N. 185 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 luglio 2020

Ordinanza dell'8 luglio 2020 del Tribunale  amministrativo  regionale
per il Lazio sul ricorso proposto da Autodemolizioni  Efrati  sas  di
Efrati Alessandro in persona del legale  rappresentante  pro  tempore
contro Roma Capitale. 
 
Ambiente - Norme della Regione Lazio -  Funzioni  amministrative  dei
  Comuni - Previsione che sono delegate ai Comuni l'approvazione  dei
  progetti degli impianti  per  lo  smaltimento  ed  il  recupero  di
  determinati  rifiuti  nonche'  la  relativa   autorizzazione   alla
  realizzazione e all'esercizio delle attivita' suindicate. 
- Legge  della  Regione  Lazio  9  luglio  1998,  n.  27  (Disciplina
  regionale della gestione dei rifiuti), art. 6, comma 2, lettere  b)
  e c). 
(GU n.53 del 30-12-2020 )
 
         IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                           Sezione seconda 
 
    ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro  generale  11625   del   2019,   proposto   dalla   societa'
Autodemolizioni Efrati S.a.s. di Efrati Alessandro,  in  persona  del
legale   rappresentante   pro-tempore,   rappresentata    e    difesa
dall'avvocato Luca Zerella, con domicilio digitale  come  da  PEC  da
Registri di Giustizia e domicilio eletto  presso  il  suo  studio  in
Roma, via Ulpiano 29; 
    contro  Roma  Capitale,  in  persona  del  Sindaco   pro-tempore,
rappresentata  e  difesa  dall'avvocato   Antonio   Ciavarella,   con
domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia  e  domicilio
fisico eletto presso l'Avvocatura civica in Roma, via del  Tempio  di
Giove n. 21; 
    per l'annullamento 
        della determinazione dirigenziale rep. n. QL/972/2019 del  31
luglio 2019 - prot. n. QL/60460/2019 del 31 luglio 2019,  assunta  da
Roma Capitale -, Dipartimento tutela ambientale,  avente  ad  oggetto
«Conclusione negativa del procedimento  di  autorizzazione  ai  sensi
dell'art. 208 del decreto legislativo n. 152  del  3  aprile  2006  e
ss.mm.ii per l'impianto di "Autodemolizioni Efrati S.a.S.  di  Efrati
Alessandro" sito in Via Ostiense n. 779, Roma»; 
        della determinazione dirigenziale rep. n. QL1302/2018 - prot.
n. QL/13899/2018 del 2 marzo  2018  di  Roma  Capitale,  Dipartimento
tutela ambientale con la quale  si  richiedeva  alla  Autodemolizioni
Efrati s.a.s. la presentazione, entro e non oltre il 12 aprile  2018,
del «progetto definitivo dell'impianto, completo della documentazione
tecnica che attesti  la  conformita'  alle  vigenti  disposizioni  in
materia di urbanistica, di tutela ambientale, di salute  e  sicurezza
sul lavoro e di igiene pubblica  da  sottoporre  alla  conferenza  di
servizi ai sensi dell'art. 14-bis  della  legge  241/1990»,  pena  la
decadenza dell'autorizzazione provvisoria; 
        della comunicazione prot. n. QL/22168 del 5  aprile  2018  di
Roma Capitale - Dipartimento tutela ambientale; 
        della comunicazione prot. n. QL/23415 del 10 aprile  2018  di
Roma Capitale - Dipartimento tutela ambientale; 
        della nota prot. QL47498 del 2 luglio 2018 di' Roma  Capitale
- Dipartimento tutela ambientale, di indizione  della  conferenza  di
servizi, sconosciuta nel contenuto; 
        della nota prot. QL/65979  del  14  settembre  2018  di  Roma
Capitale - Dipartimento tutela ambientale, di  revoca  e  contestuale
indizione della nuova conferenza di servizi; 
        della nota  prot.  QL/77586  del  25  ottobre  2018  di  Roma
Capitale - Dipartimento tutela ambientale; 
        della nota prot. n. QL/92662 del 12  dicembre  2018  di  Roma
Capitale - Dipartimento tutela ambientale; 
        della nota prot. n. QL/5313  del  24  gennaio  2019  di  Roma
Capitale - Dipartimento tutela ambientale; 
        del  verbale  di  riunione  della   conferenza   di   servizi
simultanea in modalita' sincrona del 4 febbraio 2019 del Dipartimento
tutela ambientale di Roma Capitale; 
        dei  pareri  del  Dipartimento  programmazione  e  attuazione
urbanistica rispettivamente prot. n. QL/152880 del 24 settembre 2018,
contenente parere negativo e prot. n. QL/152880 del 1° febbraio 2019,
con il quale si rilevava l'impossibilita' di esprimere il  parere  di
competenza; 
        del parere dell'ARPA Lazio reso con nota prot.  5886  del  30
gennaio 2019; 
        del parere espresso da Citta' Metropolitana di Roma  Capitale
trasmesso (alle ore 12.13 del 4 febbraio 2019), successivamente  alla
chiusura dei lavori della riunione simultanea (ore 10.55); 
        del parere dell'Autorita' di bacino, reso con note  prot.  n.
