N. 214 SENTENZA 22 settembre - 14 ottobre 2020

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Ambiente - Norme della Regione Lazio - Impianti  di  trattamento  dei
  veicoli  fuori  uso  e  dei  rifiuti  metallici  -   Attivita'   di
  autodemolizione - Procedura di autorizzazione attivabile  anche  da
  aventi causa e subentranti dei titolari degli  impianti  -  Ricorso
  del  Governo  -  Denunciata  violazione  del  principio  del   buon
  andamento e della competenza esclusiva statale nella materia  della
  tutela dell'ambiente  e  dell'ecosistema  -  Non  fondatezza  delle
  questioni. 
- Legge della Regione Lazio 28 dicembre 2018, n. 13, art.  21,  comma
  15, che introduce l'art. 6-bis della legge della  Regione  Lazio  6
  luglio 1998, n. 27. 
- Costituzione, artt. 97 e 117, secondo comma, lettera s);  Direttiva
  del Parlamento europeo e del Consiglio 2000/53/CE del 18  settembre
  2000. 
(GU n.43 del 21-10-2020 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Mario Rosario MORELLI; 
Giudici :Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana  SCIARRA,  Daria
  de PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  21,  comma
15, della legge della Regione Lazio 28 dicembre 2018, n. 13 (Legge di
Stabilita' regionale 2019), promosso dal Presidente del Consiglio dei
ministri, con  ricorso  notificato  il  27  febbraio-1°  marzo  2019,
depositato in cancelleria l'8 marzo  2019,  iscritto  al  n.  40  del
registro ricorsi 2019 e pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Lazio; 
    udito nell'udienza pubblica del  22  settembre  2020  il  Giudice
relatore Mario Rosario Morelli; 
    uditi l'avvocato dello Stato Sergio Fiorentino per il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Rodolfo Murra per la  Regione
Lazio; 
    deliberato nella camera di consiglio del 22 settembre 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con il ricorso in epigrafe, il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, ha impugnato, sospettandone  l'illegittimita'  costituzionale,
vari articoli della legge della Regione Lazio 28 dicembre 2018, n. 13
(Legge di Stabilita' regionale 2019). 
    L'impugnazione si rivolge, tra l'altro e per quel che qui rileva,
alla disposizione di cui al comma  15  dell'art.  21  della  predetta
legge. 
    La suddetta disposizione - con la quale «[d]opo  l'art.  6  della
legge regionale 9 luglio 1998,  n.  27  (Disciplina  regionale  della
gestione dei rifiuti) e successive modifiche, e' inserito  [l']  art.
6-bis  (Stabilizzazione  della  filiera  dei  veicoli  fuori  uso   e
trattamento dei rifiuti metallici)», prevedente, al fine  di  evitare
l'interruzione  di  tale  trattamento,  che   «trov[i]   applicazione
l'articolo 15, comma 3, del decreto legislativo 24  giugno  2003,  n.
209 (Attuazione della direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli  fuori
uso) per gli impianti che abbiano operato in virtu' di autorizzazioni
rilasciate dai soggetti attuatori [...]»  -  contrasterebbe,  secondo
l'Avvocatura dello Stato, con gli artt.  97  e  117,  secondo  comma,
lettera s), della Costituzione. 
    Cio'    in    quanto    la     denunciata     norma     regionale
decontestualizzerebbe la disposizione di cui al  richiamato  comma  3
dell'art. 15 del d.lgs. n. 209 del 2003 (prevedente i soli  requisiti
relativi alla  localizzazione  dell'impianto)  dal  quadro  normativo
statale di riferimento, nel  contesto  del  quale  il  meccanismo  di
deroga autorizzatoria, di che trattasi, richiede altresi'  (cio'  che
si presuppone che la Regione ora non piu' richieda) che la domanda di
autorizzazione  sia  corredata  da   un   progetto   di   adeguamento
dell'impianto e  da  un  piano  di  ripristino  ambientale  dell'area
utilizzata  dopo  la  chiusura  dell'impianto,  e  prescrive  inoltre
particolari  termini  e  modalita'  del  procedimento  per   la   sua
valutazione (commi 1 e 2 del medesimo art. 15); dal che, appunto,  il
lamentato vulnus, arrecato dalla  disposizione  regionale  in  esame,
alla competenza esclusiva statale in materia di tutela dell'ambiente,
al cui esercizio si riconduce il citato d.lgs. n. 209 del 2003. 
