N. 15 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 marzo 2020

Ordinanza del 5 marzo 2020 del Tribunale di Firenze nel  procedimento
penale a carico di H. F.. 
 
Processo penale - Arresto  obbligatorio  in  flagranza  -  Previsione
  dell'arresto obbligatorio  nell'ipotesi  di  tentato  furto  quando
  ricorre la circostanza aggravante di cui all'art. 625, primo comma,
  numero 2, prima ipotesi, del codice penale (salvo  che  ricorra  la
  circostanza attenuante di cui all'art. 62, primo comma,  numero  4,
  del codice penale). 
- Codice di procedura penale, art. 380, secondo comma, lettera e). 
(GU n.7 del 17-2-2021 )
 
                        TRIBUNALE DI FIRENZE 
                        Prima Sezione penale 
 
    Il Giudice, dott. Franco Attina', nel procedimento sopra indicato
a carico di H. F. , nato  a  ...,  il  ...  (C.U.I.  ...),  residente
anagraficamente  in  ...,  Via  ...,  di   fatto   s.f.d.,   elettiv.
domiciliato presso  i  genitori  «...»  in  ...,  Via  ...  (elezione
all'udienza di convalida del 5 marzo 2020); 
    difeso di fiducia dall'avv. Carolina Rienzi del Foro  di  Firenze
(nomina a seguito dell'arresto in data 4 marzo 2020); 
    arrestato in flagranza di reato in data 4 marzo  2020  e  oggetto
del  decreto  di  presentazione  diretta  in  giudizio  per  il  rito
direttissimo con la seguente imputazione 
        delitto di cui agli articoli 56,  624  e  625  n.  2)  codice
penale perche', al fine di trarne  ingiusto  profitto,  compiva  atti
idonei diretti in modo inequivoco ad impossessarsi di n.  4  paia  di
auricolari bluetooth del valore complessivo di euro 119,60, posti  in
vendita all'interno del supermercato Esselunga del di  sottraendo  le
relative confezioni dagli espositori, aprendole e strappandone alcune
rendendole cosi' inutilizzabili, occultandole poi tra gli scaffali  e
celandone  successivamente  il  contenuto  all'interno   dei   propri
indumenti, recandosi quindi all'uscita  per  scavalcare  la  barriera
delle casse, non riuscendo tuttavia nel proprio intento per il pronto
intervento del personale di sorveglianza  del  supermercato,  che  ne
seguiva i movimenti, lo bloccava con indosso  la  merce  asportata  e
richiedeva l'intervento delle Forze dell'ordine. 
    Con l'aggravante di aver commesso il  fatto  con  violenza  sulle
cose. 
        In ..., il ... 
    Premesso che: 
        in base agli atti d'indagine alle ore 13,45 circa del 4 marzo
2020, presso il supermercato Esselunga di  via  ...,  l'addetto  alla
sicurezza D. S. A. notava un soggetto (poi identificato  nell'attuale
arrestato) gia' a lui noto per  un  precedente  episodio  di  tentato
furto; ne monitorava quindi  i  movimenti  all'interno  dell'area  di
vendita. Vedeva cosi' che il  predetto  prelevava  da  un  espositore
quattro  confezioni  di  auricolari  Bluetooth   per   telefoni;   le
confezioni venivano aperte ed il loro contenuto nascosto dal predetto
all'interno dei  propri  indumenti,  mentre  le  scatole  in  cartone
venivano lasciate tra due bancali di bibite; il soggetto continuava a
girare per alcuni minuti tra i corridoi del supermercato fin  quando,
giunto in corrispondenza dell'area  denominata  «Prestospesa»  veniva
fermato dall'addetto alla  sicurezza  che  si  qualificava;  condotto
presso l'ufficio, il prevenuto estraeva quindi dai  propri  indumenti
il materiale sottratto;  tre  delle  quattro  confezioni  risultavano
essere state strappate nella zone del codice a barre  e  rese  quindi
inutilizzabili alla vendita, mentre la quarta risultava essere  stata
