N. 148 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 maggio 2020

Ordinanza  del  21  maggio  2020  del  Tribunale   di   Spoleto   nel
procedimento penale a carico di C. G.. 
 
Processo  penale  -  Disposizioni  di  coordinamento  e   integrative
  riguardanti la disciplina sulla sospensione dei termini processuali
  di cui al decreto-legge n. 18 del 2020 - Svolgimento delle  udienze
  penali   mediante   collegamenti    da    remoto    -    Esclusione
  dell'applicazione, salvo consenso  delle  parti,  alle  udienze  di
  discussione finale, in pubblica udienza o in camera di consiglio  e
  a quelle nelle quali  devono  essere  esaminati  testimoni,  parti,
  consulenti o periti. 
- Decreto-legge 20 (recte: 30) aprile 2020, n. 28 (Misure urgenti per
  la funzionalita' dei sistemi di intercettazioni di conversazioni  e
  comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia  di  ordinamento
  penitenziario, nonche' disposizioni integrative e di  coordinamento
  in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure
  urgenti per l'introduzione del sistema di allerta  Covid-19),  art.
  3, comma 1, lettera d). 
(GU n.43 del 21-10-2020 )
 
                  IL TRIBUNALE ORDINARIO DI SPOLETO 
 
    In composizione collegiale, composto dai seguenti magistrati: 
        dott. Silvio Magrini Alunno, Presidente; 
        dott. Luca Cercola, Giudice; 
        dott.ssa Martina Marini, Giudice, 
    all'udienza  del  21  maggio  2020,  all'esito  della  Camera  di
consiglio, ha pronunciato la seguente ordinanza (di deferimento  alla
Corte costituzionale di questione  di  legittimita'  costituzionale),
nella causa penale: 
    a carico di C. G., nato il ... a ..., domiciliato e residente  in
..., difeso  di  fiducia  dall'avv.  Petroni  Riccardo  del  Foro  di
Perugia, imputato dei reati di cui all'art. 572, 61, n. 5 e n. 11 del
codice penale e art. 609-bis,  comma  1  del  codice  penale,  meglio
descritti nel capo di imputazione allegato; 
    nella quale si e' costituita parte civile, la persona  offesa  S.
I., nata a ... il ..., residente in  ...,  elettivamente  domiciliata
presso il difensore di fiducia e procuratore speciale, avv.  Pasinato
Paola, sia in proprio che nella qualita'  di  genitore  esercente  la
potesta' genitoriale sulla figlia minore C. S., nata a ... il ...; 
    Visti gli atti del procedimento penale in epigrafe indicato; 
    Sentiti il pubblico ministero ed il difensore  dell'imputato  che
hanno  concluso  per   sollevare   la   questione   di   legittimita'
costituzionale; 
    Sentita anche la parte civile  che  si  e'  rimessa  alla  libera
valutazione del collegio; 
    Considerato che il presente giudizio, per  i  motivi  di  seguito
illustrati,  non  puo'  essere   definito   indipendentemente   dalla
risoluzione della questione di legittimita' costituzionale  dell'art.
3, comma 1, lettera d) del  decreto-legge  20  aprile  2020,  n.  28,
recante «Disposizioni di coordinamento e integrative  riguardanti  la
disciplina sulla  sospensione  dei  termini  processuali  di  cui  al
decreto-legge n. 18 del 2020»,  nella  parte  in  cui  ha  modificato
l'art. 83, comma 12-bis del decreto-legge del 17 aprile 2020, n.  18,
convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020,  n.  27,  in
riferimento agli articoli 70 e 77 della Costituzione ed  ha  previsto
che «al comma 12-bis e'  aggiunto,  in  fine,  il  seguente  periodo:
"Fermo quanto previsto dal  comma  12,  le  disposizioni  di  cui  al
presente comma non si applicano, salvo che le parti vi  acconsentano,
alle udienze di discussione finale, in pubblica udienza o  in  Camera
di  consiglio  e  a  quelle  nelle  quali  devono  essere   esaminati
testimoni, parti, consulenti o periti"»; 
    Ritenuta rilevante e non  manifestamente  infondata  la  predetta
questione di  legittimita'  costituzionale,  per  le  ragioni  meglio
chiarite nel prosieguo; 
 
                               Osserva 
 
    Con decreto del 25 maggio 2017, e'  stato  disposto  il  giudizio
immediato nei confronti di C. G. (compiutamente identificato in atti)
per  rispondere  di  fronte  a  questo  Tribunale   in   composizione
collegiale dei reati di cui all'art. 572, 6l, n. 5 e n. 11 del codice
penale e art. 609-bis, comma 1 del codice  penale,  meglio  descritti
nel capo di imputazione. 
