N. 218 SENTENZA 23 settembre - 20 ottobre 2020

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Processo penale  -  Dibattimento  -  Dichiarazioni  rese  al  GIP  da
  imputato di un reato collegato a  norma  dell'art.  371,  comma  2,
  lett. b), cod. proc. pen., da escutersi quale  testimone  assistito
  nell'ipotesi di cui all'art. 64, comma 3, lett. c), cod. proc. pen.
  - Sopravvenuta impossibilita' di ripetizione  -  Possibile  lettura
  delle   dichiarazioni   gia'   rese   -   Omessa    previsione    -
  Irragionevolezza  e  lesione  del  principio   di   eguaglianza   -
  Illegittimita' costituzionale parziale. 
- Codice di procedura penale, art. 512. 
- Costituzione, artt. 3 e 111. 
(GU n.43 del 21-10-2020 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Mario Rosario MORELLI; 
Giudici :Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana  SCIARRA,  Daria
  de PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  512  del
codice di procedura penale, promosso dal Tribunale ordinario di  Roma
nel procedimento penale a carico di V. A. e altri, con ordinanza  del
27 giugno 2019, iscritta al n. 176  del  registro  ordinanze  2019  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  44,  prima
serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 23 settembre 2020 il  Giudice
relatore Stefano Petitti; 
    deliberato nella camera di consiglio del 23 settembre 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 27 giugno 2019, il Tribunale  ordinario  di
Roma ha sollevato questione di legittimita' costituzionale  dell'art.
512 del codice di procedura penale «nella parte in cui non prevede la
possibilita' di disporre la lettura delle dichiarazioni, rese in sede
di interrogatorio dinanzi al giudice per le indagini preliminari,  di
cui non sia possibile la ripetizione  per  impossibilita'  di  natura
oggettiva, di imputato di un reato collegato a norma  dell'art.  371,
comma 2, lett. b) c.p.p., da  escutersi  quale  testimone  assistito,
nell'ipotesi di cui all'art. 64, comma  3,  lett.  c)  c.p.p.  ,  per
violazione degli artt. 3 e 111 della Costituzione». 
    2.- La vicenda processuale esposta nell'ordinanza  di  rimessione
trae origine dall'arresto in  flagranza  di  S.  M.  S.,  trovato  in
possesso di alcuni involucri di eroina  in  data  14  dicembre  2015.
All'atto dell'arresto e del sequestro della sostanza stupefacente, S.
M.  S.  ingaggio'  una  violenta  colluttazione  con  i   carabinieri
operanti, e gli venne percio' contestato di aver opposto resistenza e
cagionato lesioni ai pubblici ufficiali, fatti per i quali lo  stesso
e' stato definitivamente condannato con  sentenza  del  Tribunale  di
Roma del giorno 11 gennaio 2017. Sottoposto a  misura  cautelare,  in
sede  di  interrogatorio  davanti  al   giudice   per   le   indagini
preliminari, ai sensi dell'art. 294  cod.  proc.  pen.,  l'arrestato,
ricevuti gli avvertimenti di cui all'art. 64,  comma  3,  cod.  proc.
pen., aveva peraltro reso dichiarazioni accusatorie nei confronti dei
pubblici ufficiali che avevano  proceduto  al  suo  arresto.  Costoro
risultano percio' imputati nel processo pendente davanti al Tribunale
di Roma per i reati di cui agli artt. 110, 582, 61,  numero  9),  del
codice penale nonche' agli artt. 110, 479 in relazione all'art.  476,
comma 2, cod. pen., oltre che per il reato di cui all'art.  605  cod.
pen. 
    3.- Con ordinanza resa  all'udienza  del  28  novembre  2017,  su
richiesta  del  pubblico  ministero,   e'   stato   ammesso   l'esame
testimoniale del dichiarante, ai sensi dell'art. 197-bis  cod.  proc.
pen. Il Tribunale di Roma espone, tuttavia, come  nel  prosieguo  del
dibattimento sia stata accertata l'irreperibilita'  sopravvenuta  del
medesimo arrestato presso la Casa circondariale di Roma Regina Coeli,
in quanto scarcerato in data 11  gennaio  2017,  sicche',  alla  luce
delle «vane ricerche effettuate», il pubblico  ministero  ha  chiesto
l'acquisizione,  ai  sensi  dell'art.  512  cod.  proc.  pen.,  delle
dichiarazioni  rese  dal  medesimo  nell'interrogatorio  dinanzi   al
giudice per le indagini preliminari. I difensori degli imputati hanno
contestato l'utilizzabilita' di tali dichiarazioni. 
    3.1- Il Tribunale di Roma osserva che: 
    - l'art. 512 cod. proc. pen. non consente di disporre la  lettura
del  verbale  di  dichiarazioni  rese  al  giudice  per  le  indagini
preliminari dall'imputato giudicato  in  un  procedimento  per  reato
collegato; 
    -  non  sono  condivisibili  le   argomentazioni   del   pubblico
ministero, secondo  cui  le  dichiarazioni  in  questione  dovrebbero
intendersi assunte dallo stesso pubblico ministero  ed  avrebbero  in
sostanza natura di denuncia, in quanto tali comprese tra  le  letture
consentite dall'art. 512 cod. proc. pen.; 
    - l'interrogatorio della persona sottoposta a  misura  cautelare,
ai sensi dell'art. 294 cod.  proc.  pen.,  e'  atto  cui  procede  il
giudice che ha deciso in ordine all'applicazione di tale  misura,  di
tal che il contenuto eteroaccusatorio delle  dichiarazioni  ivi  rese
dall'indagato  non  ne  permette  comunque  l'assimilazione  ad   una
denuncia; 
    - non risulta percio' manifestamente infondata  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art.  512  cod.  proc.  pen.,  nella
parte in cui tale norma non ammette l'acquisizione e la lettura delle
dichiarazioni rese al giudice per le indagini preliminari da imputato
in un procedimento collegato, da escutersi ai sensi dell'art. 197-bis
cod. proc. pen., in caso di impossibilita' di ripetizione per fatti o
circostanze  imprevedibili,  quale,  come  nel  caso  in  esame,  «la
sopravvenuta irreperibilita' del  dichiarante»,  non  prevedibile  al
momento in cui quelle dichiarazioni vennero rese; 
    - la questione di legittimita'  costituzionale  sarebbe  altresi'
rilevante in ragione del rilievo probatorio delle dichiarazioni  rese
in sede di interrogatorio di garanzia ai fini della decisione. 
