N. 234 SENTENZA 22 ottobre - 9 novembre 2020

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Previdenza - Trattamenti pensionistici di importo superiore a 100.000
  euro lordi annui  -  Decurtazione  percentuale  crescente,  per  la
  durata  di  cinque  anni,  anziche'  di  tre  anni,  dell'ammontare
  eccedente  la  predetta  soglia  -  Violazione  dei   principi   di
  ragionevolezza e proporzionalita'  delle  prestazioni  patrimoniali
  imposte - Illegittimita' costituzionale parziale. 
Previdenza - Trattamenti pensionistici di importo superiore a 100.000
  euro lordi annui  -  Decurtazione  percentuale  crescente,  per  la
  durata  di  cinque  anni,  anziche'  di  tre  anni,  dell'ammontare
  eccedente la predetta soglia - Denunciata disparita' di trattamento
  e violazione del principio di universalita' dell'imposizione -  Non
  fondatezza delle questioni. 
Previdenza - Trattamenti pensionistici di importo superiore a 100.000
  euro lordi annui  -  Decurtazione  percentuale  crescente,  per  la
  durata  di  cinque  anni,  anziche'  di  tre  anni,  dell'ammontare
  eccedente la predetta soglia - Denunciata violazione del diritto di
  proprieta' privata, in relazione  ai  vincoli  derivanti  da  fonti
  convenzionali - Non fondatezza delle questioni. 
Previdenza - Trattamenti pensionistici di importo superiore a 100.000
  euro lordi annui  -  Decurtazione  percentuale  crescente,  per  la
  durata  di  cinque  anni,  anziche'  di  tre  anni,  dell'ammontare
  eccedente la predetta soglia - Denunciata violazione del  principio
  del legittimo affidamento nella sicurezza giuridica,  in  relazione
  ai vincoli derivanti da fonti convenzionali - Non fondatezza  delle
  questioni. 
Previdenza - Trattamenti pensionistici - Rivalutazione  automatica  -
  Riduzione,  per  il  triennio  2019-2021,  sulla  base  di   misure
  percentuali  riferite  al  trattamento  minimo  INPS  -  Denunciata
  violazione  dei  principi  di  ragionevolezza,  proporzionalita'  e
  adeguatezza della pensione - Non fondatezza delle questioni. 
- Legge 30 dicembre 2018, n. 145, art. 1, commi 260, 261,  262,  263,
  264, 265, 266, 267 e 268. 
- Costituzione, artt. 3, 23, 36, 38,  42,  53,  81,  97,  117,  primo
  comma, e 136; Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo
  e delle liberta' fondamentali, art. 6; Protocollo addizionale  alla
  Convenzione per la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
  liberta' fondamentali, art. 1. 
(GU n.46 del 11-11-2020 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Mario Rosario MORELLI; 
Giudici :Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana  SCIARRA,  Daria
  de PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio  BARBERA,
  Giulio  PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca
  ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  commi
260, 261, 262, 263, 264, 265, 266, 267 e 268, della legge 30 dicembre
2018,  n.  145  (Bilancio  di  previsione  dello  Stato  per   l'anno
finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il  triennio  2019-2021),
promossi dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale per
il Friuli-Venezia Giulia, con ordinanza  del  17  ottobre  2019,  dal
Tribunale ordinario di Milano, in funzione di giudice del lavoro, con
ordinanza del  20  gennaio  2020,  dalla  Corte  dei  conti,  sezione
giurisdizionale regionale per il Lazio, con ordinanza del 22  ottobre
2019, dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale per la
Sardegna, con ordinanza dell'11 febbraio  2020,  e  dalla  Corte  dei
conti, sezione giurisdizionale regionale  per  la  Toscana,  con  due
ordinanze del 9 aprile 2020, iscritte, rispettivamente, al numero 213
del registro ordinanze 2019 e ai numeri 46, 75, 76,  118  e  119  del
registro ordinanze 2020, e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale  della
Repubblica numero 48, prima serie speciale, dell'anno 2019  e  numeri
22, 27 e 37, prima serie speciale, dell'anno 2020. 
    Visti gli atti di costituzione di U. Z., F. I., N. L. e altri, C.
L. C., G. C. e  altri  e  dell'Istituto  nazionale  della  previdenza
sociale (INPS), nonche' gli  atti  di  intervento  di  G.  B.  e  del
Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  20  ottobre  2020  il  Giudice
relatore Stefano Petitti; 
    uditi gli avvocati  Giampaolo  Maria  Cogo  per  G.  B.,  Massimo
Luciani per U. Z., Francesco Saverio Marini per F. I.,  Nicola  Leone
per N. L. e altri, Mario Rampini per C. L. C., Gaetano Viciconte  per
G. C. e altri, Antonella Patteri per l'INPS e l'avvocato dello  Stato
Federico Basilica per il Presidente del Consiglio dei ministri; 
    deliberato nella camera di consiglio del 22 ottobre 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 17 ottobre 2019, iscritta al reg.  ord.  n.
213 del 2019, la Corte dei conti, sezione  giurisdizionale  regionale
per il Friuli-Venezia Giulia, ha sollevato questioni di  legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 260, della legge 30 dicembre  2018,
n. 145 (Bilancio di previsione dello  Stato  per  l'anno  finanziario
2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), per contrasto
con  gli  artt.  3,  36  e  38  della  Costituzione,  «in   relazione
all'intervento di  riduzione  per  un  triennio  della  rivalutazione
automatica delle pensioni di elevato importo», nonche'  questioni  di
legittimita' costituzionale dello stesso art. 1,  commi  dal  261  al
268, per contrasto con gli artt. 3,  23,  36,  38  e  53  Cost.,  «in
relazione  all'intervento  di   decurtazione   percentuale   per   un
quinquennio dell'ammontare lordo annuo dei medesimi trattamenti». 
    1.1.- L'ordinanza di rimessione espone che il giudizio principale
ha  ad  oggetto  la  domanda  spiegata  nei  confronti  dell'Istituto
nazionale della previdenza sociale (INPS) da U. Z. per l'accertamento
del suo diritto al trattamento pensionistico integrale, con  condanna
dell'Istituto al versamento delle somme medio tempore non erogate. 
    1.2.-  Ad  avviso  del   giudice   a   quo,   il   raffreddamento
dell'indicizzazione disposto dall'art. 1, comma 260, della  legge  n.
145 del 2018 violerebbe i canoni di ragionevolezza,  proporzionalita'
e adeguatezza di cui agli  artt.  3,  36  e  38  Cost.,  sia  perche'
reitererebbe  i  pregressi  interventi  limitativi   del   meccanismo
perequativo si' da risultare privo  del  necessario  carattere  della
transitorieta', sia  perche'  non  sarebbe  sorretto  da  motivate  e
urgenti ragioni di finanza pubblica. 
    1.3.- La decurtazione  percentuale  dei  trattamenti  di  elevato
importo disposta dall'art. 1, commi dal 261 al 268,  della  legge  n.
145 del 2018 violerebbe invece gli artt. 3, 23, 36, 38  e  53  Cost.,
sia  perche',  in   assenza   di   una   destinazione   solidaristica
endoprevidenziale,  il  prelievo  avrebbe  carattere  sostanzialmente
tributario,  in   pregiudizio   selettivo   di   una   categoria   di
contribuenti, sia perche'  la  durata  quinquennale  dell'intervento,
eccedente  lo   stesso   ciclo   triennale   di   bilancio,   sarebbe
incompatibile con ogni  giustificazione  di  tipo  emergenziale,  sia
infine   perche'   verrebbero   comunque   lesi   i   canoni    della
ragionevolezza,   proporzionalita'   e   adeguatezza    in    materia
previdenziale. 
    2.- Con ordinanza del 20 gennaio 2020, iscritta al reg.  ord.  n.
46 del 2020, il Tribunale ordinario di Milano, in funzione di giudice
del lavoro, ha sollevato  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 260, della legge n. 145 del 2018 per contrasto con
gli artt.  3,  36  e  38  Cost.  nonche'  questioni  di  legittimita'
costituzionale dello stesso art. 1, comma 261, per contrasto con  gli
artt. 3, 23, 36, 38, 53 e 117, primo comma,  Cost.,  quest'ultimo  in
relazione all'art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione  per
la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali,
firmato a Parigi il 20 marzo 1952, ratificato e  reso  esecutivo  con
legge 4 agosto 1955, n. 848. 
    2.1.- L'ordinanza di rimessione espone che il giudizio principale
ha ad oggetto  la  domanda  spiegata  nei  confronti  dell'INPS,  del
Ministro dell'economia e delle finanze e del Presidente del Consiglio
dei  ministri  da  F.  I.  per  l'accertamento  del  suo  diritto  al
trattamento pensionistico integrale, con  condanna  dell'Istituto  al
versamento delle somme medio tempore non erogate. 
    2.2.- Anche ad avviso del Tribunale  di  Milano,  la  limitazione
dell'indicizzazione disposta dall'art. 1, comma 260, della  legge  n.
145 del 2018 violerebbe i canoni di ragionevolezza,  proporzionalita'
e adeguatezza di cui agli artt. 3, 36 e 38 Cost.,  poiche'  il  nuovo
intervento avrebbe reiterato altri analoghi pregressi, in assenza  di
motivazioni su effettive urgenze di finanza pubblica. 
    2.3.- La riduzione dell'assegno disposta dall'art. 1, comma  261,
della legge n. 145 del 2018, oltre a violare gli artt. 3, 23, 36,  38
e 53 Cost. per la natura sostanzialmente tributaria del prelievo e il
difetto di proporzionalita' su durata e aliquote, altresi' violerebbe
l'art. 117, primo comma, Cost., in relazione  all'art.  1  del  Prot.
addiz. alla CEDU, non  emergendo  una  causa  di  interesse  pubblico
idonea  a  giustificare  un  cosi'  pesante  sacrificio  del  credito
previdenziale. 
    3.- Con ordinanza del 22 ottobre 2019, iscritta al reg.  ord.  n.
75 del 2020, la Corte dei conti,  sezione  giurisdizionale  regionale
per il Lazio, ha sollevato questioni di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 261, della legge n. 145 del 2018 per contrasto con
gli artt. 3, 36, 38, 53 e 97 Cost. 
    3.1.- L'ordinanza di rimessione espone che il giudizio principale
ha ad oggetto la domanda spiegata nei confronti dell'INPS  da  V.  M.
per l'accertamento  del  suo  diritto  al  trattamento  pensionistico
integrale, con condanna dell'Istituto al versamento delle somme medio
tempore non erogate. 
    3.2.- Ad avviso del rimettente, l'eccessivita' delle  aliquote  e
la  protratta  durata  del  contributo  di  solidarieta',   di   poco
successivo ad altro analogo,  in  assenza  di  una  chiara  finalita'
endoprevidenziale, porrebbero il contributo stesso al  di  fuori  dei
limiti   di    legittimita'    individuati    dalla    giurisprudenza
costituzionale. 
    3.3.- Inoltre, l'esenzione delle «pensioni interamente  liquidate
con il sistema contributivo», prevista dall'art. 1, comma 263,  della
legge   n.   145   del   2018,   determinerebbe   «una    irrazionale
discriminazione tra soggetti  il  cui  trattamento  pensionistico  e'
stato calcolato  interamente  con  il  sistema  retributivo  o  misto
rispetto a quelli soggetti al solo sistema contributivo, esclusi  dal
contributo  di  solidarieta',  senza  tener   conto   delle   diverse
anzianita' di servizio e qualifiche conseguite e dell'ammontare delle
ritenute versate». 
    4.- Con ordinanza dell'11 febbraio 2020, iscritta al reg. ord. n.