aperta  ma   ancora   vendibile.   I   Carabinieri,   nel   frattempo
sopraggiunti, rinvenivano ancora nei  pressi  i  beni  oggetto  della
sottrazione e, dopo averli fotografati, li restituivano al  personale
del supermercato. Il valore complessivo della merce in questione  era
pari ad euro 119,60, come da documentazione prodotta dalla  direzione
del supermercato; 
        i  Carabinieri  operanti  procedevano  all'arresto,  ritenuto
obbligatorio ai sensi dell'art. 380 del codice di  procedura  penale,
del prevenuto; 
        in attesa dell'udienza odierna  il  prevenuto  era  custodito
nelle  celle  di  sicurezza  a  disposizione  dei  Carabinieri,   non
disponendo di un domicilio idoneo (la circostanza e'  stata  riferita
dall'ufficiale di P.G. nel corso della relazione orale); 
        il prevenuto in sede d'interrogatorio ha ammesso l'addebito e
dichiarato che  sperava  di  riuscire  poi  a  rivendere  i  beni  in
questione per ricavarne una piccola  somma;  ha  riferito  di  essere
tossicodipendente  e  manifestato  l'intento  di   intraprendere   un
percorso terapeutico presso il SerT,  anche  facendo  ritorno  presso
l'abitazione dei genitori; 
        il pubblico ministero ha chiesto la convalida dell'arresto  e
l'applicazione della misura cautelare del  divieto  di  dimora  nella
Provincia di Firenze deducendo la sussistenza di  esigenze  cautelari
ex art.  274,  lettera  e)  del  codice  di  procedura  penale  e  in
particolare il pericolo attuale e concreto di  commissione  di  reati
della stessa specie di quello per cui si procede; 
        sentito il difensore; 
    Rilevato che: 
        sussistono  gravi  indizi   di   colpevolezza   rispetto   al
contestato reato di tentato furto aggravato ex art.  625,  n.  2  del
codice penale per la violenza esplicata sulle cose; 
        quanto alla sussistenza  della  citata  aggravante,  si  deve
rilevare che il prevenuto ha aperto  le  confezioni  al  cui  interno
erano custoditi i beni sottratti, strappandole, rimuovendo i codici a
barre di cui erano munite e  rendendole  cosi  inservibili,  per  poi
occultare la merce sottratta; secondo la  giurisprudenza  consolidata
di legittimita' l'aggravante in questione  e'  configurabile  sia  in
caso di «previa manomissione dell'involucro del bene che l'agente poi
sottragga e la asportazione del codice  a  barre  impresso  su  detto
involucro» (cfr. Cassazione, Sez. 5, n. 43357 del 5 ottobre 2005, rv.
233078), sia «tutte le volte in cui il soggetto,  per  commettere  il
fatto, manomette l'opera dell'uomo posta a difesa o a tutela del  suo
patrimonio» (cfr. Cassazione, Sez. 5 n. 7267 dell'8 ottobre 2014, rv.
262547), sia «anche qualora l'energia fisica sia rivolta dal soggetto
non sulla "res" oggetto dell'azione predatoria, ma verso lo strumento
posto a sua protezione» (cfr. Cassazione, Sez. 5, 17 gennaio 2018, n.
20476, rv. 272705); anche  in  un'impostazione  piu'  restrittiva  ed
attenta all'offensivita' del fatto di reato in tutti i suoi elementi,
costitutivi  ed  accessori,   detta   circostanza   aggravante   pare
configurabile nel caso di specie in ragione  del  fatto  che  con  la
manomissione posta in essere l'arrestato ha reso inservibili  per  la
persona offesa i beni oggetto della condotta, non essendo  ormai  gli
stessi - privati delle relative confezioni - concretamente vendibili; 
        il pubblico ministero nella propria richiesta ha motivato  in
ordine alla non configurabilita' della circostanza attenuante ex art.
