N. 100 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 18 dicembre 2020
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 18 dicembre 2020 (della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia). Demanio e patrimonio dello Stato e delle Regioni - Demanio marittimo - Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell'economia introdotte con decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 - Concessioni del demanio marittimo, lacuale e fluviale - Prevista applicazione del termine di durata quindicennale alle concessioni lacuali e fluviali, ivi comprese quelle gestite dalle societa' sportive iscritte al registro Coni - Imposizione dello stesso termine alle concessioni per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto e ai rapporti aventi ad oggetto la gestione di strutture turistico-ricreative in aree ricadenti nel demanio marittimo. Bilancio e contabilita' pubblica - Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell'economia introdotte con decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 - Disposizioni per la determinazione dei canoni relativi a concessioni demaniali marittime - Modifica dell'art. 3 del decreto-legge n. 400 del 1993 - Prevista sostituzione, a decorrere dal 1° gennaio 2021, del criterio di determinazione dei suindicati canoni per pertinenze destinate ad attivita' commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi, con applicazione dell'importo previsto per l'area occupata con impianti di difficile rimozione. Bilancio e contabilita' pubblica - Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell'economia introdotte con decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 - Concessioni del demanio marittimo, lacuale e fluviale - Interventi sulle concessioni di beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale aventi ad oggetto la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto - Previsione che a tali concessioni, con effetto a decorrere dal 1° gennaio 2007, si applicano le misure dei canoni di cui al comma 1, lettera b), dell'art. 3 del decreto-legge n. 400 del 1993 - Compensazione, a decorrere dal 2021, delle somme per canoni pagate in eccedenza, rispetto a quelle dovute a decorrere dal 1° gennaio 2007, con quelle da versare allo stesso titolo, in base alla medesima disposizione, in rate annuali costanti per la residua durata della concessione - Determinazione del canone annuo dovuto per l'utilizzazione di aree e pertinenze demaniali marittime con qualunque finalita', di importo non inferiore a euro 2500 - Sospensione dei procedimenti amministrativi pendenti e inefficacia dei relativi provvedimenti gia' adottati oggetto di contenzioso, inerenti al pagamento dei canoni, concernenti le predette concessioni demaniali marittime. Bilancio e contabilita' pubblica - Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell'economia introdotte con decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 - Concessioni del demanio marittimo, lacuale e fluviale - Procedimenti giudiziari o amministrativi pendenti, concernenti il pagamento dei canoni relativi alle concessioni demaniali marittime per finalita' turistico-ricreative o relative alla nautica da diporto - Prevista definizione agevolata, previa domanda all'ente gestore e all'Agenzia del demanio da parte del concessionario, mediante versamento di un importo ridotto, in un'unica soluzione o a rate - Fissazione del termine entro il quale presentare la domanda per accedere alla definizione e di quello per versare l'intero importo dovuto, se in un'unica soluzione, o la prima rata, se rateizzato - Sospensione dei procedimenti giudiziari o amministrativi, ove sia stata presentata la domanda nel termine ivi previsto. Imposte e tasse - Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell'economia introdotte con decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 - Disciplina dei «marina resort» - Modifica all'art. 32 del decreto-legge n. 133 del 2014 - Previsione che per rilanciare le imprese della filiera nautica, a decorrere dal 1° gennaio 2016, le strutture organizzate per la sosta e il pernottamento di diportisti rientrano nelle strutture ricettive all'aria aperta. Demanio e patrimonio dello Stato e delle Regioni - Demanio marittimo - Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell'economia introdotte con decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 - Concessioni del demanio marittimo, lacuale e fluviale - Prevista rideterminazione unilaterale della durata delle concessioni dei beni del demanio regionale e della misura dei canoni delle concessioni dei beni del demanio idrico e marittimo. - Decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 (Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell'economia), convertito, con modificazioni, nella legge 13 ottobre 2020, n. 126, art. 100, commi 1, 2, 3, 4, 5, 7, 8, 9, 10 e 10-bis.(GU n.53 del 30-12-2020 )
Ricorso per la Regione autonoma del Friuli-Venezia Giulia, con sede in 34121 Trieste (TS), piazza Unita' d'Italia n. 1, cod. fisc. 80014930327, in persona del Presidente pro tempore dott. Massimiliano Fedriga, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al presente atto e in forza di delibera della giunta regionale 9 dicembre 2020, n. 1844, dagli avv.ti prof. Massimo Luciani del Foro di Roma (cod. fisc. LCNMSM52L23H501G; fax 06.90236028; posta elettronica certificata massimoluciani@ordineavvocatiroma.org), Ettore Volpe dell'Avvocatura regionale (cod. fisc. VLPTTR57E11L050S; fax 040.3772929; posta elettronica certificata ettore.volpe@certregione.fvg.it) e Beatrice Croppo dell'Avvocatura regionale (cod. fisc. CRPBRC62L47C758R; fax 040.3772906; posta elettronica certificata beatrice.croppo@certregione.fvg.it), con domicilio eletto presso lo studio del primo in 00153 Roma, Lungotevere Raffaello Sanzio n. 9; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, nella cui sede in 00186 Roma - via dei Portoghesi n. 12 - e' domiciliato ex lege, per la dichiarazione d'illegittimita' costituzionale dell'art. 100, commi 1, 2, 3, 4, 5, 7, 8, 9, 10 e 10-bis del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, recante «Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell'economia». Fatto 1. Con decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 14 agosto 2020, n. 203), convertito, con modificazioni, in legge 13 ottobre 2020, n. 126 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 13 ottobre 2020, n. 253), sono state adottate «Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell'economia». L'art. 100 di tale decreto-legge, rubricato «Concessioni del demanio marittimo, lacuale e fluviale», cosi' come parzialmente modificato dalla successiva legge di conversione, per quanto qui interessa, prevede che: «Le disposizioni di cui all'art. 1, commi 682 e 683, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, si applicano anche alle concessioni lacuali e fluviali, ivi comprese quelle gestite dalle societa' sportive iscritte al registro Coni di cui al decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, nonche' alle concessioni per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, inclusi i punti d'ormeggio, nonche' ai rapporti aventi ad oggetto la gestione di strutture turistico-ricreative in aree ricadenti nel demanio marittimo per effetto di provvedimenti successivi all'inizio dell'utilizzazione» (comma 1); «All'art. 3 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, con effetto dal 1° gennaio 2021 il comma 1, lettera b), punto 2.1) e' sostituito dal seguente: "2.1) per le pertinenze destinate ad attivita' commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi, il canone e' determinato ai sensi del punto 1.3)". Fermo restando quanto previsto al successivo comma 4, sono comunque fatti salvi i pagamenti gia' eseguiti alla data di entrata in vigore delle presenti disposizioni» (comma 2); «Alle concessioni dei beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale aventi ad oggetto la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto si applicano, con effetto a decorrere dal 1° gennaio 2007, le misure dei canoni di cui al comma 1, lettera b), dell'art. 3 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, come modificato dal comma 2 del presente articolo, con riferimento alle caratteristiche dei beni oggetto di concessione, quali erano all'avvio del rapporto concessorio, nonche' delle modifiche successivamente intervenute a cura e spese dell'amministrazione concedente. Le somme per canoni relative a concessioni demaniali marittime di cui al primo periodo, versate in eccedenza rispetto a quelle dovute a decorrere dal 1° gennaio 2007, sono compensate - a decorrere dal 2021 - con quelle da versare allo stesso titolo, in base alla medesima disposizione, in rate annuali costanti per la residua durata della concessione. Gli enti gestori provvedono al ricalcolo delle somme dovute dai concessionari con applicazione dei citati criteri dal 1° gennaio 2007 fino al 31 dicembre 2019, effettuando i relativi conguagli, con applicazione delle modalita' di compensazione di cui al secondo periodo» (comma 3); «Dal 1° gennaio 2021 l'importo annuo del canone dovuto quale corrispettivo dell'utilizzazione di aree e pertinenze demaniali marittime con qualunque finalita' non puo', comunque, essere inferiore a euro 2.500» (comma 4); «Nelle more della revisione e dell'aggiornamento dei canoni demaniali marittimi ai sensi dell'art. 1, comma 677, lettera e) della legge 30 dicembre 2018, n. 145, sono sospesi fino al 15 dicembre 2020 i procedimenti amministrativi pendenti alla data di entrata in vigore dal presente decreto e sono inefficaci i relativi provvedimenti gia' adottati oggetto di contenzioso, inerenti al pagamento dei canoni, compresi i procedimenti e i provvedimenti di riscossione coattiva, nonche' di sospensione, revoca o decadenza della concessione per mancato versamento del canone, concernenti: a) le concessioni demaniali marittime per finalita' turistico-ricreative, con esclusivo riferimento a quelle inerenti alla conduzione delle pertinenze demaniali, laddove i procedimenti o i provvedimenti siano connessi all'applicazione dei criteri per il calcolo dei canoni di cui all'art. 3, comma 1, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, ivi compresi i procedimenti di cui all'art. 1, comma 484, della legge 28 dicembre 2015, n. 208; b) le concessioni demaniali marittime per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto» (comma 5); «Al fine di ridurre il contenzioso relativo alle concessioni demaniali marittime per finalita' turistico-ricreative e per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, derivante dall'applicazione dei criteri per il calcolo dei canoni ai sensi dell'art. 3, comma 1, lettera b), numero 2.1), del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, nel testo vigente fino alla data di