N. 209 SENTENZA 8 settembre - 9 ottobre 2020

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Professioni - Norme della Regione  Marche  -  Inserimento,  da  parte
  degli  enti  del  servizio  sanitario  regionale,  dei  trattamenti
  osteopatici nell'ambito delle discipline ospedaliere - Ricorso  del
  Governo  -   Denunciata   violazione   della   competenza   statale
  concorrente nella materia delle professioni - Non fondatezza  della
  questione. 
- Legge della Regione Marche 18 aprile 2019, n. 8, art. 42. 
- Costituzione, art. 117, terzo comma. 
(GU n.42 del 14-10-2020 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Mario Rosario MORELLI; 
Giudici :Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana  SCIARRA,  Daria
  de PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI, Stefano PETITTI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  42  della
legge della Regione Marche 18 aprile  2019,  n.  8  (Disposizioni  di
semplificazione e aggiornamento della normativa regionale),  promosso
dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato  il
14-26 giugno 2019, depositato  in  cancelleria  il  20  giugno  2019,
iscritto al n. 71  del  registro  ricorsi  2019  e  pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  32,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2019. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Marche; 
    udito nella udienza pubblica dell'8  settembre  2020  il  Giudice
relatore Giulio Prosperetti; 
    uditi l'avvocato dello Stato Francesca Morici per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato  Marcello  Cecchetti  per  la
Regione Marche; 
    deliberato nella camera di consiglio dell'8 settembre 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 14-26 giugno 2019 e  depositato  in
cancelleria il 20  giugno  2019  (reg.  ric.  n.  71  del  2019),  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, ha  impugnato,  in  riferimento
all'art. 117, terzo comma, della Costituzione, l'art. 42 della  legge
della  Regione  Marche  18  aprile  2019,  n.  8   (Disposizioni   di
semplificazione e aggiornamento della normativa regionale). 
    Ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata  istituirebbe
la nuova figura  professionale  dell'osteopata  e  del  chiropratico,
violando l'art. 7, comma 2, della legge 11 gennaio 2018, n. 3 (Delega
al Governo  in  materia  di  sperimentazione  clinica  di  medicinali
nonche' disposizioni per il riordino delle  professioni  sanitarie  e
per la dirigenza sanitaria del Ministero  della  salute),  l'art.  l,
comma 3, del decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 30 (Ricognizione
dei  principi  fondamentali  in  materia  di  professioni,  ai  sensi
dell'articolo 1 della legge 5 giugno 2003, n. 131) e l'art. 5,  comma
2, della legge 1° febbraio 2006, n. 43 (Disposizioni  in  materia  di
professioni  sanitarie  infermieristiche,  ostetrica,  riabilitative,
tecnico-sanitarie  e  della  prevenzione  e  delega  al  Governo  per
l'istituzione dei relativi  ordini  professionali),  come  modificato
dall'art. 6 della menzionata legge n. 3  del  2018,  con  conseguente
lesione del principio fondamentale della legislazione in  materia  di
professioni che riserva allo Stato, secondo quanto previsto dall'art.
117, terzo comma, Cost., l'individuazione delle figure professionali. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri evidenzia, al  riguardo,
che la costante giurisprudenza della Corte costituzionale afferma che
la potesta' legislativa regionale  nella  materia  concorrente  delle
«professioni» deve rispettare il principio fondamentale  secondo  cui
l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e
titoli abilitanti, e' riservata, per il suo carattere necessariamente
unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle Regioni  solo
la  disciplina  di  quegli  aspetti  che  presentano  uno   specifico
collegamento con la realta' regionale. 
    Ad avviso del ricorrente la norma impugnata, dando facolta'  agli
enti regionali sanitari di avviare progetti sperimentali  finalizzati
all'inserimento  dei  trattamenti   osteopatici   nell'ambito   delle
discipline  ospedaliere,  da  attuare   con   specifici   protocolli,
implicherebbe l'istituzione nell'ordinamento  regionale  della  nuova
figura professionale dell'osteopata, nonostante  che  i  procedimenti
avviati, ai sensi della legge n. 3 del 2018, per la definizione dello
statuto dell'osteopata  e  del  chiropratico,  non  si  siano  ancora
conclusi. 
    2.- Il 2 agosto 2019  la  Regione  Marche  si  e'  costituita  in
giudizio sostenendo l'infondatezza del ricorso. 
