N. 16 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 settembre 2020

Ordinanza  del  15  settembre  2020  del  Tribunale  di  Savona   nel
procedimento penale a carico di G. S.. 
 
Sicurezza pubblica - Controllo dell'acquisizione e  della  detenzione
  delle armi - Modifiche all'art. 35  del  regio  decreto  18  giugno
  1931, n. 773 (TULPS) - Obbligo per l'armaiolo di tenere un registro
  delle operazioni giornaliere, nel quale devono essere  indicate  le
  generalita'  delle  persone  con  cui  le  operazioni  stesse  sono
  compiute - Previsione che il contravventore e' punito con l'arresto
  da sei mesi a due anni e con l'ammenda da 4.000 euro a 20.000 euro. 
- Decreto legislativo 26  ottobre  2010,  n.  204  (Attuazione  della
  direttiva 2008/51/CE, che modifica la direttiva 91/477/CEE relativa
  al controllo dell'acquisizione e della detenzione di armi), art. 3,
  nella parte in cui modifica l'art. 35, comma 8, del  regio  decreto
  18 giugno 1931, n. 773. 
(GU n.7 del 17-2-2021 )
    Il  Tribunale,  decidendo   sulla   eccezione   di   legittimita'
costituzionale per violazione dell'art. 76 Costituzione dell'art.  3,
comma 1, lett. d), decreto legislativo n. 204 del 26 ottobre 2010  in
relazione al comma 8 dell'art. 35 Testo unico delle leggi di pubblica
sicurezza (TULPS), regio decreto 18 giugno 1931, n. 773; 
 
                              Osserva: 
 
    1. In data 26 settembre 2018 il P.M.  ha  disposto  la  citazione
diretta a giudizio davanti al Tribunale  di  Savona  in  composizione
monocratica nei confronti di G S per i reati p. e p. dagli artt. 31 e
35, comma 1 e 6 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 e successive
modificazioni,  perche'  in   qualita'   di   legale   rappresentante
dell'armeria denominata « - », titolare di licenza per la  vendita  e
il deposito per  i  fini  di  commercio  di  armi  comuni  da  sparo,
rilasciata dal Questore di Savona, faceva  raccolta  di  n.  35  armi
lunghe usate violando l'obbligo di annotarle  nell'apposito  registro
delle  operazioni  giornaliere   unitamente   all'indicazione   delle
generalita'  delle  persone  con  cui  le  operazioni  stesse   erano
compiute. 
    2.  Nel  corso  del  dibattimento  e'  emerso  che  la   condotta
dell'imputato, se sussunta nella fattispecie prevista  nell'art.  35,
comma 1 TULPS, comporterebbe l'applicabilita' dell'art. 35,  comma  8
TULPS che prevede una sanzione con cornice edittale compresa tra  sei
mesi e due anni di arresto e tra 4.000 e 20.000 euro di ammenda. 
    Il difensore il 25 gennaio 209 ha depositato memorie difensive ed
eccepito l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1,  lett.
d), decreto legislativo n. 204 del 26 ottobre 2010  in  relazione  al
comma 8 dell'art. 35 Testo unico delle leggi  di  pubblica  sicurezza
(TULPS), regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 nella parte in  cui  il
legislatore  delegato  ha  provveduto  a   sostituire   la   sanzione
dell'arresto da tre mesi a un anno e  dell'ammenda  non  inferiore  a
lire cinquantamila con la sanzione dell'arresto da  sei  mesi  a  due
anni  e  dell'ammenda  da  4.000  euro  a  20.000  euro.   La   nuova
disposizione si porrebbe in contrasto con gli artt. 76 e 77, comma  1
Costituzione poiche' inserita in un decreto legislativo adottato  dal
Governo privo del potere  esercitato  avendo  oltrepassato  i  limiti
contemplati nell'art. 36 della legge delega n. 88 del 2009. 