76 del 2020, la Corte dei conti,  sezione  giurisdizionale  regionale
per   la   Sardegna,   ha   sollevato   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 261 «e seguenti»,  della  legge  n.
145 del 2018 per contrasto con gli artt. 3, 23,  36,  38,  53  e  136
Cost. 
    4.1.- L'ordinanza di rimessione espone che il giudizio principale
ha ad oggetto la domanda spiegata nei confronti dell'INPS da N. L.  e
altri  nove  per  l'accertamento  del  loro  diritto  al  trattamento
pensionistico integrale, con  condanna  dell'Istituto  al  versamento
delle somme medio tempore non erogate. 
    4.2.- L'ordinanza precisa che i ricorrenti hanno chiesto, in  via
subordinata,  accertarsi  che  le  loro  pensioni  vanno  esenti  dal
prelievo  in  quanto,  virtualmente   ricalcolate   con   il   metodo
contributivo, non sarebbero inferiori a quelle in godimento. 
    4.3.- Evidenziato che il «ricalcolo  virtuale»,  sollecitato  dai
ricorrenti ai fini dell'esenzione dal prelievo,  non  e'  compatibile
con la lettera dell'art. 1, comma 263, della legge n. 145  del  2018,
il giudice a quo assume che, in assenza di  una  chiara  destinazione
solidaristica  endoprevidenziale,   il   prelievo   abbia   carattere
sostanzialmente tributario, in pregiudizio selettivo di una categoria
di contribuenti, e che la sua durata ed entita' leda i  canoni  della
ragionevolezza,   proporzionalita'   e   adeguatezza    in    materia
previdenziale. 
    4.4.- Istituendo  un  contributo  di  solidarieta'  difforme  dai
criteri  fissati  dalla  giurisprudenza  costituzionale,   la   norma
censurata sarebbe illegittima  anche  per  violazione  dell'art.  136
Cost., «con elusione del giudicato costituzionale». 
    5.- Con ordinanza del 9 aprile 2020, iscritta al reg. ord. n. 118
del 2020, la Corte dei conti, sezione giurisdizionale  regionale  per
la Toscana, ha sollevato  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, commi dal 261 al 268, della legge n. 145  del  2018  per
contrasto con gli artt. 3, 23, 36, 38, 42, 53, 81 e 117, primo comma,
Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 6 della Convenzione per  la
salvaguardia dei diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali
(CEDU), firmata  a  Roma  il  4  novembre  1950,  ratificata  e  resa
esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, e  all'art.  1  del  Prot.
addiz. alla Convenzione stessa. 
    5.1.- L'ordinanza di rimessione espone che il giudizio principale
ha ad oggetto  la  domanda  spiegata  nei  confronti  dell'INPS,  del
Ministro dell'economia e delle finanze e del Presidente del Consiglio
dei ministri da C. L.  C.  per  l'accertamento  del  suo  diritto  al
trattamento pensionistico integrale, con  condanna  dell'Istituto  al
versamento delle somme medio tempore non erogate. 
    5.2.- Ad avviso del giudice a quo,  la  decurtazione  percentuale
dei trattamenti pensionistici di elevato importo  disposta  dall'art.
1, comma 261, della legge n. 145  del  2018  violerebbe  gli  evocati
parametri sia perche', in assenza di una  destinazione  solidaristica
endoprevidenziale,  il  prelievo  avrebbe  carattere  sostanzialmente
tributario,  in   pregiudizio   selettivo   di   una   categoria   di
contribuenti, sia perche'  la  durata  quinquennale  dell'intervento,
eccedente  lo   stesso   ciclo   triennale   di   bilancio,   sarebbe
incompatibile con ogni  giustificazione  di  tipo  emergenziale,  sia
perche' verrebbero  comunque  lesi  i  canoni  della  ragionevolezza,
proporzionalita' e adeguatezza in materia previdenziale. 
    5.3.- Inoltre, sarebbe  leso  l'affidamento  del  titolare  della
pensione, colpito da una «misura ablativa della proprieta'  privata»,
in  violazione  dell'art.  42  Cost.   e   delle   richiamate   norme
convenzionali. 
    6.- Con ordinanza del 9 aprile 2020, iscritta al reg. ord. n. 119
del 2020, la Corte dei conti, sezione giurisdizionale  regionale  per
la Toscana, ha sollevato  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 260, della legge n. 145 del 2018 per contrasto con
gli artt.  3,  36  e  38  Cost.  nonche'  questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 1, commi dal  261  al  268,  della  medesima
legge per contrasto con gli artt. 3, 23, 36, 38, 42, 53,  81  e  117,
primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 6 della CEDU e
all'art. 1 del Prot. addiz. alla Convenzione stessa. 
    6.1.- L'ordinanza di rimessione espone che il giudizio principale
ha ad oggetto la domanda  spiegata  nei  confronti  dell'INPS  e  del
Ministro dell'economia e delle finanze da A. A. e  altri  sessantotto
per l'accertamento del  loro  diritto  al  trattamento  pensionistico
integrale, con condanna dell'Istituto al versamento delle somme medio
tempore non erogate. 
    6.2.- Espressi riguardo al prelievo ex art. 1, comma  261,  della
legge n. 145 del 2018  gli  stessi  argomenti  di  cui  all'ordinanza
iscritta al reg. ord. n. 118 del 2020, il  giudice  a  quo  denuncia,
riguardo alla limitazione dell'indicizzazione disposta  dall'art.  1,
comma  260,  della  medesima  legge,  la  violazione  dei  canoni  di
ragionevolezza, proporzionalita'  e  adeguatezza,  poiche'  il  nuovo
intervento avrebbe reiterato altri analoghi pregressi, in assenza  di
motivazioni su effettive urgenze di finanza pubblica. 
    7.- In tutti i giudizi e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, che ha chiesto dichiararsi infondate le questioni,  in  alcuni
giudizi sollevando altresi' eccezioni di inammissibilita'. 
    7.1.- Nei giudizi di cui al reg. ord. n. 213 del 2019, n. 75  del
2020, n. 118 del 2020 e n. 119 del 2020 l'Avvocatura dello  Stato  ha
eccepito l'inammissibilita' delle questioni poiche': sarebbe  incerto
il petitum relativo al prelievo quinquennale, non essendo chiaro se i
rimettenti abbiano inteso censurare l'intero istituto o  soltanto  la
sua durata; le ordinanze di  rimessione  mancherebbero  di  autonomia
rispetto agli argomenti  dei  ricorrenti;  i  giudici  a  quibus  non
avrebbero esperito alcun tentativo di interpretazione adeguatrice. 
    7.1.1.- Nel  giudizio  di  cui  al  reg.  ord.  n.  75  del  2020
l'Avvocatura dello Stato ha inoltre eccepito l'inammissibilita' della
questione relativa all'esenzione  delle  pensioni  liquidate  con  il
sistema  contributivo,  poiche'  non  sarebbe  stata   censurata   la
specifica norma  che  tale  esenzione  dispone  e  perche'  sarebbero
comunque ipotizzabili plurime soluzioni per rimuoverne  i  denunciati
effetti discriminatori. 
    7.2.- Nel merito, l'Avvocatura dello Stato  reputa  infondate  le
questioni inerenti all'indicizzazione, perche' non si tratterebbe  di
un blocco integrale della perequazione automatica, ma soltanto di una
limitazione graduale e proporzionata. 
    7.2.1.-  Sarebbero  infondate  anche  le  questioni  inerenti  al
prelievo  di  solidarieta',  la  cui  destinazione  endoprevidenziale
sarebbe assicurata dal  previsto  accantonamento  in  appositi  fondi
degli enti previdenziali e la cui sostenibilita' sarebbe  evidenziata
dalla prevista salvezza della soglia minima dei  100.000  euro  lordi
annui. 
    7.2.2.- Nel  giudizio  di  cui  al  reg.  ord.  n.  76  del  2020
l'Avvocatura dello Stato contesta che la  disposizione  sul  prelievo
abbia eluso uno specifico giudicato costituzionale. 
    7.3.- In tutti i giudizi il Presidente del Consiglio dei ministri
ha  chiesto,  in  subordine,  che   gli   effetti   di   un'eventuale
declaratoria di  illegittimita'  costituzionale  siano  temporalmente
circoscritti, trattandosi  di  misure  di  contenimento  della  spesa
previdenziale  aventi  un  rilevante  impatto   sull'equilibrio   del
bilancio pubblico. 
    8.- Si e' costituito in tutti i  giudizi  anche  l'INPS,  che  ha
chiesto   dichiararsi   le   questioni   infondate,   deducendo,   in
particolare, che i risparmi di spesa generati dalle contestate misure
sono  destinati  a   finanziare   un'estensione   dei   pensionamenti
anticipati in funzione del ricambio occupazionale tra le generazioni,
secondo quanto  emerge  dal  decreto-legge  28  gennaio  2019,  n.  4
(Disposizioni urgenti in materia di  reddito  di  cittadinanza  e  di
pensioni), convertito, con modificazioni, nella legge 28 marzo  2019,
n. 26. 
    9.- Nel giudizio di cui al reg.  ord.  n.  213  del  2019  si  e'
costituita la parte privata U. Z., che ha chiesto dichiararsi fondate
le questioni, sia in ordine alla limitazione della perequazione,  che
avrebbe consolidato nel tempo una misura  incidente  sull'adeguatezza
del trattamento, sia in ordine al prelievo sull'assegno,  equivalente
a un tributo  selettivo,  peraltro  attuato  con  durata  e  aliquote
sproporzionate. 
    9.1.- Nel giudizio di cui al reg. ord.  n.  46  del  2020  si  e'
costituita la parte  privata  F.  I.,  che  ha  sviluppato  argomenti
analoghi, aggiungendo che il prelievo e' stato applicato senza alcuna
verifica del montante contributivo individuale. 
    9.2.- Nel giudizio di cui al reg. ord. n. 76  del  2020  si  sono
costituite  nove  delle  dieci   parti   private,   per   sollecitare
l'accoglimento  delle  questioni,  tra  l'altro  osservando  che  «la
lettera  della  legge  esclude  dal  prelievo  soltanto  le  pensioni
calcolate con il  metodo  contributivo,  ma,  irragionevolmente,  non
dispone che debba tenersi conto dei  contributi  versati  da  ciascun
pensionato». 
    9.3.- Nel giudizio di cui al reg. ord. n.  118  del  2020  si  e'
costituita la parte privata C. L.  C.,  che  ha  chiesto  dichiararsi
fondate le  questioni,  segnatamente  denunciando  l'irragionevolezza
dell'esenzione dal prelievo disposta dall'art. 1,  comma  263,  della
legge n. 145 del 2018  per  le  pensioni  liquidate  con  il  sistema
contributivo,  irragionevolezza  che  discenderebbe  dall'essere   il
metodo liquidativo criterio inadeguato, di per se', ad evidenziare la
maggiore o minore entita' complessiva  delle  ritenute  previdenziali
operate. 
    9.4.- Nel giudizio di cui al reg. ord. n. 119 del  2020  si  sono
costituite  le  parti  private  G.  C.  e  altri  tre,   sollecitando
l'accoglimento delle questioni, per il carattere  sproporzionato  del
blocco  perequativo  e  la  natura  tributaria   della   decurtazione
percentuale. 
    10.- Nel giudizio di  cui  al  reg.  ord.  n.  213  del  2019  e'
intervenuto ad  adiuvandum  G.  B.,  il  quale,  avendo  promosso  un
giudizio nei confronti dell'INPS presso  il  Tribunale  ordinario  di
Viterbo, in funzione di giudice del lavoro, sollecita la declaratoria
di  illegittimita'  costituzionale  delle  norme  censurate,  poiche'
incidenti sulla propria posizione pensionistica. 
