N. 223 SENTENZA 23 settembre - 23 ottobre 2020

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Esecuzione forzata - Esecuzione nei confronti  degli  enti  locali  -
  Somme di denaro destinate al  pagamento  di  retribuzioni  e  oneri
  previdenziali,  delle  rate  di  mutui  e  prestiti  obbligazionari
  nonche' all'espletamento  dei  servizi  pubblici  indispensabili  -
  Impignorabilita' -  Inopponibilita'  nei  confronti  dei  creditori
  "qualificati" - Omessa previsione  -  Denunciata  irragionevolezza,
  violazione del principio di eguaglianza, ingiustificata  disparita'
  di trattamento - Non fondatezza della questione. 
- Decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, art. 159. 
- Costituzione, artt. 3, 24 e 117, primo comma;  Convenzione  per  la
  salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle  liberta'  fondamentali,
  art. 6; Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia
  dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, art. 1. 
(GU n.44 del 28-10-2020 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Mario Rosario MORELLI; 
Giudici :Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana  SCIARRA,  Daria
  de PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  159  del
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico  delle  leggi
sull'ordinamento   degli   enti   locali),   promosso   dal   Giudice
dell'esecuzione  del  Tribunale  ordinario   di   Napoli   Nord   nel
procedimento  vertente  tra  la  Banca   Farmafactoring   spa   (gia'
Farmafactoring spa) e il Comune di Sant'Antimo e altro, con ordinanza
del 2 maggio 2019, iscritta al n. 13 del registro  ordinanze  2020  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica  n.  7,  prima
serie speciale, dell'anno 2020. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 23 settembre 2020 il  Giudice
relatore Luca Antonini; 
    deliberato nella camera di consiglio del 23 settembre 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con  ordinanza  depositata  il  2  maggio  2019,  il  Giudice
dell'esecuzione del Tribunale ordinario di Napoli Nord ha sollevato -
in  riferimento  agli  artt.  3,  24  e  117,  primo   comma,   della
Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 6 della  Convenzione
per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, e all'art.  1
del Protocollo addizionale alla CEDU, firmato a Parigi  il  20  marzo
1952, entrambi ratificati e resi esecutivi con legge 4  agosto  1955,
n. 848 - questioni di legittimita' costituzionale dell'art.  159  del
decreto legislativo 18 agosto 2000,  n.  267,  recante  «Testo  unico
delle leggi sull'ordinamento degli enti locali» (d'ora innanzi: anche
TUEL). 
    Tale disposizione cosi' recita: «1. Non sono ammesse procedure di
esecuzione e di  espropriazione  forzata  nei  confronti  degli  enti
locali presso soggetti diversi dai  rispettivi  tesorieri.  Gli  atti
esecutivi eventualmente intrapresi non determinano vincoli  sui  beni
oggetto della  procedura  espropriativa.  2.  Non  sono  soggette  ad
esecuzione forzata, a pena di nullita' rilevabile anche d'ufficio dal
giudice, le somme di competenza degli enti  locali  destinate  a:  a)
pagamento  delle  retribuzioni  al   personale   dipendente   e   dei
conseguenti  oneri  previdenziali  per  i  tre  mesi  successivi;  b)
pagamento delle rate di mutui e di prestiti  obbligazionari  scadenti
nel  semestre  in  corso;  c)   espletamento   dei   servizi   locali
indispensabili.  3.  Per  l'operativita'  dei  limiti  all'esecuzione
forzata di cui  al  comma  2  occorre  che  l'organo  esecutivo,  con
deliberazione  da  adottarsi  per  ogni  semestre  e  notificata   al
tesoriere,  quantifichi  preventivamente  gli  importi  delle   somme
destinate  alle  suddette  finalita'.  4.  Le   procedure   esecutive
eventualmente intraprese in violazione del comma  2  non  determinano
vincoli sulle somme ne' limitazioni all'attivita' del tesoriere. 5. I
provvedimenti   adottati   dai   commissari   nominati   a    seguito
dell'esperimento delle procedure di cui all'articolo 37 della legge 6
dicembre 1971, n. 1034, e di cui all'articolo 27, comma 1, numero  4,
del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, emanato con regio
decreto   26   giugno   1924,   n.   1054,   devono   essere   muniti
dell'attestazione di  copertura  finanziaria  prevista  dall'articolo
151, comma 4, e non possono avere ad oggetto le  somme  di  cui  alle
lettere a), b) e c) del comma 2, quantificate ai sensi del comma 3». 
