N. 78 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 8 settembre 2020

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria l'8 settembre 2020  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri) . 
 
Impiego pubblico - Norme  della  Regione  Puglia  -  Istituzione  del
  servizio  di  psicologia  di  base  e   delle   cure   primarie   -
  Organizzazione -  Previsione,  da  parte  del  piano  triennale  di
  fabbisogni del personale delle aziende sanitarie locali (ASL),  del
  dirigente psicologo per la programmazione e  la  valutazione  delle
  nuove attivita', nell'ambito del personale a tempo determinato. 
- Legge della Regione Puglia 7 luglio 2020, n.  21  (Istituzione  del
  servizio di psicologia di base e  delle  cure  primarie),  art.  2,
  comma 3. 
(GU n.43 del 21-10-2020 )
     Ricorso  ai  sensi  dell'art.  127  della  Costituzione  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri (C.F. 80188230587), in  persona
del Presidente del Consiglio pro tempore, rappresentato e  difeso  in
virtu'  di  legge   dall'Avvocatura   generale   dello   Stato   (fax
06/96514000, pec: ags_m2@mailcert.avvocaturastato.it), presso  i  cui
uffici e' legalmente domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi  n.
12; 
    Contro la Regione Puglia, in persona del Presidente  pro  tempore
della Giunta regionale, nella sua sede  in  Bari,  Lungomare  Nazario
Sauro 31, per la  declaratoria  della  illegittimita'  costituzionale
dell'art. 2, comma 3, della legge regionale 7  luglio  2020,  n.  21,
giusta deliberazione del Consiglio dei ministri assunta nella  seduta
del giorno 3 settembre 2020. 
 
                          Premesse di fatto 
 
    Nel Bollettino ufficiale della Regione Puglia n. 99, suppl. del 9
luglio 2020, e' stata pubblicata la  legge  regionale  n.  21  del  7
luglio 2020, intitolata «Istituzione del servizio  di  psicologia  di
base e delle cure primarie». 
    L'art.  2,  comma  3,  di  tale   legge   e'   costituzionalmente
illegittimo, in quanto si pone in contrasto: 
        a)  con  l'art.  117,  secondo  comma,  lettera   1),   della
Costituzione, che attribuisce allo Stato  la  competenza  legislativa
esclusiva in materia di «ordinamento civile»; 
        b) con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione, in quanto
eccede le competenze regionali e invade quelle statali in materia  di
«coordinamento della finanza pubblica». 
    Pertanto,  la  suddetta  disposizione  viene  impugnata  con   il
presente ricorso ex art. 127 Costituzione affinche' ne sia dichiarata
l'illegittimita' costituzionale e ne sia pronunciato  il  conseguente
annullamento per i seguenti 
 
                          Motivi di diritto 
 
    1. La legge regionale 7 luglio  2020,  n.  21,  istituisce  nella
Regione Puglia il  servizio  di  psicologia  di  base  e  delle  cure
primarie. 
    Segnatamente l'art. 2 disciplina l'organizzazione  del  servizio,
prevedendo - in primo luogo - il suo inserimento nel distretto  socio
sanitario per l'attivita' di assistenza primaria  territoriale  e  la
sua collocazione  all'interno  dell'unita'  operativa  cure  primarie
(comma 1). 
    In secondo luogo, l'art. 2 precisa come il servizio in  questione
sia affidato a psicologi, che svolgono «funzioni di  coordinamento  e
programmazione   per   la   psicologia   territoriale   nei   presidi
territoriali  di  assistenza  (PTA),  per  i   percorsi   diagnostico
terapeutico assistenziali (PDTA) e delle  reti»  (comma  1),  nonche'
«funzioni  di  coordinamento  e  programmazione  per  la   psicologia
territoriale  nell'ambito  delle  strutture  sanitarie   territoriali
afferenti al distretto  sociosanitario  (poliambulatori,  consultori,
PTA, servizi domiciliari, ospedali di  comunita')  in  collaborazione
con la medicina convenzionata (medici di medicina generale,  pediatri
di libera scelta e specialisti ambulatoriali)» (comma 2). 
    Al fine di garantire l'efficiente organizzazione del servizio  di
psicologia di  base  e  delle  cure  primarie,  l'art.  2,  comma  3,
stabilisce che «Dalla data di entrata in vigore della presente legge,
il  piano  triennale  di  fabbisogni  del  personale  delle   aziende
sanitarie locali (ASL) deve prevedere il dirigente psicologo  per  la
programmazione e la valutazione delle  nuove  attivita',  nell'ambito
del personale a tempo determinato» (enfasi aggiunte). 
