N. 15 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 marzo 2020
Ordinanza del 5 marzo 2020 del Tribunale di Firenze nel procedimento penale a carico di H. F.. Processo penale - Arresto obbligatorio in flagranza - Previsione dell'arresto obbligatorio nell'ipotesi di tentato furto quando ricorre la circostanza aggravante di cui all'art. 625, primo comma, numero 2, prima ipotesi, del codice penale (salvo che ricorra la circostanza attenuante di cui all'art. 62, primo comma, numero 4, del codice penale). - Codice di procedura penale, art. 380, secondo comma, lettera e).(GU n.7 del 17-2-2021 )
TRIBUNALE DI FIRENZE Prima Sezione penale Il Giudice, dott. Franco Attina', nel procedimento sopra indicato a carico di H. F. , nato a ..., il ... (C.U.I. ...), residente anagraficamente in ..., Via ..., di fatto s.f.d., elettiv. domiciliato presso i genitori «...» in ..., Via ... (elezione all'udienza di convalida del 5 marzo 2020); difeso di fiducia dall'avv. Carolina Rienzi del Foro di Firenze (nomina a seguito dell'arresto in data 4 marzo 2020); arrestato in flagranza di reato in data 4 marzo 2020 e oggetto del decreto di presentazione diretta in giudizio per il rito direttissimo con la seguente imputazione delitto di cui agli articoli 56, 624 e 625 n. 2) codice penale perche', al fine di trarne ingiusto profitto, compiva atti idonei diretti in modo inequivoco ad impossessarsi di n. 4 paia di auricolari bluetooth del valore complessivo di euro 119,60, posti in vendita all'interno del supermercato Esselunga del di sottraendo le relative confezioni dagli espositori, aprendole e strappandone alcune rendendole cosi' inutilizzabili, occultandole poi tra gli scaffali e celandone successivamente il contenuto all'interno dei propri indumenti, recandosi quindi all'uscita per scavalcare la barriera delle casse, non riuscendo tuttavia nel proprio intento per il pronto intervento del personale di sorveglianza del supermercato, che ne seguiva i movimenti, lo bloccava con indosso la merce asportata e richiedeva l'intervento delle Forze dell'ordine. Con l'aggravante di aver commesso il fatto con violenza sulle cose. In ..., il ... Premesso che: in base agli atti d'indagine alle ore 13,45 circa del 4 marzo 2020, presso il supermercato Esselunga di via ..., l'addetto alla sicurezza D. S. A. notava un soggetto (poi identificato nell'attuale arrestato) gia' a lui noto per un precedente episodio di tentato furto; ne monitorava quindi i movimenti all'interno dell'area di vendita. Vedeva cosi' che il predetto prelevava da un espositore quattro confezioni di auricolari Bluetooth per telefoni; le confezioni venivano aperte ed il loro contenuto nascosto dal predetto all'interno dei propri indumenti, mentre le scatole in cartone venivano lasciate tra due bancali di bibite; il soggetto continuava a girare per alcuni minuti tra i corridoi del supermercato fin quando, giunto in corrispondenza dell'area denominata «Prestospesa» veniva fermato dall'addetto alla sicurezza che si qualificava; condotto presso l'ufficio, il prevenuto estraeva quindi dai propri indumenti il materiale sottratto; tre delle quattro confezioni risultavano essere state strappate nella zone del codice a barre e rese quindi inutilizzabili alla vendita, mentre la quarta risultava essere stata aperta ma ancora vendibile. I Carabinieri, nel frattempo sopraggiunti, rinvenivano ancora nei pressi i beni oggetto della sottrazione e, dopo averli fotografati, li restituivano al personale del supermercato. Il valore complessivo della merce in questione era pari ad euro 119,60, come da documentazione prodotta dalla direzione del supermercato; i Carabinieri operanti procedevano all'arresto, ritenuto obbligatorio ai sensi dell'art. 380 del codice di procedura penale, del prevenuto; in attesa dell'udienza odierna il prevenuto era custodito nelle celle di sicurezza a disposizione dei Carabinieri, non disponendo di un domicilio idoneo (la circostanza e' stata riferita dall'ufficiale di P.G. nel