N. 18 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 settembre 2020

Ordinanza del 17 settembre 2020 della Corte d'appello di Cagliari nel
procedimento civile promosso da S. C., quale erede di  F.  M.  contro
INAIL, in persona del direttore regionale per la Sardegna. 
 
Infortuni  sul  lavoro  e  malattie   professionali   -   Prestazioni
  economiche da  inabilita'  permanente  -  Menomazioni  preesistenti
  all'entrata in vigore del decreto ministeriale previsto dal comma 3
  dell'art. 13 del d.lgs. n.  38  del  2000  e  gia'  indennizzate  -
  Previsione che la valutazione del grado di menomazione  conseguente
  a un nuovo infortunio o a una nuova malattia professionale  avviene
  senza tenere conto delle preesistenze - Mantenimento dell'eventuale
  rendita  corrisposta  in  conseguenza  di  infortuni   o   malattie
  professionali  verificatisi  o  denunciati  prima  dell'entrata  in
  vigore del citato decreto ministeriale. 
- Decreto legislativo  23  febbraio  2000,  n.  38  (Disposizioni  in
  materia di assicurazione contro  gli  infortuni  sul  lavoro  e  le
  malattie professionali, a norma dell'articolo 55,  comma  1,  della
  legge 17 maggio 1999, n. 144), art. 13, comma 6,  secondo  e  terzo
  periodo. 
(GU n.8 del 24-2-2021 )
 
                   LA CORTE D'APPELLO DI CAGLIARI 
                           Sezione civile 
 
    In funzione di giudice del lavoro, composta dai magistrati: 
        Giovanna Osana, Presidente; 
        Angelo Lucio Caredda, consigliere relatore; 
        Paola Mazzeo, consigliere. 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nella  causa  di  previdenza
iscritta al n. 190 di RACL dell'anno 2018, proposta da: S.C., nata  a
...  ed  ivi  res.te  in  viale  del  ...,  quale  erede  di  F.  M.,
elettivamente domiciliata in Cagliari, via Logudoro n. 35, presso  lo
studio degli avv.ti  Valeria  Atzeri  -  (TZRVLR69B68B354E),  Claudia
Atzeri (TZRCLD71T63B354T) e Giovanni Pruneddu (PRNGNN56D27L202P), che
la rappresentano e difendono per  delega  allegata  alla  memoria  di
costituzione  informatica  e  dichiarano   di   voler   ricevere   le
comunicazioni  di  cancelleria  all'indirizzo  di  posta  elettronica
certificata  studiolegaleatzeri@legalmail.it  o  al  numero  di   fax
070666074 indicati nell'intestazione 
Ricorrente in riassunzione-appellata 
    contro INAIL, in persona del direttore regionale per la Sardegna,
elettivamente domiciliato in Cagliari, via Nuoro n. 50, rappresentato
e difeso in virtu' di  procura  generale  alle  liti  dagli  avvocati
Giuliana Murino e Roberto Di Tucci. 
Resistente in riassunzione-appellante 
 
