N. 148 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 maggio 2020
Ordinanza del 21 maggio 2020 del Tribunale di Spoleto nel procedimento penale a carico di C. G.. Processo penale - Disposizioni di coordinamento e integrative riguardanti la disciplina sulla sospensione dei termini processuali di cui al decreto-legge n. 18 del 2020 - Svolgimento delle udienze penali mediante collegamenti da remoto - Esclusione dell'applicazione, salvo consenso delle parti, alle udienze di discussione finale, in pubblica udienza o in camera di consiglio e a quelle nelle quali devono essere esaminati testimoni, parti, consulenti o periti. - Decreto-legge 20 (recte: 30) aprile 2020, n. 28 (Misure urgenti per la funzionalita' dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonche' disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19), art. 3, comma 1, lettera d).(GU n.43 del 21-10-2020 )
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI SPOLETO In composizione collegiale, composto dai seguenti magistrati: dott. Silvio Magrini Alunno, Presidente; dott. Luca Cercola, Giudice; dott.ssa Martina Marini, Giudice, all'udienza del 21 maggio 2020, all'esito della Camera di consiglio, ha pronunciato la seguente ordinanza (di deferimento alla Corte costituzionale di questione di legittimita' costituzionale), nella causa penale: a carico di C. G., nato il ... a ..., domiciliato e residente in ..., difeso di fiducia dall'avv. Petroni Riccardo del Foro di Perugia, imputato dei reati di cui all'art. 572, 61, n. 5 e n. 11 del codice penale e art. 609-bis, comma 1 del codice penale, meglio descritti nel capo di imputazione allegato; nella quale si e' costituita parte civile, la persona offesa S. I., nata a ... il ..., residente in ..., elettivamente domiciliata presso il difensore di fiducia e procuratore speciale, avv. Pasinato Paola, sia in proprio che nella qualita' di genitore esercente la potesta' genitoriale sulla figlia minore C. S., nata a ... il ...; Visti gli atti del procedimento penale in epigrafe indicato; Sentiti il pubblico ministero ed il difensore dell'imputato che hanno concluso per sollevare la questione di legittimita' costituzionale; Sentita anche la parte civile che si e' rimessa alla libera valutazione del collegio; Considerato che il presente giudizio, per i motivi di seguito illustrati, non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1, lettera d) del decreto-legge 20 aprile 2020, n. 28, recante «Disposizioni di coordinamento e integrative riguardanti la disciplina sulla sospensione dei termini processuali di cui al decreto-legge n. 18 del 2020», nella parte in cui ha modificato l'art. 83, comma 12-bis del decreto-legge del 17 aprile 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, in riferimento agli articoli 70 e 77 della Costituzione ed ha previsto che «al comma 12-bis e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Fermo quanto previsto dal comma 12, le disposizioni di cui al presente comma non si applicano, salvo che le parti vi acconsentano, alle udienze di discussione finale, in pubblica udienza o in Camera di consiglio e a quelle nelle quali devono essere esaminati testimoni, parti, consulenti o periti"»; Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la predetta questione di legittimita' costituzionale, per le ragioni meglio chiarite nel prosieguo; Osserva Con decreto del 25 maggio 2017, e' stato disposto il giudizio immediato nei confronti di C. G. (compiutamente identificato in atti) per rispondere di fronte a questo Tribunale in composizione collegiale dei reati di cui all'art. 572, 6l, n. 5 e n. 11 del codice penale e art. 609-bis, comma 1 del codice penale, meglio descritti nel capo di imputazione. Alla prima udienza del 4 luglio 2017, il Tribunale ha rilevato l'omessa notifica dell'atto introduttivo del giudizio tanto all'imputato quanto alla persona offesa ed ha, quindi, disposto il rinnovo della notifica del decreto di giudizio immediato nei confronti di entrambi. Il processo e' stato aggiornato al 12 ottobre 2017, quando il difensore della persona offesa, S. I., ha depositato atto di costituzione di parte civile, ritenuto ammissibile dal Tribunale anche in assenza di eccezioni sollevate dalle altre parti. Alla successiva udienza dell'8 marzo 2020, il collegio in diversa composizione, previo rigetto delle eccezioni preliminari proposte dal difensore dell'imputato, ha dichiarato l'apertura del dibattimento e sono state ammesse le prove richieste. Al 22 novembre 2018, il