4713 del 1° agosto 2018 e prot. n. 5148 del 5 settembre 2018; 
        del parere del Corpo nazionale dei vigili del fuoco - Comando
provinciale di Roma prot. 46477 del 12 luglio 2018; 
        del parere della Regione Lazio n.  589133  del  27  settembre
2018; 
        e comunque di ogni  altro  atto  antecedente,  conseguente  o
comunque connesso a quelli sopra indicati. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale; 
    Relatore nell'udienza del giorno 6 maggio 2020 la dott.ssa Marina
Perrelli e trattenuta la causa in decisione, ai sensi  dell'art.  84,
comma  5,  del  decreto  legislativo  n.  18/2020,  convertito,   con
modificazioni, dalla legge n. 27/2020; 
    1. Con il presente gravame la Autodemolizioni  Efrati  s.a.s.  di
Alessandro Efrati,  titolare  dell'impianto  di  trattamento  rifiuti
pericolosi,  sito  in  Roma  alla  via  Ostiense   n.   779,   giusta
autorizzazione   provvisoria    all'esercizio    dell'attivita'    di
autodemolizione n. 76, rilasciata da Roma Capitale e rinnovata per la
durata  di  anni  uno  con  la  determina   dirigenziale   prot.   n.
QL/39209/2017 del 28 giugno  2017,  ha  impugnato  la  determinazione
dirigenziale prot. QL/60460 del 31 luglio 2019,  con  la  quale  Roma
Capitale ha dispoto  la  conclusione  negativa  della  Conferenza  di
servizi, indetta sulla richiesta ex art. 208 del decreto  legislativo
152/2006, con contestuale assegnazione di termine pari  a  60  giorni
per la «revisione del progetto definitivo dell'impianto che  risponda
alle prescrizioni  della  Conferenza  di  servizi  nonche'  a  quanto
richiesto nella sezione "Rilevato" della presente,  attivando  anche,
ove necessario, le procedure di valutazione  di  assoggettabilita'  a
VIA presso gli enti competenti». 
    1.2. La societa' ricorrente - nel premettere di avere  esercitato
l'attivita' di autodemolizione in forza di autorizzazioni provvisorie
rinnovate nel corso degli anni - ha impugnato la suddetta  determina,
unitamente agli atti  presupposti,  chiedendo  al  Collegio,  in  via
principale, di sollevare  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 6, comma 2, della legge della  Regione  Lazio  n.  27/1998,
nella parte in cui statuisce che «Sono delegate ai comuni:  (...)  b)
l'approvazione dei progetti degli impianti per lo smaltimento  ed  il
recupero dei rifiuti provenienti dalla demolizione degli  autoveicoli
a motore e  rimorchi,  dalla  rottamazione  dei  macchinari  e  delle
apparecchiature deteriorati ed obsoleti e la relativa  autorizzazione
alla  realizzazione  degli  impianti,  nonche'   l'approvazione   dei
progetti di varianti sostanziali in corso di esercizio e la  relativa
autorizzazione alla realizzazione; e) l'autorizzazione  all'esercizio
delle attivita' di smaltimento e' recupero dei rifiuti  di  cui  alle
lettere a)  e  b)»,  poiche'  la  suddetta  disposizione  sarebbe  in
contrasto con l'art. 117, comma 2, lettera  s),  della  Costituzione,
come sostituito dall'art. 3 della  legge  costituzionale  18  ottobre
2001, n. 3 - ai sensi del quale «Lo Stato ha  legislazione  esclusiva
nella  seguenti  materie:  ...  (tra   cui)   tutela   dell'ambiente,
dell'ecosistema e dei beni culturali» in relazione  agli  arti.  196,
comma 1, lett. d) ed e), e 208 del d.lgs. n. 152/2006  (c.d.  «Codice
dell'ambiente»), di attribuzione alle Regioni di tali competenze. 
    Secondo la prospettazione di parte ricorrente sarebbe  dubbia  la
legittimita'  costituzionale  della  citata  previsione  laddove   il
legislatore regionale  disegna  un  modello  di  distribuzione  delle
competenze decisionali  che  individua  nel  comune  territorialmente
competente l'ente al quale e' assegnata la cura dei  procedimenti  di
approvazione dei progetti e di  autorizzazione  dell'attivita'  degli
«impianti per lo smaltimento ed il recupero dei  rifiuti  provenienti
dalla demolizione  degli  autoveicoli  a  motore  e  rimorchi,  dalla
rottamazione dei macchinari e delle  apparecchiature  deteriorati  ed
obsoleti», stabilendo, invece, il legislatore nazionale  -  al  quale
spetta  in  via  esclusiva  disciplinare  la  materia  della  «tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema» - che rientra tra  i  compiti  della
regione  quello  di  approvare  i  progetti  e  di   autorizzare   la
realizzazione e la gestione dei nuovi impianti di  smaltimento  e  di
recupero dei rifiuti, anche pericolosi. 