corso della relazione orale); il prevenuto in sede d'interrogatorio ha ammesso l'addebito e dichiarato che sperava di riuscire poi a rivendere i beni in questione per ricavarne una piccola somma; ha riferito di essere tossicodipendente e manifestato l'intento di intraprendere un percorso terapeutico presso il SerT, anche facendo ritorno presso l'abitazione dei genitori; il pubblico ministero ha chiesto la convalida dell'arresto e l'applicazione della misura cautelare del divieto di dimora nella Provincia di Firenze deducendo la sussistenza di esigenze cautelari ex art. 274, lettera e) del codice di procedura penale e in particolare il pericolo attuale e concreto di commissione di reati della stessa specie di quello per cui si procede; sentito il difensore; Rilevato che: sussistono gravi indizi di colpevolezza rispetto al contestato reato di tentato furto aggravato ex art. 625, n. 2 del codice penale per la violenza esplicata sulle cose; quanto alla sussistenza della citata aggravante, si deve rilevare che il prevenuto ha aperto le confezioni al cui interno erano custoditi i beni sottratti, strappandole, rimuovendo i codici a barre di cui erano munite e rendendole cosi inservibili, per poi occultare la merce sottratta; secondo la giurisprudenza consolidata di legittimita' l'aggravante in questione e' configurabile sia in caso di «previa manomissione dell'involucro del bene che l'agente poi sottragga e la asportazione del codice a barre impresso su detto involucro» (cfr. Cassazione, Sez. 5, n. 43357 del 5 ottobre 2005, rv. 233078), sia «tutte le volte in cui il soggetto, per commettere il fatto, manomette l'opera dell'uomo posta a difesa o a tutela del suo patrimonio» (cfr. Cassazione, Sez. 5 n. 7267 dell'8 ottobre 2014, rv. 262547), sia «anche qualora l'energia fisica sia rivolta dal soggetto non sulla "res" oggetto dell'azione predatoria, ma verso lo strumento posto a sua protezione» (cfr. Cassazione, Sez. 5, 17 gennaio 2018, n. 20476, rv. 272705); anche in un'impostazione piu' restrittiva ed attenta all'offensivita' del fatto di reato in tutti i suoi elementi, costitutivi ed accessori, detta circostanza aggravante pare configurabile nel caso di specie in ragione del fatto che con la manomissione posta in essere l'arrestato ha reso inservibili per la persona offesa i beni oggetto della condotta, non essendo ormai gli stessi - privati delle relative confezioni - concretamente vendibili; il pubblico ministero nella propria richiesta ha motivato in ordine alla non configurabilita' della circostanza attenuante ex art. 62, n. 4 del codice penale, in ragione del valore oggettivo della merce sottratta; effettivamente la giurisprudenza della suprema Corte ha piu' volte sottolineato che «la concessione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuita', presuppone necessariamente che il pregiudizio cagionato sia lievissimo, ossia di valore economico pressoche' irrisorio, avendo riguardo non solo al valore in se' della cosa sottratta, ma anche agli ulteriori effetti pregiudizievoli che la persona offesa abbia subito in conseguenza della sottrazione della "res", senza che rilevi, invece, la capacita' del soggetto passivo di sopportare il danno economico derivante dal reato» (in questi termini Cassazione Sez. 4, Sentenza n. 6635 del 19 gennaio 2017 Rv. 269241 - 01, in un caso peraltro del tutto analogo a quello ora in esame in cui la Corte di cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso con il quale l'imputato invocava la configurabilita' della predetta circostanza attenuante in una fattispecie di furto di merce del valore commerciale di 82 euro, sul presupposto che tale somma fosse irrilevante rispetto alla capacita' economica del supermercato vittima del reato; la massima in questione e' stata peraltro richiamata dalla sentenza della Corte di cassazione n. 6571 del 21 novembre 2019; negli stessi termini anche la sentenza della Corte di cassazione n. 3346 del 29 novembre 2019 in un episodio in cui l'oggetto della