N. 90 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5 ottobre 2020

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 5 ottobre  2020  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Energia - Norme della Regione Toscana - Disposizioni  in  materia  di
  geotermia - Previsione che l'individuazione delle aree  non  idonee
  per l'installazione di impianti di produzione di energia geotermica
  e' immediatamente efficace e si applica anche  ai  procedimenti  in
  corso. 
-  Legge della Regione Toscana 27 luglio 2020, n. 73 (Disposizioni in
  materia di occupazioni del demanio idrico da parte dei gestori  del
  servizio idrico integrato e in materia di geotermia), art. 2. 
(GU n.46 del 11-11-2020 )
    Ricorso  ex  art.  127  della  Costituzione  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura
generale dello Stato (c.f.  80224030587,  per  il  ricevimento  degli
atti,  FAX  06/96514000  e  PEC   ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it)
presso i cui uffici e' domiciliata in Roma, alla via  dei  Portoghesi
n. 12, nei confronti della Regione Toscana, in persona del Presidente
della  Giunta  regionale  pro  tempore  per   la   dichiarazione   di
illegittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge regionale n. 73
del 24 luglio 2020, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione
Toscana n. 73 del 29 luglio 2020, recante «Disposizioni in materia di
occupazioni del demanio idrico da  parte  dei  gestori  del  servizio
idrico integrato e in materia di geotermia.  -  giusta  delibera  del
Consiglio dei ministri in data 10 settembre 2020. 
    La  Regione  Toscana  ha  dettato  disposizioni  in  materia   di
occupazioni del demanio idrico, da parte  dei  gestori  del  servizio
idrico integrato e in materia di geotermia,  stabilendo,  all'art.  2
della legge regionale n.  73/2020  -  rubricato:  Applicazione  della
disciplina delle aree non idonee - che: «L'individuazione delle  aree
non idonee per l'installazione di impianti di produzione  di  energia
geotermica  in  Toscana  effettuata  mediante  la  deliberazione  del
Consiglio  regionale  7  luglio  2020,  n.  41  (Modifica  del  Piano
ambientale ed energetico regionale (PAER) ai fini  della  definizione
delle aree non idonee per l'installazione di impianti  di  produzione
di energia geotermica in Toscana,  Adozione  ai  sensi  dell'art.  19
della legge regionale n. 65/2014) e'  immediatamente  efficace  e  si
applica anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore
della presente legge». 
    E' avviso del Governo che,  con  tale  disposizione,  la  Regione
Toscana abbia travalicato i limiti fissati  dalla  Costituzione  alla
propria competenza legislativa, risultando la norma in contrasto  con
gli articoli 9, 11, 97 e 117, 1° comma, 2° comma,  lettera  s)  e  3°
comma della Costituzione, con gli articoli 4 e 8 della direttiva  del
Parlamento europeo e del Consiglio  2001/42/CE  del  27  giugno  2001
nonche' con la normativa interposta di cui agli  articoli  135,  142,
comma 1, lettera m), 143 e 145 del  decreto  legislativo  n.  42/2004
(Codice dei beni culturali), con gli articoli 3, 5, 13, 14 e  15  del
decreto legislativo n. 152/2006 (TUA) e con l'art.  1,  comma  3-bis,
del decreto legislativo  n.  22/2010  come  si  chiarira'  attraverso
l'illustrazione dei seguenti 
 
                               Motivi 
 
1. Violazione degli articoli 3, 9, 11,  97  e  117  1°  e  2°  comma,
lettera s), della Costituzione in relazione agli articoli  135,  142,
comma 1, lettera m), 143 e 145 del  decreto  legislativo  n.  42/2004
(Codice dei beni culturali). 
    L'art. 2 della legge regionale n.  73/2020  prevede  testualmente
che: «L'individuazione delle aree non idonee per  l'installazione  di
impianti di produzione di energia geotermica  in  Toscana  effettuata
mediante la deliberazione del Consiglio regionale 7 luglio  2020,  n.
41 (Modifica del Piano ambientale ed energetico regionale  (PAER)  ai
fini della definizione delle aree non idonee per  l'installazione  di
impianti di produzione di energia geotermica in Toscana, Adozione  ai
sensi  dell'art.  19   della   legge   regionale   n.   65/2014)   e'
immediatamente efficace e si applica anche ai procedimenti  in  corso
alla data di entrata in vigore della presente legge.» 
    Tale norma attribuisce, quindi, alla deliberazione del  Consiglio
regionale 7 luglio 2020, n. 41 - di modifica del PAER  con  cui  sono
state individuate le aree non idonee per l'installazione di  impianti
di produzione di energia geotermica in Toscana - immediata  efficacia
anche rispetto ai procedimenti in corso. 