entrata in vigore del presente decreto, i procedimenti giudiziari o amministrativi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, concernenti il pagamento dei relativi canoni, possono essere definiti, previa domanda all'ente gestore e all'Agenzia del demanio da parte del concessionario, mediante versamento: a) in un'unica soluzione, di un importo, pari al 30 per cento delle somme richieste dedotte le somme eventualmente gia' versate a tale titolo; b) rateizzato fino a un massimo di sei annualita', di un importo pari al 60 per cento delle somme richieste dedotte le somme eventualmente gia' versate a tale titolo» (comma 7); «La domanda per accedere alla definizione di cui al comma 7 e' presentata entro il 15 dicembre 2020 ed entro il 30 settembre 2021 sono versati l'intero importo dovuto, se in un'unica soluzione, o la prima rata, se rateizzato» (comma 8); «La liquidazione e il pagamento nei termini assegnati degli importi di cui alle lettere a) e b) del comma 7 costituisce a ogni effetto rideterminazione dei canoni dovuti per le annualita' considerate» (comma 9); «La presentazione della domanda nel termine di cui al comma 8 sospende i procedimenti giudiziari o amministrativi di cui al comma 7, compresi quelli di riscossione coattiva nonche' i procedimenti di decadenza della concessione demaniale marittima per mancato pagamento del canone. La definizione dei procedimenti amministrativi o giudiziari si realizza con il pagamento dell'intero importo dovuto, se in un'unica soluzione, o dell'ultima rata, se rateizzato. Il mancato pagamento di una rata entro sessanta giorni dalla relativa scadenza comporta la decadenza dal beneficio» (comma 10); «All'art. 32, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, la parola: "turisti" e' sostituita dalla seguente: "diportisti" e sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: ", con esclusione dei servizi resi nell'ambito di contratti annuali o pluriennali per lo stazionamento"» (comma 10-bis). In breve, le disposizioni di cui e' causa hanno modificato per vari profili la disciplina delle concessioni del demanio marittimo, lacuale e fluviale, con riferimento sia alla durata che alla determinazione del canone e al contenzioso in atto. 2. La legge di conversione 13 ottobre 2020, n. 126, ha introdotto nel decreto-legge n. 104 del 2020 l'art. 113-bis, a tenor del quale «Le disposizioni del presente decreto sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3», senza ulteriori specificazioni. L'art. 100, commi 1, 2, 3, 4, 5, 7, 8, 9, 10 e 10-bis del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 14 agosto 2020, n. 203), convertito, con modificazioni, in legge 13 ottobre 2020, n. 126 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 13 ottobre 2020, n. 253), e' lesivo degli interessi e delle attribuzioni costituzionali della Regione del Friuli-Venezia Giulia, che ne chiede la declaratoria d'illegittimita' costituzionale per i seguenti motivi di Diritto Premessa. Come accennato in narrativa, l'art. 100 del decreto-legge n. 104 del 2020 ha modificato per profili diversi la disciplina delle concessioni del demanio marittimo, lacuale e fluviale, invadendo le prerogative della Regione Friuli-Venezia Giulia (hinc inde: anche Regione o Regione FVG). Preliminarmente si dara' conto dell'ammissibilita' del ricorso nonostante l'introduzione nel decreto-legge n. 104 del 2020 dell'art. 113-bis (par. 1). Successivamente (par. 2), prima di illustrare i singoli motivi di censura, si descriveranno le plurime attribuzioni conferite alla Regione Friuli-Venezia Giulia che intersecano a vario titolo la complessa disciplina introdotta dall'art. 100 del decreto-legge n. 104 del 2020. Nei singoli motivi di ricorso (parr. 3 sgg.), poi, si indicheranno partitamente le specifiche censure. 1. Preliminarmente, deve qui osservarsi che ai fini dell'ammissibilita' del presente ricorso non rileva l'inserimento nel decreto-legge, a opera della legge di conversione n. 126 del 2020, dell'art. 113-bis, il quale stabilisce genericamente che «Le disposizioni del presente decreto sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3». Si tratta, come recita la rubrica dello stesso articolo, di una pretesa «clausola di salvaguardia» in favore delle autonomie speciali. Tali clausole sono ormai da anni contenute nelle leggi dello Stato e - pur nelle diverse formule in cui esse sono declinate - dovrebbero adeguare la disciplina statale a quanto previsto dagli statuti di autonomia speciale e dalle relative norme di attuazione. In ordine alla valenza di dette clausole codesta ecc.ma Corte, tuttavia, ha avuto modo di chiarire che «L'eccessiva vaghezza della loro formulazione, aggravata dalla complessa struttura delle leggi finanziarie, frutto della prassi invalsa negli ultimi anni, non puo' valere ad escludere le autonomie speciali dall'applicazione delle norme contenute nelle suddette leggi» (sentenza n. 105 del 2007 e, precedentemente, sentenze numeri 88, 118, 134 del 2006). Orbene, la formulazione dell'art. 113-bis del decreto-legge n. 104 del 2020 e' senza alcun dubbio estremamente generica. In esso, infatti, non vi e' alcun riferimento alle singole disposizioni del decreto-legge che si applicano alle regioni ad autonomia speciale e a quelle che non si applicano: per quel che qui specificamente interessa, l'articolo in questione avrebbe dovuto esplicitamente disporre l'esclusione dell'applicabilita' dell'art. 100 alla Regione FVG. Di conseguenza, la genericita' della disposizione in parola impone alla Regione Friuli-Venezia Giulia di proporre il presente ricorso a tutela delle sue attribuzioni, e - a piu' forte ragione - non e' d'ostacolo all'ammissibilita' del gravame. 2. Come accennato in premessa, si da' ora conto delle diverse competenze della Regione FVG nella materia incisa dalle disposizioni impugnate. 2.1. L'art. 4 dello statuto della regione stabilisce che «In armonia con la Costituzione, con i principi generali dell'ordinamento giuridico della Repubblica, con le norme fondamentali delle riforme economico-sociali e con gli obblighi internazionali dello Stato, nonche' nel rispetto degli interessi nazionali e di quelli delle altre regioni, la regione ha potesta' legislativa nelle seguenti materie: 1) ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla regione e stato giuridico ed economico del personale ad essi addetto; [...] 2) agricoltura e foreste, bonifiche, ordinamento delle minime unita' culturali e ricomposizione fondiaria, irrigazione, opere di miglioramento agrario e fondiario, zootecnia, ittica, economia montana, corpo forestale; 3) caccia e pesca; [...] 6) industria e commercio; 7) artigianato; 8) mercati e fiere; 9) viabilita', acquedotti e lavori pubblici di interesse locale e regionale; 10) turismo e industria alberghiera; [...] 13) acque minerali e termali; 14) istituzioni culturali, ricreative e sportive; musei e biblioteche di interesse locale e regionale». L'art. 48 dello statuto stabilisce che «La regione ha una propria finanza, coordinata con quella dello Stato, in armonia con i principi della solidarieta' nazionale, nei modi stabiliti dagli articoli seguenti». L'art. 6, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1987, n. 469, recante «Norme integrative di attuazione dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia», dispone, al comma 1, che «La definizione delle funzioni amministrative, come enunciata nel decreto del Presidente della Repubblica n. 616 per ciascuna materia in esso considerata, si intende riferita anche alle funzioni amministrative riguardanti le corrispondenti materie elencate negli articoli 4 e 5 dello statuto speciale» e, al comma 3, che «Fra le funzioni amministrative trasferite alla Regione Fr.-V.G. con i precedenti decreti di attuazione statutaria si intendono comprese, per ciascuna materia, tutte quelle rientranti nella definizione datane per le regioni ordinarie dal decreto del Presidente della Repubblica n. 616». Il successivo art. 7, comma 1, del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 469 del 1987 stabilisce che «Fermo restando quanto previsto nel comma 3 dell'art. 6, sono attribuite alla Regione Fr.-V.G., in aggiunta alle funzioni amministrative che gia' le competono, ogni altra funzione amministrativa che, dismessa dallo Stato per effetto del decreto del Presidente della Repubblica n. 616 nel territorio delle regioni ordinarie, sia ancora di competenza statale nel Friuli-Venezia Giulia, nonche' ogni altra funzione amministrativa che dallo stesso decreto del Presidente della Repubblica n. 616 o da altro provvedimento legislativo sia stata comunque conferita alle regioni ordinarie e non sia stata ancora estesa alla regione Fr.-V.G.». L'art. 59, comma 1, del richiamato decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, dispone che «Sono delegate alle regioni le funzioni amministrative sul litorale marittimo, sulle aree demaniali immediatamente prospicienti, sulle aree del demanio lacuale e fluviale, quando la utilizzazione prevista abbia finalita' turistiche e ricreative. Sono escluse dalla delega le funzioni esercitate dagli organi dello Stato in materia di navigazione marittima, di sicurezza nazionale e di polizia doganale». 2.2. Quanto al demanio idrico e alla laguna di Marano-Grado, nonche' alla disciplina delle relative concessioni, l'art. 1 del decreto legislativo 25 maggio 2001, n. 265 («Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia per il trasferimento di beni del demanio idrico e marittimo, nonche' di funzioni in materia di risorse idriche e di difesa del suolo») dispone che: «1. Sono trasferiti alla Regione Friuli-Venezia Giulia, di seguito denominata regione, tutti i beni dello Stato appartenenti al demanio idrico, comprese le acque pubbliche, gli alvei e le pertinenze, i laghi e le opere idrauliche, situati nel territorio regionale. 2. Sono trasferiti alla regione tutti i beni dello Stato e relative pertinenze, di cui all'art. 30, comma 2, della legge 5 marzo 1963, n. 366, situati nella laguna di Marano-Grado. 3. La regione esercita tutte le attribuzioni inerenti alla titolarita' dei beni trasferiti ai sensi dei commi 1 e 2». 2.3. Con riferimento alle concessioni dei beni del demanio marittimo di titolarita' statale situati nel territorio della regione, il decreto legislativo 1° aprile 2004, n. 111 («Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia concernenti il trasferimento di funzioni in materia di viabilita' e trasporti»), all'art. 9, comma 2, dispone che «Sono trasferite alla regione, in base agli articoli 4, 5 e 8 dello statuto, tutte le funzioni amministrative, salvo quelle espressamente mantenute allo Stato dall'art. 11, in materia di trasporto merci, motorizzazione e circolazione su strada, navigazione interna e porti regionali, comprese le funzioni relative alle concessioni dei beni del demanio della navigazione interna, del demanio marittimo, di zone del mare territoriale per finalita' diverse da quelle di approvvigionamento energetico». Il successivo comma 5 del medesimo articolo stabilisce che «I proventi e le spese derivanti dalla gestione del demanio marittimo e della navigazione interna, per la parte non gia' trasferita con il decreto legislativo 25 maggio 2001, n. 265, [...] spettano alla regione dalla data di decorrenza dell'efficacia del presente decreto». 