N. 151 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 maggio 2020
Ordinanza del 21 maggio 2020 del Tribunale di Firenze nel procedimento civile promosso da Francesca Antonio e altri 3 contro l'Azienda Usl Toscana Centro. Procedimento civile - Onere delle spese processuali - Previsione che il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte - Preclusione per il giudice di addebitare, in tutto o in parte, il costo della consulenza tecnica (CTU) a carico di una parte diversa da quella ricorrente, nel procedimento di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione di lite previsto in relazione alle controversie di risarcimento del danno derivante da responsabilita' sanitaria. - Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 ("Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (Testo A)"), art. 8, in combinato disposto con l'art. 91 del codice di procedura civile, con l'art. 8, commi 1 e 2, della legge 8 marzo 2017, n. 24 (Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonche' in materia di responsabilita' professionale degli esercenti le professioni sanitarie) e con gli artt. 669-quaterdecies e 669-septies del codice di procedura civile.(GU n.44 del 28-10-2020 )
TRIBUNALE ORDINARIO DI FIRENZE Quarta sezione civile Nel procedimento sommario iscritto al n. r.g. 11754/2019 promosso da Antonio Francesca (c.f. MZZCTN41S08E451Y), Damiana Gennaro (c.f. GNNDMN61A66G510L), Andrea Francesca (c.f. FRNNDR91L21A558W), Alberto Francesca (c.f. FRNLRT99L02D631V) con il patrocinio dell'avv. Frangini Lapo e dell'avv. elettivamente domiciliato in Via Olmetto, 5 - 20123 - Milano, presso il difensore avv. Frangini Lapo ricorrente contro Azienda USL Toscana Centro con il patrocinio dell'avv. Simona Consani e dell'avv. Paolo Federigi elettivamente domiciliata in Firenze, presso sede legale dell'Azienda USL Toscana Centro, piazza S. Maria Nuova n. 1, resistente Il Giudice dott. Luca Minniti ha pronunciato la seguente Ordinanza La questione di legittimita' costituzione ha per oggetto il ritenuto non manifestamente infondato contrasto tra gli articoli 2, 3, 24 e 32 della Costituzione ed il combinato disposto dell'art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica 30 Maggio 2002, n. 115, dell'art. 91 del codice di procedura civile, dell'art. 8, commi 1 e 2 della legge 8 marzo 2017, n. 24, dell'art. 669-quaterdecies e dell'art. 669-septies del codice di procedura civile nella parte in cui esclude, nella interpretazione consolidata e divenuta diritto vivente, che il giudice possa addebitare, in tutto o in parte, a carico di una parte diversa da quella ricorrente, il costo, comprensivo di compensi ed esborsi, dell'attivita' del collegio nominato per lo svolgimento di CTU nel procedimento di cui all'art. 696-bis del codice di procedura civile ed all'art. 8 della legge 8 marzo 2017, n. 24, che l'ha resa condizione di procedibilita' della domanda di merito. 1. L'oggetto della controversia I signori Antonio Francesca, Damiana Gennaro, Andrea Francesca e Alberto Francesca, con ricorso proposto nei confronti dell'Azienda USL Toscana Centro - Ospedale San Giuseppe di Empoli, per l'esperimento di un accertamento tecnico preventivo, ai sensi dell'art. 696-bis del codice di procedura civile e 8 della legge 8 marzo 2017, n. 24 al fine di vedere accertati dal punto di vista medico legale l'errore sanitario, l'evento dannoso, le conseguenze pregiudizievoli ed il nesso di causa tra l'errore e l'evento dannoso, annunciando l'intenzione di agire per il risarcimento del danno non patrimoniale, sub specie di danno biologico e morale, nonche' patrimoniale da perdita totale della capacita' lavorativa e da lesione del rapporto parentale, attribuiti alla condotta della struttura sanitaria convenuta. I ricorrenti affermavano in particolare che la ritardata profilassi con tiamina parenterale e il successivo suo errato dosaggio avessero determinato nel sig. Antonio Francesca un deficit mnesico ed un deficit deambulatorio tipici della encefalopatia di Wernicke, provocando nel paziente l'insorgere di una demenza invalidante che lo aveva reso non autosufficiente. I ricorrenti affermavano anche di aver rivolto, tramite il proprio legale, all'Azienda ospedaliera una richiesta di composizione bonaria della lite, ma che l'ASL Toscana Centro, dopo aver convocato il ricorrente per una visita medico legale, aveva respinto la richiesta risarcitoria ritenendo che lo svilupparsi dell'encefalopatia fosse stato rapido e imprevedibile e che dovesse essere escluso un errore nella condotta dei sanitari. L'Azienda USL Toscana Centro - Ospedale San Giuseppe di Empoli si costituiva con comparsa di costituzione e risposta, contestando quanto sostenuto dai ricorrenti ed eccependo, in particolare, la mancanza di responsabilita' dell'azienda sanitaria. La resistente sosteneva infatti l'assenza di studi e di orientamenti validati a livello scientifico circa la dose ottimale di tiamina, la durata del trattamento e il numero di dosi giornaliere da somministrare al paziente; aggiungeva poi che la pretesa della controparte fosse fondata non sul mancato rispetto di una regola contenuta nelle linee guida, ma unicamente sulla inottemperanza ad una raccomandazione non sopportata da adeguate evidenze scientifiche. Ribadiva la correttezza dell'operato dei sanitari in considerazione del timing clinico del paziente, caratterizzato da un'encefalopatia da deficit di tiamina, evolutasi secondo modalita' imprevedibili a fronte di condizioni cliniche non preoccupanti. Concludeva quindi ritenendo che, date le condizioni del paziente, la somministrazione supplementare di tiamina non fosse una condotta doverosa. Contestava, infine, anche la quantificazione della pretesa risarcitoria. Al termine dell'udienza il giudice, su richiesta della parte ricorrente e con l'opposizione della parte resistente, poneva a carico solidale di entrambe le parti l'acconto sul compenso finale richiesto dai CTU. Alla successiva udienza fissata per la nomina del CTU medico specialista, su richiesta della parte resistente, il giudice concedeva alle parti il termine di dieci giorni per dedurre circa la questione dell'addebito dell'acconto e del saldo del costo della CTU. La relazione, all'esito di articolate operazioni peritali svolte nel pieno contradditorio con i consulenti di parte, accertava l'inadeguatezza della prestazione sanitaria cosi' argomentando: «Una