    Simile previsione tuttavia, nel rendere  immediatamente  efficace
la delibera del Consiglio regionale della Toscana del 7 luglio  2020,
n. 41, contrasta con la  normativa  sopra  censurata.  Anzitutto,  in
quanto il procedimento relativo alla modifica del Piano ambientale ed
energetico regionale (PAER), ai fini della definizione delle aree non
idonee per l'installazione  di  impianti  di  produzione  di  energia
geotermica  in  Toscana,  risulta  ancora  in  fase  istruttoria.  In
particolare, l'avviso di adozione della  modifica  del  PAER  risulta
essere  stato  pubblicato  sul  Bollettino  Ufficiale  della  Regione
Toscana (BURT) del 29 luglio 2020, n. 31 - parte  seconda,  e,  dalla
predetta pubblicazione, ha iniziato a decorrere il termine  (sessanta
giorni)  entro  il  quale  qualunque  interessato   puo'   presentare
osservazioni,  dipanandosi  in  parallelo  anche  la   procedura   di
valutazione ambientale strategica (VAS),  dando  avvio  appunto  alla
fase istruttoria. 
    Proprio  dall'esame  istruttorio  emerge,  poi,  che,  nel  Piano
adottato, le richieste formulate, in fase preliminare,  dagli  organi
del Ministero per i beni e le attivita' culturali sono state in larga
parte  disattese  dalla  Regione,  con  disposizioni  non  condivise,
concernenti ambiti tutelati dalla Parte  II  e  dalla  Parte  II  del
Codice dei  beni  culturali  e  del  paesaggio,  di  cui  al  decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (di seguito, «Codice»). 
    (A conferma di  tale  circostanza  e',  infatti,  emerso  che,  a
seguito  dell'avvio  della  procedura   di   valutazione   ambientale
strategica  (ai  sensi  dell'art.  13  del  decreto  legislativo   n.
152/2006, dell'art. 23 della legge regionale n. 10/2020  e  dell'art.
17 della legge regionale n. 65/2014) da parte della Regione  Toscana,
tutti gli Istituti periferici del Ministero per i beni e le attivita'
culturali hanno rilevato l'estrema sinteticita' della documentazione,
richiedendo all'Autorita' competente, in considerazione dei rilevanti
valori paesaggistici interessati, di integrare i documenti di  piano,
il  quadro  conoscitivo  e  il  rapporto  ambientale   con   appositi
documenti, anche cartografici, utili a definire precisamente le  aree
non idonee (ANI) e a valutarne gli effetti sul patrimonio culturale. 
    La Regione Toscana, con due note del 30 luglio 2020, ha trasmesso
la deliberazione 7 luglio 2020, n.  41,  di  adozione  del  Piano  in
oggetto (pubblicata sul BURT n. 31 - parte seconda -  del  29  luglio
2020) e la relativa documentazione, integrata a  seguito  della  fase
preliminare di VAS,  comunicando  contestualmente,  ai  soggetti  con
competenze ambientali, il termine del 27  settembre  2020  entro  cui
presentare  osservazioni   e   ulteriori   elementi   conoscitivi   e
valutativi). 
    La  procedura  di  VAS,  quindi,  risulta  tuttora   aperta,   in
conformita' a quanto previsto dal decreto legislativo n. 152/2006,  e
le osservazioni formulate dagli organi competenti in fase di adozione
(ai sensi degli articoli 14 e 15 del decreto legislativo n. 152/2006,
dell'art. 25 della legge regionale n. 10/2010 e  dell'art.  19  della
legge regionale n. 65/2014)  dovranno  formare  oggetto  di  apposita
valutazione da parte dell'Autorita' competente. 
    La gravita' degli effetti derivanti  dall'applicazione  immediata
della  predetta  delibera,  anche  ai   procedimenti   pendenti,   e'
dimostrata dalla circostanza che, per alcuni procedimenti in corso  -
VIA nazionale per gli impianti geotermici «pilota» e VIA regionale  -
la valutazione negativa di compatibilita' degli impianti proposti con
i valori paesaggistici interferiti e' stata espressa  dai  competenti
Uffici ministeriali,  con  riferimento  ad  aree  che  risulterebbero
idonee in applicazione della delibera regionale n. 41 del 2020. 
    La Regione ha ritenuto idonee per l'installazione di impianti con
potenza superiore a 20 MWe, le  zone  all'interno  di  coni  visuali,
disattendendo  anche  sotto  quest'ultimo  profilo  le  richieste  di
esclusione di tali zone avanzate dalle competenti  Soprintendenze  in
fase di VAS. La previsione introdotta non e'  neppure  conforme  alla
disciplina del PIT, elaborato d'intesa con lo Stato,  che  impone  di
provvedere alla tutela dell'intervisibilita', tra i  diversi  insiemi
di valore storico-testimoniale, nonche' le visuali panoramiche che li
traguardano,  e  alla  non  alterazione   della   godibilita'   della
percezione visiva degli insiemi di valore  storico-testimoniale,  ivi
compreso il loro intorno  territoriale,  anche  in  riferimento  alle
eventuali installazioni tecnologiche, inclusi  gli  impianti  per  la
produzione di energie rinnovabili. 
