N. 1 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5 gennaio 2021
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 5 gennaio 2021 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Energia - Norme della Regione Piemonte - Assegnazione delle grandi derivazioni ad uso idroelettrico - Previsione che la relativa disciplina non si applica alle nuove concessioni di grandi derivazioni di acqua a scopo idroelettrico - Applicazione delle procedure ad evidenza pubblica per la selezione degli operatori economici solo nei casi di scadenza, decadenza o rinuncia - Attribuzione alla Giunta regionale della disciplina relativa alle procedure ad evidenza pubblica per l'affidamento delle concessioni scadute, decadute o rinunciate - Restrizione dei requisiti soggettivi dei concorrenti alle sole domande di concessione dopo la scadenza, la revoca, la decadenza o la rinuncia relative a precedenti titoli concessori - Modifiche alla legge regionale n. 44 del 2020 - Previsione che sono di competenza regionale le funzioni amministrative inerenti all'assegnazione, nel caso di scadenza, decadenza o rinuncia, delle grandi derivazioni ad uso energetico. Energia - Norme della Regione Piemonte - Assegnazione delle grandi derivazioni ad uso idroelettrico - Previsione che la Giunta regionale disciplina, con proprio regolamento, le modalita' e i termini per lo svolgimento delle procedure di assegnazione nonche' i contenuti minimi del bando di gara - Fissazione, con il suddetto regolamento, dei requisiti organizzativi, tecnici, finanziari e di idoneita' professionale specifici richiesti per la partecipazione alle procedure suindicate - Disciplina con regolamento della Giunta delle modalita' e dei tempi di svolgimento del procedimento unico di selezione delle proposte progettuali - Previsione che gli eventuali obblighi e limitazioni gestionali cui devono sottostare i progetti di utilizzazione delle opere e delle acque siano fissati dal bando per l'assegnazione delle concessioni - Assegnazione al bando di gara della disciplina volta al miglioramento energetico, al miglioramento e risanamento ambientale, alle misure di compensazione ambientale e territoriale nonche' alle clausole sociali - Definizione, in accordo tra le Regioni interessate, delle procedure di assegnazione delle concessioni che interessano il territorio di piu' Regioni, sulla base di protocolli d'intesa approvati dalla Giunta regionale - Individuazione, con deliberazione della Giunta regionale, delle ulteriori modalita' e condizioni di esercizio delle derivazioni d'acqua nonche' degli impianti afferenti alle concessioni gia' scadute per il tempo necessario al completamento delle procedure di assegnazione. Energia - Norme della Regione Piemonte - Assegnazione delle grandi derivazioni ad uso idroelettrico - Prevista esclusione incondizionata e non limitata nel tempo degli operatori economici incorsi in un provvedimento di revoca o di decadenza dalle procedure di affidamento delle concessioni idroelettriche. Energia - Norme della Regione Piemonte - Assegnazione delle grandi derivazioni ad uso idroelettrico - Modifiche alla legge regionale n. 20 del 2020 - Canone per le concessioni - Previsione che la Giunta regionale, acquisito il parere della commissione consiliare competente, determina con proprio regolamento, tra l'altro, l'importo unitario della componente fissa e la percentuale della componente variabile. - Legge della Regione Piemonte 29 ottobre 2020, n. 26 (Assegnazione delle grandi derivazioni ad uso elettrico), artt. 2, comma 4; 4, comma 1; 7; 8, comma 1; 9; 11; 13; 14; 15; 16; 19; 20; 21; 22; e 23.(GU n.5 del 3-2-2021 )
Ricorso per la Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio attualmente in carica, rappresentata e difesa per mandato ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici ha domicilio in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, Ricorrente contro Regione Piemonte, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, domiciliata nella sede istituzionale in Torino, Piazza Castello, n. 165, Resistente per l'impugnazione e la dichiarazione di incostituzionalita' dell'art. 2, comma 4, 4, comma 1, 7, 8, comma 1, 9, 11, 13, 14, 15, 16, 19, 20, 21, 22 e 23 della legge regionale 26 ottobre 2020, n. 26, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione n. 44 del 30 ottobre 2020. La Regione Piemonte ha approvato alla fine del mese di ottobre del corrente anno la legge n. 26 intitolata «Assegnazione delle grandi derivazioni ad uso elettrico». Il provvedimento, in dichiarata attuazione dell'art. 12 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (che a sua volta ha dato attuazione alla direttiva comunitaria 