N. 90 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5 ottobre 2020
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 5 ottobre 2020 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Energia - Norme della Regione Toscana - Disposizioni in materia di geotermia - Previsione che l'individuazione delle aree non idonee per l'installazione di impianti di produzione di energia geotermica e' immediatamente efficace e si applica anche ai procedimenti in corso. - Legge della Regione Toscana 27 luglio 2020, n. 73 (Disposizioni in materia di occupazioni del demanio idrico da parte dei gestori del servizio idrico integrato e in materia di geotermia), art. 2.(GU n.46 del 11-11-2020 )
Ricorso ex art. 127 della Costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato (c.f. 80224030587, per il ricevimento degli atti, FAX 06/96514000 e PEC ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it) presso i cui uffici e' domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, nei confronti della Regione Toscana, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge regionale n. 73 del 24 luglio 2020, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Toscana n. 73 del 29 luglio 2020, recante «Disposizioni in materia di occupazioni del demanio idrico da parte dei gestori del servizio idrico integrato e in materia di geotermia. - giusta delibera del Consiglio dei ministri in data 10 settembre 2020. La Regione Toscana ha dettato disposizioni in materia di occupazioni del demanio idrico, da parte dei gestori del servizio idrico integrato e in materia di geotermia, stabilendo, all'art. 2 della legge regionale n. 73/2020 - rubricato: Applicazione della disciplina delle aree non idonee - che: «L'individuazione delle aree non idonee per l'installazione di impianti di produzione di energia geotermica in Toscana effettuata mediante la deliberazione del Consiglio regionale 7 luglio 2020, n. 41 (Modifica del Piano ambientale ed energetico regionale (PAER) ai fini della definizione delle aree non idonee per l'installazione di impianti di produzione di energia geotermica in Toscana, Adozione ai sensi dell'art. 19 della legge regionale n. 65/2014) e' immediatamente efficace e si applica anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge». E' avviso del Governo che, con tale disposizione, la Regione Toscana abbia travalicato i limiti fissati dalla Costituzione alla propria competenza legislativa, risultando la norma in contrasto con gli articoli 9, 11, 97 e 117, 1° comma, 2° comma, lettera s) e 3° comma della Costituzione, con gli articoli 4 e 8 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2001/42/CE del 27 giugno 2001 nonche' con la normativa interposta di cui agli articoli 135, 142, comma 1, lettera m), 143 e 145 del decreto legislativo n. 42/2004 (Codice dei beni culturali), con gli articoli 3, 5, 13, 14 e 15 del decreto legislativo n. 152/2006 (TUA) e con l'art. 1, comma 3-bis, del decreto legislativo n. 22/2010 come si chiarira' attraverso l'illustrazione dei seguenti Motivi 1. Violazione degli articoli 3, 9, 11, 97 e 117 1° e 2° comma, lettera s), della Costituzione in relazione agli articoli 135, 142, comma 1, lettera m), 143 e 145 del decreto legislativo n. 42/2004 (Codice dei beni culturali). L'art. 2 della legge regionale n. 73/2020 prevede testualmente che: «L'individuazione delle aree non idonee per l'installazione di impianti di produzione di energia geotermica in Toscana effettuata mediante la deliberazione del Consiglio regionale 7 luglio 2020, n. 41 (Modifica del Piano ambientale ed energetico regionale (PAER) ai fini della definizione delle aree non idonee per l'installazione di impianti di produzione di energia geotermica in Toscana, Adozione ai sensi dell'art. 19 della legge regionale n. 65/2014) e' immediatamente efficace e si applica anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.» Tale norma attribuisce, quindi, alla deliberazione del Consiglio regionale 7 luglio 2020, n. 41 - di modifica del PAER con cui sono state individuate le aree non idonee per l'installazione di impianti di produzione di energia geotermica in Toscana - immediata efficacia anche rispetto ai procedimenti in corso. Simile previsione tuttavia, nel rendere immediatamente efficace la delibera del