sottovalutazione della scarsa alimentazione e assunzione per os di vit. B1 per il vomito nei 14 giorni precedenti il primo ricovero, unita alla mancata aggiunta della stessa vitamina nelle infusioni, come indicato nella scheda tecnica della sacca di Oliclinomel, sono gli elementi che si discostano dalla condotta ideale e corretta per quel che riguarda le misure preventive (in concreto attuabili e doverose nel caso in esame) e di contenimento del deficit di tiamina. Vi si aggiunge il ritardo di avvio della terapia e la sua irregolarita' di somministrazione di dosi terapeutiche di farmaco, avvenute (quest'ultime) pero' a malattia gia' conclamata. Per esse si profila quindi un ruolo causale minore, ma pur apprezzabile, con riferimento allo scarso recupero di un'autonomia di movimento, cura di se' e capacita' di memori». Riconosceva poi il nesso di causalita' materiale con le due condotte, di ritardata ed errata somministrazione, in questi termini: «la somministrazione profilattica di vit. B1 durante il primo ricovero (opportuna) contemporaneamente all'uso della sacca di Nutrizione parenterale Oliclinomel (doverosa), somministrata dal 16 al 28 novembre, in un malato che fin dal primo giorno di ricovero del 15 novembre non assume nulla per os fino al 25 sera (prima dieta), avrebbe con buona probabilita' evitato l'insorgenza dell'encefalopatia (primo errore ndr). Invece, il ritardo e l'irregolarita' nei primi giorni della somministrazione del farmaco a dosi terapeutiche, a malattia gia' conclamata, hanno influito in misura minore nello scarso recupero di un'autonomia di movimento, cura di se' e capacita' di memoria (secondo errore ndr). Accertava infine significative conseguenze pregiudizievoli, nella misura del 50% di perdita permanente di integrita' psicofisica del paziente, connesse agli errori accertati. Con il deposito della relazione il collegio di consulenza depositava la notula per la liquidazione del saldo. In data 18 maggio 2020 la parte ricorrente depositava nota con richiesta di addebito integrale delle spese e dei compensi della CTU, per i motivi gia' esposti nella memoria del 6 dicembre 2019. 2. La lite sull'addebito del compenso del collegio dei CTU 2.1 La tesi della convenuta ASL L'ASL Toscana Centro ritiene che il regolamento delle spese possa esser ancorato alla regola della soccombenza effettiva solo all'esito del giudizio di merito e che, pertanto, il costo delle attivita' del collegio, all'esito del procedimento ex art. 696-bis del codice di procedura civile, non possa essere attribuito che alla parte ricorrente, in forza del principio di causalita' e dell'onere di anticipazione delle spese. Evidenzia come l'ordinamento, in alternativa al procedimento di cui all'art. 696-bis del codice di procedura civile, preveda la possibilita' di ricorrere alla media-conciliazione con costi meno elevati rispetto a quello prescelto e rimesso alla libera determinazione del ricorrente. 2.2 La tesi della parte ricorrente Di contro, secondo la parte ricorrente, una ripartizione del costo della CTU diversa dall'integrale addebito alla parte che agisce in giudizio sarebbe legittima sulla scorta della natura speciale dell'accertamento tecnico preventivo a fini conciliativi nell'ambito della responsabilita' sanitaria, posto che con la legge n. 24/2017 il procedimento di ATP «viene assunto a condizione di procedibilita', con previsioni di sanzioni in caso di mancata partecipazione dei soggetti coinvolti, indipendentemente dall'esito stesso del giudizio», considerata, inoltre, la natura neutrale della consulenza nell'ATP, resa nell'interesse generale della giustizia e quindi in quello comune delle parti. Infine, eccepiva che i costi della mediazione sarebbero stati inferiori solo in caso di mancata disponibilita', in limine, della controparte e che il tipo di controversia, ad elevato e prevalente contenuto tecnico scientifico, avrebbe reso necessario ricorrere alla nomina di un esperto anche all'interno del procedimento di media-conciliazione con costi ancora superiori a quelli del procedimento di cui all'art. 8 della legge n. 24/2017 e 696-bis del codice di procedura civile. 3. Ragioni della decisione 3.1 La disciplina legale dell'addebito del costo delle operazioni di CTU nel procedimento di cui all'art. 696-bis del codice di procedura civile e 8 della legge del 24 marzo 2017, n. 24 Va considerato in primo luogo che: l'art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, che in forza dell'art. 299, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, ha sostituito l'art. 90 del codice di procedura civile, prevede che «(Onere delle spese) 1. Ciascuna parte provvede alle spese degli atti processuali che compie e di quelli che chiede e le anticipa per gli atti necessari al processo quando l'anticipazione e' posta a suo carico dalla legge o dal magistrato»; l'art. 91 del codice di procedura civile nell'attuale formulazione prevede che «(Condanna alle spese). Il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte e ne liquida l'ammontare insieme con gli onorari di difesa. Se accoglie la domanda in misura non superiore all'eventuale proposta conciliativa, condanna la parte che ha rifiutato senza giustificato motivo la proposta al pagamento delle spese del processo maturate dopo la formulazione della proposta, salvo quanto disposto dal secondo comma dell'art. 92»; l'art. 92 del codice di procedura civile prevede che: «(Condanna alle spese per singoli atti. Compensazione delle spese). "Il Giudice, nel pronunciare la condanna di cui all'articolo precedente, puo' escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice, se le ritiene eccessive o superflue; e puo', indipendentemente dalla soccombenza, condannare una parte al rimborso delle spese, anche non ripetibili, che, per trasgressione al dovere di cui all'art. 88, essa ha causato all'altra parte. Se vi e' soccombenza reciproca ovvero nel caso di assoluta novita' della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, (ndr o per altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni in forza della sentenza della Corte costituzionale n. 77/2018) il giudice puo' compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero. Se le parti si sono conciliate, le spese si intendono compensate, salvo che le parti stesse abbiano diversamente convenuto nel processo verbale di conciliazione»; l'art. 669-septies del codice di procedura civile