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica), detta in venticinque articoli la disciplina delle modalita' e delle procedure di assegnazione delle grandi derivazioni d'acqua a scopo idroelettrico nel territorio piemontese, nel rispetto dell'ordinamento europeo e dei principi fondamentali dell'ordinamento statale, nonche' dei principi fondamentali di tutela della concorrenza, liberta' di stabilimento, trasparenza e non discriminazione. Sennonche', numerose norme (per non dire quasi tutte, se si eccettuano quelle di neutralita' finanziaria e di dichiarazione di urgenza) ad avviso della Presidenza del Consiglio dei ministri ledono i principi costituzionali a tutela del rispetto degli obblighi derivanti dall'ordinamento comunitario, nonche' a tutela della competenza legislativa esclusiva dello Stato, e dei principi fondamentali che lo stesso Stato detta al potere legislativo concorrente delle regioni. Pertanto, con il presente atto la legge regionale n. 26/2020 viene impugnata perche' sia dichiarata costituzionalmente illegittima per i seguenti Motivi 1) Illegittimita' costituzionale degli articoli 2, comma 4, 4, comma 1, 7, comma 1, 9, comma 1, e 22 della legge regionale del Piemonte 29 ottobre 2020, n. 26, per violazione dell'art. 117, comma 1 e comma 21, lettera e), della Costituzione. Le norme ora citate in rubrica vengono impugnate cumulativamente perche' unico e' il motivo di illegittimita' che le unisce, e cioe' l'esclusione dalla disciplina della legge stessa delle nuove concessioni di grandi derivazioni. Infatti, il comma 4 dell'art. 2 della legge regionale qui impugnata espressamente precisa che «le disposizioni di cui alla presente legge non si applicano alle domande di nuova concessione di grandi derivazioni di acqua a scopo idroelettrico». Il comma 1 del successivo art. 4, nell'elencare le procedure ad evidenza pubblica per la selezione degli operatori economici prevede che esse si applicano solo nei casi di scadenza, decadenza o rinuncia, escludendo quindi le istanze di nuova concessine in mancanza di precedente titolo. Il comma 1 dell'art. 7 ugualmente si riferisce, mediante il rinvio all'art. 5 della stessa legge, alle concessioni scadute decadute o rinunciate laddove attribuisce alla Giunta regionale la disciplina delle procedure di affidamento. Ancora, il comma 1 dell'art. 9, sempre facendo rinvio all'art. 5, restringe i requisiti soggettivi dei concorrenti alle sole domande di concessione dopo la revoca o la decadenza o la rinuncia relative a precedenti titoli concessori, cosi' non prevedendo alcuna disciplina per le domande presentate ex novo. Infine, l'art. 22 della legge qui impugnata - nel modificare precedenti disposizioni regionali attributive delle competenze statali in materia di tutela delle acque alla Regione Piemonte ed alle province della stessa Regione - prevede che le funzioni regionali siano estese all'assegnazione delle grandi derivazioni ad uso energetico, ma solo relativamente alle concessioni da affidare dopo la revoca, la decadenza o la rinuncia di, da o a precedenti concessioni. E cio' si ripercuote anche sulle funzioni esercitate dalle province ex art. 56 della legge regionale n. 44/2000 in tema di gestione del demanio idrico, che vengono di conseguenza cosi' limitate. Ora, l'art. 12 del decreto legislativo n. 79/1999 (intitolato «Concessioni idroelettriche») contiene la disciplina statale relativa alla assegnazione delle concessioni di grande derivazione a scopo idroelettrico e, in considerazione della molteplicita' delle materie coinvolte - che vanno dalla tutela della concorrenza e dell'ambiente, alla produzione, trasporto e distribuzione nazionale di energia, l'una di competenza esclusiva dello Stato, l'altra di competenza concorrente con le regioni - da un lato prevede una delega espressa alle regioni per la regolamentazione delle procedure di assegnazione, dall'altro lato comunque impone il rispetto dei principi europei e degli accordi internazionali, nonche' dei principi fondamentali della legislazione statale. La norma statale prevede si' che le regioni diventino gratuitamente proprietarie delle opere realizzate per l'esercizio delle concessioni scadute, revocate o rinunciate, ma prevede anche - senza alcuna distinzione tra vecchie (cioe' gia' precedentemente esercitate) e nuove (cioe' da affidare per la prima volta) - che le regioni fissino con propria legge le regole per l'assegnazione delle concessioni. In sostanza, le procedure per l'assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni che le regioni sono incaricate di disciplinare e di espletare in qualita' di concedenti devono riguardare tutte le concessioni, quelle da affidare