62, n. 4 del codice penale, in ragione  del  valore  oggettivo  della
merce sottratta; 
        effettivamente la giurisprudenza della suprema Corte ha  piu'
volte sottolineato che «la concessione della  circostanza  attenuante
del danno di speciale tenuita',  presuppone  necessariamente  che  il
pregiudizio cagionato  sia  lievissimo,  ossia  di  valore  economico
pressoche' irrisorio, avendo riguardo non solo al valore in se' della
cosa sottratta, ma anche agli ulteriori effetti  pregiudizievoli  che
la persona offesa abbia subito in conseguenza della sottrazione della
"res", senza che rilevi, invece, la capacita' del soggetto passivo di
sopportare il danno economico derivante dal reato» (in questi termini
Cassazione Sez. 4, Sentenza n. 6635 del 19 gennaio 2017 Rv. 269241  -
01, in un caso peraltro del tutto analogo a quello ora  in  esame  in
cui la Corte di cassazione ha ritenuto inammissibile il  ricorso  con
il quale  l'imputato  invocava  la  configurabilita'  della  predetta
circostanza attenuante in una  fattispecie  di  furto  di  merce  del
valore commerciale di 82 euro, sul presupposto che tale  somma  fosse
irrilevante  rispetto  alla  capacita'  economica  del   supermercato
vittima  del  reato;  la  massima  in  questione  e'  stata  peraltro
richiamata dalla sentenza della Corte di cassazione n.  6571  del  21
novembre 2019; negli stessi termini anche la sentenza della Corte  di
cassazione n. 3346 del  29  novembre  2019  in  un  episodio  in  cui
l'oggetto della condotta aveva il valore di 150 euro); 
        viene in esame dunque un'ipotesi di arresto  obbligatorio  ai
sensi dell'art. 380, comma 2, lettera  e)  del  codice  di  procedura
penale (sussiste lo stato di quasi flagranza,  avendo  i  Carabinieri
trovato  ancora  nei  pressi  del  prevenuto  i  beni  oggetto  della
condotta); 
        per poter addivenire ad una corretta decisione in ordine alla
convalida dell'arresto appare tuttavia necessario  il  pronunciamento
della Corte costituzionale: risulta infatti  dubbia  la  legittimita'
costituzionale della citata norma  di  cui  all'art.  380,  comma  2,
lettera e) del codice  di  procedura  penale,  nella  misura  in  cui
prevede l'arresto obbligatorio nell'ipotesi di tentato  furto  quando
ricorre la circostanza aggravante prevista dall'art. 625, comma 1, n.
2,  prima  ipotesi,  codice  penale  (sempreche'   non   ricorra   la
circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 4 c.p.); 
    Cio' premesso, osserva. 
    Nel caso di specie ricorre per l'appunto  un'ipotesi  di  arresto
obbligatorio ai sensi dell'art. 380, comma 2, lettera e)  del  codice
di procedura penale: la citata norma prevede infatti che «Anche fuori
dei casi previsti dal comma 1, gli ufficiali e gli agenti di  polizia
giudiziaria procedono all'arresto di chiunque e' colto  in  flagranza
di uno dei seguenti delitti non colposi, consumati o  tentati:  [...]
