N. 1 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5 gennaio 2021

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 5 gennaio  2021  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Energia - Norme della Regione Piemonte -  Assegnazione  delle  grandi
  derivazioni ad uso  idroelettrico  -  Previsione  che  la  relativa
  disciplina  non  si  applica  alle  nuove  concessioni  di   grandi
  derivazioni di acqua a scopo  idroelettrico  -  Applicazione  delle
  procedure ad evidenza pubblica per  la  selezione  degli  operatori
  economici solo  nei  casi  di  scadenza,  decadenza  o  rinuncia  -
  Attribuzione alla Giunta regionale della disciplina  relativa  alle
  procedure ad evidenza pubblica per l'affidamento delle  concessioni
  scadute,  decadute  o  rinunciate  -  Restrizione   dei   requisiti
  soggettivi dei concorrenti alle sole domande di concessione dopo la
  scadenza,  la  revoca,  la  decadenza  o  la  rinuncia  relative  a
  precedenti titoli concessori - Modifiche alla legge regionale n. 44
  del 2020 - Previsione che sono di competenza regionale le  funzioni
  amministrative inerenti all'assegnazione,  nel  caso  di  scadenza,
  decadenza o rinuncia, delle grandi derivazioni ad uso energetico. 
Energia - Norme della Regione Piemonte -  Assegnazione  delle  grandi
  derivazioni  ad  uso  idroelettrico  -  Previsione  che  la  Giunta
  regionale disciplina, con proprio regolamento,  le  modalita'  e  i
  termini per lo svolgimento delle procedure di assegnazione  nonche'
  i contenuti minimi del bando di gara - Fissazione, con il  suddetto
  regolamento, dei requisiti organizzativi, tecnici, finanziari e  di
  idoneita' professionale specifici richiesti per  la  partecipazione
  alle procedure suindicate - Disciplina con regolamento della Giunta
  delle modalita' e dei tempi di svolgimento del  procedimento  unico
  di selezione  delle  proposte  progettuali  -  Previsione  che  gli
  eventuali obblighi e limitazioni gestionali cui devono sottostare i
  progetti di utilizzazione delle opere e delle acque  siano  fissati
  dal bando per l'assegnazione delle concessioni  -  Assegnazione  al
  bando di gara della disciplina volta al  miglioramento  energetico,
  al  miglioramento  e  risanamento  ambientale,   alle   misure   di
  compensazione  ambientale  e  territoriale  nonche'  alle  clausole
  sociali - Definizione, in accordo tra le Regioni interessate, delle
  procedure di assegnazione  delle  concessioni  che  interessano  il
  territorio di piu'  Regioni,  sulla  base  di  protocolli  d'intesa
  approvati   dalla   Giunta   regionale   -   Individuazione,    con
  deliberazione della Giunta regionale, delle ulteriori  modalita'  e
  condizioni di esercizio delle  derivazioni  d'acqua  nonche'  degli
  impianti afferenti alle  concessioni  gia'  scadute  per  il  tempo
  necessario al completamento delle procedure di assegnazione. 
Energia - Norme della Regione Piemonte -  Assegnazione  delle  grandi
  derivazioni   ad   uso   idroelettrico   -   Prevista    esclusione
  incondizionata e non limitata nel tempo degli  operatori  economici
  incorsi  in  un  provvedimento  di  revoca  o  di  decadenza  dalle
  procedure di affidamento delle concessioni idroelettriche. 
Energia - Norme della Regione Piemonte -  Assegnazione  delle  grandi
  derivazioni ad uso idroelettrico - Modifiche alla  legge  regionale
  n. 20 del 2020 - Canone per le  concessioni  -  Previsione  che  la
  Giunta regionale, acquisito il parere della commissione  consiliare
  competente,  determina  con  proprio  regolamento,   tra   l'altro,
  l'importo unitario della componente fissa e  la  percentuale  della
  componente variabile. 
