle NTA al PPR, come definiti dall'art. 6, comma 5 e disciplinati dall'art. 9 delle medesime NTA; c) le zone agricole, l'edificato in zona agricola come definito dall'art. 79 delle NTA al PPR e l'edificato urbano diffuso come definito dall'art. 76 delle NTA al PPR. In tal modo il legislatore sardo ha inteso limitare la copianificazione con lo Stato ai soli beni oggetto di pianificazione obbligatoria; pertanto, ha sottratto alla pianificazione congiunta con lo Stato i beni paesaggistici «diversi» da quelli indicati dall'art. 143, comma 1, lettere b), c) e d), del Codice, fornendo, nella parte finale dello stesso comma 1, un elenco delle relative fattispecie come individuate dal vigente Piano paesaggistico regionale. Con riferimento ai predetti beni paesaggistici, che la regione pretende di escludere dalla copianificazione obbligatoria con lo Stato, interessa evidenziare che il Piano paesaggistico regionale - Primo ambito omogeneo della Regione autonoma della Sardegna fu approvato il 5 settembre 2006, sulla base dell'allora vigente primo correttivo del Codice (decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 157), che, ai sensi dell'art 134, comma 1, lettera c) nel testo previgente, consentiva alle Regioni di tipizzare e individuare particolari categorie di beni paesaggistici diversi dai beni paesaggistici degli articoli 136 e 142. L'art. 134, comma 1, nel testo vigente prima della novella del 2008, comprendeva, infatti, tra i beni paesaggistici anche la seguente categoria di beni: «gli immobili e le aree comunque sottoposti a tutela dai piani paesaggistici previsti dagli articoli 143 e 156» (lettera c). Tale categoria «speciale» di beni paesaggistici tipizzati e individuati, tuttavia, non e' stata fatta salva dal decreto legislativo 26 marzo 2008, n. 63, che ha riformulato la citata lettera c) dell'art. 134, nei termini seguenti: «gli ulteriori immobili ed aree specificamente individuati a termini dell'art. 136 e sottoposti a tutela dai piani paesaggistici previsti dagli articoli 143 e 156». In tal modo il legislatore ha previsto la possibilita' di introdurre con lo stesso piano paesaggistico provvedimenti sostanzialmente di tutela individuale e mirata di singoli beni o complessi (come previsto dall'art. 136), mentre non e' piu' contemplata la possibilita' di individuare con il piano aree o categorie di immobili da assoggettare a tutela, al di fuori dello schema proprio del vincolo provvedimentale. I beni indicati nell'art. 134, comma 1, lettera c) del decreto legislativo n. 42/2004, sono quelli che, ai sensi dell'art. 143, comma 1, lettera d), dello stesso decreto, devono essere ricompresi nel piano paesaggistico, e per i quali, l'art. 135 del Codice prevede l'obbligo della copianificazione. In forza delle suddette previsioni, sussiste, quindi, un obbligo di pianificazione congiunta con lo Stato per i beni paesaggistici di cui all'art. 134, inclusi quelli di cui alla lettera c). La disciplina cosi' introdotta si riferisce direttamente ai «nuovi» beni paesaggistici di cui alla predetta lettera c), come sostituita dal «correttivo» del 2008. Non si puo' tuttavia dubitare del fatto che la medesima disciplina - e specificamente l'obbligo di copianificazione - debba necessariamente applicarsi anche ai beni paesaggistici gia' individuati sulla base della precedente versione della medesima lettera c). E cio' in quanto, una volta individuati, i predetti beni sono qualificati ai sensi di legge come beni paesaggistici e rimangono pertanto integralmente soggetti al regime di tutela. Costituisce, infatti, principio cardine della materia della tutela del paesaggio, da sempre affermato dalla Corte costituzionale, quello della natura sostanzialmente ricognitiva del vincolo (Corte cost. n. 56 del 1968). Codesta Corte ha infatti sottolineato come l'attivita' dell'Amministrazione abbia valenza meramente ricognitoria, in quanto «gli immobili qualificati di bellezza naturale hanno valore paesistico per una circostanza che dipende dalla loro localizzazione e dalla loro inserzione in un complesso che ha in modo coessenziale le qualita' indicate dalla legge». Il vincolo opera quindi una volta per tutte l'accertamento della presenza nel bene dei caratteri di pregio, e non e' conseguentemente revocabile, neppure mediante un eventuale successivo piano paesaggistico (cfr. art. 140, comma 2), atteso che al piano spetta soltanto il compito di dettare la «disciplina