    Cio' comporta che  l'art.  2  della  legge  regionale  in  esame,
rendendo immediatamente efficace la modifica al Piano  ambientale  ed
energetico regionale (PAER) e applicandola anche ai  procedimenti  in
corso alla data di entrata in vigore della legge de  qua,  nonostante
la procedura di VAS sia  ancora  in  corso,  impedisce  di  fatto  ai
preposti organi statali la partecipazione  al  processo  decisionale,
pur in presenza di Piano di indirizzo  territoriale  con  valenza  di
piano paesaggistico (PIT), elaborato congiuntamente con il  Ministero
per i beni e le attivita' culturali, ai sensi degli articoli 135, 143
e 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio. 
    Infatti, svariate sono le previsioni in  contrasto  col  suddetto
Codice e con quanto richiesto dagli organi competenti del  MiBACT  in
fase preliminare di VAS. 
    In particolare, con l'Allegato A.1 «Modifica PAER A.3 allegato  7
Aree Non Idonee agli impianti di produzione di energia  elettrica  da
fonte geotermica» alla citata deliberazione di adozione  di  modifica
del Piano, la Regione  ha  ritenuto  idonee  per  l'installazione  di
impianti di produzione di energia elettrica da  fonte  geotermica  di
potenza inferiore o uguale a 20 MWe le aree sottoposte a  tutela,  ai
sensi dell'art. 136 (immobili ed aree di notevole interesse pubblico)
e dell'art. 142, comma 1, lettera f), del Codice  (parchi  e  riserve
naturali nazionali o regionali) e, per l'installazione di impianti di
potenza superiore a 20 MWe, le aree  sottoposte  a  tutela  ai  sensi
dell'art. 142, comma 1, lettera m), del  Codice  (zone  di  interesse
archeologico). 
    Pertanto, la Regione Toscana  non  ha  recepito  le  osservazioni
formulate  dalle  competenti  Soprintendenze,   in   fase   di   VAS,
osservazioni con le quali  si  richiedeva  l'esclusione,  dalle  aree
idonee, di quelle di cui agli articoli 136 e 142,  comma  1,  lettera
m), del Codice di settore. 
    Ne'  la  Regione  ha  inserito  l'obbligo  di  valutazione  della
compatibilita' di tale idoneita' rispetto alla  disciplina  contenuta
nel  Piano  di  indirizzo   territoriale   con   valenza   di   piano
paesaggistico   (PIT),   peraltro,   assumendo   tali   deliberazioni
unilateralmente,  ed  escludendo,  quindi,  il  MiBACT  dal  processo
decisionale concernente le aree tutelate  dal  Codice  e  oggetto  di
co-pianificazione, di sua esclusiva competenza. 
    Risultando ancora in corso l'iter di  formazione  del  piano,  la
disposizione censurata mira ad anticipare gli effetti della  delibera
del Consiglio regionale n. 41  del  2020,  applicandone  le  relative
previsioni anche ai procedimenti pendenti, e,  quindi,  prescindendo,
come   detto,   dalle   osservazioni   gia'   formulate   nel   corso
dell'istruttoria, o  ancora  da  formularsi,  anche  nell'ambito  del
procedimento VAS, da parte, tra l'altro, di  Amministrazioni  statali
preposte alla tutela di beni di grado primario, quali l'ambiente e il
paesaggio e i beni culturali. 
    Conseguentemente, la norma  viola  gli  articoli  3  e  97  della
Costituzione, in  quanto  l'anticipazione  dell'individuazione  delle
aree  potenzialmente  idonee  alla  localizzazione   degli   impianti
geotermici, con effetti  anche  sui  procedimenti  pendenti,  risulta
irragionevole  e  contraria   al   principio   del   buon   andamento
dell'amministrazione. 
    L'entrata  in  vigore  anticipata   della   normativa   regionale
rendera',  infatti,  assai   arduo   negare   l'autorizzazione   alla
localizzazione di impianti geotermici nelle aree,  pur  sottoposte  a
vincolo paesaggistico, ma non incluse tra le aree non idonee (tra  le
quali rientrano, come detto, anche le zone archeologiche). 
    Laddove, poi, le  predette  aree  dovessero  essere  incluse  tra
quelle  non  idonee,  in  sede  di   approvazione   del   piano,   ed
eventualmente in  accoglimento  delle  osservazioni  formulate  dagli
uffici statali del Ministero per i beni  e  le  attivita'  culturali,
potrebbe rilevarsi l'impossibilita' di eliminare gli effetti prodotti
dalle autorizzazioni gia' legittimamente rilasciate sulla base  della
legge regionale censurata. 
    Si tratta di una conseguenza  del  tutto  arbitraria,  in  quanto
potrebbe verificarsi  un  trattamento  di  favore  limitato  ai  soli
procedimenti pendenti nell'attuale fase transitoria, con  conseguenze
anche in termini di  disparita'  di  trattamento  tra  gli  operatori
economici. 