    La disposizione impugnata, ad avviso della difesa  regionale,  si
limiterebbe,  infatti,  a  disporre,  secondo   quanto   testualmente
previsto, che «[g]li enti del servizio  sanitario  regionale  possono
attivare  progetti  sperimentali  finalizzati   all'inserimento   dei
trattamenti osteopatici nell'ambito delle discipline ospedaliere» e a
precisare che tali progetti devono essere attuati mediante  specifici
protocolli, senza pero' che da essa si possa, in alcun modo, ricavare
una   surrettizia   introduzione   nell'ordinamento   della    figura
professionale dell'osteopata. 
    3.- Il 3 marzo 2020 la Regione Marche ha depositato  un'ulteriore
memoria in cui ha precisato gli argomenti  gia'  posti  a  fondamento
della richiesta di rigetto del ricorso. 
    4.-  Con  memoria  integrativa  depositata  il  4   marzo   2020,
l'Avvocatura generale dello Stato ha ribadito le censure gia'  svolte
nel ricorso e contestato le difese della Regione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con il  ricorso  indicato  in  epigrafe,  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato,  ha  impugnato  l'art.  42  della  legge  della
Regione Marche 18 aprile 2019, n. 8 (Disposizioni di  semplificazione
e aggiornamento della normativa regionale). 
    La disposizione impugnata, ad avviso del  ricorrente,  violerebbe
l'art. 117, terzo comma, della  Costituzione,  che  attribuisce  allo
Stato la determinazione dei principi fondamentali nella materia delle
«professioni», in  quanto,  stabilendo  che  gli  enti  del  servizio
sanitario regionale possono attivare, tramite  specifici  protocolli,
progetti sperimentali  finalizzati  all'inserimento  dei  trattamenti
osteopatici nell'ambito delle discipline  ospedaliere,  comporterebbe
la previa definizione nell'ordinamento regionale della figura e dello
statuto professionale dell'osteopata, ponendosi  cosi'  in  contrasto
con l'art. 7, comma 2, della legge 11 gennaio 2018, n. 3  (Delega  al
Governo in materia di sperimentazione clinica di  medicinali  nonche'
disposizioni per il riordino delle professioni  sanitarie  e  per  la
dirigenza sanitaria del Ministero della salute), con l'art. 1,  comma
3, del decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 30  (Ricognizione  dei
principi  fondamentali  in   materia   di   professioni,   ai   sensi
dell'articolo 1 della legge 5 giugno 2003, n. 131) e  con  l'art.  5,
comma 2, della legge 1° febbraio 2006, n. 43 (Disposizioni in materia
di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica,  riabilitative,
tecnico-sanitarie  e  della  prevenzione  e  delega  al  Governo  per
l'istituzione dei relativi  ordini  professionali),  come  modificato
dall'art. 6 della menzionata legge n. 3 del 2018. 
    1.1.-  La  parte  resistente  deduce  la  non  fondatezza   della
questione di legittimita' costituzionale promossa dal Presidente  del
Consiglio dei ministri, in quanto il ricorrente  avrebbe  attribuito,
del tutto  erroneamente,  alla  norma  impugnata  il  significato  di
introdurre anticipatamente nell'ordinamento la  figura  professionale
dell'osteopata. 
    2.- La questione non e' fondata. 
    3.- Va, innanzitutto, chiarito che la professione dell'osteopata,
cosi' come quella del chiropratico (ordinanza n. 149 del 1988),  gia'
prima del riconoscimento della figura professionale  da  parte  della
legge n. 3 del 2018,  andava  considerata  «un  lavoro  professionale
tutelato, ex art. 35, primo comma, Cost., in tutte le  sue  forme  ed
applicazioni» e «una iniziativa privata libera ex art. 41 Cost.». 
    La sempre  maggiore  diffusione  delle  medicine  cosiddette  non
convenzionali (nel  novero  delle  quali  venivano  ricondotte  anche
l'osteopatia e la chiropratica) aveva, anzi,  indotto  il  Parlamento
europeo a evidenziare, con la risoluzione n. 75 del  29  maggio  1997
recante lo Statuto delle Medicine Non Convenzionali, la necessita' di
«garantire ai pazienti la piu' ampia  liberta'  possibile  di  scelta
terapeutica assicurando loro il piu' elevato livello di  sicurezza  e
l'informazione   piu'   corretta   sull'innocuita',   la    qualita',
l'efficacia e il rischio  eventuale  delle  cosiddette  medicine  non
convenzionali, nonche' di proteggerli da persone non qualificate». 