- Legge della Regione Piemonte 29 ottobre 2020, n.  26  (Assegnazione
  delle grandi derivazioni ad uso elettrico), artt. 2,  comma  4;  4,
  comma 1; 7; 8, comma 1; 9; 11; 13; 14; 15; 16; 19; 20;  21;  22;  e
  23. 
(GU n.5 del 3-2-2021 )
    Ricorso per la Presidenza del Consiglio dei ministri, in  persona
del Presidente del Consiglio attualmente in carica,  rappresentata  e
difesa per mandato ex  lege  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
presso i cui uffici ha domicilio in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, 
    Ricorrente contro Regione Piemonte,  in  persona  del  Presidente
della  Giunta  regionale  pro   tempore,   domiciliata   nella   sede
istituzionale in Torino, Piazza Castello, n. 165, 
    Resistente   per   l'impugnazione   e   la    dichiarazione    di
incostituzionalita' dell'art. 2, comma 4, 4, comma 1, 7, 8, comma  1,
9, 11, 13, 14, 15, 16, 19, 20, 21, 22 e 23 della legge  regionale  26
ottobre 2020,  n.  26,  pubblicata  nel  Bollettino  Ufficiale  della
Regione n. 44 del 30 ottobre 2020. 
    La Regione Piemonte ha approvato alla fine del  mese  di  ottobre
del corrente anno la  legge  n.  26  intitolata  «Assegnazione  delle
grandi derivazioni ad uso elettrico». 
    Il provvedimento,  in  dichiarata  attuazione  dell'art.  12  del
decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (che a  sua  volta  ha  dato
attuazione alla direttiva comunitaria 96/92/CE recante  norme  comuni
per il mercato interno dell'energia elettrica), detta in  venticinque
articoli  la  disciplina  delle  modalita'  e  delle   procedure   di
assegnazione delle grandi derivazioni d'acqua a  scopo  idroelettrico
nel territorio piemontese, nel rispetto  dell'ordinamento  europeo  e
dei  principi  fondamentali  dell'ordinamento  statale,  nonche'  dei
principi  fondamentali  di  tutela  della  concorrenza,  liberta'  di
stabilimento, trasparenza e non discriminazione. 
    Sennonche', numerose norme (per  non  dire  quasi  tutte,  se  si
eccettuano quelle di neutralita' finanziaria e  di  dichiarazione  di
urgenza) ad avviso della Presidenza del Consiglio dei ministri ledono
i principi  costituzionali  a  tutela  del  rispetto  degli  obblighi
derivanti  dall'ordinamento  comunitario,  nonche'  a  tutela   della
competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato,  e   dei   principi
fondamentali  che  lo  stesso  Stato  detta  al  potere   legislativo
concorrente delle regioni. 
    Pertanto, con il presente atto  la  legge  regionale  n.  26/2020
viene impugnata perche' sia dichiarata costituzionalmente illegittima
per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
1) Illegittimita' costituzionale degli articoli 2, comma 4, 4,  comma
1, 7, comma 1, 9, comma 1, e 22 della legge regionale del Piemonte 29
ottobre 2020, n. 26, per violazione dell'art. 117, comma  1  e  comma
21, lettera e), della Costituzione. 
    Le norme ora citate in rubrica vengono impugnate  cumulativamente
perche' unico e' il motivo di illegittimita' che le unisce,  e  cioe'
l'esclusione  dalla  disciplina  della  legge  stessa   delle   nuove
concessioni di grandi derivazioni. 
    Infatti, il  comma  4  dell'art.  2  della  legge  regionale  qui
impugnata espressamente precisa che  «le  disposizioni  di  cui  alla
presente legge non si applicano alle domande di nuova concessione  di
grandi derivazioni di acqua a scopo idroelettrico». 