                      Svolgimento del processo 
 
    Lo svolgimento viene riportato nei limiti di quanto  devoluto  al
giudice di II grado ex art. 346 del codice di procedura civile  e  56
decreto legislativo n. 546/1992. 
    Con ricorso al Tribunale  di  Cagliari  l'attuale  ricorrente  ha
affermato di aver lavorato come minatore in sottosuolo  dal  1959  al
1988 e di essere stato esposto all'inalazione di biossido di silicio.
Ha affermato di aver contratto la silicosi per  tale  ragione  ed  ha
chiesto l'accertamento dell'esistenza della malattia  e  la  condanna
dell'INAIL all'erogazione delle relative prestazioni, negate  in  via
amministrativa dopo che era stata presentata domanda il  22  febbraio
2008. 
    L'INAIL si e' costituito in giudizio contestando l'esistenza  del
diritto ed eccependo che,  poiche'  il  ricorrente  era  titolare  di
rendita per «broncopneumopatia» (m.p. n. 40001717), era inammissibile
qualsiasi duplicazione delle prestazioni. 
    Istruita la causa con produzioni documentali e CTU, il consulente
ha concluso: 
        «Il signor F. M. risulta affetto da silicosi: 
          La diagnosi e' di verosimile certezza; 
          Il  conseguente  grado  di  danno  biologico  puo'   essere
indicato pari al 25% a far data  dalla  presentazione  della  domanda
amministrativa.» 
    Di seguito, nell'elaborato peritale,  il  CTU  dichiara  di  aver
anche visitato  il  ricorrente  in  altro  procedimento,  finalizzato
all'accertamento dell'aggravamento della malattia  professionale  per
cui era gia' indennizzato, ovvero sia la broncopneumopatia, redigendo
la relativa consulenza, di cui  riporta  un  estratto  nel  corpo  di
quella oggetto di causa, confermandone le valutazioni. 
    Nella diversa consulenza si legge: 
        «Prima  di  confrontare  i  dati  emersi  al  solo  scopo  di
verificare  se  sia  o  non   intervenuto   un   aggravamento   della
broncopneinnopatia, non si puo' fare a meno di osservare  come,  alla
luce degli attuali esami, la diagnosi di broncopneumopatia  non  puo'
piu' essere condivisa, in quanto ci  si  trova  al  cospetto  di  una
quadro patologico classico di silicosi. 
        Per quanto non sia possibile  porre  a  confronto  diretto  i
radiogrammi eseguiti in occasione della CTU  del  1997,  ne'  risulta
possibile confrontare radiogrammi INAIL, non prodotti e,  per  quanto
riportato in alti, non eseguiti in occasione della revisione, il solo
confronto  del  referto  radiologico  del  1997  con  quello  attuale
evidenzia  come  si  sia  verificata   una   grossolana   evoluzione,
caratterizzata da un interessamento  interstiziopatico  di  tutto  il
parenchima polmonare. 
        Attualmente l'osservazione diretta  del  quadro  radiografico
standard del torace e' talmente eclatante  che,  se  nel  1997  fosse
stato presente anche solo in minor  misura  un  quadro  assimilabile,
certamente ai radiologi del "Binaghi" (dove fu  eseguito  l'esame  di
quella  CTU),  non  sarebbe  sfuggito  e  sicuramente  lo   avrebbero
segnalato. 
        Il  quadro  attuale  e'  quello  di  una  fibrosi   polmonare
interstiziale,  caratterizzata  da  una  disseminazione   periferica,
mantellare,  di  immagini  nodulari  e  micronodulari   di   densita'
chiaramente fibrotica, che si raggruppano come "a grappoli" in  varie
zone dei campi polmonari. 
        Il quadro RX e' talmente chiaro, e la  fibrosi  interstiziale
talmente marcata, che, confrontato  con  il  referto  TC  del  torace
esibito dal periziando (anche se trattasi di esami  non  "omogenei"),
consente di ritenere che dal 2008 (epoca dell'esame TC)  ad  oggi  si
sia verificata una ulteriore evoluzione  peggiorativa  della  fibrosi
polmonare.  Ed  in  effetti,  la  visione  diretta  che   ho   potuto
personalmente effettuare dell'esame TC  esibito  dal  periziando,  mi
consente di affermare che se ripetessimo oggi l'esame TC del  torace,
certamente troveremmo tale ulteriore aggravamento. 
        L'odierno  quadro  radiologico  e  quello   TC   del   torace
consentono, con criterio di tutta  verosimiglianza,  praticamente  di
certezza, di porre diagnosi di "silicosi", alla luce della  sicura  e
lungata  (29   anni   di   galleria)   esposizione   del   periziando
all'inalazione  di   silice   in   miniera   altamente   silicotigena
(Montevecchio)... 
        Conclusioni:   nel   signor   F.    M.    indennizzato    per
broncopneumopatia  professionale  col  grado  del  14%   d'inabilita'
lavorativa,  risulta  essersi  realizzato   un   aggravamento   della
patologia respiratoria; con riferimento alla  data  di  presentazione
della domanda amministrativa di revisione  puo'  essere  indicato  un
nuovo maggior  grado  d'inabilita',  pari  al  22%;  a  causa  di  un
ulteriore intervento aggravamento, con riferimento  al  gennaio  2010
puo' essere indicato un nuovo maggior  grado  d'inabilita',  pari  al
32%». 
    Il Tribunale, con sentenza n. 1975 del 19 luglio 2011, ha accolto
la domanda e riconosciuta  la  rendita  per  silicosi  e  cardiopatia
associata al 25% di danno biologico. 
    Ha proposto appello l'INAIL, ribadendo che l'appellato  era  gia'
indennizzato al 32% per  broncopneumopatia,  (vedi  esiti  della  CTU
relativa), liquidata secondo il regime del testo unico  1124/1965,  e
che il riconoscimento  del  danno  integrale  al  25%  per  la  nuova
patologia denunciata  comportava  una  duplicazione  di  prestazioni,
poiche'  si  sarebbe  dovuto  tener  conto  della  preesistenza  gia'
indennizzata, che interessava il medesimo apparato  e,  percio',  era
«concorrente» con la silicosi. Ha percio' sostenuto  che  si  sarebbe
dovuto detrarre dal danno  complessivo  il  danno  preesistente,  per
ottenere il danno «nuovo» o «ulteriore». L'appellato si e' costituito
chiedendo il rigetto dell'appello. 
    La Corte d'appello, con sentenza n. 518 del 28 novembre 2012,  ha
accolto l'appello, ritenendo  che  «a  parte  la  nuova  diagnosi  di
silicosi polmonare», nessun danno ulteriore esistesse  rispetto  alla
broncopneumopatia gia' diagnosticata e gia' indennizzata  al  32%  in
regime  ex  decreto  del  Presidente  della   Repubblica   1124-1965,
soggiungendo che la «silicosi» non si poteva considerare  come  nuova
malattia professionale,  da  indennizzare  come  danno  biologico  ex
decreto legislativo n. 38/2000 e che il  danno  riscontrato  non  era
nuovo, ma coincideva con quello gia' indennizzato. Ha  soggiunto  che
in  caso   contrario   si   sarebbe   verificata   una   duplicazione
dell'indennizzo ed ha, in definitiva, rigettata la domanda. 
    Ha proposto ricorso per Cassazione l'appellato e la Corte, con la
sentenza n.  6774-2018  ha  annullato  la  sentenza,  ravvisando  una
violazione dell'art. 13, 6° comma, decreto legislativo n. 38/2000  ed
ha rinviato a questa Corte, in diversa composizione. La suprema Corte
ha  ritenuto  che  la  Corte  d'appello  avesse  violato  il  decreto
legislativo n. 38/2000: 
        «Essa contrasta infatti con la lettera dell'art. 13, comma 6,
secondo e terzo periodo, che non distinguono  la  malattia  nuova  (o
l'infortunio nuovo) che riguardi lo stesso apparato da quello che non
lo riguardi; applicano a tutti i nuovi eventi  la  stessa  soluzione,
secondo cui delle preesistenti invalidita' "non si  tiene  conto"  al
fine di valutare - nell'ambito delle nuove prestazioni - il grado  di
menomazione ad essi relativi; e prevedono la regola della concorrenza
delle prestazioni ("l'assicurato continuera' a percepire  l'eventuale
rendita  corrisposta  in  conseguenza   di   infortuni   o   malattie
professionali  verificatisi  o  denunciate  prima  della  data  sopra
indicata". 
    Riassume  il  giudizio  l'originario  ricorrente,   cui   resiste
l'INAIL. 
    In corso di causa, deceduto  l'appellato,  si  e'  costituita  in
giudizio  l'erede.  La  causa  e'  stata  istruita   con   produzioni
documentali ed e' stata decisa sulla base delle seguenti 
 