Consiglio regionale della Toscana del 7 luglio 2020, n. 41, contrasta con la normativa sopra censurata. Anzitutto, in quanto il procedimento relativo alla modifica del Piano ambientale ed energetico regionale (PAER), ai fini della definizione delle aree non idonee per l'installazione di impianti di produzione di energia geotermica in Toscana, risulta ancora in fase istruttoria. In particolare, l'avviso di adozione della modifica del PAER risulta essere stato pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Toscana (BURT) del 29 luglio 2020, n. 31 - parte seconda, e, dalla predetta pubblicazione, ha iniziato a decorrere il termine (sessanta giorni) entro il quale qualunque interessato puo' presentare osservazioni, dipanandosi in parallelo anche la procedura di valutazione ambientale strategica (VAS), dando avvio appunto alla fase istruttoria. Proprio dall'esame istruttorio emerge, poi, che, nel Piano adottato, le richieste formulate, in fase preliminare, dagli organi del Ministero per i beni e le attivita' culturali sono state in larga parte disattese dalla Regione, con disposizioni non condivise, concernenti ambiti tutelati dalla Parte II e dalla Parte II del Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (di seguito, «Codice»). (A conferma di tale circostanza e', infatti, emerso che, a seguito dell'avvio della procedura di valutazione ambientale strategica (ai sensi dell'art. 13 del decreto legislativo n. 152/2006, dell'art. 23 della legge regionale n. 10/2020 e dell'art. 17 della legge regionale n. 65/2014) da parte della Regione Toscana, tutti gli Istituti periferici del Ministero per i beni e le attivita' culturali hanno rilevato l'estrema sinteticita' della documentazione, richiedendo all'Autorita' competente, in considerazione dei rilevanti valori paesaggistici interessati, di integrare i documenti di piano, il quadro conoscitivo e il rapporto ambientale con appositi documenti, anche cartografici, utili a definire precisamente le aree non idonee (ANI) e a valutarne gli effetti sul patrimonio culturale. La Regione Toscana, con due note del 30 luglio 2020, ha trasmesso la deliberazione 7 luglio 2020, n. 41, di adozione del Piano in oggetto (pubblicata sul BURT n. 31 - parte seconda - del 29 luglio 2020) e la relativa documentazione, integrata a seguito della fase preliminare di VAS, comunicando contestualmente, ai soggetti con competenze ambientali, il termine del 27 settembre 2020 entro cui presentare osservazioni e ulteriori elementi conoscitivi e valutativi). La procedura di VAS, quindi, risulta tuttora aperta, in conformita' a quanto previsto dal decreto legislativo n. 152/2006, e le osservazioni formulate dagli organi competenti in fase di adozione (ai sensi degli articoli 14 e 15 del decreto legislativo n. 152/2006, dell'art. 25 della legge regionale n. 10/2010 e dell'art. 19 della legge regionale n. 65/2014) dovranno formare oggetto di apposita valutazione da parte dell'Autorita' competente. La gravita' degli effetti derivanti dall'applicazione immediata della predetta delibera, anche ai procedimenti pendenti, e' dimostrata dalla circostanza che, per alcuni procedimenti in corso - VIA nazionale per gli impianti geotermici «pilota» e VIA regionale - la valutazione negativa di compatibilita' degli impianti proposti con i valori paesaggistici interferiti e' stata espressa dai competenti Uffici ministeriali, con riferimento ad aree che risulterebbero idonee in applicazione della delibera regionale n. 41 del 2020. La Regione ha ritenuto idonee per l'installazione di impianti con potenza superiore a 20 MWe, le zone all'interno di coni visuali, disattendendo anche sotto quest'ultimo profilo le richieste di esclusione di tali zone avanzate dalle competenti Soprintendenze in fase di VAS. La previsione introdotta non e' neppure conforme alla disciplina del PIT, elaborato d'intesa con lo Stato, che impone di provvedere alla tutela dell'intervisibilita', tra i diversi insiemi di valore storico-testimoniale, nonche' le visuali panoramiche che li traguardano, e alla non alterazione della godibilita' della percezione visiva degli insiemi di valore storico-testimoniale, ivi compreso il loro intorno territoriale, anche in riferimento alle eventuali installazioni tecnologiche, inclusi gli