    2. Ebbene, tale disposizione - nel prevedere l'assunzione a tempo
determinato del dirigente psicologo, al  di  fuori  delle  condizioni
stabilite dall'art. 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165
-  viola  anzitutto  l'art.  117,  comma   2,   lettera   1),   della
Costituzione,  che  attribuisce  in  via  esclusiva  allo  Stato   la
competenza legislativa in materia di «ordinamento civile». 
    3. Come chiarito da codesta ecc.ma Corte, la potesta' legislativa
delle regioni incontra alcuni limiti di carattere «trasversale»,  tra
i quali si annovera - sin dalla nota sentenza n.  7  del  1956  -  la
disciplina dei rapporti di diritto privato. 
    Il limite  alla  potesta'  legislativa  regionale  derivante  dal
diritto privato e' stato espressamente codificato dalla  riforma  del
Titolo V della Costituzione nel 2001 ed esso trova  fondamento  nella
stessa esigenza, connessa al precetto costituzionale di  eguaglianza,
«di garantire l'uniformita' nel  territorio  nazionale  delle  regole
fondamentali di diritto che  disciplinano  i  rapporti  fra  privati»
(cfr. sentenza n. 189 del 2007). 
    Secondo il costante  orientamento  di  codesta  ecc.ma  Corte,  a
seguito della privatizzazione del  rapporto  di  pubblico  impiego  -
operata dall'art. 2 della legge 23 ottobre 1992,  n.  421,  rubricata
«Delega al Governo per la  razionalizzazione  e  la  revisione  delle
discipline in materia di sanita', di pubblico impiego, di  previdenza
e di finanza territoriale», dall'art. 11, comma  4,  della  legge  15
marzo 1997, n. 59, intitolata «Delega al Governo per il  conferimento
di funzioni e compiti alle regioni ed enti  locali,  per  la  riforma
della   pubblica   amministrazione   e   per    la    semplificazione
amministrativa», e dai decreti legislativi emanati in  attuazione  di
dette leggi delega -  la  disciplina  del  rapporto  di  lavoro  alle
dipendenze della pubblica amministrazione attiene al diritto  privato
(cfr. sentenza n. 211 del 2014). 
    In altri termini,  la  privatizzazione  del  pubblico  impiego  -
operata dal decreto legislativo n. 29 del 1993, sulla base  dell'art.
2 della legge n. 421  del  1992  -  ha  scisso  l'organizzazione  del
rapporto di lavoro: 
        a)  da  un  lato,  mantenendo  la  cd.   macro-organizzazione
nell'orbita del diritto amministrativo, in  attuazione  dell'art.  97
della Costituzione; 
        b)  dall'altro,   attribuendo   la   disciplina   della   cd.
micro-organizzazione e del rapporto di impiego al diritto civile. 
    Secondo la giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte,  peraltro,  la
«specialita'» delle norme contenute nel decreto legislativo 30  marzo
2001, n. 165, che derogano in parte alla disciplina dei  rapporti  di
lavoro  nell'ambito  dell'impresa,  non  costituisce  ostacolo   alla
qualificazione giuridica delle stesse in termini «civilistici»  (cfr.
sentenza n. 191 del 2017). 