    (Ulteriori ragioni di incostituzionalita' sono state rintracciate
nella violazione del principio di determinatezza dell'art. 35,  comma
1 TULPS, non essendo  stato  precisato  il  termine  entro  il  quale
l'armaiolo e' tenuto a provvedere alla  iscrizione  delle  operazioni
nel registro richiamato nell'art. 35, comma 1 TULPS.) 
    3.  Al  fine  di  valutare  la  rilevanza  e  la  non   manifesta
infondatezza della eccezione  sollevata  non  puo'  prescindersi  dal
richiamo alle norme che trovano applicazione nel caso concreto: 
      3.1 Art. 35, comma 1 e comma 8 cosi' come modificato  ai  sensi
dell'art. 3, comma 1, lett. d), decreto legislativo  n.  204  del  26
ottobre 2010 ed entrato in vigore il 1° luglio 2011. 
      Il legislatore delegato,  con  l'intento  di  ottemperare  agli
obblighi di attuazione della direttiva del Consiglio delle  comunita'
europee n. 91/477/CEE, come  modificata  dalla  direttiva  2008/51CE,
relativa al controllo dell'acquisizione e della detenzione  di  armi,
ha novellato l'art. 35 TULPS che recita: 
        «L'armaiolo di cui all'articolo 1-bis, comma 1,  lettera  g),
del decreto legislativo 30 dicembre 1992,  n.  527,  e'  obbligato  a
tenere un registro delle operazioni  giornaliere,  nel  quale  devono
essere indicate le generalita' delle persone con  cui  le  operazioni
stesse sono compiute. Il registro e' tenuto in  formato  elettronico,
secondo le modalita' definite nel regolamento. 
        Il registro di cui al comma 1 deve essere esibito a richiesta
degli ufficiali  od  agenti  di  pubblica  sicurezza  e  deve  essere
conservato per un periodo di 50 anni. 
        Alla cessazione dell'attivita', i registri  delle  operazioni
giornaliere, sia in formato cartaceo che elettronico,  devono  essere
consegnati all'Autorita' di pubblica sicurezza che  aveva  rilasciato
la licenza, che ne cura la conservazione per il  periodo  necessario.
Le  informazioni  registrate   nel   sistema   informatica   di   cui
all'articolo 3 del decreto legislativo del 25  gennaio  2010,  n.  8,
sono  conservate  per  i   50   anni   successivi   alla   cessazione
dell'attivita'. 
        Gli  armaioli  devono,   altresi',   comunicare   mensilmente
all'ufficio di polizia competente per territorio le  generalita'  dei
privati che hanno acquistato o  venduto  loro  le  armi,  nonche'  la
specie e la quantita' delle armi vendute o acquistate e  gli  estremi
dei titoli abilitativi all'acquisto  esibiti  dagli  interessati.  Le
comunicazioni possono essere trasmesse anche per via telematica. 
        E' vietato vendere o in qualsiasi altro modo  cedere  armi  a
privati che non siano muniti di permesso di porto  d'armi  ovvero  di
nulla osta all'acquisto rilasciato dal questore. 
        Il nulla osta non patir essere rilasciato  ai  minori  di  18
anni, ha la validita' di un mese ed e' esente  da  ogni  tributo.  Le
domanda e' redatta in carta libera. 
        Il  questore  subordina  il  rilascio  del  nulla  osta  alla
presentazione di certificato rilasciato  dal  settore  medico  legale
delle Aziende sanitarie  locali,  o  da  un  medico  militare,  della
Polizia di Stato o del Corpo nazionale  dei  vigili  del  fuoco,  dal
quale risulti che il richiedente non e' affitto da  malattie  mentali
oppure  da  vizi  che  ne  diminuiscono,  anche  temporaneamente,  la
capacita' di intendere e di  volere,  ovvero  non  risulti  assumere,
anche  occasionalmente,  sostanze  stupefacenti   psicotrope   ovvero
abusare  di  alcool,  nonche'  dalla  presentazione  di  ogni   altra
certificazione sanitaria prevista dalle disposizioni vigenti. 