    Con il prevedere che il sistema autorizzatorio  ivi  disciplinato
possa essere esteso, oltre che ai soggetti esercenti  l'impianto,  ai
«loro aventi causa e  subentranti»,  l'introdotto  art.  6-bis  della
legge reg. Lazio n. 27 del 1998 avrebbe poi ulteriormente violato  la
norma statale interposta e dunque l'art. 97 Cost. 
    2.- La  Regione  Lazio,  costituitasi,  sostiene  che  l'espresso
richiamo, nella disposizione impugnata, del (solo) comma 3  dell'art.
15 del d.lgs. n. 209 del 2003, non esclude  l'applicazione  integrale
della  suddetta  normativa  statale  sui  presupposti   e   sull'iter
autorizzativo per l'adeguamento degli impianti di autodemolizione. Ed
aggiunge che la locuzione «e per i loro aventi causa  e  subentranti»
sarebbe «volta a ricomprendere l'eventualita' di modifiche intercorse
nel  tempo  in  merito  alla  titolarita'  dei   soggetti   esercenti
l'impianto e che i requisiti soggettivi dei  titolari  sono  comunque
oggetto di un  procedimento  dell'Autorita'  competente  al  rilascio
dell'autorizzazione stessa». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, con il  ricorso  di
cui si e' in narrativa detto, impugna la legge della Regione Lazio 28
dicembre 2018, n.  13  (Legge  di  Stabilita'  regionale  2019),  per
sospetta illegittimita' costituzionale di varie sue disposizioni, tra
le quali viene, in particolare, qui in esame la disposizione  di  cui
al comma 15 dell'art. 21. 
    La decisione  delle  altre  questioni,  proposte  con  lo  stesso
ricorso, e' riservata a separate pronunzie. 
    2.- La disposizione censurata, nel modificare la precedente legge
regionale 9 luglio 1998, n. 27 (Disciplina regionale  della  gestione
dei   rifiuti),   vi   inserisce    l'articolo    6-bis,    rubricato
«Stabilizzazione della filiera dei veicoli fuori  uso  e  trattamento
dei rifiuti metallici». 
    2.1.- Secondo il ricorrente, detta  disposizione  violerebbe,  in
primo  luogo,  l'art.  117,  secondo   comma,   lettera   s),   della
Costituzione, ponendosi, sotto  piu'  profili  in  contrasto  con  la
disciplina transitoria di cui all'art. 15 del decreto legislativo  24
giugno 2003, n. 209 (Attuazione della direttiva  2000/53/CE  relativa
ai  veicoli  fuori  uso),  evocato  come  parametro   interposto   ed
«espressione della competenza esclusiva dello Stato,  in  materia  di
tutela dell'ambiente e dell'ecosistema». 
    2.1.1.- Il  d.lgs.  n.  209  del  2003  -  ricorda,  infatti,  in
premessa,  l'Avvocatura  generale  dello   Stato   -   subordina   lo
svolgimento dell'attivita' di  autodemolizione  ad  un  complesso  di
prescrizioni (specificamente  indicate  nell'Allegato  I,  richiamato
dall'art. 6) che attengono, sia alla localizzazione  degli  impianti,
sia alle modalita' di svolgimento di detta attivita'. 