in materia di procedimento cautelare uniforme prevede che «Se l'ordinanza di incompetenza o di rigetto e' pronunciata prima dell'inizio della causa di merito, con essa il giudice provvede definitivamente sulle spese del procedimento cautelare. La condanna alle spese e' immediatamente esecutiva ed e' opponibile ai sensi degli articoli 645 e seguenti in quanto applicabili, nel termine perentorio di venti giorni dalla pronuncia dell'ordinanza se avvenuta in udienza o altrimenti dalla sua comunicazione»; l'art. 669-quaterdecies del codice di procedura civile ha esteso l'ambito di applicazione dell'art. 669-septies del codice di procedura civile «ai provvedimenti di istruzione preventiva previsti dalla sezione IV di questo capo»; l'art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 5/2003, abrogato dalla legge 18 giugno 2009, n. 69, prevedeva per il rito cd. commerciale che nel procedimento cautelare ante causam «Il magistrato designato provvede(sse), in ogni caso, sulle spese del procedimento a norma degli articoli 91 e seguenti del codice di procedura civile». l'art. 8 della legge 8 marzo 2017, n. 24 rubricato «Tentativo obbligatorio di conciliazione» prescrive che «1. Chi intende esercitare un'azione innanzi al giudice civile relativa a una controversia di risarcimento del danno derivante da responsabilita' sanitaria e' tenuto preliminarmente a proporre ricorso ai sensi dell'art. 696-bis del codice di procedura civile dinanzi al giudice competente. 2. La presentazione del ricorso di cui al comma l costituisce condizione di procedibilita' della domanda di risarcimento. E' fatta salva la possibilita' di esperire in alternativa il procedimento di mediazione ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28. In tali casi non trova invece applicazione l'art. 3 dei decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162. L'improcedibilita' deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice, ove rilevi che il procedimento di cui all'art. 696-bis del codice di procedura civile non e' stato espletato ovvero che e' iniziato ma non si e' concluso, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione dinanzi a se' dell'istanza di consulenza tecnica in via preventiva ovvero di completamento del procedimento. 3. Ove la conciliazione non riesca o il procedimento non si concluda entro il termine perentorio di sei mesi dal deposito del ricorso, la domanda diviene procedibile e gli effetti della domanda sono salvi se, entro novanta giorni dal deposito della relazione o dalla scadenza del termine perentorio, e' depositato, presso il giudice che ha trattato il procedimento di cui al comma 1, il ricorso di cui all'art. 702-bis del codice di procedura civile. In tal caso il giudice fissa l'udienza di comparizione delle parti; si applicano gli articoli 702-bis e seguenti del codice di procedura civile. 4. La partecipazione al procedimento di consulenza tecnica preventiva di cui al presente articolo, effettuato secondo il disposto dell'art. 15 della presente legge, e' obbligatoria per tutte le parti, comprese le imprese di assicurazione di cui all'art. 10, che hanno l'obbligo di formulare l'offerta di risarcimento del danno ovvero comunicare i motivi per cui ritengono di non formularla. In caso di sentenza a favore del danneggiato, quando l'impresa di assicurazione non ha formulato l'offerta di risarcimento nell'ambito del procedimento di consulenza tecnica preventiva di cui ai commi precedenti, il giudice trasmette copia della sentenza all'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS) per gli adempimenti di propria competenza. In caso di mancata partecipazione, il giudice, con il provvedimento che definisce il giudizio, condanna le parti che non hanno partecipato al pagamento delle spese di consulenza e di lite, indipendentemente dall'esito del giudizio, oltre che ad una pena pecuniaria, determinata equitativamente, in favore della parte che e' comparsa alla conciliazione" (ndr corsivo dell'estensore). 3.2 Il diritto vivente in merito all'addebito del costo della CTU nel procedimento di cui all'art. 696-bis del codice di procedura civile e 8 della legge 24 marzo 2017, n. 24. Sulla questione oggetto del presente provvedimento si e' pronunciata piu' volte ed anche di recente la Corte di legittimita' con riferimento a compensi liquidati nell'ambito di procedimenti ex articoli 696 e 696-bis del codice di procedura civile. L'orientamento, anche di recente espresso dalla Corte di cassazione (cfr. Cassazione n. 26573/2018), conferma l'indirizzo risalente adottato con riferimento piu' in generale alle spese giudiziali maturate nell'ambito del procedimento di accertamento tecnico preventivo ex art. 696 del codice di procedura civile, ambito in merito al quale la Cassazione, a piu' riprese (si veda a riguardo Cassazione sentenza n. 324/2017; Cassazione sentenza n. 21045/2016; Cassazione sentenza n. 21756/2015 e n. 19498/2015; Cassazione sentenza n. 4156/2012), ha affermato che al termine della procedura le spese debbano essere poste a carico della parte richiedente, fatta salva poi la possibilita' di addebitarle alla parte resistente nel caso in cui quest'ultima risulti soccombente al termine dell'eventuale giudizio di merito nel quale l'accertamento tecnico dovesse essere acquisito. Tale opzione interpretativa e' stato da sempre giustificata con il principio di anticipazione delle spese processuali a carico della parte richiedente nella fase anteriore a quella di merito, principio oggi adottato dall'art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, che in forza dell'art. 299, comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, ha sostituito l'art. 90 del codice di procedura civile. In particolare si legge in Cassazione la sentenza n. 324/2017, che: «Alla stregua della uniforme giurisprudenza di questa Corte (da ultimo sezione VI-2, 26 ottobre 2015, n. 21756), infatti, il regolamento delle spese e' ancorato alla valutazione della soccombenza, presupponente l'accertamento della fondatezza o meno della pretesa fatta valere dall'attore, che esula dalla funzione dell'accertamento tecnico preventivo e resta di esclusiva competenza del giudizio di merito; pertanto le spese dell'accertamento tecnico preventivo devono essere poste, a conclusione della procedura, a carico della parte richiedente, e saranno prese in considerazione, nel successivo giudizio di merito ove