processo ha subito un mero rinvio, attesa l'assenza dei testimoni citati, all'udienza 28 febbraio 2019. Qui, si e' dato corso all'istruttoria di causa concretatasi nell'escussione orale dei testimoni d'accusa e nell'acquisizione della documentazione prodotta dal pubblico ministero. Quindi, alla successiva udienza del 27 giugno 2019, ove la persona offesa era stata citata per essere sottoposta a contro esame della difesa, il collegio ha dato atto del nuovo mutamento della composizione ed il difensore dell'imputato non ha prestato il consenso ne' alla lettura delle prove orali gia' espletate, ne' alle dichiarazioni testimoniali che avrebbe reso la persona offesa in sede di contro esame; tuttavia, in ragione della particolare vulnerabilita' della stessa e ritenuto applicabile l'art. 190-bis del codice di procedura penale, si e' proceduto al contro esame secondo le modalita' protette di S. I. ed e' stata dichiarata l'utilizzabilita' della testimonianza anche innanzi al collegio titolare, cui il fascicolo e' stato restituito per il prosieguo. L'istruttoria di causa e' proseguita dinnanzi al collegio in diversa composizione alle udienze del 9 settembre 2019, 11 novembre 2019 e 27 gennaio 2020, con l'escussione degli ulteriori testimoni d'accusa e l'esame dell'imputato. Esauriti i predetti incombenti istruttori, il processo e' stato aggiornato per la discussione finale al 27 gennaio 2020, ove tuttavia ha subito un mero rinvio per ragioni organizzative del Tribunale. Si e' cosi' giunti all'udienza del 21 maggio 2020 ove, non avendo le parti formulato istanza di celebrazione dell'udienza «da remoto» mediante l'applicativo Teams in conformita' all'art. 83, comma 12-bis, decreto-legge n. 18/2020, convertito in legge n. 27/2020, come modificato dal decreto-legge n. 28/2020, si e' proceduto con le modalita' ordinarie e la presenza fisica delle parti in aula. Quindi, il Presidente ha chiesto alle parti presenti se intendessero prestare il consenso alla trattazione da remoto e, stante il mancato consenso della difesa dell'imputato, il collegio si e' ritirato in Camera di consiglio, al cui esito, ha pronunciato la presente ordinanza. Preme osservare che nelle more del giudizio si sono susseguiti numerosi interventi normativi d'urgenza, volti a fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19, che hanno interessato anche l'esercizio della giurisdizione, imponendo, anzitutto, una sospensione forzata di larga parte dell'attivita' giudiziaria, con conseguente rinvio d'ufficio di tutti i processi penali in corso di trattazione dapprima sino al 22 marzo 2020, poi sino al 15 aprile 2020 e, infine, sino all'11 maggio 2020 (per effetto del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, c.d. decreto «Liquidita'» in attesa di conversione), ad eccezione dei processi urgenti, da celebrarsi a porte chiuse, o mediante collegamenti da remoto; nonche' la possibilita', per il periodo successivo (inizialmente previsto sino al 30 giugno 2020 poi esteso al 31 luglio 2020) che i capi degli uffici giudiziari adottassero misure organizzative volte ad evitare assembramenti e rapporto ravvicinati tra le persone. Segnatamente, il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, recante «Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19», c.d. Cura Italia, convertito con modificazioni, in legge 24 aprile 2020, n. 27, abrogando gli articoli 1 e 2 del precedente decreto-legge 8 marzo 2020, n. 11, a sua volta titolato «Misure straordinarie ed urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento dell'attivita' giudiziaria», ha dettato misure urgenti volte a contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti in materia di giustizia civile, penale, tributaria e militare. In tale contesto, tra le novita' certamente piu' rilevanti, va annoverata l'introduzione di specifiche norme volte a potenziare il c.d. «processo penale telematico» per consentire, nella fase di emergenza sanitaria, lo svolgimento da remoto di attivita' processuali relative prima alle udienze e poi, in sede di conversione in legge del richiamato decreto, anche alle indagini preliminari; sul contenuto di molte di queste norme, tuttavia, ha significativamente inciso il successivo - e per la verita', pressoche' contestuale - decreto-legge del 30 aprile 2020, n. 28, denominato «misure urgenti in materia di conversazioni e comunicazioni, di ordinamento penitenziario e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile». Piu' in radice: mentre con la legge di