    10.1.- Nel giudizio di cui al reg.  ord.  n.  46  del  2020  sono
intervenuti ad  adiuvandum,  con  istanza  di  accesso  agli  atti  e
separata decisione sull'ammissibilita' dell'intervento, U. B. e altri
sei, P. A. B. e altri tre, nonche' la Confederazione  dei  dirigenti,
funzionari, quadri, ed  alte  professionalita',  in  servizio  ed  in
quiescenza, della pubblica amministrazione (CONFEDIR). 
    10.1.1.-  Questi  ultimi   interventi   sono   stati   dichiarati
inammissibili con ordinanza n. 202 del 2020, in  quanto  spiegati  da
soggetti che non sono parti del giudizio a quo, ne'  titolari  di  un
interesse   qualificato,   immediatamente   inerente   al    rapporto
sostanziale dedotto in quel giudizio. 
    11.- Nel giudizio  di  cui  al  reg.  ord.  n.  46  del  2020  ha
presentato  un'opinione  scritta  di  amicus  curiae  la  Federazione
sanitari pensionati e vedove (FEDERSPEV). 
    In  tale  opinione  si  illustrano  la  perdita   economica   dei
rappresentati  e  la  lesione  del  loro   affidamento,   conseguenti
all'interazione delle misure disposte  dalle  norme  censurate  e  di
quelle analoghe succedutesi a partire dall'anno 2000. 
    11.1.-  Con  decreto  presidenziale  del   14   settembre   2020,
l'opinione e' stata ammessa, in quanto conforme ai  criteri  previsti
dall'art. 4-ter, commi 1, 2  e  3,  delle  Norme  integrative  per  i
giudizi davanti alla Corte costituzionale. 
    12.- L'Avvocatura dello Stato ha depositato memorie  illustrative
nei giudizi di cui al reg. ord. n. 46 del 2020  e  n.  76  del  2020;
l'INPS nei giudizi di cui al reg. ord. n. 213 del  2019,  n.  46  del
2020, n. 75 del 2020 e n. 76 del 2020. 
    12.1.- Nel giudizio di cui al reg. ord. n. 213 del 2019 la  parte
privata U. Z. ha  prodotto  documenti  e  depositato  memoria  e  nel
medesimo giudizio ha depositato memoria anche l'interveniente G.  B.;
nel giudizio di cui al reg. ord. n. 46 del 2020 ha depositato memoria
la parte privata F. I. e cosi' anche la parte privata C.  L.  C.  nel
giudizio di cui al reg. ord. n. 118 del 2020. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con l'ordinanza iscritta al reg. ord. n.  213  del  2019,  la
Corte  dei  conti,   sezione   giurisdizionale   regionale   per   il
Friuli-Venezia  Giulia,  ha  sollevato  questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 260, della legge 30 dicembre  2018,
n. 145 (Bilancio di previsione dello  Stato  per  l'anno  finanziario
2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), per contrasto
con gli artt. 3, 36 e 38 della  Costituzione,  nonche'  questioni  di
legittimita' costituzionale dello stesso art. 1,  commi  dal  261  al
268, per contrasto con gli artt. 3, 23, 36, 38 e 53 Cost. 
    2.- Con l'ordinanza iscritta al reg. ord.  n.  46  del  2020,  il
Tribunale ordinario di Milano, in funzione di giudice del lavoro,  ha
sollevato questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma
260, della legge n. 145 del 2018 per contrasto con gli artt. 3, 36  e
38 Cost.  nonche'  questioni  di  legittimita'  costituzionale  dello
stesso art. 1, comma 261, per contrasto con gli artt. 3, 23, 36,  38,
53 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in  relazione  all'art.  1
del Protocollo addizionale alla Convenzione per la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmato a Parigi  il
20 marzo 1952, ratificato e reso esecutivo con legge 4  agosto  1955,
n. 848. 
    3.- Con l'ordinanza iscritta al reg. ord.  n.  75  del  2020,  la
Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale per il  Lazio,  ha
sollevato questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma
261, della legge n. 145 del 2018 per contrasto con gli artt.  3,  36,
38, 53 e 97 Cost. 
    4.- Con l'ordinanza iscritta al reg. ord.  n.  76  del  2020,  la
Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale per  la  Sardegna,
ha sollevato questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
comma 261 «e seguenti», della legge n. 145 del 2018 per contrasto con
gli artt. 3, 23, 36, 38, 53 e 136 Cost. 
    5.- Con l'ordinanza iscritta al reg. ord. n.  118  del  2020,  la
Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale per la Toscana, ha
sollevato questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi
dal 261 al 268, della legge n. 145 del 2018  per  contrasto  con  gli
artt. 3,  23,  36,  38,  42,  53,  81  e  117,  primo  comma,  Cost.,
quest'ultimo  in  relazione  all'art.  6  della  Convenzione  per  la
salvaguardia dei diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali
(CEDU), firmata  a  Roma  il  4  novembre  1950,  ratificata  e  resa
esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, e  all'art.  1  del  Prot.
addiz. alla Convenzione stessa. 
    6.- Con l'ordinanza iscritta al reg. ord. n.  119  del  2020,  la
Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale per la Toscana, ha
sollevato questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma
260, della legge n. 145 del 2018 per contrasto con gli artt. 3, 36  e
38 Cost. nonche' questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.
1, commi dal 261 al 268, della medesima legge per contrasto  con  gli
artt. 3,  23,  36,  38,  42,  53,  81  e  117,  primo  comma,  Cost.,
quest'ultimo in relazione all'art. 6 della  CEDU  e  all'art.  1  del
Prot. addiz. alla Convenzione stessa. 
    7.- L'art. 1, comma 260, della legge n. 145 del  2018  stabilisce
che, per  il  periodo  2019-2021,  la  rivalutazione  automatica  dei
trattamenti pensionistici e' riconosciuta nella misura  del  100  per
cento soltanto per quelli complessivamente pari  o  inferiori  a  tre
volte il minimo INPS, mentre, per quelli superiori a  tre  volte,  la
rivalutazione e' riconosciuta in misura decrescente: 97 per cento per
i trattamenti pari o inferiori a quattro  volte  il  minimo;  77  per
cento per i trattamenti superiori a quattro volte e pari o  inferiori
a cinque volte; 52 per cento per i  trattamenti  superiori  a  cinque
volte e pari o inferiori a sei volte; 47 per cento per i  trattamenti
superiori a sei volte e pari o inferiori a otto volte; 45  per  cento
per i trattamenti superiori a otto volte e pari o  inferiori  a  nove
volte; 40 per cento per i  trattamenti  superiori  a  nove  volte  il
minimo. 
    7.1.- Il modulo perequativo configurato dalla norma censurata  e'
stato modificato dall'art. 1, comma  477,  della  legge  27  dicembre
2019,  n.  160  (Bilancio  di  previsione  dello  Stato  per   l'anno
finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il  triennio  2020-2022),
con esclusivo riguardo ai trattamenti superiori a tre volte il minimo
e pari  o  inferiori  a  quattro  volte,  i  quali,  per  il  biennio
2020-2021, sono stati ammessi alla rivalutazione integrale. 
    8.- L'art. 1, comma 261, della legge n. 145 del  2018  stabilisce
che, per la  durata  di  cinque  anni,  i  trattamenti  pensionistici
diretti di importo complessivo superiore a 100.000 euro lordi su base
annua sono ridotti nella  misura  del  15  per  cento  per  la  parte
eccedente tale importo fino a 130.000 euro, 25 per cento per la parte
eccedente 130.000 euro fino a 200.000 euro, 30 per cento per la parte
eccedente 200.000 euro fino a 350.000 euro, 35 per cento per la parte
eccedente 350.000 euro fino a 500.000 euro e  40  per  cento  per  la
parte eccedente 500.000 euro. 
    8.1.- I commi dal 262 al 268 dell'art. 1 della legge n.  145  del
2018 contengono  alcune  disposizioni  particolari  concernenti  tale
riduzione, tra le quali segnatamente la previsione per cui essa  «non
si applica  comunque  alle  pensioni  interamente  liquidate  con  il
sistema contributivo» (comma 263), quella secondo la quale  le  somme
risparmiate «restano accantonate» presso gli enti previdenziali in un
«Fondo risparmio sui trattamenti pensionistici  di  importo  elevato»
(comma 265) e l'altra per cui,  nonostante  la  riduzione,  l'importo
complessivo del trattamento «non puo'  comunque  essere  inferiore  a
100.000 euro lordi su base annua» (comma 267). 
    9.- Ad avviso dei rimettenti che hanno censurato l'art. 1,  comma
260, della legge n. 145 del 2018, questo violerebbe gli artt. 3, 36 e
38 Cost., disponendo una limitazione della  rivalutazione  automatica
dei  trattamenti  pensionistici   non   conforme   ai   principi   di
ragionevolezza,  proporzionalita'  e   adeguatezza,   ripetitiva   di
pregressi  analoghi  interventi  e  non  sorretta   da   ragioni   di
necessita'. 
    10.- Secondo i rimettenti che hanno  censurato  l'art.  1,  comma
261, della legge n. 145 del 2018, questo violerebbe gli artt. 3,  23,
36,  38  e  53  Cost.,  perche',  in  assenza  di  una   destinazione
solidaristica  endoprevidenziale,  il  prelievo   avrebbe   carattere
sostanzialmente tributario, in pregiudizio di una sola  categoria  di
contribuenti;    inoltre,    perche'    la    durata     quinquennale
dell'intervento, eccedente lo stesso  ciclo  triennale  di  bilancio,
sarebbe incompatibile con ogni giustificazione di tipo  emergenziale;
infine,   perche'   verrebbero   comunque   lesi   i   canoni   della
ragionevolezza,   proporzionalita'   e   adeguatezza    in    materia
previdenziale. 
    10.1.- Nei giudizi di cui al reg. ord. n. 46 del 2020, n. 118 del
2020 e n. 119 del 2020 viene inoltre  evocato  il  parametro  di  cui
all'art. 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 1  del  Prot.
addiz. alla CEDU e, negli ultimi  due  giudizi,  in  relazione  anche
all'art.  6  della  CEDU,   poiche'   il   sacrificio   del   credito
previdenziale non sarebbe  giustificato  da  un'adeguata  ragione  di
interesse pubblico e lederebbe l'affidamento riposto dai titolari  di
pensione. 
    10.2.- Sempre  a  proposito  della  riduzione  percentuale  degli
assegni, nel giudizio di cui al  reg.  ord.  n.  75  del  2020  viene
evocato il parametro di cui all'art. 97 Cost., nel giudizio di cui al
reg. ord. n. 76 del 2020 il parametro di cui all'art. 136 Cost. e nei
giudizi di cui al reg. ord. n. 118 del 2020  e  n.  119  del  2020  i
parametri di cui agli artt. 42 e 81 Cost. 
    11.- Per l'ampia coincidenza  delle  questioni  sollevate  e  dei
parametri evocati, i sei giudizi possono essere riuniti e decisi  con
unica sentenza. 
    12.- In  via  preliminare,  deve  essere  confermata  l'ordinanza
dibattimentale, allegata a questa sentenza, con  la  quale  e'  stato
dichiarato inammissibile l'intervento spiegato da G. B. nel  giudizio
di cui al reg. ord. n. 213 del 2019. 
    13.- Ancora  in  via  preliminare,  devono  essere  esaminate  le
eccezioni di inammissibilita' sollevate dal Presidente del  Consiglio
dei ministri, tramite l'Avvocatura generale dello Stato, nei  giudizi
di cui al reg. ord. n. 213 del 2019, n. 75 del 2020, n. 118 del  2020
e n. 119 del 2020. 