    Sostiene, dunque,  la  societa'  che,  in  ragione  dell'assoluta
inderogabilita' da parte della legislazione regionale  del  principio
espresso   dall'art.   117   Cast.   sulla   materia   della   tutela
dell'ambiente", sarebbe precluso alle Regioni allocare ad un  diverso
livello amministrativo le  suddette  funzioni,  come  affermato,  con
riferimento ad analoghe leggi regionali, dalla  Corte  Costituzionale
nelle pronunce n. 187/2011 e n. 159/2012 (primo motivo di ricorso). 
    1.3.   Ferma   restando   tale   (pregiudiziale)   questione   di
legittimita'  costituzionale,  la  ricorrente  deduce  una  serie  di
ulteriori censure: 
        a) l'incompetenza  assoluta  di  Roma  Capitale  al  rilascio
dell'autorizzazione richiesta, in relazione ai citati articoli 196  e
208 del decreto legislativo n. 152/2006, poiche' il contrasto tra  la
delega ai comuni di cui all'art. 6, comma 2, lett.  b)  e  c),  della
legge regionale n. 27/1998 e la successiva normativa nazionale di cui
ai citati articoli 196, comma 1, lett. d) ed e),  e  208  del  Codice
dell'ambiente (di attribuzione invece, delle medesime  funzioni  alle
regioni) sarebbe risolvibile - in ossequio agli ordinari criteri  che
regolano i rapporti tra norme che si succedono nel tempo - in  favore
della posteriore normativa statale, con conseguente nullita' di tutti
i provvedimenti  impugnati  in  ragione  della  «inapplicabilita'  ed
irrilevanza della  delega»  di  cui  alle  preesistenti  disposizioni
regionali, in applicazione delle quali  tali  atti  risultano  essere
stati adottati (secondo motivo di ricorso); 
        b) l'illogicita' e  contraddittorieta'  della  determinazione
dirigenziale   di    «conclusione    negativa»    del    procedimento
autorizzativo,  in  particolare  evidenziandosi   come   la   dedotta
illegittimita'    delle    preesistenze    edilizie,    cosi     come
l'incompatibilita'  urbanistica  (entrambe  poste  a  fondamento  del
diniego impugnato), non costituirebbero elemento ostativo al rilascio
dell'autorizzazione     richiesta,     potendo      l'amministrazione
condizionarne il rilascio al  rispetto  di  determinate  prescrizioni
edilizie o all'esito del procedimento di condono,  nonche'  procedere
alla necessaria variante urbanistica (punto 3.1 del ricorso); 
        c)  la  violazione  degli   articoli   14   bis   (conferenza
semplificata)  e  14  ter  (conferenza  simultanea)  della  legge  n.
241/1990, in relazione sia ai termini perentori di durata massima ivi
previsti  che  al  termine  entro   il   quale   le   amministrazioni
partecipanti  avrebbero  dovuto  rendere  le  loro  valutazioni,  con
conseguente  pretesa  formazione  di  un  provvedimento   tacito   di
silenzio-assenso per quanto riguarda: i) il parere  del  Dipartimento
programmazione   e   attuazione   urbanistica   prot.   n.   QL/18649
dell'1.2.2019, con il quale si  concludeva  per  la  incompatibilita'
urbanistica del sito e l'impossibilita' di esprimere il parere  sulla
compatibilita' edilizia; ii) il parere dell'A.R.P.A. Lazio  reso  con
nota prot. 5886 del 30.1.2019; iii) il parere espresso  dalla  citta'
metropolitana  di  Roma  Capitale,   in   quanto   addirittura   reso
successivamente alla riunione simultanea del 4 febbraio  2019  (punti
3.2 e 3.3 del ricorso); 
        d) la violazione dell'art. 10 bis della 1. n.  241/1990,  per
mancato preavviso di conclusione negativa (punto 3.4 del ricorso); 
        e) la violazione degli articoli 14 bis e 14 ter  della  legge
n. 241/1990, assumendo l'illegittimita'  del  provvedimento  con  cui
l'amministrazione procedente, al fine di recuperare i propri ritardi,
ha disposto la proroga dei termini per la trasmissione dei pareri  di
competenza, mediante l'assegnazione di un termine superiore a  quello
previsto dall'art. 14 bis, attesa la carenza di un siffatto potere di
proroga, sospensione e/o interruzione degli stessi (quarto motivo); 
        f) (in via subordinata),  la  violazione  dell'art.  208  del
decreto  legislativo  n.  152/2006  per  mancata   designazione   del
responsabile del procedimento, ai sensi del comma 3,  e  per  mancato
rispetto  dei  termini  previsti  sia  per  la   convocazione   della
conferenza  di  servizi   (comma   3),   sia   per   la   conclusione
dell'istruttoria  (comma  8),  nonche'  per  difetto  di  motivazione
(quinto ed ultimo motivo di ricorso). 
    2. Roma Capitale si e' costituita  in  giudizio,  contestando  il
ricorso e chiedendone il rigetto, senza nulla argomentare  in  merito
alla  questione  di  illegittimita'  costituzionale  della  normativa
regionale. 