    La disposizione e' censurata nella parte in cui non  esclude  che
la impignorabilita' da essa stabilita sia  opponibile  a  coloro  che
vantano crediti riconducibili a una delle finalita' indicate  al  suo
comma 2. 
    2.- Le questioni sono sorte nell'ambito  di  un  procedimento  di
pignoramento presso il terzo tesoriere dell'ente locale esecutato. 
    In punto di rilevanza, riferisce il rimettente che  il  tesoriere
dell'ente  locale,   rendendo   la   dichiarazione   di   terzo,   ha
rappresentato l'esistenza di  una  deliberazione  di  quantificazione
delle somme sottratte all'esecuzione forzata, adottata ai  sensi  del
comma 3 dell'art. 159 del TUEL e opponibile al creditore procedente. 
    Osserva, inoltre, il giudice a quo, per quanto qui interessa, che
il procedimento  di  cui  e'  investito  e'  fondato  su  un  decreto
ingiuntivo, non opposto, avente ad oggetto un credito che «attiene ad
una delle finalita'  protette  dalla  delibera  di  impignorabilita'»
appena menzionata, la quale preclude la  realizzazione  coattiva  del
credito stesso. 
    2.1.- In ordine alla non manifesta infondatezza, il Tribunale  di
Napoli Nord premette che  il  vincolo  di  impignorabilita'  previsto
dalla disposizione  censurata  e'  efficace  nei  confronti  sia  dei
creditori «ordinari», sia di quelli il cui «diritto trovi "causa"  in
una delle finalita' protette ai sensi dell'art. 159, comma 2, TUEL». 
    Secondo il giudice a quo, infatti, non e' possibile  interpretare
la   norma   censurata   secundum   constitutionem,   ritenendo   che
l'impignorabilita'  sia  inopponibile  ai  creditori   «protetti»   o
«qualificati», poiche' vi osterebbe il suo tenore letterale. 
    In tal  modo,  tuttavia,  ad  avviso  del  rimettente,  la  norma
denunciata, per un  verso,  finirebbe  per  contraddire  se'  stessa,
pregiudicando proprio quei  creditori  alla  cui  protezione  sarebbe
preordinata; per l'altro, riserverebbe ingiustificatamente  a  questi
creditori la  medesima  disciplina  dettata  per  quelli  «ordinari»,
ovvero  titolari  di  crediti  che  non  traggono  origine   da   una
prestazione connessa con le finalita' di cui al comma 2 dell'art. 159
del TUEL. 
    Di qui la dedotta violazione dell'art. 3 Cost., sotto il  profilo
della irragionevolezza intrinseca e della disparita' di trattamento. 
    L'omessa esclusione dei creditori  «qualificati»,  o  «protetti»,
dalla opponibilita' del divieto di esecuzione forzata in discorso  si
tradurrebbe, inoltre, in una limitazione della tutela giurisdizionale
in sede esecutiva, che non sarebbe quindi piena ed effettiva, sicche'
la norma denunciata si porrebbe in contrasto anche con gli artt. 24 e
117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art.  6  della
CEDU e all'art. 1 del Protocollo addizionale alla stessa. 
    3.- E' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
chiedendo  che  le  questioni  siano  dichiarate   inammissibili   e,
comunque, manifestamente infondate. 
    3.1.- L'eccezione preliminare  d'inammissibilita'  e'  imperniata
sulla  insufficiente  descrizione  della  fattispecie   oggetto   del
giudizio a quo. 
    In particolare, la difesa statale sostiene che  il  Tribunale  di
Napoli Nord non avrebbe descritto il  contenuto  della  deliberazione
adottata nella specie dall'ente locale ai sensi dell'art. 159,  comma
3, del TUEL, con conseguente difetto di motivazione sulla  rilevanza,
avuto riguardo alla  ascrivibilita'  del  credito  azionato  in  sede
esecutiva alla categoria dei crediti «qualificati»  come  tali  dalla
delibera stessa. 
    3.2.- Nel merito, le questioni sarebbero infondate. 