e) delitto di furto quando ricorre la circostanza aggravante prevista
dall'art. 4 della legge  8  agosto  1977,  n.  533,  o  taluna  delle
circostanze aggravanti previste dall'art. 625,  primo  comma,  numeri
2), prima ipotesi, 3) e 5), nonche' 7-bis), del codice penale,  salvo
che ricorra, in questi ultimi casi, la circostanza attenuante di  cui
all'art. 62, primo comma, numero 4), del codice penale»; nel caso  in
esame si ha per l'appunto un arresto in flagranza  di  reato  per  un
tentato furto aggravato dalla circostanza della violenza  sulle  cose
di cui all'art. 625, comma 1, n. 2, prima ipotesi, codice penale e in
assenza della circostanza attenuante di cui all'art.  62,  n.  4  del
codice  penale;  la  questione  di  legittimita'  costituzionale  che
s'intende sottoporre all'attenzione della Corte  costituzionale  pare
dunque rilevante; 
    la citata norma di cui all'art. 380,  comma  2,  lettera  e)  del
codice di procedura penale pare  costituzionalmente  illegittima  per
violazione degli articoli 13 e 3 della Costituzione; 
    l'art. 13 della Costituzione, dopo  avere  sancito  espressamente
l'inviolabilita' della liberta'  personale,  non  consente  forme  di
restrizione della  liberta'  personale,  se  non  per  atto  motivato
dall'autorita' giudiziaria e nei soli  casi  e  modi  previsti  dalla
legge. In «casi  eccezionali  di  necessita'  ed  urgenza»,  indicati
tassativamente dalla  legge,  ammette  che  l'autorita'  di  pubblica
sicurezza  adotti  provvedimenti  provvisori,   che   devono   essere
comunicati entro quarantotto ore  all'autorita'  giudiziaria  per  la
convalida, in assenza della quale gli stessi si intendono revocati  e
restano privi di ogni effetto; 
    a fronte della generale riserva di giurisdizione, la possibilita'
che l'autorita' di pubblica sicurezza adotti provvedimenti provvisori
limitativi  della  liberta'  personale   costituisce   dunque   nella
prospettiva della nostra Costituzione un'ipotesi eccezionale; 
    il delitto di tentato furto aggravato per la violenza sulle cose,
pur in assenza dell'attenuante ex art. 62, n. 4  del  codice  penale,
non pare costituire necessariamente, sempre e comunque, un'ipotesi di
gravita' tale da giustificare la previsione dell'arresto obbligatorio
e dunque sottratto alla valutazione da  parte  degli  operanti  della
polizia giudiziaria delle circostanze del caso concreto; 
    nell'ambito della categoria  dei  delitti  di  furto,  tentati  o
consumati, aggravati dalla violenza sulle cose sono  suscettibili  di
rientrare fatti connotati da una gravita'  molto  variegata:  sia  la
sottrazione di una grossa somma di  denaro  previa  asportazione  con
mezzi pesanti  dello  sportello  automatico  di  una  banca;  sia  la
sottrazione di beni custoditi in un'autovettura previa effrazione del
finestrino; sia, come nel caso ora in esame, fatti connotati  da  una
violenza ben piu' limitata, incapaci di generare alcun  pericolo  per
l'incolumita' delle persone;  se  e'  vero  che  l'espressione  «casi
eccezionali di necessita'  ed  urgenza»  di  cui  all'art.  13  Cost.
comporta un certo margine di discrezionalita' in capo al legislatore,
la previsione dell'arresto come automatico a fronte di una pluralita'
di fatti di gravita' profondamente  diversa  suscettibili  di  essere
sussunti  nella  fattispecie  in  questione  (alcuni  che  comportano
un'offesa anche per l'incolumita' delle persone, altri che comportano
un  danno  solo  al  patrimonio)  pare  trasmodare  nella   manifesta
irragionevolezza (con violazione quindi anche dell'art. 3 Cost.);  un
ulteriore  profilo  di  violazione   dell'art.   13   Cost.   attiene
specificamente alla fattispecie  del  delitto  tentato  (in  presenza