    3.2. -  L'ordinanza  di  rimessione  specifica  altresi'  che  la
condizione soggettiva del dichiarante ("testimone assistito" ex  art.
197-bis, cod. proc. pen.) rende inapplicabile la distinta ipotesi  di
lettura dibattimentale contemplata dall'art.  513  cod.  proc.  pen.,
essendo  questa  riferibile  all'imputato  e  alle  persone  indicate
nell'art. 210, comma 1, cod. proc. pen. (imputati in un  procedimento
connesso a norma dell'art. 12, comma 1, lettera a, nei confronti  dei
quali si procede o si e' proceduto separatamente e  che  non  possono
assumere l'ufficio di testimone). D'altro canto,  il  censurato  art.
512 cod. proc. pen.  non  consente  la  lettura  delle  dichiarazioni
davanti al giudice nel corso delle indagini preliminari rese  da  chi
sia poi citato in dibattimento quale "testimone assistito",  giacche'
imputato di un reato  collegato  a  norma  dell'art.  371,  comma  2,
lettera b, cod. proc. pen. (nel caso previsto dall'art. 64, comma  3,
lettera c, cod. proc.  pen.),  ancorche'  «per  fatti  o  circostanze
imprevedibili»,  ne  sia  «divenuta  impossibile   la   ripetizione».
L'interrogatorio della persona  sottoposta  a  misura  cautelare  non
rientra, infatti, fra gli atti tassativamente elencati nell'art.  512
cod. proc. pen. Secondo il Tribunale di Roma,  non  potrebbe  a  cio'
ovviarsi mediante interpretazione analogica  di  detta  disposizione,
per avere la stessa natura  eccezionale,  consentendo  la  deroga  al
principio   costituzionale   della   formazione   della   prova    in
contraddittorio e  alla  facolta'  dell'imputato,  costituzionalmente
garantita, di interrogare o far interrogare le  persone  che  rendono
dichiarazioni   a   suo   carico.   Neppure    sarebbe    ammissibile
un'interpretazione estensiva della norma impugnata, visto che  l'art.
513  cod.  proc.  pen.,  disciplinando   analoga   materia,   prevede
espressamente la  lettura  delle  dichiarazioni  rese  dalle  persone
indicate nell'art. 210, comma 1, cod.  proc.  pen.,  sia  dinanzi  al
giudice dell'udienza preliminare,  sia  davanti  al  giudice  per  le
indagini preliminari, sicche'  la  formulazione  dell'art.  512  cod.
proc. pen. appare frutto di una diversa scelta del legislatore. 
    3.3.- Siffatta scelta di escludere la lettura delle dichiarazioni
a suo tempo rese al giudice per le indagini preliminari dalla persona
poi citata quale teste assistito ex art.  197-bis  cod.  proc.  pen.,
nonostante la sopravvenuta impossibilita' di ripetizione  dell'esame,
appare al Tribunale di Roma in  contrasto  con  l'art.  3  Cost.,  in
quanto irragionevole e lesiva del principio di  eguaglianza,  essendo
viceversa consentita la lettura delle dichiarazioni rese,  fuori  del
contraddittorio, dinanzi  alla  polizia  giudiziaria  e  al  pubblico
ministero (e, dunque, in assenza di un  giudice  terzo),  come  anche
delle dichiarazioni rese dai soggetti di cui all'art. 210 cod.  proc.
pen. 
    3.4.-   La   medesima    scelta    legislativa    di    sottrarre
irrimediabilmente  tali   dichiarazioni   al   materiale   probatorio
valutabile per l'accertamento dei fatti sarebbe per il giudice a  quo
in contrasto con l'art. 111 Cost., il quale  rimette  alla  legge  di
regolare i casi di deroga  al  principio  del  contraddittorio  nella
formazione della prova  per  accertata  impossibilita',  in  modo  da
permettere  l'acquisizione  nella  fase  dibattimentale  di  atti  di
indagine  allorche'  sussista  la  non  ripetibilita'   dell'elemento
raccolto dovuta a cause imprevedibili. 
    3.5.- L'ordinanza di rimessione evidenzia, inoltre, come  per  le
dichiarazioni contenute nel verbale di  interrogatorio  ex  art.  294
cod. proc. pen. nemmeno operi il meccanismo di acquisizione  previsto
dal comma 3 dell'art. 238 del medesimo codice. 