l'accertamento tecnico sara' acquisito, come spese giudiziali, da porre, salva l'ipotesi di compensazione, a carico del soccombente. [...] Deve, quindi, in accoglimento del ricorso, essere riconfermato il principio di diritto secondo cui il carico delle spese liquidate in tema di accertamento tecnico preventivo spetta, in via esclusiva, alla parte ricorrente in virtu' dell'onere di anticipazione e del principio di causalita'». La sentenza prosegue affermando che «Del resto, la funzione dell'accertamento tecnico preventivo si risolve, ordinariamente, nell'esigenza di preservare (in favore della parte istante) gli effetti di una prova, da assumere in via urgente, attinente ad uno stato dei luoghi o alla qualita' o condizione di cose, da poter far valere, in un eventuale (e successivo) giudizio di merito, mentre nella fase relativa all'assunzione del mezzo di istruzione preventiva non si instaura propriamente un procedimento di tipo contenzioso, all'esito del quale deve trovare applicazione la disciplina delle spese processuali contemplata dagli articoli 91 e 92 del codice di procedura civile». Il medesimo principio e' stato poi esteso dalla Corte di cassazione, con sentenza n. 26573/2018, al nuovo accertamento tecnico preventivo di cui all'art. 696-bis del codice di procedura civile, connotato da finalita' prevalentemente conciliativa. La Corte suprema ha cosi' argomentato: «La suddetta disciplina e' rimasta immutata e, allorquando il legislatore ha introdotto l'art. 696-bis, nella sezione richiamata dall'art. 669-quaterdecies del codice di procedura civile, essa e' risultata applicabile anche all'istituto di cui alla nuova norma, ancorche' essa non prevedeva, com'e' pacifico, una misura cautelare». Ribadendo quindi, per quanto rileva nel presente giudizio, il seguente principio di diritto «Per effetto del combinato disposto dell'art. 669-septies del codice di procedura civile, comma 2, e art. 669-quaterdecies del codice di procedura civile, nei procedimenti di consulenza preventiva ex art. 696-bis del codice di procedura civile, il giudice puo' procedere alla liquidazione delle spese processuali (a carico della parte ricorrente) solamente nei casi in cui dichiari la propria incompetenza o l'inammissibilita' del ricorso oppure lo rigetti senza procedere all'espletamento del mezzo istruttorio richiesto. Qualora, viceversa, dia corso alla consulenza preventiva, il giudice non ha il potere di statuire sulle spese. L'eventuale provvedimento in tal senso risulta abnorme,...». In senso conforme anche Cassazione 21975/2018 secondo la quale «la ATP preventiva di cui al novellato art. 696-bis del codice di procedura civile, per quanto in parte "giurisdizionalizzata", e' pur sempre finalizzata al componimento della lite e, non potendosi intendere come una fase giudiziale, non da' nemmeno luogo a un'autonoma liquidazione delle spese processuali da parte del giudice che l'ha disposta rientrando esse nel complesso delle spese stragiudiziali sopportate dalla parte prima della lite» (cfr. Cassazione sezione 6 - 3, Ordinanza n. 26573 del 22 ottobre 2018). Giova pero' ricordare la ricostruzione sistematica operata da Cassazione civ., SS.UU., 28 aprile 1989, n. 2021 pervenuta, nel risolvere il contrasto giurisprudenziale in merito all'art. 91 del codice di procedura civile, ad argomentare che il principio secondo il quale «il giudice "con la sentenza che chiude il processo condanna la parte soccombente al rimborso delle spese", trova applicazione con riguardo ad ogni provvedimento, ancorche' reso in forma di ordinanza o decreto, che, nel risolvere contrapposte posizioni, elimini il procedimento davanti al giudice che le emette, quindi anche nei procedimenti sommari e cautelati, come nel caso del procedimento promosso ai sensi dell'art. 700 del codice di procedura civile per l'adozione di provvedimenti d'urgenza». In detta sentenza si legge tra l'altro che «I punti salienti della tradizione romanistica con riguardo al thema decidendum in esame, sono tre: 1) il principio che il pagamento delle spese del giudizio non e' soltanto la conseguenza della malafede (temeritas) della parte soccombente, ma l'attuazione del principio obiettivo della causalita', onde chi ha cagionato una spesa, indipendentemente dall'elemento subiettivo che l'ha animato, e' obbligato a risarcire l'altra parte dell'onere economico impostole; 2) che l'obbligo del pagamento delle spese (expensae), sia dirette che indirette (sumpta), non e' connesso esclusivamente all'accertamento di merito che conclude il giudizio, ancorche' la pronunzia della sentenza definitiva ne sia il sistema normale; 3) che la pronunzia di condanna alle spese puo' essere pronunziata anche con interlocutio nel corso del giudizio, anziche' con sententia e, quindi, prescindendo dalla soccombenza della parte in punto di merito... In ordine al secondo e terzo principi in base al quale la condanna alle spese non e' la cagione della soccombenza in punto di merito, ma costituisce la conseguenza obiettiva di una situazione di disagio posta in essere da una delle parti in danno dell'altra, la cui pronunzia puo' essere data con ordinanza, il precedente romanistico e' il seguente: «stabiliamo che tutti i giudici..., nel caso che una parte, rimasta contumace, sia, poi, comparsa, non provvedano a giudicarla, se prima essa non risarcisca agli avversari tutti i danni cagionati loro, sia per quanto concerne le spese di causa, sia per quanto riguarda gli onorari dovuti agli avvocati, sia per altre ragioni relative alla lite. «L'ammontare di tali spese dev'essere stabilito dal giudice dopo che le parti interessate abbiano prestato giuramento circa la consistenza di esse...» (costituzione dell'imperatore Giustiniano a Giuliano, prefetto del pretorio, C. 3, I, 15). Prosegue la sentenza «.... Non v'e' dubbio, quindi, che la liquidazione delle spese operata addirittura nel corso del giudizio, e, quindi, prescindendo dalla pronunzia sulla soccombenza nel merito, ed operata con interlocutio anziche' con sententia, sia, pur nella sua peculiarita', nostra tradizione giuridica, finalizzata allo sveltimento dei processi in funzione dell'economia dei giudizi, secondo la direttiva stessa impressa al codice di procedura civile per evitare lo spreco di giurisdizione». Ed ancora affermando «.... che tale struttura implica, da parte del resistente, il dispendio di un'attivita' processuale che non puo' restare