    Cio' trova espressa  conferma  -  a  livello  normativo  -  negli
articoli 2, commi 2 e 3, e 5, comma 2,  del  decreto  legislativo  30
marzo 2001, n. 165, che stabiliscono rispettivamente quanto segue: 
        a) «I rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni
pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II,
del libro V del codice civile e dalle leggi sui  rapporti  di  lavoro
subordinato  nell'impresa,  fatte  salve  le   diverse   disposizioni
contenute nel presente  decreto,  che  costituiscono  disposizioni  a
carattere imperativo. Eventuali disposizioni di legge, regolamento  o
statuto, che introducano o  che  abbiano  introdotto  discipline  dei
rapporti di lavoro la cui applicabilita' sia limitata  ai  dipendenti
delle amministrazioni pubbliche,  o  a  categorie  di  essi,  possono
essere derogate nelle materie affidate alla contrattazione collettiva
ai sensi dell'art. 40, comma 1, e nel rispetto dei principi stabiliti
dal presente decreto, da successivi contratti  o  accordi  collettivi
nazionali  e,  per  la  parte  derogata,   non   sono   ulteriormente
applicabili» (art. 2, comma 2, enfasi aggiunte); 
        b) «I rapporti individuali di lavoro di cui al comma  2  sono
regolati contrattualmente.  I  contratti  collettivi  sono  stipulati
secondo i criteri e le modalita' previste nel titolo III del presente
decreto; i contratti individuali devono conformarsi  ai  principi  di
cui all'art. 45, comma 2.  L'attribuzione  di  trattamenti  economici
puo' avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi e salvo  i
casi previsti dal comma 3-ter e 3-quater dell'art. 40 e le ipotesi di
tutela delle retribuzioni di cui all'art. 47-bis, o, alle  condizioni
previste, mediante contratti individuali. Le disposizioni  di  legge,
regolamenti  o  atti  amministrativi  che  attribuiscono   incrementi
retributivi non previsti da contratti cessano di  avere  efficacia  a
far data dall'entrata in vigore dal relativo rinnovo contrattuale.  I
trattamenti economici piu' favorevoli in godimento  sono  riassorbiti
con le modalita' e nelle misure previste dai contratti collettivi e i
risparmi  di  spesa  che  ne  conseguono  incrementano   le   risorse
disponibili per la contrattazione collettiva (art. 2, comma 3, enfasi
aggiunta); 
        c) «Nell'ambito delle leggi e degli atti organizzativi di cui
all'art. 2, comma 1, le  determinazioni  per  l'organizzazione  degli
uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro, nel
rispetto del principio di pari  opportunita',  e  in  particolare  la
direzione e l'organizzazione del lavoro nell'ambito degli uffici sono
assunte in via esclusiva dagli organi preposti alla gestione  con  la
capacita' e i poteri del privato datore di  lavoro,  fatte  salve  la
sola  informazione  ai  sindacati  ovvero  le  ulteriori   forme   di
partecipazione, ove previsti nei contratti di cui all'art.  9»  (art.
5, comma 2, enfasi aggiunte). 
    La natura «privatistica» - e quindi di limite «trasversale»  alla
potesta' legislativa delle regioni, anche a statuto speciale -  delle
disposizioni del decreto legislativo n. 165 del 2001, concernenti  la
micro-organizzazione degli  uffici  e  il  rapporto  di  impiego,  e'
confermata dall'art. 17 della legge n. 124 del 2015, recante «Deleghe
al Governo  in  materia  di  riorganizzazione  delle  amministrazioni
pubbliche». 
    Infatti,  l'art.  17  della  citata  legge   delega,   intitolato
«Riordino  della  disciplina  del  lavoro   alle   dipendenze   delle
amministrazioni pubbliche», stabilisce - al comma 1, lettera v) -  il
seguente criterio direttivo «riconoscimento alle  regioni  a  statuto
speciale e alle Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  della
potesta' legislativa in  materia  di  lavoro  del  proprio  personale
dipendente, nel rispetto della disciplina nazionale  sull'ordinamento
del personale alle dipendenze delle amministrazioni  pubbliche,  come
definita anche dal decreto legislativo 30 marzo  2001,  n.  165,  dei
principi  di  coordinamento  della  finanza   pubblica,   anche   con
riferimento alla  normativa  volta  al  contenimento  del  costo  del
personale, nonche' dei rispettivi statuti speciali e  delle  relative
norme di attuazione. Dalle disposizioni di cui alla presente  lettera
non devono derivare nuovi o maggiori oneri  a  carico  della  finanza
pubblica (enfasi aggiunta). 