                             Conclusioni 
 
    Per l'appellante INAIL: 
        In  via  principale,  in  totale   riforma   della   sentenza
appellata, rigettare le domande proposte da F. M. 
        In subordine, qualora  venisse  riconosciuta  la  sussistenza
della silicosi polmonare, procedere a scorporare il danno  da  quello
indennizzato dall'Istituto con la BPCO. 
    Per l'appellata S. C.: 
        La ecc.ma Corte: 
          1) respinga l'interposto appello; 
          2) accerti  che  F.  M.  aveva  diritto  alla  rendita  per
silicosi con  cardiopatia  associata  nella  misura  del  25%,  o  in
quell'altra maggiore o minore che risultera' in corso di causa, dalla
data della domanda amministrativa, e per l'effetto  condanni  l'Inail
al pagamento, a favore degli eredi, dei  ratei  maturati  e  scaduti,
fino alla data del  decesso,  maggiorati  degli  interessi  legali  e
rivalutazione monetaria nei limiti di legge; 
          3) condanni l'Inail alla rifusione delle spese del presente
giudizio, del giudizio d'appello e del giudizio  nanti  la  Corte  di
cassazione oltre alle spese generali e al rimborso  dell'importo  del
contributo unificato per il ricorso in Cassazione pari a euro  900,00
con distrazione a  favore  degli  avvocati  Valeria  Atzeri,  Claudia
Atzeri e Giovanni Pruneddu anticipatari; 
          4) ai sensi dell'art. 152 disp. att.  si  dichiara  che  il
reddito  imponibile,  ai  fini  dell'imposta  personale  sul  reddito
risultante  dall'ultima  dichiarazione  non  e'  superiore   a   euro
22.987,64 come da dichiarazione sostitutiva  di  certificazione  agli
atti e pertanto, in caso di reiezione della domanda, si chiede che le
spese  del  giudizio  non  vengono  comunque  poste  a   carico   del
ricorrente. 
 