della citata aggravante); per effetto del  combinato  disposto  degli
articoli  56,  624  e  625  n.  2  codice  penale,  la  pena  massima
applicabile per il tentato furto aggravato dalla violenza sulle  cose
e' di anni quattro di reclusione; 
    in ragione del citato massimo edittale, per il delitto di tentato
furto con violenza sulle cose non e' applicabile la misura  cautelare
della custodia  in  carcere;  l'art.  280,  comma  2  del  codice  di
procedura penale richiede - perche' possa essere disposta tale misura
- che sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo
a cinque anni. Pare opportuno puntualizzare che  -  a  differenza  di
quanto dedotto dal pubblico ministero - non  trova  applicazione  nel
caso di specie la deroga prevista dall'art. 391, comma 5  del  codice
di procedura penale al citato requisito, posto che  detta  deroga  si
riferisce unicamente all'arresto intervenuto  per  «uno  dei  delitti
indicati dall'art. 381, comma 2»; tra questi non rientrano i  delitti
tentati, quale quello in esame, ma solo quelli consumati (cfr tra  le
altre Cass, Cass. 45511 del 5 ottobre 2005, rv 232933); 
    la Corte costituzionale - allorche' e'  stata  investita  di  una
questione in ordine  alle  conseguenze  dell'inclusione  del  singolo
reato nell'elenco dei delitti  ad  arresto  obbligatorio  -  ha  gia'
evidenziato che l'arresto obbligatorio e' previsto per «una categoria
predeterminata di reati presuntivamente capaci di destare particolare
allarme sociale», al tempo stesso non escludendo che detta inclusione
possa essere oggetto di sindacato da parte della stessa Corte  (cosi'
sentenza Corte costituzionale n. 63 del 1994); 
    la previsione dell'arresto obbligatorio per  il  reato  in  esame
(tentato  furto  aggravato  dalla  violenza  sulle  cose)  non   pare
rispondere al  citato  requisito  di  eccezionalita'  e  di  presunta
capacita' di destare particolare allarme sociale ove si consideri che
per tale reato lo stesso legislatore ha ritenuto non  applicabile  la
misura  cautelare  di  estremo  rigore  della  custodia  in  carcere,
riservata  per  l'appunto  ai  reati  piu'  gravi  (molti  dei  quali
peraltro, come ad esempio la resistenza a pubblico ufficiale ex  art.
337 codice penale, il furto consumato con destrezza ex art. 625, n. 4
del codice penale, le lesioni gravi ex art. 583  del  codice  penale,
consentono la custodia  cautelare  in  carcere,  ma  non  determinano
l'arresto    obbligatorio    in    flagranza,     con     un'evidente
irragionevolezza); 
    viene in rilievo,  piu'  in  generale,  il  rapporto  tra  misura
«precautelare» dell'arresto e misura cautelare; 
    l'art.  13  della  Costituzione,   in   ragione   del   carattere
(espressamente) inviolabile della  liberta'  personale,  prevede  una
riserva di giurisdizione (oltre che  di  legge);  in  assenza  di  un
provvedimento dell'autorita' giudiziaria, i provvedimenti  provvisori
dell'autorita' di pubblica sicurezza si giustificano in  ragione  dei
casi eccezionali di necessita' ed urgenza; con riguardo al  requisito
dell'urgenza,    in    particolare,    non    potendo     intervenire
nell'immediatezza   l'autorita'   giudiziaria   si   giustifica    il
provvedimento provvisorio dell'autorita' di pubblica sicurezza; 
    il provvedimento provvisorio dell'arresto ha dunque una  funzione
strumentale o servente rispetto al successivo provvedimento cautelare
dell'autorita' giudiziaria; 
    a questo proposito la Corte costituzionale ha gia' avuto modo  di
osservare che il provvedimento dell'arresto (facoltativo)  -  essendo
una «misura precautelare provvisoria» - puo'  essere  adottato  «solo
sulla ragionevole prognosi di una sua trasformazione ope  iudicis  in
una  misura  cautelare  piu'  stabile»  (Corte  cost.   sentenza   n.