    3. In prossimita' dell'udienza fissata  per  la  trattazione  del
merito, parte ricorrente ha depositato note, ai sensi  dell'art.  84,
comma 5, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, ribadendo le proprie
censure e insistendo per il loro accoglimento. 
    4. All'udienza del 6 maggio 2020 la causa e' stata trattenuta  la
causa in decisione, ai sensi dell'art. 84, comma 5, del decreto-legge
n. 18/2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27/2020. 
    5. Il Collegio condivide i dubbi di  legittimita'  costituzionale
prospettati  dalla  ricorrente  con  il  primo  motivo  di   ricorso,
ritenendo  rilevante  ai  fini   della   decisione   della   presente
controversia e non manifestamente infondata  la  questione  attinente
alla compatibilita' dell'art. 6, comma 2, lett. b) e e)  della  legge
della Regione Lazio del 9 luglio 1998, n. 27, recante la  «Disciplina
regionale dei rifiuti» - come modificata per effetto della successiva
legge regionale del 5 dicembre 2006, n. 23 - con l'art. 117, comma 2,
lettera s), della Costituzione, come  sostituito  dall'art.  3  della
legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. 
    6. Per cio'  che  attiene  alla  rilevanza  della  questione  nel
presente  giudizio,  osserva  il  Collegio  come  la   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art.   6   citato   debba   essere
affrontata in via prioritaria rispetto a tutte le  ulteriori  censure
articolate dalla ricorrente. 
    Anche  a  prescindere  dalla  chiara  graduazione  delle  censure
formulate, operata dal ricorrente e diretta ad attribuire un  profilo
prioritario    alla    prospettata    questione    di    legittimita'
costituzionale, la stessa assume carattere pregiudiziale  in  ragione
della tipologia del vizio di legittimita' ad  essa  sotteso,  vale  a
dire la compatibilita' della norma attributiva del potere  esercitato
da Roma Capitale con la Carta costituzionale e, quindi, la competenza
dell'amministrazione capitolina ad adottare gli atti  impugnati,  con
la logica conseguenza che il suo positivo scrutinio  da  parte  della
Consulta implicherebbe necessariamente l'accoglimento del ricorso per
tale profilo, con assorbimento di ogni altra censura formulata. 
    In tal  senso,  del  resto  depone  anche  quanto  affermato  dal
Consiglio di stato nell'Adunanza plenaria n. 5/2015, secondo la quale
la stessa facolta' del ricorrente di graduare  i  motivi  di  ricorso
incontra un limite nel vizio di incompetenza poiche' «se il potere e'
stato esercitato da un'autorita' incompetente, il giudice  sul  piano
logico non puo' fare altro che rilevare il vizio di incompetenza,  ma
non puo' dettare le  regole  dell'azione  amministrativa,  posto  che
l'azione amministrativa non e' ancora  stata  esercitata  dall'organo
preposto»  e  «l'accoglimento  del  ricorso  giurisdizionale  per  la
riconosciuta  sussistenza  del   vizio   di   incompetenza   comporta
l'assorbimento degli ulteriori motivi di impugnazione, in  quanto  la
valutazione del merito  della  controversia  si  risolverebbe  in  un
giudizio meramente ipotetico sull'ulteriore attivita'  amministrativa
dell'organo competente,  cui  spetta  l'effettiva  valutazione  della
vicenda e  che  potrebbe  emanare,  o  non,  l'atto  in  questione  e
comunque, provvedere con un contenuto diverso».  L'Adunanza  plenaria
ha ritenuto, infatti, che "nonostante sia formalmente  scomparsa"  la
previsione dell'art. 26, comma 2, legge del Tribunale  amministrativo
regionale, con il nuovo codice del processo amministrativo i  termini
del dibattito restano invariati e, anzi, si amplia il novero dei vizi
che impediscono alla parte di graduare ad libitum i relativi  motivi,
a tal fine richiamando il disposto dell'art. 34, comma 2, codice  del
processo amministrativo, ai  sensi  del  quale  «in  nessun  caso  il
giudice puo' pronunciare con riferimento a poteri amministrativi  non
ancora esercitati». 
    7. Ne' la questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  6,
comma 2, lett. b)  e  e),  della  legge  regionale  n.  27/1998  puo'
ritenersi recessiva rispetto al secondo  motivo  di  ricorso  con  il
quale parte ricorrente sostiene che la prospettata antinomia  tra  la
suddetta norma regionale di delega delle  funzioni  autorizzative  ai
comuni e la successiva normativa nazionale di cui agli articoli  196,
comma 1, lett. d) ed e), e 208 del Codice dell'ambiente,  attributivi
delle medesime funzioni alle Regioni, sarebbe in tesi risolvibile  in
ossequio all'ordinario criterio secondo  cui  lex  posterior  derogar
priori,  con  conseguente  «cessazione  di  efficacia   della   norma
precedente» e «inapplicabilita' ed irrilevanza (nel caso  di  specie)
della delega prevista dall'art. 6, comma 2, legge regionale 27/1998». 