                       Motivi della decisione 
 
 
                       Ricostruzione in fatto 
 
    I fatti che risultano accertati  sono  cosi'  sintetizzabili:  il
defunto F. M. godeva gia' di una rendita  per  «broncopneumopatia  da
polveri di silicati e calcare», arrivata alla percentuale del 32%  di
danno alla capacita' lavorativa, costituita dal 1992 sotto il  regime
del testo unico 1124/1965. Tale percentuale  era  stata  raggiunta  a
seguito di domanda giudiziale  di  aggravamento,  nel  cui  corso  il
medesimo CTU dell'attuale procedimento aveva riscontrato che egli era
affetto da un'unica malattia, la silicosi, mentre non  era  esistente
la broncopneumopatia per cui  era  indennizzato.  La  percentuale  di
danno verificata dal CTU al momento della consulenza (2010), era  del
32% di perdita di capacita' lavorativa, sotto  il  regime  del  testo
unico 1124/1965.  La  maggior  percentuale  di  danno,  peraltro,  e'
rimasta sempre imputata alla prestazione in godimento, ovvero sia una
rendita per BPCO e non per silicosi. 
    Il 22 febbraio 2008 ha chiesto all'INAIL il riconoscimento  della
diversa malattia della silicosi  (rispetto  alla  BPCO  per  cui  era
indennizzato), con associata cardiopatia, sotto  il  regime  pertanto
del decreto legislativo n. 38/2000, che valuta non piu' il danno alla
capacita' lavorativa, ma il danno biologico. Il CTU,  nel  confermare
l'esistenza della sola silicosi come unica malattia professionale che
affliggeva il ricorrente, valuta in danno biologico nella misura  del
25%, poi accertato dal Tribunale con la sentenza qui appellata. 
 