    Alla prima udienza del 4 luglio 2017, il  Tribunale  ha  rilevato
l'omessa  notifica  dell'atto   introduttivo   del   giudizio   tanto
all'imputato quanto alla persona offesa ed ha,  quindi,  disposto  il
rinnovo  della  notifica  del  decreto  di  giudizio  immediato   nei
confronti di entrambi. 
    Il processo e' stato aggiornato al 12  ottobre  2017,  quando  il
difensore  della  persona  offesa,  S.  I.,  ha  depositato  atto  di
costituzione di parte  civile,  ritenuto  ammissibile  dal  Tribunale
anche in assenza di eccezioni sollevate dalle altre parti. 
    Alla successiva udienza dell'8 marzo 2020, il collegio in diversa
composizione, previo rigetto delle eccezioni preliminari proposte dal
difensore dell'imputato, ha dichiarato l'apertura del dibattimento  e
sono state ammesse le prove richieste. 
    Al 22 novembre 2018, il processo ha subito un mero rinvio, attesa
l'assenza dei testimoni citati, all'udienza 28 febbraio 2019. Qui, si
e' dato corso all'istruttoria di causa  concretatasi  nell'escussione
orale dei testimoni d'accusa e nell'acquisizione della documentazione
prodotta dal pubblico ministero. 
    Quindi, alla successiva  udienza  del  27  giugno  2019,  ove  la
persona offesa era stata citata per essere sottoposta a contro  esame
della difesa, il collegio ha dato  atto  del  nuovo  mutamento  della
composizione  ed  il  difensore  dell'imputato  non  ha  prestato  il
consenso ne' alla lettura delle prove orali gia' espletate, ne'  alle
dichiarazioni testimoniali che avrebbe reso la persona offesa in sede
di   contro   esame;   tuttavia,   in   ragione   della   particolare
vulnerabilita' della stessa e ritenuto applicabile l'art. 190-bis del
codice di procedura penale, si e' proceduto al contro  esame  secondo
le  modalita'  protette   di   S.   I.   ed   e'   stata   dichiarata
l'utilizzabilita'  della  testimonianza  anche  innanzi  al  collegio
titolare, cui il fascicolo e' stato restituito per il prosieguo. 
    L'istruttoria di causa e'  proseguita  dinnanzi  al  collegio  in
diversa composizione alle udienze del 9 settembre 2019,  11  novembre
2019 e 27 gennaio 2020, con l'escussione  degli  ulteriori  testimoni
d'accusa e l'esame  dell'imputato.  Esauriti  i  predetti  incombenti
istruttori, il processo e' stato aggiornato per la discussione finale
al 27 gennaio 2020, ove tuttavia ha subito un mero rinvio per ragioni
organizzative del Tribunale. 