        Il contravventore e' punito con l'arresto da sei mesi  a  due
anni e con l'ammenda da 4.000 euro a 20.000 euro. 
        [...]» 
      3.2 Artt. 36 e 2, legge 7 luglio 2009, n. 88  Disposizioni  per
l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza  dell'Italia
alle Comunita' europee - Legge comunitaria 2008 
      Si tratta degli articoli della legge che fissano i principi e i
criteri  direttivi  per  l'esercizio  della  delega  legislativa.  In
particolare: 
        Art. 2 - 1. Salvi gli specifici principi e criteri  direttivi
stabiliti dalle disposizioni di cui ai capi II e IV, ed in aggiunta a
quelli contenuti nelle direttive da attuare, i decreti legislativi di
cui all'articolo 1 sono informati  ai  seguenti  principi  e  criteri
direttivi generali: 
          lett. c) al di fuori dei casi previsti dalle  norme  penali
vigenti,   ove   necessario   per   assicurare   l'osservanza   delle
disposizioni  contenute  nei  decreti  legislativi,   sono   previste
sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle  disposizioni
dei decreti stessi. Le sanzioni penali, nei limiti,  rispettivamente,
dell'ammenda fino a 150.000 euro e dell'arresto fino a tre anni, sono
previste, in via alternativa o congiunta, solo nei  casi  in  cui  le
infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi costituzionalmente
protetti.  In  tali  casi  sono  previste:   la   pena   dell'ammenda
alternativa all'arresto per le infrazioni che espongono a pericolo  o
danneggiano l'interesse protetto; la pena  dell'arresto  congiunta  a
quella  dell'ammenda  per  le  infrazioni  che  recano  un  danno  di
particolare gravita'. Nelle predette ipotesi, in luogo dell'arresto e
dell'ammenda, possono essere previste anche le  sanzioni  alternative
di ad agli articoli 53 e seguenti del decreto legislativo  28  agosto
2000, n. 274, e la  relativa  competenza  del  giudice  di  pace.  La
sanzione amministrativa del pagamento di una somma  non  inferiore  a
150 euro e non superiore a 150.000 euro e' prevista per le infrazioni
che ledano  o  espongano  a  pericolo  interessi  diversi  da  quelli
indicati nei periodi precedenti.  Nell'ambito  dei  limiti  minimi  e
massimi previsti, le sanzioni indicate nella  presente  lettera  sono
determinate  nella  loro  entita',  tenendo   conto   della   diversa
potenzialita' lesiva dell'interesse protetto che ciascuna  infrazione
presenta in astratto, di specifiche qualita' personali del colpevole,
comprese quelle che  impongono  particolari  doveri  di  prevenzione,
controllo  o  vigilanza,  nonche'  del  vantaggio  patrimoniale   che
l'infrazione puo' recare al colpevole ovvero alla persona o  all'ente
nel cui interesse egli agisce. Entro i limiti di pena indicati  nella
presente  lettera  sono  previste   sanzioni   identiche   a   quelle
eventualmente gia'  comminate  dalle  leggi  vigenti  per  violazioni
omogenee  e  di  pari  offensivita'  rispetto  alle  infrazioni  alle
disposizioni  dei  decreti  legislativi.   Nelle   materie   di   cui
all'articolo 117,  quarto  comma,  della  Costituzione,  le  sanzioni
amministrative sono determinate dalle  regioni.  Le  somme  derivanti
dalle sanzioni di nuova istituzione, stabilite  con  i  provvedimenti
adottati in attuazione della presente legge, sono versate all'entrata
del bilancio dello Stato  per  essere  riassegnate,  entro  i  limiti
previsti  dalla  legislazione  vigente,  con  decreti  del   Ministro
dell'economia  e  delle  finanze,  alle  amministrazioni   competenti
all'irrogazione delle stesse; 
        Art. 36 - 1. Nella predisposizione  del  decreto  legislativo
per l'attuazione della direttiva 2008/51/CE del Parlamento europeo  e
del Consiglio, del 21 maggio  2008,  che  modifica  la  direttiva  n.