d'uso» dei beni tutelati. Poiche' i beni individuati dal piano paesaggistico della Sardegna ai sensi dell'art. 134, comma 1, lettera c), nel testo vigente prima della novella del 2008, rientrano ormai a pieno titolo tra i beni paesaggistici, gli stessi sono necessariamente oggetto di copianificazione obbligatoria ai sensi del Codice dei beni culturali e paesaggistici e la regione non puo', pertanto, sottrarli, autonomamente, alla pianificazione congiunta. La norma regionale si pone, pertanto, in contrasto anche con l'art. 156 del Codice, in quanto essa non tiene conto dell'obbligo di copianificazione finalizzata alla verifica e all'adeguamento del vigente piano paesaggistico, relativamente ai predetti beni. Ne' potrebbe sostenersi che la natura ricognitiva del vincolo paesaggistico sarebbe inidonea a far conservare la connotazione di beni paesaggistici, dichiarati o vincolati ope legis, a categorie di beni genericamente indicate, ancorche' fossero vincolabili nel regime previgente. Cio' al fine di affermare che, con la novella del 2008 il legislatore statale avrebbe ritenuto non meritevoli di tutela detti «vincoli per categoria». Una tale impostazione si porrebbe in contrasto con i cardini stessi del sistema ordinamentale di tutela paesaggistica. Costituisce, infatti, principio immanente alla predetta materia quello della conservazione del carattere di bene paesaggistico, ove lo stesso sia stato riconosciuto in base a legittimo procedimento, come incontestabilmente avvenuto, nella specie, per i beni inclusi e disciplinati nel e dal piano paesaggistico della Regione Sardegna. L'eventuale modificazione dei criteri e delle modalita' per l'individuazione dei beni paesaggistici non puo', pertanto, determinare in nessun caso la perdita della qualita' di bene paesaggistico, ormai riconosciuta, e che comporta a sua volta l'integrale applicazione del regime di tutela vigente (cfr. art. 157 Codice di settore). In sostanza, il vincolo paesaggistico e' un vincolo permanente, non suscettibile di revoca, ne' puo' sostenersi che l'individuazione di nuovi beni paesaggistici operata mediante il piano del 2006 determinerebbe una presunta incertezza sull'estensione degli ambiti tutelati, atteso che questi ultimi sono, al contrario, chiaramente specificati e riportati negli elaborati di piano. 1.3. Le disposizioni previste dall'art. 1 dell'impugnata legge regionale comportano, anche un generale abbassamento del livello di tutela in contrasto anche con l'art. 9 della Costituzione, ai sensi del quale il paesaggio rappresenta valore primario e assoluto (sentenza n. 367 del 2007). La disciplina censurata e' volta, infatti, a consentire alla regione di intervenire unilateralmente nella determinazione della disciplina d'uso di beni paesaggistici, rimessa invece alla copianificazione, che e' stata individuata dal legislatore nazionale quale sede appropriata per la cura dell'interesse alla tutela del paesaggio. In questa prospettiva, il potere che la Regione pretende di assumere viene concretamente esercitato sulla base delle disposizioni previste dai commi 2 e 3 dell'art. 1 della legge regionale, il cui scopo immediato e' quello di rendere inoperanti specifici divieti contenuti nella disciplina di piano. Con le censurate disposizioni viene quindi realizzata l'effettiva compromissione dei valori tutelati, in violazione dell'art. 9 della Costituzione. L'art. 1 della legge regionale in esame e', pertanto, illegittimo per contrasto con l'art. 3 dello Statuto speciale della Regione, come attuato mediante il decreto del Presidente della Repubblica n. 480 del 1975, e con gli articoli 9 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. 2. Illegittimita' dell'art. 1, della legge regionale 13 luglio 2020, n. 21, per violazione degli articoli 3, 9 e 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU). 