    3.6. - Viene quindi richiamata dal giudice rimettente l'ordinanza
n. 164 del 2003, con la quale questa Corte ha dichiarato la manifesta
inammissibilita'  della  questione  di  legittimita'   costituzionale
dell'art.  512  cod.  proc.  pen.,  che  era  stata   sollevata,   in
riferimento agli artt. 3  e  111  Cost.,  «nella  parte  in  cui  non
consente   la   lettura   per   impossibilita'   sopravvenuta   delle
dichiarazioni rese al giudice nel corso delle indagini preliminari da
soggetto che nel corso  del  dibattimento  ha  assunto  la  veste  di
"testimone assistito" ex art. 197-bis cod. proc. pen.», non avendo il
giudice a quo precisato quale  fosse  la  posizione  processuale  del
soggetto, giudicato separatamente, nel momento in cui aveva  reso  le
dichiarazioni divenute  irripetibili.  La  citata  ordinanza  ebbe  a
rilevare,  in  particolare,  che  il  giudice  rimettente  non  aveva
chiarito se quelle dichiarazioni erano state raccolte nell'ambito  di
un procedimento cumulativo a carico anche dell'imputato da  giudicare
ovvero in un procedimento diverso, il che impediva di valutare se nel
caso in esame avrebbe potuto applicarsi l'art.  238,  comma  3,  cod.
proc. pen., che prevede l'acquisizione della documentazione  di  atti
di altri procedimenti di cui e' divenuta impossibile  la  ripetizione
per fatti o circostanze imprevedibili. 
    3.7.- Il Tribunale rimettente  richiama,  ancora,  la  successiva
ordinanza n. 112 del 2006, con la quale questa Corte ha dichiarato la
manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 512 cod. proc. pen. sollevata, sempre in  riferimento  agli
artt. 3 e 111 Cost., nella parte in cui non consente di dare lettura,
in dibattimento, delle dichiarazioni gia'  rese  al  giudice  per  le
indagini preliminari da soggetto che, successivamente, abbia  assunto
la veste di "testimone assistito" ai  sensi  dell'art.  197-bis  cod.
proc. pen.,  e  delle  quali  sia  sopravvenuta  l'impossibilita'  di
ripetizione.   L'ordinanza   n.   112   del   2006    affermo'    che
l'inapplicabilita', nella specie,  dell'art.  513  cod.  proc.  pen.,
ritenuta dal giudice a quo, si fondava sul presupposto erroneo che il
dichiarante avesse gia' assunto la qualita' di "testimone  assistito"
(nonostante che la sua audizione, in realta',  fosse  stata  impedita
per  la  sopravvenuta  morte).  Al  contrario,  la  "qualifica"   del
dichiarante, nella prospettiva del regime delle letture di  cui  agli
artt. 512 e 513 cod. proc. pen., doveva essere valutata solo all'atto
della dichiarazione dibattimentale,  sicche'  la  mera  potenzialita'
dell'acquisizione della veste di  "testimone  assistito"  non  poteva
ritenersi preminente sulla condizione processuale gia' effettivamente
rivestita dal soggetto  al  momento  in  cui  le  dichiarazioni,  poi
divenute irripetibili, fossero state rese. 
    3.8.-  Al  riguardo,  il  Tribunale  di  Roma  afferma  che   «il
dichiarante di cui e' sopravvenuta  l'irreperibilita',  nel  caso  di
specie, per quanto evidenziato, non  poteva  che  essere  citato  nel
presente dibattimento quale teste assistito ex art.  197-bis  c.p.p.,
rivestendo la  qualita'  di  imputato  di  reati  collegati  a  norma
dell'art. 371, comma 2, lett. b), c.p.p., ricorrendo l'ipotesi di cui
all'art. 64, comma 3, lett. c) c.p.p.».  Nella  descritta  condizione
soggettiva, conclude il rimettente, non  e'  applicabile  l'art.  513
cod. proc.  pen.  e  l'art.  512  cod.  proc.  pen.  non  prevede  la
possibilita' di disporre  la  lettura  delle  dichiarazioni  rese  da
«persona che non e' stato possibile escutere  in  dibattimento  quale
testimone assistito, stante la sua sopravvenuta  irreperibilita',  e,
dunque, per impossibilita' di natura oggettiva». 
    4.- Ha depositato atto di intervento il Presidente del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile ovvero
infondata. 
    4.1.-  Ad  avviso  dell'Avvocatura   generale,   l'ordinanza   di
rimessione rivelerebbe una  carenza  di  motivazione,  in  quanto  il
giudice a quo non chiarisce le  ragioni  per  le  quali  il  pubblico
ministero non ha  valutato  l'opportunita'  di  esperire  l'incidente
probatorio ai sensi dell'art. 392  cod.  proc.  pen.,  con  il  quale
sarebbe stato possibile anticipare davanti al giudice per le indagini
preliminari   la   formazione   della   prova   in   contraddittorio,
cristallizzando le dichiarazioni di  accusa  rese  dal  detenuto  nei
confronti dei pubblici ufficiali autori del suo  arresto.  L'atto  di
intervento deduce  inoltre  che  la  motivazione  dell'ordinanza  non
chiarirebbe,  sotto  il  profilo   della   rilevanza,   perche'   sia
applicabile al caso di specie l'art.  512  cod.  proc.  pen.,  ovvero
quale sia la  ragione  per  cui  il  giudice  ritiene  non  solo  non
ripetibile oggettivamente l'audizione del "testimone  assistito",  ma
anche imprevedibile tale irripetibilita'. 