    Si e' cosi' giunti all'udienza del 21 maggio 2020 ove, non avendo
le parti formulato istanza di celebrazione dell'udienza  «da  remoto»
mediante  l'applicativo  Teams  in  conformita'  all'art.  83,  comma
12-bis, decreto-legge n. 18/2020, convertito  in  legge  n.  27/2020,
come modificato dal decreto-legge n. 28/2020, si e' proceduto con  le
modalita' ordinarie e la presenza fisica delle parti in aula. Quindi,
il Presidente ha chiesto alle parti presenti se intendessero prestare
il consenso alla trattazione da remoto e, stante il mancato  consenso
della difesa dell'imputato, il collegio si e' ritirato in  Camera  di
consiglio, al cui esito, ha pronunciato la presente ordinanza. 
    Preme osservare che nelle more del giudizio  si  sono  susseguiti
numerosi  interventi  normativi  d'urgenza,  volti   a   fronteggiare
l'emergenza epidemiologica da COVID-19, che hanno  interessato  anche
l'esercizio   della   giurisdizione,   imponendo,   anzitutto,    una
sospensione forzata di larga parte  dell'attivita'  giudiziaria,  con
conseguente rinvio d'ufficio di tutti i processi penali in  corso  di
trattazione dapprima sino al 22 marzo 2020, poi  sino  al  15  aprile
2020  e,  infine,  sino  all'11  maggio   2020   (per   effetto   del
decreto-legge 8 aprile 2020, n.  23,  c.d.  decreto  «Liquidita'»  in
attesa  di  conversione),  ad  eccezione  dei  processi  urgenti,  da
celebrarsi a porte chiuse, o mediante collegamenti da remoto; nonche'
la possibilita', per il  periodo  successivo  (inizialmente  previsto
sino al 30 giugno 2020 poi esteso al 31 luglio 2020) che i capi degli
uffici giudiziari adottassero misure organizzative volte  ad  evitare
assembramenti e rapporto ravvicinati tra le persone. 
    Segnatamente, il decreto-legge 17  marzo  2020,  n.  18,  recante
«Misure di  potenziamento  del  Servizio  sanitario  nazionale  e  di
sostegno  economico  per  famiglie,  lavoratori  e  imprese  connesse
all'emergenza  epidemiologica  da  COVID-19»,   c.d.   Cura   Italia,
convertito con  modificazioni,  in  legge  24  aprile  2020,  n.  27,
abrogando gli articoli 1 e 2 del  precedente  decreto-legge  8  marzo
2020, n. 11, a sua volta titolato «Misure  straordinarie  ed  urgenti
per contrastare l'emergenza epidemiologica da  COVID-19  e  contenere
gli effetti negativi sullo svolgimento  dell'attivita'  giudiziaria»,
ha  dettato  misure   urgenti   volte   a   contrastare   l'emergenza
epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli  effetti  in  materia  di
giustizia civile, penale, tributaria e militare.  In  tale  contesto,
tra   le   novita'   certamente   piu'   rilevanti,   va   annoverata
l'introduzione  di  specifiche  norme  volte  a  potenziare  il  c.d.
«processo penale telematico» per consentire, nella fase di  emergenza
sanitaria, lo svolgimento da remoto di attivita' processuali relative
prima alle udienze e  poi,  in  sede  di  conversione  in  legge  del
richiamato decreto, anche alle indagini preliminari; sul contenuto di
molte di queste norme,  tuttavia,  ha  significativamente  inciso  il
successivo - e per la verita', pressoche' contestuale - decreto-legge
del 30 aprile 2020, n. 28, denominato «misure urgenti in  materia  di
conversazioni e comunicazioni,  di  ordinamento  penitenziario  e  di
coordinamento  in  materia  di  giustizia  civile,  amministrativa  e
contabile». 