    Al  riguardo  il  Collegio  osserva  che   la   legge   regionale
applicabile alla controversia in esame,  per  quanto  anteriore  alla
riforma del Titolo V della Costituzione e al Codice dell'ambiente, e'
stata oggetto di intervento ad opera del legislatore  regionale  che,
con la legge n. 23 del 5 dicembre 2006, «nelle more  della  revisione
organica della legge regionale  9  luglio  1998,  n.  27  (Disciplina
regionale della gestione dei  rifiuti)  e  successive  modifiche,  in
conformita' alle disposizioni del decreto legislativo 3 aprile  2006,
n. 152 (Norme  in  materia  ambientale),  ...  (ha)  apportato)  alla
suddetta  legge  regionale  specifiche  modifiche  per  l'adeguamento
dell'assetto organizzativo delle funzioni in materia di bonifica  dei
siti contaminati alle nuove procedure previste  dal  decreto  stesso»
(in tal senso, il relativo art. 1). 
    Ne discende, dunque, che per effetto della  legge  regionale  del
2006 la preesistente legge regionale n. 27/1998 e' stata  convalidata
sul presupposto della compatibilita' delle relative previsioni con il
sopravvenuto  assetto  di  riparto  delle  competenze  definito   dal
legislatore  nazionale  nell'esercizio  della  potesta'   legislativa
esclusiva attribuitagli dall'art. 117, comma  2,  lettera  s),  della
Costituzione. 
    La suddetta convalida, operata dalla legge regionale  n.  23  del
2006, esplica i propri effetti, per quel che qui interessa, anche  in
relazione al piu' volte citato art. 6, comma 2, lett. b) e c) la  cui
efficacia, pur in assenza di uno specifico intervento di adeguamento,
risulta confermata, con conseguente applicabilita' della disposizione
anche ai procedimenti di  autorizzazione  successivi  all'entrata  in
vigore del Codice dell'ambiente. 
    Il Collegio,  pertanto,  non  ritiene  di  poter  condividere  la
ricostruzione,   proposta   da   parte   ricorrente    dell'implicita
abrogazione della delega regionale di cui all'art. 6, comma 2,  lett.
b) e e) ad opera del decreto legislativo n. 152/2006, alla luce della
rammentata conferma dell'efficacia della normativa regionale del 1998
per effetto della legge regionale n. 23/2006. 
    A seguito dell'adozione della legge regionale n. 23/2006  non  e'
dunque configurabile nel  caso  di  specie  il  contrasto  tra  norme
giuridiche poste da fonti normative di pari livello,  risolvibile  in
via interpretativa  mediante  l'applicazione  dell'invocato  criterio
cronologico. Spetta, invece, al Collegio dirimere la questione  della
compatibilita' della delega delle funzioni ai comuni,  contenuta  nel
piu' volte citato art. 6, comma 2, lett. b) e e), con i  principi  di
cui all'art. 117 della Costituzione, che, nell'ambito  del  rinnovato
sistema di riparto delle competenze legislative tra stato e  regioni,
attribuisce  al  primo  la   competenza   esclusiva   sulla   «tutela
dell'ambiente  e  dell'ecosistema  e   dei   beni   culturali»,   con
conseguente indispensabile scrutinio della Corte costituzionale sulla
questione. 
    Alla luce  delle  considerazioni  sin  qui  esposte  il  Collegio
ritiene di  non  potersi  esimere  dal  sottopone  alla  Consulta  la
questione di legittimita'  costituzionale  concernente  il  contrasto
dell'art. 6, comma 2,  lett.  b)  e  c),  della  legge  regionale  n.
27/1998, come modificata dalla legge regionale n. 23/2006, con l'art.
117, comma 2, lettera  s),  della  Costituzione,  laddove  la  stessa
conferisce  ai  comuni  le  funzioni  amministrative  in  materia  di
approvazione dei progetti e di autorizzazione a realizzare e  gestire
nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti. 
    7. Quanto al concorrente profilo della non manifesta infondatezza
della questione, il Collegio ritiene opportuno riepilogare  -  seppur
brevemente - il contesto normativo di riferimento. 
    La Regione Lazio, con l'art. 6, comma 2, lett.  b)  e  e),  della
legge regionale n. 27/1998, ha delegato ai comuni (per quel  che  qui
interessa)  «l'approvazione  dei  progetti  degli  impianti  per   lo
smaltimento ed il recupero dei rifiuti provenienti dalla  demolizione
degli  autoveicoli  a  motore  e  rimorchi,  dalla  rottamazione  dei
macchinari e delle  apparecchiature  deteriorati  ed  obsoleti  e  la
relativa autorizzazione alla realizzazione  degli  impianti,  nonche'
l'approvazione dei progetti  di  varianti  sostanziali  in  corso  di
esercizio  e  la  relativa  autorizzazione  alla   realizzazione»   e
«l'autorizzazione all'esercizio  delle  attivita'  di  smaltimento  e
recupero dei rifiuti di cui alle lettere a) e b)». 
