N. 159 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 giugno 2020

Ordinanza del 18 giugno 2020 del Tribunale di Roma  nel  procedimento
penale a carico di B. A.. 
 
Processo penale - Reati e  pene  -  Misure  urgenti  per  contrastare
  l'emergenza epidemiologica da  COVID-19  -  Sospensione  del  corso
  della prescrizione nei procedimenti penali in cui opera,  ai  sensi
  dell'art. 83, comma  2,  del  decreto-legge  n.  18  del  2020,  la
  sospensione dei termini per il compimento  di  qualsiasi  atto  dei
  procedimenti penali - Applicabilita' ai  fatti  di  reato  commessi
  anteriormente all'entrata in vigore della disposizione. 
Processo penale - Reati e  pene  -  Misure  urgenti  per  contrastare
  l'emergenza  epidemiologica  da  COVID-19   -   Sospensione   della
  prescrizione per il tempo in cui il  procedimento  e'  rinviato  ai
  sensi del comma 7, lettera g), dell'art. 83 del decreto-legge n. 18
  del  2020  -  Previsione  di  una  causa   di   sospensione   della
  prescrizione sulla base di un provvedimento giudiziario autorizzato
  da un provvedimento organizzativo del capo dell'ufficio. 
- Decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18  (Misure  di  potenziamento  del
  Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per  famiglie,
  lavoratori  e  imprese  connesse  all'emergenza  epidemiologica  da
  COVID-19), convertito, con modificazioni, nella  legge  20  (recte:
  24) aprile 2020, n. 27, art. 83, commi 4 e 9. 
In via subordinata: 
Processo penale - Reati e  pene  -  Misure  urgenti  per  contrastare
  l'emergenza  epidemiologica  da  COVID-19   -   Sospensione   della
  prescrizione per il tempo in cui il  procedimento  e'  rinviato  ai
  sensi del comma 7, lettera g), dell'art. 83 del decreto-legge n. 18
  del 2020 - Mancata previsione della sospensione del  processo  sino
  alla data di rinvio del procedimento per l'impossibilita' della sua
  trattazione e comunque non oltre il 31 luglio 2020. 
- Decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18  (Misure  di  potenziamento  del
  Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per  famiglie,
  lavoratori  e  imprese  connesse  all'emergenza  epidemiologica  da
  COVID-19), convertito, con modificazioni, nella  legge  20  (recte:
  24) aprile 2020, n. 27, art. 83, comma 9. 
(GU n.47 del 18-11-2020 )
 
                     TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA 
 
    Il Tribunale di Roma  in  composizione  monocratica,  in  persona
della dott.ssa  Carmela  Foresta  all'udienza  del  18  giugno  2020,
celebrata a porte chiuse ai sensi dell'art. 472, 3 comma, c.p.p.; 
    Visti gli atti del procedimento penate a carico di B. A., nato  a
..... il......, elettivamente  domiciliato  ex  art.  161  codice  di
procedura penale presso  lo  studio  dell'avv.  Maurilio  D'Angelo  e
difeso di fiducia dagli avv.ti Maurilio D'Angelo e Diego  Brandi  del
Foro di Roma; 
    Visti l'art. 23, legge 11 marzo 195, n.  87,  ha  pronunciato  la
seguente ordinanza. 
    Questo Tribunale ritiene rilevante e non manifestamente infondata
la questione di legittimita'  costituzione  sollevata  dal  difensore
dell'imputato in ordine all'art. 83, comma 4, d.l. 17 marzo 2020,  n.
18 convertito con modificazioni in legge del 24 aprile  2020,  n.  27
per contrasto con l'art. 25,  2  comma,  Cost.  nella  parte  in  cui
prevede l'applicazione della sospensione dei termini di  prescrizione
a fatti commessi prima della sua entrata in vigore. Ritiene, inoltre,
questo giudice rilevante e non manifestamente infondata la  questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma 9, d.l.  17  marzo
2020, n. 18 convertito con modificazioni in legge del 24 aprile 2020,
n.  27  per  contrasto  con  i  principi  di  riserva  di  legge,  di
tassativita' e  determinatezza  della  legge  penale,  oltre  che  di
irretroattivita'  della  norma  penale  sfavorevole,  tutti   sanciti
dall'art. 25, 2 comma, della Costituzione nella parte in  cui  ancora
l'ipotesi  di  sospensione  della  prescrizione  all'adozione  di  un
provvedimento giudiziario, quale il decreto di rinvio, autorizzato da
un provvedimento organizzativo del capo dell'ufficio e nella parte in
cui prevede la sospensione  della  prescrizione  per  fatti  commessi
prima della sua entrata in vigore. In via subordinata, per le ragioni
illustrate  nella  motivazione  della  presente  ordinanza,   ritiene
rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 83, comma 9,  d.l.  17  marzo  2020,  n.  18
convertito con modificazioni in legge del 24 aprile 2020, n.  27  per
contrasto con  il  principio  di  ragionevolezza  dell'art.  3  della
Costituzione nella parte  in  cui  non  prevede  la  sospensione  del
processo sino alla data dell'udienza rinvio (e comunque non oltre  il
31 luglio 2020) determinato dall'impossibilita' della sua trattazione
a causa dell'emergenza sanitaria da Covid-19. 
1. Sulla rilevanza delle questioni di  legittimita'  nel  giudizio  a
quo. 
    Con decreto del 29 gennaio 2013 il pubblico ministero in sede  ha
citato a giudizio B. A. per rispondere del reato di cui all'art.  648
del codice  penale  commesso  il  30  marzo  2010  davanti  a  questo
Tribunale in composizione monocratica. 