2.1. L'impugnata normativa regionale contrasta con il principio di irretroattivita' della legge, come enucleato da codesta Corte costituzionale e dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, e viola il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione ed il valore costituzionale primario della tutela del paesaggio, di cui all'art. 9 della Costituzione, ponendosi altresi' in contrasto con l'art. 117, primo comma, della Costituzione, che impone al legislatore regionale di rispettare gli obblighi internazionali. La portata retroattiva della legge regionale in esame e' evidente, in quanto la regione non si limita a chiarire l'originaria intenzione del legislatore, ma - a distanza di ben 14 anni dall'approvazione del piano paesaggistico - interviene in modo precettivo, imponendo un determinato significato normativo della disposizione interpretata, nel quale l'effetto retroattivo e' logicamente incluso. Si evidenzia peraltro che codesta Corte costituzionale, fin dalla sentenza n. 118 del 1957, ha riconosciuto alle leggi interpretative portata «naturalmente retroattiva», in quanto tale portata discende direttamente dalla loro funzione. In ogni caso, appare indubitabile che con le disposizioni censurate la regione abbia inteso introdurre nell'ordinamento un «quid novi, che rende obbligatorio per tutti il significato normativo dato a un precedente atto» (sentenza Corte costituzionale n. 155 del 1990). Sebbene la Costituzione riferisca espressamente il principio di irretroattivita' della legge alla sola legge penale (art. 25), tuttavia nel tempo codesta Corte costituzionale ha tratto dalla Costituzione i limiti alla discrezionalita' del legislatore di intervenire in senso retroattivo in materia diversa da quella penale, richiamando anzitutto i principi di ragionevolezza e di non contrasto con altri valori e interessi costituzionalmente protetti (sentenza n. 234 del 2007). La normativa regionale in esame travalica senza dubbio i limiti che il legislatore deve rispettare nell'intervenire in via interpretativa-retroattiva. Sebbene codesta Corte abbia evidenziato come la regione sia libera nel disciplinare in via autonoma i beni non oggetto di pianificazione obbligatoria (Corte cost. n. 308 del 2013), nel caso in esame tale scelta, rivendicata dalla regione, si traduce in un generale abbassamento di tutela per tutte e tre le categorie di beni definite dalla norma regionale. Cio' appare, oltre che irragionevole, anche contrario all'art. 9 della Costituzione. Come si e' sopra illustrato, i beni «tipizzati», cioe' individuati dai piani paesaggistici ai sensi dell'art. 134, comma 1, lettera c) prima della novella del 2008, essendo equiparati ai beni paesaggistici, sono oggetto di copianificazione obbligatoria, e la regione non puo' esercitare la propria competenza statutaria nella materia edilizia e urbanistica, in contrasto con le norme fondamentali statali emanate in materia - come il Codice dei beni culturali e del paesaggio - che continuano ad imporsi al necessario rispetto del legislatore della Regione Sardegna. Per quanto riguarda le fasce costiere, le stesse si innestano su beni tutelati ope legis a far data dalla legge n. 435 del 1985 (c.d. legge Galasso), che rivestono un ruolo strategico nel territorio insulare regionale, a forte vocazione turistica. Le zone agricole, l'edificato in zona agricola e l'edificato urbano diffuso di cui alla lettera c) sono contesti di particolare fragilita' paesaggistica, rispetto ai quali opportunamente il piano paesaggistico ha dettato una disciplina di tutela, correttamente interpretando la propria funzione di tutela in senso ampio dei «paesaggi», secondo l'impostazione sottesa alla Convezione europea del paesaggio del 2000 (ratificata mediante la legge 9 gennaio 2006, n. 14). Scopo della norma regionale «interpretativa» risulta dunque quello di sottrarre intere categorie di beni alla disciplina di tutela stabilita nelle NTA del piano paesaggistico, in contrasto con lo spirito stesso della normativa specifica, che intende regolamentare le trasformazioni del territorio, preservandone i caratteri peculiari di pregio paesaggistico, e comporta l'illegittimita' costituzionale della normativa regionale per superamento dei predetti limiti individuati da codesta Corte. 2.2. La norma e' illegittima anche per violazione del principio di irretroattivita' previsto nella Convenzione europea dei diritti dell'uomo, secondo gli insegnamenti della Corte europea dei diritti dell'uomo, che ha ricondotto tale principio nell'ambito dell'art. 6 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, che prevede il diritto a un equo processo e, come suo corollario, il principio di parita' delle armi; principi validi anche fuori dall'ambito penale. Le norme della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali devono essere intese secondo il significato ad esse attribuito dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, «specificatamente istituita per dare a esse interpretazione e