2.4. In armonia con tali disposizioni, la Regione Friuli-Venezia Giulia ha disciplinato le materie di propria competenza, definendo anche il canone e la durata delle concessioni del demanio idrico e marittimo. 2.4.1. In particolare, la legge regionale n. 31 del 2005, recante «Disposizioni in materia di pesca e acquacoltura», stabilisce che «La regione esercita i seguenti compiti e funzioni: [...] e) concessione di beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale ai sensi dell'art. 9, comma 2, del decreto legislativo 1° aprile 2004, n. 111 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia concernenti il trasferimento di funzioni in materia di viabilita' e trasporti), per finalita' di pesca e acquacoltura» (art. 2, comma 1). 2.4.2. Successivamente, con la legge regionale n. 22 del 2006, recante «Norme in materia di demanio marittimo con finalita' turistico-ricreativa e modifica alla legge regionale n. 16/2002 in materia di difesa del suolo e di demanio idrico», la regione e' intervenuta a disciplinare l'esercizio delle funzioni amministrative in materia di beni appartenenti al demanio marittimo di titolarita' statale. L'art. 1, comma 1, dispone che «La presente legge disciplina l'esercizio delle funzioni amministrative in materia di beni appartenenti al demanio marittimo avente finalita' turistico-ricreativa, diporto nautico, cantieristica e usi diversi rispetto a quelli precedenti, trasferite dallo Stato alla Regione Friuli-Venezia Giulia in attuazione del decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1987, n. 469 (Norme integrative di attuazione dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), e del decreto legislativo 1° aprile 2004, n. 111 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia concernenti il trasferimento di funzioni in materia di viabilita' e trasporti), nel rispetto dei principi di adeguatezza e sussidiarieta', in relazione all'attribuzione delle funzioni, nonche' dei principi di trasparenza, non discriminazione, pubblicita' e concorrenza con riferimento alle procedure di concessione». In conformita' alle disposizioni del decreto-legge n. 400 del 1993, detta legge ha introdotto il Piano di utilizzazione del demanio marittimo, relativo al rilascio, al rinnovo e alla durata delle concessioni da parte della regione, da predisporre in collaborazione con lo Stato, le amministrazioni e gli enti locali (art. 2, comma 3, lettera d)). L'art. 5 della medesima legge regionale, rubricato «Competenze della regione», dispone che: «1. La regione esercita le funzioni relative alla: a) pianificazione di settore; b) attivita' di indirizzo; c) classificazione dei beni del demanio marittimo in base alla valenza turistica. 2. In particolare la regione provvede: a) alla redazione e approvazione del Piano di utilizzazione; b) al rilascio di concessioni di durata superiore ai quindici anni; c) alla classificazione delle aree demaniali marittime, delle pertinenze e degli specchi acquei in base alla valenza turistica; d) all'organizzazione e aggiornamento del Ca.R.D. e alla sua integrazione con il Sistema informativo territoriale regionale (S.I.Te.R.)». L'art. 13-quater della legge regionale n. 22 del 2006, introdotto con la legge regionale n. 10 del 2017, stabilisce che «Le concessioni e le autorizzazioni relative all'utilizzo dei beni del demanio marittimo statale di cui all'art. 1 sono soggette all'applicazione di un canone determinato con legge regionale, i cui valori vengono aggiornati annualmente, in base all'indice ISTAT, sia in aumento che in diminuzione, con decreto del Presidente della regione, previa deliberazione della giunta regionale». 2.4.3. La legge regionale n. 10 del 2017 ha disciplinato la durata delle concessioni, disponendo che: «La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, in attuazione dell'art. 4, primo comma, n. 10), dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia, approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), del decreto legislativo 25 maggio 2001, n. 265 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia per il trasferimento di beni del demanio idrico e marittimo, nonche' di funzioni in materia di risorse idriche e di difesa del suolo), del decreto legislativo 1° aprile 2004, n. 111 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia concernenti il trasferimento di funzioni in materia di viabilita' e trasporti), e in armonia con la normativa comunitaria e statale vigente, detta disposizioni relative ai beni del demanio marittimo regionale e statale nell'ambito della laguna di Marano-Grado e ai beni del demanio stradale regionale [...]» (art. 1, comma 1); «La durata delle concessioni per finalita' produttive, commerciali, industriali, ivi comprese le attivita' di cantieristica navale e per la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto, e' determinata in base al piano economico-finanziario di cui al comma 4 presentato dal richiedente, e non puo' comunque avere durata superiore a cinquanta anni» (art. 9, comma 4). 2.4.4. Da ultimo, e' stata recentemente approvata la legge regionale 18 maggio 2020, n. 8. L'art. 2 (recante «Modifica della durata delle concessioni del demanio marittimo») dispone che «Attesa anche l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e al fine di garantire certezza alle situazioni giuridiche e assicurare l'interesse pubblico all'ordinata gestione del demanio senza soluzione di continuita', in conformita' alle previsioni dei commi 682 e 683 dell'art. 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021), e nel rispetto dei principi di imparzialita', trasparenza e pubblicita', la validita' delle concessioni con finalita' turistico-ricreativa e sportiva, diportistica e attivita' cantieristiche connesse, nonche' con finalita' di acquacoltura sia in mare che in laguna, disciplinate dalla legge regionale 13 novembre 2006, n. 22 (Norme in materia di demanio marittimo con finalita' turistico-ricreativa e modifica alla legge regionale n. 16/2002 in materia di difesa del suolo e di demanio idrico), dalla legge regionale 21 aprile 2017, n. 10 (Disposizioni in materia di demanio marittimo regionale, demanio ferroviario e demanio stradale regionale, nonche' modifiche alla legge regionale n. 17/2009, alla legge regionale n. 28/2002 e alla legge regionale n. 22/2006) e dalla legge regionale 16 dicembre 2005, n. 31 (Disposizioni in materia di pesca e acquacoltura), e successive modifiche e integrazioni, in essere alla data del 31 dicembre 2018, con scadenza antecedente al 2033, e' estesa fino alla data del 31 dicembre 2033 a domanda dei concessionari. La durata degli atti concessori e' prorogata fino al termine del procedimento di cui al comma 1 e, comunque, per un periodo massimo di un anno decorrente dalla data di entrata in vigore della presente legge». 2.4.5. Giova notare che, tranne la legge regionale n. 10 del 2017 e la legge regionale n. 8 del 2020, nessuna delle leggi regionali sopra richiamate e' mai stata oggetto di alcuna censura da parte del Presidente del Consiglio dei ministri. Quanto alla legge regionale n. 10 del 2017, essa e' stata scrutinata da codesta ecc.ma Corte con sentenza n. 109 del 2018, che ha dichiarato, da un lato, l'inammissibilita' e l'infondatezza di molte questioni di legittimita' costituzionale sollevate con il ricorso e, dall'altro, l'incostituzionalita' del solo art. 9, comma 3. In quell'occasione, codesta ecc.ma Corte ha affermato che «la disciplina delle funzioni amministrative in materia di demanio marittimo e di demanio idrico, trasferite alla regione resistente, quanto al demanio marittimo, in attuazione dell'art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1987, n. 469 (Norme integrative di attuazione dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia); quanto ai beni ricompresi nella laguna di Marano-Grado, in forza degli articoli 1, comma 2, e 2, comma 3, del decreto legislativo 25 maggio 2001, n. 265 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia per il trasferimento di beni del demanio idrico e marittimo, nonche' di funzioni in materia di risorse idriche e di difesa del suolo); infine, quanto al demanio idrico, in virtu' dell'art. 2 del citato decreto legislativo n. 265 del 2001, [...] nella comune opinione delle stesse parti in giudizio, intersecano anche competenze primarie ascritte alla regione resistente in ragione di quanto previsto dall'art. 4, n. 10), dello statuto (in materia di turismo e industria alberghiera), espressamente richiamato dall'art. 1 della legge impugnata. Non sono poi estranee anche alla competenza, sempre primaria, prevista in materia di commercio (art. 4, n. 6 dello statuto), peraltro richiamata dallo stesso ricorrente». Quanto all'art. 2 della legge regionale n. 8 del 2020, il relativo ricorso e' pendente innanzi codesta ecc.ma Corte (R. ric. n. 61 del 2020). 2.5. Come emerge dal quadro normativo ora esposto, e' bene segnalare gia' in via preliminare come non sia applicabile alle disposizioni impugnate la nota giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte in materia di concorrenza, la quale espressamente afferma che la competenza primaria regionale puo' «cedere il passo alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di concorrenza soltanto quando "l'oggetto della regolazione finisca per influire sulle modalita' di scelta del contraente, ove si incida sull'assetto concorrenziale dei mercati in termini tali da restringere il libero esplicarsi delle iniziative imprenditoriali" (sentenza n. 221 del 2018)» (sentenza n. 161 del 2020). Nel caso di specie, com'e' evidente, l'intervento legislativo statale manca radicalmente dei requisiti necessari a qualificarlo quale misura a tutela dell'assetto concorrenziale del mercato: le norme impugnate, infatti, non incidono in alcun modo sulle «modalita' di scelta del contraente», ne' sui principi di «trasparenza, pubblicita' e imparzialita'». Con esse, pertanto, - come, si confida, si dimostrera' - lo Stato ha invaso le competenze statutarie della regione senza poter pretendere di aver inteso agire nell'esercizio di una sua competenza esclusiva. L'incostituzionalita' delle disposizioni impugnate, pertanto, risulta sia «in positivo» che «in negativo». 3. Illegittimita' costituzionale dell'art. 100, comma 1, del decreto-legge n. 104 del 2020. Violazione degli articoli 117, commi 3 e 4. Violazione dell'art. 4 dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, anche in riferimento al decreto del Presidente della Repubblica n. 469 del 1987, al decreto legislativo n. 265 del 2001 e al decreto legislativo n. 111 del 2004. 