condotta aveva il valore di 150 euro); viene in esame dunque un'ipotesi di arresto obbligatorio ai sensi dell'art. 380, comma 2, lettera e) del codice di procedura penale (sussiste lo stato di quasi flagranza, avendo i Carabinieri trovato ancora nei pressi del prevenuto i beni oggetto della condotta); per poter addivenire ad una corretta decisione in ordine alla convalida dell'arresto appare tuttavia necessario il pronunciamento della Corte costituzionale: risulta infatti dubbia la legittimita' costituzionale della citata norma di cui all'art. 380, comma 2, lettera e) del codice di procedura penale, nella misura in cui prevede l'arresto obbligatorio nell'ipotesi di tentato furto quando ricorre la circostanza aggravante prevista dall'art. 625, comma 1, n. 2, prima ipotesi, codice penale (sempreche' non ricorra la circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 4 c.p.); Cio' premesso, osserva. Nel caso di specie ricorre per l'appunto un'ipotesi di arresto obbligatorio ai sensi dell'art. 380, comma 2, lettera e) del codice di procedura penale: la citata norma prevede infatti che «Anche fuori dei casi previsti dal comma 1, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria procedono all'arresto di chiunque e' colto in flagranza di uno dei seguenti delitti non colposi, consumati o tentati: [...] e) delitto di furto quando ricorre la circostanza aggravante prevista dall'art. 4 della legge 8 agosto 1977, n. 533, o taluna delle circostanze aggravanti previste dall'art. 625, primo comma, numeri 2), prima ipotesi, 3) e 5), nonche' 7-bis), del codice penale, salvo che ricorra, in questi ultimi casi, la circostanza attenuante di cui all'art. 62, primo comma, numero 4), del codice penale»; nel caso in esame si ha per l'appunto un arresto in flagranza di reato per un tentato furto aggravato dalla circostanza della violenza sulle cose di cui all'art. 625, comma 1, n. 2, prima ipotesi, codice penale e in assenza della circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 4 del codice penale; la questione di legittimita' costituzionale che s'intende sottoporre all'attenzione della Corte costituzionale pare dunque rilevante; la citata norma di cui all'art. 380, comma 2, lettera e) del codice di procedura penale pare costituzionalmente illegittima per violazione degli articoli 13 e 3 della Costituzione; l'art. 13 della Costituzione, dopo avere sancito espressamente l'inviolabilita' della liberta' personale, non consente forme di restrizione della liberta' personale, se non per atto motivato dall'autorita' giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. In «casi eccezionali di necessita' ed urgenza», indicati tassativamente dalla legge, ammette che l'autorita' di pubblica sicurezza adotti provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all'autorita' giudiziaria per la convalida, in assenza della quale gli stessi si intendono revocati e restano privi di ogni effetto; a fronte della generale riserva di giurisdizione, la possibilita' che l'autorita' di pubblica sicurezza adotti provvedimenti provvisori limitativi della liberta' personale costituisce dunque nella prospettiva della nostra Costituzione un'ipotesi eccezionale; il delitto di tentato furto aggravato per la violenza sulle cose, pur in assenza dell'attenuante ex art. 62, n. 4 del codice penale, non pare costituire necessariamente, sempre e comunque, un'ipotesi di gravita' tale da giustificare la previsione dell'arresto obbligatorio e dunque sottratto alla valutazione da parte degli operanti della polizia giudiziaria delle circostanze del caso concreto; nell'ambito della categoria dei delitti di furto, tentati o consumati, aggravati dalla violenza sulle cose sono suscettibili di rientrare fatti connotati da una gravita' molto variegata: sia la sottrazione di una grossa somma di denaro previa asportazione con mezzi pesanti dello sportello automatico di una banca; sia la sottrazione di beni custoditi in un'autovettura previa effrazione del