                          Quadro normativo 
 
    La fattispecie e' disciplinata dalla disposizione  dell'art.  13,
6° comma, decreto legislativo n. 38/2000, il  quale  ha  innovato  il
sistema  delle  prestazioni  erogabili  dall'INAIL  sostituendo,  per
quanto qui rileva, il sistema di valutazione medico-legale del danno.
Nel sistema del testo unico 1124/1965, infatti, si teneva  conto  del
danno che gravava sulla  «capacita'  lavorativa»,  mentre  in  quello
delineato dal decreto suddetto si ha riguardo al «danno biologico». 
    La norma: 
        «6.  Il  grado  di  menomazione  dell'integrita'  psicofisica
causato da infortunio sul lavoro  o  malattia  professionale,  quando
risulti aggravato da menomazioni preesistenti  concorrenti  derivanti
da fatti estranei al lavoro o da infortuni o  malattie  professionali
verificatisi o denunciate prima della data di entrata in  vigore  del
decreto ministeriale di cui al comma 3 e non indennizzati in rendita,
deve essere rapportato non all'integrita' psicofisica completa, ma  a
quella  ridotta  per  effetto  delle  preesistenti  menomazioni,   il
rapporto e' espresso da una frazione in cui il denominatore indica il
grado  d'integrita'  psicofisica  preesistente  e  il  numeratore  la
differenza tra questa ed il grado d'integrita' psicofisica  residuato
dopo  l'infortunio  o  la  malattia  professionale.  Quando  per   le
conseguenze  degli   infortuni   o   delle   malattie   professionali
verificatisi o denunciate prima della data di entrata in  vigore  del
decreto ministeriale di cui al comma 3  l'assicurato  percepisca  una
rendita o sia stato liquidato in capitale ai sensi del  testo  unico,
il grado di menomazione conseguente al nuovo infortunio o alla  nuova
malattia  professionale  viene  valutato  senza  tenere  conto  delle
preesistenze. In tale  caso,  l'assicurato  continuera'  a  percepire
l'eventuale  rendita  corrisposta  in  conseguenza  di  infortuni   o
malattie professionali verificatisi o  denunciate  prima  della  data
sopra indicata.» 
    Per completezza, si riporta anche il  testo  dell'art.  9  stesso
decreto   legislativo   n.   38/2000,   riguardante   la   disciplina
dell'errore, nella parte che puo' rilevare: 
    «Art. 9 Rettifica per errore 
        1. Le prestazioni a qualunque  titolo  erogate  dall'istituto
assicuratore possono essere rettificate dallo stesso Istituto in caso
di errore di qualsiasi  natura  commesso  in  sede  di  attribuzione,
erogazione o riliquidazione delle prestazioni. Salvo i casi di dolo o
colpa grave  dell'interessato  accertati  giudizialmente,  l'istituto
assicuratore puo' esercitare la facolta'  di  rettifica  entro  dieci
anni  dalla  data  di  comunicazione  dell'originario   provvedimento
errato. 
        2. In  caso  di  mutamento  della  diagnosi  medica  e  della
valutazione da parte dell'istituto  assicuratore  successivamente  al
riconoscimento delle prestazioni, l'errore, purche' non riconducibile
a dolo  o  colpa  grave  dell'interessato  accertati  giudizialmente,
assume rilevanza ai fini della rettifica  solo  se  accertato  con  i
criteri, metodi e strumenti  di  indagine  disponibili  all'atto  del
provvedimento originario. 
        3. L'errore non rettificabile comporta il mantenimento  delle
prestazioni economiche in godimento al momento in cui l'errore stesso
e' stato rilevato. 
        4. E' abrogato il primo periodo  del  comma  5  dell'art.  55
della legge 9 marzo 1989, n. 88"...» 
    Dall'esame dell'art. 13, 6° comma, risulta che lo stesso contiene
la disciplina che regola il passaggio dal vecchio al nuovo sistema di
indennizzo, in relazione ai  casi  di  interferenza  che  si  possono
verificare   nel   caso   dell'esistenza   di   menomazioni   fisiche
preesistenti, individuando due diverse ipotesi: la prima e' quella in
cui, all'atto della richiesta  di  una  prestazione  sotto  il  nuovo
regime, ci siano menomazioni preesistenti concorrenti,  derivanti  da
fatti estranei al lavoro (e non e' il caso che  si  presenta),  o  da
infortuni o malattie professionali verificatisi  o  denunciate  prima
della data di entrata in vigore (neanche questo e' il  caso  attuale)
del decreto ministeriale di cui al comma  3  e  non  indennizzati  in
rendita, nel qual caso la percentuale  di  danno  relativa  al  nuovo
danno e' calcolata tenendo conto che  la  capacita'  fisica  e'  gia'
diminuita per effetto della preesistenza. La  norma  precisa  infatti
anche la formula matematica da applicare (c.d. formula di Gabrielli). 
    La seconda e' quella in cui  non  solo  ci  sia  una  malattia  o
infortunio professionale preesistente, ma per lo stesso l'interessato
gia' percepisca una rendita o sia stato «liquidato  in  capitale»  ai
sensi del testo unico: in questo caso, il  nuovo  danno  va  valutato
«senza  tener  conto  delle  preesistenze»,  quindi  presumendo   una
integrita' fisica del 100%. Si prevede di seguito  che  l'interessato
continui  a  percepire  la   prestazione   gia'   in   corso,   senza
modificazioni. 
    Per quanto riguarda l'art. 9,  disciplinante  l'errore,  esso  e'
stato riportato solo per completezza,  sia  perche'  l'iniziativa  di
ritenere erronea la  propria  precedente  valutazione  medica  spetta
all'INAIL, e solo successivamente, sempre introdotta dalle parti  nel
processo, puo' essere fatta oggetto  del  giudizio,  sia  perche'  e'
stato chiarito dalla CTU, in relazione alla domanda  di  aggravamento
della broncopneumopatia, che dagli esami risultanti al tempo non  era
individuabile  un  elemento  diagnostico  fondamentale  (art.  9,  2°
comma), e quindi la prestazione gia' in corso non sarebbe revocabile. 
 