    Ne consegue che - come gia' riconosciuto  in  piu'  occasioni  da
codesta ecc.ma Corte -attengono alla  materia  «ordinamento  civile»,
rientrante - quindi - nella competenza  legislativa  esclusiva  dello
Stato,  le  norme  del  decreto  legislativo  n.  165  del  2001  che
disciplinano: 
        a) la costituzione del rapporto  di  pubblico  impiego  e  la
mobilita' dei dipendenti pubblici (cfr. sentenze n. 32/2017;  n.  175
del 2016; n. 17 del 2014; n. 130 del 2013; n. 69 del 2011); 
        b)  il  trattamento  giuridico  ed  economico  del  personale
regionale (cfr. sentenze n. 175 del 2017; n. 160 del 2017; n. 121 del
2017; n. 257 del 2016; n. 251 del 2016; n. 175 del 2016; n.  269  del
2014; n. 211 del 2014; n. 61 del 2014; n. 19 del  2014;  n.  286  del
2013; n. 265 del 2013; n. 225 del 2013; n. 218 del 2013;  n.  36  del
2013; n. 18 del 2013); 
        c)  la  dotazione  organica   regionale   di   certe   figure
dirigenziali, nonche' il conferimento degli  incarichi  ai  dirigenti
regionali (cfr. sentenze n. 256 del 2017; n. 257 del 2016; n. 180 del
2015; n. 17 del 2014; n. 105 del 2013; n. 310 del 2011 e n.  324  del
2010); 
        d) la responsabilita' dei dipendenti pubblici regionali e  il
cumulo degli incarichi (cfr. sentenze 19 del 2014; n. 265  del  2013;
n. 77 del 2013; n. 345 del 2004). 
    4.   Alla    luce    dell'anzidetto    contesto    normativo    e
giurisprudenziale, si ritiene che - come affermato anche  da  codesta
ecc.ma  Corte  -  non  possa  sussistere  alcun   dubbio   circa   la
sussumibilita' dell'art. 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.
165, nella materia «ordinamento civile» di cui all'art. 117, comma 2,
lettera 1), della Costituzione (cfr. sentenza n. 217 del 2012). 
    E invero,  il  citato  art.  36,  rubricato  «Personale  a  tempo
determinato o assunto con forme di lavoro flessibile»,  disciplina  i
tipi  contrattuali  di  cui  le  amministrazioni  pubbliche   possono
avvalersi per sopperire alle proprie esigenze di personale. 
    In particolare, tale norma dispone che «Per le esigenze  connesse
con il proprio  fabbisogno  ordinario  le  pubbliche  amministrazioni
assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato  a  tempo
indeterminato  seguendo  le  procedure   di   reclutamento   previste
dall'art. 35» (comma 1, enfasi aggiunta). 
    Esse, quindi, possono stipulare «contratti di lavoro  subordinato
a tempo determinato, contratti di formazione e lavoro e contratti  di
somministrazione di lavoro a  tempo  determinato,  nonche'  avvalersi
delle forme contrattuali flessibili  previste  dal  codice  civile  e
dalle altre leggi sui rapporti di lavoro nell'impresa, esclusivamente
nei limiti e con le modalita' in cui  se  ne  preveda  l'applicazione
nelle amministrazioni pubbliche. Le amministrazioni pubbliche possono
stipulare i contratti di cui al  primo  periodo  del  presente  comma
soltanto  per  comprovate  esigenze   di   carattere   esclusivamente
temporaneo o eccezionale e nel rispetto delle condizioni e  modalita'
di  reclutamento  stabilite  dall'art.  35.  I  contratti  di  lavoro
subordinato a tempo determinato possono essere stipulati nel rispetto
degli articoli 19 e seguenti del decreto legislativo 15 giugno  2015,
n. 81, escluso il diritto  di  precedenza  che  si  applica  al  solo
personale reclutato secondo le procedure di cui all'art. 35, comma 1,
lettera b), del presente decreto. I contratti di somministrazione  di
lavoro a tempo determinato sono  disciplinati  dagli  articoli  30  e
seguenti del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81,  fatta  salva
la  disciplina  ulteriore  eventualmente   prevista   dai   contratti
collettivi nazionali di  lavoro.  Non  e'  possibile  ricorrere  alla
somministrazione di lavoro per l'esercizio di  funzioni  direttive  e
dirigenziali.   Per   prevenire   fenomeni    di    precariato,    le
amministrazioni  pubbliche,  nel  rispetto  delle  disposizioni   del
presente articolo, sottoscrivono contratti a tempo determinato con  i
vincitori e gli idonei delle proprie graduatorie vigenti per concorsi
pubblici  a  tempo  indeterminato.   E'   consentita   l'applicazione
dell'art. 3, comma 61, terzo periodo, della legge 24  dicembre  2003,
n. 350, ferma restando la salvaguardia della posizione occupata nella
graduatoria dai vincitori e dagli idonei per le  assunzioni  a  tempo
indeterminato» (comma 2, enfasi aggiunte). 
    La ratio dell'art. 36 e' quella di evitare l'abuso dei  contratti
di lavoro «flessibile»  da  parte  delle  pubbliche  amministrazioni,
rendendo siffatti «tipi» contrattuali del  tutto  residuali  rispetto
alla stipulazione dei contratti di lavoro a tempo indeterminato. 