impianti per la produzione di energie rinnovabili. Cio' comporta che l'art. 2 della legge regionale in esame, rendendo immediatamente efficace la modifica al Piano ambientale ed energetico regionale (PAER) e applicandola anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge de qua, nonostante la procedura di VAS sia ancora in corso, impedisce di fatto ai preposti organi statali la partecipazione al processo decisionale, pur in presenza di Piano di indirizzo territoriale con valenza di piano paesaggistico (PIT), elaborato congiuntamente con il Ministero per i beni e le attivita' culturali, ai sensi degli articoli 135, 143 e 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Infatti, svariate sono le previsioni in contrasto col suddetto Codice e con quanto richiesto dagli organi competenti del MiBACT in fase preliminare di VAS. In particolare, con l'Allegato A.1 «Modifica PAER A.3 allegato 7 Aree Non Idonee agli impianti di produzione di energia elettrica da fonte geotermica» alla citata deliberazione di adozione di modifica del Piano, la Regione ha ritenuto idonee per l'installazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonte geotermica di potenza inferiore o uguale a 20 MWe le aree sottoposte a tutela, ai sensi dell'art. 136 (immobili ed aree di notevole interesse pubblico) e dell'art. 142, comma 1, lettera f), del Codice (parchi e riserve naturali nazionali o regionali) e, per l'installazione di impianti di potenza superiore a 20 MWe, le aree sottoposte a tutela ai sensi dell'art. 142, comma 1, lettera m), del Codice (zone di interesse archeologico). Pertanto, la Regione Toscana non ha recepito le osservazioni formulate dalle competenti Soprintendenze, in fase di VAS, osservazioni con le quali si richiedeva l'esclusione, dalle aree idonee, di quelle di cui agli articoli 136 e 142, comma 1, lettera m), del Codice di settore. Ne' la Regione ha inserito l'obbligo di valutazione della compatibilita' di tale idoneita' rispetto alla disciplina contenuta nel Piano di indirizzo territoriale con valenza di piano paesaggistico (PIT), peraltro, assumendo tali deliberazioni unilateralmente, ed escludendo, quindi, il MiBACT dal processo decisionale concernente le aree tutelate dal Codice e oggetto di co-pianificazione, di sua esclusiva competenza. Risultando ancora in corso l'iter di formazione del piano, la disposizione censurata mira ad anticipare gli effetti della delibera del Consiglio regionale n. 41 del 2020, applicandone le relative previsioni anche ai procedimenti pendenti, e, quindi, prescindendo, come detto, dalle osservazioni gia' formulate nel corso dell'istruttoria, o ancora da formularsi, anche nell'ambito del procedimento VAS, da parte, tra l'altro, di Amministrazioni statali preposte alla tutela di beni di grado primario, quali l'ambiente e il paesaggio e i beni culturali. Conseguentemente, la norma viola gli articoli 3 e 97 della Costituzione, in quanto l'anticipazione dell'individuazione delle aree potenzialmente idonee alla localizzazione degli impianti geotermici, con effetti anche sui procedimenti pendenti, risulta irragionevole e contraria al principio del buon andamento dell'amministrazione. L'entrata in vigore anticipata della normativa regionale rendera', infatti, assai arduo negare l'autorizzazione alla localizzazione di impianti geotermici nelle aree, pur sottoposte a vincolo paesaggistico, ma non incluse tra le aree non idonee (tra le quali rientrano, come detto, anche le zone archeologiche). Laddove, poi, le predette aree dovessero essere incluse tra quelle non idonee, in sede di approvazione del piano, ed eventualmente in accoglimento delle osservazioni formulate dagli uffici statali del Ministero per i beni e le attivita' culturali, potrebbe rilevarsi l'impossibilita' di eliminare gli effetti prodotti dalle autorizzazioni gia' legittimamente rilasciate sulla base della legge regionale censurata. Si tratta di una conseguenza del tutto arbitraria, in quanto potrebbe verificarsi un trattamento di favore limitato ai soli procedimenti pendenti nell'attuale fase transitoria, con conseguenze anche in termini di disparita' di trattamento tra gli operatori economici. La norma qui impugnata viola anche l'art. 11, per contrasto con gli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, in