3.1. Il comma 1 dell'art. 100 stabilisce che «Le disposizioni di cui all'art. 1, commi 682 e 683, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, si applicano anche alle concessioni lacuali e fluviali, ivi comprese quelle gestite dalle societa' sportive iscritte al registro Coni di cui al decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, nonche' alle concessioni per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, inclusi i punti d'ormeggio, nonche' ai rapporti aventi ad oggetto la gestione di strutture turistico-ricreative in aree ricadenti nel demanio marittimo per effetto di provvedimenti successivi all'inizio dell'utilizzazione». Il richiamato art. 1 della legge n. 145 del 2018 dispone, al comma 682, che «Le concessioni disciplinate dal comma 1 dell'art. 1 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge hanno una durata, con decorrenza dalla data di entrata in vigore della presente legge, di anni quindici. Al termine del predetto periodo, le disposizioni adottate con il decreto di cui al comma 677, rappresentano lo strumento per individuare le migliori procedure da adottare per ogni singola gestione del bene demaniale» e, al comma 683, che «Al fine di garantire la tutela e la custodia delle coste italiane affidate in concessione, quali risorse turistiche fondamentali del Paese, e tutelare l'occupazione e il reddito delle imprese in grave crisi per i danni subiti dai cambiamenti climatici e dai conseguenti eventi calamitosi straordinari, le concessioni di cui al comma 682, vigenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194 (269), convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, nonche' quelle rilasciate successivamente a tale data a seguito di una procedura amministrativa attivata anteriormente al 31 dicembre 2009 e per le quali il rilascio e' avvenuto nel rispetto dell'art. 18 del decreto del Presidente della Repubblica 15 febbraio 1952, n. 328, o il rinnovo e' avvenuto nel rispetto dell'art. 2 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, hanno una durata, con decorrenza dalla data di entrata in vigore della presente legge, di anni quindici. Al termine del predetto periodo, le disposizioni adottate con il decreto di cui al comma 677 rappresentano lo strumento per individuare le migliori procedure da adottare per ogni singola gestione del bene demaniale». In sintesi, si dispone l'applicazione del termine di durata quindicennale: i) alle concessioni lacuali e fluviali, ivi comprese quelle gestite dalle societa' sportive iscritte al CONI; ii) alle concessioni per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto nonche' ai rapporti aventi a oggetto la gestione di strutture turistico-ricreative in aree ricadenti nel demanio marittimo. 3.2. Quanto alle concessioni lacuali e fluviali, la disposizione in parola e' illegittima perche' lede le competenze statutarie della regione intervenendo sulla durata delle concessioni di beni demaniali in titolarita' della regione. Come abbiamo gia' visto, invero, i beni del demanio idrico sono di titolarita' della Regione Friuli-Venezia Giulia, in forza di quanto disposto dall'art. 1, comma 1, del decreto legislativo 25 maggio 2001, n. 265, gia' riportato (par. 2.2). Il tenore ampio della locuzione «tutte le attribuzioni» di cui al successivo comma 3 del medesimo articolo fa si' che debba esservi ricompreso anche il potere di determinare la misura dei canoni relativi alle concessioni dei beni demaniali situati nella porzione di territorio di riferimento. E' la stessa norma di attuazione dello statuto, dunque, che assegna alla regione la competenza a disciplinare anche la durata delle concessioni ricadenti nelle aree delle quali e' stata trasferita la titolarita'. A cio' si aggiunga che vi e' una corrispondenza biunivoca tra potesta' legislativa esclusiva e titolarita' del bene, come affermato anche da codesta ecc.ma Corte costituzionale (da ultimo sentenza n. 94 del 2019). 3.3. Con riferimento alle concessioni per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto nonche' ai rapporti aventi a oggetto la gestione di strutture turistico-ricreative in aree ricadenti nel demanio marittimo, deve farsi una distinzione. 3.3.1. Quanto alle concessioni di beni del demanio marittimo situati nella laguna di Marano-Grado valgono le medesime osservazioni appena proposte (par. 3.2). L'art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 265 del 2001, infatti, ha stabilito che i beni del demanio marittimo ivi situati sono di titolarita' della Regione Friuli-Venezia Giulia. Anche in questo caso, dunque, la legge statale illegittimamente pretende di disciplinare concessioni ricadenti nel demanio regionale. 3.3.2. Quanto alle concessioni di beni del demanio marittimo statale, valga quanto segue. 3.3.2.1. Anzitutto, la legge statale impugnata disciplina alcune particolari tipologie di concessioni: i) quelle «per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto»; ii) quelle «aventi ad oggetto la gestione di strutture turistico-ricreative». Ebbene: entrambe le materie rientrano certamente nella competenza della Regione FVG. Come abbiamo gia' visto (par. 2.1), invero, l'art. 4 dello statuto speciale di autonomia (legge costituzionale n. 3 del 1963), che elenca le materie di competenza regionale primaria, stabilisce che «la regione ha potesta' legislativa nelle seguenti materie: [...] 2) [...] ittica [...]; 3) [...] pesca; [...]; 10) turismo [...]». L'art. 6, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1987, n. 469, gia' riportato supra (par. 2.1), dispone che «La definizione delle funzioni amministrative, come enunciata nel decreto del Presidente della Repubblica n. 616 per ciascuna materia in esso considerata, si intende riferita anche alle funzioni amministrative riguardanti le corrispondenti materie elencate negli articoli 4 e 5 dello statuto speciale». Trattandosi di materia assegnata alla legge regionale in via esclusiva, la legge statale non poteva disciplinarla in violazione dello statuto FVG e delle sue norme di attuazione. A cio' si aggiunga che la Regione FVG ha gia' disciplinato proprio questo ambito materiale. Come abbiamo gia' visto (par. 2.4.4), infatti, l'art. 2 della legge regionale n. 8 del 2020 ha stabilito il rinnovo su domanda, tra l'altro, delle concessioni «con finalita' turistico-ricreativa e sportiva, diportistica e attivita' cantieristiche connesse». 3.3.2.2. A cio' si aggiunga che ancora recentemente la giurisprudenza costituzionale ha ribadito che «Secondo il consolidato orientamento di questa Corte (ex plurimis, sentenze n. 86 del 2019, n. 118 del 2018, n. 157 del 2017), la disciplina concernente il rilascio di concessioni su beni demaniali marittimi investe diversi ambiti materiali, attribuiti alla competenza sia statale, sia regionale» (sentenza n. 161 del 2020). Codesta ecc.ma Corte pur avendo «costantemente affermato che i criteri e le modalita' di affidamento delle concessioni sui beni del demanio marittimo devono, comunque, essere stabiliti nel rispetto dei principi della libera concorrenza e della liberta' di stabilimento previsti dalla normativa dell'Unione europea e nazionale, e corrispondenti ad ambiti riservati alla competenza esclusiva statale dall'art. 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione (sentenze n. 118 e n. 109 del 2018, n. 157 e n. 40 del 2017, n. 171 del 2013 e n. 213 del 2011); in siffatta competenza esclusiva, le pur concorrenti competenze regionali trovano cosi' "un limite insuperabile" (fra le altre, sentenza n. 109 del 2018)», ha precisato, come gia' si e' anticipato in premessa, che «Detto limite tuttavia non e' destinato ad operare con assolutezza: il riferimento alla tutela della concorrenza non puo' ritenersi cosi' pervasivo da impedire alle regioni, in materia, ogni spazio di intervento espressivo di una correlata competenza; tale ultima, infatti, e' destinata a cedere il passo alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di concorrenza soltanto quando "l'oggetto della regolazione finisca per influire sulle modalita' di scelta del contraente, ove si incida sull'assetto concorrenziale dei mercati in termini tali da restringere il libero esplicarsi delle iniziative imprenditoriali" (sentenza n. 221 del 2018)». E' evidente che nel caso de quo, la riserva di competenza allo Stato non puo' operare, non venendo in considerazione le modalita' di scelta di un contraente. Conseguentemente, la materia gia' «occupata» dalla legge regionale n. 8 del 2020, non poteva essere impunemente attratta nella sfera competenziale statale, in violazione dei gia' invocati parametri, che confidano alla regione la materia de qua. 4. Illegittimita' costituzionale dell'art. 100, comma 2, del decreto-legge n. 104 del 2020. Violazione degli articoli 3, 81, 117, commi 3 e 4, e 119 della Costituzione. Violazione degli articoli 4 e 48 dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, anche in riferimento al decreto del Presidente della Repubblica n. 469 del 1987, al decreto legislativo n. 265 del 2001 e al decreto legislativo n. 111 del 2004. Il comma 2 dell'art. 100 del decreto-legge n. 104 del 2020 stabilisce che «All'art. 3 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, con effetto dal 1° gennaio 2021 il comma 1, lettera b), punto 2.1) e' sostituito dal seguente: "2.1) per le pertinenze destinate ad attivita' commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi, il canone e' determinato ai sensi del punto 1.3)". Fermo restando quanto previsto al successivo comma 4, sono comunque fatti salvi i pagamenti gia' eseguiti alla data di entrata in vigore delle presenti disposizioni». In sintesi, intervenendo sul previgente testo dell'art. 3 del decreto-legge n. 400 del 1993, il comma 2 sostituisce, con effetto dal 1° gennaio 2021, il criterio di quantificazione dei canoni di concessioni di beni del demanio marittimo per pertinenze destinate ad attivita' commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi, applicando il criterio tabellare gia' utilizzato per le opere di difficile rimozione. 