    Alla prima udienza del 3 luglio 2013, verificata  la  regolarita'
del contraddittorio e aperto il dibattimento, sono state  ammesse  le
prove richieste dalle parti. L'istruttoria  dibattimentale  e'  stata
caratterizzata da plurimi rinvii, dovuti  all'assenza  dei  testimoni
ovvero al mutamento del giudicante e in ogni caso ad ipotesi che  non
hanno dato luogo a sospensione dei termini di prescrizione  al  sensi
dell'art. 159 c.p. 
    Solo all'udienza del  19  novembre  2020  il  processo  e'  stato
rinviato per legittimo impedimento dell'imputato, detenuto per  altra
causa, a quella del 16 aprile 2020, udienza  non  tenuta  e  rinviata
d'ufficio dallo scrivente giudicante, medio  tempore  subentrato  sul
ruolo, con provvedimento di differimento regolarmente notificato alle
parti. 
    All'udienza del 10 giugno 2020 il  difensore  dell'imputato,  con
dichiarazioni  raccolte  a  verbale,  ha   sollevato   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma, 4, d.l.  n.  18/2020
nella parte in cui prevede l'applicazione dei termini di prescrizione
a fatti commessi prima dell'entrata in vigore della norma e dunque in
violazione del principio di irretroattivita' della  norma  penale  di
sfavore, sancita all'art. 25, 2 comma, della Costituzione. 
    La   rilevanza   della   presente   questione   di   legittimita'
nell'odierno processo deriva il primo luogo dal fatto che in mancanza
del periodo di sospensione introdotto dalla norma i  termini  massimi
di prescrizione del reato per cui si procede (otto anni + due anni ex
art. 161 codice penale + 60 giorni di' sospensione ex art. 159  c.p.)
sarebbero decorsi il 30 maggio 2020. Tuttavia,  dal  9  marzo  al  12
maggio 2020 corso della prescrizione e' stato sospeso ai sensi  della
norma  della  cui  legittimita'  si  dubita,  per  un  tempo  pari  a
sessantatre' giorni. 
    Giova evidenziare altresi' che con provvedimento  del  20  aprile
2020 il Presidente del Tribunale in sede ha adottato il provvedimento
organizzativo lui imposto dall'art. 83, comma 6, d.l. n. 18/2020  con
il quale e' stato altresi' previsto il rinvio, oltre 31 luglio  2020,
di tutti i processi non rientranti tra quelli per i  quali  e'  stata
ritenuta possibile la trattazione e con sospensione  dei  termini  di
prescrizione sino al 31 luglio 2020 (cfr. provvedimento  presente  in
atti); sulla base di tale provvedimento il processo e' stato rinviato
dalla scrivente alla prima udienza utile del 10 giugno 2020. 
    Sulla scorta dell'applicazione congiunta delle  due  disposizioni
citate, al termine iniziale del 30  marzo  2020  dovrebbero  sommarsi
centocinquantuno  giorni   di   sospensione   (sessanta   giorni   di
sospensione  per  legittimo  impedimento  +   novantuno   giorni   di
sospensione dal 9 marzo al 10 giugno, data in cui processo  e'  stato
tratto). 
    In virtu' dell'applicazione delle due nuove cause di  sospensione
della prescrizione a questo Tribunale e' preclusa una sentenza di non
doversi procedere  per  estinzione  del  reato,  pure  richiesta  dal
difensore e che invece si imporrebbe in assenza delle due norme della
cui legittimita' si dubita. 
    Le questioni di legittimita' prospettate sono altresi'  rilevanti
poiche' questo Tribunale  non  ritiene  di  poter  pervenire  ad  una
pronuncia  favorevole  all'imputato   sulla   base   delle   evidenze
processuali sinora emerse  dall'istruttoria  dibattimentale.  Tra  le
prove legittimamente acquisite nel contraddittorio delle parti  vanno
ricordate le dichiarazioni del teste  di  polizia  giudiziaria,  rese
all'udienza del 12 ottobre 2015, dalle quali  e'  possibile  desumere
che nell'aprile 2010, dopo la denuncia di F. R.,  si  aveva  modo  di
verificare che un assegno  bancario  tratto  sui  conto  corrente  di
quest'ultimo era stato mandato all'incasso  senza  provvista,  motivo
per cui era stato elevato l'atto di protesto. Avvisato dal  direttore
dell'Istituto di credito, il F., che non  aveva  mai  negoziato  quel
titolo, si accorse di aver smarrito il carnet  di  assegni,  tra  cui
quello  mandato  all'incasso.  Il  possesso  dell'assegno  da   parte
dell'odierno imputato e' dato di fatto non contestato,  poiche'  agli
atti del processo e'  stata  acquisita  copia  di  una  dichiarazione
manoscritta  dal  B.  (priva  di  data)  con  la  quale  egli,  prima
dell'inizio del procedimento, dichiarava di aver consegnato l'assegno
a  tale  M.  S.  dietro  la  prestazione  di  lavori  sulla   propria
autovettura «poi non  eseguiti  essendo  un  assegno  di  provenienza
furtiva». Tale scritto, valutabile ex art. 234  codice  di  procedura
penale, ha un valore obiettivamente auto-indiziante  nella  parte  in
cui consente di desumere con certezza che il B. e' venuto in possesso
di un assegno  tratto  su  conto  corrente  di  altri  e  che  lo  ha
negoziato, consegnandolo al M., senza aver fornito alcuna spiegazione
della provenienza  di  quel  titolo,  poi  risultato  di  provenienza
furtiva, di cui pure dava atto. 