    4.2.- La difesa  dello  Stato  osserva,  ulteriormente,  che  nel
merito la questione appare infondata,  atteso  che  l'art.  512  cod.
proc. pen. consente al  giudice  del  dibattimento  di  acquisire  le
dichiarazioni  predibattimentali,  purche'  rese   in   presenza   di
«adeguate garanzie procedurali» individuabili nell'accurato vaglio di
credibilita' dei contenuti accusatori e  nella  compatibilita'  della
dichiarazione con i dati di contesto. E ancora, l'atto di  intervento
evidenzia come, in caso di irreperibilita' sopravvenuta del  soggetto
che abbia  reso  dichiarazioni  predibattimentali,  il  giudice  deve
accertare con estremo rigore se  sia  oggettiva  l'impossibilita'  di
formazione della prova in contraddittorio, essendo  l'irripetibilita'
dell'atto dovuta a fatti o  circostanze  imprevedibili.  L'Avvocatura
richiama, infine, la gia' citata ordinanza n. 112 del 2006 di  questa
Corte, circa la rilevanza delle  diverse  condizioni  soggettive  dei
dichiaranti ai fini dell'applicabilita' degli artt. 512  e  513  cod.
proc. pen., nonche' le  sentenze  della  Corte  europea  dei  diritti
dell'uomo 13 ottobre 2005, Bracci contro Italia e  8  febbraio  2007,
Kollcaku  contro  Italia,  circa  l'inammissibilita'  della  condanna
fondata essenzialmente sulle dichiarazioni di  un  testimone  che  la
difesa non abbia avuto occasione di controinterrogare nel corso delle
indagini preliminari o in dibattimento, indipendentemente  dal  fatto
che questi si sia sottratto al contraddittorio in modo consapevole  e
volontario. 
    5.- Il Presidente del Consiglio dei ministri  ha  poi  depositato
memoria difensiva in data 1°  settembre  2020,  ribadendo  i  rilievi
circa le carenze della motivazione dell'ordinanza  di  rimessione  in
ordine alla sussistenza delle condizioni  di  operativita'  dell'art.
512 cod. proc. pen., circa le alternative processuali che  consentono
l'acquisizione e la lettura delle dichiarazioni rese dall'imputato di
un  reato  collegato  e   circa   l'incensurabilita'   della   scelta
legislativa di non contemplare espressamente gli imputati di un reato
collegato ex art. 371, comma 2, lettera b),  cod.  proc.  pen.  negli
artt. 512 e 513 cod. proc. pen. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di  Roma  ha  sollevato  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 512  del  codice  di  procedura
penale «nella parte in cui non prevede la possibilita' di disporre la
lettura delle dichiarazioni, rese in sede di  interrogatorio  dinanzi
al giudice per le indagini preliminari di cui non  sia  possibile  la
ripetizione per impossibilita' di natura oggettiva, di imputato di un
reato collegato a norma dell'art. 371, comma 2, lett. b) del  c.p.p.,
da escutersi quale testimone assistito, nell'ipotesi di cui  all'art.
64, comma 3, lett. c) del c.p.p. per violazione degli artt. 3  e  111
della Costituzione». 
    Secondo il rimettente, la  norma  censurata,  non  ammettendo  la
lettura di tali dichiarazioni, risulterebbe  irragionevole  e  lesiva
del principio di eguaglianza, nonche' in contrasto con i principi del
giusto processo e della non dispersione dei mezzi di prova  acquisiti
per l'accertamento della verita' processuale. 
    Il Tribunale di Roma evidenzia come, rivestendo il dichiarante la
qualita' di "testimone assistito" ex  art.  197-bis,  comma  2,  cod.
proc. pen.,  non  e'  applicabile  la  distinta  ipotesi  di  lettura
dibattimentale contemplata dall'art. 513  cod.  proc.  pen.,  essendo
questa riferibile all'imputato ed  alle  persone  indicate  nell'art.
210, comma 1, cod. proc. pen. (e cioe', le  persone  imputate  in  un
procedimento connesso a norma dell'art. 12, comma 1, lettera a,  cod.
proc. pen, nei confronti delle quali si procede  o  si  e'  proceduto
separatamente e che non possono  assumere  l'ufficio  di  testimone).
D'altro canto, il censurato art. 512 cod. proc. pen. non consente  la
lettura delle dichiarazioni rese davanti al giudice nel  corso  delle
indagini preliminari da chi sia  poi  citato  in  dibattimento  quale
"testimone assistito", giacche' imputato  di  un  reato  collegato  a
norma dell'art. 371, comma 2, lettera b), cod. proc. pen.,  ancorche'
per fatti o circostanze imprevedibili, ne sia  «divenuta  impossibile
la ripetizione». 
    2.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,   intervenuto
attraverso   l'Avvocatura   generale   dello   Stato,   ha   eccepito
l'inammissibilita' della questione, in quanto il giudice  a  quo  non
avrebbe chiarito le ragioni del  mancato  esperimento  dell'incidente
probatorio,   ne'   quelle   della   imprevedibile    irripetibilita'
dell'audizione del "testimone assistito", tali da rendere applicabile
nel caso di specie l'art. 512 cod. proc. pen. 
    2.1.- L'eccezione e' infondata. 
    Il   giudizio   di   rilevanza,   per   costante   giurisprudenza
costituzionale,  e'  riservato  al  giudice   rimettente,   si'   che
l'intervento di questa Corte deve limitarsi ad accertare  l'esistenza
di  una  motivazione   sufficiente,   non   palesemente   erronea   o
contraddittoria, senza spingersi  fino  a  un  esame  autonomo  degli
elementi  che  hanno  portato  il  giudice  a   quo   a   determinate
conclusioni. 
    In altre parole,  nel  giudizio  di  costituzionalita',  ai  fini
dell'apprezzamento della rilevanza, cio' che conta e' la  valutazione
che il giudice a quo deve effettuare in ordine alla possibilita'  che
il   procedimento   pendente   possa   o   meno    essere    definito
indipendentemente dalla soluzione della questione sollevata,  potendo
questa Corte interferire su tale valutazione solo se  essa,  a  prima
vista, appaia assolutamente priva di fondamento (sentenze n. 122  del
2019, n. 71 del 2015). 
    Il che non si verifica nel caso di specie. 