conversione del decreto c.d. Cura Italia era stato previsto che nel corso del periodo emergenziale, inizialmente compreso tra il 9 marzo ed il 30 giugno 2020, tutte le udienze penali non implicanti la partecipazione di soggetti diversi dal pubblico ministero, dalle parti private e dai rispettivi difensori, dagli ausiliari del giudice, da ufficiali o agenti di polizia giudiziari, da interpreti, consulenti o periti, potessero essere tenute mediante collegamenti da remoto, e cio' indipendentemente dalla tipologia di attivita' che nel corso di quelle udienze si sarebbe celebrata, purche' venissero assicurate modalita' idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti; di contro, con l'approvazione del decreto-legge n. 28/2020 e l'introduzione del «consenso delle parti», quanto meno avuto riguardo alla celebrazione delle udienze deputate alla discussione finale ed all'esame di testimoni, parti, consulenti e periti, il legislatore ha apportato modifiche di direzione diametralmente opposta rispetto alla disciplina appena divenuta vigente e, di fatto, ristretto fortemente l'ambito operativo delle udienze da remoto e delle relative camere di consiglio, individuando l'udienza «in presenza» quale modalita' di partecipazione maggiormente garantita, con la conseguenza che !e modalita' «alternative» di partecipazione siano ora da intendere del tutto residuali. Ritiene il collegio che la sollevanda questione di legittimita' costituzionale sia rilevante e non manifestamente infondata. Sotto il primo profilo, preme sin da ora osservare come il requisito della rilevanza vada indagato ex ante, rispetto al «momento» in cui la questione si origina ed in relazione al giudizio in cui la stessa e' prospettata. Nella specie, nessun dubbio pare porsi in ordine al fatto che la norma, della cui costituzionalita' ci si trova a dubitare, vada necessariamente applicata nella vicenda processuale in esame (cosi', come richiesto dalla sent. 91/2013, red. Cartabia). Invero, l'odierna udienza, fissata nel periodo compreso tra il 9 marzo ed il 30 giugno 2020 (ora 31 luglio 2020) e deputata alla sola discussione finale, si e' svolta davanti a questo Tribunale in composizione collegiale con la presenza fisica di tutte le parti in aula; queste, infatti, sono state interpellate dal Tribunale e la difesa dell'imputato non ha espresso il consenso alla partecipazione con collegamento da remoto. Sicche', nonostante si versasse in uno dei casi in cui la modifica apportata dalla legge n. 27, di conversione del decreto-legge n. 18 del 2020, art. 83, comma 12-bis, aveva ammesso la partecipazione tramite collegamento da remoto - posto che l'udienza in questione non richiedeva la presenza di «soggetti diversi dal pubblico ministero, dalle parti private e dai rispettivi difensori, dagli ausiliari del giudice, da ufficiali o agenti di polizia giudiziaria, da interpreti, consulenti o periti» - e che, in ragione della non complessita' dell'attivita' processuale da espletare, questo collegio avrebbe certamente disposto di procedere tramite la modalita' alternativa di partecipazione, tuttavia, avendo il successivo decreto-legge n. 28/2020, art 3, comma 1, lettera d), rimesso al consenso di tutte le parti l'accesso al c.d. processo da remoto - atteso che detto consenso nella specie e' mancato - l'udienza si e' dovuta celebrare nelle forme ordinarie. Detta circostanza vale, quindi, a rendere attuale la rilevanza della questione, dovendosi necessariamente fare applicazione della norma oggetto della questione, cosi' come prospettata. Ancora con riguardo alla rilevanza della questione sottoposta alla Corte costituzionale, il collegio ritiene non se ne possa sostenere la mancanza in ragione del carattere temporaneo e/o eccezionale della normativa di dubbia costituzionalita'. Sebbene, il giudice remittente sia consapevole che, avendo la norma richiamata vigenza sino al 31 luglio 2020, scaduto il quale cessera' di esistere senza bisogno dell'intervento di una norma abrogatrice e che la decisione della Corte costituzionale ben potrebbe intervenire in un momento successivo a tale termine, cio' non pare sufficiente a scalfire il carattere di attualita' della questione, a meno di non voler pervenire al non condivisibile assunto di escludere, a priori, il sindacato di costituzionalita' delle leggi c.d. a tempo determinato, che per loro natura sono chiamate a regolare situazioni contingenti. Si veda sul punto C. Cost. n. 148/1983, che ha evidenziato come il requisito della rilevanza ai