    A livello nazionale, l'art. 196, comma 1,  lett.  d)  ed  e)  del
decreto legislativo n. 152/2006 - nel 
    sostituirsi al previgente art.  19  del  decreto  legislativo  n.
22/1997 - ha stabilito che «Sono di  competenza  delle  regioni,  nel
rispetto dei principi previsti dalla normativa vigente e dalla  parte
quarta del presente decreto, ...: d) l'approvazione dei  progetti  di
nuovi impianti per  la  gestione  di  rifiuti,  anche  pericolosi,  e
l'autorizzazione alle modifiche degli impianti esistenti, fatte salve
le competenze statali di cui all'art. 195, comma 1, lettera f), e  di
cui all'art. 7, comma 4-bis; e) l'autorizzazione all'esercizio  delle
operazioni di smaltimento e recupero di  rifiuti,  anche  pericolosi,
fatte salve le competenze statali di cui all'art. 7, comma 4-bis». 
    Il successivo art. 208, rubricato  «Autorizzazione  unica  per  i
nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti», ha previsto
che «I soggetti che intendono realizzare e gestire nuovi impianti  di
smaltimento o  di  recupero  di  rifiuti,  anche  pericolosi,  devono
presentare apposita domanda alla regione competente  per  territorio,
allegando il progetto definitivo dell'impianto  e  la  documentazione
tecnica prevista per  la  realizzazione  del  progetto  stesso  dalle
disposizioni vigenti in materia urbanistica, di tutela ambientale, di
salute, di sicurezza sul lavoro e di igiene pubblica. Ove  l'impianto
debba essere sottoposto alla  procedura  di  valutazione  di  impatto
ambientale ai sensi della normativa vigente, alla domanda e' altresi'
allegata la comunicazione del progetto  all'autorita'  competente  ai
predetti fini ...» (comma 1), stabilendo che  «Entro  novanta  giorni
dalla sua convocazione», la Conferenza di servizi:  a)  procede  alla
valu azione dei progetti; b) acquisisce e valuta tutti  gli  elementi
relativi  alla  compatibilita'  del  progetto  con  quanto   previsto
dall'art. 177, comma 4; c) acquisisce, ove previsto  dalla  normativa
vigente, la valutazione di compatibilita' ambientale; d) trasmette le
proprie conclusioni con i relativi atti alla regione (comma 4). 
    L'art.  177,  comma  4,  dello  medesimo  Codice   dell'ambiente,
richiamato dal comma 4 del successivo art. 208, afferma, infine,  che
«I rifiuti sono gestiti senza pericolo  per  la  salute  dell'uomo  e
senza usare procedimenti o metodi che potrebbero  recare  pregiudizio
all'ambiente e, in  particolare:  a)  senza  determinare  rischi  per
l'acqua, l'aria, il suolo, nonche' per la fauna e la flora; b)  senza
causare inconvenienti da rumori o  odori;  e)  senza  danneggiare  il
paesaggio e i siti di particolare interesse, tutelati  in  base  alla
normativa vigente». 
    Infine, il  legislatore  regionale  con  la  legge  regionale  n.
23/2006,  in  ragione  del  rinnovato  assetto  organizzativo   delle
funzioni come delineato  nel  decreto  legislativo  n.  152/2006,  ha
apportato alla piu' volte citata legge regionale  n.  27/1998  alcune
specifiche modifiche, confermandone per  il  resto  le  disposizioni,
sulla scorta di  una  valutazione  di  conformita'  delle  stesse  al
sopravvenuto Codice dell'ambiente. 
    8. Cio' posto, il Collegio - ritenuto che  l'art.  117,  comma  2
lettera s), della Costituzione e le norme statali passate in rassegna
confermano che i Comuni, nella loro  qualita'  di  enti  esponenziali
della relativa comunita', non sono titolari, in  materia  ambientale,
di  funzioni  amministrative  proprie  -  e'   dell'avviso   che   il
legislatore regionale del Lazio, nel attribuire ai propri  comuni  le
funzioni specificate all'art. 6, comma 2, lett. b) e e), della  legge
regionale n. 27/1998 e s.m.i., introduca un modello di  distribuzione
delle competenze decisionali che viola la  riserva  della  competenza
legislativa esclusiva statale in materia di  tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema, in quanto contrastante con l'art.  208  del  decreto
legislativo  n.  152/2006  che,  nel  disciplinare  puntualmente   il
procedimento  di  autorizzazione  unica  per  i  nuovi  impianti   di
smaltimento  e  di  recupero  dei  rifiuti,  assegna   alla   regione
territorialmente competente (quella  in  cui  ricade  l'impianto)  il
compito di approvarne il progetto e di autorizzarne la  realizzazione
e la gestione. Diversamente opinando ne risulterebbe pregiudicato  lo
scopo perseguito dal legislatore nazionale  di  garantire,  anche  in
attuazione della normativa comunitaria, la regolarita' della messa in
esercizio dei predetti impianti attraverso la fissazione  di  livelli
di tutela uniformi «proprio in considerazione dei valori della salute
e  dell'ambiente  che  si  intendono  tutelare   in   modo   omogeneo
sull'intero  territorio  nazionale»  (cfr.  in   tal   senso,   Corte
costituzionale, sentenza 24 luglio 2009, n. 249). 