    L'Avvocatura generale dello Stato prende le mosse  dalla  censura
afferente alla lesione dell'art. 3 Cost.,  rilevando  anzitutto  che,
come emerge dalla sentenza n. 211 del 2003 di questa Corte, la  ratio
della disposizione denunciata sarebbe sia  quella  «di  sottrarre  ad
iniziative esecutive individuali "diffuse"» le somme quantificate con
la  delibera   di   destinazione   alle   finalita'   essenziali   di
funzionamento dell'ente locale, sia quella  «di  garantire  che,  una
volta determinato tale vincolo di  destinazione,  il  soddisfacimento
dei creditori avvenga rispettando uno specifico ordine  cronologico».
Quindi, la difesa statale osserva  che  i  creditori  «protetti»  non
possono agire individualmente ma, al pari dei  creditori  «ordinari»,
saranno  soddisfatti  «solo   nell'ordine   cronologico   determinato
dall'Amministrazione»; i primi, tuttavia, godrebbero comunque di  una
tutela  particolare,   perche'   le   somme   destinate   alla   loro
soddisfazione non potrebbero essere oggetto di aggressione nemmeno da
parte dei secondi. 
    Anche le censure inerenti alla violazione degli artt. 24  e  117,
primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 6 della CEDU e
all'art. 1 del Protocollo addizionale alla stessa, sarebbero prive di
fondamento. 
    In proposito, l'Avvocatura generale dello Stato rimarca, in primo
luogo, che la limitazione alla tutela giurisdizionale  derivante  dal
denunciato art. 159  del  TUEL  non  sarebbe  assoluta  ma  relativa:
l'impignorabilita' prevista da  tale  norma  e'  difatti  subordinata
all'adozione della suddetta delibera semestrale di quantificazione e,
a seguito della citata  sentenza  additiva  n.  211  del  2003,  alla
mancata emissione da parte dell'ente locale di mandati  di  pagamento
per titoli diversi da quelli vincolati senza l'osservanza dell'ordine
cronologico delle fatture  pervenute  o,  se  non  e'  prescritta  la
fattura, delle deliberazioni di impegno. 
    D'altra parte, prosegue la difesa statale, l'impignorabilita'  in
parola,  pur  comportando  una  relativa  compressione  della  tutela
giurisdizionale    in    sede    esecutiva,    troverebbe    adeguata
giustificazione   nella   esigenza   di   tutelare    altri    valori
costituzionalmente rilevanti, risolvendosi pertanto in un equilibrato
bilanciamento degli interessi in gioco. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Giudice dell'esecuzione del Tribunale ordinario di  Napoli
Nord dubita - in riferimento agli artt. 3, 24  e  117,  primo  comma,
della  Costituzione,  quest'ultimo  in  relazione  all'art.  6  della
Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4  novembre  1950,  e
all'art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU, firmato a Parigi  il
20 marzo 1952, entrambi ratificati  e  resi  esecutivi  con  legge  4
agosto 1955, n. 848 - della legittimita' costituzionale dell'art. 159
del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante «Testo  unico
delle leggi sull'ordinamento degli enti locali» (d'ora innanzi: anche
TUEL). 
    Tale disposizione prevede che: «1. Non sono ammesse procedure  di
esecuzione e di  espropriazione  forzata  nei  confronti  degli  enti
locali presso soggetti diversi dai  rispettivi  tesorieri.  Gli  atti
esecutivi eventualmente intrapresi non determinano vincoli  sui  beni
oggetto della  procedura  espropriativa.  2.  Non  sono  soggette  ad
esecuzione forzata, a pena di nullita' rilevabile anche d'ufficio dal
giudice, le somme di competenza degli enti  locali  destinate  a:  a)
pagamento  delle  retribuzioni  al   personale   dipendente   e   dei
conseguenti  oneri  previdenziali  per  i  tre  mesi  successivi;  b)
pagamento delle rate di mutui e di prestiti  obbligazionari  scadenti
nel  semestre  in  corso;  c)   espletamento   dei   servizi   locali
indispensabili.  3.  Per  l'operativita'  dei  limiti  all'esecuzione
forzata di cui  al  comma  2  occorre  che  l'organo  esecutivo,  con
deliberazione  da  adottarsi  per  ogni  semestre  e  notificata   al
tesoriere,  quantifichi  preventivamente  gli  importi  delle   somme
destinate  alle  suddette  finalita'.  4.  Le   procedure   esecutive
eventualmente intraprese in violazione del comma  2  non  determinano
vincoli sulle somme ne' limitazioni all'attivita' del tesoriere. 5. I
provvedimenti   adottati   dai   commissari   nominati   a    seguito
dell'esperimento delle procedure di cui all'articolo 37 della legge 6
dicembre 1971, n. 1034, e di cui all'articolo 27, comma 1, numero  4,
del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, emanato con regio
decreto   26   giugno   1924,   n.   1054,   devono   essere   muniti
dell'attestazione di  copertura  finanziaria  prevista  dall'articolo
151, comma 4, e non possono avere ad oggetto le  somme  di  cui  alle
lettere a), b) e c) del comma 2, quantificate ai sensi del comma 3». 