fini della ammissibilita' dell'incidente di costituzionalita' deve essere valutato ex ante, cioe' nel momento in qui il giudice a quo solleva la questione, a prescindere dal fatto che la norma eventualmente risultante dalla declaratoria di incostituzionalita' sia o meno applicabile al caso di specie, poiche' altrimenti disposizioni di legge come quella in esame «rischierebbero di sfuggire ad ogni sindacato della Corte, non essendo mai pregiudiziale la loro impugnazione; e la Corte stessa verrebbe in tal senso privata - quanto meno nei giudizi instaurati in via incidentale - di ogni strumento atto a garantire la preminenza della Costituzione sulla legislazione statale ordinaria». Tanto chiarito in punto di rilevanza, puo' passarsi al requisito nella non manifesta infondatezza della questione sollevata. Ad avviso di questo collegio, la disposizione di cui al richiamato art. 3, comma 1, lettera d), del decreto-legge 30 aprile n. 28, si pone in contrasto con gli articoli 70 e 77 della Costituzione. In primo luogo, pare sussistere un profilo di illegittimita' costituzionale della citata disposizione nella parte in cui ha stabilito, l'ormai nota, deroga alla disciplina dello svolgimento del procedimento da remoto, avendone di fatto escluso l'applicabilita' «salvo che le parti vi acconsentano, alle udienze di discussione finale, in pubblica udienza o in Camera di consiglio e a quelle nelle quali devono essere esaminati testimoni, parti, consulenti o periti», proprio perche' le disposizioni sul procedimento a distanza erano state sancite quale regola generale dal comma 12-bis dell'art. 83 del decreto-legge n. 18/2020, come convertito dalla legge n. 27/2020. Del pari si osserva come, in stretta correlazione con cio', sia stata introdotta un'ulteriore deroga - mediante l'art. 3, comma 1, lettera g), dell'atto de quo - al comma 12-quinquies dell'art. 83, che ha escluso la facolta', ivi prevista in termini generali, che le deliberazioni collegiali in Camera di consiglio venissero svolte a distanza, nelle ipotesi in cui esse facciano seguito alle «udienze di discussione finale, in pubblica udienza o in Camera di consiglio, svolte senza il ricorso a collegamento da remoto». A parere di questo collegio, detto intervento suscita forti perplessita' quantomeno sul piano metodologico, se solo si considera che il decreto-legge n. 28/2020 e' stato approvato dal Consiglio dei ministri lo stesso giorno della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della citata legge di conversione, cosi' aggirando il senso e la portata delle norme ivi dettate in punto di ambito di applicazione del processo telematico ed inibendone, in concreto, l'applicazione attraverso l'introduzione di disposizioni di segno diametralmente opposto, impacchettate nel provvedimento d'urgenza successivamente adottato. Ne deriva infatti che, in forza della nuova disciplina, senza il consenso delle parti, si possa procedere con modalita' «da remoto» solo per la trattazione del c.d. udienze filtro, mentre per tutte le altre attivita', comprese le camere di consiglio, e' necessario acquisire il preventivo consenso di tutte le parti. Il che, non fa altro che alimentare dubbi sull'utilizzo del decreto-legge quale strumento diretto a (o quantomeno in grado di) paralizzare l'attivita' parlamentare. Detto altrimenti, ove non si stigmatizzasse una simile prassi, si rischierebbe di legittimare il Governo a ritornare - addirittura nella stessa giornata - sulla medesima materia disciplinandola in maniera del tutto diversa, con l'introduzione di novita' su questioni decisive, cosi svilendo l'essenziale attribuzione al Parlamento, quale organo il cui potere deriva direttamente dal popolo, nell'adozione di norme primarie, in aperta violazione dell'art. 70 della Costituzione. Ne', pare potersi escludere il prospettato vizio di costituzionalita' in ragione dell'approvazione dell'ordine del giorno votato dalla Camera dei deputati in sede di approvazione finale della legge di conversione, che aveva impegnato il Governo a modificare la disciplina appena approvata. Detto ordine del giorno, invero, non puo' intendersi quale atto equipollente alla legge, sia perche' approvato secondo un iter diverso, sia perche', in quanto tale, estromette la potesta' legislativa del Senato della Repubblica, violando il c.d. bicameralismo perfetto. Altro profilo di illegittimita' costituzionale, attiene poi all'insussistenza dei presupposti di necessita' e di urgenza. Il collegio rileva come il preambolo del