finestrino; sia, come nel caso ora in esame, fatti connotati da una violenza ben piu' limitata, incapaci di generare alcun pericolo per l'incolumita' delle persone; se e' vero che l'espressione «casi eccezionali di necessita' ed urgenza» di cui all'art. 13 Cost. comporta un certo margine di discrezionalita' in capo al legislatore, la previsione dell'arresto come automatico a fronte di una pluralita' di fatti di gravita' profondamente diversa suscettibili di essere sussunti nella fattispecie in questione (alcuni che comportano un'offesa anche per l'incolumita' delle persone, altri che comportano un danno solo al patrimonio) pare trasmodare nella manifesta irragionevolezza (con violazione quindi anche dell'art. 3 Cost.); un ulteriore profilo di violazione dell'art. 13 Cost. attiene specificamente alla fattispecie del delitto tentato (in presenza della citata aggravante); per effetto del combinato disposto degli articoli 56, 624 e 625 n. 2 codice penale, la pena massima applicabile per il tentato furto aggravato dalla violenza sulle cose e' di anni quattro di reclusione; in ragione del citato massimo edittale, per il delitto di tentato furto con violenza sulle cose non e' applicabile la misura cautelare della custodia in carcere; l'art. 280, comma 2 del codice di procedura penale richiede - perche' possa essere disposta tale misura - che sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni. Pare opportuno puntualizzare che - a differenza di quanto dedotto dal pubblico ministero - non trova applicazione nel caso di specie la deroga prevista dall'art. 391, comma 5 del codice di procedura penale al citato requisito, posto che detta deroga si riferisce unicamente all'arresto intervenuto per «uno dei delitti indicati dall'art. 381, comma 2»; tra questi non rientrano i delitti tentati, quale quello in esame, ma solo quelli consumati (cfr tra le altre Cass, Cass. 45511 del 5 ottobre 2005, rv 232933); la Corte costituzionale - allorche' e' stata investita di una questione in ordine alle conseguenze dell'inclusione del singolo reato nell'elenco dei delitti ad arresto obbligatorio - ha gia' evidenziato che l'arresto obbligatorio e' previsto per «una categoria predeterminata di reati presuntivamente capaci di destare particolare allarme sociale», al tempo stesso non escludendo che detta inclusione possa essere oggetto di sindacato da parte della stessa Corte (cosi' sentenza Corte costituzionale n. 63 del 1994); la previsione dell'arresto obbligatorio per il reato in esame (tentato furto aggravato dalla violenza sulle cose) non pare rispondere al citato requisito di eccezionalita' e di presunta capacita' di destare particolare allarme sociale ove si consideri che per tale reato lo stesso legislatore ha ritenuto non applicabile la misura cautelare di estremo rigore della custodia in carcere, riservata per l'appunto ai reati piu' gravi (molti dei quali peraltro, come ad esempio la resistenza a pubblico ufficiale ex art. 337 codice penale, il furto consumato con destrezza ex art. 625, n. 4 del codice penale, le lesioni gravi ex art. 583 del codice penale, consentono la custodia cautelare in carcere, ma non determinano l'arresto obbligatorio in flagranza, con un'evidente irragionevolezza); viene in rilievo, piu' in generale, il rapporto tra misura «precautelare» dell'arresto e misura cautelare; l'art. 13 della Costituzione, in ragione del carattere (espressamente) inviolabile della liberta' personale, prevede una riserva di giurisdizione (oltre che di legge); in assenza di un provvedimento dell'autorita' giudiziaria, i provvedimenti provvisori dell'autorita' di pubblica sicurezza si giustificano in ragione dei casi eccezionali di necessita' ed urgenza; con riguardo al requisito dell'urgenza, in particolare, non potendo intervenire nell'immediatezza l'autorita' giudiziaria si giustifica il provvedimento provvisorio dell'autorita' di pubblica sicurezza; il provvedimento provvisorio dell'arresto ha dunque una funzione strumentale o servente