    Piu' in radice: mentre con la legge di  conversione  del  decreto
c.d. Cura Italia  era  stato  previsto  che  nel  corso  del  periodo
emergenziale, inizialmente compreso tra il 9 marzo ed  il  30  giugno
2020, tutte le udienze penali non  implicanti  la  partecipazione  di
soggetti diversi dal pubblico ministero, dalle parti  private  e  dai
rispettivi difensori, dagli ausiliari del  giudice,  da  ufficiali  o
agenti di polizia giudiziari, da  interpreti,  consulenti  o  periti,
potessero essere tenute  mediante  collegamenti  da  remoto,  e  cio'
indipendentemente dalla tipologia  di  attivita'  che  nel  corso  di
quelle udienze si sarebbe  celebrata,  purche'  venissero  assicurate
modalita' idonee a salvaguardare  il  contraddittorio  e  l'effettiva
partecipazione  delle  parti;  di  contro,  con  l'approvazione   del
decreto-legge n. 28/2020 e l'introduzione del «consenso delle parti»,
quanto meno avuto riguardo alla celebrazione delle  udienze  deputate
alla discussione finale ed all'esame di testimoni, parti,  consulenti
e  periti,  il  legislatore  ha  apportato  modifiche  di   direzione
diametralmente  opposta  rispetto  alla  disciplina  appena  divenuta
vigente e, di fatto, ristretto fortemente  l'ambito  operativo  delle
udienze da remoto e delle relative camere di consiglio,  individuando
l'udienza   «in   presenza»   quale   modalita'   di   partecipazione
maggiormente  garantita,  con  la  conseguenza   che   !e   modalita'
«alternative» di partecipazione siano  ora  da  intendere  del  tutto
residuali. 
    Ritiene il collegio che la sollevanda questione  di  legittimita'
costituzionale sia rilevante e non manifestamente infondata. 
    Sotto il primo profilo,  preme  sin  da  ora  osservare  come  il
requisito  della  rilevanza  vada  indagato  ex  ante,  rispetto   al
«momento» in cui la questione si origina ed in relazione al  giudizio
in cui la stessa e' prospettata. Nella  specie,  nessun  dubbio  pare
porsi in ordine al fatto che la norma, della cui costituzionalita' ci
si trova a dubitare, vada  necessariamente  applicata  nella  vicenda
processuale in esame (cosi', come richiesto dalla sent. 91/2013, red.
Cartabia). 
    Invero, l'odierna udienza, fissata nel periodo compreso tra il  9
marzo ed il 30 giugno 2020 (ora 31 luglio 2020) e deputata alla  sola
discussione finale, si  e'  svolta  davanti  a  questo  Tribunale  in
composizione collegiale con la presenza fisica di tutte le  parti  in
aula; queste, infatti, sono state interpellate  dal  Tribunale  e  la
difesa dell'imputato non ha espresso il consenso alla  partecipazione
con collegamento da remoto. 
    Sicche', nonostante si  versasse  in  uno  dei  casi  in  cui  la
modifica  apportata  dalla  legge   n.   27,   di   conversione   del
decreto-legge n. 18 del 2020, art. 83, comma 12-bis, aveva ammesso la
partecipazione tramite collegamento da remoto - posto  che  l'udienza
in questione non richiedeva la  presenza  di  «soggetti  diversi  dal
pubblico ministero, dalle parti private e dai  rispettivi  difensori,
dagli ausiliari  del  giudice,  da  ufficiali  o  agenti  di  polizia
giudiziaria, da interpreti, consulenti o periti» - e che, in  ragione
della  non  complessita'  dell'attivita'  processuale  da  espletare,
questo collegio avrebbe certamente disposto di procedere  tramite  la
modalita'  alternativa  di  partecipazione,   tuttavia,   avendo   il
successivo decreto-legge n. 28/2020, art  3,  comma  1,  lettera  d),
rimesso al consenso di tutte le parti l'accesso al c.d.  processo  da
remoto -  atteso  che  detto  consenso  nella  specie  e'  mancato  -
l'udienza si e' dovuta celebrare nelle forme ordinarie. 
    Detta circostanza vale, quindi, a rendere  attuale  la  rilevanza
della questione, dovendosi necessariamente  fare  applicazione  della
norma oggetto della questione, cosi' come prospettata. 