4.1. Anzitutto, la suddetta previsione si pone in contrasto con l'art. 4 dello statuto regionale e con le relative norme di attuazione, in particolare con il decreto del Presidente della Repubblica n. 469 del 1987 (v. par. 2.1). Come si e' visto (par. 2.1), l'art. 4 dello statuto stabilisce che la Regione FVG ha potesta' legislativa, tra l'altro, nelle seguenti materie: industria e commercio; turismo e industria alberghiera; istituzioni ricreative e sportive. Ebbene: e' evidente che le tipologie di concessioni di cui al comma 2 dell'articolo impugnato rientrano senza dubbio nella competenza legislativa esclusiva della regione ricorrente. Ne' possono richiamarsi competenze esclusive o trasversali dello Stato che possano giustificare la disciplina statale a danno delle competenze regionali. Valgono a tal proposito le affermazioni della sentenza n. 161 del 2020 di codesta ecc.ma Corte e le relative osservazioni gia' svolte in premessa e al par. 3.3.2.2. Anche in questo caso, da un lato, vi e' la «correlata competenza» stabilita espressamente dallo statuto di speciale autonomia; dall'altro, la legge impugnata non incide in alcun modo sulle «modalita' di scelta del contraente», ne' sui principi di «trasparenza, pubblicita' e imparzialita'». Come e' agevole constatare, l'intervento statale, che aveva come obiettivo quello di agevolare economicamente i cittadini e le imprese, anche in considerazione degli effetti negativi della pandemia, non ha alcuna finalita' pro-concorrenziale, ne' e' riconducibile all'esercizio di altre competenze statali, esclusive o non. 4.2. In secondo luogo, come si e' gia' visto (par. 2.3) l'art. 9, comma 5, del decreto legislativo n. 111 del 2004 dispone che «I proventi e le spese derivanti dalla gestione del demanio marittimo e della navigazione interna, per la parte non gia' trasferita con il decreto legislativo 25 maggio 2001, n. 265, nonche' dall'esercizio delle funzioni in materia di motorizzazione e circolazione su strada, spettano alla regione dalla data di decorrenza dell'efficacia del presente decreto». Tale previsione da' attuazione, da un lato, all'art. 119 della Costituzione, a tenor del quale le regioni «hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa», e, dall'altro, all'art. 48 dello statuto speciale, il quale dispone che «La regione ha una propria finanza, coordinata con quella dello Stato, in armonia con i principi della solidarieta' nazionale, nei modi stabiliti dagli articoli seguenti». Ne' puo' dimenticarsi che l'art. 81 della Costituzione, imponendo il principio dell'equilibrio del bilancio, non consente allo Stato di alterare quello regionale a proprio capriccio, in difetto d'ogni ragionevole considerazione delle necessita' connesse a detto equilibrio (con conseguente violazione anche dell'art. 3 della Costituzione). La Regione Friuli-Venezia Giulia, dunque, riscuote in via diretta i canoni annui per le concessioni dei beni del demanio marittimo e provvede a iscriverli come «entrate» a bilancio, senza alcuna intermediazione dello Stato. I canoni concessori confluiscono, pertanto, in via immediata nella finanza regionale, la cui autonomia e' garantita dagli articoli 81 e 119, comma 1 della Costituzione e dall'art. 48 dello statuto. Il legislatore delle norme di attuazione ha voluto, cosi', distinguere la posizione della Regione Friuli-Venezia Giulia da quella delle regioni ordinarie. L'art. 6, comma 2, del decreto-legge n. 400 del 1993, dispone, infatti, in via generale, che «alle regioni e' devoluto l'eventuale maggior gettito derivante dalla riscossione dei canoni di cui all'art. 4 rispetto a quello gia' previsto nel bilancio pluriennale dello Stato». Le regioni ordinarie, dunque, ricevono dallo Stato i proventi derivanti dalla gestione del demanio marittimo e non li riscuotono in via diretta. L'esatto opposto accade per la Regione FVG. L'intervento statale priva unilateralmente la Regione FVG di entrate che le spettano in virtu' della disciplina speciale (statutaria e di attuazione) appena ricordata. In particolare, come abbiamo gia' segnalato, l'intervento statale ha come obiettivo quello di agevolare economicamente i cittadini e le imprese, anche in considerazione degli effetti negativi della pandemia. Cio' e' in astratto legittimo, ma, nel caso de quo, lo Stato e' intervenuto in via emergenziale utilizzando risorse delle quali non poteva disporre, in quanto pacificamente rientranti nell'ambito competenziale della regione e destinate in via diretta al bilancio regionale. Con le disposizioni impugnate il legislatore ha ritenuto di estendere alle regioni ad autonomia speciale (tra le quali l'odierna deducente) i canoni concessori gia' previsti per le altre regioni dalla disciplina generale, sottraendo loro quell'ambito di autonomia speciale che e' stato sempre riconosciuto. Tanto, pero', contrasta con i parametri sopra indicati, che - si ripete - assegnano alla regione le determinazioni qui contestate. Del resto, la regione ha gia' esercitato le proprie attribuzioni, con l'art. 13-quater della legge regionale n. 22 del 2006, a tenor del quale «Le concessioni e le autorizzazioni relative all'utilizzo dei beni del demanio marittimo statale di cui all'art. 1 sono soggette all'applicazione di un canone determinato con legge regionale, i cui valori vengono aggiornati annualmente, in base all'indice ISTAT, sia in aumento che in diminuzione, con decreto del Presidente della regione, previa deliberazione della giunta regionale». La regione, dunque, ha gia' disciplinato la materia nell'ambito della propria competenza e la disciplina statale impugnata ha doppiamente leso gli interessi della ricorrente, invadendo la sua sfera di attribuzioni e pretendendo di sostituirsi alla disciplina ch'essa aveva legittimamente adottato. 4.3. In subordine, nella denegata ipotesi in cui l'ecc.ma Corte ritenesse che la determinazione del canone concessorio in materia di beni del demanio marittimo per pertinenze destinate ad attivita' commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi sia connessa alla titolarita' del bene, tale competenza dovrebbe spettare alla regione quanto meno in relazione ai beni del demanio marittimo di sua titolarita', vale a dire a quelli situati nella laguna di Grado-Marano. Come si e' gia' piu' volte osservato (par. 2.2. e 3.3.1), il decreto legislativo n. 265 del 2001 ha chiaramente trasferito alla Regione FVG la titolarita' del demanio marittimo della suddetta laguna. La regione, dunque, per le ragioni gia' indicate al par. 3.2, cui si rimanda, e' titolare di tutte le competenze che a detta titolarita' sono connesse. 5. Illegittimita' costituzionale dell'art. 100, commi 3, 4 e 5, del decreto-legge n. 104 del 2020. Violazione degli articoli 3, 81, 117, commi 3 e 4, e 119 della Costituzione. Violazione degli articoli 4 e 48 dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, anche in riferimento al decreto del Presidente della Repubblica n. 469 del 1987, al decreto legislativo n. 265 del 2001 e al decreto legislativo n. 111 del 2004. Violazione del principio di affidamento di cui all'art. 3 della Costituzione. L'art. 100 del decreto-legge n. 104 del 2020 stabilisce, ai commi 3, 4 e 5, quanto segue: «Alle concessioni dei beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale aventi ad oggetto la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto si applicano, con effetto a decorrere dal 1° gennaio 2007, le misure dei canoni di cui al comma 1, lettera b), dell'art. 3 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, come modificato dal comma 2 del presente articolo, con riferimento alle caratteristiche dei beni oggetto di concessione, quali erano all'avvio del rapporto concessorio, nonche' delle modifiche successivamente intervenute a cura e spese dell'amministrazione concedente. Le somme per canoni relative a concessioni demaniali marittime di cui al primo periodo, versate in eccedenza rispetto a quelle dovute a decorrere dal 1° gennaio 2007, sono compensate - a decorrere dal 2021 - con quelle da versare allo stesso titolo, in base alla medesima disposizione, in rate annuali costanti per la residua durata della concessione. Gli enti gestori provvedono al ricalcolo delle somme dovute dai concessionari con applicazione dei citati criteri dal 1° gennaio 2007 fino al 31 dicembre 2019, effettuando i relativi conguagli, con applicazione delle modalita' di compensazione di cui al secondo periodo» (comma 3); «Dal 1° gennaio 2021 l'importo annuo del canone dovuto quale corrispettivo dell'utilizzazione di aree e pertinenze demaniali marittime con qualunque finalita' non puo', comunque, essere inferiore a euro 2.500» (comma 4); «Nelle more della revisione e dell'aggiornamento dei canoni demaniali marittimi ai sensi dell'art. 1, comma 677, lettera e) della legge 30 dicembre 2018, n. 145, sono sospesi fino al 15 dicembre 2020 i procedimenti amministrativi pendenti alla data di entrata in vigore dal presente decreto e sono inefficaci i relativi provvedimenti gia' adottati oggetto di contenzioso, inerenti al pagamento dei canoni, compresi i procedimenti e i provvedimenti di riscossione coattiva, nonche' di sospensione, revoca o decadenza della concessione per mancato versamento del canone, concernenti: a) le concessioni demaniali marittime per finalita' turistico-ricreative, con esclusivo riferimento a quelle inerenti alla conduzione delle pertinenze demaniali, laddove i procedimenti o i provvedimenti siano connessi all'applicazione dei criteri per il calcolo dei canoni di cui all'art. 3, comma 1, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, ivi compresi i procedimenti di cui all'art. 1, comma 484, della legge 28 dicembre 2015, n. 208; b) le concessioni demaniali marittime per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto» (comma 5). In estrema sintesi, i richiamati commi da 3 a 5 dell'art. 100: i) sono intervenuti sulle concessioni dei beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale aventi a oggetto la realizzazione e la gestione di strutture destinate alla nautica da diporto; ii) hanno imposto che a tali concessioni si applichino «con effetto a decorrere dal 1° gennaio 2007» - dunque retroattivamente -, le misure dei canoni di cui al comma 1, lettera b), dell'art. 3 del decreto-legge n. 400 del 1993; iii) per le somme pagate tra il 2007 e il 2020 in eccedenza rispetto alla misura prevista dall'art. 3 del decreto-legge n. 400 del 1993, hanno disposto ch'esse «sono compensate - a decorrere dal 2021 - con quelle da versare allo stesso titolo, in base alla medesima disposizione, in rate annuali costanti per la residua durata della concessione»; iv) hanno stabilito il canone minimo per l'utilizzazione di aree e pertinenze demaniali marittime con qualunque finalita' (quantificato in euro 2.500,00); v) da ultimo, sono intervenuti sui procedimenti di pagamento dei suddetti canoni. 5.1. Le suddette previsioni, in quanto rideterminano il canone delle concessioni relative alla nautica da diporto e fanno riferimento anche alle concessioni demaniali marittime per finalita' turistico-ricreative, si pongono tutte in contrasto con l'art. 4 dello statuto regionale e con le relative norme di attuazione. Come si e' detto (par. 2.1.), l'art. 4 dello statuto stabilisce che la regione ha potesta' legislativa nelle seguenti materie: ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla regione; pesca; commercio; turismo e industria alberghiera; istituzioni ricreative e sportive. Anche in questo caso vengono poi in rilievo il decreto del Presidente della Repubblica n. 469 del 1987, l'art. 1 del decreto legislativo n. 265 del 2001 e il decreto legislativo n. 111 del 2004, gia' richiamati supra. 