    Per questa ragione, il legislatore  statale  ha  condizionato  la
conclusione dei contratti di lavoro a  tempo  determinato,  da  parte
delle  amministrazioni  pubbliche,  alla  sussistenza  di  comprovate
esigenze di carattere temporaneo o eccezionale. 
    5. Nella specie, invece, la norma regionale impugnata prevede che
l'assunzione del dirigente psicologo  avvenga  a  tempo  determinato,
prescindendo dalla effettiva e  comprovata  sussistenza  di  esigenze
temporanee oppure eccezionali. 
    E invero, dall'esame del contesto normativo in cui si colloca  la
disposizione censurata, si  evince  piuttosto  che  l'assunzione  dei
dirigenti psicologi e' preordinata  al  soddisfacimento  di  esigenze
organizzative e funzionali, di carattere ordinario e permanente. 
    Cio' si desume - in particolare  -  dalle  seguenti  disposizioni
dove si statuisce che: 
        a) «Lo psicologo del servizio di psicologia di base  e  delle
cure primarie svolge funzioni di coordinamento e  programmazione  per
la psicologia territoriale nei  presidi  territoriali  di  assistenza
(PTA), per i percorsi diagnostico terapeutico assistenziali (PDTA)  e
delle reti» (art. 2, comma 1); 
        b) «Lo psicologo del servizio di psicologia di base  e  delle
cure primarie svolge funzioni di coordinamento e  programmazione  per
la psicologia  territoriale  nell'ambito  delle  strutture  sanitarie
territoriali afferenti al distretto  sociosanitario  (poliambulatori,
consultori, PTA,  servizi  domiciliari,  ospedali  di  comunita')  in
collaborazione con la medicina convenzionata» (art. 2, comma 2); 
        c) «Presso l'Agenzia regionale strategica per la salute e  il
sociale  (AReSS)  viene  istituito  il  coordinamento  regionale  dei
dirigenti psicologi delle singole ASL, con lo scopo di avanzare nuovi
modelli organizzativi  innovativi  e  verificare  la  eventuale  loro
applicabilita' Tale organismo, costituito da un  dirigente  psicologo
per ciascuna ASL e integrato con la presenza  di  due  rappresentanti
designati dall'Ordine regionale professionale degli  psicologi  e  di
due   rappresentanti   designati   dai   Dipartimenti    universitari
corrispondenti, definisce linee  guida  rispetto  alle  problematiche
prioritarie» (art. 2, comma 4, enfasi aggiunte); 
        d) «Lo psicologo del servizio di psicologia di base  e  delle
cure primarie assume in carico la richiesta di  assistenza  [avanzata
dalla rete territoriale di prossimita' al medico di base o al  medico
di fiducia del paziente o al pediatra di libera scelta] e sviluppa un
progetto clinico comprensivo di una  dimensione  diagnostica,  di  un
programma di supporto psicologico, avvalendosi anche delle  strutture
pubbliche e  private  di  secondo  livello  competenti  sul  problema
individuato» (art. 2, comma 7); 
        e) al fine di  consentire  il  monitoraggio  e  il  controllo
qualitativo dell'assistenza psicologica, «gli psicologi del  servizio
di psicologia di base e delle cure primarie sono tenuti a trasmettere
al dirigente psicologo individuato dalla propria ASL,  una  relazione
annuale sull'attivita' di assistenza  psicologica  prestata,  che  il
dirigente psicologo di cui all'art. 2, comma 3  invia  ai  competenti
servizi del Sistema sanitario regionale» (art. 3, comma 3); 
        f) «L'Osservatorio  regionale,  sulla  base  delle  relazioni
trasmesse   dal   servizio   istituito   presso   l'AReSS    riferite
all'attivita' prestata dallo psicologo del servizio di psicologia  di
base  e  delle  cure  primarie  su  tutto  il  territorio  regionale,
individua i bisogni di salute emergenti nel territorio della  Regione
Puglia. [...]  All'Osservatorio  regionale  partecipano  i  dirigenti
psicologi di cui all'art. 2, comma 4» (art. 4, commi 3 e 4). 