    La norma qui impugnata viola anche l'art. 11, per  contrasto  con
gli  obblighi  derivanti  dall'appartenenza  all'Unione  europea,  in
considerazione della violazione della direttiva n. 2001/42/CE del  27
giugno 2001, rispetto al quale costituiscono parametri interposti  le
previsioni sopra  richiamate  degli  articoli  4  e  11  del  decreto
legislativo n. 152/2006, nonche' l'art. 117, secondo  comma,  lettera
s), della Costituzione che riserva alla competenza statale la materia
dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali,  in  quanto  non
tiene  conto  degli  apporti  procedimentali  dei  soggetti   statali
deputati a quella tutela in tema di VAS ed, infine,  l'art.  9  della
Costituzione che attribuisce allo Stato la tutela del paesaggio. 
    Con riferimento specifico alla materia  dei  beni  culturali,  si
censura la violazione delle norme del decreto legislativo n.  42/2004
- articoli 135, 136, 142, 143  e  145  -  normativa  interposta,  che
attribuisce  all'Amministrazione  statale,  per  quanto  concerne  la
valutazione degli effetti di determinati piani e programmi, la tutela
dei beni culturali. 
    Sotto quest'ultimo profilo, in particolare, la modifica del PAER,
oggetto della delibera del Consiglio regionale n. 41 del 2020  -  che
ha individuato le aree «non idonee» per l'installazione  di  impianti
di produzione di energia geotermica in Toscana - comporta  che  tutte
le  altre  aree,  non  classificate  come  «non  idonee»,   divengano
classificabili come potenzialmente idonee. 
    Tra queste ultime vengono a ricadere anche le zone archeologiche,
sottoposte a tutela ai sensi dell'art. 142, comma 1, lettera m),  del
Codice  dei  beni  culturali  e  del  paesaggio  -  di  cui   decreto
legislativo n. 42/2004 - laddove sia accertata la presenza di risorsa
geotermica. 
    L'effetto dell'applicazione anticipata della modifica  del  PAER,
quindi, non e' quello di incrementare la  tutela,  salvaguardando  le
aree non idonee, bensi' di qualificare, sin da subito, come aree  non
classificate  come  «non   idonee»   -   e,   quindi,   come   ambiti
potenzialmente atti alla  localizzazione  di  impianti  geotermici  -
anche aree di  pregio  e  di  interesse  culturale,  urtando  con  le
esigenze della tutela sancita a livello costituzionale (art. 117,  2°
comma, lettera s) nonche' con le previsioni del  Piano  di  indirizzo
territoriale con valenza  di  piano  paesaggistico  (PIT),  elaborato
d'intesa con il Ministero per i beni e  le  attivita'  culturali,  ai
sensi degli articoli 135, 143 e 145 del Codice dei beni culturali. 
    E  cio',  senza  prima  attendere  di   esaminare   gli   apporti
partecipativi  degli  interessati,  i  contributi   formulati   dalle
Amministrazioni direttamente coinvolte e gli esiti della procedura di
VAS. 
    Conseguentemente,   mentre   finora,   in   sede   di    rilascio
dell'autorizzazione paesaggistica  alla  localizzazione  di  impianti
geotermici, e' stata operata una valutazione caso  per  caso,  avendo
come unico parametro di riferimento il PIT -  si  ripete,  frutto  di
intesa tra Regione e Ministero per i beni e le attivita' culturali  -
l'introduzione di  una  normativa  ad  hoc  in  materia  di  impianti
geotermici in  Toscana,  rendera'  particolarmente  arduo  negare  la
predetta autorizzazione nei confronti di impianti ricadenti  in  aree
di pregio, che non  risultano  incluse  nel  novero  di  quelle  «non
idonee». 
2. Violazione degli articoli 11 e dell'art. 117, primo  comma,  della
Costituzione, degli articoli 4 e 8  della  direttiva  del  Parlamento
europeo e del Consiglio 2001/42/CE del 27 giugno 2001, degli articoli
4, comma 1, 11, comma 3 e 5, 13, 14 e 15 del decreto  legislativo  n.
152/2006. 
    La disposizione si pone in contrasto con la normativa in  materia
di Valutazione Ambientale Strategica (VAS) che  trova  origine  nella
direttiva del Parlamento  europeo  e  del  Consiglio  concernente  la
valutazione degli  effetti  di  determinati  piani  e  programmi,  n.
2001/42/CE del 27 giugno 2001. 
    La direttiva prevede, al «considerando» n. 15, che:  «Allo  scopo
di contribuire ad  una  maggiore  trasparenza  dell'iter  decisionale
nonche' allo scopo di  garantire  la  completezza  e  l'affidabilita'
delle informazioni su cui poggia la  valutazione,  occorre  stabilire
che le autorita' responsabili per l'ambiente  ed  il  pubblico  siano
consultate durante la valutazione dei piani e  dei  programmi  e  che
vengano fissate scadenze adeguate per consentire un  lasso  di  tempo
sufficiente  per  le  consultazioni,  compresa  la  formulazione   di
pareri». 
    Appare di  tutta  evidenza  una  sequenza  temporale  delle  fasi
procedurali  tale   da   assicurare   lo   svolgimento   della   VAS,
necessariamente  prima  della  approvazione  di  piani  e   programmi
soggetti alla predetta procedura. 