applicazione» (sentenza Corte costituzionale n. 348 del 2007). La Corte europea dei diritti dell'uomo ha gia' censurato norme di interpretazione autentica di portata retroattiva allorquando le stesse costituiscono un'ingerenza del potere legislativo nell'amministrazione della giustizia, avendo lo scopo di influenzare l'esito di una controversia (Raffinerie greche Stran e Stratis Andreatis c. Grecia) orientandolo in proprio favore (Papageorgiou c. Grecia), riconoscendo la responsabilita' del legislatore che si ingerisce in un processo influenzandone l'esito (Ducret c. Francia). La Corte europea dei diritti dell'uomo ha riconosciuto talvolta le ingerenze del legislatore ammissibili, in presenza di «motivi imperativi di interesse generale» (National & Provincia) Building Society et al. c. Regno Unito). Appare evidente che nel caso in esame tali motivi non sussistono. Come gia' chiarito nella premessa del presente ricorso, infatti, le disposizioni di carattere generale contenute nel comma 2 e quelle specifiche contenute nel comma 3, si inseriscono nell'ambito del procedimento di VIA della SS 291 c.d. «della Nurra», relativamente ai lavori di costruzione del Lotto 1 da Alghero a Olmedo e del Lotto 4 tra il bivio di Olmedo e l'Aeroporto di Alghero, nel cui ambito si sono espressi negativamente il Ministero dell'ambiente, del territorio e del mare ed il Ministero per i beni e le attivita' culturali e per il turismo, con conseguente ricorso al Tribunale amministrativo regionale da parte della regione, ed in relazione al quale, in data 28 luglio 2020, il Consiglio dei ministri ha deliberato di superare i dissensi emersi, ai sensi dell'art. 5, comma 2, lettera c-bis), della legge 23 agosto 1988, n. 400, ai fini dell'ulteriore corso del procedimento relativo ai lavori di costruzione di detta opera stradale. La norma e' pertanto illegittima anche per violazione dell'art. 6 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, in base al quale il legislatore (in questo caso regionale) non puo', quando esso e' parte di una controversia, approfittare della posizione preminente attraverso un uso improprio della funzione legislativa, se non in presenza di imperativi motivi di interesse generale. 3) Illegittimita' dell'art. 1, comma 1, della legge regionale 13 luglio 2020, n. 21 per violazione del principio di leale collaborazione, in relazione agli articoli 134, comma 1, lettera c), 143, comma 2 e 156, comma 1 e comma 3 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. La Regione Sardegna ha approvato il Primo ambito omogeneo del Piano paesaggistico regionale, relativo esclusivamente alle aree costiere, il 5 settembre 2006. Successivamente, il 19 febbraio 2007, e' stato sottoscritto dalla Regione con il Ministero per i beni e le attivita' culturali il Protocollo d'Intesa per la verifica e l'adeguamento congiunto del piano paesaggistico regionale - primo ambito omogeneo (ai sensi degli articoli 143 e 156 del Codice dei beni culturali e del paesaggio), nonche' per la copianificazione congiunta con lo Stato del relativo secondo ambito omogeneo (comprendente le aree interne dell'isola), attivita' di copianificazione estesa all'intero territorio regionale (e quindi non esclusivamente ai beni paesaggistici vincolati ai sensi del Codice di settore). Inoltre, il 1° marzo 2013 e' stato sottoscritto tra la regione e il citato Ministero il Disciplinare attuativo del suddetto Protocollo d'Intesa, al fine di definire le modalita' attuative dei lavori di copianificazione sia per il primo che per secondo ambito. Il predetto Disciplinare e' stato aggiornato con una nuova previsione e sottoscritto congiuntamente il 18 aprile 2018. Dall'applicazione delle disposizioni dei suddetti Disciplinari sono derivate numerose e, a tratti, intense attivita' di collaborazione tecnica istituzionale, le quali, nonostante i numerosi sforzi condotti dagli organi ministeriali, non si sono ancora concluse con l'approvazione del piano paesaggistico verificato e adeguato alle disposizioni del Codice di settore e della sua estensione alle aree interne dell'Isola. Orbene, con la legge regionale in esame la Regione Sardegna si sottrae ingiustificatamente al proprio obbligo di redazione congiunta con il Ministero per i beni e le attivita' culturali del Piano paesaggistico, violando il principio di leale collaborazione. Come detto, infatti, la Regione ha assunto l'impegno, nei confronti del Ministero, di