    L'art. 117,  comma  2,  lettera  s),  della  Costituzione,  nello
stabilire che «Lo Stato  ha  legislazione  esclusiva  nella  seguenti
materie: ... (tra cui) tutela dell'ambiente,  dell'ecosistema  e  dei
beni culturali», fornisce una chiara e univoca indicazione della sola
fonte legislativa  legittimata  ad  operare  la  distribuzione  delle
connesse funzioni amministrative tra  i  vari  livelli  territoriali,
sicche' deve escludersi che il Codice  dell'ambiente,  nel  conferire
alle regioni  la  relativa  competenza,  ne  abbia  anche  consentito
l'allocazione  ad  un  diverso  livello  amministrativo,  escludendo,
pertanto,  la  possibilita'  di  delegare  tali  funzioni  ai  comuni
insistenti nel proprio territorio. 
    Depone,  in  tal  senso,  anche  una  lettura   combinata   delle
disposizioni contenute nel novellato  Titolo  V  della  Costituzione:
l'art. 118 - a fronte del venir meno  del  tradizionale  parallelismo
tra  funzioni  legislative  e  funzioni  amministrative  -   prevede,
infatti, che in generale «le funzioni amministrative sono  attribuite
ai  comuni»,  a  meno  che  le  stesse  «per  assicurare  l'esercizio
unitario, siano conferite a provincie, citta' metropolitane,  regioni
e stato, sulla base dei principi di sussidiarieta',  differenziazione
e adeguatezza». In tal modo il legislatore costituzionale  ha  inteso
introdurre  un  elemento  di  elasticita'   nell'attribuzione   delle
funzioni  amministrative,  correlato  alle   esigenze   unitarie   di
esercizio   «sovraterritoriale»   delle   medesime,   attraverso   la
valorizzazione    dei    canoni    di    sussidiarieta'    verticale,
differenziazione e adeguatezza, quali  criteri  guida  della  diversa
distribuzione delle competenze. 
    Quanto fin qui osservato induce a ritenere che, nella materia  di
«tutela dell'ambiente e dell'ecosistema» - nella quale, per  costante
giurisprudenza  costituzionale,  rientra  anche  la  disciplina   dei
rifiuti (cosi, ex multis, le sentenze n. 373 del  2010,  n.  127  del
2010 e n. 61 del 2009) - non possono essere  ammesse  iniziative  del
legislatore  regionale  di  regolamentazione,  nel   proprio   ambito
territoriale, delle funzioni amministrative che modifichino l'assetto
delle competenze come delineato dalla  legge  statale,  ponendosi  la
relativa normativa quale limite insuscettibile  di  deroga  anche  da
parte delle regioni, nonostante siano  abilitate  a  farlo  in  altre
materie di legislazione concorrente, quali ad esempio la tutela della
salute ed il  governo  del  territorio  (cfr.  in  tal  senso,  Corte
costituzionale, sentenze n. 314 del 2009 e n. 62 del 2008). 
    Orbene, applicando siffatti principi alla controversia in  esame,
emerge che il legislatore della Regione  Lazio  nel  2006  ha  inteso
confermare, in sede di revisione della legge regionale n. 27/1998, la
delega ai comuni del proprio territorio delle funzioni amministrative
relative ai procedimenti finalizzati all'approvazione dei progetti  e
all'autorizzazione,  alla   realizzazione   e   all'esercizio   degli
«impianti per lo smaltimento ed il recupero dei  rifiuti  provenienti
dalla demolizione  degli  autoveicoli  a  motore  e  rimorchi,  dalla
rottamazione dei macchinari e delle  apparecchiature  deteriorati  ed
obsoleti», nonostante il piu' volte rammentato art. 208  del  decreto
legislativo n. 152/2006 avesse, viceversa, individuato nella  regione
il soggetto pubblico  al  quale  tali  funzioni  sono  specificamente
assegnate, con conseguente illegittima alterazione del riparto  delle
competenze delineato dal legislatore nazionale. 
    A supporto della dedotta incompatibilita' della  norma  regionale
in questione con l'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione e
con la normativa statale, rappresentata dal  decreto  legislativo  n.
152/2006, milita anche la sentenza della Corte costituzionale n.  187
del 15 giugno 2011 che ha dichiarato l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 42, commi 7 e 9, della legge regionale  Marche  n.  16/2010
nella parte in cui  il  legislatore  regionale  aveva  attribuito  ai
comuni   territorialmente   competenti    le    procedure    relative
all'affidamento del servizio di gestione dei rifiuti  prodotti  dalle
navi e dei residui del carico, sul  presupposto  che  in  materia  di
rifiuti, «laddove la legge dello Stato ... ha ...  individuato  nella
regione il soggetto pubblico cui tale funzione  e'  assegnata»,  alla
regione non  spetta  la  facolta'  di  «allocare,  con  un  suo  atto
legislativo,  la  funzione  amministrativa»  medesima  «presso  Pente
territoriale Comune» (in tal senso, quanto si legge  al  paragrafo  4
della pronuncia). 