    L'art. 4, paragrafo 1, della direttiva stabilisce, poi, che:  «La
valutazione ambientale di  cui  all'art.  3  deve  essere  effettuata
durante  la  fase  preparatoria  del  piano  o   del   programma   ed
anteriormente alla sua adozione o all'avvio della relativa  procedura
legislativa.» e, coerentemente, il successivo art. 8 prevede che: «In
fase di preparazione del piano o del  programma  e  prima  della  sua
adozione  o  dell'avvio  della  relativa  procedura  legislativa   si
prendono in considerazione il rapporto ambientale  redatto  ai  sensi
dell'art. 5, i  pareri  espressi  ai  sensi  dell'art.  6  nonche'  i
risultati di ogni consultazione  transfrontaliera  avviata  ai  sensi
dell'art. 7». 
    A riguardo, proprio nel rispetto di tali  indicazioni,  l'art.  4
(Obblighi generali) del  decreto  legislativo  n.  152/2006,  recante
«Norme in  materia  ambientale»,  dispone  che:  «1.  La  valutazione
ambientale di cui all'art. 3 deve essere effettuata durante  la  fase
preparatoria del piano o del  programma  ed  anteriormente  alla  sua
adozione o all'avvio della relativa procedura legislativa». 
    Il successivo art. 11 (Modalita' di svolgimento)  stabilisce,  al
comma 3, che: «La fase di  valutazione  e'  effettuata  anteriormente
all'approvazione del piano o del programma,  ovvero  all'avvio  della
relativa  procedura  legislativa,  e  comunque  durante  la  fase  di
predisposizione dello stesso. Essa e' preordinata a garantire che gli
impatti  significativi  sull'ambiente  derivanti  dall'attuazione  di
detti piani e programmi siano presi in considerazione durante la loro
elaborazione e prima della loro approvazione.» ed al comma 5 che: «La
VAS costituisce per i  piani  e  programmi  a  cui  si  applicano  le
disposizioni del presente decreto, parte integrante del  procedimento
di  adozione  ed  approvazione.  I  provvedimenti  amministrativi  di
approvazione  adottati  senza  la   previa   valutazione   ambientale
strategica,  ove  prescritta,  sono  annullabili  per  violazione  di
legge.». 
    Le disposizioni richiamate stabiliscono,  quindi,  la  necessita'
che il procedimento relativo alla VAS accompagni l'iter del  piano  e
sia concluso in  una  fase  anteriore  all'entrata  in  vigore  dello
strumento. 
    La  previsione  regionale  censurata,  invece,  anticipando   gli
effetti della modifica del  PAER  a  un  momento  endoprocedimentale,
senza che sia  conclusa  la  procedura  di  VAS,  e  senza  che  tale
anticipata efficacia sia diretta a una maggior tutela ambientale (per
le ragioni sopra dette) si pone, quindi, in diretto contrasto sia con
la  disciplina  nazionale  richiamata  che,  prima  ancora,  con   la
normativa europea di riferimento. 
    Viene, infatti, vanificata la finalita' stessa della procedura di
VAS, in quanto si attribuisce efficacia a previsioni per le quali  la
verifica e' ancora in corso. 
    Risultano, quindi, violate le previsioni gli articoli 11  e  117,
primo comma, della  Costituzione,  per  contrasto  con  gli  obblighi
derivanti dall'appartenenza  all'Unione  europea,  in  considerazione
della violazione della  direttiva  sopra  richiamata  e  l'art.  117,
secondo comma, lettera  s),  della  Costituzione,  che  riserva  alla
competenza  statale  la  materia  dell'ambiente,  rispetto  al  quale
costituiscono parametri interposti  le  previsioni  sopra  richiamate
degli articoli 4 e 11 del decreto legislativo n. 152/2006. 
3.  Violazione  dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),  della
Costituzione e degli articoli 135, comma 4, 143, comma 1 e 9, e  145,
comma 3, del Codice dei beni culturali e del  paesaggio,  costituenti
parametri interposti. 
    Ulteriore profilo di illegittimita'  costituzionale  della  norma
regionale censurata e' ravvisabile  nella  violazione  all'art.  117,
secondo comma, lettera s), della Costituzione  con  riferimento  agli
articoli 135, 143,  e  145  del  Codice  dei  beni  culturali  e  del
paesaggio, costituenti parametri interposti. 
    Le  disposizioni  normative  richiamate  pongono,   infatti,   il
principio - coessenziale all'impianto della tutela  del  paesaggio  -
dell'obbligo di pianificazione congiunta tra Stato e Regione dei beni
paesaggistici. 
    Al riguardo, la parte III del Codice dei  beni  culturali  e  del
paesaggio  delinea  un  sistema  organico  di  tutela  paesaggistica,
inserendo i tradizionali strumenti del provvedimento  impositivo  del
vincolo  e  dell'autorizzazione  paesaggistica   nel   quadro   della
pianificazione  paesaggistica  del  territorio,   che   deve   essere
elaborata concordemente da Stato e Regione. 