considerazione della violazione della direttiva n. 2001/42/CE del 27 giugno 2001, rispetto al quale costituiscono parametri interposti le previsioni sopra richiamate degli articoli 4 e 11 del decreto legislativo n. 152/2006, nonche' l'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione che riserva alla competenza statale la materia dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali, in quanto non tiene conto degli apporti procedimentali dei soggetti statali deputati a quella tutela in tema di VAS ed, infine, l'art. 9 della Costituzione che attribuisce allo Stato la tutela del paesaggio. Con riferimento specifico alla materia dei beni culturali, si censura la violazione delle norme del decreto legislativo n. 42/2004 - articoli 135, 136, 142, 143 e 145 - normativa interposta, che attribuisce all'Amministrazione statale, per quanto concerne la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi, la tutela dei beni culturali. Sotto quest'ultimo profilo, in particolare, la modifica del PAER, oggetto della delibera del Consiglio regionale n. 41 del 2020 - che ha individuato le aree «non idonee» per l'installazione di impianti di produzione di energia geotermica in Toscana - comporta che tutte le altre aree, non classificate come «non idonee», divengano classificabili come potenzialmente idonee. Tra queste ultime vengono a ricadere anche le zone archeologiche, sottoposte a tutela ai sensi dell'art. 142, comma 1, lettera m), del Codice dei beni culturali e del paesaggio - di cui decreto legislativo n. 42/2004 - laddove sia accertata la presenza di risorsa geotermica. L'effetto dell'applicazione anticipata della modifica del PAER, quindi, non e' quello di incrementare la tutela, salvaguardando le aree non idonee, bensi' di qualificare, sin da subito, come aree non classificate come «non idonee» - e, quindi, come ambiti potenzialmente atti alla localizzazione di impianti geotermici - anche aree di pregio e di interesse culturale, urtando con le esigenze della tutela sancita a livello costituzionale (art. 117, 2° comma, lettera s) nonche' con le previsioni del Piano di indirizzo territoriale con valenza di piano paesaggistico (PIT), elaborato d'intesa con il Ministero per i beni e le attivita' culturali, ai sensi degli articoli 135, 143 e 145 del Codice dei beni culturali. E cio', senza prima attendere di esaminare gli apporti partecipativi degli interessati, i contributi formulati dalle Amministrazioni direttamente coinvolte e gli esiti della procedura di VAS. Conseguentemente, mentre finora, in sede di rilascio dell'autorizzazione paesaggistica alla localizzazione di impianti geotermici, e' stata operata una valutazione caso per caso, avendo come unico parametro di riferimento il PIT - si ripete, frutto di intesa tra Regione e Ministero per i beni e le attivita' culturali - l'introduzione di una normativa ad hoc in materia di impianti geotermici in Toscana, rendera' particolarmente arduo negare la predetta autorizzazione nei confronti di impianti ricadenti in aree di pregio, che non risultano incluse nel novero di quelle «non idonee». 2. Violazione degli articoli 11 e dell'art. 117, primo comma, della Costituzione, degli articoli 4 e 8 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2001/42/CE del 27 giugno 2001, degli articoli 4, comma 1, 11, comma 3 e 5, 13, 14 e 15 del decreto legislativo n. 152/2006. La disposizione si pone in contrasto con la normativa in materia di Valutazione Ambientale Strategica (VAS) che trova origine nella direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi, n. 2001/42/CE del 27 giugno 2001. La direttiva prevede, al «considerando» n. 15, che: «Allo scopo di contribuire ad una maggiore trasparenza dell'iter decisionale nonche' allo scopo di garantire la completezza e l'affidabilita' delle informazioni su cui poggia la valutazione, occorre stabilire che le autorita' responsabili per l'ambiente ed il pubblico siano consultate durante la valutazione dei piani e dei programmi e che vengano fissate scadenze adeguate per consentire un lasso di tempo sufficiente per le consultazioni, compresa la formulazione di pareri». Appare di tutta evidenza una sequenza temporale delle fasi procedurali tale da assicurare lo svolgimento della