non qualificata ai fini del rimborso delle spese, senza ledere un diritto soggettivo, onde le differenze tecniche dello strumento dialettico non costituiscono ostacolo alla sussistenza di una situazione effettiva di soccombenza, nell'interpretazione terminologica piu' estensiva che la natura particolare del procedimento richiede, ne' costituisce ostacolo a cio' la natura, decisoria o non, del provvedimento; 7) che se la natura interdittale dei provvedimenti di urgenza li rende strettamente dipendenti dal successivo giudizio di merito e dalla sentenza definitiva che lo conclude, tuttavia deve porsi l'accento sull'autonomia assoluta dei procedimenti stessi e sulla non necessita' del collegamento col giudizio successivo nel caso di rigetto della richiesta dell'istante; 8) che in tal caso, infatti, il procedimento ha termine, si conclude, e viene meno il rapporto di strumentalita' e di continuita' tra la fase di urgenza e quella di stretta cognizione, onde l'azione cautelare non puo' avere alcun sviluppo ulteriormente, e resta preclusa qualunque possibilita' di legame con l'azione di accertamento del diritto, anche se questa verra' intrapresa separatamente». Tali passaggi argomentativi se non possono piu' orientare il giudicante in senso diverso al consolidato approdo della Corte suprema, di cui e' doveroso prendere atto anche considerato il numero di procedimenti che potrebbero proseguire solo per la risoluzione del relativo contrasto e sino ad un eventuale revirement della Corte suprema, possono per contro costituire il fondamento ricostruttivo sistematico dell'esito di un eventuale accoglimento della questione si legittimita' sottoposta alla Corte con il presente provvedimento. Come anticipato, la questione di legittimita' che il giudicante sottopone alla Corte non ha ad oggetto l'intero regime delle spese processuali conseguenti all'espletamento del procedimento di cui all'art. 8 della legge n. 24/2017 e 696-bis del codice di procedura civile, ma solo gli esborsi connessi al costo della CTU, identificabili nel compenso del collegio peritale e nelle spese vive sostenute da esso sostenute. Si rammenta infatti la necessita' legale, nelle cause di responsabilita' sanitaria di avvalersi di una pluralita' di competenze tecnico scientifiche in ragione delle specializzazioni coinvolte dal caso concreto e della non applicabilita' (ex art. 15 della legge n. 24 del 2017) della sistema di riduzione del compenso, mediante l'aumento del solo 40% del compenso individuale, previsto dall'art. 53 del decreto del Presidente della Repubblica del 30 maggio 2002, n. 115 in caso di CTU plurisoggettiva. E dunque se occorre prendere atto che l'interpretazione della Cassazione e' netta nel ritenere che le spese del procedimento di consulenza preventiva (vuoi ai sensi dell'art. 696 del codice di procedura civile, vuoi ai sensi dell'art. 696-bis del codice di procedura civile) vadano poste a carico della parte che con la sua richiesta le ha rese necessarie, dall'altra occorre considerare se risulti, o non, manifestamente infondato il dubbio che l'anticipo del costo della relazione del collegio peritale nel procedimento di cui all'art. 696-bis del codice di procedura civile, come previsto dall'art. 8 della legge n. 24/2017 quale condizione di procedibilita' del giudizio di accertamento del merito della pretesa in alternativa alla mediazione, in combinato disposto con gli articoli 91 del codice di procedura civile e 8 del decreto del Presidente della Repubblica del 30 maggio 2002, n. 115, si ponga in contrasto con gli articoli 2, 3, 24 e 32 della Costituzione, rappresentando un ostacolo economico irragionevole all'esercizio del diritto. 3.3. Gli effetti della previsione dell'art. 8 della legge n. 24/2017. Ai fini di cui sopra deve in primo luogo esser riconsiderata la natura e la funzione assunta dall'istituto disciplinato dall'art. 696-bis del codice di procedura civile nei processi, come quello in esame, per responsabilita' sanitaria. Per effetto dell'impetuoso sviluppo tecnico-scientifico e della conseguente espansione della dimensione tecnico scientifica delle controversie, la funzione della CTU nel processo civile ha subito, particolarmente nell'ambito di alcune materie, una significativa evoluzione, tanto rilevante da modificare, in alcuni casi, la stessa struttura del processo civile di cognizione... Il carattere distintivo delle modifiche introdotte e' individuabile nella necessita' di collocazione del contraddittorio tecnico e dell'accertamento istruttorio cui e' finalizzato, in una fase anteriore non solo all'assunzione delle prove costituende ma alla stessa cristallizzazione del thema decidendum e probandum, momenti rispetto ai quali la CTU e' chiamata a svolge una funzione di ausilio. Di tale necessita', sulla base dell'esperienza giurisdizionale, il legislatore si e' fatto carico conferendo all'istituto di cui all'art. 696-bis del codice di procedura civile, in alcune materie, la funzione di condizione di procedibilita' dell'intero giudizio di merito. Com'e' noto l'accertamento tecnico con finalita' conciliativa, previsto come condizione di procedibilita' solo in materia di controversie per responsabilita' sanitaria e di controversie previdenziali, e', sempre, del tutto svincolato dal presupposto dell'urgenza, vuoi sotto il profilo del pericolo della perdita del mezzo di prova a sostegno della futura domanda, vuoi sotto il profilo del pericolo di pregiudizio del diritto nel suo complesso. Ed appare, nelle controversie per responsabilita' sanitaria, collocato all'interno di un procedimento giurisdizionale volto a definire il merito, integrale, della futura lite, seppure in via conciliativa. L'accertamento tecnico preventivo finalizzato alla conciliazione ha quindi assunto un ruolo decisivo nella preparazione della controversia e nella selezione dei fatti costitutivi, impeditivi ed estintivi (si pensi in proposito anche al rilievo che puo' assumere ai fini della definizione di una eccezione di prescrizione in caso di patologia a lenta o differita insorgenza). Inoltre, nella prassi, l'istituto giuridico in esame sta acquisendo una virtuosa funzione deflattiva assolutamente rispettosa della tutela del diritto. Si puo' inoltre affermare che l'art. 696-bis del codice di procedura civile, ancor piu' nei casi un cui ha assunto, per legge, il ruolo di condizione di procedibilita', abbia accentuato il