    Ancora con riguardo alla  rilevanza  della  questione  sottoposta
alla Corte costituzionale,  il  collegio  ritiene  non  se  ne  possa
sostenere  la  mancanza  in  ragione  del  carattere  temporaneo  e/o
eccezionale della normativa di dubbia costituzionalita'. Sebbene,  il
giudice remittente sia consapevole che, avendo  la  norma  richiamata
vigenza sino al 31 luglio 2020, scaduto il quale cessera' di esistere
senza bisogno dell'intervento di  una  norma  abrogatrice  e  che  la
decisione della Corte costituzionale ben potrebbe intervenire  in  un
momento successivo a  tale  termine,  cio'  non  pare  sufficiente  a
scalfire il carattere di attualita' della questione, a  meno  di  non
voler pervenire al non condivisibile assunto di escludere, a  priori,
il  sindacato  di  costituzionalita'  delle  leggi   c.d.   a   tempo
determinato, che per loro natura sono chiamate a regolare  situazioni
contingenti.  Si  veda  sul  punto  C.  Cost.  n.  148/1983,  che  ha
evidenziato  come  il  requisito  della  rilevanza  ai   fini   della
ammissibilita'  dell'incidente  di  costituzionalita'   deve   essere
valutato ex ante, cioe' nel momento in qui il giudice a  quo  solleva
la questione, a prescindere dal  fatto  che  la  norma  eventualmente
risultante dalla  declaratoria  di  incostituzionalita'  sia  o  meno
applicabile al caso di specie,  poiche'  altrimenti  disposizioni  di
legge come quella  in  esame  «rischierebbero  di  sfuggire  ad  ogni
sindacato  della  Corte,  non  essendo  mai  pregiudiziale  la   loro
impugnazione; e la Corte stessa  verrebbe  in  tal  senso  privata  -
quanto meno nei giudizi instaurati  in  via  incidentale  -  di  ogni
strumento atto a garantire la  preminenza  della  Costituzione  sulla
legislazione statale ordinaria». 
    Tanto chiarito in punto di rilevanza, puo' passarsi al  requisito
nella non manifesta infondatezza della questione sollevata. 
    Ad  avviso  di  questo  collegio,  la  disposizione  di  cui   al
richiamato art. 3, comma 1, lettera d), del decreto-legge  30  aprile
n. 28,  si  pone  in  contrasto  con  gli  articoli  70  e  77  della
Costituzione. 
    In primo luogo, pare  sussistere  un  profilo  di  illegittimita'
costituzionale della  citata  disposizione  nella  parte  in  cui  ha
stabilito, l'ormai nota, deroga alla disciplina dello svolgimento del
procedimento da remoto, avendone di  fatto  escluso  l'applicabilita'
«salvo che le parti vi  acconsentano,  alle  udienze  di  discussione
finale, in pubblica udienza o in Camera di consiglio e a quelle nelle
quali devono essere esaminati testimoni, parti, consulenti o periti»,
proprio perche' le disposizioni sul  procedimento  a  distanza  erano
state sancite quale regola generale dal comma 12-bis dell'art. 83 del
decreto-legge n. 18/2020, come convertito dalla legge n. 27/2020. Del
pari si osserva come, in stretta correlazione  con  cio',  sia  stata
introdotta un'ulteriore deroga - mediante l'art. 3, comma 1,  lettera
g), dell'atto de quo - al comma 12-quinquies  dell'art.  83,  che  ha
escluso la  facolta',  ivi  prevista  in  termini  generali,  che  le
deliberazioni collegiali in Camera di consiglio  venissero  svolte  a
distanza, nelle ipotesi in cui esse facciano seguito alle «udienze di
discussione finale, in pubblica udienza o  in  Camera  di  consiglio,
svolte senza il ricorso a collegamento da remoto». 