e quelle da riaffidare. Quindi, le disposizioni regionali ora descritte e qui censurate, nella misura in cui escludono dalla propria applicazione le concessioni di prima assegnazione, violano l'art. 12 della legge statale di cui al decreto legislativo n. 79/1999 laddove questo non ammette alcuna deroga, differenziazione o esclusione in tal senso. E questa disciplina statale, essendo volta nella sua generalita' ed onnicomprensivita' alla tutela della concorrenza, appartiene alla potesta' esclusiva e non e' derogabile da parte delle regioni. Ma la esplicita esclusione dalla regola regionale delle concessioni di prima assegnazione lede anche precisi principi comunitari. La norma statale, infatti, soprattutto dopo la modifica introdotta dall'art. 11-quater del decreto-legge n. 135/2018 (resa necessaria per superare le censure mosse all'ordinamento nazionale dalla Commissione europea nell'ambito di una procedura di infrazione ancora pendente), tende anche a recepire la nota «Direttiva Servizi» 2006/123 del 12 dicembre 2006. Questo provvedimento, come noto, mira a consentire in regime concorrenziale lo sfruttamento economico di un bene pubblico scarso e impone agli stati membri la previsione di procedure competitive «qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attivita' sia limitato per via della scarsita' delle risorse naturali o delle capacita' tecniche utilizzabili. Nel caso di specie, il bene pubblico scarsamente disponibile sono i corsi d'acqua e quindi, in presenza di piu' potenziali aspiranti alla relativa «autorizzazione», la concessione deve essere assegnata come prevede la norma comunitaria (art. 12 direttiva 2006/123), ossia con una pubblica selezione. Pubblica selezione che, come ha chiarito la giurisprudenza comunitaria, deve andare a beneficio sia degli operatori economici nazionali, sia di quelli transfrontalieri che intendono stabilirsi in altro stato membro diverso da quello di appartenenza. La legge regionale qui in esame, laddove ammette nelle disposizioni ora ricordate un campo di applicazione limitato alle sole concessioni revocate, decadute o rinunciate, elude l'obbligo comunitario di affidare con procedura competitiva le concessioni di primo affidamento, e quindi viola l'art. 12 della Direttiva Servizi quale parametro interposto dell'obbligo imposto alle regioni dall'art. 117, comma 1, della Costituzione di rispettare i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario. Per tutte le esposte ragioni, le norme in rubrica menzionate devono essere dichiarate costituzionalmente illegittime per violazione sia dell'art. 117, comma 1, della Costituzione in quanto lesivo dell'obbligo di rispettare i vincoli derivanti dall'ordinamento europeo come tradotti nell'art. 12 della direttiva 2006/123, sia dell'art. 117, comma 2, lettera e) della Costituzione perche' indebitamente invasivi, con effetto derogatorio, della competenza legislativa statale in materia di tutela della concorrenza quale esercitata con l'art. 12 del decreto legislativo n. 79/1999. 2) Illegittimita' costituzionale degli articoli 7, 9, 11, 13, 14, 15, 16, 19, 20 e 23 della legge regionale del Piemonte 29 ottobre 2020, n. 26, per violazione dell'art. 117, comma 3, della Costituzione. Il testo dell'art. 12 del decreto legislativo n. 79/1999, quale risultante dalla modifica apportata dall'art. 11-quater del decreto-legge n. 135/2018, assegna alla potesta' legislativa regionale la disciplina delle modalita' e delle procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni d'acqua a scopo idroelettrico, seppure nel rispetto dei principi e dei parametri indicati dalla stessa legge statale. Si tratta dunque di una riserva di legge regionale. Tutte le norme in epigrafe menzionate, che anche qui vengono cumulativamente impugnate per un unico e comune vizio, rinviano invece la disciplina di elementi essenziali della materia a futuri provvedimenti di rango non legislativo (regolamenti, delibere di giunta, bandi di gara e protocolli di intesa) senza alcuna apprezzabile fissazione di criteri direttivi. Questo meccanismo di rinvio produce l'affidamento di una materia di indubbia delicatezza ad atti amministrativi la cui discrezionalita' non viene dalla legge in alcun modo indirizzata ne' limitata. L'art. 7 della legge regionale demanda a regolamento deliberato dalla giunta regionale la disciplina dei contenuti minimi dei bandi di gara, senza indicazioni circa la delimitazione del perimetro entro il quale la giunta (che e' un organo esecutivo) deve esprimere la sua potesta' regolamentare. E questo, a tacer d'altro, elimina il controllo di legittimita' costituzionale sul rispetto della concorrenza che dovrebbe svolgersi