pianificare congiuntamente l'intero territorio regionale, e non solo i beni paesaggistici vincolati. Ne' puo' assumere alcun rilievo la circostanza che l'accordo sia stato stipulato prima del c.d. secondo correttivo al Codice del 2008. Sia prima che dopo il predetto correttivo e' stata, infatti, prevista la possibilita' di stipulare accordi finalizzati alla copianificazione, la quale peraltro e' sempre obbligatoria con riferimento ai beni vincolati, anche ai sensi dell'art. 156 del Codice (che non a caso prevede, in mancanza di accordo, l'esercizio di poteri sostitutivi). La novella del 2008 al Codice non puo' porre nel nulla un accordo conforme al quadro normativo precedente e successivo ad essa, mai sconfessato dalla regione, e anzi attuato mediante due disciplinari. Si ribadisce che la regione ha assunto l'impegno alla copianificazione dell'intero territorio regionale d'intesa con lo Stato e che, in ogni caso, anche laddove non avesse stipulato alcun accordo, sarebbe obbligata comunque a tale copianificazione rispetto ai beni paesaggistici, inclusi quelli gia' individuati per la prima volta mediante il Piano paesaggistico del 2006 ai sensi dell'art. 134, comma 1, lettera c), pena l'esercizio dei poteri sostitutivi dello Stato (cfr. art. 143, comma 2; art. 156, comma 1 e comma 3). Codesta Corte, peraltro, nella citata sentenza n. 178 del 2018 ha richiamato, in virtu' del nesso di interdipendenza funzionale esistente tra la competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela del paesaggio e la competenza regionale primaria in materia edilizia e urbanistica, l'importanza del ricorso all'istituto della concertazione istituzionale, affermando che: «in ogni caso, in presenza di piu' competenze, quale quella dello Stato in materia ambientale, e quella della Regione autonoma della Sardegna in materia edilizia ed urbanistica, cosi' intrecciate ed interdipendenti in relazione alla fattispecie in esame, la concertazione in sede legislativa ed amministrativa risulta indefettibile per prevenire ed evitare aporie del sistema». La legge regionale in esame viola il principio di leale collaborazione che, secondo codesta Corte costituzionale, «deve presiedere a tutti i rapporti che intercorrono tra Stato e regioni», atteso che «la sua elasticita' e la sua adattabilita' lo rendono particolarmente idoneo a regolare in modo dinamico i rapporti in questione, attenuando i dualismi ed evitando eccessivi irrigidimenti» (tra le tante, Corte costituzionale n. 31 del 2006). In particolare, codesta Corte ha chiarito che «il principio di leale collaborazione, anche in una accezione minimale, impone alle parti che sottoscrivono un accordo ufficiale in una sede istituzionale di tener fede ad un impegno assunto» (sent. n. 178/2018). La Regione, pertanto, non avrebbe potuto, con una propria legge, sottrarsi all'obbligo della pianificazione congiunta dell'intero territorio regionale, assunto nei confronti dello Stato. La scelta della Regione Sardegna di assumere iniziative unilaterali e reiterate, al di fuori del percorso di collaborazione gia' proficuamente avviato con lo Stato, si pone, pertanto, in contrasto anche con il predetto principio di leale collaborazione. Per questi motivi il Presidente del Consiglio dei ministri propone il presente ricorso e confida nell'accoglimento delle seguenti conclusioni.
P.Q.M. Voglia l'ecc.ma Corte costituzionale dichiarare costituzionalmente illegittimo l'art. 1, della legge Regione Sardegna, del 13 luglio 2020, n. 21, pubblicata nel BUR n. 40 del 13 luglio 2020, recante «norme di interpretazione autentica del Piano paesaggistico regionale», per violazione degli articoli 3, 9, 117, primo e secondo comma, lettera s) della Costituzione, e del principio di leale collaborazione». Valutera' la Corte se, a seguito dell'auspicata declaratoria di illegittimita' costituzionale del predetto art. 1, debba essere dichiarata, in via consequenziale, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, anche l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge regionale in esame, poiche' privo di presupposto e quindi inapplicabile. Si producono: 1. copia della legge regionale impugnata; 2. copia conforme della delibera del Consiglio dei ministri adottata nella riunione del 7 agosto 2020, recante la determinazione di proposizione del presente ricorso, con allegata relazione illustrativa. Roma, 26 agosto 2020 L'Avvocato dello Stato: Guida