    13.1.- In  tutti  questi  giudizi  l'Avvocatura  dello  Stato  ha
eccepito che il petitum relativo al prelievo quinquennale e' incerto,
non essendo chiaro se esso attenga all'intera misura o soltanto  alla
sua durata; ha eccepito  altresi'  che  le  ordinanze  di  rimessione
mancano di autonomia  argomentativa  rispetto  ai  ricorsi  e  che  i
giudici  a  quibus  non  hanno  esperito  il  doveroso  tentativo  di
interpretazione adeguatrice delle norme censurate. 
    13.1.1.- Queste eccezioni sono prive di fondamento. 
    Tutte  le  ordinanze   di   rimessione   contengono   un'autonoma
esposizione degli argomenti di rilevanza e non manifesta infondatezza
delle  questioni  e  tutte  chiaramente  individuano   nella   durata
quinquennale del prelievo un aspetto soltanto  della  sua  denunciata
illegittimita' costituzionale. 
    Peraltro,  come  pure  espressamente  rimarca   una   di   queste
ordinanze, cioe' quella di cui al reg. ord. n. 213 del 2019, a fronte
dell'univoco tenore letterale delle  norme  censurate,  non  e'  dato
intendere quale interpretazione adeguatrice  i  rimettenti  avrebbero
potuto e dovuto esperire;  la  stessa  Avvocatura  dello  Stato,  nel
sollevare l'eccezione, manca di ipotizzarne alcuna. 
    13.2.-  Nel  giudizio  di  cui  al  reg.  ord.  n.  75  del  2020
l'Avvocatura dello Stato ha inoltre eccepito l'inammissibilita' della
questione  relativa  all'esenzione  dal   prelievo   delle   pensioni
liquidate con il sistema contributivo, poiche' il giudice a  quo  non
avrebbe specificamente censurato la norma che prevede tale esenzione,
cioe' il comma 263 dell'art. 1 della  legge  n.  145  del  2018,  ne'
avrebbe indicato alcuna tra  le  molteplici  soluzioni  astrattamente
ipotizzabili per rimuoverne i denunciati effetti discriminatori. 
    13.2.1.- Anche questa eccezione e' priva di fondamento. 
    Per quanto  in  dispositivo  menzioni  unicamente  il  comma  261
dell'art. 1 della legge n. 145 del 2018, e non anche il comma 263, in
motivazione l'ordinanza di cui  al  reg.  ord.  n.  75  del  2020  si
riferisce ai «commi 261 e segg.» e, soprattutto, illustra le  ragioni
per le quali sospetta di  illegittimita'  costituzionale  l'esenzione
dal prelievo disposta con esclusivo riguardo  al  metodo  liquidativo
della pensione. 
    Quindi, e' da intendersi censurata anche tale esenzione,  appunto
perche' limitata alle pensioni interamente liquidate con  il  sistema
contributivo,  nell'evidente  prospettiva  di  una   sua   necessaria
estensione alle pensioni liquidate, in  tutto  o  in  parte,  con  il
sistema retributivo. 
    14.- Sussistono invece altri  profili  di  inammissibilita',  che
vanno rilevati d'ufficio. 
    14.1.- Il primo concerne il parametro di cui all'art.  97  Cost.,
che l'ordinanza iscritta al reg. ord. n.  75  del  2020  evoca  senza
alcuna spiegazione dei motivi per i quali esso sarebbe stato  violato
dall'art. 1, comma 261, della legge n. 145 del 2018. 
    L'ordinanza contiene solo un generico riferimento ai principi  di
buon  andamento  e  imparzialita'  della  pubblica   amministrazione,
peraltro come deduzione del ricorrente nel giudizio principale. 
    Per   costante   giurisprudenza   costituzionale,   l'omessa    o
insufficiente motivazione  sulla  non  manifesta  infondatezza  della
questione rende la stessa inammissibile (ex plurimis, sentenze n. 136
e n. 26 del 2020, n. 160 del 2018 e n. 35 del 2017; ordinanze n.  191
del 2018, n. 133 del 2011 e n. 84 del 2010). 
    14.2.-  Il  secondo  profilo  di  inammissibilita'  concerne   il
parametro di cui all'art. 136 Cost., evocato dall'ordinanza  iscritta
al reg. ord. n. 76 del 2020 senza alcuna indicazione dello  specifico
giudicato costituzionale che sarebbe stato eluso dall'art.  1,  comma
261, della legge n. 145 del 2018. 
    Sull'assunto  che  questa  disposizione  non  abbia  osservato  i
criteri di legittimita' del prelievo  pensionistico  stabiliti  dalla
giurisprudenza costituzionale, l'ordinanza si limita a  menzionare  i
«criteri da ultimo compiutamente delineati nella sentenza n. 173  del
2016»,  sentenza  che  tuttavia  non  reca  alcuna  declaratoria   di
illegittimita'. 
    Con ogni evidenza, quindi, il  rimettente  ha  inteso  denunciare
l'inosservanza da parte del  legislatore  di  principi  tratti  dalla
giurisprudenza  costituzionale,  che  e'  cosa   ovviamente   diversa
dall'elusione di uno specifico giudicato costituzionale, rilevante ai
sensi dell'art. 136 Cost., giacche' quest'ultima si  verifica  quando
la norma riproduce un'altra dichiarata incostituzionale o ne persegue
anche indirettamente il risultato (ex plurimis, sentenze n.  164  del
2020, n. 57 del 2019, n. 101 del 2018, n. 250, n.  231  e  n.  5  del
2017, n. 73 del 2013, n. 245 del 2012 e n. 350 del 2010). 
    14.3.- Infine, sono inammissibili le  questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 261, della legge n.  145  del  2018
sollevate dalle ordinanze iscritte al reg. ord. n. 118 del 2020 e  n.
119 del 2020 in riferimento all'art. 81 Cost. 
    Tali questioni censurano la durata quinquennale del prelievo,  in
quanto eccedente l'orizzonte triennale del bilancio di previsione, ma
non forniscono alcuna spiegazione del richiamo all'art. 81 Cost., che
invero nulla stabilisce a proposito di  detta  proiezione  temporale,
sicche' anche  qui  si  configura  l'inammissibilita'  per  omessa  o
insufficiente motivazione sulla non manifesta infondatezza. 
    Come si osservera' nell'esame di merito (infra,  punto  18.),  la
durata quinquennale della decurtazione ex art. 1,  comma  261,  della
legge n. 145 del 2018 rileva sotto un profilo differente,  alla  luce
dei parametri di cui gli artt. 3, 23, 36 e 38 Cost., quale indice  di
un difetto di ragionevolezza  e  proporzionalita'  della  prestazione
patrimoniale imposta. 
    15.- Nel merito, le questioni relative  all'art.  1,  comma  260,
della legge n. 145 del 2018, sollevate in riferimento agli  artt.  3,
36 e 38 Cost., vanno dichiarate non fondate. 
    15.1.- Introdotta in  termini  condizionati  dall'art.  10  della
legge 21 luglio 1965, n. 903 (Avviamento alla riforma e miglioramento
dei  trattamenti  di   pensione   della   previdenza   sociale),   la
rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici e' stata messa
a regime dall'art. 19, primo comma, della legge 30  aprile  1969,  n.
153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia  di
sicurezza sociale), con aggancio all'indice del costo della vita  per
la scala mobile retributiva dei lavoratori dell'industria. 
    Sopravvenuta per effetto del protocollo d'intesa  del  31  luglio
1992 l'abolizione della scala mobile delle retribuzioni,  l'art.  11,
comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 (Norme  per
il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori  privati  e
pubblici, a norma dell'articolo 3 della legge  23  ottobre  1992,  n.
421),   ha   rapportato   l'aumento   perequativo   dei   trattamenti
pensionistici al valore medio dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo
per  famiglie  di  operai  e  impiegati,  in  tal  modo   compensando
l'eliminazione dell'aggancio alle dinamiche  salariali  e  collegando
l'adeguamento delle pensioni all'evoluzione  del  livello  medio  del
tenore di vita nazionale. 
    Attualmente,  la   rivalutazione   automatica   dei   trattamenti
pensionistici opera in base al  meccanismo  stabilito  dall'art.  34,
comma 1, della legge 23 dicembre 1998,  n.  448  (Misure  di  finanza
pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo) - disposizione  invero
richiamata  dalla  norma  oggi  censurata  -,  secondo  il  quale  la
perequazione  automatica  si   applica   in   funzione   dell'importo
complessivo dei trattamenti del singolo beneficiario. 
    15.2.-  Questa  Corte  ha  piu'  volte  evidenziato  che,   nella
prospettiva dell'art.  38,  secondo  comma,  Cost.,  la  perequazione
automatica e' uno strumento di natura tecnica volto a  garantire  nel
tempo  l'adeguatezza  dei  trattamenti   pensionistici,   dei   quali
salvaguarda   il   valore   reale   al   cospetto   della   pressione
inflazionistica (sentenze n. 250 del 2017 e n. 70 del 2015). 
    Essa  e'  altresi'  funzionale  all'attuazione  dei  principi  di
sufficienza e proporzionalita' della retribuzione, sanciti  dall'art.
36, primo comma, Cost. (sentenza n. 70  del  2015);  cio'  senza  che
possa tuttavia configurarsi un rigido parallelismo tra la garanzia di
cui all'art. 38 Cost. e quella di cui all'art. 36 Cost., tenuto conto
che la prima e' agganciata alla seconda «non in modo indefettibile  e
strettamente proporzionale» (sentenze n. 250 del 2017 e  n.  173  del
2016). 
    Per le sue caratteristiche di neutralita' e obiettivita',  e  per
la sua strumentalita' rispetto all'attuazione dei  suddetti  principi
costituzionali, «la  tecnica  della  perequazione  si  impone,  senza
predefinirne   le   modalita',   sulle   scelte   discrezionali   del
legislatore, cui spetta intervenire per determinare  in  concreto  il
quantum di tutela di volta in volta necessario» (sentenza n.  70  del
2015). 
    Appartiene  infatti   alla   discrezionalita'   del   legislatore
stabilire nel concreto le variazioni perequative dell'ammontare delle
prestazioni, attraverso un bilanciamento di valori  che  tenga  conto
anche  delle  esigenze  di  bilancio,  poiche'  l'adeguatezza  e   la
proporzionalita' del trattamento pensionistico incontrano pur  sempre
il limite delle  risorse  disponibili  (sentenza  n.  316  del  2010;
ordinanza n. 256 del 2001). 
    15.2.1.-   Nella   prospettiva   della    discrezionalita'    del
legislatore,  si  e'  affermato  che  il  principio  di   adeguatezza
enunciato  nell'art.  38,  secondo  comma,  Cost.  non  determina  la
necessita'  costituzionale  dell'adeguamento  annuale  di   tutti   i
trattamenti pensionistici, ne' d'altronde la mancata perequazione per
un solo anno incide, di  per  se',  sull'adeguatezza  della  pensione
(sentenze n. 250 del 2017 e n. 316 del 2010). 
    Tuttavia,  la  discrezionalita'  legislativa  deve  osservare  un
vincolo di ragionevolezza, innestato su «un progetto  di  eguaglianza
sostanziale, conforme al dettato dell'art. 3, secondo  comma,  Cost.»
(sentenza n. 70 del 2015). 
    Ne discende che la pur ampia  discrezionalita'  in  materia  «non
esclude la necessita' di verificare nel merito le scelte di volta  in
volta operate dal legislatore riguardo ai meccanismi di rivalutazione
dei trattamenti pensionistici, quale che sia il contesto giuridico  e
di fatto nel quale esse si inseriscono» (ordinanza n. 96 del 2018). 