percorso di trasformazione della CTU, da contributo processuale fornito dal consulente al giudice nell'ambito della sua funzione decisoria, ad ausilio fornito alle parti ed al giudice, melius al processo nel suo complesso e sin dalla sua fase introduttiva, allo scopo primario di definire in via conciliativa la lite ed al fine secondario di preparazione del contenzioso eventualmente non definito da un accordo tra le parti. Una funzione secondaria ma non meno incisiva di formazione della prova scientifica, in particolare, con riferimento, alla prova delle leges artis, che entrano nel processo in quanto ricostruite dalla CTU con riferimento al caso concreto, alla prova del nesso di causa tra la prestazione sanitaria in concreto adottata e l'evento dannoso allegato, alla prova delle conseguenze pregiudizievoli eventualmente connesse all'evento determinato dalla condotta inadeguata. L'esito della CTU, in quanto mezzo di prova di una quota cospicua dei fatti rilevanti in giudizio, nel corso del procedimento preventivo con finalita' conciliative condizionera' quindi il concreto esercizio degli oneri di parte, obbligandole ad una discovery anticipata che orientera' il giudizio in caso di esito negativo del tentativo di conciliazione. La legge Gelli, all'art. 8, dopo aver stabilito che «chi intende esercitare un'azione innanzi al giudice civile relativa a una controversia di risarcimento del danno derivante da responsabilita' sanitaria e' tenuto preliminarmente a proporre ricorso ai sensi dell'art. 696-bis del codice di procedura civile dinanzi al giudice competente» prevede come obbligatoria la partecipazione al procedimento di ATP di tutte le parti legittimamente convenute in giudizio. Com'e' noto il numero delle parti nel giudizio di responsabilita' sanitaria puo' esser circoscritto ad un solo soggetto (in caso di struttura pubblica in regime di gestione diretta del rischio clinico ed in ipotesi di domanda non proposta verso i singoli operatori sanitari) ma, diversamente, puo' ampliarsi verso un numero elevato di soggetti per il coinvolgimento nella cura del paziente di piu' strutture sanitarie e/o di una pluralita' di operatori sanitari, nonche' delle loro rispettive compagnie assicurative. In tale procedimento preliminare il legislatore ha voluto realizzare una complessa fase istruttoria, obbligatoria seppure in alternativa alla mediazione, che accresce in modo assai significativo la necessita' di anticipazione dei costi del procedimento a carico del paziente, costi identificabili oltre che nelle spese della propria difesa tecnico giuridica e nelle spese della propria difesa tecnico scientifica, anche nel costo della CTU, necessariamente collegiale. 3.4 La questione di legittimita' costituzionale Sotto questo profilo la questione sottoposta al giudicante implica la verifica circa la compatibilita' con gli articoli 2, 3, 24 e 32 della Costituzione italiana, del sistema illustrato e delineato nella legge n. 24/2017, integrato nel regime giuridico delle spese processuali come ricostruito dalla Corte di legittimita'. Difatti, sebbene il nostro ordinamento preveda un sistema di tutela per i non abbienti, mediante l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, la sua delimitazione entro limiti reddituali esigui non esaurisce il tema della verifica in esame. Il costo dell'attivita' del collegio peritale - che a differenza delle altre spese legali (compenso del ctp e del difensore) non possono esser differiti all'esito del giudizio di merito in forza di un accordo negoziale - in primo luogo sorge in limine litis, in secondo luogo e' molto elevato collocandosi in media tra i 5 mila ed i 10 mila euro, ma potendo facilmente toccare i 15-20 mila euro. Esso, se posto sempre e comunque a carico della parte che agisce, rappresenta un significativo ostacolo all'esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale alla salute, producendo inevitabilmente una disparita' di trattamento determinato dalle capacita' economiche della parte, in violazione dell'art. 3 della Carta costituzionale e, di conseguenza, determinando un accesso differenziato alla tutela giurisdizionale, tutelato dall'art. 24 della Costituzione, con inevitabile rischio di pregiudizio per la tutela del diritto alla salute ex art. 32 della Costituzione. Coloro che, pur non rientrando nella categoria dei non abbienti e di conseguenza non beneficiando del patrocinio a spese dello Stato, si ritrovano in condizioni economiche disagiate sono costretti a dover sopportare costi elevati di accesso al procedimento preliminare che, essendo obbligatorio, devono necessariamente instaurare per poter accedere alla tutela giurisdizionale di merito in caso di esito negativo della conciliazione. Cio' determina il rischio di sacrificio dei diritti di cui agli articoli 2 e 24 della Costituzione, concretizzando un ostacolo materiale all'accesso alla giustizia e comportando, dunque, una compressione non tollerabile del diritto di difesa e di azione. Sotto questo profilo occorre considerare, infatti, che la giurisprudenza della Corte costituzionale se da una parte e' pacifica nel ritenere «che la tutela garantita dall'art. 24 della Costituzione non comporta l'assoluta immediatezza dell'esperibilita' del diritto di azione (sentenze n. 251 del 2003 e n. 276 del 2000» perche' «detta tutela giurisdizionale non deve necessariamente porsi in relazione di immediatezza con il sorgere del diritto», dall'altra e' altrettanto rigorosa nell'affermare che «la determinazione concreta di modalita' e di oneri non deve rendere difficile o impossibile l'esercizio di esso (ex multis, sentenze n. 67 del 1990 e n. 186 del 1972)» (Corte costituzionale sentenza n. 243/2014) e che e' legittima la legge che subordina «l'esercizio dei diritti a controlli o condizioni, purche' [tuttavia] non vengano imposti oneri o modalita' tali da rendere impossibile o estremamente difficile l'esercizio del diritto di difesa o lo svolgimento dell'attivita' processuale» (Corte costituzionale 13 aprile 1977, n. 63). E, ancora, che «l'assoggettamento dell'azione giudiziaria all'onere di previo esperimento di rimedi amministrativi, con conseguente differimento della proponibilita' dell'azione a un certo termine decorrente dalla data di presentazione del ricorso, e' legittimo soltanto se giustificato da esigenze di ordine generale o da superiori finalita' di giustizia, fermo restando che, pur nel