5.2. Ebbene, la nautica da diporto e le concessioni demaniali marittime per finalita' turistico-ricreative costituiscono attivita' che ricadono nell'ambito delle competenze esclusive regionali, sicche' l'intervento legislativo statale e' certamente illegittimo. Cio' viene reso di per se' evidente - se non gia' dal senso comune - dalla definizione legislativa della navigazione da diporto, data dall'art. 1, comma 2, del codice della nautica da diporto (decreto legislativo n. 171 del 2005): «si intende per navigazione da diporto quella effettuata in acque marittime ed interne a scopi sportivi o ricreativi e senza fini di lucro, nonche' quella esercitata a scopi commerciali». Si comprende come tale attivita' sia inestricabilmente intrecciata con l'offerta turistica (com'e' noto, il turismo nautico e' un'importante risorsa per le localita' costiere), con le scelte imprenditoriali delle industrie alberghiere, con la pesca ricreativa da unita' da diporto, nonche' con l'offerta delle associazioni sportive e ricreative. Tali attivita' sono talmente significative per lo sviluppo economico della regione che, in considerazione della pacifica competenza legislativa esclusiva regionale, e' stata approvata la legge regionale n. 22 del 2006 (v. supra, par. 2.4.2.), recante «Norme in materia di demanio marittimo con finalita' turistico-ricreativa e modifica alla legge regionale n. 16/2002 in materia di difesa del suolo e di demanio idrico». Ivi, come abbiamo gia' visto, all'art. 1, comma 1, si stabilisce che «La presente legge disciplina l'esercizio delle funzioni amministrative in materia di beni appartenenti al demanio marittimo avente finalita' turistico-ricreativa, diporto nautico, cantieristica e usi diversi rispetto a quelli precedenti, trasferite dallo Stato alla Regione Friuli-Venezia Giulia in attuazione del decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1987, n. 469 (Norme integrative di attuazione dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), e del decreto legislativo 1° aprile 2004, n. 111 (Norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia concernenti il trasferimento di funzioni in materia di viabilita' e trasporti)». La diretta correlazione delle materie qui in discussione con quelle che lo statuto speciale assegna alla competenza esclusiva regionale e' stata affermata anche da codesta ecc.ma Corte costituzionale nella gia' richiamata sentenza n. 109 del 2018 (si rinvia ai passi riportati al par. 2.4.5.). Inoltre, poiche', ai sensi del decreto legislativo n. 111 del 2004, in attuazione di quanto previsto dallo statuto, spettano alla regione tutte le funzioni amministrative relative alle suddette concessioni, nonche' tutti i proventi e le spese da queste derivanti, esse ricadono altresi' nell'ambito di competenza legislativa statutaria della regione in materia di «ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla regione». Tanto, anche in considerazione del fatto che il comma 5 incide nei procedimenti amministrativi pendenti alla data di entrata in vigore dal decreto-legge, disponendo l'inefficacia dei provvedimenti gia' adottati oggetto di contenzioso. 5.3. I commi 3-5 dell'art. 100 del decreto-legge n. 104 del 2020 sono illegittimi anche per un altro profilo. Analogamente a quanto si e' detto con riferimento al comma 2, infatti, essi violano l'autonomia economico-finanziaria regionale, presidiata dalle norme costituzionali, statutarie e di attuazione. Anche tale disposizione, infatti, priva unilateralmente la Regione FVG di entrate che le spettano in virtu' della disciplina speciale (statutaria e di attuazione) - oltretutto retroattivamente, come si dira' infra - ponendosi in contrasto con gli articoli 81 e 119 della Costituzione, 48 dello statuto e 9, comma 5, del decreto legislativo n. 111 del 2004. Pel resto, per non tediare l'ecc.ma Corte, si rinvia a quanto gia' detto supra (par. 4.2) e alle considerazioni li' svolte per dimostrare l'illegittimita' costituzionale della legge statale qui impugnata. 5.3.1. In questo caso, peraltro, la violazione deve ritenersi ancora piu' grave in quanto la norma spiega irragionevolmente effetto sui canoni concessori gia' riscossi dunque su entrate gia' iscritte a bilancio e gia' rese oggetto di programmi di investimento, incidendo cosi' non solo nell'autonomia decisionale di entrata della regione, ma anche su quella di spesa. La regione, infatti, ha gia' utilizzato i proventi riscossi negli anni precedenti, che dovrebbe, pertanto, recuperare sottraendo risorse ad altri capitoli di bilancio. Si lede, cosi', la liberta' di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa. 5.4. Per le medesime ragioni risulta violato il principio di equilibrio di bilancio ex art. 81 della Costituzione (anche qui in raccordo con le previsioni statutarie e delle norme di attuazione sopra indicate, dalle quali deriva la competenza regionale in materia, nonche' con l'art. 48 dello statuto, che fonda l'autonomia finanziaria regionale). Giusta la giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte costituzionale, infatti, il principio di equilibrio del bilancio dello Stato e degli enti territoriali si declina anche come principio di veridicita' dei bilanci pubblici. In questa prospettiva, infatti, e' violativa dell'art. 81 della Costituzione la disposizione di legge che determina una «infedele rappresentazione delle risultanze economiche e patrimoniali» dell'ente, tale da pregiudicare «in modo durevole l'equilibrio del bilancio [...] considerato nella sua prospettiva dinamica» (sentenza n. 89 del 2017). L'errata rappresentazione del dato economico-finanziario, infatti, «provoca un effetto "domino" nei sopravvenienti esercizi», sicche' «ogni determinazione infedele del risultato di amministrazione si riverbera a cascata sugli esercizi successivi» (cosi' ancora la sentenza n. 89 del 2017; in termini analoghi la sentenza n. 49 del 2018). La retroattiva determinazione dei canoni di concessione produce proprio tale effetto: i precedenti documenti di bilancio della regione sono diventati infedeli a causa dell'intervento del legislatore statale, che ha cagionato minori entrate da contabilizzare «ora per allora». Ne' puo' dirsi che tale effetto venga neutralizzato attraverso il meccanismo del conguaglio rispetto agli oneri concessori per le annualita' a venire, anche alla luce del fatto che, in caso di inadempimento, insolvenza o anche solo cessazione anticipata del rapporto concessorio, il meccanismo di conguaglio resterebbe inoperativo, con la conseguenza che la minore entrata non sarebbe piu' appianabile pro futuro. Va, peraltro, ricordato che codesta ecc.ma Corte costituzionale ha piu' volte dichiarato illegittime le previsioni che ribaltano il proprio costo sugli esercizi futuri di bilancio, affermando che tali sistemi di copertura delle spese sono violativi del principio dell'art. 81, comma 3, della Costituzione (sul principio della «autosufficienza» della legge di spesa e sull'illegittimita' del rinvio ad altri atti normativi, anche legislativi, cfr. Corte costituzionale, sentenze n. 51 e n. 26 del 2013 e n. 192 del 2012). Ebbene: nel caso di specie il legislatore statale ha previsto proprio il descritto meccanismo di ripiano attraverso le entrate (peraltro incerte) degli esercizi futuri, con cio' determinando, anche per questo profilo, la violazione del principio di equilibrio di bilancio ex art. 81 della Costituzione, in una con l'art. 3 della Costituzione pel profilo della palese irragionevolezza dell'intervento, totalmente incurante delle conseguenze che ne sarebbero derivate. 5.4.1. Tanto comporta anche la violazione del principio di affidamento di cui all'art. 3 della Costituzione, letto in combinato disposto con l'art. 81 della Costituzione e con le riferite previsioni statutarie e delle norme di attuazione che presiedono l'autonomia della regione. La disciplina statale, in quanto incide su somme gia' acquisite al bilancio ed entrate nella disponibilita' della regione, ha un'evidente portata retroattiva, giacche' pretende di applicarsi alle situazioni in essere che sono pero' frutto di fatti generatori passati (trattasi di un'ipotesi di c.d. «retroattivita' impropria»). In tal modo la norma determina un'irragionevole alterazione della programmazione gia' compiuta, cagionando la lesione del legittimo affidamento della regione, che si vede cosi' pregiudicata nell'allocazione delle risorse in materie di sua competenza, quali l'organizzazione degli uffici regionali, il turismo, il commercio, l'industria alberghiera, la pesca, le istituzioni sportive e ricreative (art. 4 dello statuto), nonche' nella gestione del suo patrimonio finanziario (articoli 119 della Costituzione e 48 dello statuto). Giova in proposito ricordare l'arresto con cui codesta ecc.ma Corte, con una decisione interpretativa di rigetto, dichiaro' non fondate le questioni sollevate dalla Regione Veneto in relazione a tali parametri e su una norma analoga alla presente, solamente in quanto «il tenore letterale delle disposizioni che concorrono a delimitare il quadro normativo e la specificita' della misura in esame giustificano ed impongono un'interpretazione diversa da quella prospettata dalla difesa regionale e coerente con le esigenze di tutela dell'affidamento e dell'autonomia regionale. [...] L'ambito applicativo della disposizione censurata va, dunque, delimitato alle sole risorse non impegnate, delle quali viene disposta una nuova programmazione per il conseguimento degli obiettivi di rilevanza nazionale; obiettivi che, nel caso in esame, sono costituiti da esigenze di contenimento della spesa pubblica» (sentenza n. 117 del 2016). Al contrario, nel caso di specie, l'espressa retroattivita' delle norme impugnate preclude una qualsivoglia interpretazione conforme a Costituzione che salvaguardi il legittimo affidamento della regione, nonche' l'integrita' delle sue competenze e della sua autonomia finanziaria. Per tale ragione gli interessi costituzionalmente rilevanti della Regione FVG non possono essere salvaguardati altrimenti che con l'accoglimento della prospettata censura. 