    Il comma 1 del successivo art. 4, nell'elencare le  procedure  ad
evidenza pubblica per la selezione degli operatori economici  prevede
che esse  si  applicano  solo  nei  casi  di  scadenza,  decadenza  o
rinuncia,  escludendo  quindi  le  istanze  di  nuova  concessine  in
mancanza di precedente titolo. 
    Il comma 1 dell'art.  7  ugualmente  si  riferisce,  mediante  il
rinvio all'art.  5  della  stessa  legge,  alle  concessioni  scadute
decadute o rinunciate laddove attribuisce alla  Giunta  regionale  la
disciplina delle procedure di affidamento. 
    Ancora, il comma 1 dell'art. 9, sempre facendo rinvio all'art. 5,
restringe i requisiti soggettivi dei concorrenti alle sole domande di
concessione dopo la revoca o la decadenza o la  rinuncia  relative  a
precedenti titoli concessori, cosi' non prevedendo alcuna  disciplina
per le domande presentate ex novo. 
    Infine, l'art. 22 della legge  qui  impugnata  -  nel  modificare
precedenti  disposizioni  regionali  attributive   delle   competenze
statali in materia di tutela delle acque  alla  Regione  Piemonte  ed
alle  province  della  stessa  Regione  -  prevede  che  le  funzioni
regionali siano estese all'assegnazione delle grandi  derivazioni  ad
uso energetico, ma solo relativamente alle  concessioni  da  affidare
dopo la revoca, la decadenza o la rinuncia  di,  da  o  a  precedenti
concessioni. E cio' si ripercuote  anche  sulle  funzioni  esercitate
dalle province ex art. 56 della legge regionale n. 44/2000 in tema di
gestione  del  demanio  idrico,  che  vengono  di  conseguenza  cosi'
limitate. 
    Ora, l'art. 12 del decreto  legislativo  n.  79/1999  (intitolato
«Concessioni idroelettriche») contiene la disciplina statale relativa
alla assegnazione delle concessioni di  grande  derivazione  a  scopo
idroelettrico e, in considerazione della molteplicita' delle  materie
coinvolte - che vanno dalla tutela della concorrenza e dell'ambiente,
alla produzione, trasporto  e  distribuzione  nazionale  di  energia,
l'una di competenza esclusiva  dello  Stato,  l'altra  di  competenza
concorrente con le regioni - da un lato prevede una  delega  espressa
alle regioni per la regolamentazione delle procedure di assegnazione,
dall'altro lato comunque impone il rispetto dei  principi  europei  e
degli accordi internazionali, nonche' dei principi fondamentali della
legislazione statale. 
    La  norma  statale  prevede  si'   che   le   regioni   diventino
gratuitamente proprietarie delle  opere  realizzate  per  l'esercizio
delle concessioni scadute, revocate o rinunciate, ma prevede anche  -
senza alcuna distinzione  tra  vecchie  (cioe'  gia'  precedentemente
esercitate) e nuove (cioe' da affidare per la prima volta) -  che  le
regioni fissino con propria legge le regole per l'assegnazione  delle
concessioni. 
    In sostanza, le procedure per l'assegnazione delle concessioni di
grandi derivazioni che le regioni sono incaricate di  disciplinare  e
di espletare in qualita' di concedenti  devono  riguardare  tutte  le
concessioni, quelle da affidare e quelle da riaffidare. 
    Quindi, le disposizioni regionali ora descritte e qui  censurate,
nella  misura  in  cui  escludono  dalla  propria   applicazione   le
concessioni di prima assegnazione,  violano  l'art.  12  della  legge
statale di cui al decreto legislativo n. 79/1999 laddove  questo  non
ammette alcuna deroga, differenziazione o esclusione in tal senso.  E
questa disciplina statale, essendo volta  nella  sua  generalita'  ed
onnicomprensivita' alla tutela  della  concorrenza,  appartiene  alla
potesta' esclusiva e non e' derogabile da parte delle regioni. 