    In questo contesto normativo  -  sottolinea  ancora  l'Avvocatura
dello Stato - il richiamato art. 15: 
    -  al  suo  comma  1,  detta  una  disciplina  "transitoria"  per
l'adeguamento dei centri di raccolta o degli impianti «in  esercizio»
alla data di entrata in  vigore  del  decreto  stesso,  obbligando  i
rispettivi titolari  a  «presenta[re]  alla  regione  competente  per
territorio domanda di autorizzazione  corredata  da  un  progetto  di
adeguamento dell'impianto alle prescrizioni del [medesimo]  decreto»,
oltre che  da  «un  piano  per  il  ripristino  ambientale  dell'area
utilizzata da attuare alla chiusura dello stesso impianto»; 
    - al comma 2, stabilisce, poi, precisi termini e modalita' per la
conclusione del procedimento, «in merito al progetto di adeguamento»,
da parte della Regione; 
    - al comma 3, disciplina, invece, l'ipotesi del mancato  rispetto
dei «requisiti relativi alla localizzazione» da parte di titolari  di
impianti autorizzati in via ordinatoria e prevede che la  Regione  (o
il Comune a cio' delegato: nella specie, ai sensi dell'art.  6  della
legge regionale n. 27  del  1998)  autorizzi  la  prosecuzione  delle
attivita' «con le prescrizioni necessarie  ad  assicurare  la  tutela
della salute e dell'ambiente ovvero  dispon[ga]  la  rilocalizzazione
dello stesso impianto in tempi definiti». 
    2.1.2.- L'art. 6-bis della legge  reg.  Lazio  n.  27  del  1998,
introdotto dal denunciato art. 21, comma  15,  si  riferisce,  a  sua
volta, agli impianti autorizzati dai soggetti attuatori  (di  cessate
gestioni commissariali) e, al fine di  garantire  la  stabilizzazione
della correlativa filiera e di evitare l'interruzione del trattamento
dei rifiuti metallici ferrosi  e  non,  dispone  appunto  che  «trova
applicazione l'articolo 15,  comma  3,  del  decreto  legislativo  24
giugno 2003, n. 209 [...]». 
    Ma e' proprio tale circoscritto riferimento al solo comma  3  del
predetto art. 15 che,  secondo  il  ricorrente,  comporterebbe,  come
detto, il contrasto della  impugnata  disposizione  regionale  con  i
livelli uniformi  di  tutela  ambientale  stabiliti  dal  legislatore
statale. 
    L'omesso richiamo  dei  precedenti  commi  della  suddetta  norma
statale implicherebbe, infatti, la pretermissione della fase iniziale
del procedimento autorizzatorio legata ad una iniziativa dei soggetti
gestori qualificata dalla allegazione di appositi piani e progetti di
adeguamento degli impianti e di ripristino ambientale. 
    2.1.3.- Con il disporre inoltre  che  la  prevista  procedura  di
autorizzazione sia attivabile anche da «aventi causa  e  subentranti»
dei titolari degli impianti in questione, la  disposizione  regionale
impugnata - denuncia la difesa statale - verrebbe a porsi anche sotto
tale profilo in contrasto con il parametro statale  evocato  a  norma
interposta,  che  non  contempla  siffatta   estensione   soggettiva,
circoscrivendo al "titolare" gli effetti applicativi della  norma,  e
violerebbe anche il principio di buon andamento  dell'amministrazione
sancito dall'art. 97, Cost. «in quanto elide[rebbe]  un  procedimento
amministrativo finalizzato a verificare la sussistenza dei  requisiti
soggettivi e oggettivi per la voltura dell'autorizzazione». 
    2.2.- Nel resistere al ricorso, la Regione Lazio sostiene che  la
norma  denunciata  non  intenderebbe  limitare  l'applicazione  della
disciplina statale di cui all'art. 15 del d.lgs. n. 209 del 2003,  ma
- contestualizzando la disposizione del comma 3 nel territorio  della
Capitale, in ragione del fenomeno ivi  significativo  della  presenza
degli autodemolitori - ne confermerebbe la piena applicabilita' «agli
impianti che all'epoca dell'entrata in vigore della  norma  (statale)
hanno potuto continuare ad operare in  virtu'  di  provvedimenti  dei
vari commissari attuatori susseguitisi nella gestione  dell'emergenza
regionale», essendo la previsione regionale riferita appunto soltanto
ai suddetti impianti, per i quali, per ragioni diverse, «non e' stata
completata la valutazione sulla delocalizzazione». 