91/477/CEE del Consiglio, relativa al controllo  dell'acquisizione  e
della detenzione di armi, il Governo e' tenuto a  seguire,  oltre  ai
principi e criteri direttivi generali di cui all'articolo 2, anche  i
seguenti ulteriori principi e criteri direttivi: 
          lett. n) prevedere l'introduzione di sanzioni  penali,  nei
limiti di pena di cui alla legge 2 ottobre  1967,  n.  895,  ed  alla
legge 18 aprile 7975. n. 110, per  le  infrazioni  alle  disposizioni
della  legislazione   nazionale   di   attuazione   della   direttiva
2008/51/CE. 
      3.3 Art. 35, comma 1 e comma 8 vigente dal 12 aprile 2006 al 30
giugno 2011 Si tratta della versione  precedente  all'intervento  del
Legislatore delegato e in vigore fino al 1° luglio 2011 
      Il  fabbricante,  il  commerciante  di  armi  e  chi   esercita
l'industria della riparazione delle armi e'  obbligato  a  tenere  un
registro  delle  operazioni  giornaliere,  nel  quale  devono  essere
indicate le generalita' delle persone con cui  le  operazioni  stesse
sono compiute. 
      Tale registro deve essere esibito a richiesta  degli  ufficiali
od agenti di pubblica sicurezza  e  deve  essere  conservato  per  un
periodo di dieci anni anche dopo la cessazione dell'attivita'. 
      I commercianti di armi devono, altresi' comunicare  mensilmente
all'Affido di polizia competente per territorio le generalita'  delle
persone e delle ditte che hanno acquistato o venduto loro le armi, la
specie e la quantita' delle armi vendute o acquistate e  gli  estremi
dei titoli abilitativi all'acquisto esibiti dagli interessati. 
      E' vietato vendere o in qualsiasi  altro  modo  cedere  armi  a
privati che non siano muniti di permesso di porto  d'armi  ovvero  di
nulla osta all'acquisto rilasciato dal questore. Il  nulla  osta  non
puo' essere rilasciato a minori, ha la validita' di  un  mese  ed  e'
esente da ogni tributo. La domanda e' redatta in carta libera. 
      Il questore puo' subordinare il rilascio del nulla osta, di cui
al comma precedente, alla presentazione  di  certificato  del  medico
provinciale, dell'ufficiale sanitario, o di un  medico  militare  dal
quale risulti che il richiedente non e' affitto da  malattie  mentali
oppure  da  vizi  che  ne  diminuiscono,  anche  temporaneamente,  la
capacita' di intendere e di volere. 
      Il contravventore e' punito con l'arresto da  tre  mesi  ad  un
anno e con l'ammenda non inferiore a lire cinquantamila. 
      [...] 
    4. Sulla rilevanza della questione 
    La sussunzione del  fatto  oggetto  del  procedimento  RG.  Trib.
146/18 nella fattispecie contravvenzionale di cui all'art. 35,  comma
1 TULPS comporta, trattandosi dell'unica interpretazione conforme con
l'attuale quadro normativo in  materia  (e  rispettosa  dei  principi
costituzionali in materia  penale  in  particolare  il  principio  di
legalita' ex art. 25, comma  2  Costituzione),  l'applicazione  della
sanzione di cui all'art. 35, comma 8 TULPS. 
    Alla luce degli elementi raccolti  durante  il  dibattimento,  si
tratta dell'unica conclusione possibile laddove si rammenti: 
      a) che l'odierno imputato rientra senz'altro nella  definizione
di «armaiolo» di cui all'art. 1-bis, lett. g) decreto legislativo  n.