concorso di tali circostanze, il legislatore deve contenere l'onere nella misura meno gravosa possibile» (Corte costituzionale n. 56/1995). Infine, con riguardo alla giurisdizione condizionata, che «si deve osservare che la costante giurisprudenza di questa Corte ha collegato la legittimita' di forme di accesso alla giurisdizione, subordinate al previo adempimento di oneri finalizzati al perseguimento di interessi generali, al triplice requisito che il legislatore non renda la tutela giurisdizionale eccessivamente difficoltosa (sentenza n. 406 del 1993), contenga l'onere nella misura meno gravosa possibile ed operi un congruo bilanciamento tra l'esigenza di assicurare la tutela dei diritti e le altre esigenze che il differimento dell'accesso alla stessa intende perseguire (sentenza n. 98 del 2014)» (Corte costituzionale sentenza n. 243/2014 cit.). Nello stesso senso, a conferma, puo' ricordarsi anche che la Corte di Giustizia dell'Unione europea, nella sentenza (C-75/16) del 14 giugno 2017, al par. 61, ha affermato tra l'altro che una condizione di procedibilita' puo' risultare compatibile con il principio della tutela giurisdizionale effettiva «qualora tale procedura non conduca a una decisione vincolante per le parti, non comporti un ritardo sostanziale per la proposizione di un ricorso giurisdizionale, sospenda la prescrizione o la decadenza dei diritti in questione e non generi costi, ovvero generi costi non ingenti, per le parti». Benche' l'oggetto del presente procedimento non sia materia di diritto dell'Unione, si deve ritenere che una differente articolazione del diritto di accesso alla giustizia nell'ambito di diritti fondamentali tutelati dalla CDFUE o dalla nostra Costituzione non appaia ragionevole ai sensi dell'art. 3, 24 della Costituzione. In questo senso lo standard di tutela europeo non puo' trovare una irragionevole deroga nella tutela di diritti fondamentali estrani al diritto UE. La circostanza poi che il legislatore abbia previsto la media-conciliazione quale alternativa al procedimento di ATP ex art. 696-bis del codice di procedura civile in materia di responsabilita' medica non elide i dubbi di legittimita' costituzionale appena esposti. In primo luogo perche' i costi della mediazione potrebbero esser contenuti solamente nel caso in cui all'attivazione della procedura non segua la partecipazione della controparte; mentre, al contrario, tali non sono nel caso in cui la procedura segua fisiologicamente il suo corso. In secondo luogo perche', come rilevato dalla parte ricorrente, nella prassi, la finalita' del procedimento di mediazione in materia di responsabilita' medica e' adeguatamente perseguibile solo con la nomina di un ausiliario tecnico del mediatore che affronti, seppur ai soli fini della media-conciliazione, le problematiche tecnico-scientifiche della lite. Sicche' si deve convenire che lo svolgimento effettivo della media-conciliazione in materia di responsabilita' sanitaria abbia normalmente costi superiori e non inferiori a quelli dell'accertamento tecnico preventivo previsto dall'art. 696-bis del codice di procedura civile. Anche se, qui sta altra irragionevole differenza con la situazione in esame, ai sensi dell'art. 16, comma 11 del decreto ministeriale del 18 ottobre 2010, n. 180 e successive modifiche «Le spese di mediazione indicate sono dovute in solido da ciascuna parte che ha aderito al procedimento». Mentre quelle di CTU nel procedimento di cui all'art. 696-bis del codice di procedura civile sono addebitabili secondo il diritto vivente solo alla parte richiedente. Si rammenti anche che, consapevole del rilievo dei costi e della posizione di debolezza del paziente che si affaccia al giudizio con un esiguo numero di elementi di valutazione e prova il legislatore della legge n. 24/2017, nell'art. 8 ha previsto l'obbligo di addebito, all'esito del giudizio di merito, del pagamento delle spese di consulenza e di lite, a carico della parte convenuta che sia rimasta contumace, indipendentemente dall'esito del giudizio, oltre che la possibilita' di condanna al pagamento di una pena pecuniaria, determinata equitativamente, in favore della parte ricorrente. Un riequilibrio, non a caso, ritenuto necessario dal legislatore, ma inidoneo a produrre effetti sul diritto di agire che, con riferimento al compenso del collegio peritale nella CTU del procedimento di cui all'art. 696-bis del codice di procedura civile e 8 della legge n. 24/2017, opera in limine litis, sensibilmente incidendo sui rapporti di forza tra le parti che si affacciano al giudizio ed al tentativo di conciliazione. Come anticipato la questione di legittimita' costituzionale e' circoscritta al divieto per il giudice di addebitare il costo della CTU da svolgersi nel procedimento preliminare, in tutto od in parte, ad un soggetto diverso dal ricorrente. Non coinvolge percio' l'intero regime delle spese legali che ogni parte dovra', per se', anticipare, salvo diverso accordo con i propri professionisti in merito al differimento del pagamento del compenso all'esito del giudizio. Il significativo costo della CTU in esame e' invece indifferibile e - allo stato attuale della disciplina grava solo sul richiedente. Sul piano pratico vale anche la pena ricordare che la necessita' di ricorrere ad esperti estranei all'ambito sanitario coinvolto nella lite e la possibile complessita' degli accertamenti tecnico diagnostici rendono frequente una elevata incidenza delle spese di viaggio e di complessi accertamenti diagnostici di laboratorio. Se l'esito dell'eventuale pronuncia di incostituzionalita' potra' ben esser circoscritto alle spese di CTU, nel solo procedimento di cui all'art., 696-bis del codice di procedura civile e 8 della legge n. 24 del 2017, senza implicare una modifica del regime delle spese legali, vale la pena ricordare il sopra citato art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 5/2003 in materia di rito cautelare commerciale, rito commerciale poi interamente abrogato, secondo cui «Il magistrato designato provvede, in ogni caso, sulle spese del procedimento a norma degli articoli 91 e seguenti del codice di procedura civile». Peraltro, l'esito di una eventuale pronuncia di incostituzionalita' si ritiene pienamente compatibile con la tradizione giuridica richiamata dalla Cassazione civile, SS.UU., nella sentenza n. 2021 del 28 aprile 1989, in particolare con riferimento al