rispetto al successivo provvedimento cautelare dell'autorita' giudiziaria; a questo proposito la Corte costituzionale ha gia' avuto modo di osservare che il provvedimento dell'arresto (facoltativo) - essendo una «misura precautelare provvisoria» - puo' essere adottato «solo sulla ragionevole prognosi di una sua trasformazione ope iudicis in una misura cautelare piu' stabile» (Corte cost. sentenza n. 305/1996); con la sentenza n. 109/1999 la Corte costituzionale ha poi affermato: «La provvisorieta', che contraddistingue i poteri di intervento del pubblico ministero e della polizia giudiziaria sulla liberta' personale, e' valsa ad attribuire all'arresto e al fermo la denominazione di "precautele", ma e' indubitabile, almeno sul piano degli effetti, la loro natura custodiale. L'arrestato e il fermato per tutto il periodo di operativita' della relativa misura (fino ad un massimo di 96 ore) sono trattenuti presso una casa circondariale o mandamentale (art. 386, comma 4), con la sola eccezione contemplata dall'art. 566, comma 2, ultima parte, ovvero presso la propria abitazione o in altro luogo di privata dimora o ancora, ricorrendone presupposti, in un luogo pubblico di cura o di assistenza (art. 386, comma 5, in relazione all'art. 284, comma 1); sicche' l'esecuzione del provvedimento provvisorio sostanzialmente realizza una forma tipica di custodia, che non puo' non postulare, rispetto alle altre misure restrittive, identita' di regime riparatorio. L'esigenza di una piena equiparazione delle "precautele" alle misure detentive e' d'altronde comprovata dall'art. 297, comma 1, codice di procedura penale, il quale prevede che "gli effetti della custodia cautelare decorrono dal momento della cattura, dell'arresto o del fermo"»; alla luce della riserva di giurisdizione e del citato rapporto strumentale «in casi eccezionali» del provvedimento precautelare dell'arresto rispetto al provvedimento cautelare, sembra irragionevole e non rispettoso dell'art. 13 Cost. non solo consentire, ma addirittura prevedere come obbligatorio l'arresto in casi in cui non e' possibile la custodia cautelare in carcere; nel caso di specie l'arrestato (privo di idoneo domicilio) e' stato custodito in attesa dell'udienza in cella di sicurezza, situazione del tutto equiparabile quanto alla limitazione della liberta' personale alla detenzione in carcere; del resto l'art. 558, comma 4-bis del codice di procedura penale prevede che «In caso di mancanza, indisponibilita' o inidoneita' di tali strutture, o se ricorrono altre specifiche ragioni di necessita' o di urgenza, il pubblico ministero dispone con decreto motivato che l'arrestato sia condotto nella casa circondariale del luogo dove l'arresto e' stato eseguito»; inoltre, nel caso in cui il pubblico ministero non opti per la presentazione in udienza dell'arrestato con contestuale giudizio direttissimo, ma chieda secondo le vie ordinarie la convalida dell'arresto al giudice per le indagini preliminari, ai sensi dell'art. 386, comma 4 del codice di procedura penale «Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria pongono l'arrestato o il fermato a disposizione del pubblico ministero mediante la conduzione nella casa circondariale o mandamentale del luogo dove l'arresto o il fermo e' stato eseguito»; dunque in via precautelare la polizia giudiziaria puo' disporre la detenzione dell'indagato in carcere o in una struttura equivalente in casi in cui l'autorita' giudiziaria, rispetto alla quale l'art. 13 Cost. ha fissato la riserva generale, non puo' disporre la custodia cautelare in carcere; la citata disciplina sembra poi violare l'art. 3 Cost. sotto un ulteriore profilo: il tentato furto aggravato dalla violenza sulle cose e' punito, come si e' detto, con la pena edittale massima di quattro anni di reclusione; l'art. 131-bis codice penale, introdotto dal decreto legislativo n. 28/2015, prevede la possibilita' di escludere la punibilita' per particolare tenuita' del fatto rispetto ai reati per i quali