    2.- Va innanzitutto precisato, al fine di individuare esattamente
il petitum del presente giudizio, che,  benche'  nel  dispositivo  il
giudice a quo abbia fatto riferimento all'intero art. 159  del  TUEL,
il sospetto di illegittimita'  costituzionale  ha  ad  oggetto,  come
chiaramente si evince dalla complessiva motivazione dell'ordinanza di
rimessione, il solo comma 2: norma, questa, che  e'  censurata  nella
parte in cui non prevede che l'impignorabilita' da essa stabilita sia
inopponibile a coloro che vantano crediti riconducibili a  una  delle
finalita' da essa stessa prese in considerazione. 
    2.1.- L'omessa previsione normativa lederebbe,  in  primo  luogo,
l'art.  3  Cost.,  sotto  i  profili  della  ragionevolezza  e  della
eguaglianza. 
    Il  vulnus  al   canone   della   ragionevolezza   discenderebbe,
segnatamente,  dalla  intrinseca   contraddittorieta'   della   norma
denunciata: la  sua  ratio,  ad  avviso  del  rimettente  ravvisabile
nell'esigenza di tutelare i creditori  «qualificati»,  ovvero  coloro
che vantano crediti riconducibili alle  suddette  finalita',  sarebbe
difatti tradita dalla opponibilita' della  impignorabilita'  anche  a
tali creditori. 
    Sotto il  secondo  profilo,  invece,  la  disposizione  censurata
determinerebbe  una   ingiustificata   disparita'   di   trattamento,
sottoponendo alla stessa disciplina categorie di creditori -  quelli,
cioe', «qualificati» o «protetti» (alla luce di quanto appena detto),
da un lato, e quelli «ordinari», dall'altro -  che  sarebbero  invece
eterogenee. 
    La compressione della tutela giurisdizionale in  sede  esecutiva,
derivante dalla opponibilita' del divieto di esecuzione forzata anche
ai creditori asseritamente  «protetti»,  comporterebbe,  inoltre,  il
denunciato contrasto con gli artt. 24  e  117,  primo  comma,  Cost.,
quest'ultimo in relazione all'art. 6 della  CEDU  e  all'art.  1  del
Protocollo addizionale alla stessa. 
    3.-  L'Avvocatura  generale  dello   Stato   ha   preliminarmente
sollevato eccezione d'inammissibilita'  per  difetto  di  motivazione
sulla rilevanza, non avendo il giudice a quo descritto  adeguatamente
la  fattispecie  oggetto  del  procedimento  esecutivo  di   cui   e'
investito. 
    In particolare,  dall'ordinanza  di  rimessione  non  emergerebbe
l'ascrivibilita' del credito posto a fondamento del pignoramento alla
categoria dei crediti «qualificati»  alla  luce  della  deliberazione
semestrale di impignorabilita' adottata nella specie dall'ente locale
esecutato,  giacche'  il  contenuto  di  questa  non  sarebbe   stato
descritto. 
    L'eccezione cosi' formulata non e' meritevole di accoglimento. 
    Se  e',  infatti,  vero  che  l'ordinanza   di   rimessione   non
rappresenta analiticamente il contenuto della suddetta deliberazione,
nondimeno  essa  precisa  che  il  credito  vantato   dal   creditore
procedente «attiene ad una delle finalita' protette dalla delibera di
impignorabilita'». Contrariamente a quanto sostenuto  dall'Avvocatura
generale dello Stato, il rimettente ha dunque espressamente affermato
la riconducibilita' del  credito,  sulla  base  del  quale  e'  stata
intrapresa  l'esecuzione,   a   quelli   oggetto   della   menzionata
deliberazione. 
    Sotto questo aspetto, quindi, le questioni sollevate superano  il
vaglio di ammissibilita'. 
    4.- La questione formulata in riferimento agli artt.  24  e  117,
primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 6 della CEDU e
all'art. 1 del Protocollo  addizionale  alla  stessa,  e',  tuttavia,
inammissibile per una diversa ragione. 