305/1996); 
    con la sentenza  n.  109/1999  la  Corte  costituzionale  ha  poi
affermato: «La  provvisorieta',  che  contraddistingue  i  poteri  di
intervento del pubblico ministero e della polizia  giudiziaria  sulla
liberta' personale, e' valsa ad attribuire all'arresto e al fermo  la
denominazione di "precautele", ma e' indubitabile, almeno  sul  piano
degli effetti, la loro natura custodiale. L'arrestato  e  il  fermato
per tutto il periodo di operativita' della relativa misura  (fino  ad
un massimo di 96 ore) sono trattenuti presso una casa circondariale o
mandamentale (art. 386, comma 4), con la sola  eccezione  contemplata
dall'art. 566, comma  2,  ultima  parte,  ovvero  presso  la  propria
abitazione o in altro luogo di privata dimora o ancora,  ricorrendone
presupposti, in un luogo pubblico di cura o di assistenza (art.  386,
comma 5, in relazione all'art. 284, comma  1);  sicche'  l'esecuzione
del provvedimento  provvisorio  sostanzialmente  realizza  una  forma
tipica di custodia, che non puo' non postulare, rispetto  alle  altre
misure restrittive, identita' di regime  riparatorio.  L'esigenza  di
una piena equiparazione delle "precautele" alle misure  detentive  e'
d'altronde comprovata dall'art. 297, comma  1,  codice  di  procedura
penale, il quale prevede che "gli effetti  della  custodia  cautelare
decorrono dal momento della cattura, dell'arresto o del fermo"»; 
    alla luce della riserva di giurisdizione e  del  citato  rapporto
strumentale «in  casi  eccezionali»  del  provvedimento  precautelare
dell'arresto   rispetto   al    provvedimento    cautelare,    sembra
irragionevole  e  non  rispettoso  dell'art.  13   Cost.   non   solo
consentire, ma addirittura prevedere come obbligatorio  l'arresto  in
casi in cui non e' possibile la custodia cautelare in carcere; 
    nel caso di specie l'arrestato (privo  di  idoneo  domicilio)  e'
stato  custodito  in  attesa  dell'udienza  in  cella  di  sicurezza,
situazione del  tutto  equiparabile  quanto  alla  limitazione  della
liberta' personale alla detenzione in carcere; del resto l'art.  558,
comma 4-bis del codice di procedura penale prevede che  «In  caso  di
mancanza, indisponibilita' o inidoneita'  di  tali  strutture,  o  se
ricorrono altre specifiche ragioni di necessita'  o  di  urgenza,  il
pubblico ministero dispone con decreto motivato che  l'arrestato  sia
condotto nella casa circondariale del luogo dove l'arresto  e'  stato
eseguito»; inoltre, nel caso in cui il pubblico  ministero  non  opti
per  la  presentazione  in  udienza  dell'arrestato  con  contestuale
giudizio  direttissimo,  ma  chieda  secondo  le  vie  ordinarie   la
convalida dell'arresto al giudice per  le  indagini  preliminari,  ai
sensi dell'art. 386, comma 4 del  codice  di  procedura  penale  «Gli
ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria pongono  l'arrestato  o
il  fermato  a  disposizione  del  pubblico  ministero  mediante   la
conduzione nella casa circondariale o  mandamentale  del  luogo  dove
l'arresto o il fermo e' stato eseguito»; 
    dunque in via precautelare la polizia giudiziaria  puo'  disporre
la detenzione dell'indagato in carcere o in una struttura equivalente
in casi in cui l'autorita' giudiziaria, rispetto alla quale l'art. 13
Cost. ha fissato la riserva generale, non puo' disporre  la  custodia
cautelare in carcere; 
    la citata disciplina sembra poi violare l'art. 3 Cost.  sotto  un
ulteriore profilo: il tentato furto aggravato  dalla  violenza  sulle
cose e' punito, come si e' detto, con la  pena  edittale  massima  di
quattro anni di reclusione; l'art. 131-bis codice penale,  introdotto
dal decreto  legislativo  n.  28/2015,  prevede  la  possibilita'  di
escludere la punibilita' per particolare tenuita' del fatto  rispetto
ai reati per i quali e' prevista una pena detentiva non superiore nel
massimo a cinque anni; 
    e' dunque previsto l'arresto  obbligatorio  per  fatti  (come  il
tentato furto aggravato  dalla  violenza  sulle  cose)  per  i  quali
potrebbe ricorrere la  causa  di  non  punibilita'  di  cui  all'art.