    15.2.2.-  Nell'ambito  di  questa  verifica   assume   un   ruolo
essenziale  la  considerazione  differenziata  dei   trattamenti   di
quiescenza in base al loro  importo,  atteso  che  le  pensioni  piu'
elevate presentano  margini  piu'  ampi  di  resistenza  all'erosione
inflattiva, e «[l]'esigenza  di  una  rivalutazione  sistematica  del
correlativo valore monetario e', dunque, per esse meno  pressante  di
quanto non sia per quelle di piu' basso importo» (sentenza n. 316 del
2010). 
    Pertanto, facendo riferimento all'entita'  del  trattamento,  «il
legislatore soddisfa un canone  di  non  irragionevolezza  che  trova
riscontro nei  maggiori  margini  di  resistenza  delle  pensioni  di
importo piu' alto rispetto agli effetti dell'inflazione» (sentenza n.
250 del 2017). 
    15.2.3.-  Nella  verifica  di  ragionevolezza  sugli   interventi
limitativi  della  perequazione  viene  in  rilievo,  oltre  al  dato
quantitativo, anche quello economico-finanziario che motiva la scelta
del legislatore, poiche' il sacrificio dell'interesse dei  pensionati
alla  conservazione  del  potere  di  acquisto  degli   assegni,   in
particolar modo dei piu' modesti, non puo' dirsi  ragionevole  quando
le esigenze finanziarie sottese all'intervento di  limitazione  della
rivalutazione siano «non illustrate in dettaglio» (sentenza n. 70 del
2015). 
    Occorre quindi una motivazione  sostenuta  da  valutazioni  della
situazione  finanziaria  basate  su  dati  oggettivi,  emergenti,  ad
esempio, dalle relazioni tecniche  di  accompagnamento  delle  misure
legislative (sentenza n. 250 del 2017). 
    15.2.4.- Sussiste infine un limite di ordine  temporale,  poiche'
«la sospensione a tempo  indeterminato  del  meccanismo  perequativo,
ovvero la frequente reiterazione di  misure  intese  a  paralizzarlo,
esporrebbero il sistema ad evidenti  tensioni  con  gli  invalicabili
principi di  ragionevolezza  e  proporzionalita'»;  invero  anche  le
pensioni   di   maggiore   consistenza   «potrebbero    non    essere
sufficientemente  difese  in  relazione  ai  mutamenti   del   potere
d'acquisto della moneta» (sentenza n. 316 del 2010). 
    Cio' anche in considerazione dell'effetto di "trascinamento", che
rende sostanzialmente definitiva anche  una  perdita  temporanea  del
potere di acquisto del trattamento  di  pensione,  atteso  che  «[l]e
successive rivalutazioni saranno, infatti, calcolate non  sul  valore
reale  originario,  bensi'  sull'ultimo  importo  nominale,  che  dal
mancato adeguamento e' gia' stato  intaccato»  (sentenza  n.  70  del
2015). 
    15.3.- Chiamata a pronunciarsi sul modulo perequativo  introdotto
- in attuazione dei principi enunciati da questa Corte nella sentenza
n. 70 del 2015 - dall'art. 1, comma 1, numero 1),  del  decreto-legge
21 maggio 2015, n. 65 (Disposizioni urgenti in materia  di  pensioni,
di  ammortizzatori  sociali  e  di  garanzie  TFR),  convertito,  con
modificazioni,  nella  legge  17  luglio   2015,   n.   109,   modulo
notevolmente piu' severo rispetto a quello oggi in esame, giacche' in
esso non era prevista per gli anni 2012 e 2013  alcuna  rivalutazione
dei trattamenti pensionistici superiori a sei volte il  minimo  INPS,
la Corte  europea  dei  diritti  dell'uomo  -  in  sintonia  con  gli
argomenti sviluppati da questa Corte nella sentenza n. 250 del 2017 -
ne ha riconosciuto la compatibilita' con gli artt. 6 della CEDU  e  1
del  Prot.  addiz.  alla  Convenzione  stessa,   in   ragione   della
proporzionalita' della  misura,  assunta  in  un  contesto  economico
difficile (sentenza 10 luglio 2018, Aielli  e  altri  contro  Italia,
Arboit e altri contro Italia). 
    15.4.- Fatta salva per intero la  rivalutazione  dei  trattamenti
pensionistici di importo piu' modesto (fino a  tre  volte  il  minimo
INPS),  la   disposizione   oggi   censurata   opera   un   contenuto
raffreddamento della dinamica perequativa dei trattamenti di  importo
superiore, con una progressione inversa rispetto alla loro entita'. 
    Anche per i trattamenti di importo piu' elevato, superiori a nove
volte il minimo, superiori quindi a 4.617  euro  mensili  per  l'anno
2019, la rivalutazione  non  e'  azzerata,  ma  solo  diminuita,  con
l'applicazione di un indice del 40 per cento. 
    La circostanza che la disposizione assicuri una quota perequativa
- ridotta e tuttavia non meramente simbolica - anche  in  favore  dei
trattamenti di piu' elevato importo, come  tali  capaci  di  maggiore
resistenza all'erosione inflattiva, induce a ritenere  che  essa  non
violi i principi di ragionevolezza, proporzionalita' e adeguatezza. 
    15.4.1.- Secondo le ordinanze di rimessione e  le  parti  private
costituite in giudizio, la violazione di tali principi  discenderebbe
comunque dal fatto che quello oggetto di censura e' solo l'ultimo  di
una serie di interventi limitativi  della  perequazione  e  che  esso
neppure e' sorretto da un'adeguata motivazione di finanza pubblica. 
    15.4.2.- In linea generale, ogni misura di blocco  o  limitazione
della rivalutazione automatica  dei  trattamenti  pensionistici  «non
puo' che essere scrutinata nella sua singolarita' e in  relazione  al
quadro storico in cui si inserisce» (sentenza n. 250 del 2017). 
    Non puo' ipotizzarsi, di per se', una sorta di "consumazione" del
potere legislativo dovuta all'effettuazione di uno o piu'  interventi
riduttivi della perequazione, ma il  nuovo  ulteriore  intervento  e'
comunque   legittimo   ove   risulti   conforme   ai   principi    di
ragionevolezza, proporzionalita' e  adeguatezza,  sulla  base  di  un
giudizio non limitato al  solo  profilo  della  reiterazione,  bensi'
inclusivo di tutti gli elementi rilevanti. 
    D'altro canto, come gia' detto, anche per le pensioni di  elevato
importo,  «la  sospensione  a  tempo  indeterminato  del   meccanismo
perequativo, ovvero la frequente  reiterazione  di  misure  intese  a
paralizzarlo, esporrebbero il sistema ad evidenti  tensioni  con  gli
invalicabili principi di ragionevolezza e proporzionalita'» (sentenza
n. 316 del 2010). 
    L'intervento  sulla  perequazione  realizzato  dalla  norma  oggi
censurata non ha tuttavia l'effetto di paralizzare,  o  sospendere  a
tempo indeterminato, la rivalutazione dei trattamenti  pensionistici,
neanche di quelli di importo piu' elevato, risolvendosi viceversa  in
un mero raffreddamento della dinamica perequativa, attuato con indici
graduali e proporzionati. 
    Pertanto,  tenuto  anche  conto  che  nel   periodo   considerato
l'inflazione  e'  stata  marginale  e  che  le  previsioni   indicano
addirittura una situazione di tipo deflazionistico,  puo'  escludersi
che la manovra di raffreddamento di cui all'art. 1, comma 260,  della
legge n. 145 del 2018 abbia violato  i  principi  di  ragionevolezza,
proporzionalita'   e    adeguatezza,    nonostante    l'effetto    di
"trascinamento" che essa puo' generare  e  l'esistenza  di  anteriori
interventi sull'indicizzazione degli assegni. 
    15.4.3.- Circa la motivazione della censurata misura, in rapporto
alla situazione generale della  finanza  pubblica,  essa  emerge  con
sufficiente  chiarezza  dagli  atti  parlamentari  e   dal   contesto
normativo. 
    Lo stesso art. 1 della legge n. 145 del  2018  ha  stabilito,  al
comma 256, che nello stato di previsione del Ministero del  lavoro  e
delle politiche sociali sia istituito un fondo denominato «Fondo  per
la revisione del sistema pensionistico attraverso  l'introduzione  di
ulteriori forme di pensionamento anticipato e misure per  incentivare
l'assunzione di lavoratori giovani». 
    Il decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4 (Disposizioni  urgenti  in
materia di reddito di cittadinanza e di  pensioni),  convertito,  con
modificazioni, nella legge 28 marzo 2019, n. 26, introducendo in  via
sperimentale per il triennio 2019-2021  il  trattamento  di  pensione
anticipata «quota 100» (art. 14), ne ha  disposto  il  finanziamento,
per una parte degli oneri,  «mediante  corrispondente  riduzione  del
Fondo di cui all'articolo 1, comma 256, della legge 30 dicembre 2018,
n. 145» (art. 28, comma 2, lettera b). 
    Il quadro normativo  evidenzia  pertanto  che  il  raffreddamento
della  rivalutazione  automatica  dei  trattamenti  pensionistici  di
elevato importo e' stato disposto con una finalita' di concorso  agli
oneri di finanziamento di un piu' agevole  pensionamento  anticipato,
considerato  funzionale  al  ricambio  generazionale  dei  lavoratori
attivi. 
    Tale motivazione appare in grado di giustificare  il  sostenibile
sacrificio perequativo imposto alle pensioni di elevato importo. 
    E' pertinente, al riguardo, quanto osservato  nella  sentenza  n.
316 del 2010 a proposito  dell'art.  1,  comma  19,  della  legge  24
dicembre 2007, n. 247 (Norme di  attuazione  del  Protocollo  del  23
luglio 2007 su  previdenza,  lavoro  e  competitivita'  per  favorire
l'equita' e la  crescita  sostenibili,  nonche'  ulteriori  norme  in
materia di lavoro e previdenza sociale), disposizione che ha  escluso
per l'anno 2008 la rivalutazione automatica dei trattamenti superiori
a otto volte il minimo, allo scopo di finanziare  l'abolizione  dello
"scalone" pensionistico (cioe' il pregresso brusco  innalzamento  del
requisito anagrafico di accesso alle pensioni di anzianita'). 
    Nel  dichiarare  non  fondate  le   questioni   di   legittimita'
costituzionale  di  tale  disposizione,  anche  allora  sollevate  in
riferimento agli artt. 3, 36 e 38 Cost., la sentenza n. 316 del  2010
ha  affermato  che  «dev'essere   riconosciuta   al   legislatore   -
all'interno di un  disegno  complessivo  di  razionalizzazione  della
precedente riforma previdenziale - la liberta'  di  adottare  misure,
come quella denunciata, di concorso solidaristico al finanziamento di
un  riassetto  progressivo  delle  pensioni   di   anzianita',   onde
riequilibrare il sistema a costo invariato». 
    D'altro canto, come si evince dalla documentazione allegata  agli
atti di intervento del Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  il
raffreddamento della rivalutazione delle pensioni di maggior  importo
ha rappresentato una misura emendativa  al  disegno  della  legge  di
bilancio 2019, introdotta nell'ambito dell'interlocuzione del Governo
italiano con la Commissione europea, in funzione dell'osservanza  dei
vincoli  di  stabilita'   finanziaria   derivanti   dall'appartenenza
dell'Italia all'Unione europea. 