    In riferimento poi all'espressione «e per i loro aventi  causa  e
subentranti», la resistente replica che si tratterebbe di  «locuzione
volta a ricomprendere  l'eventualita'  di  modifiche  intercorse  nel
tempo in merito alla titolarita' dei soggetti esercenti l'impianto  e
che i requisiti soggettivi dei titolari sono comunque oggetto  di  un
procedimento     dell'Autorita'      competente      al      rilascio
dell'autorizzazione stessa, volto ad accertarne la sussistenza» 
    2.3.- L'interpretazione proposta dalla  Regione  in  ordine  alle
finalita' e  al  contenuto  della  norma  censurata,  in  termini  di
coerenza  e  complementarieta'  con   la   disciplina   statale,   e'
condivisibile. 
    Il limitato richiamo al comma 3 dell'art. 15 del  d.lgs.  n.  203
del 2009, ad opera della impugnata norma  regionale,  puo',  infatti,
pianamente leggersi come volto  non  gia'  ad  escludere  la  residua
disciplina statale recata dal menzionato art. 15, sebbene  unicamente
a dettare la disciplina di competenza regionale (come detto, delegata
ai Comuni) in materia di rilascio delle autorizzazioni  all'esercizio
di impianti di smaltimento e recupero di rifiuti. Il che consente  di
attribuire alla norma in esame una funzione di coordinamento  tra  il
livello di disciplina statale e quello regionale  (senza  pregiudizio
per il primo), avendo quest'ultimo  di  mira  un  contesto  specifico
quale quello che si innesta nella situazione emergenziale riferita al
settore dei rifiuti urbani del territorio  della  Citta'  di  Roma  e
provincia, in relazione al quale il legislatore regionale si  propone
- come  espressamente  enunciato  nell'incipit  dell'introdotto  art.
6-bis della legge reg. Lazio n. 27 del 1998  -  la  «stabilizzazione»
dei  soli  impianti  che  abbiano  gia'   operato,   in   virtu'   di
autorizzazioni rilasciate dalle pregresse gestioni  commissariali,  e
senza che per questi risultino  ancora  completate  le  procedure  di
delocalizzazione. 
    In tale corretta prospettiva esegetica, resta, quindi, fermo  che
il rilascio delle autorizzazioni, di cui al citato  art.  6-bis,  e',
comunque, subordinato alla presenza di  tutti  i  requisiti  previsti
dalla disposizione transitoria di cui all'art. 15 del d.lgs.  n.  209
del 2003. 
    Ed e' cio' che evidentemente va accertato anche nei confronti dei
soggetti che siano nel frattempo subentrati  ai  precedenti  titolari
nella gestione degli impianti in questione;  restando  cosi'  escluso
che tale subentro possa - come paventa il ricorrente -  sottrarre  il
nuovo  gestore  al  procedimento  di  verifica  di  sussistenza   dei
requisiti soggettivi ed oggettivi per la voltura  dell'autorizzazione
in suo favore. 
    3.- Cosi' interpretata, la norma regionale denunciata si  sottrae
alle  censure  di   illegittimita'   costituzionale   formulate   dal
ricorrente: dal che la non fondatezza delle correlative questioni. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riservata a separate pronunce la decisione delle altre  questioni
proposte con il medesimo ricorso, 
    dichiara non  fondate,  nei  sensi  di  cui  in  motivazione,  le
questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  21,  comma  15,
della legge della Regione Lazio 28 dicembre 2018,  n.  13  (Legge  di
Stabilita' regionale 2019), promosse, in riferimento agli artt. 97  e
117, secondo comma, lettera s), della  Costituzione,  dal  Presidente
del Consiglio dei ministri, con il ricorso in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 settembre 2020. 
 
                                F.to: 
                  Mario Rosario MORELLI, Presidente 
                             e Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 14 ottobre 2020. 
 
                           Il Cancelliere 
                        F.to: Roberto MILANA