su quelle regole se esse fossero fissate con legge. L'art. 9 della legge qui esaminata si occupa dei requisiti di qualificazione per partecipare alle gare per l'affidamento delle concessioni, ma - se la disciplina ivi contenuta e' sufficientemente precisa con riguardo ai valori minimi di tali requisiti - la fissazione degli ulteriori parametri specifici in relazione a ciascuna procedura di gara e' lasciata al medesimo regolamento di giunta, senza alcuna predeterminazione legislativa dei criteri e dei limiti cui la discrezionalita' amministrativa dovrebbe obbedire. L'art. 11 ugualmente rimette al regolamento giuntale la disciplina del procedimento di selezione delle proposte progettuali presentate dai concorrenti, mentre la legge statale demanda tale potere esclusivamente al potere legislativo regionale. L'art. 13 prevede che gli eventuali obblighi e limitazioni gestionali cui devono sottostare i progetti di utilizzazione delle opere e delle acque siano fissati esclusivamente (non dalla legge regionale, ne' da alcun regolamento, ma) dal bando di gara, senza - anche qui - alcuna predeterminazione di principi, criteri o indirizzi. E se si considera l'importanza degli ambiti cui devono dirigersi gli obblighi e le limitazioni in parola, quali elencati nella stessa norma, l'indeterminatezza qui censurata appare ancor piu' manifesta e grave. Anche gli articoli 14 («Miglioramenti energetici»), 15 («Miglioramento e risanamento ambientale»), 16 («Misure di compensazione ambientale e territoriale») e 19 («Clausole sociali») demandano esclusivamente al bando di gara, senza alcuna predeterminazione legislativa di criteri e principi direttivi, la disciplina di aspetti importantissimi per l'assegnazione ed il successivo esercizio delle concessioni. L'art. 20 rimette la definizione delle procedure di assegnazione delle concessioni di interesse di piu' regioni al contenuto di protocolli di intesa fra le stesse regioni interessate, senza indicare ne' le modalita' ne' i termini con i quali devono gestirsi le derivazioni ed i vincoli amministrativi, e senza fissare alcun criterio di riparto tra loro dei canoni, come invece previsto dalla legge statale. L'art. 23, infine, rinvia a semplice deliberazione della giunta regionale l'individuazione delle ulteriori modalita' e condizioni di esercizio delle derivazioni d'acqua nonche' degli impianti afferenti le concessioni gia' scadute fino al momento dell'assegnazione delle nuove concessioni. La legge dello Stato, il gia' citato art. 12, comma 1-ter, del decreto legislativo n. 79/1999, prevede un sistema per cui le regioni devono disciplinare con propria legge - e non con atti di rango inferiore - le modalita' e le procedure di assegnazione delle concessioni di grande derivazione. La materia della produzione, del trasporto e della distribuzione nazionale dell'energia e' soggetta al potere legislativo concorrente dello Stato e delle regioni, ma questo potere deve essere dalle regioni esercitato nel rispetto dei principi fondamentali dettati dallo Stato, in questo caso dall'art. 12, comma 1-ter, del decreto legislativo n. 79/1999, che si pone dunque quale norma di riferimento per la competenza legislativa regionale. Se questa norma impone alle regioni di disciplinare la materia con legge, una norma regionale che demandi invece la regola a fonti sotto ordinate - senza neppure una sufficiente predeterminazione di criteri ispiratori - si pone in contrasto con il principio fissato dallo Stato, e lede pertanto il precetto costituzionale. Ne deriva che le norme in epigrafe indicate devono essere dichiarate costituzionalmente illegittime per violazione dell'art. 117, comma 3, della Costituzione. 3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 1, della legge regionale del Piemonte 29 ottobre 2020, n. 29, per violazione dell'art. 117, commi 1 e 2, lettera e) della Costituzione. La norma in epigrafe menzionata prevede l'esclusione incondizionata e non limitata nel tempo dalle procedure di affidamento delle concessioni di grande derivazione idroelettriche degli operatori economici che siano incorsi in un provvedimento di revoca o di decadenza. Una norma cosi' assoluta e penalizzante non trova riscontro in alcuna previsione legislativa vigente, ne' nazionale ne' europea, in quanto ingiustificatamente restrittiva del principio di massima partecipazione alle procedure di grande derivazione, e del presupposto principio di tutela della concorrenza. La norma regionale, al fine di prevedere le cause di esclusione dalla partecipazione alle selezioni, richiama l'art. 80 del Codice dei contratti pubblici di cui alla legge statale (decreto legislativo n. 50/2016). Sennonche' nessuna causa