527/1992 ma anche di «commerciante di armi e chi esercita l'industria
della riparazione delle armi» di cui all'art. 35 previgente; 
      b) che lo stesso ha omesso di annotare nel registro  richiamato
nell'art. 35, comma 1 TULPS la detenzione presso l'armeria di  n.  34
di armi lunghe ed una canna di fucile e di  indicare  le  generalita'
delle persone con cui le operazioni relative  alle  armi  sono  state
compiute (v. deposizione sovr. D P della Questura di - e  verbale  di
sequestro). 
    E' altresi' emerso che non  sussiste  ad  oggi  alcuna  causa  di
estinzione del reato e  che  non  ricorrono  ne'  ragioni  per  poter
pronunciare  una  sentenza  di  proscioglimento,  e  pertanto  questo
Giudice, trattandosi di un fatto verificatosi in data 18 aprile 2017,
sarebbe tenuto  a  determinare  la  sanzione  da  applicare  al  caso
concreto assumendo quale parametro di riferimento la cornice edittale
dell'arresto da sei mesi a due anni e dell'ammenda da  4.000  euro  a
20.000 euro (attualmente prevista dal comma 8 dell'art. 35 TULPS). La
rilevanza della questione nel caso concreto risulta lapalissiana, ove
si  consideri  che  l'eventuale   dichiarazione   di   illegittimita'
costituzionale dell'art. 3, comma 1, lett. d), decreto legislativo n.
204 del 26 ottobre 2010 in relazione al comma 8  dell'art.  35  Testo
unico delle leggi di pubblica sicurezza  (TULPS),  regio  decreto  18
giugno 1931, n. 773, imporrebbe di procedere  ad  una  determinazione
della  pena  nei  limiti  previsti  nell'art.  35,  comma   8   nella
formulazione precedente all'intervento del legislatore  delegato  del
2010. 
    Se la Corte costituzionale dovesse censurare con la dichiarazione
di  incostituzionalita'  l'art.  3,  comma  1,  lett.   d),   decreto
legislativo 26 ottobre 2010, n. 204, cio'  comporterebbe  l'immediata
reviviscenza dell'art. 35, comma 8 TULPS nella formulazione in vigore
fino al 1° luglio 2011, e cio' imporrebbe a questo Giudice, in  forza
di quanto stabilito dall'art. 136, comma 1 Costituzione, di applicare
una pena piu' mite, nell'ambito della cornice  edittale  dell'arresto
da sei mesi a due anni e dell'ammenda da 4.000 euro a 20.000  euro  e
non piu'  quella  dettata  nella  formulazione  attuale  che  prevede
l'arresto da sei mesi a due anni e l'ammenda da 4.000 estro a  20.000
euro. 
    5.  La  modifica  dell'art.  35  TULPS  introdotta  con   decreto
legislativo 204 del 26 ottobre 2010. 
    L'art.  35,  comma  6  TULPS  nel  testo  precedente  il  decreto
legislativo  n.  204/2010  sanzionava  precetti   penali   eterogenei
accomunati  dalla  riferibilita'  ad   un   soggetto   che   esercita
professionalmente l'attivita' di  «fabbricante,  il  commerciante  di
armi e chi esercita l'industria della  riparazione  delle  armi».  La
sanzione penale era  riferita  sia  alle  violazione  dei  doveri  di
tenuta,  esibizione  e  comunicazione  del  registro  di  P.S.  delle
operazioni giornaliere (commi 1-3), sia alla violazione  dei  divieti
di vendita di armi a soggetti non muniti di porto d'archi o di  nulla
osta all'acquisto (commi 4-5). 