    Nell'ordinanza di  rimessione,  infatti,  il  Tribunale  di  Roma
espone  che  nel  corso   del   dibattimento   e'   stata   accertata
l'irreperibilita' sopravvenuta del dichiarante,  non  prevedibile  al
momento in cui le medesime dichiarazioni erano  state  rese.  In  tal
modo, il giudice a quo ha  operato  una  adeguata  descrizione  della
fattispecie concreta e, nel postulare la riconducibilita' del caso in
esame all'art. 512 cod. proc. pen.,  in  conseguenza  della  invocata
declaratoria di incostituzionalita', ha specificato  in  motivazione,
sulla base di una valutazione comunque compiuta in una fase  iniziale
del  processo,  l'effettiva  ricorrenza  degli  essenziali   elementi
costitutivi di tale norma, e cioe' che la sopravvenuta impossibilita'
di rintracciare il "testimone assistito" era ricollegabile a fatti  o
circostanze  imprevedibili  ed  era  assoluta,  tenuto  conto   delle
ricerche e degli  accertamenti  effettuati,  cosi'  adeguatamente,  e
comunque in modo  non  implausibile,  motivando  la  rilevanza  della
questione. 
    2.2.- Ne' si puo' contestare al rimettente di non avere  esperito
un tentativo di  interpretazione  costituzionalmente  conforme  della
norma impugnata, interpretazione che, a parere del giudice a quo,  e'
comunque impedita dalla  formulazione  letterale  della  disposizione
(sentenze n. 204 e n. 95 del 2016). 
    3.- Nel merito, la questione sollevata con riferimento all'art. 3
Cost. e' fondata. 
    3.1.- Al fine di una piu' agevole  comprensione  della  questione
devoluta alla cognizione di questa Corte, appare necessario procedere
ad una sintetica ricostruzione del quadro normativo rilevante. 
    L'art. 512 cod. proc. pen. contiene la disciplina della  «Lettura
di atti per sopravvenuta impossibilita' di ripetizione». Il  comma  1
prevede che il giudice, a richiesta di parte, dispone  che  sia  data
lettura degli atti assunti dalla polizia  giudiziaria,  dal  pubblico
ministero, dai difensori delle parti private e dal giudice nel  corso
della  udienza  preliminare   quando,   per   fatti   o   circostanze
imprevedibili, ne e' divenuta impossibile la ripetizione. 
    L'art. 513 cod. proc. pen. riguarda,  invece,  la  lettura  delle
dichiarazioni rese dall'imputato nel corso delle indagini preliminari
o nell'udienza  preliminare.  Il  comma  1  consente  al  giudice  di
disporre  la  lettura,  a  richiesta  di  parte,  dei  verbali  delle
dichiarazioni rese dall'imputato al pubblico ministero o alla polizia
giudiziaria su delega del pubblico ministero o al giudice  nel  corso
delle indagini preliminari o  nell'udienza  preliminare,  sempre  che
l'imputato sia assente ovvero rifiuti di  sottoporsi  all'esame,  non
potendo tali dichiarazioni essere utilizzate nei confronti  di  altri
senza il loro consenso, salvo che  ricorrano  i  presupposti  di  cui
all'art. 500, comma 4, cod. proc. pen. Il comma 2 dell'art. 513  cod.
proc. pen. stabilisce poi che, se le dichiarazioni  sono  state  rese
dalle  persone  indicate  nell'art.  210,  comma  1,  il  giudice,  a
richiesta  di   parte,   dispone   l'accompagnamento   coattivo   del
dichiarante o l'esame  a  domicilio  o  la  rogatoria  internazionale
ovvero l'esame in altro modo previsto dalla legge con le garanzie del
contradditorio.  Se  non  e'  possibile  ottenere  la  presenza   del
dichiarante o procedere all'esame, si applica l'art. 512  cod.  proc.
pen., sempre che l'impossibilita'  dipenda  da  fatti  o  circostanze
imprevedibili al momento delle  dichiarazioni.  Qualora,  infine,  il
dichiarante si avvalga della facolta' di non rispondere,  il  giudice
dispone la lettura dei verbali contenenti le  suddette  dichiarazioni
soltanto con l'accordo delle parti. 
    L'art. 210 cod. proc. pen., sotto la rubrica  «Esame  di  persona
imputata in un procedimento connesso», stabilisce al comma 1 che «Nel
dibattimento, le persone imputate in un procedimento connesso a norma
dell'articolo 12, comma 1, lettera a), nei confronti delle  quali  si
procede o si e' proceduto separatamente e che  non  possono  assumere
l'ufficio di testimone, sono esaminate a richiesta di parte,  ovvero,
nel caso indicato nell'articolo 195, anche di ufficio». Tali persone,
pur avendo l'obbligo di presentarsi  al  giudice  (comma  2),  e  pur
godendo della garanzia della presenza del difensore (comma 3),  hanno
comunque facolta' di  non  rispondere  (comma  4).  Per  completezza,
appare utile ricordare che l'art. 12, comma 1, lettera a), cod. proc.
pen., dispone che «Si ha connessione di procedimenti: a) se il  reato
per cui si procede e' stato commesso da piu' persone  in  concorso  o
cooperazione fra loro, o se piu' persone  con  condotte  indipendenti
hanno determinato l'evento». Ai sensi del comma 6 dell'art. 210  cod.
proc. pen., poi, «Le disposizioni dei commi precedenti  si  applicano
anche alle persone imputate in  un  procedimento  connesso  ai  sensi
dell'art. 12, comma 1, lettera c), o di un reato  collegato  a  norma
dell'art. 371, comma 2, lettera b), che non hanno reso in  precedenza
dichiarazioni concernenti la responsabilita' dell'imputato.  Tuttavia
a tali persone e' dato l'avvertimento previsto dall'art. 64, comma 3,
lettera c), e, se  esse  non  si  avvalgono  della  facolta'  di  non
rispondere, assumono l'ufficio di testimone». 