VAS, necessariamente prima della approvazione di piani e programmi soggetti alla predetta procedura. L'art. 4, paragrafo 1, della direttiva stabilisce, poi, che: «La valutazione ambientale di cui all'art. 3 deve essere effettuata durante la fase preparatoria del piano o del programma ed anteriormente alla sua adozione o all'avvio della relativa procedura legislativa.» e, coerentemente, il successivo art. 8 prevede che: «In fase di preparazione del piano o del programma e prima della sua adozione o dell'avvio della relativa procedura legislativa si prendono in considerazione il rapporto ambientale redatto ai sensi dell'art. 5, i pareri espressi ai sensi dell'art. 6 nonche' i risultati di ogni consultazione transfrontaliera avviata ai sensi dell'art. 7». A riguardo, proprio nel rispetto di tali indicazioni, l'art. 4 (Obblighi generali) del decreto legislativo n. 152/2006, recante «Norme in materia ambientale», dispone che: «1. La valutazione ambientale di cui all'art. 3 deve essere effettuata durante la fase preparatoria del piano o del programma ed anteriormente alla sua adozione o all'avvio della relativa procedura legislativa». Il successivo art. 11 (Modalita' di svolgimento) stabilisce, al comma 3, che: «La fase di valutazione e' effettuata anteriormente all'approvazione del piano o del programma, ovvero all'avvio della relativa procedura legislativa, e comunque durante la fase di predisposizione dello stesso. Essa e' preordinata a garantire che gli impatti significativi sull'ambiente derivanti dall'attuazione di detti piani e programmi siano presi in considerazione durante la loro elaborazione e prima della loro approvazione.» ed al comma 5 che: «La VAS costituisce per i piani e programmi a cui si applicano le disposizioni del presente decreto, parte integrante del procedimento di adozione ed approvazione. I provvedimenti amministrativi di approvazione adottati senza la previa valutazione ambientale strategica, ove prescritta, sono annullabili per violazione di legge.». Le disposizioni richiamate stabiliscono, quindi, la necessita' che il procedimento relativo alla VAS accompagni l'iter del piano e sia concluso in una fase anteriore all'entrata in vigore dello strumento. La previsione regionale censurata, invece, anticipando gli effetti della modifica del PAER a un momento endoprocedimentale, senza che sia conclusa la procedura di VAS, e senza che tale anticipata efficacia sia diretta a una maggior tutela ambientale (per le ragioni sopra dette) si pone, quindi, in diretto contrasto sia con la disciplina nazionale richiamata che, prima ancora, con la normativa europea di riferimento. Viene, infatti, vanificata la finalita' stessa della procedura di VAS, in quanto si attribuisce efficacia a previsioni per le quali la verifica e' ancora in corso. Risultano, quindi, violate le previsioni gli articoli 11 e 117, primo comma, della Costituzione, per contrasto con gli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, in considerazione della violazione della direttiva sopra richiamata e l'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, che riserva alla competenza statale la materia dell'ambiente, rispetto al quale costituiscono parametri interposti le previsioni sopra richiamate degli articoli 4 e 11 del decreto legislativo n. 152/2006. 3. Violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione e degli articoli 135, comma 4, 143, comma 1 e 9, e 145, comma 3, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, costituenti parametri interposti. Ulteriore profilo di illegittimita' costituzionale della norma regionale censurata e' ravvisabile nella violazione all'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione con riferimento agli articoli 135, 143, e 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, costituenti parametri interposti. Le disposizioni normative richiamate pongono, infatti, il principio - coessenziale all'impianto della tutela del paesaggio - dell'obbligo di pianificazione congiunta tra Stato e Regione dei beni paesaggistici. Al riguardo, la parte III del Codice dei beni culturali e del paesaggio delinea un sistema organico di tutela paesaggistica, inserendo i tradizionali strumenti del provvedimento impositivo del vincolo e dell'autorizzazione paesaggistica nel