    Il nuovo testo, per la parte che qui  interessa,  puntualizza  il
novero  dei  soggetti  attivi,  sostanzialmente  coincidenti  con  la
precedente  definizione,  e   modifica   in   parte   le   forme   di
documentazione  e   comunicazione,   prevedendo,   ad   esempio,   la
possibilita' di tenuta di un registro elettronico anziche' cartaceo e
la consegna all'autorita' del registro al  momento  della  cessazione
dell'attivita'. Tuttavia l'area centrale del precetto  penale  rimane
identica. 
    Puo' dunque affermarsi che la modifica dell'art. 35 TULPS non  e'
consistita nell'introduzione di uno o piu' reati totalmente nuovi  ma
nell'inasprimento  della  sanzione   di   fattispecie   penali   solo
parzialmente   modificata   nella   delimitazione   delle    condotte
sanzionate. 
    6.  Sulla  non  manifesta   infondatezza   della   questione   di
costituzionalita' dell'art. 3, comma 1, lett. d), decreto legislativo
n. 204 del 26 ottobre 2010 in relazione al comma 8 dell'art. 35 Testo
unico delle leggi di pubblica sicurezza  (TULPS),  regio  decreto  18
giugno 1931, n. 773 
    L'art. 3, comma 1, lett. d), decreto legislativo n.  204  del  26
ottobre 2010 in relazione al comma 8 dell'art. 35 Testo  unico  delle
leggi di pubblica sicurezza (TULPS), regio decreto 18 giugno 1931, n.
773 appare in contrasto con l'art. 76  Costituzione  per  eccesso  di
delega, essendo  il  Legislatore  delegato  intervenuto  superando  i
limiti di oggetto  o  comunque  violando  i  principi  ed  i  criteri
direttivi indicati negli arti. 36 e 2 della legge 7 luglio  2009,  n.
88  Disposizioni   per   l'adempimento   degli   obblighi   derivanti
dall'appartenenza   dell'Italia   alle   Comunita'   europee    Legge
comunitaria 2008. 
    L'attuale sistema costituzionale,  nel  disciplinare  l'esercizio
della funzione legislativa, riconosce un ruolo centrale al Parlamento
e,  solo  in  casi  eccezionali  e  nel   rispetto   di   particolari
prerogative, anche al Governo ai sensi degli artt. 76 e seguenti, che
disciplinano  gli  istituti  del  decreto   legge   e   del   decreto
legislativo. 
    Delegare il Governo a  determinate  condizioni  a  esercitare  la
funzione  legislativa  ha  costituito   una   meditata   scelta   del
Costituente che, consapevole dell'eccezionalita' dello strumento,  ha
provveduto   ad   indicare   in   modo   puntuale   una   dettagliata
regolamentazione, al fine di evitare che eventuali  abusi  di  questo
iter  formativo  degli  atti   legislativi   potessero   riverberarsi
negativamente sul delicato equilibrio che connota il rapporto tra  il
potere legislativo ed esecutivo. L'esigenza avvertita  fu  quella  di
evitare che il Parlamento potesse essere, attraverso  una  violazione
sistematica delle disposizioni in materia di delegazione legislativa,
esautorato della  sua  centralita'  e  del  potere  legislativo,  con
consequenziale elusione del  principio  di  rappresentativita'  della
legge garantito  in  materia  penale  anche  dall'art.  25,  comma  2
Costituzione. 
    Con particolare riguardo all'istituto  del  decreto  legislativo,
questi principi sono stati valorizzati ed enucleati in modo  puntuale
anche dal Giudice delle leggi che ha delineato con minuzia i  confini
del c.d. eccesso di delega. In particolare questo vizio si  configura
quando si ravvisa un contrasto tra norma delegata e  norma  delegante
per inosservanza dei  principi  e  criteri  direttivi  o  del  limite
temporale  o  per  esorbitanza  dall'oggetto  della   delega   (Corte
costituzionale, sent. n. 59/2016). 
    In definitiva, in questi casi si stigmatizza il comportamento del
Legislatore delegato che agisce senza potere  rispetto  alla  materia
trattata nelle norme in contrasto con la legge delega. 