di esclusione prevista dalla legge statale e' incondizionata o illimitata nel tempo, ne' potrebbe esserlo per il necessario rispetto dei canoni di ragionevolezza. Basti pensare che la condotta negativa tenuta dall'operatore economico in occasione di precedenti affidamenti lo esclude dalla partecipazione alla gara non in modo assoluto, ma solo se egli non prova che il pregresso non incide sulla sua affidabilita' (art. 80, comma 5, lettere c) e c-ter) del decreto legislativo n. 50/2016); e in ogni caso deve essere sempre previsto un limite temporale di vigenza della causa di esclusione perche' la durata della sanzione interdittiva deve essere sempre proporzionata alla oggettiva gravita' del fatto commesso, tanto che un'interdizione perpetua e' dalla legge ammessa solo nel caso di interdizione - appunto, perpetua - dai pubblici uffici (art. 80, comma 10, lettera a). Peraltro, l'irragionevolezza di un'esclusione sine die in caso di revoca o decadenza da una precedente concessione deriva anche dalla considerazione che non tutte le ipotesi di decadenza o di revoca possono avere natura sanzionatoria. Ed ancora, la generica previsione di un'esclusione illimitata nel tempo nel caso di revoca o decadenza da qualsiasi tipo di concessione, sottopone a sanzione anche l'ipotesi di decadenza o revoca relativa a concessioni di piccola derivazione rendendo evidente la sua irragionevolezza per mancato rispetto del fondamentale canone della proporzionalita'. La palese lesione della concorrenza perpetrata dalla norma regionale in questione rende la stessa costituzionalmente illegittima per violazione del precetto (art. 117, comma 1, della Costituzione) che impone al legislatore regionale l'obbligo del rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario. Ma per lo stesso motivo, la norma regionale incide - regolando differentemente l'accesso alle procedure concorrenziali rispetto alla legge statale - sulla competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza, garantita dall'art. 117, comma 2, lettera e) della Costituzione. 4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 21 della legge regionale del Piemonte 29 ottobre 2020, n. 26, per violazione dell'art. 117, comma 3, della Costituzione. La norma regionale in rubrica disciplina il canone concessorio da versarsi nelle casse regionali, canone composto da una parte fissa e da una parte variabile. Essa dispone che sia la giunta regionale, con proprio regolamento, a determinare sulla base de principi stabiliti dall'art. 15 della legge regionale n. 20/2002 sia l'imposto unitario della componente fissa del canone concessorio, sia la percentuale della parte variabile, nonche' le modalita' di quantificazione dei ricavi normalizzati e le modalita' di aggiornamento, versamento, introito, controllo e riscossione del canone stesso A norma della legge statale, invece, i concessionari di grandi derivazioni idroelettriche devono corrispondere con cadenza semestrale un canone «determinato con legge regionale, sentita l'Autorita' di regolazione per energia, reti e ambiente ARERA» (art. 12, comma 1-quinquies, del decreto legislativo n. 79/1999). A causa della formulazione della norma qui censurata, che introduce un nuovo articolo (il 14-ter) alla precedente legge regionale n. 20/2002, il processo di definizione del canone concessorio e' difforme dalla previsione della legge statale perche' l'unico contributo che la giunta deve acquisire nella fissazione della parte fissa e variabile del canone e' il parere della commissione consiliare competente, senza alcuna menzione del parere ARERA. L'intervento necessario dell'Autorita' regolatrice nella materia della determinazione dei canoni costituisce un principio fondamentale imposto dalla norma statale alla potesta' legislativa concorrente delle regioni, per ovvie ragioni di uniformita' di disciplina su tutto il territorio nazionale e per la garanzia del rispetto delle regole che con funzioni assolutamente indipendenti l'Autorita' e' chiamata ad assicurare. Pertanto, la norma in questione deve essere dichiarata costituzionalmente illegittima per violazione dell'art. 117, comma 3, della Costituzione in relazione ai limiti posti alla legislazione regionale nelle materie della produzione, trasporto e distribuzione di energia, e del coordinamento della finanza pubblica.
P. Q. M. Per tutte le esposte ragioni, la Presidenza del Consiglio dei ministri come sopra rappresentata e difesa conclude affinche' la Corte costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittime le norme della legge regionale del Piemonte 29 ottobre 2020, n. 29, con il presente atto censurate. Roma, 28 dicembre 2020 L'Avvocato dello Stato: Corsini