    Ma  la  esplicita  esclusione  dalla   regola   regionale   delle
concessioni  di  prima  assegnazione  lede  anche  precisi   principi
comunitari. 
    La  norma  statale,  infatti,  soprattutto   dopo   la   modifica
introdotta dall'art. 11-quater del decreto-legge  n.  135/2018  (resa
necessaria per superare le censure  mosse  all'ordinamento  nazionale
dalla Commissione europea nell'ambito di una procedura di  infrazione
ancora pendente), tende anche a recepire la nota «Direttiva  Servizi»
2006/123 del 12 dicembre 2006. Questo provvedimento, come noto,  mira
a consentire in regime concorrenziale lo sfruttamento economico di un
bene pubblico scarso e impone agli  stati  membri  la  previsione  di
procedure  competitive   «qualora   il   numero   di   autorizzazioni
disponibili per una determinata attivita' sia limitato per via  della
scarsita'  delle  risorse  naturali  o   delle   capacita'   tecniche
utilizzabili. Nel  caso  di  specie,  il  bene  pubblico  scarsamente
disponibile sono i corsi  d'acqua  e  quindi,  in  presenza  di  piu'
potenziali aspiranti alla relativa «autorizzazione»,  la  concessione
deve essere assegnata come prevede  la  norma  comunitaria  (art.  12
direttiva 2006/123),  ossia  con  una  pubblica  selezione.  Pubblica
selezione che, come ha chiarito la giurisprudenza  comunitaria,  deve
andare a beneficio sia degli operatori economici  nazionali,  sia  di
quelli transfrontalieri  che  intendono  stabilirsi  in  altro  stato
membro diverso da quello di appartenenza. 
    La  legge  regionale  qui  in  esame,   laddove   ammette   nelle
disposizioni ora ricordate un campo  di  applicazione  limitato  alle
sole concessioni revocate, decadute  o  rinunciate,  elude  l'obbligo
comunitario di affidare con procedura competitiva le  concessioni  di
primo affidamento, e quindi viola l'art. 12 della  Direttiva  Servizi
quale  parametro  interposto  dell'obbligo   imposto   alle   regioni
dall'art. 117, comma 1, della Costituzione di  rispettare  i  vincoli
derivanti dall'ordinamento comunitario. 
    Per tutte le esposte ragioni,  le  norme  in  rubrica  menzionate
devono   essere   dichiarate   costituzionalmente   illegittime   per
violazione sia dell'art. 117, comma 1, della Costituzione  in  quanto
lesivo   dell'obbligo   di    rispettare    i    vincoli    derivanti
dall'ordinamento europeo come tradotti nell'art. 12  della  direttiva
2006/123, sia dell'art. 117, comma 2, lettera e)  della  Costituzione
perche'  indebitamente  invasivi,  con  effetto  derogatorio,   della
competenza legislativa statale in materia di tutela della concorrenza
quale esercitata con l'art. 12 del decreto legislativo n. 79/1999. 
2) Illegittimita' costituzionale degli articoli 7, 9, 11, 13, 14, 15,
16, 19, 20 e 23 della legge regionale del Piemonte 29  ottobre  2020,
n. 26, per violazione dell'art. 117, comma 3, della Costituzione. 
    Il testo dell'art. 12 del decreto legislativo n.  79/1999,  quale
risultante  dalla  modifica   apportata   dall'art.   11-quater   del
decreto-legge  n.  135/2018,  assegna   alla   potesta'   legislativa
regionale  la  disciplina  delle  modalita'  e  delle  procedure   di
assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni d'acqua a  scopo
idroelettrico, seppure nel rispetto  dei  principi  e  dei  parametri
indicati dalla stessa legge statale. Si tratta dunque di una  riserva
di legge regionale. 