    In concreto occorre domandarsi  se  il  Legislatore  delegato  ha
rispettato i limiti di oggetto, i principi e i criteri indicati nella
legge 7 luglio 2009, n.  88  «Disposizioni  per  l'adempimento  degli
obblighi  derivanti  dall'appartenenza  dell'Italia  alle   Comunita'
europee - Legge comunitaria 2008». 
    Nel caso di  specie  i  parametri  di  riferimento  per  vagliare
compatibilita'  tra  norma   delegata   e   norma   delegante   vanno
rintracciati negli artt. 36 e 3 della legge n. 88/2009 (e nei diversi
rinvii  normativi  in  essi  contenuti),  norme  queste  ultime   che
consentono di perimetrare in  modo  dettagliato/preciso  entro  quali
limiti puo' essere legittimamente esercitato il potere  delegato  dal
Parlamento. 
    L'art. 36, comma 1, lett. n), legge n. 88/2009 stabilisce: «Nella
predisposizione  del  decreto  legislativo  per  l'attuazione   della
direttiva 200/51/CE del Parlamento europeo e  del  Consiglio  del  21
maggio 2008, che modifica  la  direttiva  91/477/CEE  del  Consiglio,
relativa al controllo dell'acquisizione e della detenzione  di  armi,
il Governo e' tenuto a  seguire,  oltre  ai  principi  e  ai  criteri
direttivi generali di cui all'art.  2,  anche  i  seguenti  ulteriori
principi  e   criteri   direttivi:   ...   (Omissis)   n)   prevedere
l'introduzione di sanzioni penali, nei limiti di  pena  di  cui  alla
legge 2 ottobre 1967, n. 895, ed alla legge 18 aprile 1975,  n.  110,
per le infrazioni alle disposizioni della legislazione  nazionale  di
attuazione della direttiva 2008/51/CE». 
    La lettera della norma consente prima facie di desumere che: 
      a)  il  potere  delegato  si  riferisce   esclusivamente   alla
«introduzione» di sanzioni penali; 
      b) nell'introdurre queste sanzioni il  potere  riconosciuto  al
Governo incontra il limite previsto nelle disposizioni previste nella
legge n. 895/1967 e legge  n.  110/1975.  La  previsione  della  sola
introduzione di sanzioni penali  costituisce  un  preciso  limite  al
potere conferito al legislatore delegato che esclude la  possibilita'
di  incidere  sulle  sanzioni  gia'  esistenti  sia  aggravando   che
mitigando il trattamento. 
    Una tale lettura e' confermata dall'art. 2, comma  1,  lett.  c),
legge 7 luglio 2009, n. 88 che, nel dettare  i  criteri  a  cui  deve
attenersi  il  legislatore  delegato   nell'introduzione   di   nuove
fattispecie penali o di illeciti amministrativi, limita la delega «al
di fuori dei casi previsti dalle norme penali vigenti». 
    Tale  interpretazione  della  legge   delega   e'   ulteriormente
avvalorata dall'ulteriore criterio direttivo contenuto  nell'art.  2,
lett. c), secondo cui «Entro i limiti di pena indicati nella presente
lettera sono previste sanzioni identiche a quelle eventualmente  gia'
comminate dalle leggi vigenti  per  violazioni  omogenee  e  di  pari
offensivita' rispetto alle infrazioni alle disposizioni  dei  decreti
legislativi». 
    In sostanza la norma dell'art.  2,  lett.  c)  si  apre  con  una
clausola di sussidiarieta' in forza della quale e' escluso il  potere
del Legislatore delegato nei casi in cui la materia e' gia'  regolata
da una norma penale ed aggiunge il vincolo di prevedere, per le nuove
fattispecie, sanzioni identiche a  quelle  esistenti  per  violazioni
omogenee. Ove pertanto si volesse, per assurdo, ritenere conferito al
Governo il potere di incidere sulle  sanzioni  penali  esistenti,  il
principio dell'art. 2, lett. c) terz'ultimo paragrafo, imporrebbe  al
governo di applicare un trattamento identico a quello esistente. 