    L'art. 197-bis cod. proc. pen., inserito dall'art. 6 della  legge
1° marzo 2001, n. 63 (Modifiche al  codice  penale  e  al  codice  di
procedura penale in materia di formazione e valutazione  della  prova
in attuazione della legge costituzionale di riforma dell'articolo 111
della  Costituzione),  riguarda,  invece,  le  persone   imputate   o
giudicate in un procedimento  connesso  o  per  reato  collegato  che
assumono l'ufficio di testimone. Il comma 1  di  questa  disposizione
stabilisce che  l'imputato  in  un  procedimento  connesso  ai  sensi
dell'art. 12 o di un reato collegato a norma dell'art. 371, comma  2,
lettera b) (reati dei quali gli uni sono stati commessi in  occasione
degli altri, o per conseguirne o assicurarne al colpevole o ad  altri
il profitto, il prezzo, il prodotto o l'impunita', o che  sono  stati
commessi da piu' persone in  danno  reciproco  le  une  delle  altre,
ovvero se la prova di un reato o di  una  sua  circostanza  influisce
sulla prova di un altro reato o di un'altra circostanza), puo' essere
sempre sentito come testimone quando  nei  suoi  confronti  e'  stata
pronunciata sentenza irrevocabile di proscioglimento, di  condanna  o
di applicazione della pena ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen.  Il
comma 2 estende la possibilita' di assumere  l'ufficio  di  testimone
all'imputato di procedimento connesso ai sensi dell'art. 12, comma 1,
lettera c) o di reato collegato  a  norma  dell'art.  371,  comma  2,
lettera b), nel caso previsto dall'art. 64, comma 3,  lettera  c)  (e
cioe'  allorquando,  prima  che  abbia  inizio  l'interrogatorio,  la
persona sia stata avvertita che se rendera'  dichiarazioni  su  fatti
che concernono la responsabilita' di altri, assumera',  in  ordine  a
tali  fatti,  l'ufficio  di  testimone,  salve  le   incompatibilita'
previste dall'art. 197 e le garanzie di cui all'art. 197-bis). 
    In tali ipotesi, precisano i successivi commi  dell'art.  197-bis
cod. proc. pen., il testimone e' assistito da un difensore; non  puo'
essere obbligato a deporre sui fatti per i quali e' stata pronunciata
in  giudizio  sentenza  di  condanna  nei  suoi  confronti,  se   nel
procedimento egli aveva negato la propria responsabilita' ovvero  non
aveva reso alcuna dichiarazione; le dichiarazioni  rese  non  possono
essere utilizzate contro il dichiarante; le dichiarazioni rese da chi
abbia cosi' assunto l'ufficio di testimone sono  valutate  unitamente
agli altri elementi di prova che ne confermano  l'attendibilita'  (in
forza del richiamo all'art. 192, comma 3, cod. proc.  pen.  contenuto
nel comma 6). 
    4.- Dal richiamato quadro normativo risulta corretta la  premessa
dalla quale muove il rimettente, e cioe' che le dichiarazioni rese al
giudice delle indagini preliminari dall'imputato di  reato  collegato
ai sensi dell'art. 371, comma 2, lettera b), cod. proc. pen. in  sede
di interrogatorio di garanzia ex art. 294 cod. proc. pen.,  nel  caso
in cui le stesse divengano irripetibili per impossibilita' dell'esame
dello stesso imputato, non sono suscettibili di lettura nel corso del
dibattimento. Da un lato, infatti, l'art.  513  cod.  proc.  pen.  si
riferisce espressamente alle sole  dichiarazioni  rese  dall'imputato
nella precedente fase delle indagini preliminari  ovvero,  attraverso
il richiamo all'art. 210, comma 1, a quelle rese  dal  coimputato  ai
sensi dell'art. 12, comma 1, lettera a), nei confronti del  quale  si
procede o si e' proceduto  separatamente  e  che  non  puo'  assumere
l'ufficio di testimone. Dall'altro lato, l'art. 512 cod.  proc.  pen.
contiene una elencazione da ritenersi tassativa degli atti dei  quali
puo' essere data lettura in caso di impossibilita' di ripetizione,  e
tra questi non sono  compresi  quelli  assunti  dal  giudice  per  le
indagini preliminari, essendo menzionati quelli assunti dalla polizia
giudiziaria,  dal  pubblico  ministero,  dai  difensori  delle  parti
private e dal giudice nel corso della udienza preliminare. 
    4.1.- Tale lacuna normativa e' gia' stata portata alla cognizione
di questa Corte che, con l'ordinanza n. 112 del 2006,  ha  dichiarato
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 512 cod. proc. pen., censurato in riferimento agli artt.  3
e 111 Cost., nella  parte  in  cui  «non  consente  la  lettura,  per
impossibilita' sopravvenuta, delle dichiarazioni rese al giudice  nel
corso delle indagini preliminari da soggetto che  ha  successivamente
assunto la veste di testimone assistito ex art.  197-bis  cod.  proc.
pen.».   In   quella   occasione   la   Corte   ha   osservato    che
l'inapplicabilita' dell'art. 513 cod. proc. pen., ritenuta  nel  caso
di specie dal giudice rimettente, poggiasse sull'erroneo  presupposto
che il dichiarante, coimputato nel medesimo  procedimento,  giudicato
con sentenza divenuta irrevocabile e  successivamente  morto,  avesse
gia' assunto la qualita' di "testimone assistito". Ha quindi ritenuto
che,  stante  la  sopravvenienza  della  morte  del  dichiarante,  la
qualifica del soggetto dovesse essere comunque  identificata  non  in
via ipotetica, ma all'atto della dichiarazione dibattimentale,  cosi'
da determinare le concrete  modalita'  di  svolgimento  della  prova.