decreto-legge n. 28/2020 ometta qualsivoglia riferimento o esposizione in ordine ai requisiti cui l'art. 77 della Costituzione subordina le attribuzioni di poteri normativi al Governo che, per il vero, risultano solo genericamente enunciati. Detta lacuna, lungi dall'esaurire il proprio rilievo su un piano meramente formale, pare celare, in realta', un sostanziale difetto dei presupposti prescritti per il ricorso alla decretazione d'urgenza: posto che il decreto-legge n. 28/2020 e' stato approvato lo stesso giorno della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della legge di conversione del Decreto c.d. Cura Italia impedendone di fatto l'applicazione, la contestualita' temporale tra i due provvedimenti non consente di ritenere che sia sopravvenuta alcun elemento di novita', tale da giustificare il ricorso al provvedimento d'urgenza. Ne', d'altronde, puo' trovare la propria giustificazione dal contesto emergenziale in cui il decreto-legge e' andato ad inserirsi. Ed anzi, come piu' volte si e' tentato di evidenziare, il provvedimento d'urgenza della cui legittimita' costituzionale si e' a dubitare, ha inciso in senso fortemente restrittivo su norme del decreto-legge n. 18/2020 e della relativa legge di conversione che, nel tentativo di irrobustire il ricorso al processo «da remoto», miravano prioritariamente a fronteggiare gli effetti negativi della situazione epidemiologica che ne aveva giustificato l'introduzione e che, al momento dell'adozione del successivo decreto-legge n. 28/2020, non poteva dirsi certo cessata, ne' sostanzialmente mutata. In sostanza, non pare possa dubitarsi del fatto che, ripristinando per la quasi totalita' dei processi penali la modalita' «in presenza», la ratio sottesa alla prevenzione del contagio ne risulti inevitabilmente frustrata. Parimenti, non puo' sostenersi la sussistenza dell'assoluta necessita' dell'adozione del decreto-legge valorizzando i dubbi di costituzionalita', da taluni sollevati, rispetto alla precedente disciplina del processo da remoto contenuta nella legge di conversione, con riguardo alle garanzie della difesa, del contraddittorio e dell'oralita' del processo penale, non essendo di certo il decreto-legge lo strumento individuato dall'ordinamento per fronteggiare eventuali vizi di costituzionalita' degli atti normativi. Da ultimo, il collegio osserva come tutte le censure di costituzionalita' mosse alla normativa siano destinate a ripercuotersi anche nella legge di conversione che medio tempore dovesse essere approvata (cfr., Corte costituzionale, sentenza n. 171/2007 secondo cui l'esistenza dei requisiti della straordinarieta' del caso di necessita' ed urgenza puo' essere scrutinio di costituzionalita', ma che tale controllo «non si sostituisce e non si sovrappone a quello iniziale del Governo e a quello successivo del Parlamento in sede di conversione - in cui le valutazioni politiche potrebbero essere prevalenti - ma deve svolgersi su un piano diverso, con la funzione di preservare l'assetto delle fonti normative e con esso il rispetto dei valori a tutela dei quali detto computo e' predisposto ... affermare che la legge di conversione sana in ogni caso i vizi del decreto significherebbe attribuire in concreto al legislatore ordinario il potere di alterare il riparto costituzionale delle competenze del Parlamento e del Governo, quanto alla produzione delle fonti primarie». Per tutte le sopra enunciate ragioni, ad avviso di questo collegio sussiste dunque contrasto tra l'art. 3, comma 1, lettera d) del decreto-legge 20 aprile 2020, n. 28 e gli articoli 70 e 77 della Costituzione. Pertanto, presuppostane la rilevanza per l'odierno procedimento, deve sollevarsi questione di legittimita' costituzionale che si ritiene non manifestatamente infondata.
P. Q. M. Visti gli articoli 134 della Costituzione, 23 e seguenti della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1, lettera d) del decreto-legge 20 aprile 2020, n. 28, nella parte in cui ha stabilito, in aperto contrasto con la legge di conversione del decreto-legge n. 18/2020, che la modalita' ordinaria di partecipazione all'udienza penale fosse quella «in presenza»; Dispone l'immediata trasmissione degli atti del presente procedimento alla Corte costituzionale; Sospende il procedimento in corso, a carico di C. G. in attesa della decisione della Corte costituzionale sulla questione cosi' come sollevata; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Spoleto, 21 maggio 2020 Il Presidente: Magrini Alunno