    Dunque, ai dirigenti psicologi e' demandata - in definitiva -  la
complessiva  organizzazione  del  servizio  di  supporto  psicologico
territoriale, che si esplica attraverso: 
        a) l'elaborazione di modelli organizzativi; 
        b) la predisposizione di linee guida; 
        c)  il  controllo  e  il   monitoraggio   dell'attivita'   di
assistenza psicologica  prestata  dagli  psicologi  del  servizio  di
psicologia di base e delle cure primarie; nonche', 
        d) l'individuazione - nell'ambito dell'Osservatorio regionale
- dei bisogni  di  salute  emergenti  nel  territorio  della  Regione
Puglia. 
    Si tratta, quindi, di funzioni che non appaiono affatto  connesse
ad esigenze temporanee o eccezionali, che - ai  sensi  dell'art.  36,
comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165  -  potrebbero
giustificare  la  stipulazione  di  contratti  di  lavoro   a   tempo
determinato. 
    6. Peraltro, si evidenzia che la  disposizione  censurata  -  nel
prevedere che «Dalla data di entrata in vigore della presente  legge,
il  piano  triennale  di  fabbisogni  del  personale  delle   aziende
sanitarie locali (ASL) deve prevedere il dirigente psicologo  per  la
programmazione e la valutazione delle  nuove  attivita',  nell'ambito
del personale a tempo  determinato»  (enfasi  aggiunta)  -  prescinde
evidentemente dal periodo di sperimentazione del servizio  di  durata
annuale previsto dall'art. 1. 
    La previsione nel «piano triennale dei fabbisogni»  della  figura
del dirigente psicologo si proietta  -  infatti  -  in  un  orizzonte
temporale successivo al periodo di sperimentazione  e  non  puo'  che
riferirsi al soddisfacimento delle esigenze  ordinarie  del  servizio
sanitario regionale: tant'e' che - nella disposizione censurata -  si
prevede l'assunzione del dirigente  psicologo  a  tempo  determinato,
senza alcun  riferimento  alle  esigenze  contingenti  dell'anzidetto
periodo di sperimentazione. 
    Pertanto, sulla base delle considerazioni che precedono, la norma
di cui all'art. 2, comma 3, della legge regionale 7 luglio  2020,  n.
21, si pone in evidente contrasto con l'art. 117,  comma  2,  lettera
1), della Costituzione. 
    7. Inoltre, la norma impugnata si pone  in  contrasto  anche  con
l'art. 117, terzo comma, della  Costituzione,  in  quanto  eccede  le
competenze  regionali  e  invade  quelle  statali   in   materia   di
«coordinamento della finanza pubblica». 
    8. E invero, l'art. 11 del decreto-legge 30 aprile 2019,  n.  35,
convertito dalla legge 25 giugno  2019,  n.  60,  ha  introdotto  dei
limiti di spesa in materia  di  personale  degli  enti  del  servizio
sanitario regionale. 
    In particolare, tale articolo dispone che  «1.  A  decorrere  dal
2019, la spesa per il personale degli  enti  del  Servizio  sanitario
nazionale delle regioni, nell'ambito del  livello  del  finanziamento
del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo  Stato  e
ferma  restando  la  compatibilita'  finanziaria,  sulla  base  degli
indirizzi  regionali  e  in  coerenza  con  i  piani  triennali   dei
fabbisogni di personale, non puo'  superare  il  valore  della  spesa
sostenuta nell'anno 2018, come certificata  dal  Tavolo  di  verifica
degli adempimenti di  cui  all'art.  12  dell'Intesa  23  marzo  2005
sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le Province autonome di  Trento  e  di  Bolzano,  o,  se
superiore, il valore della spesa  prevista  dall'art.  2,  comma  71,
della legge  23  dicembre  2009,  n.  191.  I  predetti  valori  sono
incrementati annualmente, a livello regionale, di un importo pari  al
5 per cento dell'incremento del Fondo  sanitario  regionale  rispetto
all'esercizio  precedente.  Nel  triennio   2019-2021   la   predetta
percentuale e' pari al 10 per cento per ciascun anno. Per il medesimo
triennio, qualora nella singola regione emergano oggettivi  ulteriori
fabbisogni  di  personale   rispetto   alle   facolta'   assunzionali
consentite dal presente articolo, valutati congiuntamente dal  Tavolo
tecnico per la verifica degli adempimenti e dal  Comitato  permanente
per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza,
puo' essere concessa alla medesima  regione  un'ulteriore  variazione
del  5  per  cento  dell'incremento  del  fondo  sanitario  regionale
rispetto   all'anno   precedente,   fermo   restando   il    rispetto
dell'equilibrio  economico  e  finanziario  del  Servizio   sanitario
regionale.  Tale  importo  include  le  risorse  per  il  trattamento
accessorio del personale, il cui limite, definito dall'art. 23, comma
2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n.  75,  e'  adeguato,  in
aumento o in diminuzione, per garantire l'invarianza del valore medio
pro-capite, riferito all'anno 2018, prendendo a riferimento come base
di calcolo il personale in servizio al 31  dicembre  2018.  Dall'anno
2021, i predetti incrementi di spesa sono subordinati all'adozione di
una metodologia per la determinazione  del  fabbisogno  di  personale
degli enti del Servizio sanitario nazionale, in coerenza  con  quanto
stabilito dal decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70, e con l'art.