    Il rimettente non ha, infatti, assolto l'onere di motivazione  in
ordine alla non manifesta  infondatezza  del  prospettato  dubbio  di
legittimita' costituzionale. 
    La struttura della motivazione dell'ordinanza di  rimessione  e',
invero, tutta volta a denunciare la lesione dell'art. 3 Cost.,  sotto
gli indicati profili. 
    In questo contesto, il giudice a quo  si  limita  in  sostanza  a
ricordare - peraltro attraverso il mero richiamo a due  sentenze,  da
sole comunque inidonee ad assolvere l'onere di motivazione che  grava
su di esso (ordinanza n. 85 del 2018) - che il diritto  di  agire  in
giudizio comprende la fase della tutela esecutiva. 
    Egli non adduce, tuttavia, alcuno specifico e autonomo  argomento
circa  le  ragioni  per  cui  la   disciplina   censurata   minerebbe
l'effettivita' della tutela giurisdizionale in questa fase, ovvero le
concrete modalita' lesive dei parametri in esame, il contrasto con  i
quali risulta quindi dedotto in maniera generica e assertiva. 
    5.- Nel merito, la questione inerente alla violazione dell'art. 3
Cost. non e' fondata. 
    5.1.-  E'   opportuno   ricordare,   innanzitutto,   la   portata
complessiva dell'art. 159 del TUEL, che non e' certamente diretto  ad
accordare un generico  privilegio  di  impignorabilita'  al  pubblico
denaro,  essendo  piuttosto  volto   a   proteggere,   sotto   rigide
condizioni, quanto e' necessario  per  garantire  determinate  spese,
giudicate dal legislatore meritevoli di particolare tutela in  quanto
coessenziali, in ultima analisi, alla funzionalita'  e  all'esistenza
stessa  dell'ente  locale:  a  valori  quindi  che   trovano   tutela
costituzionale nel principio autonomistico (sentenze n. 154 del  2013
e n. 155 del 1994). 
    Questa norma, infatti, dopo aver disposto, al comma 1, il divieto
di intraprendere procedure di esecuzione e di espropriazione  forzata
presso soggetti diversi dagli istituti tesorieri degli  enti  locali,
stabilisce, al  comma  2,  l'impignorabilita',  a  pena  di  nullita'
rilevabile anche d'ufficio, delle sole somme di denaro di  tali  enti
destinate: a) al pagamento delle retribuzioni dei dipendenti nei  tre
mesi successivi e al versamento dei connessi oneri previdenziali;  b)
al pagamento delle rate di mutui e prestiti  obbligazionari  scadenti
nel semestre in  corso;  c)  all'espletamento  dei  servizi  pubblici
indispensabili. 
    Si tratta, in primo luogo, di una elencazione che deve  ritenersi
tassativa, dal momento che  i  limiti  alla  pignorabilita'  previsti
dalla norma in esame si traducono in una deroga al principio generale
per cui, salve, appunto, le limitazioni previste  dalla  legge,  ogni
debitore risponde dell'adempimento delle  obbligazioni  con  tutti  i
suoi beni (art. 2740, commi primo e secondo, del codice civile),  che
possono  conseguentemente  essere  espropriati  dal   creditore   per
conseguire quanto gli e' dovuto,  secondo  le  regole  stabilite  dal
codice di procedura civile (art. 2910, primo comma, cod. civ.). 
    In secondo luogo, l'operativita' di  tali  limiti  all'esecuzione
forzata e' gradata, sotto l'aspetto della  loro  quantificazione,  in
relazione alle tipologie di spesa: per le retribuzioni dei dipendenti
e il versamento dei connessi oneri previdenziali si prevede, infatti,
un vincolo temporale trimestrale, che diventa semestrale per le  rate
di mutui e di  prestiti  obbligazionari,  in  modo  da  garantire  la
capacita' dell'ente di ricorso al credito  per  soddisfare  finalita'
pubbliche;  non  si  prevede,  invece,  alcun  vincolo  temporale  in
relazione alle spese attinenti all'espletamento dei servizi  pubblici
indispensabili, proprio a  significare  la  piu'  intensa  protezione
della  specifica  missione  dell'ente  locale  nei  confronti   della
comunita' di riferimento. 