Questa Corte ha  poi  posto  in  risalto  che  proprio  la  pregressa
qualita'  gia'  rivestita  dal  dichiarante  al  momento  in  cui  le
dichiarazioni erano  state  rese  imponeva  di  dare  soluzione  alla
questione nell'ambito di disciplina dell'art. 513  cod.  proc.  pen.,
restando inconferente l'evocazione dell'art.  512  cod.  proc.  pen.,
norma  riferibile,  piuttosto,  a  dichiarazioni  di  sicura  matrice
testimoniale.  In  particolare,  l'ordinanza  n.  112  del  2006   ha
precisato che «la qualifica del dichiarante - nella  prospettiva  del
regime delle letture e,  quindi,  di  una  utilizzazione  processuale
estranea al contraddittorio - deve  essere  riguardata  alla  stregua
della "condizione" processuale rivestita da quel soggetto al  momento
in cui le dichiarazioni sono  state  rese,  giacche'  e'  proprio  in
funzione di questa condizione soggettiva che gli artt. 512 e 513 cod.
proc.  pen.  hanno  rispettivamente   calibrato   la   corrispondente
disciplina delle letture: il primo, con riferimento  alla  condizione
delle persone informate sui fatti e che rivestiranno in  dibattimento
la  qualita'  di  testimoni   (donde   la   mancata   previsione   di
dichiarazioni rese al giudice per le indagini preliminari  nel  corso
delle indagini); il secondo, con riferimento a quella di  soggetti  a
vario titolo ed in varia forma "compromessi"  rispetto  al  tema  del
procedimento, e che percio' in  sede  dibattimentale  assumeranno  la
qualita' di dichiaranti diversa da quella del testimone "puro"». 
    4.2.- Ad avviso di questa  Corte,  merita  di  essere  rimeditata
l'affermazione contenuta nell'ordinanza n. 112  del  2006  di  questa
Corte, secondo  cui  la  qualifica  di  "testimone  assistito"  viene
assunta dal dichiarante al momento dell'esame dibattimentale, valendo
sino  a  quel  momento,  ai  fini  della  eventuale   lettura   delle
dichiarazioni  in  caso  di  irripetibilita',  la  posizione  che  il
dichiarante aveva al momento in  cui  ha  reso  le  dichiarazioni  in
relazione  alle  quali  ne  e'  richiesto  l'esame  in  qualita'   di
"testimone assistito" in sede dibattimentale.  In  realta',  ai  fini
della disciplina della lettura delle dichiarazioni predibattimentali,
per l'assunzione della qualita' di testimone - "puro"  o  "assistito"
che  sia   -   non   rileva   soltanto   l'atto   della   deposizione
dibattimentale, ma gia' l'attribuzione  dei  relativi  obblighi,  che
discendono dalla citazione o dalla ammissione del  giudice  e,  prima
ancora, dall'avvertimento di cui all'art. 64, comma  3,  lettera  c),
cod. proc. pen. formulato all'imputato di reato connesso o  collegato
a  norma  dell'art.  371,  comma  2,  lettera  b)  prima  delle   sue
dichiarazioni sulla responsabilita' di altri. 
    Dalla necessita' di configurare la qualificazione del dichiarante
in termini  temporalmente  e  funzionalmente  meno  rigidi  discende,
all'evidenza, come l'introduzione nell'ordinamento, per effetto della
legge n. 63 del 2001, della figura del "testimone assistito", di  cui
all'art.  197-bis  cod.  proc.  pen.,  e  la  correlata   contrazione
dell'ambito di operativita' dell'art. 210  cod.  proc.  pen.  abbiano
ampliato le lacune e le incongruenze della disciplina delle modalita'
di recupero in  dibattimento  delle  dichiarazioni  rese  nelle  fasi
precedenti, quale risultante dal rapporto tra gli  artt.  512  e  513
cod. proc. pen. Tali  norme  lasciano,  invero,  senza  soluzione  il
problema della lettura degli atti qualora l'esame  della  persona  da
escutere ai sensi dell'art. 197-bis  cod.  proc.  pen.  sia  divenuto
impossibile per fatti o circostanze sopravvenute ed imprevedibili  ed
estranei alla volonta' del dichiarante. 
    La esplicita previsione che nei casi  di  cui  ai  commi  1  e  2
dell'art. 197-bis cod. proc. pen. le  persone  ivi  indicate  possano
essere sentite come testimoni, rende evidente, da  un  lato,  la  non
assimilabilita' della posizione di  costoro  a  quella  di  chi  puo'
avvalersi del diritto al  silenzio  (con  la  conseguente  disciplina
delineata dall'art. 513, comma 2, in caso  di  irripetibilita'  delle
dichiarazioni) e, dall'altro, l'avvicinamento della posizione di tali
soggetti a quella dei testimoni, sia pure con le garanzie procedurali
e con le limitazioni di efficacia probatoria delineate  compiutamente
dai successivi commi del medesimo art. 197-bis. 
    5.- Gia' l'ordinanza n. 355 del 2003 di  questa  Corte  ha  avuto
modo di sottolineare la "centralita'" del modello  offerto  dall'art.
512 cod. proc. pen. agli effetti del recupero  di  dichiarazioni  non
riproponibili  nel  contraddittorio  dibattimentale  «per   accertata
impossibilita' di natura oggettiva», come appunto prevede l'art. 111,
quinto comma, Cost.; avendo, peraltro, la sentenza n.  440  del  2000
prima ancora chiarito come, sulla base  del  quadro  delineato  dalle
modifiche introdotte nell'art. 111 Cost. dalla  legge  costituzionale
23 novembre 1999 n. 2 (Inserimento dei principi del  giusto  processo
nell'articolo 111 della Costituzione), non possa piu' ammettersi  una
interpretazione estensiva dello stesso art. 512 cod. proc.  pen.,  in
quanto specifica ipotesi di deroga del principio del  contraddittorio
nella formazione della prova nel processo penale. 