131-bis  del  codice  penale;  e'  cioe'  prevista  una   limitazione
obbligatoria  da  parte  della  polizia  giudiziaria  della  liberta'
personale, a prescindere dalle circostanze del caso concreto, in casi
in cui il soggetto potrebbe  non  essere  del  tutto  punibile;  tale
incongruenza pare costituire una  evidente  irragionevolezza  cui  e'
possibile  porre  rimedio  eliminando   il   carattere   obbligatorio
dell'arresto per simili ipotesi; 
    e' si' vero che l'arresto - in caso di tentato furto con violenza
sulle cose - e'  obbligatorio  solo  a  condizione  che  non  ricorra
l'attenuante ex art. 62, n. 4 del codice penale, sicche' si  potrebbe
sostenere che - se non ricorre l'attenuante -  non  possa  sussistere
tanto meno la citata causa di non punibilita'; 
    occorre tuttavia rilevare che la particolare tenuita'  del  fatto
puo' dipendere  non  soltanto  dal  valore  dei  beni  oggetto  della
condotta, ma anche dalle  modalita'  della  condotta  e  soprattutto,
allorche' venga  in  considerazione  un  tentativo,  dal  livello  di
realizzazione della fattispecie (nel caso di specie il  prevenuto  e'
stato fin dal principio monitorato dal vigilante, che ne ha osservato
tutti i movimenti); 
    non risultano percorribili interpretazioni conformi  della  norma
ora censurata alle citate disposizioni della Costituzione,  chiaro  e
univoco essendo  il  dato  letterale  (la  disposizione  e'  peraltro
interpretata in modo costante dalla giurisprudenza in conformita'  al
citato dato letterale); 
    dubitando della legittimita' costituzionale della citata norma di
cui all'art. 380, comma 2, lettera e) del codice di procedura penale,
nella misura in cui prevede l'arresto  obbligatorio  nell'ipotesi  di
tentato furto  quando  ricorre  la  circostanza  aggravante  prevista
dall'art. 625, comma 1,  n.  2,  prima  ipotesi,  del  codice  penale
(sempreche' non ricorra la circostanza attenuante di cui all'art. 62,
n. 4 c.p.),  si  deve  sospendere  il  giudizio  circa  la  convalida
dell'arresto in attesa della decisione della Corte costituzionale; 
    posto che, elevando la questione, e' automaticamente  impossibile
il rispetto del termine  di  legge  -  decorso  il  quale  senza  che
l'ordinanza  di  convalida  dell'arresto  sia   pronunciata   occorre
disporre la liberazione del prevenuto (a  prescindere  dalla  ragione
per cui entro il suddetto termine l'ordinanza non sia pronunciata)  -
si deve fin da ora disporre la liberazione del predetto (Corte  cost.
sentenza n. 54/1993); 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visti gli articoli 391 e 558 del codice di procedura penale; 
    Sospende la decisione  in  ordine  alla  richiesta  di  convalida
dell'arresto. 
    Dispone l'immediata liberazione dell'imputato. 
    Visti gli articoli 134 della Costituzione, 23 e  seguenti,  legge
n. 87/1953, 
    Ritenuta la questione rilevante e non manifestamente infondata, 
    Solleva questione di legittimita' costituzionale  per  violazione
degli articoli 3 e 13 della Costituzione,  dell'art.  380,  comma  2,
lettera e) del codice  di  procedura  penale,  nella  misura  in  cui
prevede l'arresto obbligatorio nell'ipotesi di tentato  furto  quando
ricorre la circostanza aggravante prevista dall'art. 625, comma 1, n.
2, prima  ipotesi  del  codice  penale  (sempreche'  non  ricorra  la
circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 4 c.p.). 
    Sospende il procedimento in  corso,  ed  i  relativi  termini  di
prescrizione, fino  alla  definizione  del  giudizio  incidentale  di
legittimita' costituzionale. 
    Dispone l'immediata trasmissione degli atti del procedimento alla
Corte costituzionale. 
    Manda  alla  cancelleria  per  la  notificazione  della  presente
ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri,  nonche'  per  la
comunicazione ai presidenti della Camera dei deputati  e  del  Senato
della Repubblica e  per  la  successiva  trasmissione  del  fascicolo
processuale alla Corte costituzionale. 
        Firenze, 5 marzo 2020 
 
                         Il Giudice: Attina'