    In terzo luogo, ai sensi del comma  3  dell'art.  159  del  TUEL,
l'opponibilita'   della   impignorabilita'   introdotta   dal   comma
precedente presuppone  l'adozione,  da  parte  dell'organo  esecutivo
dell'ente locale, di una deliberazione semestrale,  che  deve  essere
notificata al tesoriere, di quantificazione  preventiva  delle  somme
necessarie alla  realizzazione  delle  finalita'  pubbliche  ritenute
essenziali dal legislatore. E'  del  tutto  evidente,  peraltro,  che
siffatta quantificazione deve essere improntata ai principi  di  buon
andamento  e  di  imparzialita';  non  potra'  quindi   tradursi   in
deliberazioni   che,   ad   esempio,    sottopongano    al    vincolo
d'impignorabilita'   importi   eccedenti   quelli    necessari    per
l'attuazione delle suddette finalita' o  afferenti  a  prestazioni  e
servizi a esse  estranee,  in  tal  modo  in  sostanza  paralizzando,
tramite un arbitrario "scudo", qualsiasi  esecuzione  intrapresa  dai
creditori: in casi di questo genere ben potendo questi ultimi trovare
tutela attraverso gli  ordinari  rimedi  giurisdizionali  dinanzi  al
giudice comune. 
    Infine,   una   volta    intervenuta    la    deliberazione    di
quantificazione,  e  sorto  cosi'  il  vincolo  di  impignorabilita',
operano altre rigide condizioni, in quanto  l'ente  locale  non  puo'
distogliere le somme necessarie  per  l'espletamento  delle  funzioni
essenziali utilizzandole per altre finalita', mediante l'emissione di
mandati a titoli differenti, se  non  nel  rispetto  di  un  rigoroso
ordine cronologico: a seguito della sentenza additiva di questa Corte
n. 211 del 2003, infatti, «la impignorabilita' delle somme  destinate
ai fini indicati alle lettere a), b) e c) del  comma  2  non  oper[a]
qualora, dopo  la  adozione  da  parte  dell'organo  esecutivo  della
deliberazione semestrale di preventiva quantificazione degli  importi
delle somme destinate alle suddette finalita' e la  notificazione  di
essa al soggetto tesoriere dell'ente locale, siano emessi  mandati  a
titoli  diversi  da  quelli   vincolati,   senza   seguire   l'ordine
cronologico delle fatture cosi' come pervenute per il pagamento o, se
non e' prescritta fattura, delle deliberazioni di  impegno  da  parte
dell'ente stesso». 
    5.2.- Cio' premesso, si deve rilevare che il giudice a quo  muove
in realta' da un erroneo presupposto, quando argomenta la censura per
intrinseca irragionevolezza sostenendo che il comma 2  dell'art.  159
del TUEL, in contrasto con la ratio che lo connota,  pregiudicherebbe
proprio quei creditori alla cui protezione sarebbe preordinato. 
    La tesi  del  rimettente  si  fonda,  in  sostanza,  sull'assunto
secondo  cui  lo  scopo   della   impignorabilita'   prevista   dalla
disposizione  censurata  sarebbe  quello  di  tutelare  i   creditori
«qualificati». 
    Questo assunto non e' condivisibile, dal momento che la norma  in
discorso  non  e'  preordinata,  in  se',  a  garantire   l'interesse
individuale dei singoli creditori «qualificati», ma e' essenzialmente
rivolta, come detto, ad assicurare, nel rispetto del complesso  delle
rigide condizioni sopra ricordate, la funzionalita' dell'ente locale:
in quest'ottica, essa e' diretta  a  evitare  che  l'aggressione,  da
qualsiasi creditore provenga, di una  riserva  essenziale  di  denaro
possa  giungere  a  impedire,  fino  in  ipotesi  a  determinarne  la
paralisi,  l'espletamento  di  determinate   funzioni   istituzionali
ritenute dal legislatore essenziali alla vita stessa dell'ente. 
    L'impignorabilita', infatti, e' in sostanza destinata  a  operare
allorquando il  saldo  attivo  presso  l'istituto  tesoriere  sia  di
ammontare inferiore o eguale all'entita' delle somme quantificate con
la delibera semestrale dell'ente locale.  In  siffatto  contesto,  e'
evidente come  l'aggressione  individuale,  ancorche'  basata  su  un
credito «qualificato», in quanto maturato in relazione  a  una  delle
menzionate finalita', potrebbe comunque  condurre  alla  decurtazione
anche significativa o,  addirittura,  all'azzeramento  delle  risorse
finanziarie   dell'ente    stesso,    cosi'    compromettendone    la
funzionalita'. 