quadro della pianificazione paesaggistica del territorio, che deve essere elaborata concordemente da Stato e Regione. Tale pianificazione concordata prevede, per ciascuna area tutelata, le c.d. prescrizioni d'uso (e cioe' i criteri di gestione del vincolo, volti a orientare la fase autorizzatoria) e stabilisce la tipologia delle trasformazioni compatibili e di quelle vietate, nonche' le condizioni delle eventuali trasformazioni. In questo quadro, pertanto, spetta alla pianificazione paesaggistica, ai sensi dell'art. 135, comma 4, del Codice, di definire «apposite prescrizioni e previsioni ordinate in particolare: a) alla conservazione degli elementi costitutivi e delle morfologie dei beni paesaggistici sottoposti a tutela, tenuto conto anche delle tipologie architettoniche, delle tecniche e dei materiali costruttivi, nonche' delle esigenze di ripristino dei valori paesaggistici; b) alla riqualificazione delle aree compromesse o degradate; c) alla salvaguardia delle caratteristiche paesaggistiche degli altri ambiti territoriali, assicurando, al contempo, il minor consumo del territorio; d) alla individuazione delle linee di sviluppo urbanistico ed edilizio, in funzione della loro compatibilita' con i diversi valori paesaggistici riconosciuti e tutelati, con particolare attenzione alla salvaguardia dei paesaggi rurali e dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell'UNESCO». Coerentemente con queste previsioni, il successivo art. 143, comma 1, dello stesso Codice, nel delineare i contenuti propri del piano paesaggistico, riserva al predetto strumento il compito di operare la «analisi delle dinamiche di trasformazione del territorio ai fini dell'individuazione dei fattori di rischio e degli elementi di vulnerabilita' del paesaggio, nonche' comparazione con gli altri atti di programmazione, di pianificazione e di difesa del suolo» (lettera f), la «individuazione delle misure necessarie per il corretto inserimento, nel contesto paesaggistico, degli interventi di trasformazione del territorio, al fine di realizzare uno sviluppo sostenibile delle aree interessate» (lettera h), la «individuazione dei diversi ambiti e dei relativi obiettivi di qualita', a termini dell'art. 135, comma 3» (lettera i). Infine, l'art. 145, comma 3, stabilisce, poi, che: «Le previsioni dei piani paesaggistici di cui agli articoli 143 e 156 non sono derogabili da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico, sono cogenti per gli strumenti urbanistici dei comuni, delle citta' metropolitane e delle province, sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici, stabiliscono norme di salvaguardia applicabili in attesa dell'adeguamento degli strumenti urbanistici e sono altresi' vincolanti per gli interventi settoriali. Per quanto attiene alla tutela del paesaggio, le disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette». Gli ambiti riservati al piano paesaggistico non possono, pertanto, essere surrogati da una disciplina dettata unilateralmente dalla Regione, ne' tanto meno e' consentito ad alcuno strumento pianificatorio di derogare alle previsioni del piano paesaggistico. E cio', in considerazione della posizione di assoluta preminenza, nel contesto della pianificazione territoriale, che il legislatore nazionale, nell'esercizio della potesta' legislativa esclusiva in materia, ha assegnato al piano paesaggistico. Gli articoli 143, comma 9, e 145, comma 3, del Codice di settore sanciscono, infatti, l'inderogabilita' delle previsioni del predetto strumento da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico e la loro cogenza rispetto agli strumenti urbanistici, nonche' l'immediata prevalenza del piano paesaggistico su ogni altro atto della pianificazione territoriale e urbanistica (cfr. Corte costituzionale n. 180/2008). Si tratta di una scelta di principio la cui validita' ed importanza e' gia' stata affermata piu' volte dalla Corte costituzionale, in occasione dell'impugnazione di leggi regionali che intendevano mantenere uno spazio decisionale autonomo agli strumenti di pianificazione dei Comuni e delle Regioni, eludendo la necessaria condivisione delle scelte attraverso uno strumento di pianificazione sovracomunale, definito d'intesa tra lo Stato e la Regione. La Corte ha, infatti, affermato