    Gli  elementi  di  fatto  sin   qui   acquisiti   all'istruttoria
dibattimentale,  pertanto,  non  consentono   neppure   un   giudizio
favorevole  alla  luce  dei  consolidati  principi  della  Corte   di
legittimita' in ordine al reato per cui  si  procede  (cfr.,  tra  le
molte, Sez. 2, sentenza n. 53017 del 22  novembre  2016  Rv.  268713,
secondo  cui  «ai  fini   della   configurabilita'   del   reato   di
ricettazione, la prova dell'elemento soggettivo puo' essere raggiunta
da qualsiasi elemento, anche indiretto, e quindi anche dall'omessa  o
non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta  da
parte del soggetto agente). 
    Va poi osservato che l'istruttoria non si e' conclusa,  dovendosi
ancora  procedere  all'escussione  di  restanti  testi  del  pubblico
ministero. 
    Alla luce delle ragioni prospettate, la  decisione  del  presente
giudizio  passa  necessariamente  attraverso  la  risoluzione   delle
questioni di legittimita' che di seguito si offrono al giudizio della
Corte costituzionale. 
2. Sulla non manifesta infondatezza della questione  di  legittimita'
dell'art. 83, comma 4, d.l. n. 18/2020 sollevata dal difensore. 
    Chiariti i termini della  rilevanza  nel  giudizio  a  quo  delle
prospettate questioni di  legittimita'  costituzionale,  occorre  ora
soffermarsi sul parametro della non manifesta infondatezza,  assunto,
da un lato, quale limite di giudizio del giudice a quo, al  quale  e'
precluso inoltrarsi sino  alla  valutazione  della  fondatezza  della
questione  di  legittimita',  non  potendosi  sostituire  alla  Corte
costituzionale e dovendosi egli limitare a trasmettere gli atti  alla
Corte tutte le volte in cui la questione sottoposta al  suo  giudizio
assuma i caratteri della  serieta';  dall'altro,  quale  criterio  di
ammissibilita' del giudizio incidentale di costituzionalita', secondo
l'ormai consolidata giurisprudenza in materia a  partire  dalla  nota
pronuncia 356/1996 con la quale la Corte, in autorevole composizione,
ammoniva circa il fatto che In linea di principio, le  leggi  non  si
dichiarano costituzionalmente illegittime perche' e' possibile  darne
interpretazioni  incostituzionali  (e  qualche  giudice  ritenga   di
darne),   ma   perche'   e'   impassibile    darne    interpretazioni
costituzionali, spiegando  che  «nel  caso  di  specie,  argomenti  e
precedenti giurisprudenziali  non  mancano  a  dimostrazione  che  il
risultato al quale il giudice rimettente  mira  e  ch'egli  considera
dovuto per ragioni costituzionali - la perdurante vigenza della norma
del 1992 - puo'  essere  raggiunto  sulla  base  dell'interpretazione
delle norme vigenti, senza involgere  la  questione  di  legittimita'
costituzionale  delle  norme  del  1992».  (Cosi':   356/1996   Corte
costituzionale). 
    Si tentera' dunque di assumere il  criterio  dell'interpretazione
conforme, ancorata e parametrata al diritto vivente, a stella  polare
nella valutazione di non manifesta infondatezza della  questione  che
si offre allo scrutinio della Corte. 
    Ritiene  questo  Tribunale  che  la  corretta   valutazione   del
parametro della non manifesta infondatezza della  presente  questione
di  legittimita'  costituzionale  passa  attraverso  il  richiamo  ai
principi costituzionali che sovraintendono alla legge  penale  ed  in
particolare attraverso la messa  in  luce  della  reale  portata  del
principio di irretroattivita' delle norme penali di sfavore  e  della
sua incidenza sull'istituto della prescrizione del reato. 
    La prescrizione del reato e' istituto finalizzato a garantire  al
reo la certezza dell'esaurimento della pretesa punitiva dello  Stato:
salvo i reati  c.d.  imprescrittibili,  che  in  ragione  dell'offesa
gravissima che arrecano a particolari beni giuridici  tutelati  dalla
norma penale incriminatrice, la ratio della prescrizione e' quella di
stabilire un limite temporale massimo alla punibilita' del reato, si'
da  assicurare  al  reo  il  c.d.  diritto  all'oblio   mediante   la
consumazione del potere punitivo per decorso del tempo.  Quale  causa
di estinzione del reato, la prescrizione garantisce al  cittadino  la
«certezza» di un ragionevole lasso di tempo entro cui egli sa che  e'
chiamato a rispondere per il fatto a lui addebitato. 
    Sotto questo specifico  profilo  non  pare  potersi  revocare  in
dubbio che le norme  disciplinanti  i  termini  di  prescrizione  del
reato, ossia il quantum di tempo entro cui  un  determinato  illecito
penale puo' essere perseguito e punito, afferendo in termini generali
ed astratti alla punibilita' del reato,  condividono  lo  spirito  di
garanzia assicurato dai  principi  finalizzati  a  consentire  libere
scelte d'azione. 