    15.5.-  Per  le  considerazioni  che  precedono,  devono   essere
dichiarate non fondate le questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 260, della legge n. 145  del  2018,  sollevate  in
riferimento agli artt. 3, 36 e 38 Cost. 
    16.- Le questioni relative all'art. 1, comma 261, della legge  n.
145 del 2018 - concernenti il  prelievo  sulle  pensioni  di  elevato
importo - sono infondate con riferimento ai  parametri  di  cui  agli
artt. 3 e 53 Cost. 
    16.1.- Il presupposto logico-giuridico  dell'evocazione  di  tali
parametri  e'  che   la   riduzione   percentuale   dei   trattamenti
pensionistici   disposta   dalla   norma   censurata   abbia   natura
sostanzialmente  tributaria,  si'  da  attivare   lo   scrutinio   di
legittimita' costituzionale basato  sul  principio  di  universalita'
dell'imposizione, «avendo riguardo, quindi, non tanto alla disparita'
di trattamento fra dipendenti o fra dipendenti  e  pensionati  o  fra
pensionati e lavoratori autonomi od imprenditori, quanto piuttosto  a
quella fra cittadini», posto che «i redditi derivanti dai trattamenti
pensionistici non hanno, per questa loro origine, una natura  diversa
e minoris generis rispetto agli altri redditi presi a riferimento, ai
fini dell'osservanza dell'art. 53 Cost.» (sentenza n. 116 del 2013). 
    Tuttavia, il prelievo sulla pensione in tanto si  configura  come
prelievo di natura tributaria, in quanto implichi  «una  decurtazione
patrimoniale   definitiva   del   trattamento   pensionistico,    con
acquisizione al bilancio statale del relativo ammontare» (sentenze n.
116 del 2013 e n. 241 del 2012). 
    Il presupposto dei  rimettenti  non  e'  pertanto  condivisibile:
quando viene devoluto a  «un  circuito  di  solidarieta'  interna  al
sistema previdenziale», il  prelievo  sul  trattamento  pensionistico
resta infatti inquadrato nel  genus  delle  prestazioni  patrimoniali
imposte per legge, di cui all'art. 23 Cost., e si sottrae  quindi  al
principio  di  universalita'  dell'imposizione  tributaria,  di   cui
all'art. 53 Cost., potendo trovare  un'autonoma  giustificazione  nei
principi solidaristici sanciti dall'art. 2 Cost. (ordinanza n. 22 del
2003). 
    16.2.- A norma dell'art. 1, comma 265, della  legge  n.  145  del
2018, i risparmi di spesa derivanti dall'applicazione della riduzione
di cui al  precedente  comma  261  confluiscono  in  appositi  fondi,
ciascuno  dei  quali  denominato  «Fondo  risparmio  sui  trattamenti
pensionistici di importo elevato»,  istituiti  presso  l'INPS  e  gli
altri enti previdenziali interessati, e  «[l]e  somme  ivi  confluite
restano accantonate». 
    A norma del successivo comma 266, le risorse  confluite  in  tali
fondi sono «accertate sulla base del procedimento di cui all'articolo
14 della legge 7 agosto 1990, n. 241», ovvero mediante conferenza  di
servizi. 
    Sebbene  queste  disposizioni   non   indichino   una   specifica
destinazione di utilizzo  dei  risparmi  di  spesa,  l'accantonamento
delle somme in fondi dedicati,  appositamente  istituiti  presso  gli
enti  di  previdenza,  ne  garantisce  il   necessario   mantenimento
all'interno del circuito previdenziale. 
    16.3.- Le ordinanze di rimessione e le parti  private  costituite
in  giudizio  dubitano  che  un  accantonamento  privo  di  specifica
destinazione   sia    sufficiente    ad    assicurare    la    natura
endoprevidenziale   del    prelievo,    non    potendosi    escludere
un'acquisizione al bilancio dello Stato. 
    Il dubbio appare tuttavia inconsistente. 
    Quando il legislatore ha inteso devolvere al bilancio dello Stato
un contributo di solidarieta' sui trattamenti  pensionistici,  lo  ha
disposto espressamente, cio' che smentisce in radice  la  tesi  della
permeabilita' statale dei bilanci previdenziali. 
    In particolare, l'art. 18,  comma  22-bis,  del  decreto-legge  6
luglio 2011, n.  98  (Disposizioni  urgenti  per  la  stabilizzazione
finanziaria), convertito, con modificazioni, nella  legge  15  luglio
2011, n. 111, nel disporre un contributo progressivo sui  trattamenti
pensionistici superiori a 90.000 euro lordi annui, ha  stabilito  che
«[l]e  somme  trattenute  dagli  enti  vengono  versate,   entro   il
quindicesimo giorno dalla data in cui e' erogato  il  trattamento  su
cui e' effettuata  la  trattenuta,  all'entrata  del  bilancio  dello
Stato». 
    Proprio in ragione della prevista acquisizione al bilancio  dello
Stato, il contributo in questione e'  stato  qualificato  in  termini
tributari (sentenza n. 241 del 2012) e la norma che l'ha disposto  e'
stata dichiarata illegittima per violazione degli artt. 3 e 53  Cost.
(sentenza n. 116 del 2013). 
    16.4.- L'art. 1, comma 265, della  legge  n.  145  del  2018  non
prevede un riversamento delle somme allo Stato, e anzi  ne  prescrive
la  confluenza  e  l'accantonamento  in  appositi  fondi  degli  enti
previdenziali. 
    Anche l'intervento della conferenza di servizi  e'  previsto  dal
successivo  comma  266  non  a  fini  di  devoluzione   delle   somme
risparmiate, ma solo perche' esse siano adeguatamente «accertate». 
    Dal verbale  della  conferenza  di  servizi  del  3  marzo  2020,
allegato  alle  memorie  illustrative  dell'INPS,  si  evince  che  i
risparmi in questione - accertati al 31 dicembre 2019 in  complessivi
132.290.127  euro  -  sono  stati   contabilizzati   nel   rendiconto
dell'Istituto e imputati tramite assegnazione ad un'apposita voce del
suo stato patrimoniale, sicche' trova piena conferma il  mantenimento
delle somme all'interno del circuito previdenziale. 
    Ribadita la natura endoprevidenziale del prelievo,  ed  esclusane
conseguentemente la sostanza tributaria, l'evocazione  dei  parametri
di cui agli artt. 3 e 53 Cost. risulta priva di fondamento. 
    17.- Le questioni relative all'art. 1, comma 261, della legge  n.
145 del 2018 sono infondate anche con riferimento ai parametri di cui
agli artt. 42 e 117, primo comma, Cost.,  quest'ultimo  in  relazione
all'art. 6 della CEDU e all'art. 1 del Prot. addiz. alla  Convenzione
stessa. 
    17.1.-  Per  giurisprudenza  costante  della  Corte  europea  dei
diritti dell'uomo, viola il diritto di proprieta' tutelato  dall'art.
1 del Prot.  addiz.  alla  CEDU  la  soppressione  integrale  di  una
pensione, ma non una sua riduzione ragionevole e  proporzionata,  che
rifletta un corretto bilanciamento  tra  l'interesse  generale  della
comunita' e  i  diritti  fondamentali  dell'individuo  (ex  plurimis,
sentenze 1° settembre 2015, Da Silva Carvalho Rico contro Portogallo,
15 aprile 2014, Stefanetti e altri contro Italia, 8 ottobre 2013,  Da
Conceição Mateus e Santos Januario contro Portogallo, 31 maggio 2011,
Maggio e altri contro Italia). 
    17.1.1.- Atteso che la riduzione disposta dall'art. 1, comma 261,
della legge n. 145 del 2018 si limita  ad  incidere  progressivamente
sulla  parte  eccedentaria  di  scaglioni  di  elevato   importo,   e
considerato  altresi'  che,  ai  sensi  del  successivo  comma   267,
l'importo complessivo del trattamento, al netto della riduzione, «non
puo' comunque essere inferiore a 100.000 euro lordi su  base  annua»,
deve ritenersi che l'ingerenza pubblica sul credito previdenziale non
si ponga in contrasto con l'art. 1 del Prot. addiz. alla CEDU. 
    17.2.-   Deve   inoltre   osservarsi   che   il    giudizio    di
proporzionalita' su base convenzionale relativo alle misure incidenti
sui diritti pensionistici non  e'  insensibile  all'eventualita'  che
questi siano originati da un  sistema  previdenziale  di  particolare
favore nei confronti di una determinata platea di beneficiari  (Corte
EDU, sentenze Da Silva Carvalho Rico e Da Conceição Mateus). 
    Rilevano in questo senso le considerazioni  che  si  faranno  nel
prosieguo riguardo ai vantaggi maturati dai  pensionati  soggetti  al
sistema  retributivo  rispetto   a   quelli   soggetti   al   sistema
contributivo (infra, punto 18.9.), vantaggi al cospetto dei quali  la
decurtazione prevista dall'art. 1, comma 261, della legge n. 145  del
2018 manifesta una funzione di riequilibrio, per esserne esonerate, a
norma del successivo comma 263, le  «pensioni  interamente  liquidate
con il sistema contributivo». 
    17.3.- La Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale  per
la Toscana, evocando i parametri dell'art. 42  Cost.  e  dell'art.  6
della CEDU, ipotizza che il carattere retroattivo del  prelievo  leda
l'affidamento riposto dai pensionati sulla percezione di  somme  gia'
di loro pertinenza, sicche' la  misura  manifesterebbe  un  contenuto
sostanzialmente espropriativo. 
    17.3.1.-  In  senso  proprio,  il  prelievo  in  questione  opera
soltanto per il futuro - «[a] decorrere  dalla  data  di  entrata  in
vigore della presente legge e per la durata di cinque anni» (art.  1,
comma 261, della legge n. 145 del 2018)  -,  sicche'  la  censura  di
retroattivita', come  quella  di  espropriazione,  si  risolve  nella
stessa denuncia di lesione  del  credito  sollevata  con  riferimento
all'art.  1  del  Prot.  addiz.  alla  CEDU,  esprimendo  una  natura
"ancillare" che estende il giudizio  di  infondatezza  (ex  plurimis,
sentenze n. 119 del 2020, n. 212 del 2019 e n. 46 del 2014). 
    D'altronde,  con  riferimento  ai  rapporti  di  durata,  e  alle
modificazioni  peggiorative  che  su  di  essi  incidono  secondo  il
meccanismo della cosiddetta retroattivita' impropria, questa Corte ha
piu'  volte  affermato  che   il   legislatore   dispone   di   ampia
discrezionalita' e puo' anche  modificare  in  senso  sfavorevole  la
disciplina di quei rapporti, ancorche' l'oggetto  sia  costituito  da
diritti soggettivi perfetti, a condizione che la retroattivita' trovi
adeguata  giustificazione  sul  piano  della  ragionevolezza  e   non
trasmodi  in  un  regolamento  irrazionale   lesivo   del   legittimo
affidamento dei cittadini (ex plurimis, sentenze n. 241 del 2019,  n.
16 del 2017, n. 203 del 2016 e n. 236 del 2009). 
    Evenienza,  quest'ultima,  che,  per  quanto  detto,  non  si  e'
verificata nel caso in esame. 
    18.- Con riferimento ai parametri di cui gli artt. 3, 23, 36 e 38
Cost., le questioni relative all'art. 1, comma 261,  della  legge  n.
145 del 2018 sono fondate limitatamente alla durata  della  riduzione
dei trattamenti, nella parte in  cui  questa  e'  stabilita  «per  la
durata di cinque anni», anziche' «per la durata di tre anni». 