    Tutte le norme in epigrafe  menzionate,  che  anche  qui  vengono
cumulativamente impugnate per  un  unico  e  comune  vizio,  rinviano
invece la disciplina di elementi essenziali della  materia  a  futuri
provvedimenti di rango  non  legislativo  (regolamenti,  delibere  di
giunta,  bandi  di  gara  e  protocolli  di  intesa)   senza   alcuna
apprezzabile fissazione di criteri direttivi.  Questo  meccanismo  di
rinvio produce l'affidamento di una materia di  indubbia  delicatezza
ad atti amministrativi la cui discrezionalita' non viene dalla  legge
in alcun modo indirizzata ne' limitata. 
    L'art. 7 della legge regionale demanda a  regolamento  deliberato
dalla giunta regionale la disciplina dei contenuti minimi  dei  bandi
di gara, senza indicazioni circa la delimitazione del perimetro entro
il quale la giunta (che e' un organo esecutivo) deve esprimere la sua
potesta'  regolamentare.  E  questo,  a  tacer  d'altro,  elimina  il
controllo  di  legittimita'   costituzionale   sul   rispetto   della
concorrenza che dovrebbe svolgersi su quelle regole se  esse  fossero
fissate con legge. 
    L'art. 9 della legge qui esaminata si  occupa  dei  requisiti  di
qualificazione per partecipare  alle  gare  per  l'affidamento  delle
concessioni, ma - se la disciplina ivi contenuta e'  sufficientemente
precisa con  riguardo  ai  valori  minimi  di  tali  requisiti  -  la
fissazione  degli  ulteriori  parametri  specifici  in  relazione   a
ciascuna procedura di gara e' lasciata  al  medesimo  regolamento  di
giunta, senza alcuna predeterminazione legislativa dei criteri e  dei
limiti cui la discrezionalita' amministrativa dovrebbe obbedire. 
    L'art.  11  ugualmente  rimette  al   regolamento   giuntale   la
disciplina del procedimento di selezione delle  proposte  progettuali
presentate dai concorrenti, mentre  la  legge  statale  demanda  tale
potere esclusivamente al potere legislativo regionale. 
    L'art. 13  prevede  che  gli  eventuali  obblighi  e  limitazioni
gestionali cui devono sottostare i progetti  di  utilizzazione  delle
opere e delle acque siano fissati  esclusivamente  (non  dalla  legge
regionale, ne' da alcun regolamento, ma) dal bando di gara,  senza  -
anche  qui  -  alcuna  predeterminazione  di  principi,   criteri   o
indirizzi. E se si considera l'importanza  degli  ambiti  cui  devono
dirigersi gli obblighi e le limitazioni  in  parola,  quali  elencati
nella stessa norma, l'indeterminatezza  qui  censurata  appare  ancor
piu' manifesta e grave. 
    Anche  gli   articoli   14   («Miglioramenti   energetici»),   15
(«Miglioramento  e   risanamento   ambientale»),   16   («Misure   di
compensazione ambientale e territoriale») e 19  («Clausole  sociali»)
demandano   esclusivamente   al   bando   di   gara,   senza   alcuna
predeterminazione legislativa di criteri  e  principi  direttivi,  la
disciplina  di  aspetti  importantissimi  per  l'assegnazione  ed  il
successivo esercizio delle concessioni. 
    L'art. 20 rimette la definizione delle procedure di  assegnazione
delle concessioni di  interesse  di  piu'  regioni  al  contenuto  di
protocolli  di  intesa  fra  le  stesse  regioni  interessate,  senza
indicare ne' le modalita' ne' i termini con i quali  devono  gestirsi
le derivazioni ed i vincoli amministrativi,  e  senza  fissare  alcun
criterio di riparto tra loro dei canoni, come invece  previsto  dalla
legge statale. 