    E' patrimonio ermeneutico ormai acquisito nella dottrina e  nella
giurisprudenza italiana  l'orientamento  secondo  cui  l'art.  25,  2
comma, Cost. nello stabilire che «nessuno puo' essere punito  se  non
in forza di una legge che sia  entrata  in  vigore  prima  del  fatto
commesso» declina il principio di legalita' del reato  e  delle  pene
nei tre corollari del principio della riserva di legge, del principio
di irretroattivita' e dei principi di tassativita' e precisione della
norma penale. I tre principi connotano e riempiono  di  contenuto  il
principio di legalita' formale e costituiscono  baluardo  invincibile
dell'ordinamento giuridico-penale dello Stato di diritto. 
    Rinviando  al  paragrafo  successivo  la  verifica  del   vincolo
costituzionale derivante, sia per il legislatore che per giudice, dai
principi della riserva  di  legge  e  di  tassativita'/determinatezza
della  norma  penale,  occorre  qui  soffermarci  sul  principio   di
irretroattivita'  della  norma  penale  di  sfavore.  Come   spiegava
autorevole dottrina penalistica italiana «in uno  Stato  liberale  di
diritto cittadino deve poter sapere,  prima  di  agire,  se  dal  suo
comportamento potra' derivare una  responsabilita'  penale,  e  quali
siano le sanzioni in cui potra' incorrere: solo a  queste  condizioni
puo' compiere libere scelte d'azione, assumendosi la  responsabilita'
dei suoi comportamenti. Se invece giudice o il legislatore  potessero
disporre ex post della sua liberta' personale, il  cittadino  sarebbe
alla merce' dello Stato, che, come il mostro biblico, sarebbe solo un
oppressivo Leviatano» (1) . 
    Il legame inscindibile tra la garanzia di libere scelte  d'azione
e il principio di colpevolezza  e'  stato  lumeggiato  dalla  storica
pronuncia della Corte costituzionale del 14 marzo 1988, n. 364 la cui
rilettura consente sempre di apprezzarne  l'immutata  attualita'.  In
definitiva, il  principio  di  legalita'  formale  sarebbe  di  fatto
frustrato se si consentisse la punizione sulla base di una legge  che
non era in vigore al momento del  fatto,  ovvero  se  si  punisse  in
termini piu' severi un fatto gia' previsto dalla legge come reato. 
    Sulla scorta di queste rationes, il principio di irretroattivita'
della  legge  penale  sovrintende  e  orienta  il  meccanismo   della
successione di leggi nel tempo  disciplinato  dall'art.  2  c.p.:  la
garanzia del principio in parola non e'  limitata  all'inoperativita'
retroattiva di norme penali incriminatrici  di  nuovo  conio,  ma  si
estende a tutte le norme sopravvenute che concorrono  a  punire  piu'
severamente un fatto  previsto  dalla  legge  come  reato.  Per  tali
ragioni si parla di divieto  di  retroattivita'  della  norma  penale
sfavorevole, intendendosi per tale tutte quelle  disposizioni,  anche
differenti dalle-norme incriminatrici in senso stretto, che  comunque
incidono sul trattamento sanzionatorio. 
    L'ambito di applicazione del principio di irretroattivita'  della
legge penale di sfavore e' stato cosi inteso ed ampliato  anche  alla
luce del principio di legalita' c.d. convenzionale previsto dall'art.
7 Convenzione europea per la salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e
delle liberta' fondamentali: secondo  La  giurisprudenza  consolidata
della Corte europea dei diritti dell'uomo sono coperte dal  principio
di  legalita'  tutte  le  norme   che   assumono   una   connotazione
afflittiva/punitiva per il reo sulla scia di  tale  orientamento,  la
Corte costituzionale ha riconosciuto la soggezione  al  principio  di
irretroattivita' a norme diverse da quella incriminatrice (cfr. Corte
costituzionale n. 196/2010; Corte costituzionale n. 98/2020). 
    Ora, l'ampliamento, sotto la spinta  del  diritto  convenzionale,
delle norme  sostanzialmente  penali  assoggettate  al  principio  di
irretroattivita' culmina e trova il suo punto di rottura  proprio  in
materia  di  prescrizione  del  reato:  e'  ormai  noto  che  secondo
l'orientamento della Corte europea dei diritti  dell'uomo  l'istituto
della prescrizione e le norme che ne regolano il funzionamento  hanno
natura processuale e come tali non  sono  soggette  al  principio  di
irretroattivita' della legge penale, mentre  secondo  il  consolidato
orientamento della Corte costituzionale italiana la prescrizione  del
reato, afferendo alla punibilita' del reato, e' istituto  di  diritto
penale sostanziale e pertanto soggetto all'inderogabile principio  di
irretroattivita'  (cfr.  Corte  costituzionale  n.  393/2006;   Corte
costituzionale  nn.  324/2008;  294/2010;  Corte  costituzionale   n.
143/2014; Corte costituzionale n. 24/2017;  Corte  costituzionale  n.
265/2017 e Corte costituzionale n. 115/2018). 
    Per la chiarezza che s'impone  necessaria  al  fine  di  prendere
apertamente le distanze da interpretazioni fluide, sovente dimentiche
dell'eterogenesi dei fini di cui sono fautrici,  questo  giudice  non
ritiene che la salvezza della norma censurata  passi  necessariamente
attraverso un mutamento di giurisprudenza in ordine alla natura della
prescrizione  quale  istituto  di  diritto  processuale  anziche'  di
diritto penale sostanziale e', per quel che puo' valere, non  ritiene
neppure auspicabile tale overruling. 