1, comma 516, lettera c), della legge 30 dicembre 2018, n. 145. 
    2. Ai fini del comma 1, la spesa e' considerata, al  lordo  degli
oneri  riflessi  a  carico  delle  amministrazioni   e   dell'imposta
regionale sulle attivita' produttive, per il personale  con  rapporto
di  lavoro  a  tempo   indeterminato,   a   tempo   determinato,   di
collaborazione coordinata e continuativa e di  personale  che  presta
servizio con altre forme di  rapporto  di  lavoro  flessibile  o  con
convenzioni. La predetta spesa e' considerata al  netto  degli  oneri
derivanti dai rinnovi dei contratti collettivi  nazionali  di  lavoro
successivi all'anno 2004, per personale  a  carico  di  finanziamenti
comunitari o privati e relativi alle assunzioni a tempo determinato e
ai  contratti  di  collaborazione  coordinata  e   continuativa   per
l'attuazione di progetti di ricerca  finanziati  ai  sensi  dell'art.
12-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502. 
    3. Le regioni, previo accordo da definirsi con il Ministero della
salute  ed  il  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze,  possono
ulteriormente incrementare i limiti di spesa di cui al comma 1, di un
ammontare non superiore alla riduzione strutturale della  spesa  gia'
sostenuta per servizi sanitari esternalizzati prima  dell'entrata  in
vigore del presente decreto. 
    4. Le disposizioni di cui all'art. 2, comma 73,  della  legge  23
dicembre 2009, n. 191, si applicano con riferimento a quanto previsto
dal presente articolo. Le regioni indirizzano e coordinano  la  spesa
dei propri enti del servizio sanitario in  conformita'  a  quanto  e'
previsto dal comma 1. 
    4.1. Resta ferma l'autonomia finanziaria delle  regioni  e  delle
province autonome che  provvedono  al  finanziamento  del  fabbisogno
complessivo del Servizio  sanitario  nazionale  nel  loro  territorio
senza alcun apporto  a  carico  del  bilancio  dello  Stato»  (enfasi
aggiunte). 
    L'articolo  in  esame  ha  quindi   introdotto   nell'ordinamento
giuridico delle disposizioni di principio in materia di coordinamento
della finanza pubblica, che vincolano le regioni a  non  incrementare
le spese concernenti il personale del  servizio  sanitario  regionale
(ivi  compreso  il  personale  con  rapporto  di   lavoro   a   tempo
determinato) oltre i limiti espressamente stabiliti  dal  legislatore
statale. 
    Si tratta di diposizioni che - come gia' ripetutamente  affermato
da  codesta  ecc.ma   Corte   -   possono   legittimamente   limitare
«l'autonomia legislativa concorrente delle regioni nel settore  della
tutela della salute ed in particolare nell'ambito della gestione  del
servizio sanitario [...] alla  luce  degli  obiettivi  della  finanza
pubblica e del contenimento della spesa», in quanto  impongono  «alle
regioni vincoli  alla  spesa  corrente  per  assicurare  l'equilibrio
unitario della finanza pubblica complessiva, in  connessione  con  il
perseguimento di obbiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi
comunitari» (cfr. sentenza n. 91 del 2012, enfasi aggiunte). 
    Ebbene, l'art. 2, comma 3, della legge regionale n. 21 del 2020 -
nel prevedere la figura del dirigente psicologo nel  piano  triennale
dei fabbisogni del personale delle aziende sanitarie locali - implica
di fatto un consistente incremento di spesa per gli enti del servizio
sanitario regionale, che - ponendosi in contrasto  con  le  anzidette
disposizioni di principio - invade la  competenza  legislativa  dello
Stato in  materia  di  «coordinamento  della  finanza  pubblica»,  in
violazione dell'art. 117, comma 3, della Costituzione. 