    18.1.-  La   riconosciuta   natura   endoprevidenziale,   e   non
tributaria, del prelievo, nel mentre esclude uno  scrutinio  riferito
al principio di universalita' dell'imposizione fiscale, di  cui  agli
artt. 3 e 53 Cost., ne  determina  l'inquadramento  nel  genus  delle
prestazioni patrimoniali imposte, di cui all'art. 23  Cost.,  sicche'
occorre verificare se esso «risponda a criteri  di  ragionevolezza  e
proporzionalita',  tenendo  conto  dell'esigenza  di  bilanciare   la
garanzia del legittimo  affidamento  nella  sicurezza  giuridica  con
altri valori costituzionalmente  rilevanti»,  cosi'  come  indica  la
sentenza n. 173 del 2016. 
    18.2.- Circa l'esatta portata di questa sentenza, alla  quale  le
ordinanze di rimessione e le parti private affidano  molti  dei  loro
assunti,  occorre  chiarire  che   le   condizioni   di   necessita',
sostenibilita', proporzionalita' e temporaneita' (ulteriori  rispetto
alla gia' esaminata condizione della  destinazione  endoprevidenziale
del prelievo), cui la sentenza stessa subordina la  legittimita'  dei
contributi straordinari sulle pensioni  di  elevato  importo,  devono
essere intese come criteri di giudizio da applicare alla  luce  delle
circostanze concrete e delle reciproche interazioni,  nell'ambito  di
una valutazione complessiva dominata  dalle  ragioni  di  necessita',
piu' o meno stringenti, indotte  dalle  esigenze  di  riequilibrio  e
sostenibilita' del sistema previdenziale. 
    18.3.- In base alla sentenza n. 173 del 2016, le  condizioni  del
sistema  previdenziale  idonee  a   giustificare   un   prelievo   di
solidarieta' possono essere determinate da vari fattori, «endogeni ed
esogeni», il piu' delle volte  tra  loro  intrecciati,  quali  «crisi
economica   internazionale,   impatto   sulla   economia   nazionale,
disoccupazione,  mancata  alimentazione  della  previdenza,   riforme
strutturali del sistema pensionistico»; elenco  cui  potrebbe  essere
aggiunta  oggi  un'emergenza  sanitaria  di  vaste  dimensioni,  che,
incidendo pesantemente sul quadro macroeconomico,  abbatte  i  flussi
contributivi e accentua gli squilibri sistemici. 
    Concorre in tale valutazione anche la gia' rilevata  funzione  di
riequilibrio dei trattamenti pensionistici, alla quale e' ispirata la
normativa censurata. 
    18.4.- Alla luce di tali presupposti, le circostanze sulle  quali
insistono i giudici  a  quibus  e  le  parti  private  costituite  in
giudizio, che si tratti cioe' di una misura non isolata nel tempo,  e
anzi analoga ad altre succedutesi  nel  corso  degli  anni,  peraltro
caratterizzata da aliquote di riduzione piuttosto severe, non ostano,
di  per  se',  nelle  difficili  condizioni   attuali   del   sistema
previdenziale,  a  una  valutazione  complessiva  di   tollerabilita'
costituzionale del prelievo disposto dall'art. 1,  comma  261,  della
legge n. 145 del 2018. 
    Appare viceversa  ostativa  a  una  valutazione  di  legittimita'
costituzionale la dimensione temporale del prelievo, cosi'  ampia  da
tradire una logica di stabilita' del contributo, pur al di  fuori  di
un  progetto  di  riforma  organica,  idoneo  a  giustificare  misure
tendenzialmente permanenti, o comunque di lunga durata. 
    18.5.- A norma del comma 261 dell'art. 1 della legge n.  145  del
2018, l'incidenza delle aliquote di riduzione e' temperata dalla loro
progressivita', in quanto le aliquote maggiori operano soltanto sugli
scaglioni  eccedentari  piu'  elevati;  ulteriore   temperamento   e'
previsto dal successivo comma 262, per il quale tutti  gli  scaglioni
sono soggetti a rivalutazione automatica, sicche' essi  tendono,  nel
tempo, a spostarsi verso l'alto; cio' vale anche  per  la  soglia  di
attivazione del prelievo, quella di 100.000  euro  lordi  annui,  che
peraltro gode della clausola di salvaguardia di cui al comma 267, non
potendo  mai  essere  perforata  al  ribasso  dall'applicazione   del
contributo. 
    18.6.-  A  norma  del  successivo   comma   268,   sono   esclusi
dall'applicazione delle disposizioni sul  prelievo  «le  pensioni  di
invalidita', i trattamenti pensionistici di invalidita' di  cui  alla
legge  12  giugno  1984,  n.   222,   i   trattamenti   pensionistici
riconosciuti ai superstiti e  i  trattamenti  riconosciuti  a  favore
delle vittime del dovere o di azioni terroristiche, di cui alla legge
13 agosto 1980, n. 466, e alla legge 3 agosto 2004, n.  206»;  questi
assegni non  concorrono,  quindi,  alla  formazione  della  base  del
prelievo, il che, da un canto, trova giustificazione  in  ragioni  di
solidarieta' nei confronti di soggetti  colpiti  da  eventi  avversi,
dall'altro, individua  un  ulteriore  aspetto  di  moderazione  della
misura. 
    18.7.- Neppure puo' trascurarsi la circostanza che la  soglia  di
100.000 euro  lordi  annui,  la  quale  determina  l'attivazione  del
prelievo ex art. 1, comma 261, della legge n.  145  del  2018  ed  e'
oggetto della clausola di salvaguardia di  cui  al  successivo  comma
267, risulta ancora piu' elevata rispetto  a  quella  dei  precedenti
contributi di solidarieta', pari a 90.000 euro lordi  annui  ex  art.
18, comma 22-bis, del d.l. n. 98 del 2011, come convertito, e pari  a
91.251 euro lordi annui, cioe' quattordici volte il minimo  INPS  per
l'anno 2014, ai sensi dell'art. 1, comma 486, della legge 27 dicembre
2013, n. 147, recante «Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e  pluriennale  dello  Stato  (Legge  di  stabilita'  2014)»,
quest'ultimo ritenuto legittimo proprio nella piu'  volte  richiamata
sentenza n. 173 del 2016. 
    18.8.- In termini  generali,  la  verifica  di  ragionevolezza  e
proporzionalita' di un contributo imposto ai titolari delle  pensioni
piu' elevate non puo' essere avulsa dalla  considerazione  dei  gravi
problemi  strutturali  che  affliggono   il   sistema   previdenziale
italiano, la cui sostenibilita' e' tuttora affidata in  un'ottica  di
solidarieta' a una gestione "a ripartizione", particolarmente esposta
alla negativita' dell'andamento demografico: un numero sempre  minore
di lavoratori attivi, per di  piu'  spesso  con  percorsi  lavorativi
discontinui,  e'  chiamato   a   sostenere   tramite   i   versamenti
contributivi il peso di un numero  sempre  maggiore  di  pensioni  in
erogazione. 
    Il progressivo  invecchiamento  della  popolazione  e  l'erosione
della base produttiva rende via via piu'  fragile  il  patto  tra  le
generazioni, sul quale il sistema previdenziale si fonda. 
    In tale difficile contesto, occorre rammentare  quanto  affermato
nella sentenza n. 173 del 2016, cioe' che il principio di affidamento
deve sempre piu' essere inteso in senso non astratto,  «nella  misura
in  cui   il   prelievo   non   risulti   sganciato   dalla   realta'
economico-sociale, di  cui  i  pensionati  stessi  sono  partecipi  e
consapevoli». 
    18.9.- Nel qualificare in  senso  solidaristico-previdenziale  il
contributo di cui all'art. 37 della legge 23 dicembre 1999,  n.  488,
recante «Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2000)», che ha imposto per
tre anni dal 1°  gennaio  2000  un  prelievo  del  2  per  cento  sui
trattamenti pensionistici superiori al massimale annuo contributivo e
per l'eccedenza rispetto ad esso, questa Corte ha evidenziato come la
misura sia stata posta a carico «di una categoria  di  soggetti  che,
dati gli  alti  livelli  pensionistici  raggiunti,  ha  evidentemente
beneficiato di una costante presenza nel mercato del lavoro  e  della
mancanza di qualsivoglia tetto contributivo»  (ordinanza  n.  22  del
2003). 
    In  senso  analogo  deve  essere  intesa,  e  trova  una  propria
giustificazione, la disposizione del  comma  263  dell'art.  1  della
legge n. 145 del 2018, secondo la quale «[l]a  riduzione  di  cui  al
comma 261 non si applica comunque alle pensioni interamente liquidate
con il sistema contributivo»: la norma intende definire il  perimetro
del  prelievo  di   solidarieta'   in   rapporto   alla   tendenziale
vantaggiosita'  per  il  pensionato   del   metodo   retributivo   di
liquidazione - nella sua forma "pura", ma anche in quella "mista"  -,
favor   determinato   anche   dall'inoperativita'    del    massimale
contributivo. 
    Occorre infatti tener presente che la legge 8 agosto 1995, n. 335
(Riforma del sistema  pensionistico  obbligatorio  e  complementare),
alla quale si deve l'attuale concorso tra plurimi sistemi di  calcolo
della pensione, ha collegato al sistema  contributivo  l'applicazione
di un massimale annuo della base pensionabile (art. 2, comma 18),  il
cui principale effetto e' la riduzione differenziale del  trattamento
di quiescenza, poiche' il  lavoratore,  oltre  il  tetto  retributivo
annualmente  stabilito,  non  versa  ulteriori  contributi,  ne'   si
avvantaggia della corrispondente quota datoriale. 
    Del resto, la finalita' di riequilibrio correlata al  sistema  di
liquidazione della pensione e' testualmente indicata  nella  «Tabella
II.1-8» dell'«Aggiornamento del quadro macroeconomico  e  di  finanza
pubblica»  al  dicembre  2018  -  documento  allegato  agli  atti  di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri  -,  laddove  si
specifica che la riduzione  temporanea  delle  pensioni  superiori  a
100.000 euro annui «con quote calcolate con  metodo  retributivo»  e'
finalizzata ad una «[m]aggiore equita' del sistema previdenziale». 
    18.10.- Orbene, atteso che il sistema contributivo con  massimale
e' applicato essenzialmente su base anagrafica (oltre che, nei limiti
consentiti, su base opzionale), segnatamente ai lavoratori  privi  di
anzianita'   contributiva   iscrittisi   a    forme    pensionistiche
obbligatorie dal 1° gennaio 1996 (art. 2, comma 18,  della  legge  n.
335 del 1995), appare chiaro come alle finalita' perseguite dall'art.
1, commi 261 e 263, della legge n. 145 del 2018  non  siano  estranee
connotazioni intergenerazionali. 
    E' in tal senso pertinente  il  costante  richiamo  della  difesa
dell'INPS agli obiettivi di ricambio generazionale  nel  mercato  del
lavoro che il legislatore ha ritenuto di conseguire  per  il  tramite
del pensionamento anticipato in «quota 100», istituto che  l'art.  14
del d.l. n. 4  del  2019,  come  convertito,  ha  introdotto  in  via
sperimentale per il triennio 2019-2021. 
    18.11.- Il prefigurato  collegamento  fra  detta  sperimentazione
orientata alla mutualita' intergenerazionale e  la  provvista  -  sia
pure assai modesta in termini relativi - creata mediante il  prelievo
di cui all'art. 1,  comma  261,  della  legge  n.  145  del  2018  fa
emergere, tuttavia, un  profilo  di  irragionevolezza  relativo  alla
durata  del  contributo,  essendo  quest'ultima   prevista   per   un
quinquennio. 