    L'art. 23, infine, rinvia a semplice deliberazione  della  giunta
regionale l'individuazione delle ulteriori modalita' e condizioni  di
esercizio delle derivazioni d'acqua nonche' degli impianti  afferenti
le concessioni gia' scadute fino al momento  dell'assegnazione  delle
nuove concessioni. La legge dello Stato,  il  gia'  citato  art.  12,
comma 1-ter, del decreto legislativo n. 79/1999, prevede  un  sistema
per cui le regioni devono disciplinare con propria legge - e non  con
atti di rango inferiore - le modalita' e le procedure di assegnazione
delle concessioni di grande derivazione. 
    La materia della produzione, del trasporto e della  distribuzione
nazionale dell'energia e' soggetta al potere legislativo  concorrente
dello Stato e delle regioni,  ma  questo  potere  deve  essere  dalle
regioni esercitato nel rispetto  dei  principi  fondamentali  dettati
dallo Stato, in questo caso dall'art. 12, comma  1-ter,  del  decreto
legislativo n. 79/1999, che si pone dunque quale norma di riferimento
per la competenza legislativa regionale. Se questa norma impone  alle
regioni di disciplinare la materia con legge, una norma regionale che
demandi invece la regola a fonti sotto ordinate - senza  neppure  una
sufficiente predeterminazione di criteri  ispiratori  -  si  pone  in
contrasto con il principio fissato dallo Stato, e  lede  pertanto  il
precetto costituzionale. 
    Ne deriva  che  le  norme  in  epigrafe  indicate  devono  essere
dichiarate costituzionalmente illegittime  per  violazione  dell'art.
117, comma 3, della Costituzione. 
3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 8, comma  1,  della  legge
regionale del  Piemonte  29  ottobre  2020,  n.  29,  per  violazione
dell'art. 117, commi 1 e 2, lettera e) della Costituzione. 
    La   norma   in   epigrafe   menzionata   prevede    l'esclusione
incondizionata  e  non  limitata  nel  tempo   dalle   procedure   di
affidamento delle concessioni di  grande  derivazione  idroelettriche
degli operatori economici che siano incorsi in  un  provvedimento  di
revoca o di decadenza. 
    Una norma cosi' assoluta e penalizzante non  trova  riscontro  in
alcuna previsione legislativa vigente, ne' nazionale ne' europea,  in
quanto  ingiustificatamente  restrittiva  del  principio  di  massima
partecipazione  alle  procedure  di   grande   derivazione,   e   del
presupposto principio di tutela della concorrenza. 
    La norma regionale, al fine di prevedere le cause  di  esclusione
dalla partecipazione alle selezioni, richiama l'art.  80  del  Codice
dei contratti pubblici di cui alla legge statale (decreto legislativo
n. 50/2016). Sennonche' nessuna causa di  esclusione  prevista  dalla
legge statale e' incondizionata o illimitata nel tempo, ne'  potrebbe
esserlo per il necessario rispetto dei canoni di ragionevolezza. 
    Basti pensare che  la  condotta  negativa  tenuta  dall'operatore
economico in occasione di precedenti  affidamenti  lo  esclude  dalla
partecipazione alla gara non in modo assoluto, ma solo  se  egli  non
prova che il pregresso non incide sulla sua affidabilita'  (art.  80,
comma 5, lettere c) e c-ter) del decreto legislativo n.  50/2016);  e
in ogni caso deve essere  sempre  previsto  un  limite  temporale  di
vigenza della causa di esclusione perche' la  durata  della  sanzione
interdittiva deve essere sempre proporzionata alla oggettiva gravita'
del fatto commesso, tanto che un'interdizione perpetua e' dalla legge
ammessa solo nel caso di  interdizione  -  appunto,  perpetua  -  dai
pubblici uffici (art. 80, comma 10, lettera a). 
    Peraltro, l'irragionevolezza di un'esclusione sine die in caso di
revoca o decadenza da una precedente concessione deriva  anche  dalla
considerazione che non tutte le ipotesi  di  decadenza  o  di  revoca
possono avere natura sanzionatoria. 