l'esistenza di un vero e proprio obbligo, costituente un principio inderogabile della legislazione statale, di elaborazione congiunta del piano paesaggistico, con riferimento ai beni vincolati (Corte costituzionale n. 86/2019) e ha rimarcato che l'impronta unitaria della pianificazione paesaggistica «e' assunta a valore imprescindibile, non derogabile dal legislatore regionale in quanto espressione di un intervento teso a stabilire una metodologia uniforme nel rispetto della legislazione di tutela dei beni culturali e paesaggistici sull'intero territorio nazionale» (Corte Costituzionale, n. 182/2006; cfr. anche la sentenza n. 272/2009). La norma regionale qui contestata e', pertanto, suscettibile di incidere direttamente sulle prescrizioni d'uso (co-pianificate) dei vincoli paesaggistici, laddove inserisce gli ambiti tutelati, per differenza, tra le aree astrattamente idonee alla localizzazione degli impianti geotermici, non effettuando neppure alcun richiamo all'obbligo di coerenza con le predette prescrizioni d'uso, che, come detto, non sono derogabili da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico, ai sensi dell'art. 145 del Codice dei beni culturali. Inoltre, a fronte dell'esistenza di un Piano paesaggistico co-pianificato, la Regione non solo non ha ritenuto di coinvolgere preventivamente il Ministero per i beni e le attivita' culturali nell'ambito dello studio svolto ai fini dell'individuazione delle aree non idonee, ma anche, pur a fronte delle valutazioni degli uffici ministeriali espresse in sede di VAS, ancora in corso, con la deliberazione del Consiglio regionale n. 41 del 7 luglio 2020 ha proceduto ad includere, tra le aree potenzialmente idonee, alcuni ambiti vincolati e subito dopo, con l'emanazione della norma in questione, ha reso detta individuazione immediatamente efficace e applicabile finanche ai procedimenti in corso. La norma, dunque, si pone in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione che riserva alla potesta' esclusiva statale la materia di ambiente e di beni culturali, in quanto introduce e disciplina procedimenti pianificatori che incidono su beni soggetti a vincolo paesaggistico, senza il coinvolgimento del Ministero, e quindi in diretta violazione delle norme interposte individuabili negli articoli 135, 143 e 145 del Codice di settore, meglio descritti in rubrica, che pongono l'obbligo di co-pianificazione dei beni paesaggistici e stabiliscono il principio di sovraordinazione del piano paesaggistico, elaborato d'intesa con lo Stato, rispetto a ogni altro strumento pianificatorio. Ne risulta, altresi', violato l'art. 9 della Costituzione, alla stregua del quale la tutela del paesaggio assurge a valore «primario e assoluto» (Corte costituzionale n. 367/2007), in considerazione dell'effetto di diminuzione della tutela determinato dalla norma censurata. 4. Violazione del principio di leale collaborazione tra Regione e Stato. Violazione dell'art. 117, comma 3, della Costituzione L'art. 2 della legge regionale si pone altresi' in contrasto con il principio costituzionale di leale collaborazione, in quanto costituisce il frutto di una scelta assunta unilateralmente dalla Regione, al di fuori del percorso condiviso con lo Stato che ha condotto all'adozione del PIT. Va ricordato al riguardo che, secondo l'insegnamento della Corte costituzionale, il principio di leale collaborazione «deve presiedere a tutti i rapporti che intercorrono tra Stato e Regioni», atteso che «la sua elasticita' e la sua adattabilita' lo rendono particolarmente idoneo a regolare in modo dinamico i rapporti in questione, attenuando i dualismi ed evitando eccessivi irrigidimenti» (cosi' in particolare, tra le tante, Corte costituzionale n. 31/2006). In particolare, la Corte ha chiarito che: «Il principio di leale collaborazione, anche in una accezione minimale, impone alle parti che sottoscrivono un accordo ufficiale in una sede istituzionale di tener fede ad un impegno assunto» (cosi' ancora la sentenza richiamata). La scelta della Regione Toscana di assumere iniziative unilaterali, al di fuori del percorso di collaborazione attuato con lo Stato, si pone, pertanto, in contrasto anche con il predetto principio. 