    E gli ospedali italiani, in questa medesima prospettiva,  avevano
avviato numerosi studi e sperimentazioni  cliniche  nel  settore  dei
trattamenti osteopatici, in particolare nei reparti di  neonatologia,
neurologia, oncologia, ortopedia e  geriatria,  a  prescindere  dalla
circostanza che la detta professione non fosse ancora riconosciuta  e
regolamentata. 
    Neppure erano  mancate  iniziative  in  materia  da  parte  delle
Regioni,  ancorche'  realizzate  in  forme  diverse,  consistenti  in
specifici riferimenti alle medicine non  convenzionali  contenuti  in
alcuni piani sanitari regionali,  nella  creazione  di  strutture  di
studio ed approfondimento  (commissioni,  osservatori,  ecc.)  e  nel
finanziamento di programmi di ricerca in materia. 
    3.1.-   L'ordinamento    italiano    configura,    secondo    una
classificazione implicitamente confermata anche  nelle  normative  in
materia piu' recenti,  tra  cui  la  legge  14  gennaio  2013,  n.  4
(Disposizioni in materia di professioni non organizzate), tre diverse
tipologie di professioni: a) le professioni per il cui  esercizio  la
legge prescrive l'iscrizione obbligatoria in albi  o  elenchi  tenuti
dagli ordini o collegi professionali; b) le professioni  disciplinate
comunque dalla legge, ma rispetto alle  quali  non  e'  richiesto  il
predetto onere di iscrizione; c) le professioni non regolamentate. 
    Con specifico riferimento alle professioni  sanitarie,  il  regio
decreto 27 luglio 1934, n. 1265 (Approvazione del testo  unico  delle
leggi sanitarie) distingueva tre categorie: quella delle  professioni
sanitarie principali (medico chirurgo, veterinario, farmacista e, dal
1985, l'odontoiatra); quella delle professioni  sanitarie  ausiliarie
(levatrice, assistente sanitaria visitatrice e infermiera  diplomata)
e, infine, quella delle arti ausiliarie delle  professioni  sanitarie
(odontotecnico, ottico,  meccanico  ortopedico  ed  ernista,  tecnico
sanitario di radiologia medica e infermiere abilitato o autorizzato). 
    L'art.  1,  comma  1,  della  legge  26  aprile   1999,   n.   42
(Disposizioni  in  materia  di  professioni  sanitarie)  ha,  quindi,
sostituito la denominazione «professione  sanitaria  ausiliaria»  con
quella di «professione sanitaria» e,  successivamente,  la  legge  10
agosto  2000,  n.  251  (Disciplina   delle   professioni   sanitarie
infermieristiche, tecniche della  riabilitazione,  della  prevenzione
nonche' della professione ostetrica) ha  organizzato  le  professioni
sanitarie   in   quattro   distinte   aree   (professioni   sanitarie
infermieristiche  e  professione  sanitaria  ostetrica;   professioni
sanitarie riabilitative; professioni  tecnico-sanitarie;  professioni
tecniche della prevenzione). 
    La legge n. 43 del 2006, stabilendo l'istituzione  degli  albi  e
degli  ordini  professionali  per  tutte  le  professioni   sanitarie
regolamentate,  esistenti  e  di  nuova  configurazione,   ha,   poi,
introdotto all'art. 5 (modificato dall'art. 6 della legge  n.  3  del
2018) uno  specifico  procedimento  per  l'individuazione  dei  nuovi
profili professionali. 
    Infine, la recente legge n. 3 del 2018 ha previsto,  all'art.  7,
la figura professionale dell'osteopata e del chiropratico, disponendo
che gli ambiti  di  attivita'  e  le  funzioni  caratterizzanti  tali
professioni, i criteri di valutazione dell'esperienza  professionale,
nonche' i criteri  per  il  riconoscimento  dei  titoli  equipollenti
dovessero essere stabiliti, entro tre  mesi  dall'entrata  in  vigore
della legge, con accordo stipulato in sede di  Conferenza  permanente
per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e  le  Province  autonome  di
Trento   e   di   Bolzano,   mentre,   con   decreto   del   Ministro
dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, di concerto con il
Ministro della salute, da adottare entro  sei  mesi  dall'entrata  in
vigore della legge, acquisito il parere del  Consiglio  universitario
nazionale e del Consiglio  superiore  di  sanita',  avrebbero  dovuto
essere  definiti   gli   ordinamenti   didattici   della   formazione
universitaria in osteopatia e in chiropratica, nonche' gli  eventuali
percorsi formativi integrativi. 