    Ed ancora, la generica previsione di un'esclusione illimitata nel
tempo  nel  caso  di  revoca  o  decadenza  da  qualsiasi   tipo   di
concessione, sottopone a sanzione  anche  l'ipotesi  di  decadenza  o
revoca  relativa  a  concessioni  di  piccola  derivazione   rendendo
evidente  la  sua   irragionevolezza   per   mancato   rispetto   del
fondamentale canone della proporzionalita'. 
    La  palese  lesione  della  concorrenza  perpetrata  dalla  norma
regionale in questione rende la stessa costituzionalmente illegittima
per violazione del precetto (art. 117, comma 1,  della  Costituzione)
che impone  al  legislatore  regionale  l'obbligo  del  rispetto  dei
vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario. 
    Ma per lo stesso motivo, la norma regionale  incide  -  regolando
differentemente l'accesso alle procedure concorrenziali rispetto alla
legge statale - sulla competenza legislativa esclusiva dello Stato in
materia di tutela della concorrenza, garantita dall'art.  117,  comma
2, lettera e) della Costituzione. 
4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 21 della  legge  regionale
del Piemonte 29 ottobre 2020, n. 26, per  violazione  dell'art.  117,
comma 3, della Costituzione. 
    La norma regionale in rubrica disciplina il canone concessorio da
versarsi nelle casse regionali, canone composto da una parte fissa  e
da una parte variabile. Essa dispone che sia la giunta regionale, con
proprio regolamento, a determinare sulla base de  principi  stabiliti
dall'art. 15 della legge regionale n. 20/2002 sia l'imposto  unitario
della componente fissa del canone  concessorio,  sia  la  percentuale
della parte variabile, nonche' le modalita'  di  quantificazione  dei
ricavi normalizzati e  le  modalita'  di  aggiornamento,  versamento,
introito, controllo e riscossione del canone stesso 
    A norma della legge statale, invece, i  concessionari  di  grandi
derivazioni   idroelettriche   devono   corrispondere   con   cadenza
semestrale  un  canone  «determinato  con  legge  regionale,  sentita
l'Autorita' di regolazione per energia, reti e ambiente ARERA»  (art.
12, comma 1-quinquies, del decreto legislativo n. 79/1999). 
    A  causa  della  formulazione  della  norma  qui  censurata,  che
introduce  un  nuovo  articolo  (il  14-ter)  alla  precedente  legge
regionale  n.  20/2002,  il  processo  di  definizione   del   canone
concessorio e' difforme dalla previsione della legge statale  perche'
l'unico contributo che la  giunta  deve  acquisire  nella  fissazione
della  parte  fissa  e  variabile  del  canone  e'  il  parere  della
commissione consiliare competente, senza alcuna menzione  del  parere
ARERA. 
    L'intervento necessario dell'Autorita' regolatrice nella  materia
della determinazione dei canoni costituisce un principio fondamentale
imposto dalla norma statale  alla  potesta'  legislativa  concorrente
delle regioni, per ovvie ragioni  di  uniformita'  di  disciplina  su
tutto il territorio nazionale e per la garanzia  del  rispetto  delle
regole che con funzioni  assolutamente  indipendenti  l'Autorita'  e'
chiamata ad assicurare. 
    Pertanto,  la  norma  in   questione   deve   essere   dichiarata
costituzionalmente illegittima per violazione dell'art. 117, comma 3,
della Costituzione in relazione ai  limiti  posti  alla  legislazione
regionale nelle materie della produzione, trasporto  e  distribuzione
di energia, e del coordinamento della finanza pubblica. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Per tutte le esposte ragioni, la  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri come sopra rappresentata  e  difesa  conclude  affinche'  la
Corte costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittime
le norme della legge regionale del Piemonte 29 ottobre 2020,  n.  29,
con il presente atto censurate. 
        Roma, 28 dicembre 2020 
 
                   L'Avvocato dello Stato: Corsini