5. Violazione dell'art. 117, comma 3, della Costituzione, in relazione all'art. 1, comma 3-bis, del decreto legislativo n. 22/2010. Ulteriore profilo di illegittimita' e' rappresentato dal contrasto della norma con la materia, di legislazione concorrente, «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» (art. 117, 3° comma, della Costituzione). La suddetta normativa regionale indica, infatti, le aree ove non possono essere collocati, in generale, gli impianti geotermici sul territorio regionale, senza, tuttavia, escludere dal proprio ambito di applicazione gli «Impianti geotermici pilota», la cui disciplina e' riservata alla competenza esclusiva statale ai sensi dell'art. 1, comma 3-bis, del decreto legislativo n. 22/2010. Ne' tale esclusione puo' considerarsi implicita, laddove nel PAER e' stato invece espressamente specificato che: «Le aree non idonee sopra riportate non si applicano alle "piccole utilizzazioni locali" ex art. 10 del decreto legislativo n. 22/2010». Al riguardo, si fa presente preliminarmente che, in ossequio a quanto stabilito dall'art. 117, comma terzo, la materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» e' attribuita alla competenza legislativa concorrente tra Stato e Regioni. Il decreto legislativo n. 112/1998 ha espressamente delegato alle Regioni le funzioni relative al conferimento di titoli minerari per risorse geotermiche nella terraferma, lasciando allo Stato la determinazione degli indirizzi della politica mineraria nazionale ed i relativi programmi, il compito di rilasciare i titoli in mare, le funzioni di inventario, i relativi aggiornamenti, l'acquisizione di dati, e la promozione di nuove tecnologie, nonche' la dichiarazione di aree indiziate di minerale, sentite le Regioni interessate. Con il citato decreto legislativo n. 22/2010 e' stata successivamente introdotta la sperimentazione degli «Impianti geotermici pilota» al fine di promuovere la ricerca e lo sviluppo di nuove centrali geotermoelettriche a ridotto impatto ambientale con re-iniezione del fluido geotermico nelle stesse formazioni di provenienza, con emissioni nulle e con potenza installata non superiore a 5 MW per ciascuna centrale. La disciplina di tali Impianti viene rimessa alla competenza esclusiva statale, in base alle previsioni della legge 9 agosto 2013, n. 98. L'art. 3, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 112/1998 prevede, inoltre, che: «Nel caso di sperimentazione di impianti pilota di cui all'art. 1, comma 3-bis, l'autorita' competente e il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che acquisiscono l'intesa con la regione interessata, all'atto del rilascio del permesso di ricerca, l'autorita' competente stabilisce le condizioni e le modalita' con le quali e' fatto obbligo al concessionario di procedere alla coltivazione dei fluidi geotermici in caso di esito della ricerca conforme a quanto indicato nella richiesta di permesso di esercizio». Cosi' formulata, la norma regionale in esame e' in evidente contrasto con la disciplina dell'allocazione di questi particolari Impianti finalizzati alla sperimentazione geotermica a basso impatto ambientale, riservata alla competenza legislativa statale. La violazione delle citate norme statali di principio comporta il contrasto con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione con riferimento alla materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia».
P.Q.M. Tutto quanto considerato in narrativa, si conclude perche' l'art. 2 della legge regionale n. 73/2020 della Regione Toscana sia dichiarato costituzionalmente illegittimo per contrasto con gli articoli 9, 11, 97 e 117, 1° comma, 2° comma, lettera s), e 3° comma della Costituzione, con gli articoli 4 e 8 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2001/42/CE del 27 giugno 2001 nonche' con la normativa interposta di cui agli articoli 135, 142, comma 1, lettera m), 143 e 145 del decreto legislativo n. 42/2004 (Codice dei beni culturali), con gli articoli 3, 5, 13, 14 e 15 del decreto legislativo n. 152/2006 (TUA) e con l'art. 1, comma 3-bis, del decreto legislativo n. 22/2010. Si produce l'estratto della deliberazione del Consiglio dei ministri del 10 settembre 2020 e dell'allegata relazione del Ministro per i rapporti con le Regioni. Roma, 23 settembre 2020 L'Avvocato dello Stato: Spina