    Tale situazione di pendenza dei procedimenti per  la  definizione
dello statuto professionale dell'osteopata e del chiropratico  e  dei
relativi ordinamenti didattici non si e', pero', ancora conclusa. 
    3.2.- La descritta evoluzione normativa e' stata accompagnata  da
sensibili   cambiamenti   dell'organizzazione   sanitaria   e   della
responsabilita' professionale  degli  operatori  sanitari,  culminati
nell'entrata in vigore della legge 8 marzo 2017, n. 24  (Disposizioni
in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonche'
in  materia  di  responsabilita'  professionale  degli  esercenti  le
professioni  sanitarie),  che  impone  alle  strutture  sanitarie   e
sociosanitarie, pubbliche e private, tutte le  attivita'  finalizzate
alla prevenzione e alla gestione del rischio connesso  all'erogazione
di prestazioni sanitarie. 
    La detta legge ha, tra l'altro, previsto l'istituzione, a livello
regionale, dei Centri per la gestione  del  rischio  sanitario  e  la
sicurezza del paziente (art. 2, comma  4)  e,  a  livello  nazionale,
dell'Osservatorio nazionale  delle  buone  pratiche  sulla  sicurezza
nella sanita' (art. 3, comma 1), con la funzione di predisporre linee
di indirizzo, volte ad individuare idonee misure per la prevenzione e
la gestione del rischio sanitario (art. 3, comma 2),  e  l'emanazione
di linee guida cui, salve le specificita'  del  caso  concreto,  sono
tenuti  ad  attenersi  gli  esercenti   le   professioni   sanitarie,
nell'esecuzione delle prestazioni sanitarie con finalita' preventive,
diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e  di  medicina
legale (art. 5). 
    3.3.-  Nell'ambito  di  questo  complesso   contesto   normativo,
caratterizzato da significativi cambiamenti  della  disciplina  delle
professioni sanitarie, ma anche dei  modelli  organizzativi  e  della
responsabilita' degli operatori e  delle  strutture  sanitarie,  deve
essere valutata la  portata  e  la  funzione  della  norma  regionale
impugnata. 
    La disposizione in questione, attribuendo agli enti del  servizio
sanitario regionale la facolta'  di  attivare  progetti  sperimentali
finalizzati all'inserimento dei trattamenti  osteopatici  nell'ambito
delle discipline ospedaliere, ha lo scopo, nelle more del processo di
definizione dello statuto della figura professionale dell'osteopata e
del chiropratico, di predisporre, in una ottica di gradualita'  e  di
sperimentazione, l'adeguamento dell'offerta sanitaria regionale  alle
nuove  esigenze,  in  una  prospettiva  che  appare,   peraltro,   di
continuita' rispetto al passato, considerati i numerosi studi clinici
in materia di trattamenti  osteopatici  che  risultano  essere  stati
effettuati negli ospedali italiani. 
    D'altronde, il tema dei progetti sperimentali non puo' non essere
valutato pure nella sua dimensione organizzativa e di prevenzione dei
rischi connessi all'introduzione delle nuove forme di  terapia  nelle
strutture ospedaliere. 
    In proposito, questa Corte ha, infatti, specificamente  affermato
che, laddove  le  disposizioni  impugnate  si  prestino  ad  incidere
contestualmente su una  pluralita'  di  materie,  possono,  comunque,
essere  ricondotte  a  quella  della  «tutela  della  salute»  quando
presentino una stretta inerenza «con  l'organizzazione  del  servizio
sanitario regionale e,  in  definitiva,  con  le  condizioni  per  la
fruizione delle prestazioni rese all'utenza»  (sentenza  n.  181  del
2006). 
    3.4.- Comunque,  a  prescindere  dalla  dimensione  di  carattere
organizzativo della  norma  regionale  e  dalla  sua  attinenza  alla
materia della «tutela della salute», non evocata sotto alcun  profilo
dal  ricorrente,  la  riconduzione  della  disposizione   nell'ambito
materiale delle «professioni» non consente  di  ritenere  fondata  la
questione prospettata. 