    Il predetto principio e' stato riaffermato anche nella successiva
sentenza 27 giugno 2012, n.  159  che,  sempre  con  rifermento  alla
materia dei rifiuti, ha ritenuto «la inderogabilita' da  parte  della
legislazione regionale» della disciplina nazionale che ha  attribuito
alle  regioni  le  funzioni  relative  all'affidamento  del  relativo
servizio di gestione, «con conseguente illegittimita'  costituzionale
della norma legislativa che aveva  allocato  ad  un  diverso  livello
amministrativo la relativa funzione». 
    Appare,  pertanto,  acquisito   nell'orientamento   della   Corte
costituzionale il principio secondo il quale, nelle materie riservate
dalla Costituzione  alla  competenza  legislativa  dello  Stato,  una
discrasia  normativa  tra  la  norma  statale  (che   stabilisce   un
determinato assetto  di  attribuzione  delle  funzioni)  e  la  norma
regionale  (che  finisce  per  alterarne,  entro  il  proprio  ambito
territoriale, il riparto)  giustifica  di  per  se'  l'illegittimita'
costituzionale di quest'ultima per violazione dell'art. 117, comma  2
lettera s, che a livello costituzionale ne attribuisce la  disciplina
al legislatore nazionale. 
    9. Il Collegio rileva, infine,  che  altre  regioni  al  fine  di
adeguarsi all'orientamento espresso dalla Corte costituzionale  nelle
su citate pronunce hanno provveduto  a  ridefinire  il  quadro  delle
competenze  amministrative  in  materia  di  gestione   di   rifiuti,
riallocando in capo alla regione le funzioni  amministrative  che  lo
stato le ha attribuito senza possibilita' di delega. Al  riguardo  si
richiama  la  legge  regionale  della  Toscana  n.  61/2014  che   ha
provveduto a riattribuire alla regione le funzioni  delegate  con  la
legge  regionale  n.  25/1998  alle  province  e,   segnatamente   le
autorizzazioni per la realizzazione e l'esercizio degli  impianti  di
gestione dei rifiuti. 
    10.  Conclusivamente,  per  tutte  le  ragioni  esposte,   questo
Tribunale  ritiene  rilevante  e  non  manifestamente  infondata   la
questione attinente alla compatibilita'  con  l'art.  117,  comma  2,
lettera s), della Costituzione dell'art. 6, comma 2, lett. b)  e  c),
della  legge  regionale  del  Lazio  9  luglio  1998,  n.  27,   come
implicitamente convalidato dalla legge regionale del Lazio n. 23/2006
, nella parte in cui  dispone  che  «Sono  delegate  ai  comuni:  ...
l'approvazione dei progetti degli impianti per lo smaltimento  ed  il
recupero dei rifiuti provenienti dalla demolizione degli  autoveicoli
a motore e  rimorchi,  dalla  rottamazione  dei  macchinari  e  delle
apparecchiature deteriorati ed obsoleti e la relativa  autorizzazione
alla  realizzazione  degli  impianti,  nonche'   l'approvazione   dei
progetti di varianti sostanziali in corso di esercizio e la  relativa
autorizzazione alla realizzazione» e «l'autorizzazione  all'esercizio
delle attivita' di smaltimento e recupero dei  rifiuti  di  cui  alle
lettere a) e b)». 
    Conseguentemente, il Collegio dispone la sospensione del presente
giudizio  e  la  rimessione  della  predetta  questione  alla   Corte
costituzionale, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo  1953,  n.
87. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Il Tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Lazio  (sezione
seconda),  rimette  alla  Corte  costituzionale   la   questione   di
legittimita'  costituzionale  illustrata  in  motivazione,   relativa
all'art. 6, comma 2, lett. b) e e), della legge della Regione Lazio 9
luglio 1998, n. 27. 
    Dispone, conseguentemente, la sospensione del presente  giudizio,
con rinvio al definitivo per ogni ulteriore statuizione in rito,  nel
merito e sulle spese di lite, e l'immediata trasmissione  degli  atti
alla Corte costituzionale. 
    Manda alla segreteria della  sezione  tutti  gli  adempimenti  di
competenza e, in particolare, la notifica  della  presente  ordinanza
alle parti in causa, al Presidente del Consiglio dei  ministri  e  al
Presidente della Regione  Lazio,  nonche'  la  sua  comunicazione  ai
Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. 
    Cosi' deciso in Roma nelle  camere  di  consiglio  dei  giorni  6
maggio 2020, 25 maggio 2020, tenutesi in videoconferenza  da  remoto,
ai sensi  dell'art.  84,  comma  6,  del  decreto-legge  n.  18/2020,
convertito,  con  modificazioni,   dalla   legge   n.   27/2020   con
l'intervento dei magistrati: 
        Francesco Riccio, Presidente 
        Marina Perrelli, Consigliere, Estensore 
        Giovanna Vigliotti, Referendario 
 
                        Il Presidente: Riccio 
 
 
                                                L'estensore: Perrelli