    Ad avviso di questo giudicante non e' auspicabile  che  la  Corte
costituzionale ritorni sui  propri  passi  stabilendo  una  nuova  ed
inedita natura processuale dell'istituto della prescrizione del reato
non solo perche' cio' contribuirebbe a  quell'odiosa  incertezza  dei
diritto che, come messo in evidenza da attenta dottrina,  costituisce
una  delle  cause  di  violazione  dei   diritti   fondamentali,   ma
soprattutto perche' la  natura  sostanziale  della  prescrizione  del
reato quale  causa  di  estinzione  del  reato  costituisce  uno  dei
principi cardine dell'ordinamento giuridico penale italiano, i quali,
nella notte buia dell'incertezza, rappresentano la stella  guida  per
l'operatore del diritto. 
    In passato, autorevole dottrina, il cui pensiero ha gia'  offerto
ampio contributo  alla  presente  ordinanza,  evidenziava  la  natura
ancipite della prescrizione: ponendo l'accento  sulla  doppia  anima,
sostanziale e processuale, delle norme  in  materia  di  prescrizione
poneva in termini dubitativi la soggezione delle stesse al  principio
di irretroattivita' della legge penale sostanziale. Si  osservava  in
particolare che qualora l'allungamento dei  termini  di  prescrizione
intervenisse prima che fossero  maturati  i  termini  originariamente
previsti in base alla legge vigente al momento del  fatto,  la  nuova
legge  potesse  trovare  applicazione  retroattiva.  Richiamando   la
sentenza n. 452/1999 della Corte costituzionale si osservava  che  il
principio di irretroattivita' della legge penale non e' finalizzato a
garantire «una sorta di aspettativa dell'imputato  al  maturarsi  del
termine di prescrizione». 
    L'impostazione  proficuamente  dubitativa  di  tale  dottrina  si
riscontra altresi' nell'esegesi di tutte le norme che condizionano la
punibilita'  del  reato,  al  fine  di  di  svelare  le  norme   che,
contribuendo a connotare il disvalore del fatto,  devono  condividere
lo statuto di garanzia proprio  della  norma  penale  sostanziale,  a
differenza delle norme che, indipendentemente dalla loro collocazione
sistematica, hanno una funzione tipicamente servente all'accertamento
del fatto, propria delle norme processuali. 
    L'impostazione seguita  da  tale  dottrina  nella  individuazione
delle norme penali sostanziali pare essere stata fatta propria  dalla
Corte costituzionale nella soluzione delle questioni di  legittimita'
in materia penale che proprio in  riferimento  alla  prescrizione  ha
espressamente  ribadito  la  natura  sostanziale  delle   norme   che
concorrono a delimitare l'ambito della punibilita'  (Corte  cost.  n.
115/2018). 
    Per tutte le ragioni illustrate, ad avviso di questo Tribunale  i
principi in parola non  meritano  di  essere  messi  in  discussione,
neppure dallo  stato  di  emergenza,  cionondimeno  lo  scrutinio  di
costituzionalita' della normativa emergenziale in materia penale puo'
essere  l'occasione  per  precisare  che  non  tutte  le  norme   che
disciplinano la prescrizione del reato sono soggette al principio  di
irretroattivita' di cui all'art. 25, 2 comma, della Costituzione. 
    Se da un lato  non  puo'  dubitarsi  che  la  pre-definizione  in
termini chiari ed  inequivoci  del  quantum  di  tempo  necessario  a
prescrivere, nel delimitare il potere punitivo dello Stato ed essendo
correlato alla pena massima prevista per  il  singolo  reato,  dunque
condividendo implicitamente il  disvalore  del  fatto,  debba  essere
soggetto  allo  statuto  di  garanzia  proprio  della  norma   penale
incriminatrice, d'altro canto, puo'  ben  osservarsi  che  l'istituto
della sospensione della prescrizione appare del tutto slegato da tali
finalita' di  garanzia,  essendo  piuttosto  correlato  a  situazione
propria del processo penale. 
    L'art. 159 codice penale nel disciplinare le cause di sospensione
della prescrizione prende in considerazione una serie di eventi,  che
ancorche' tassativamente tipizzati, non sono ne' predeterminati,  ne'
predeterminabili, nella loro concreta verificazione, ne'  nella  loro
durata: l'esempio piu' emblematico  e'  il  rinvio  del  processo  su
accordo delle parti che da' origine ad una causa di  sospensione  del
processo per tutta la  durata  del  rinvio.  Se  e'  vero  che  nella
individuazione della data di rinvio giudice  terra'  conto  di  altri
principi di natura  costituzionale,  come  quello  della  ragionevole
durata del processo, e' altrettanto vero che l'ipotesi di sospensione
della prescrizione correlata al rinvio del processo su accordo  delle
parti segna limite dello  statuto  di  garanzia  dell'istituto  della
sospensione della  prescrizione,  tutte  le  volte  in  cui  essa  e'
ancorata ad una  stasi  dell'attivita'  processuale,  (cfr.  Sez.  U,
sentenza n. 1021 del 28 novembre 2001, Rv. 220509; Sez.  U,  sentenza
n. 47289 del 24 settembre 2003, rif.  226075;  Sez.  5,  sentenza  n.
25444 del 23 maggio 2014, Rv. 260414; Sez. U, sentenza n. 4909 del 18
dicembre 2014; Rv. 262914; Sez. 4, sentenza n. 51448 del  17  ottobre
2017, Rv. 271328; Sez. 3, sentenza n. 1992 del 30 ottobre  2017;  Rv.
272094). 
    Del  resto,  l'art.  159  c.p.,  oltre  i  casi  di   sospensione
tassativamente elencati, al primo comma individua come causa generale
di sospensione della prescrizione «ogni caso in  cui  la  sospensione
del procedimento o del processo penale  o  dei  termini  di  custodia
cautelare e' imposta da una particolare disposizione di legge». 