    Questa Corte, del resto, ha gia' avuto occasione di  precisare  -
nel  dichiarare  la  manifesta  infondatezza   delle   questioni   di
legittimita' costituzionale del comma 1 dell'art. 159 del  TUEL  (che
non ammette procedure  esecutive  nei  confronti  degli  enti  locali
presso soggetti diversi dai rispettivi tesorieri) - che questa  norma
e' «evidentemente funzionale alla  esigenza  di  imprimere»,  proprio
«secondo  quanto  previsto  dai  [successivi]  commi  2  e  3»,   una
determinata destinazione alle risorse finanziarie dell'ente locale «a
tutela dell'interesse pubblico» (ordinanza n. 83 del 2003). 
    Nella medesima direzione, inoltre,  anche  la  giurisprudenza  di
legittimita' ha osservato che il vincolo di impignorabilita'  di  cui
all'art. 159, comma 2, del TUEL e' «finalizzato ad evidenti  esigenze
pubblicistiche di tutela della funzionalita'» degli enti locali, come
e' dimostrato  dalla  espressa  previsione  della  sua  rilevabilita'
ufficiosa (ex plurimis, Corte di cassazione,  sezione  sesta  civile,
ordinanza 6 dicembre 2018, n. 31661). 
    Che il vincolo d'impignorabilita' in parola sia posto a  presidio
del corrente e tempestivo espletamento delle  funzioni  istituzionali
degli  enti  locali,  e  non  dell'interesse  di  ciascun   creditore
«qualificato» a essere soddisfatto, trova, d'altra  parte,  ulteriore
conferma nel rilievo per cui l'art. 159 del TUEL  non  prescrive  che
siano   indicati   partitamente,   nella   delibera   semestrale   di
quantificazione delle somme impignorabili,  i  singoli  crediti,  ne'
tanto meno i singoli creditori,  stabilendo  piuttosto  che  in  essa
vengano  quantificati  gli  importi  complessivamente  destinati   al
perseguimento delle indicate finalita'. 
    Sulla scorta delle  considerazioni  svolte,  deve  quindi  essere
esclusa la contraddittorieta' dedotta dal rimettente, risultando,  al
contrario,  il  precetto  denunciato  non  incoerente  con  la  ratio
normativa appena tratteggiata. 
    5.3.- Le argomentazioni che precedono  dimostrano  l'infondatezza
della censura anche sotto  l'altro  profilo  in  cui  e'  articolata,
inerente all'irragionevole disparita' in tesi  derivante  dall'eguale
trattamento riservato  ai  creditori  asseritamente  «protetti»  e  a
quelli «ordinari». 
    Si e' chiarito, infatti, che i pignoramenti, tanto da parte degli
uni, quanto da parte degli altri, potrebbero minare la  funzionalita'
della  pubblica  amministrazione  locale,  con  la  conseguenza   che
l'equiparazione  operata  dalla  norma  denunciata   trova   adeguata
giustificazione nell'esigenza di non vanificare  lo  scopo  che  essa
persegue. 
    Deve pertanto escludersi che la scelta  legislativa  di  trattare
allo stesso modo  le  due  categorie  di  creditori  possa  ritenersi
irragionevole. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 159 del decreto legislativo 18 agosto  2000,
n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti  locali),
sollevata, in riferimento agli artt. 24 e  117,  primo  comma,  della
Costituzione - quest'ultimo in relazione all'art. 6 della Convenzione
per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, e all'art.  1
del Protocollo addizionale alla CEDU, firmato a Parigi  il  20  marzo
1952, entrambi ratificati e resi esecutivi con legge 4  agosto  1955,
n. 848 - dal  Giudice  dell'esecuzione  del  Tribunale  ordinario  di
Napoli Nord con l'ordinanza indicata in epigrafe; 
    2)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 159 del d.lgs. n. 267 del  2000,  sollevata,
in riferimento all'art. 3  Cost.,  dal  Giudice  dell'esecuzione  del
Tribunale ordinario  di  Napoli  Nord  con  l'ordinanza  indicata  in
epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 settembre 2020. 
 
                                F.to: 
                  Mario Rosario MORELLI, Presidente 
                      Luca ANTONINI, Redattore 
                    Filomena PERRONE, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 23 ottobre 2020. 
 
                           Il Cancelliere 
                       F.to: Filomena PERRONE