                        Principio di diritto 
 
    Il principio di diritto cui questa Corte deve attenersi e' quello
che la stessa sentenza della suprema Corte indica ai punti 6) e 7): 
        «6. La fattispecie che ne occupa attiene alla  seconda  parte
dell'art. 13, comma 6, decreto legislativo n.  38/2000,  su  cui  non
constano specifici precedenti di questa Corte. In base alla norma  di
legge risulta che qualora il lavoratore goda di una rendita  per  una
malattia professionale denunciata prima dell'entrata in vigore  della
disciplina dettata dal decreto legislativo n. 38/2000  (ovvero  prima
del 25 luglio del 2000 e successivamente venga colpito da  una  nuova
malattia professionale (non importa se concorrente o coesistente)  il
grado di menomazione conseguente alla  nuova  malattia  professionale
deve  essere  valutato  senza   tenere   conto   delle   preesistenti
menomazioni; ed il lavoratore percepira' pertanto sia la rendita gia'
liquidata in base al testo unico 1124/65, sia la prestazione  per  la
nuova malattia da liquidarsi in base allo stesso art. 13 del  decreto
legislativo numero 38 del 2000. 
        7. La legge non contempla la distinzione pretesa dalla difesa
dell'Inail ed accolta dalla sentenza impugnata secondo cui in caso di
nuova  malattia  si  dovrebbe   distinguere   l'ipotesi   del   danno
concorrente e quella del danno coesistente; ne' consente di enucleare
una terza ipotesi di  valutazione  delle  preesistenze  per  il  c.d.
«danno biologico d'apparato» (rispetto a quelle regolate nel primo  e
nel secondo periodo dell'art. 13, 6 comma). E' percio'  evidente  che
la soluzione presa dalla Corte d'appello cagliaritana, di  scorporare
il danno biologico d'apparato ovvero il danno  biologico  per  bronco
pneumopatia da quello per silicosi, sia in contrasto  con  la  regola
dettata dalla legge.» 
 
                Effetti dell'applicazione della norma 
 
    In applicazione  del  principio  di  diritto  alla  controversia,
pertanto,  l'appello  dell'INAIL  dovrebbe   essere   rigettato:   la
valutazione del 25% di danno biologico data alla silicosi non solo e'
corretta,  ma  anche  non  deve  tener  conto  dell'esistenza   della
preesistente rendita per broncopneumopatia al 32%, malattia che altro
non e' che la  silicosi  oggetto  della  presente  controversia,  non
diagnosticata al tempo della sua concessione. All'appellato spettera'
pertanto la rendita al 25%  di  danno  biologico  per  silicosi,  che
andra'. ad aggiungersi alla vecchia rendita in godimento del 32%, per
la stessa (unica) malattia professionale da cui e' afflitto. 
    Si assiste pertanto ad una totale  duplicazione  dell'indennizzo,
in relazione ad un unico fatto lesivo, sia  pure  sotto  due  diversi
parametri  di  valutazione:  il  32%  di  perdita   della   capacita'
lavorativa, che equivale al 25%  di  danno  biologico.  Unica  e'  la
malattia e la valutazione delle conseguenze sotto i  due  profili  e'
stata effettuata pressoche' contemporaneamente,  a  parametri  fisici
invariati e dallo stesso ausiliare. 
    A  differenza  di  questa  fattispecie,  se   il   fatto   lesivo
preesistente non fosse stato  gia'  indennizzato,  come  nella  prima
parte del 6° comma («verificato o denunciato»  e'  la  dizione  della
norma), la valutazione medico legale  della  nuova  malattia  avrebbe
potuto tener conto della preesistenza ed essere, quindi,  unitaria  e
complessiva. 
    Questa considerazione e' valida anche nella fattispecie  in  cui,
anche  a  prescindere  dall'esistenza  di  un'esatta   identita'   di
malattia, le due  patologie,  una  preesistente  ed  una  successiva,
interessino gli stessi organi e parametri vitali da  valutare  e  sia
impossibile, sempre dal punto di vista medico  legale,  scinderne  le
conseguenze sulla funzionalita' fisica. Cio'  viene  precisato  anche
perche' questa Corte ha, pendenti davanti a se',  altre  controversie
investenti questa problematica,  una  delle  quali  gia'  oggetto  di
analoga ordinanza di rimessione a codesta Corte  (INAIL-M.  A.,  racl
206-2017, ordinanza del 26 maggio 2020). 
 