    9. Peraltro, nel caso di  specie,  la  violazione  dell'anzidetto
parametro  costituzionale  deriva  anche  dalla  circostanza  che  la
Regione Puglia ha stipulato, in data 29 novembre 2010, l'Accordo  con
il Ministro della salute e con il Ministro  dell'economia  avente  ad
oggetto «l'approvazione del Piano di rientro  di  riqualificazione  e
riorganizzazione  e  di  individuazione  degli  interventi   per   il
perseguimento dell'equilibrio economico ai sensi dell'art.  1,  comma
180 della legge 30 dicembre 2004, n. 311». 
    In particolare, con il Piano di rientro e di riqualificazione del
sistema sanitario regionale, approvato con il citato Accordo, nonche'
con i successivi programmi operativi, la Regione  Puglia  ha  assunto
l'impegno ad attuare azioni specifiche  per  garantire  la  riduzione
della  complessiva  spesa  per  il  personale,  anche   mediante   la
«razionalizzazione organizzativa» e la «riduzione degli incarichi  di
direzione di struttura  complessa,  semplice,  dipartimentale,  e  di
posizioni organizzative e di coordinamento» (cfr. punto B3 del  piano
di rientro). 
    Pertanto, la norma regionale censurata  -  nella  misura  in  cui
pregiudica il raggiungimento di tale obiettivo - si pone altresi'  in
contrasto con quanto previsto dall'art. 2, commi 80 e 95, della legge
23 dicembre 2019, n. 191, secondo cui «gli interventi individuati dal
piano sono vincolanti per la regione, che e' obbligata a rimuovere  i
provvedimenti, anche legislativi, e a  non  adottarne  di  nuovi  che
siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro». 
    Ebbene,  come  chiarito  da  codesta  ecc.ma  Corte,  l'anzidetta
disciplina  statale  costituisce   «espressione   di   un   principio
fondamentale diretto al contenimento della spesa  pubblica  sanitaria
e, dunque, espressione di un  correlato  principio  di  coordinamento
della finanza pubblica (cfr. sentenze n. 91 del 2012, n. 163 e n. 123
del 2011, n. 141 e n. 100 del 2010). 
    Tali norme, infatti, hanno «reso vincolanti per le regioni che li
abbiano sottoscritti, gli interventi individuati negli accordi di cui
all'art.  1,  comma  180,  della  legge  30  dicembre  2004,  n.  311
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato. Legge finanziaria 2005),  finalizzati  a  realizzare  il
contenimento della spesa sanitaria ed  a  ripianare  i  debiti  anche
mediante la previsione di speciali contributi finanziari dello Stato»
(cfr. sentenza n. 79 del 2013). 
    Dunque, la norma  impugnata  -  prevedendo  nuove  assunzioni  di
personale dirigenziale, con i relativi oneri finanziari - si pone  in
palese  contrasto  con  l'obiettivo   del   rientro   nell'equilibrio
economico-finanziario perseguito con l'Accordo del 29 novembre 2010 e
con il Piano di rientro e di riqualificazione del  Sistema  sanitario
regionale. 
    Pertanto, anche sotto tale profilo,  essa  implica  una  evidente
violazione dell'art. 117, comma 3, della Costituzione. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  chiede  che  codesta
ecc.ma  Corte  costituzionale  voglia  dichiarare  costituzionalmente
illegittima,  e  conseguentemente  annullare,  per  i  motivi   sopra
indicati ed illustrati, l'art. 2, comma 3, della legge della  Regione
Puglia n. 21/2020. 
    Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno: 
        1. l'attestazione relativa alla approvazione,  da  parte  del
Consiglio dei ministri nella riunione del giorno  3  settembre  2020,
della determinazione di impugnare la legge  della  Regione  Puglia  7
luglio 2020, n. 21 secondo i termini e per le motivazioni di cui alla
allegata relazione  del  Ministro  per  gli  affari  regionali  e  le
autonomie; 
        2. la copia della legge regionale  impugnata  pubblicata  nel
Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n. 99, suppl. del 9  luglio
2020. 
    Con riserva di illustrare e sviluppare in prosieguo i  motivi  di
ricorso anche alla luce delle difese avversarie. 
        Roma, 4 settembre 2020 
 
           Gli Avvocati dello Stato: De Giovanni - Feola