    6.- In tale prospettiva, dovendosi ora guardare all'art. 512 cod.
proc. pen. come norma di riferimento e residuale in tema di  recupero
degli atti  a  contenuto  dichiarativo  di  cui  sia  impossibile  la
ripetizione  in  dibattimento  per   circostanze   sopravvenute,   in
conformita' ai principi di cui all'art.  111,  quinto  comma,  Cost.,
risulta  irragionevole,  alla  luce  dell'art.  3  Cost.,  che   tale
disposizione non contempli le dichiarazioni su fatti  che  concernono
la responsabilita' dell'imputato, rese al  giudice  nel  corso  delle
indagini preliminari da un soggetto giudicato per reato collegato,  a
norma dell'art. 371, comma 2, lettera b), cod. proc.  pen,  il  quale
abbia poi assunto l'ufficio di testimone ai sensi  dell'art.  197-bis
cod. proc. pen. 
    Poiche' dall'assunzione della  qualita'  di  testimone,  all'atto
della  deposizione  dibattimentale,  discendono  l'attribuzione   dei
relativi obblighi, nonche' le modalita' di escussione e  i  correlati
adempimenti  formali  (fatte  salve  le  garanzie  e  le  regole   di
valutazione della prova espressamente previste nell'art. 197-bis cod.
proc. pen.), si impone, dunque, l'applicabilita' allo stesso soggetto
del regime di  acquisizione  delle  pregresse  dichiarazioni  dettato
dall'art. 512 cod. proc. pen., ove la sua deposizione in dibattimento
sia impedita da una impossibilita' sopravvenuta di ripetizione. 
    6.1.- Avuto riguardo, peraltro, alla qualita'  che  il  soggetto,
che ha poi assunto l'ufficio di "testimone assistito",  rivestiva  al
momento  delle  dichiarazioni  predibattimentali  delle   quali   sia
divenuta impossibile  la  ripetizione,  tra  gli  atti  passibili  di
lettura, da aggiungere all'elenco gia' contenuto nell'art.  512  cod.
proc. pen., non possono non comprendersi  le  dichiarazioni  rese  al
giudice per le indagini preliminari nell'interrogatorio  di  garanzia
di cui all'art. 294 cod. proc. pen. 
    In proposito, non puo' non rilevarsi che, se in base  all'attuale
formulazione dell'art. 512 cod. proc. pen. puo' essere  data  lettura
degli atti assunti dalla polizia giudiziaria, dal pubblico ministero,
dai difensori delle parti private  e  dal  giudice  nel  corso  della
udienza preliminare quando, per fatti o circostanze imprevedibili, ne
e' divenuta impossibile la  ripetizione,  la  mancata  previsione  di
identica possibilita' per il caso in cui l'atto assunto sia  un  atto
formato dal giudice per le indagini  preliminari  risulta  del  tutto
irragionevole. Le dichiarazioni rese dall'imputato di reato collegato
ai sensi dell'art. 371, comma 2, lettera b),  che  abbia  assunto  la
qualita' di testimone assistito, sia per effetto dell'avvertimento di
cui  all'art.  64,   comma   3,   lettera   c),   sia   per   effetto
dell'intervenuta  pronuncia  nei  suoi  confronti  di   sentenza   di
proscioglimento, di condanna o di applicazione della  pena  ai  sensi
dell'art. 444 cod. proc. pen., del resto, ben sarebbero  suscettibili
di lettura ove assunte dal pubblico ministero, sicche' risulta, anche
da tale ulteriore prospettiva, del tutto irragionevole che  cio'  non
sia possibile nel caso in cui l'interrogatorio sia stato assunto  dal
giudice per le indagini preliminari con le garanzie proprie  di  tale
tipo di atto; ne', ai fini che qui rilevano, appare significativo  il
fatto che l'interrogatorio di garanzia costituisca uno  strumento  di
difesa  (Corte  di  cassazione,  sezione  sesta  penale,  sentenza  4
dicembre 2002-23 gennaio 2003, n. 3388), venendo esso in rilievo  per
le dichiarazioni concernenti la responsabilita' di altri. 
    7.- Deve essere quindi dichiarata l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 512, comma 1, cod. proc. pen., per violazione  dell'art.  3
Cost., nella parte in  cui  non  prevede  che,  alle  condizioni  ivi
stabilite, sia data lettura delle dichiarazioni rese al  giudice  per
le  indagini  preliminari  in  sede  di  interrogatorio  di  garanzia
dall'imputato di un reato collegato a norma dell'art. 371,  comma  2,
lettera b), che, avendo ricevuto l'avvertimento di cui  all'art.  64,
comma 3, lettera  c),  sia  stato  citato  per  essere  sentito  come
testimone. 
    7.1.- Resta  assorbita  la  questione  sollevata  in  riferimento
all'art. 111 Cost. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 512, comma  1,
del codice di procedura penale, nella parte in cui non  prevede  che,
alle condizioni ivi stabilite, sia data lettura  delle  dichiarazioni
rese al giudice per le indagini preliminari in sede di interrogatorio
di garanzia dall'imputato di un reato  collegato  a  norma  dell'art.
371, comma 2, lettera b), che, avendo ricevuto l'avvertimento di  cui
all'art. 64, comma 3, lettera c), sia stato citato per essere sentito
come testimone. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 settembre 2020. 
 
                                F.to: 
                  Mario Rosario MORELLI, Presidente 
                     Stefano PETITTI, Redattore 
                    Filomena PERRONE, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 20 ottobre 2020. 
 
                           Il Cancelliere 
                       F.to: Filomena PERRONE