                  Norme costituzionali interessate 
 
    Questa Corte  dubita  della  conformita'  della  disposizione  da
applicare agli articoli 3 e 38 della Costituzione, sotto  il  profilo
percio' della  disparita'  di  trattamento  e  della  violazione  del
principio di solidarieta' sociale, che deve essere  ancorato  ad  uno
stato di bisogno effettivo. 
    Per  quanto  riguarda  la  disparita'  di  trattamento,  essa  e'
evidente rispetto alla stessa fattispecie disciplinata dalla norma in
questione, nel primo  periodo  del  6°  comma:  nel  caso  di  eventi
precedenti e domande gia' presentate prima  dell'entrata  in  vigore,
l'evento lesivo precedente  viene  valutato  unitariamente  a  quello
successivo, ai fini di accertare il  complessivo  danno,  mentre  nel
caso che sia gia' stata erogata la prestazione (2° e 3°  comma),  del
danno precedente non si tiene conto e si presume la piena  efficienza
fisica, calcolando su questa il danno  nuovamente  verificatosi,  con
cio' creando una situazione di privilegio per questo secondo caso. 
    La ragione della differenziazione non puo' essere rinvenuta nella
tutela dei diritti acquisiti, poiche' anche nella  prima  fattispecie
si e' di fronte ad una situazione  in  cui  esiste  un  diritto  gia'
consolidato: la presentazione  della  richiesta  di  prestazione  per
l'evento verificatosi consolida la pretesa di vederselo  valutare  ed
eventualmente  indennizzare,  ed  e'  percio'  anch'esso  un  diritto
acquisito. 
    A ben vedere, la tutela ha la sola finalita' di  mantenere  fermo
il criterio  di  valutazione  medico  legale  applicato,  ancorato  a
parametri che si vorrebbe non confondibili  con  quelli  relativi  al
danno biologico, ma questo viene  fatto  differenziandosi  dall'altra
ipotesi in  cui  il  danno  e'  preesistente  ed  anche  la  relativa
denuncia, ma il criterio  di  valutazione  medico  legale  del  danno
precedente, sempre nel caso di un danno successivo, viene  mutato  ed
anche  il  primo  viene  coinvolto  nella  valutazione   complessiva,
ancorata a parametri diversi dai precedenti,  prevista  espressamente
dal 6° comma nella prima parte. 
    Non si ravvisa alcuna giustificazione in questa differenziazione,
che  nel  caso  dell'esistenza  di  una  rendita  gia',   in   essere
attribuisce un ingiustificato privilegio al  percettore,  poiche'  si
ottiene l'effetto di maggiorare la percentuale di danno  indennizzato
in relazione al nuovo evento o malattia. 
    Questa  Corte  e'   consapevole   che   la   legittimita'   della
disposizione e' stata gia' indagata da codesta Corte, in  particolare
con la sentenza n. 426 del 2006, sempre in  relazione  al  secondo  e
terzo periodo del 6° comma in questione.  In  ogni  caso,  totalmente
diversa e' la situazione di fatto  posta  a  base  della  valutazione
compiuta al tempo: nella sentenza n. 426, in una situazione in cui si
percepiva gia' una rendita col regime precedente e si era  verificato
un nuovo fatto lesivo col nuovo regime, che pero' non oltrepassava la
percentuale di danno indennizzabile, si desiderava  giungere  ad  una
valutazione unitaria al fine di comprendervi anche  il  nuovo  danno,
che era  invece  sotto  soglia,  al  fine  di  ottenere  una  rendita
maggiore. 
    Nella fatti specie in esame, invece, si  assiste  ad  una  totale
duplicazione dell'indennizzo, e cio',  ad  avviso  di  questa  Corte,
confligge anche con l'art. 38 della Costituzione,  oltre  che  sempre
con l'art. 3, poiche' la  duplicazione  dell'attribuzione  spezza  il
collegamento sia con lo stato di necessita',  che  con  l'adeguatezza
del rimedio predisposto dal legislatore.  Il  meccanismo  predisposto
dal 6° comma dell'art. 13 decreto legislativo, in definitiva, non  e'
in grado di evitare duplicazioni di indennizzo, poiche' il 2°  ed  3°
periodo, a differenza del 1° periodo del 6° comma, nel  quale  nessun
problema di duplicazione si pone, impongono di far riferimento ad una
piena efficienza fisica,  anche  se  in  concreto  gia'  compromessa,
portando pertanto a valutare necessariamente due volte le conseguenze
di  una  determinata  patologia,  o  le  conseguenze   di   patologie
interessanti gli stessi organi o  influenti  sugli  stessi  parametri
vitali.   Nel   sistema   generale   vige   invece    il    principio
dell'incompatibilita' tra le prestazioni derivanti dallo stesso fatto
lesivo  (art.  1,  43°  comma,  legge  n.  335/1995)  ed  anche   tra
prestazioni previdenziali  ed  assistenziali,  anche  se  di  diversa
origine e frutto di diverso sistema di valutazione (art. 3, legge  n.
407/1990). La possibilita' di cumulo e' inoltre rimessa a  situazioni
previste da norme speciali, come nel  caso  dell'art.  12,  legge  n.
412/1991 che, nel modificare  l'art.  3,  legge  n.  407/1990  appena
citato, esclude dal divieto  di  cumulo  le  prestazioni  erogate  ai
ciechi civili, ai sordomuti e agli invalidi totali. 
    Non si  puo'  neanche  ritenere  una  valida  giustificazione  la
volonta' di assicurare un  trattamento  di  miglior  favore,  poiche'
sarebbe stata realizzabile in altro modo, quale  la  possibilita'  di
conservare il trattamento piu' favorevole, prevista ad esempio  dalle
stesse disposizioni appena citate. 
 