6. Illegittimita' costituzionale dell'art. 100, commi 7, 8, 9 e 10, del decreto-legge n. 104 del 2020. Violazione degli articoli 3, 81, 117, commi 3 e 4, e 119 della Costituzione. Violazione degli articoli 4 e 48 dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, anche in riferimento al decreto del Presidente della Repubblica n. 469 del 1987, al decreto legislativo n. 265 del 2001 e al decreto legislativo n. 111 del 2004. Gli impugnati commi 7-10 dell'art. 100 del decreto-legge n. 104 del 2020 dispongono quanto segue: «Al fine di ridurre il contenzioso relativo alle concessioni demaniali marittime per finalita' turistico-ricreative e per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, derivante dall'applicazione dei criteri per il calcolo dei canoni ai sensi dell'art. 3, comma 1, lettera b), numero 2.1), del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, nel testo vigente fino alla data di entrata in vigore del presente decreto, i procedimenti giudiziari o amministrativi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, concernenti il pagamento dei relativi canoni, possono essere definiti, previa domanda all'ente gestore e all'Agenzia del demanio da parte del concessionario, mediante versamento: a) in un'unica soluzione, di un importo, pari al 30 per cento delle somme richieste dedotte le somme eventualmente gia' versate a tale titolo; b) rateizzato fino a un massimo di sei annualita', di un importo pari al 60 per cento delle somme richieste dedotte le somme eventualmente gia' versate a tale titolo» (comma 7); «La domanda per accedere alla definizione di cui al comma 7 e' presentata entro il 15 dicembre 2020 ed entro il 30 settembre 2021 sono versati l'intero importo dovuto, se in un'unica soluzione, o la prima rata, se rateizzato» (comma 8); «La liquidazione e il pagamento nei termini assegnati degli importi di cui alle lettere a) e b) del comma 7 costituisce a ogni effetto rideterminazione dei canoni dovuti per le annualita' considerate» (comma 9); «La presentazione della domanda nel termine di cui al comma 8 sospende i procedimenti giudiziari o amministrativi di cui al comma 7, compresi quelli di riscossione coattiva nonche' i procedimenti di decadenza della concessione demaniale marittima per mancato pagamento del canone. La definizione dei procedimenti amministrativi o giudiziari si realizza con il pagamento dell'intero importo dovuto, se in un'unica soluzione, o dell'ultima rata, se rateizzato. Il mancato pagamento di una rata entro sessanta giorni dalla relativa scadenza comporta la decadenza dal beneficio» (comma 10). In estrema sintesi, le richiamate disposizioni introducono uno strumento di definizione agevolata dei procedimenti giudiziari e amministrativi relativi alle concessioni demaniali marittime per finalita' turistico-ricreative e per la realizzazione e gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, mediante versamento di un importo ridotto, in un'unica soluzione o a rate. A tal proposito, il comma 10 dispone che la presentazione della domanda nel termine indicato sospende i relativi procedimenti giudiziari o amministrativi, compresi quelli di riscossione coattiva, nonche' i procedimenti di decadenza della concessione demaniale marittima per mancato pagamento del canone. Peraltro, il pagamento dell'importo ridotto stabilito dalla legge (pari al 30% di quanto in origine dovuto) o dell'ultima rata - se l'interessato ha optato per il pagamento dilazionato - definisce il procedimento giudiziario o amministrativo, costituendo una rideterminazione del canone dovuto per le annualita' considerate. Essi discendono dalle previsioni previste dai precedenti commi 3-5, dei quali sono una diretta conseguenza. Il legislatore ha infatti voluto estendere l'ambito della rideterminazione dei canoni concessori anche con riferimento ai procedimenti giudiziari e amministrativi in corso. 6.1. Anche in questo caso viene in rilevo la violazione del piu' volte richiamato art. 4 dello statuto, il quale stabilisce che la regione ha potesta' legislativa nelle seguenti materie: ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla regione e stato giuridico ed economico del personale ad essi addetto: pesca; commercio; turismo e industria alberghiera; istituzioni ricreative e sportive. E anche in questo caso vengono in rilievo il decreto del Presidente della Repubblica n. 469 del 1987, l'art. 1 del decreto legislativo n. 265 del 2001 e il decreto legislativo n. 111 del 2004, gia' piu' volte richiamati supra. Le materia per le quali la legge statale prevede la definizione agevolata dei procedimenti amministrativi e giurisdizionali pendenti sono le «concessioni demaniali marittime per finalita' turistico-ricreative e per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto». Valgono, dunque, le osservazioni prospettate supra (parr. 5.1 e 5.2.), da intendersi qui richiamate per economia processuale. 6.2. Le disposizioni qui impugnate violano altresi' l'autonomia economico-finanziaria regionale, presidiata da norme costituzionali, statutarie e di attuazione, in particolare dagli articoli 81, 119 della Costituzione e 48 dello statuto e 9, comma 5, del decreto legislativo n. 111 del 2004, per le medesime ragioni di cui al par. 5.3., che s'intende qui richiamato. Nel caso di specie, peraltro, vi e' un doppio profilo di illegittimita'. Anzitutto la legge statale consente di chiudere i contenziosi amministrativi o giurisdizionali pagando un importo molto ridotto rispetto a quanto dovuto (il 30% se il pagamento avviene in un'unica soluzione; il 60% se rateizzato). In secondo luogo, ai sensi del comma 9, si ridetermina il canone al ribasso, causando cosi' anche per il futuro un decremento delle entrate per la Regione FVG, con cio' violando il gia' richiamato art. 13-quater della legge n. 22 del 2006 che dispone che sia la regione a fissare il canone di concessione. In definitiva, anche le disposizioni qui censurate riducono illegittimamente le entrate della regione, sia quelle gia' iscritte a bilancio che quelle future: anche in questo caso si incide illegittimamente non solo sull'autonomia decisionale di entrata della regione, ma anche su quella di spesa (valgono qui le argomentazioni gia' proposte al par. 5.3, da intendersi letteralmente richiamato per ragioni di economia processuale). Peraltro, applicandosi ai procedimenti «pendenti alla data di entrata in vigore del [...] decreto» le norme impugnate operano in via retroattiva, con riferimento a canoni concessori che avrebbero dovuto essere gia' pagati dai privati e riscossi dalla regione, violando il suo legittimo affidamento e il principio di ragionevolezza ad esso collegato (art. 3 della Costituzione), nonche' condizionando le scelte finanziarie e legislative regionali (si rinvia anche in questo caso a quanto osservato supra, al par. 5.3.1., anche qui per ragioni di economia processuale). 6.3. Con riferimento ai procedimenti amministrativi, poi, le disposizioni impugnate ledono l'autonomia organizzativa regionale e le funzioni amministrative nelle materie qui in discussione. Come ricordato in premessa, infatti, le norme di attuazione dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia dispongono il trasferimento delle funzioni amministrative relative alle concessioni dei beni del demanio marittimo e delle zone del mare territoriale. L'art. 9, comma 2, del decreto legislativo n. 111 del 2004, infatti, stabilisce che «Sono trasferite alla regione, in base agli articoli 4, 5 e 8 dello statuto, tutte le funzioni amministrative, salvo quelle espressamente mantenute allo Stato dall'art. 11, in materia di trasporto merci, motorizzazione e circolazione su strada, navigazione interna e porti regionali, comprese le funzioni relative alle concessioni dei beni del demanio della navigazione interna, del demanio marittimo, di zone del mare territoriale per finalita' diverse da quelle di approvvigionamento energetico». La norma si riferisce genericamente alle «funzioni», quindi anche - con piana evidenza - alle «funzioni amministrative», peraltro poco prima richiamate dallo stesso comma in relazione a diverse materie. Proprio nelle funzioni amministrative e sull'organizzazione degli uffici regionali incide la disciplina qui censurata, imponendo la chiusura dei procedimenti in corso su semplice domanda dell'interessato e a fronte del pagamento ridotto del quale si e' gia' fatto cenno. 7. Illegittimita' costituzionale dell'art. 100, comma 10-bis, del decreto-legge n. 104 del 2020. Violazione degli articoli 3, 81, 117, commi 3 e 4, e 119 della Costituzione. Violazione degli articoli 4 e 48 dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, anche in riferimento al decreto del Presidente della Repubblica n. 469 del 1987, al decreto legislativo n. 265 del 2001 e al decreto legislativo n. 111 del 2004. Il comma 10-bis, introdotto con la legge n. 126 del 2020, dispone che «All'art. 32, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, la parola: "turisti" e' sostituita dalla seguente: "diportisti" e sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: ", con esclusione dei servizi resi nell'ambito di contratti annuali o pluriennali per lo stazionamento"». A seguito della novella legislativa, il testo coordinato del richiamato art. 32 del decreto-legge n. 133 del 2014 e' dunque il seguente «Al fine di rilanciare le imprese della filiera nautica, a decorrere dal 1° gennaio 2016, le strutture organizzate per la sosta e il pernottamento di diportisti all'interno delle proprie unita' da diporto ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato, secondo i requisiti stabiliti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Ministero dei beni e delle attivita' culturali e del turismo, rientrano nelle strutture ricettive all'aria aperta, con esclusione dei servizi resi nell'ambito di contratti annuali o pluriennali per lo stazionamento». L'effetto di questa norma e' quello di limitare ai soli diportisti le agevolazioni sull'IVA per la sosta e per il pernottamento nei «marina resort» (strutture ricettive all'aria aperta) originariamente previste per tutti i turisti. Di conseguenza a questi ultimi si applichera' l'aliquota ordinaria del 22% anziche' quella del 10%. E' evidente che l'introduzione di tale aumento dell'imposta determinera' effetti dannosi per il sistema economico regionale, in quanto spingera' i turisti non diportisti ad abbandonare o a ridurre drasticamente il periodo di stazionamento nelle acque della Regione Friuli-Venezia Giulia, particolarmente pregiudicata in ragione dell'importanza del turismo nautico per la sua autonomia (e a causa della concorrenza delle vicine Slovenia e Croazia). A fronte di questo indubbio elemento di danno per l'economia regionale e, di conseguenza, per le entrate regionali connesse al ridotto flusso di turisti, la norma in esame non prevede misure compensative per la regione. Tanto si risolve nella lesione dell'autonomia finanziaria regionale e della competenza legislativa nella materia «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario» e, di conseguenza, nella contestuale violazione degli articoli 4 e 48 dello statuto speciale e 81, 117 e 119 della Costituzione, da cui tale autonomia e' tutelata. Si badi: e' pur vero che l'aumento delle aliquote IVA per i «turisti» potrebbe portare un aumento del gettito derivante dall'applicazione dell'art. 49 dello statuto che stabilisce le quote di spettanza regionale sui tributi statali. Tuttavia, com'e' ampiamente