    Tale  pianificazione  concordata  prevede,  per   ciascuna   area
tutelata, le c.d. prescrizioni d'uso (e cioe' i criteri  di  gestione
del vincolo, volti a orientare la fase autorizzatoria)  e  stabilisce
la tipologia delle trasformazioni compatibili e  di  quelle  vietate,
nonche' le condizioni delle eventuali trasformazioni. 
    In  questo   quadro,   pertanto,   spetta   alla   pianificazione
paesaggistica, ai sensi  dell'art.  135,  comma  4,  del  Codice,  di
definire «apposite prescrizioni e previsioni ordinate in particolare: 
        a) alla conservazione  degli  elementi  costitutivi  e  delle
morfologie dei beni paesaggistici sottoposti a tutela,  tenuto  conto
anche delle tipologie architettoniche, delle tecniche e dei materiali
costruttivi,  nonche'  delle  esigenze  di  ripristino   dei   valori
paesaggistici; 
        b) alla riqualificazione delle aree compromesse o degradate; 
        c) alla  salvaguardia  delle  caratteristiche  paesaggistiche
degli altri ambiti territoriali, assicurando, al contempo,  il  minor
consumo del territorio; 
        d) alla individuazione delle linee di sviluppo urbanistico ed
edilizio, in funzione della loro compatibilita' con i diversi  valori
paesaggistici riconosciuti e  tutelati,  con  particolare  attenzione
alla salvaguardia dei paesaggi rurali e dei siti inseriti nella lista
del patrimonio mondiale dell'UNESCO». 
    Coerentemente con queste  previsioni,  il  successivo  art.  143,
comma 1, dello stesso Codice, nel delineare i  contenuti  propri  del
piano paesaggistico, riserva al  predetto  strumento  il  compito  di
operare la «analisi delle dinamiche di trasformazione del  territorio
ai fini dell'individuazione dei fattori di rischio e  degli  elementi
di vulnerabilita' del paesaggio, nonche' comparazione con  gli  altri
atti di programmazione, di pianificazione  e  di  difesa  del  suolo»
(lettera f),  la  «individuazione  delle  misure  necessarie  per  il
corretto inserimento, nel contesto paesaggistico, degli interventi di
trasformazione del territorio, al fine  di  realizzare  uno  sviluppo
sostenibile delle aree interessate» (lettera h),  la  «individuazione
dei diversi ambiti e dei relativi obiettivi di  qualita',  a  termini
dell'art. 135, comma 3» (lettera i). 
    Infine, l'art. 145, comma 3, stabilisce, poi, che: «Le previsioni
dei piani paesaggistici di cui agli  articoli  143  e  156  non  sono
derogabili da parte  di  piani,  programmi  e  progetti  nazionali  o
regionali di sviluppo  economico,  sono  cogenti  per  gli  strumenti
urbanistici dei comuni, delle citta' metropolitane e delle  province,
sono   immediatamente   prevalenti   sulle   disposizioni    difformi
eventualmente contenute  negli  strumenti  urbanistici,  stabiliscono
norme di salvaguardia applicabili in  attesa  dell'adeguamento  degli
strumenti urbanistici e sono altresi' vincolanti per  gli  interventi
settoriali.  Per  quanto  attiene  alla  tutela  del  paesaggio,   le
disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque  prevalenti  sulle
disposizioni contenute negli  atti  di  pianificazione  ad  incidenza
territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli
degli enti gestori delle aree naturali protette». 
    Gli  ambiti  riservati  al  piano  paesaggistico   non   possono,
pertanto, essere surrogati da una disciplina dettata  unilateralmente
dalla Regione, ne' tanto  meno  e'  consentito  ad  alcuno  strumento
pianificatorio di derogare alle previsioni del piano paesaggistico. E
cio', in considerazione della posizione di assoluta  preminenza,  nel
contesto  della  pianificazione  territoriale,  che  il   legislatore
nazionale, nell'esercizio della  potesta'  legislativa  esclusiva  in
materia, ha assegnato al piano paesaggistico. 
    Gli articoli 143, comma 9, e 145, comma 3, del Codice di  settore
sanciscono, infatti, l'inderogabilita' delle previsioni del  predetto
strumento da  parte  di  piani,  programmi  e  progetti  nazionali  o
regionali di sviluppo economico  e  la  loro  cogenza  rispetto  agli
strumenti  urbanistici,  nonche'  l'immediata  prevalenza  del  piano
paesaggistico su ogni altro atto della pianificazione territoriale  e
urbanistica (cfr. Corte costituzionale n. 180/2008). 
    Si tratta  di  una  scelta  di  principio  la  cui  validita'  ed
importanza  e'  gia'  stata  affermata   piu'   volte   dalla   Corte
costituzionale, in occasione dell'impugnazione di leggi regionali che
intendevano mantenere uno spazio decisionale autonomo agli  strumenti
di pianificazione dei Comuni e delle Regioni, eludendo la  necessaria
condivisione delle scelte attraverso uno strumento di  pianificazione
sovracomunale, definito d'intesa tra lo Stato e la Regione. 