    A parere di  questo  collegio,  detto  intervento  suscita  forti
perplessita' quantomeno sul piano metodologico, se solo si  considera
che il decreto-legge n. 28/2020 e' stato approvato dal Consiglio  dei
ministri  lo  stesso  giorno  della  pubblicazione   nella   Gazzetta
Ufficiale della citata legge di conversione, cosi' aggirando il senso
e  la  portata  delle  norme  ivi  dettate  in  punto  di  ambito  di
applicazione del processo  telematico  ed  inibendone,  in  concreto,
l'applicazione attraverso l'introduzione  di  disposizioni  di  segno
diametralmente opposto,  impacchettate  nel  provvedimento  d'urgenza
successivamente adottato. 
    Ne deriva infatti che, in forza della nuova disciplina, senza  il
consenso delle parti, si possa procedere con  modalita'  «da  remoto»
solo per la trattazione del c.d. udienze filtro, mentre per tutte  le
altre attivita', comprese  le  camere  di  consiglio,  e'  necessario
acquisire il preventivo consenso di tutte le parti. 
    Il che, non fa  altro  che  alimentare  dubbi  sull'utilizzo  del
decreto-legge quale strumento diretto a (o quantomeno  in  grado  di)
paralizzare l'attivita' parlamentare. Detto altrimenti,  ove  non  si
stigmatizzasse una simile prassi, si rischierebbe di  legittimare  il
Governo a ritornare -  addirittura  nella  stessa  giornata  -  sulla
medesima materia disciplinandola in maniera del  tutto  diversa,  con
l'introduzione  di  novita'  su  questioni  decisive,  cosi  svilendo
l'essenziale attribuzione al Parlamento, quale organo il  cui  potere
deriva direttamente dal popolo, nell'adozione di norme  primarie,  in
aperta violazione dell'art. 70 della Costituzione. 
    Ne',   pare   potersi   escludere   il   prospettato   vizio   di
costituzionalita' in ragione dell'approvazione dell'ordine del giorno
votato dalla Camera dei deputati in sede di approvazione finale della
legge di conversione, che aveva impegnato il Governo a modificare  la
disciplina appena approvata. Detto ordine  del  giorno,  invero,  non
puo' intendersi quale  atto  equipollente  alla  legge,  sia  perche'
approvato secondo un iter  diverso,  sia  perche',  in  quanto  tale,
estromette la  potesta'  legislativa  del  Senato  della  Repubblica,
violando il c.d. bicameralismo perfetto. 
    Altro  profilo  di  illegittimita'  costituzionale,  attiene  poi
all'insussistenza dei presupposti di necessita' e di urgenza. 
    Il collegio rileva come il preambolo del decreto-legge n. 28/2020
ometta qualsivoglia riferimento o esposizione in ordine ai  requisiti
cui l'art. 77 della Costituzione subordina le attribuzioni di  poteri
normativi al Governo che, per il vero, risultano  solo  genericamente
enunciati. 
    Detta lacuna, lungi dall'esaurire il proprio rilievo su un  piano
meramente formale, pare celare, in realta',  un  sostanziale  difetto
dei  presupposti  prescritti  per  il   ricorso   alla   decretazione
d'urgenza: posto che il decreto-legge n. 28/2020 e'  stato  approvato
lo stesso giorno della pubblicazione nella Gazzetta  Ufficiale  della
legge di conversione del Decreto  c.d.  Cura  Italia  impedendone  di
fatto  l'applicazione,  la  contestualita'  temporale   tra   i   due
provvedimenti non consente di ritenere  che  sia  sopravvenuta  alcun
elemento di novita', tale da giustificare il ricorso al provvedimento
d'urgenza. 
    Ne', d'altronde, puo'  trovare  la  propria  giustificazione  dal
contesto emergenziale in cui il decreto-legge e' andato ad inserirsi.