e' prevista una pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni; e' dunque previsto l'arresto obbligatorio per fatti (come il tentato furto aggravato dalla violenza sulle cose) per i quali potrebbe ricorrere la causa di non punibilita' di cui all'art. 131-bis del codice penale; e' cioe' prevista una limitazione obbligatoria da parte della polizia giudiziaria della liberta' personale, a prescindere dalle circostanze del caso concreto, in casi in cui il soggetto potrebbe non essere del tutto punibile; tale incongruenza pare costituire una evidente irragionevolezza cui e' possibile porre rimedio eliminando il carattere obbligatorio dell'arresto per simili ipotesi; e' si' vero che l'arresto - in caso di tentato furto con violenza sulle cose - e' obbligatorio solo a condizione che non ricorra l'attenuante ex art. 62, n. 4 del codice penale, sicche' si potrebbe sostenere che - se non ricorre l'attenuante - non possa sussistere tanto meno la citata causa di non punibilita'; occorre tuttavia rilevare che la particolare tenuita' del fatto puo' dipendere non soltanto dal valore dei beni oggetto della condotta, ma anche dalle modalita' della condotta e soprattutto, allorche' venga in considerazione un tentativo, dal livello di realizzazione della fattispecie (nel caso di specie il prevenuto e' stato fin dal principio monitorato dal vigilante, che ne ha osservato tutti i movimenti); non risultano percorribili interpretazioni conformi della norma ora censurata alle citate disposizioni della Costituzione, chiaro e univoco essendo il dato letterale (la disposizione e' peraltro interpretata in modo costante dalla giurisprudenza in conformita' al citato dato letterale); dubitando della legittimita' costituzionale della citata norma di cui all'art. 380, comma 2, lettera e) del codice di procedura penale, nella misura in cui prevede l'arresto obbligatorio nell'ipotesi di tentato furto quando ricorre la circostanza aggravante prevista dall'art. 625, comma 1, n. 2, prima ipotesi, del codice penale (sempreche' non ricorra la circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 4 c.p.), si deve sospendere il giudizio circa la convalida dell'arresto in attesa della decisione della Corte costituzionale; posto che, elevando la questione, e' automaticamente impossibile il rispetto del termine di legge - decorso il quale senza che l'ordinanza di convalida dell'arresto sia pronunciata occorre disporre la liberazione del prevenuto (a prescindere dalla ragione per cui entro il suddetto termine l'ordinanza non sia pronunciata) - si deve fin da ora disporre la liberazione del predetto (Corte cost. sentenza n. 54/1993);
P.Q.M. Visti gli articoli 391 e 558 del codice di procedura penale; Sospende la decisione in ordine alla richiesta di convalida dell'arresto. Dispone l'immediata liberazione dell'imputato. Visti gli articoli 134 della Costituzione, 23 e seguenti, legge n. 87/1953, Ritenuta la questione rilevante e non manifestamente infondata, Solleva questione di legittimita' costituzionale per violazione degli articoli 3 e 13 della Costituzione, dell'art. 380, comma 2, lettera e) del codice di procedura penale, nella misura in cui prevede l'arresto obbligatorio nell'ipotesi di tentato furto quando ricorre la circostanza aggravante prevista dall'art. 625, comma 1, n. 2, prima ipotesi del codice penale (sempreche' non ricorra la circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 4 c.p.). Sospende il procedimento in corso, ed i relativi termini di prescrizione, fino alla definizione del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale. Dispone l'immediata trasmissione degli atti del procedimento alla Corte costituzionale. Manda alla cancelleria per la notificazione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' per la comunicazione ai presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e per la successiva trasmissione del fascicolo processuale alla Corte costituzionale. Firenze, 5 marzo 2020 Il Giudice: Attina'