    La Corte ha, infatti, affermato l'esistenza di un vero e  proprio
obbligo, costituente un  principio  inderogabile  della  legislazione
statale, di  elaborazione  congiunta  del  piano  paesaggistico,  con
riferimento ai beni vincolati (Corte costituzionale n. 86/2019) e  ha
rimarcato che l'impronta unitaria della pianificazione  paesaggistica
«e' assunta a valore imprescindibile, non derogabile dal  legislatore
regionale in quanto espressione di un intervento teso a stabilire una
metodologia uniforme nel rispetto della legislazione  di  tutela  dei
beni culturali  e  paesaggistici  sull'intero  territorio  nazionale»
(Corte  Costituzionale,  n.  182/2006;  cfr.  anche  la  sentenza  n.
272/2009). 
    La norma regionale qui contestata e', pertanto,  suscettibile  di
incidere direttamente sulle prescrizioni d'uso  (co-pianificate)  dei
vincoli paesaggistici, laddove inserisce  gli  ambiti  tutelati,  per
differenza, tra le  aree  astrattamente  idonee  alla  localizzazione
degli impianti geotermici, non  effettuando  neppure  alcun  richiamo
all'obbligo di coerenza con le predette prescrizioni d'uso, che, come
detto, non sono derogabili da parte di piani,  programmi  e  progetti
nazionali o regionali di sviluppo economico, ai sensi  dell'art.  145
del Codice dei beni culturali. 
    Inoltre,  a  fronte  dell'esistenza  di  un  Piano  paesaggistico
co-pianificato, la Regione non solo non ha  ritenuto  di  coinvolgere
preventivamente il Ministero per i  beni  e  le  attivita'  culturali
nell'ambito dello studio svolto  ai  fini  dell'individuazione  delle
aree non idonee, ma anche,  pur  a  fronte  delle  valutazioni  degli
uffici ministeriali espresse in sede di VAS, ancora in corso, con  la
deliberazione del Consiglio regionale n. 41  del  7  luglio  2020  ha
proceduto ad includere, tra le  aree  potenzialmente  idonee,  alcuni
ambiti vincolati e subito  dopo,  con  l'emanazione  della  norma  in
questione, ha reso detta  individuazione  immediatamente  efficace  e
applicabile finanche ai procedimenti in corso. 
    La norma, dunque, si pone in contrasto con  l'art.  117,  secondo
comma, lettera s),  della  Costituzione  che  riserva  alla  potesta'
esclusiva statale la materia di ambiente  e  di  beni  culturali,  in
quanto introduce e disciplina procedimenti pianificatori che incidono
su beni soggetti a vincolo paesaggistico, senza il coinvolgimento del
Ministero, e quindi in  diretta  violazione  delle  norme  interposte
individuabili negli articoli 135, 143 e 145 del  Codice  di  settore,
meglio   descritti   in   rubrica,   che   pongono    l'obbligo    di
co-pianificazione dei beni paesaggistici e stabiliscono il  principio
di sovraordinazione del piano paesaggistico, elaborato  d'intesa  con
lo Stato, rispetto a ogni altro strumento pianificatorio. 
    Ne risulta, altresi', violato l'art. 9 della  Costituzione,  alla
stregua del quale la tutela del paesaggio assurge a valore  «primario
e assoluto» (Corte costituzionale  n.  367/2007),  in  considerazione
dell'effetto di diminuzione  della  tutela  determinato  dalla  norma
censurata. 
4. Violazione del principio di leale  collaborazione  tra  Regione  e
Stato. Violazione dell'art. 117, comma 3, della Costituzione 
    L'art. 2 della legge regionale si pone altresi' in contrasto  con
il  principio  costituzionale  di  leale  collaborazione,  in  quanto
costituisce il frutto di una  scelta  assunta  unilateralmente  dalla
Regione, al di fuori del percorso  condiviso  con  lo  Stato  che  ha
condotto all'adozione del PIT. Va ricordato al riguardo che,  secondo
l'insegnamento della Corte  costituzionale,  il  principio  di  leale
collaborazione «deve presiedere a tutti i rapporti  che  intercorrono
tra Stato e Regioni»,  atteso  che  «la  sua  elasticita'  e  la  sua
adattabilita' lo rendono particolarmente idoneo a  regolare  in  modo
dinamico i rapporti in questione, attenuando i dualismi  ed  evitando
eccessivi irrigidimenti» (cosi' in particolare, tra le  tante,  Corte
costituzionale n. 31/2006). 
    In particolare, la Corte ha chiarito che: «Il principio di  leale
collaborazione, anche in una accezione minimale,  impone  alle  parti
che sottoscrivono un accordo ufficiale in una sede  istituzionale  di
tener  fede  ad  un  impegno  assunto»  (cosi'  ancora  la   sentenza
richiamata). 
    La  scelta  della  Regione   Toscana   di   assumere   iniziative
unilaterali, al di fuori del percorso di collaborazione  attuato  con
lo Stato, si pone, pertanto,  in  contrasto  anche  con  il  predetto
principio. 