Ed  anzi,  come  piu'  volte  si  e'  tentato  di   evidenziare,   il
provvedimento d'urgenza della cui legittimita' costituzionale si e' a
dubitare, ha inciso in senso  fortemente  restrittivo  su  norme  del
decreto-legge n. 18/2020 e della relativa legge di  conversione  che,
nel tentativo di irrobustire il  ricorso  al  processo  «da  remoto»,
miravano prioritariamente a fronteggiare gli effetti  negativi  della
situazione epidemiologica che ne aveva giustificato l'introduzione  e
che,  al  momento  dell'adozione  del  successivo  decreto-legge   n.
28/2020, non poteva dirsi certo cessata, ne' sostanzialmente mutata. 
    In  sostanza,  non  pare   possa   dubitarsi   del   fatto   che,
ripristinando per la quasi totalita' dei processi penali la modalita'
«in presenza», la ratio sottesa  alla  prevenzione  del  contagio  ne
risulti inevitabilmente frustrata. 
    Parimenti,  non  puo'  sostenersi  la  sussistenza  dell'assoluta
necessita' dell'adozione del decreto-legge valorizzando  i  dubbi  di
costituzionalita', da  taluni  sollevati,  rispetto  alla  precedente
disciplina  del  processo  da  remoto  contenuta   nella   legge   di
conversione,  con  riguardo   alle   garanzie   della   difesa,   del
contraddittorio e dell'oralita' del processo penale, non  essendo  di
certo il decreto-legge lo strumento individuato dall'ordinamento  per
fronteggiare  eventuali  vizi   di   costituzionalita'   degli   atti
normativi. 
    Da  ultimo,  il  collegio  osserva  come  tutte  le  censure   di
costituzionalita'   mosse   alla   normativa   siano   destinate    a
ripercuotersi anche nella legge  di  conversione  che  medio  tempore
dovesse essere approvata (cfr.,  Corte  costituzionale,  sentenza  n.
171/2007 secondo cui l'esistenza dei requisiti della straordinarieta'
del  caso  di  necessita'  ed  urgenza  puo'  essere   scrutinio   di
costituzionalita', ma che tale controllo «non si sostituisce e non si
sovrappone a quello iniziale del Governo e a  quello  successivo  del
Parlamento in sede di conversione - in cui le  valutazioni  politiche
potrebbero essere prevalenti - ma deve svolgersi su un piano diverso,
con la funzione di preservare l'assetto delle fonti normative  e  con
esso il rispetto dei valori a  tutela  dei  quali  detto  computo  e'
predisposto ... affermare che la legge di conversione  sana  in  ogni
caso i vizi del decreto significherebbe  attribuire  in  concreto  al
legislatore ordinario il potere di alterare il riparto costituzionale
delle competenze del Parlamento e del Governo, quanto alla produzione
delle fonti primarie». 
    Per tutte  le  sopra  enunciate  ragioni,  ad  avviso  di  questo
collegio sussiste dunque contrasto tra l'art. 3, comma 1, lettera  d)
del decreto-legge 20 aprile 2020, n. 28 e gli articoli 70 e 77  della
Costituzione. 
    Pertanto, presuppostane la rilevanza per l'odierno  procedimento,
deve sollevarsi  questione  di  legittimita'  costituzionale  che  si
ritiene non manifestatamente infondata. 
 
                               P. Q. M. 
 
    Visti gli articoli 134 della Costituzione, 23  e  seguenti  della
legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 3,  comma  1,  lettera  d)  del
decreto-legge 20 aprile 2020, n. 28, nella parte in cui ha stabilito,
in aperto contrasto con la legge di conversione del decreto-legge  n.
18/2020, che la modalita'  ordinaria  di  partecipazione  all'udienza
penale fosse quella «in presenza»; 
    Dispone  l'immediata  trasmissione  degli   atti   del   presente
procedimento alla Corte costituzionale; 
    Sospende il procedimento in corso, a carico di C.  G.  in  attesa
della decisione della Corte costituzionale sulla questione cosi' come
sollevata; 
    Ordina che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza  sia
notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e  comunicata  ai
Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
        Spoleto, 21 maggio 2020 
 
                    Il Presidente: Magrini Alunno