    Questa Corte ha, in piu' occasioni,  scrutinato,  nell'ambito  di
giudizi  promossi  in  via   principale,   normative   regionali   di
regolamentazione di attivita' professionali. 
    In  tali  occasioni  e'  stato  costantemente  ribadito  che  «la
potesta'  legislativa  regionale  nella  materia  concorrente   delle
"professioni"   deve   rispettare   il    principio    secondo    cui
l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e
titoli abilitanti, e' riservata, per il suo carattere necessariamente
unitario, allo Stato, rientrando nella competenza  delle  Regioni  la
disciplina  di  quegli   aspetti   che   presentano   uno   specifico
collegamento con la realta' regionale; e che tale  principio,  al  di
la' della  particolare  attuazione  ad  opera  dei  singoli  precetti
normativi, si  configura  [...]  quale  limite  di  ordine  generale,
invalicabile dalla legge regionale, da cio' derivando che non e'  nei
poteri delle Regioni dar vita a nuove figure professionali  (sentenze
n. 138 del 2009, n. 93 del 2008, n. 300 del 2007, n. 40 del 2006 e n.
424 del 2005)» (sentenza n. 98 del 2013). 
    Nel caso in esame, pero', la norma impugnata non introduce alcuna
nuova figura professionale, limitandosi a  conferire  agli  enti  del
servizio  sanitario  regionale  la  facolta'  di   avviare   progetti
sperimentali finalizzati all'inserimento dei trattamenti  osteopatici
nell'ambito delle discipline ospedaliere. 
    D'altra parte, il tema  dei  progetti  sperimentali  deve  essere
nettamente distinto da  quello  della  istituzione  di  nuove  figure
professionali e della loro regolamentazione, almeno quando si tratti,
come  nel  caso  in  esame,  di   sperimentazioni   svolte   con   il
coinvolgimento  di  soggetti  la  cui   attivita'   era   considerata
pienamente  lecita  anche  prima  del  riconoscimento  statale  della
professione (ordinanza n. 149 del 1988). 
    Sotto altro profilo, va poi ricordato che  questa  Corte  ha,  in
numerose occasioni, precisato che, fermo  il  principio  secondo  cui
l'individuazione delle figure professionali e' riservata allo  Stato,
rimane «nella  competenza  delle  Regioni  la  disciplina  di  quegli
aspetti che presentano uno  specifico  collegamento  con  la  realta'
regionale» (sentenza n. 147 del 2018, con richiamo alla  sentenza  n.
98 del 2013). 
    Pertanto,  l'esercizio  della  potesta'  legislativa   regionale,
laddove   non   direttamente   incidente    sulla    istituzione    e
regolamentazione di nuove figure professionali,  non  puo'  ritenersi
precluso o limitato. 
    Appare, anzi, legittimo e ragionevole che la Regione Marche abbia
ritenuto, a fronte della previsione nella legge n. 3 del  2018  delle
istituende  professioni  dell'osteopata  e   del   chiropratico,   di
rimettere agli enti del servizio sanitario regionale la  facolta'  di
avviare  progetti  sperimentali  per  l'inserimento  dei  trattamenti
osteopatici nell'ambito delle discipline ospedaliere. 
    Tali  progetti  non  implicano,  infatti,  sotto  alcun  profilo,
l'anticipazione dell'esito  della  definizione  dello  statuto  della
figura professionale dell'osteopata, anche  in  considerazione  della
circostanza che la norma  regionale  demanda  la  loro  attuazione  a
specifici  protocolli  che,  fissando  le   concrete   modalita'   di
svolgimento dei  trattamenti  osteopatici,  dovranno  necessariamente
rispettare la normativa vigente in materia. 
    4.-  Pertanto,  la  questione  di  legittimita'   costituzionale,
promossa dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  deve  essere
dichiarata non fondata. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 42 della legge della Regione Marche 18 aprile  2019,  n.  8
(Disposizioni di  semplificazione  e  aggiornamento  della  normativa
regionale), promossa, in riferimento all'art. 117, terzo comma, della
Costituzione, dal Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  con  il
ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 settembre 2020. 
 
                                F.to: 
                  Mario Rosario MORELLI, Presidente 
                    Giulio PROSPERETTI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 9 ottobre 2020. 
 
                           Il Cancelliere 
                        F.to: Roberto MILANA