noto, l'aumento delle aliquote fiscali agisce sull'economia reale come strumento depressivo. In sostanza, numerosi turisti troveranno piu' conveniente orientarsi verso le coste dell'altra sponda dell'Adriatico, dove troverebbero una tassazione agevolata. Quella qui in discussione e' una vera e propria illegittima «tassa sul turismo»: un tale aumento, com'e' evidente, pregiudica gravemente tale mercato, sottraendo al decisore politico regionale la possibilita' di imprimergli un differente orientamento. La leva fiscale, invero, e' un potente strumento di politica economica. Di conseguenza, in considerazione del fatto che la tassazione qui contestata riguarda una materia evidentemente di esclusiva competenza regionale (art. 4 dello statuto), la regione deve poter utilizzare anche la leva fiscale nel bouquet di misure che la riguardano. A cio' si aggiunga il profilo di evidente irragionevolezza della disposizione. La norma infatti, peraltro impingendo nelle competenze della regione, previste dall'art. 4 dello statuto, risulta viziata da irragionevolezza intrinseca, ponendosi cosi' in contrasto con l'art. 3 della Costituzione. Come abbiamo visto, invero, il decreto-legge in parola e' rubricato «Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell'economia» e nella premessa reca l'impegno di «Introdurre misure in materia di lavoro, di salute, di scuola, di autonomie locali, di sostegno e rilancio dell'economia, nonche' misure finanziarie, fiscali e di sostegno a diversi settori in connessione all'emergenza epidemiologica da COVID-19». Ebbene: e' del tutto evidente che una misura di aumento cosi' drastico (pari al doppio!) dell'imposizione fiscale ha un effetto contrario rispetto all'obiettivo dichiarato di rilancio dell'economia. La previsione di cui all'art. 100, comma 10-bis, in definitiva, lede la competenza legislativa della regione, che non puo' modulare la leva fiscale su un presupposto d'imposta che ricade nella materia «turismo», di sua competenza primaria. In questo modo, poi, risulta violato anche l'art. 81 della Costituzione, leso da una previsione che altera, senza alcuna oculata considerazione macroeconomica, l'equilibrio del bilancio regionale. 8. Illegittimita' costituzionale dell'art. 100, commi 1, 2, 3, 4, 5, 7, 8, 9, 10 e 10-bis del decreto-legge n. 104 del 2020. Violazione degli articoli 5, 117, 118 e 120 della Costituzione. Violazione dell'art. 4 dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, anche in riferimento al decreto del Presidente della Repubblica n. 469 del 1987, al decreto legislativo n. 265 del 2001 e al decreto legislativo n. 111 del 2004. Non basta. Le disposizioni impugnate, rideterminando unilateralmente la durata delle concessioni dei beni del demanio regionale nonche' la misura dei canoni delle concessioni dei beni del demanio idrico e marittimo (tutti destinati, lo si ripete, al bilancio regionale) dettano misure in riferimento alle concessioni demaniali, rientranti nell'ambito competenziale della regione ai sensi degli articoli 117 e 118 della Costituzione, 4 e 8 dello statuto, violando altresi' il principio di leale collaborazione, tutelato dagli articoli 5 e 120 della Costituzione. Come gia' detto, le disposizioni censurate ricadono in un ambito materiale di sicura competenza statutaria della regione (v. sentenza Corte costituzionale n. 109 del 2018, cit.). In tale ambito l'intervento statale e' escluso, salvo il ricorrere delle ipotesi e dei presupposti che giustificano la c.d. «chiamata in sussidiarieta'». Resta pero' fermo, in tali eccezionali evenienze, l'onere per il legislatore statale di prevedere un coinvolgimento concreto ed effettivo delle regioni in sede attuativo-amministrativa, nella nota forma dell'intesa (forte) imposta dal principio di leale collaborazione. Al fine di preservare le attribuzioni costituzionali delle regioni, infatti, la «chiamata in sussidiarieta'» deve mantenersi entro confini particolarmente stringenti. Come si legge nella sentenza n. 7 del 2016 di codesta ecc.ma Corte (ove - a dimostrazione che trattasi di giurisprudenza costante - si riprendono testualmente passaggi della sentenza n. 6 del 2004, a sua volta legata alla sentenza n. 303 del 2003): «perche' nelle materie di cui all'art. 117, terzo e quarto comma della Costituzione, una legge statale possa legittimamente attribuire funzioni amministrative a livello centrale ed al tempo stesso regolarne l'esercizio, e' necessario che essa innanzi tutto rispetti i principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza nella allocazione delle funzioni amministrative, rispondendo ad esigenze di esercizio unitario di tali funzioni»; «E' necessario [...] che tale legge detti una disciplina logicamente pertinente, dunque idonea alla regolazione delle suddette funzioni, e che risulti limitata a quanto strettamente indispensabile a tale fine»; «essa deve risultare adottata a seguito di procedure che assicurino la partecipazione dei livelli di governo coinvolti attraverso strumenti di leale collaborazione o, comunque, deve prevedere adeguati meccanismi di cooperazione per l'esercizio concreto delle funzioni amministrative allocate in capo agli organi centrali»; «la legislazione statale di questo tipo "puo' aspirare a superare il vaglio di legittimita' costituzionale solo in presenza di una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le attivita' concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al principio di lealta'" [...]». Ora, le disposizioni impugnate non prevedono alcuna fase attuativo-amministrativa delle misure introdotte, rideterminando direttamente sia la durata delle concessioni, sia la misura del relativo canone. Non solo. Dette norme impongono altresi' dettagliate modalita' di attuazione delle suddette previsioni, assumendo un contenuto chiaramente provvedimentale. Al riguardo, basti osservare, a titolo esemplificativo, che: al comma 3 e' disposto che «Le somme per canoni relative a concessioni demaniali marittime di cui al primo periodo, versate in eccedenza rispetto a quelle dovute a decorrere dal 1° gennaio 2007, sono compensate - a decorrere dal 2021 - con quelle da versare allo stesso titolo, in base alla medesima disposizione, in rate annuali costanti per la residua durata della concessione. Gli enti gestori provvedono al ricalcolo delle somme dovute dai concessionari con applicazione dei citati criteri dal 1° gennaio 2007 fino al 31 dicembre 2019, effettuando i relativi conguagli, con applicazione delle modalita' di compensazione di cui al secondo periodo»; al comma 5 e' previsto che «sono sospesi fino al 15 dicembre 2020 i procedimenti amministrativi pendenti alla data di entrata in vigore dal presente decreto e sono inefficaci i relativi provvedimenti gia' adottati oggetto di contenzioso, inerenti al pagamento dei canoni, compresi i procedimenti e i provvedimenti di riscossione coattiva, nonche' di sospensione, revoca o decadenza della concessione per mancato versamento del canone»; al comma 7 e' disposto che «i procedimenti giudiziari o amministrativi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, concernenti il pagamento dei relativi canoni, possono essere definiti, previa domanda all'ente gestore e all'Agenzia del demanio da parte del concessionario, mediante versamento: a) in un'unica soluzione, di un importo, pari al 30 per cento delle somme richieste dedotte le somme eventualmente gia' versate a tale titolo; b) rateizzato fino a un massimo di sei annualita', di un importo pari al 60 per cento delle somme richieste dedotte le somme eventualmente gia' versate a tale titolo»; al comma 8 e' previsto che: «La domanda per accedere alla definizione di cui al comma 7 e' presentata entro il 15 dicembre 2020 ed entro il 30 settembre 2021 sono versati l'intero importo dovuto, se in un'unica soluzione, o la prima rata, se rateizzato»; al comma 10 e' disposto che «La presentazione della domanda nel termine di cui al comma 8 sospende i procedimenti giudiziari o amministrativi di cui al comma 7, compresi quelli di riscossione coattiva nonche' i procedimenti di decadenza della concessione demaniale marittima per mancato pagamento del canone. La definizione dei procedimenti amministrativi o giudiziari si realizza con il pagamento dell'intero importo dovuto, se in un'unica soluzione, o dell'ultima rata, se rateizzato. Il mancato pagamento di una rata entro sessanta giorni dalla relativa scadenza comporta la decadenza dal beneficio». Com'e' evidente, dunque, il legislatore statale, con le disposizioni impugnate, disciplinando con atto avente forza di legge aspetti delle concessioni di beni del demanio marittimo e idrico di carattere strettamente amministrativo, ha violato gli articoli 117 e 118 della Costituzione oltreche' eluso il dovere di leale collaborazione, da osservare in sede attuativo-amministrativa, ai sensi degli articoli 5 e 120 della Costituzione. In un caso analogo a quello di specie, l'ecc.ma Corte ha gia' ritenuto che la legge statale, «nella parte in cui fissa in modo puntuale la disciplina amministrativa per l'esercizio dell'attivita' [...] rientrante nelle materie di competenza esclusiva delle regioni, in assenza di esigenze unitarie da tutelare, violi gli articoli 117 e 118 della Costituzione» (sentenza n. 339 del 2007). Si aggiunge, qui, che l'adozione della forma legislativa per adottare misure che hanno sostanza amministrativa non puo' esentare il legislatore statale dal rispetto del principio di leale collaborazione, che, peraltro, com'e' noto, in circostanze particolari trova applicazione anche in riferimento all'attivita' legislativa. Nondimeno, se anche il legislatore statale avesse potuto intervenire a disciplinare direttamente tali profili delle concessioni demaniali, allora il dovere di leale collaborazione avrebbe dovuto essere assolto in quella sede, vale a dire nel procedimento legislativo, prevedendo specifiche forme di interlocuzione con la regione.
P.Q.M. La Regione autonoma del Friuli-Venezia Giulia, come in epigrafe rappresentata e difesa, chiede che, in accoglimento del presente ricorso, codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 100, commi 1, 2, 3, 4, 5, 7, 8, 9, 10 e 10-bis del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 14 agosto 2020, n. 203), convertito, con modificazioni, in legge 13 ottobre 2020, n. 126 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 13 ottobre 2020, n. 253), per violazione degli articoli 3, 5, 81, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione; degli articoli 4 e 48 dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia approvato con legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, anche in riferimento al decreto del Presidente della Repubblica n. 469 del 1987, al decreto legislativo n. 265 del 2001 e al decreto legislativo n. 111 del 2004. Roma, 11 dicembre 2020 Avv. prof. Luciani Avv. Volpe Avv. Croppo