    Tale durata, non solo risulta esorbitante rispetto  all'orizzonte
triennale del bilancio di  previsione,  fissato  dall'art.  21  della
legge 31 dicembre 2009, n.  196  (Legge  di  contabilita'  e  finanza
pubblica), ma costituisce anche un  indice  di  irragionevolezza  per
sproporzione,  poiche'  riguarda  una  misura  che  persegue  le  sue
finalita' proprio nell'arco del triennio. 
    E' utile rammentare che la proiezione triennale della manovra  di
finanza  pubblica  ha  costituito  un   parametro   di   accertamento
dell'illegittimita' costituzionale della proroga del  "blocco"  della
contrattazione  collettiva  nel  pubblico  impiego,  in   base   alla
riscontrata specularita' con  la  dinamica  triennale  delle  tornate
contrattuali (sentenza n. 178 del 2015). 
    Anche in ordine ai rapporti tra Stato, Regioni ed enti locali,  e
quindi in relazione alla  programmazione  dei  risparmi  sulla  spesa
pubblica aggregata, questa Corte  ha  evidenziato  come  l'osservanza
delle ordinarie scansioni temporali dei cicli di bilancio consenta di
definire in modo piu' appropriato il quadro delle  esigenze  e  delle
misure  finanziarie,  evitando  di   attribuire   a   queste   ultime
un'estensione temporale cosi' ampia da sottrarne gli effetti di lungo
periodo a una congrua valutazione parlamentare (sentenze n.  103  del
2018, n. 169 e n. 154 del 2017, n. 141 del 2016). 
    Nell'ambito  strettamente  previdenziale,  e'  poi  evidente   la
tendenza  dell'ordinamento  a  non  proiettare  oltre   il   triennio
valutazioni e determinazioni cui si addice uno spazio di osservazione
piu' circoscritto, come testimonia l'evoluzione della disciplina  del
coefficiente  di  trasformazione   del   montante   individuale   dei
contributi, di cui all'art. 1, comma 11, della legge n. 335 del 1995,
la cui dimensione temporale e' stata infatti ridotta da dieci anni  a
tre (art. 1, comma 15, della legge n. 247 del 2007), prima di  essere
ulteriormente limitata a due anni per gli aggiornamenti successivi  a
quello decorrente dal  1°  gennaio  2019  (art.  24,  comma  16,  del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, recante «Disposizioni  urgenti
per la crescita, l'equita' e il consolidamento dei  conti  pubblici»,
convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214). 
    Occorre ancora rilevare che, come si evince dalla  documentazione
allegata agli atti di intervento del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, la riduzione delle pensioni di  maggior  importo  e'  stata
introdotta quale misura emendativa al disegno della legge di bilancio
2019 nell'ambito dell'interlocuzione  del  Governo  italiano  con  la
Commissione europea - la cui rilevanza sul piano della determinazione
dei saldi complessivi e'  stata  gia'  evidenziata  da  questa  Corte
nell'ordinanza n. 17 del 2019 -, sulla  base  di  impatti  finanziari
stimati appunto per il triennio 2019-2021, sicche', anche  da  questo
punto di vista, la durata quinquennale  del  contributo  si  appalesa
eccessiva. 
    Del resto, anche il raffreddamento della perequazione  automatica
e' stato disposto dall'art. 1, comma 260, della legge n. 145 del 2018
per una durata triennale. 
    18.12.- Restando operativo per tutto l'anno 2021,  e  cioe'  fino
all'ultimazione del triennio iniziato  nel  2019,  il  contributo  di
solidarieta' impone ai titolari di  assegni  di  elevato  importo  un
ulteriore  sacrificio,  costituzionalmente   legittimo   e   tuttavia
personalmente gravoso, anche in ragione del  succedersi  di  ripetuti
prelievi nei due trascorsi decenni, circostanza indubbia sulla  quale
si sofferma, insieme alle parti private, anche l'amicus curiae. 
    A proposito di questa reiterazione, e' opportuno ribadire  quanto
gia' osservato riguardo alle manovre sulla  perequazione  automatica,
cioe'  che  ogni  intervento  deve  essere   scrutinato   nella   sua
singolarita' e in relazione al quadro storico  in  cui  si  inserisce
(supra, punto 15.4.2.). 
    Su un piano piu' generale, occorre tuttavia evidenziare come ogni
prelievo di solidarieta'  debba  fondarsi  su  ragioni  in  grado  di
giustificarlo e  come  il  ripetersi  delle  misure  faccia  emergere
l'esistenza di una debolezza sistemica, difficilmente governabile per
il tramite di interventi  necessariamente  temporanei,  per  di  piu'
operati soltanto sui redditi pensionistici,  «ormai  consolidati  nel
loro ammontare, collegati  a  prestazioni  lavorative  gia'  rese  da
cittadini che hanno esaurito la loro  vita  lavorativa,  rispetto  ai
quali non  risulta  piu'  possibile  neppure  ridisegnare  sul  piano
sinallagmatico il rapporto di lavoro» (sentenza n. 116 del 2013). 
    18.13.-  Per  le  considerazioni  che  precedono,   deve   essere
dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art.  1,  comma  261,
della legge n. 145 del 2018, in riferimento agli artt. 3, 23, 36 e 38
Cost., nella parte in cui stabilisce  la  riduzione  dei  trattamenti
pensionistici ivi indicati «per la durata di cinque  anni»,  anziche'
«per la durata di tre anni», declaratoria  dalla  quale  consegue  la
cessazione del prelievo al 31 dicembre 2021. 
    Sebbene alcune ordinanze di rimessione  (reg.  ord.  n.  213  del
2019, n. 76 del 2020, n. 118  del  2020  e  n.  119  del  2020),  nel
censurare essenzialmente il comma 261 dell'art. 1 della legge n.  145
del 2018, facciano riferimento anche ai commi seguenti, fino al  268,
la  declaratoria  di  illegittimita'   costituzionale   puo'   essere
circoscritta  alla  prima  disposizione  soltanto,  che   e'   quella
istitutiva del contestato  prelievo,  giacche'  le  disposizioni  dei
commi successivi, che del medesimo prelievo contengono la  disciplina
attuativa e di dettaglio, seguono ipso  facto  la  sorte  applicativa
della disposizione principale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  1,  comma
261, della legge 30 dicembre 2018, n.  145  (Bilancio  di  previsione
dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il
triennio 2019-2021), nella parte in cui stabilisce la  riduzione  dei
trattamenti pensionistici ivi  indicati  «per  la  durata  di  cinque
anni», anziche' «per la durata di tre anni»; 
    2)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 261, della legge n. 145  del  2018,
sollevata, in riferimento all'art. 97 della Costituzione, dalla Corte
dei conti,  sezione  giurisdizionale  regionale  per  il  Lazio,  con
l'ordinanza indicata in epigrafe; 
    3)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 261, della legge n. 145  del  2018,
sollevata, in riferimento all'art. 136 Cost., dalla Corte dei  conti,
sezione giurisdizionale regionale per la  Sardegna,  con  l'ordinanza
indicata in epigrafe; 
    4)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 261, della legge n. 145  del  2018,
sollevate, in riferimento all'art. 81 Cost., dalla Corte  dei  conti,
sezione giurisdizionale regionale per la Toscana,  con  le  ordinanze
indicate in epigrafe; 
    5)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 261, della legge n. 145  del  2018,
sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost.,  dalla  Corte  dei
conti,  sezione  giurisdizionale  regionale  per  il   Friuli-Venezia
Giulia, dal Tribunale ordinario di Milano,  dalla  Corte  dei  conti,
sezione giurisdizionale regionale  per  il  Lazio,  dalla  Corte  dei
conti, sezione giurisdizionale regionale per  la  Sardegna,  e  dalla
Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale  per  la  Toscana,
con le ordinanze indicate in epigrafe; 
    6)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 261, della legge n. 145  del  2018,
sollevate, in  riferimento  all'art.  117,  primo  comma,  Cost.,  in
relazione all'art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione  per
la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali,
firmato a Parigi il 20 marzo 1952, ratificato e  reso  esecutivo  con
legge 4 agosto 1955, n. 848, dal  Tribunale  ordinario  di  Milano  e
dalla Corte dei  conti,  sezione  giurisdizionale  regionale  per  la
Toscana, con le ordinanze indicate in epigrafe; 
    7)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 261, della legge n. 145  del  2018,
sollevate, in riferimento agli artt. 42 e 117,  primo  comma,  Cost.,
quest'ultimo  in  relazione  all'art.  6  della  Convenzione  per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali,
firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e  resa  esecutiva  con
legge  4  agosto  1955,  n.  848,  dalla  Corte  dei  conti,  sezione
giurisdizionale regionale per la Toscana, con le  ordinanze  indicate
in epigrafe; 
    8)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 260, della legge n. 145  del  2018,
sollevate, in riferimento agli artt. 3, 36 e 38  Cost.,  dalla  Corte
dei conti, sezione giurisdizionale regionale  per  il  Friuli-Venezia
Giulia, dal Tribunale ordinario di Milano e dalla  Corte  dei  conti,
sezione giurisdizionale regionale per la Toscana,  con  le  ordinanze
indicate in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 ottobre 2020. 
 
                                F.to: 
                  Mario Rosario MORELLI, Presidente 
                     Stefano PETITTI, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 9 novembre 2020. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA 
 
                                                            Allegato: 
                      Ordinanza letta all'udienza del 20 ottobre 2020 
 
                              ORDINANZA 
 
    Visti   gli   atti   relativi   al   giudizio   di   legittimita'
costituzionale promosso con ordinanza della Corte dei conti,  sezione
giurisdizionale regionale per il Friuli-Venezia Giulia,  iscritta  al
reg. ord. n. 213 del 2019. 
    Rilevato che,  con  atto  depositato  il  16  dicembre  2019,  e'
intervenuto  ad  adiuvandum  Giovanni  Bennati,  il  quale  ha  anche
depositato  memoria,  in  data  28  settembre  2020,  per   sostenere
l'ammissibilita' del suo intervento. 
    Considerato che, per costante giurisprudenza di questa  Corte,  i
soggetti che non sono parti del giudizio a  quo  possono  intervenire
nel giudizio incidentale  di  legittimita'  costituzionale  solo  ove
siano titolari di un interesse qualificato,  immediatamente  inerente
al rapporto sostanziale dedotto in giudizio, e non  di  un  interesse
semplicemente regolato, al pari di ogni altro, dalla norma oggetto di
censura (ex plurimis, sentenze n. 158 del 2020 con allegata ordinanza
letta all'udienza del 10 giugno 2020, n. 119 del 2020, n. 30 del 2020
con allegata ordinanza letta all'udienza del 15 gennaio 2020, n.  159
e n. 98 del 2019, n. 217, n. 180 e n. 77 del 2018, n. 70 e n. 33  del
2015); 
    che Giovanni Bennati non e' parte del giudizio a quo  e  la  sola
circostanza che egli, quale titolare di pensione, abbia  promosso  un
altro giudizio concernente le stesse disposizioni  di  legge  non  e'
sufficiente a qualificarne l'interesse differenziandolo da quello  di
tutti gli altri pensionati incisi dalle medesime disposizioni; 
    che, in base a tali argomenti, questa Corte, con ordinanza n. 202
del 2020, ha dichiarato inammissibili gli interventi adesivi spiegati
da altri pensionati in un ulteriore e  analogo  giudizio  incidentale
(reg. ord. n. 46 del 2020); 
    che, pertanto, l'intervento spiegato  da  Giovanni  Bennati  deve
essere dichiarato inammissibile. 
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara inammissibile l'intervento spiegato da Giovanni  Bennati
nel giudizio di legittimita' costituzionale di cui al  reg.  ord.  n.
213 del 2019. 
 
               F.to: Mario Rosario Morelli, Presidente