principio per cui «la pronunzia di condanna alle spese puo' essere pronunziata anche con interlocutio nel corso del giudizio, anziche' con sententia e, quindi, prescindendo dalla soccombenza della parte in punto di merito» e che «la condanna alle spese non e' la cagione della soccombenza in punto di merito, ma costituisce la conseguenza obiettiva di una situazione di disagio posta in essere da una delle parti in danno dell'altra, la cui pronunzia puo' essere data con ordinanza» nonche' dell'asserto per cui «Non v'e' dubbio, quindi, che la liquidazione delle spese operata addirittura nel corso del giudizio, e, quindi, prescindendo dalla pronunzia sulla soccombenza nel merito, ed operata con interlocutio anziche' con sententia, sia, pur nella sua peculiarita', nostra tradizione giuridica, finalizzata allo sveltimento dei processi in funzione dell'economia dei giudizi, secondo la direttiva stessa impressa al codice di procedura civile per evitare lo spreco di giurisdizione». Se e' vero che il processo civile, in generale ed in particolare quello in materia di responsabilita' sanitaria si rivela sempre meno un anodino e cieco percorso verso la decisione finale e sempre piu' come una serie di snodi selettivi volti alla costruzione progressiva della decisione. E che in questo modello processuale anche la decisione di addebitare l'anticipo del costo della CTU, in qualsiasi fase essa verra' svolta, a carico di una parte diversa da quella richiedente, quando quest'ultima parte appaia destinata a risultare vittoriosa almeno in parte all'esito del giudizio, potrebbe rappresentare uno di quegli atti di interlocuzione consapevole in grado di orientare il processo. Il diverso regime attuale aggrava invece in misura irragionevole l'accesso alla tutela da parte del paziente, anche di fronte ad un esito della futura lite di merito che si preconizzi del tutto favorevole, con l'addebito di un costo che potrebbe esser insostenibile o irragionevolmente gravoso. Si pensi a mero titolo di esempio alle controversie per responsabilita' sanitaria odontoiatrica, in cui il valore medio del risarcimento non supera i 10.000 euro, laddove pero' il costo della CTU copre l'intero ammontare della pretesa risarcitoria ed, infine, il paziente ha gia' pagato un, almeno equivalente, importo per il corrispettivo della prestazione sanitaria, normalmente in regime privatistico. O per converso ai casi di complessi accertamenti diagnostici o di verifiche biotecnologiche su impianti di ultima generazione, che potrebbero richiedere esborsi per costi di laboratorio ingenti. Od ancora alle consulenze, non rare, che necessitino di tre o quattro differenti specializzazioni oltre alle competenze del medico legale. La necessita' del paziente di dover anticipare l'importo di 5-10 o anche 15-20 mila euro nelle diverse ipotesi sopra prospettate, e' poi anche destinata ad incidere sull'equita' del processo conciliativo cui l'istituto giuridico in esame e' finalizzato, ponendo paziente non abbiente in una posizione di debolezza economica nella trattativa pur all'interno di un procedimento giurisdizionale. Un esito, questo, anche incoerente con la nuova funzione di condizione di procedibilita' principalmente finalizzata alla definizione integrale, ancorche' conciliativa, del giudizio. Infine puo' darsi rilievo al fatto che la spesa relativa al compenso del collegio peritale, in ragione del fatto che la CTU nel procedimento di cui all'art. 696-bis del codice di procedura civile e' divenuta necessaria come conseguenza della sua previsione legale non e' un costo che consegue ad una scelta processuale che il paziente potrebbe non fare. Lo snodo processuale che si sottopone al vaglio della Corte puo' certamente apparire di ridotta rilevanza rispetto ad altre vicende ordinamentali di piu' ampia portata: ma si tratta di un vincolo legale pur sempre in grado di incidere in misura sostanziale sul grado di tutela del diritto alla salute. Si consenta per tale ragione di ricordare questa Corte ha osservato che «al riconoscimento della titolarita' di diritti non puo' non accompagnarsi il riconoscimento del potere di farli valere innanzi ad un giudice in un procedimento di natura giurisdizionale»: pertanto, «l'azione in giudizio per la difesa dei propri diritti [...] e' essa stessa il contenuto di un diritto, protetto dagli articoli 24 e 113 della Costituzione e da annoverarsi tra quelli inviolabili e caratterizzanti lo stato democratico di diritto» (sentenza n. 26 del 1999, nonche' n. 120 del 2014, n. 386 del 2004 e n. 29 del 2003). Il diritto al giudice ed a una tutela giurisdizionale effettiva dei diritti inviolabili e' sicuramente tra i grandi principi di civilta' giuridica in ogni sistema democratico del nostro tempo», (cosi' Corte costituzionale, sentenza n. 238 del 22 ottobre 2014, par. 3.4). Per tali ragioni la necessita' di decidere, secondo il diritto vivente, di porre il costo della CTU, comprensivo di spese oneri ed accessori e superiore ai 7 mila euro, a carico - in tutto od in parte - della parte richiedente le cui ragioni sul piano medico legale appaiono confermate dall'esito della relazione del collegio peritale, giustifica la rilevanza ed il sospetto non manifesta infondatezza della proposta questione di legittimita' costituzionale.
P. Q. M. Il Tribunale di Firenze, visti gli articoli 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale con riferimento agli articoli 2, 3, 24 e 32 della Costituzione: del combinato disposto dell'art. 8 del decreto del Presidente della Repubblica del 30 maggio 2002, n. 115, 91 del codice di procedura civile, dell'art. 8, commi 1 e 2 della legge dell'8 marzo 2017, n. 24, dell'art. 669-quaterdecies e dell'art. 669-septies del codice di procedura civile, nella parte in cui escludono, che il giudice possa addebitare, in tutto o in parte, a carico di una parte diversa da quella ricorrente, il costo della CTU svolta nel procedimento di cui all'art. 696-bis del codice di procedura civile e 8 della legge dell'8 marzo 2017, n. 24. Dispone la sospensione del presente giudizio ed ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ordina alla Cancelleria di notificare la presente ordinanza alle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri e di comunicarla ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Si provvede a deposito telematico con firma digitale. Firenze, 21 maggio 2020 Il Giudice: Minniti