5.  Violazione  dell'art.  117,  comma  3,  della  Costituzione,   in
relazione  all'art.  1,  comma  3-bis,  del  decreto  legislativo  n.
22/2010. 
    Ulteriore  profilo  di  illegittimita'   e'   rappresentato   dal
contrasto della norma con la materia,  di  legislazione  concorrente,
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia»  (art.
117, 3° comma, della Costituzione). 
    La suddetta normativa regionale indica, infatti, le aree ove  non
possono essere collocati, in generale, gli  impianti  geotermici  sul
territorio regionale, senza, tuttavia, escludere dal  proprio  ambito
di applicazione gli «Impianti geotermici pilota», la  cui  disciplina
e' riservata alla competenza esclusiva statale ai sensi dell'art.  1,
comma 3-bis, del decreto legislativo n. 22/2010. 
    Ne' tale esclusione puo' considerarsi implicita, laddove nel PAER
e' stato invece espressamente specificato che: «Le  aree  non  idonee
sopra riportate non si applicano alle "piccole utilizzazioni  locali"
ex art. 10 del decreto legislativo n. 22/2010». 
    Al riguardo, si fa presente preliminarmente che,  in  ossequio  a
quanto stabilito dall'art. 117, comma terzo, la materia  «produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» e' attribuita  alla
competenza legislativa concorrente tra Stato e Regioni. 
    Il decreto legislativo n. 112/1998 ha espressamente delegato alle
Regioni le funzioni relative al conferimento di titoli  minerari  per
risorse  geotermiche  nella  terraferma,  lasciando  allo  Stato   la
determinazione degli indirizzi della politica mineraria nazionale  ed
i relativi programmi, il compito di rilasciare i titoli in  mare,  le
funzioni di inventario, i relativi aggiornamenti,  l'acquisizione  di
dati, e la promozione di nuove tecnologie, nonche'  la  dichiarazione
di aree indiziate di minerale, sentite le Regioni interessate. 
    Con  il  citato  decreto  legislativo   n.   22/2010   e'   stata
successivamente  introdotta  la   sperimentazione   degli   «Impianti
geotermici pilota» al fine di promuovere la ricerca e lo sviluppo  di
nuove centrali geotermoelettriche a ridotto  impatto  ambientale  con
re-iniezione  del  fluido  geotermico  nelle  stesse  formazioni   di
provenienza,  con  emissioni  nulle  e  con  potenza  installata  non
superiore a 5 MW per ciascuna centrale. 
    La disciplina di tali  Impianti  viene  rimessa  alla  competenza
esclusiva statale, in base alle previsioni della legge 9 agosto 2013,
n. 98. 
    L'art. 3,  comma  2-bis,  del  decreto  legislativo  n.  112/1998
prevede, inoltre, che:  «Nel  caso  di  sperimentazione  di  impianti
pilota di cui all'art. 1, comma 3-bis, l'autorita'  competente  e  il
Ministero dello sviluppo economico,  di  concerto  con  il  Ministero
dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio  e  del  mare,   che
acquisiscono  l'intesa  con  la  regione  interessata,  all'atto  del
rilascio del permesso di ricerca, l'autorita'  competente  stabilisce
le condizioni e le  modalita'  con  le  quali  e'  fatto  obbligo  al
concessionario di procedere alla coltivazione dei  fluidi  geotermici
in caso di esito della  ricerca  conforme  a  quanto  indicato  nella
richiesta di permesso di esercizio». 
    Cosi' formulata, la norma  regionale  in  esame  e'  in  evidente
contrasto con la disciplina dell'allocazione  di  questi  particolari
Impianti finalizzati alla sperimentazione geotermica a basso  impatto
ambientale, riservata alla competenza legislativa statale. 
    La violazione delle citate norme statali di principio comporta il
contrasto  con  l'art.  117,  terzo  comma,  della  Costituzione  con
riferimento  alla  materia  «produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale dell'energia». 
 
                               P.Q.M. 
 
    Tutto quanto considerato in narrativa, si conclude perche' l'art.
2  della  legge  regionale  n.  73/2020  della  Regione  Toscana  sia
dichiarato  costituzionalmente  illegittimo  per  contrasto  con  gli
articoli 9, 11, 97 e 117, 1° comma, 2° comma, lettera s), e 3°  comma
della Costituzione, con gli  articoli  4  e  8  della  direttiva  del
Parlamento europeo e del Consiglio  2001/42/CE  del  27  giugno  2001
nonche' con la normativa interposta di cui agli  articoli  135,  142,
comma 1, lettera m), 143 e 145 del  decreto  legislativo  n.  42/2004
(Codice dei beni culturali), con gli articoli 3, 5, 13, 14 e  15  del
decreto legislativo n. 152/2006 (TUA) e con l'art.  1,  comma  3-bis,
del decreto legislativo n. 22/2010. 
    Si produce  l'estratto  della  deliberazione  del  Consiglio  dei
ministri del 10 settembre 2020 e dell'allegata relazione del Ministro
per i rapporti con le Regioni. 
        Roma, 23 settembre 2020 
 
                    L'Avvocato dello Stato: Spina