    Ora, che tale disposizione operi un rinvio mobile e/o  formale  a
tutte le ipotesi di sospensione del processo lo si desume dall'inciso
finale della disposizione citata nella misura in cui  stabilisce  che
la sospensione opera in detta ipotesi «oltre nei casi di»: secondo  i
canonici criteri di interpretazione della legge in generale, e  della
legge penale in particolare, se  il  legislatore  non  avesse  voluto
richiamare tutti i casi di sospensione  del  processo,  oltre  quelli
elencati dalla norma,  l'inciso  «oltre  nei  casi  di»  non  avrebbe
significato alcuno. 
    Se tali premesse possono ritenersi corrette, il  quesito  che  la
presente fattispecie propone ed a cui occorre rispondere ai  fine  di
verificare  la  fondatezza  della  questione  di   legittimita'   qui
prospettata e' se nel caso in esame non si verta piuttosto in ipotesi
di successione di leggi processuali: laddove l'art. 83, comma 4, d.l.
n. 18/2020 ancora l'ipotesi di sospensione della prescrizione ad  una
nuova ipotesi di sospensione del  processo  stabilita  dall'art.  83,
comma 2, d.l. n. 18/2020. 
    Che l'art. 159, 1 comma, codice penale sia norma di copertura  di
tutte le ipotesi di sospensione del processo, anche  sopravvenute,  e
che la conseguente sospensione dei termini di  prescrizione  non  dia
luogo a ipotesi di successione di leggi penali, quanto  piuttosto  di
leggi processuali, e' interpretazione che  trova  conforto  anche  in
altre ipotesi tassativamente previste dal codice penale e dal  codice
di rito. 
    Il riferimento e' all'istituto della messa alla prova per  adulti
(art. 464-bis c.p.p.)  al  quale  e'  correlata  la  sospensione  del
procedimento e dunque della prescrizione (art. 168-bis c.p.), nonche'
alla sospensione dei processo per irreperibilita' dell'imputato (art.
420-quater c.p.p.) cui pure segue la sospensione  della  prescrizione
(art. 159, ult. comma, c.p.): al netto della  disciplina  processuale
intertemporale, nessuno dubita che i due istituti si applicano  anche
a fatti commessi prima dell'entrata in  vigore  delle  norme  che  li
hanno  rispettivamente  introdotti  e  che  in  entrambi  casi   alla
sospensione  (sopravvenuta)  del  processo   segue   la   sospensione
(retroattiva) dei termini di prescrizione del reato. 
    Alla   luce    di    tali    considerazioni,    l'interpretazione
costituzionalmente conforme  della  censurata  disposizione  parrebbe
essere quella di ritenere che l'art. 83, comma  4,  d.l.  n.  18/2020
preveda una ipotesi di sospensione della prescrizione ancorata ad una
ipotesi di sospensione del  processo  (art.  83,  comma  2,  d.l.  n.
18/2020) secondo la regola generale prevista dall'art. 159 c.p. 
    Tuttavia non puo'  non  rilevarsi  che  l'interpretazione  appena
prospettata   nell'escludere   l'operativita'   del   principio    di
irretroattivita'  nell'ipotesi   prevista   dalla   norma   censurata
presuppone una ricostruzione differenziata della natura  delle  norme
che disciplinano la prescrizione nel reato che  non  trova  riscontro
nel  diritto  vivente  per  come  costantemente  interpretato   dalla
giurisprudenza  di  legittimita'  e  costituzionale  in  materia   di
prescrizione. 
    Posta infatti l'inderogabilita' del principio di irretroattivita'
tutte le volte in  cui  si  sia  al  cospetto  di  una  norma  penale
sostanziale delle due l'una: o si conviene che l'art. 159,  1  comma,
codice penale nel prevedere la sospensione della prescrizione in ogni
caso di sospensione del processo istituisce e rinvia ad  una  ipotesi
di successione di leggi processuali ovvero  si  chiarisce  la  natura
processuale  dell'istituto  della  sospensione  della   prescrizione,
oppure   la   norma   censurata   e'   destinata   a   giudizio    di
incostituzionalita'. 
    Per queste ragioni, questo giudice  non  puo'  che  rimettere  la
questione alla Corte costituzionale nei termini sopra prospettati. 
3. Sulla non manifesta infondatezza delle questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 93,  comma  9,  d.l.  n.  18/2020  sollevate
d'ufficio. 
    Rilevatane la rilevanza nei termini illustrati nel  1  paragrafo,
questo  giudice  ha  sollevato  d'ufficio  ulteriore   questione   di
legittimita' dell'art. 83,  comma  9,  d.l.  17  marzo  2020,  n.  18
convertito con mod. in legge 20 aprile 2020, n. 27 per contrasto  con
i principi sanciti all'art. 25, 2 comma Cost.,  nella  parte  in  cui
prevede che «nei procedimenti penali il corso della  prescrizione  (e
quello dei termini di custodia cautelare) rimangono  sospesi  per  il
tempo in cui il procedimento  e'  rinviato  ai  sensi  del  comma  7,
lettera g, e, in ogni caso non oltre il 31 luglio 2020». 
    Giova   preliminarmente   chiarire   il   quadro   normativo   di
riferimento.  Dopo  la  previsione   della   sospensione   di   tutta
l'attivita' giudiziaria prevista  dall'art.  83,  comma  2,  d.l.  n.