                      Rilevanza della questione 
 
    Come gia' detto, si tratta del principio di diritto da  applicare
necessariamente alla controversia, in esecuzione  dell'art.  384  del
codice di procedure  civile,  e  questo  giustifica  di  per  se'  la
valutazione sulla rilevanza:  l'appello  dell'INAIL  dovrebbe  essere
respinto. L'appellato dovrebbe  pertanto  percepire  integralmente  e
senza decurtazioni l'importo della  rendita  al  25%  per  asbestosi,
unica malattia esistente, che si'  aggiungerebbe  a  quella  gia'  in
essere per broncopneumopatia al 32%. 
    Se, invece le disposizioni di cui sopra dovessero essere ritenute
costituzionalmente illegittime e, in ipotesi,  dovesse  risultare  di
generalizzata applicazione  quella  del  1°  periodo  del  6°  comma,
l'appello dell'INAIL dovrebbe essere accolto e nuovamente determinato
il danno complessivo con l'applicazione della formula precisata. 
    Si  rileva,  in  aggiunta,  che  la  suprema  Corte  si  e'  gia'
pronunciata anche in un'altra controversia in cui  la  parte  privata
era patrocinata dai medesimi  difensori  di  quella  attuale,  sempre
valutando una sentenza di questa Corte d'appello, ed il principio  di
diritto affermato e'  stato  identico  (vedi  Cassazione  sez.  L  n.
6048-2018). Si deve aggiungere ancora che anche in altre controversie
pendenti davanti a questa Corte d'appello, tra cui R.G. 206-2017, pur
non  provenienti  da  rinvio   dalla   suprema   Corte,   si   chiede
l'applicazione del medesimo principio  di  diritto  e  si  richiamano
espressamente le pronunce di quest'ultima appena richiamate. 
    Per  quanto  riguarda  pertanto  l'applicazione  della   suddetta
previsione, si e' di fronte ad un orientamento  reiterato,  che  deve
essere ritenuto diritto vivente, e nei confronti del quale non paiono
percorribili  altre  soluzioni  interpretative,  vista   l'inequivoca
previsione  della  norma.  In  particolare,   non   e'   percorribile
l'interpretazione  propugnata  dall'INAIL  che,   oltre   ad   essere
totalmente in contrasto con la previsione della legge, fa riferimento
ad un criterio medico  legale  che,  in  causa,  risulta  essere  non
esistente ed impraticabile con metodo scientifico. 
    Sulla base di queste considerazioni, sciogliendo la  riserva,  si
deve pertanto sospendere il presente  procedimento  e  rimettere  gli
atti alla Corte costituzionale, per  la  soluzione  della  questione,
rilevata d'ufficio. 
 
                              P. Q. M. 
 
    La Corte d'appello, visti l'art.  134  della  Costituzione  e  la
legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e  non  manifestamente
infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 13,  6°  comma,
secondo e  terzo  periodo  del  decreto  legislativo  n.  38/2000  in
relazione agli articoli 3 e 38 della Costituzione nella parte in  cui
portano ad una duplicazione  totale  o  parziale  dell'indennizzo,  a
differenza delle fattispecie disciplinate dal 1° periodo dello stesso
comma. 
    Dispone la  sospensione  del  giudizio  in  corso  e  l'immediata
trasmissione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale.  Manda   alla
cancelleria di  notificare  la  presente  ordinanza  alle  parti  del
giudizio, al  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  e  di  darne
comunicazione al Presidente del Senato e al Presidente della Camera. 
        Cagliari, 16 settembre 2020 
 
                        Il Presidente: Osana