    Una   volta   riconosciuta   la   continuita'    e    sostanziale
sovrapponibilita'  tra  le  fattispecie  penali  dell'art.  35  TULPS
attuale e previgente ed evidenziato  che  la  legge  n.  88/2009  non
conferiva  al  Governo  il  potere  di  modificare   il   trattamento
sanzionatorio per le fattispecie penali previgenti, appare fondato il
sospetto   d'incostituzionalita'   per   violazione   dell'art.    76
Costituzione, per esorbitanza dai limiti di  oggetto  e/o  violazione
dei principi e criteri direttivi, dell'art. 3,  comma  1,  lett.  d),
decreto legislativo n. 26 ottobre 2010, n. 204  nella  parte  in  cui
modifica il comma 8 dell'art. 35 Testo unico delle leggi di  pubblica
sicurezza (TULPS), regio decreto 18 giugno 1931, n. 773. 
    Ovviamente, l'intervento della  Corte  postula  un  tentativo  di
interpretazione conforme da parte del Giudice  a  quo,  che  si  vede
costretto a sollevare la  questione  di  legittimita'  costituzionale
della disposizione solo se non sussistono opzioni  ermeneutiche  tali
da garantire la sopravvivenza nel  sistema  della  norma  oggetto  di
esame. 
    Nel caso  di  specie  non  sono  possibili  percorsi  di  esegesi
dell'art. 3, comma 1 lett. d), decreto  legislativo  n.  204  del  26
ottobre 2010 in relazione al comma 8 dell'art. 35 Testo  unico  delle
leggi di pubblica sicurezza (TULPS) che garantiscano  la  conformita'
della norma de qua con i principi di cui  all'art.  76  Costituzione.
Non aiuta a superare questa tensione con  la  Carta  fondamentale  il
ricorso ai criterio  letterale,  al  criterio  storico,  al  criterio
sistematico e a quello teleologico. Neppure il  richiamo  allo  scopo
perseguito dal  decreto  legislativo,  ovvero  dare  attuazione  alla
direttiva del Consiglio delle comunita' europee n.  91/477/CEE,  come
modificata dalla direttiva 2008/51/CE, offre  una  valida  soluzione:
l'art.  16  della  direttiva  stabilisce  che   «Gli   Stati   membri
stabiliscono le sanzioni da irrogare  in  caso  di  violazione  delle
disposizioni  nazionali  adottate  in   attuazione   della   presente
direttiva  ed  adottano  ogni  misura  necessaria   per   assicurarne
l'esecuzione.  Le   sanzioni   previste   devono   essere   efficaci,
proporzionate e dissuasive», lasciando impregiudicati  i  poteri  del
Legislatore interno al quale riconosce ampia  discrezionalita'  nella
definizione degli strumenti da  adottare  per  dare  effettivita'  al
provvedimento comunitario. 
    Non essendo possibile un'interpretazione  conforme,  deve  essere
sollevata questione di legittimita' costituzionale. 
 
                                P.Q.M. 
 
    Visti gli articoli 134 Costituzione e 23, legge 11 marzo 1953, n.
87; 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1, lett.  d),  decreto
legislativo n. 6 ottobre 2010, n. 204 nella parte in cui modifica  il
comma 8 dell'art. 35 Testo Unico delle Leggi  di  Pubblica  Sicurezza
(TULPS), regio decreto 18 giugno  1931,  n.  773  per  contrasto  con
l'art. 76 della Costituzione; 
    Sospende il giudizio in corso e 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
Costituzionale; 
    Ordina la notificazione della presente  ordinanza  a  cura  della
cancelleria al  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  e  la  sua
comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
        Savona, 15 settembre 2020 
 
                          Il Giudice: Fois