18/2020,  salvo  i  casi  dei  procedimenti  tassativamente  indicati
nell'art. 83, comma 3, cit, al comma 6 del medesimo articolo e' stato
previsto il potere - dovere  dei  capi  degli  uffici  giudiziari  di
adottare misure organizzative, «anche relative alla trattazione degli
affari»,  al  fine  di  contrastare  l'emergenza  epidemiologica   da
COVID-19  e  contenere  gli  effetti   negativi   sullo   svolgimento
dell'attivita' giudiziaria per il periodo compreso tra il 12 maggio e
il 31 luglio 2020. 
    Il successivo comma 7 ha espressamente previsto,  tra  le  misure
organizzative che  devono  essere  adottate  dai  capi  degli  uffici
giudiziari, la possibilita' di prevedere il rinvio  delle  udienze  a
data successiva al 31 luglio 2020 nei procedimenti civili  e  penali,
con le eccezioni di cui al comma 3. 
    Se, secondo il  diritto  vivente  sopra  gia'  richiamato,  anche
l'istituto della sospensione della prescrizione e' norma  di  diritto
penale  sostanziale  e   come   tale   soggetta   al   principio   di
irretroattivita' della norma penale di sfavore, deve concludersi  che
neppure la norma ora in esame  puo'  avere  chance  di  salvezza  non
potendo  trovare  spazio  nel   nostro   ordinamento   l'applicazione
retroattiva di una norma che concorra a  determinare  il  trattamento
sanzionatorio. 
    V'e' di piu'. Constatata la natura sostanziale  delle  norme  che
disciplinano la sospensione dei termini di prescrizione, la norma qui
censurata si pone  in  irrimediabile  contrasto  con  i  principi  di
riserva di legge e  di  tassativita'  e  determinatezza  della  norma
penale nella misura in cui ancora  la  sospensione  del  corso  della
prescrizione ad una disposizione (eventuale) contenuta nei plurimi  e
differenziati  provvedimenti  organizzativi  dei  capi  degli  uffici
giudiziari, sulla scorta dei quali il singolo giudice e'  legittimato
a rinviare alcuni procedimenti oltre la data del 31 luglio 2020. 
    Ora e' fin troppo evidente che la possibilita' di trattazione  in
udienza di tutti i procedimenti  gia'  pendenti  nell'arco  temporale
compreso tra il 12 maggio e il  31  luglio,  ovvero  l'individuazione
della data di rinvio oltre il 31 luglio 2020, sono circostanze legate
ad una serie di fattori contingenti al  singolo  Ufficio  giudiziario
(le dimensioni degli uffici  e  il  connesso  carico  di  lavoro,  la
logistica dell'edilizia giudiziaria che possa piu' o meno  consentire
il rispetto delle norme di distanziamento sociale, il carico di ruolo
del  singolo  ufficio  giudicante,  nonche'  la   stessa   differente
manifestazione dell'epidemia da COVID-19  sul  territorio  nazionale)
con inevitabile  discrezionalita'  del  singolo  ufficio  giudiziario
ovvero del singolo giudice: il provvedimento di rinvio del  processo,
ancorche' legittimo, scontera' pur sempre  un  inevitabile  tasso  di
discrezionalita'  legata  alla   situazione   del   singolo   Ufficio
giudiziario. Ora se tale differente trattamento potrebbe in  astratto
sottrarsi alla censura di  irragionevolezza,  potendo  ritenersi  del
tutto ragionevole una differente gestione dell'emergenza da parte dei
singoli Uffici giudiziari, in nessun modo puo' costituire una  deroga
ai principi di tassativita' e determinatezza della norma penale. 
    Procedendo con ordine, si osserva che il principio della  riserva
di legge impone  che  la  norma  penale  incriminatrice  e  tutte  le
disposizioni che concorrono a delineare il trattamento  sanzionatorio
siano previste dalla legge dello Stato ovvero da  atti  equipollenti.
Invero, solo l'attribuzione alla legge o atti aventi forza  di  legge
consente di garantire ad ogni cittadino che le scelte su cosa e  come
punire (ovvero per quanto tempo perseguire e punire) con la piu' dura
delle   sanzioni   previste   dall'ordinamento,   verranno   compiute
dall'istituzione in grado di esprime nella forma piu' ampia possibile
la volonta' dei consociati.  La  ratio  del  principio  di  legalita'
formale o riserva di legge in materia penale e' infatti  rintracciato
nella considerazione che il «monopolio penale del legislatore statale
e' fondato sul suo essere rappresentativo della societa' tutta, unita
per contratto sociale» (cfr. Corte costituzionale 30 ottobre 1898, n.
487). 
    La norma qui censuata solo in  apparenza  rispetta  il  principio
della riserva di legge nella misura in cui autorizza  la  sospensione
del  corso  della  prescrizione,  ma  di  fatto  la  ancora   ad   un
provvedimento giurisdizionale  (emesso  inaudita  altera  parte)  che
trova la sua legittimazione in  un  provvedimento  organizzativo  del
capo dell'ufficio solo eventuale. 
    In ogni caso, appare vulnerato il  principio  di  tassativita'  e
determinatezza della norma penale (id est della causa di  sospensione
della prescrizione) nella misura in cui i processi  da  rinviare  non
sono ne', a ben vedere, potrebbero essere previsti in modo preciso  e
tassativo  per  l'inevitabile  influenza  di  ragioni   organizzative
differenti ai singoli uffici  e  del  carico  di  ruolo  del  singolo
magistrato giudicante. 
    In definitiva, se le norme che disciplinano la  prescrizione  del
reato sono tutte norme di diritto penale  sostanziale,  come  diritto
oggi  vivente  afferma  senza  autorizzare   la   distinzione   sopra
tratteggiata, una norma che introduca una causa di sospensione  della
prescrizione ricade sotto lo statuto  della  norma  penale  e  dunque
soggetta ai  principi  di  riserva  di  legga  e  di  tassativita'  e
determinatezza della norma penale. 
    Solo  per  completezza  si  ricordera'   che   i   due   principi
costituzionali  qui  evocati   sono   stati   assunti   dalla   Corte
costituzionale come controlimite alla cessione di sovranita' da parte
dell'ordinamento italiano ai sensi dell'art. 117  della  Costituzione
proprio nella nota vicenda Taricco che ha costituito l'occasione  per
la Corte per  ribadire  la  natura  sostanziale  dell'istituto  della
prescrizione dei reato. 
    Alla   luce   di   tali   argomentazioni,   una   interpretazione
costituzionalmente conforme e' preclusa a questo giudice,  stante  la
natura inderogabile  dei  principi  che  governano  la  norma  penale
sostanziale. 
    A riguardo, giova evidenziare che l'ipotesi di sospensione  della
prescrizione  prevista  dall'art.  83,  comma  9,  d.l.  n.  18/2020,
contrariamente a quanto previsto nell'art. 83, comma 4, cit., non  e'
neppure  legata,  almeno  espressamente,   ad   alcuna   ipotesi   di
sospensione del processo, con la  conseguenza  che  l'interpretazione
dell'art. 159, 1 comma, codice penale  offerta  rispetto  alla  prima
questione di legittimita' non e'  percorribile  neppure  in  astratto
nell'ipotesi ora considerata. 
    Ad avviso di questo Tribunale, l'unica possibile  interpretazione
costituzionalmente conforme della disposizione ora in esame passa, in
primo luogo, dalla risoluzione in termini negativi della questione di
legittimita' dell'art. 83, comma  4,  d.l.  n.  18/2020  rispetto  al
principio di  irretroattivita':  se  l'art.  159  codice  penale  nel
rinviare a tutte le ipotesi di sospensione  del  processo  istituisce
una  ipotesi  di  successione  di  leggi  processuali  e   non   gia'
sostanziali,  ancorando  ad  esse  la  Sospensione  dei  termini   di
prescrizione,  l'art.  83,  comma,  9  risulterebbe  illegittimo  per
contrasto al principio di ragionevolezza  di  cui  all'art.  3  Cost.
nella (sola) parte in cui ancora la sospensione della prescrizione al
mero provvedimento di rinvio anziche' alla sospensione  del  processo
sino alla data di rinvio e comunque non oltre il 31 luglio 2020. 
    Solo  per  completezza  si  osserva   che   tutti   i   vizi   di
costituzionalita' denunciati verrebbero meno  solo  nella  misura  in
cui, con mutamento  del  diritto  vivente  non  consentito  a  questo
giudice,  si  affermasse  la  natura  processuale  delle   cause   di
sospensione della prescrizione indipendentemente dal loro legame  con
la sospensione dei processo. 
    Per tutte le ragioni illustrate il  presente  processo  non  puo'
essere deciso  indipendente  dalla  risoluzione  delle  questioni  di
legittimita' prospettate che,  ove  accolte,  imporrebbero  a  questo
giudice di pronunciare una sentenza  di  non  doversi  precedere  per
estinzione del reato ascritto all'imputato a seguito del decorso  dei
termini massimi di prescrizione. 

(1) Cosi': Marinucci - Dolcini, Corso di Diritto Penale, Milano 2001,
    pg. 253 
 
                               P.Q.M. 
 
    Letto l'art. 23, 2 comma, legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  sollevata  dalla  difesa  dell'imputato
dell'art. 83, comma 4, d.l. 17 marzo 2020, n. 18 conv.  in  legge  20
aprile 2020, n. 27 per contrasto con l'art. 25, secondo comma, Cost.,
nella parte in  cui  prevede  l'applicazione  della  sospensione  dei
termini di prescrizione a fatti commessi prima della sua  entrata  in
vigore; 
    Letto l'art. 23, 3 comma, legge 11 marzo 1953, n. 87, 
    dichiara d'ufficio rilevante e non  manifestamente  infondata  la
questione di legittimita' dell'art 83, comma 9, d.l. 17  marzo  2020,
n. 18 conv. in legge 20 aprile 2020, n. 27 in relazione all'art.  25,
2 comma, Cost. nella parte in cui prevede una  causa  di  sospensione
della  prescrizione  sulla  base  di  un  provvedimento   giudiziario
autorizzato da un provvedimento organizzativo del capo  dell'Ufficio,
ovvero, in via subordinata; 
    dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art.  83,  comma  decreto-legge.  17
marzo 2020, n. 18 conv. in legge 20 aprile 2020, n. 27  in  relazione
all'art. 3 Cost., nella parte in cui non prevede la  sospensione  del
processo  sino   alla   data   di   rinvio   del   procedimento   per
l'impossibilita' della sua trattazione e comunque  non  oltre  il  31
luglio 2020. 
    Ordina la sospensione del procedimento  in  corso  e  l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. 
    Dispone che la presente ordinanza sia notificata, all'imputato  e
al Presidente del Consiglio dei ministri  e  che  sia  comunicata  ai
Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. 
        Cosi' deciso in Roma, 18 giugno 2020 
 
                         Il Giudice: Foresta