N. 26 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 novembre 2020
Ordinanza del 30 novembre 2020 della Corte dei conti - Sezione Regionale di controllo per l'Abruzzo nel giudizio di parificazione del rendiconto della Regione Abruzzo per l'esercizio finanziario 2018. . Impiego pubblico - Norme della Regione Abruzzo - Personale dei gruppi consiliari - Modifica dell'art. 40 della legge regionale n. 40 del 2010 - Fissazione del tetto massimo in termini finanziari per la determinazione dell'ammontare della spesa per il personale dei gruppi consiliari - Previsione che a tali spese non si applicano i limiti stabiliti dall'articolo 9, comma 28, e dall'articolo 14, commi 7 e 9, del decreto-legge n. 78 del 2010. - Legge della Regione Abruzzo 10 agosto 2010, n. 40 (Testo unico delle norme sul trattamento economico spettante ai Consiglieri regionali e sulle spese generali di funzionamento dei gruppi consiliari), art. 40, come sostituito dall'art. 32 dalla legge regionale 20 novembre 2013, n. 42 (Norme in materia di Polizia amministrativa locale e modifiche alla legge regionale n. 18/2001, alla legge regionale n. 40/2010 e alla legge regionale n. 68/2012).(GU n.10 del 10-3-2021 )
LA CORTE DEI CONTI sezione regionale di controllo per l'Abruzzo composta dai magistrati: Manuela Arrigucci - Presidente di Sezione; Marco Villani - Consigliere; Luigi Di Marco - Consigliere; Francesca Paola Anelli - Consigliere; Antonio Dandolo - Consigliere (relatore); Giovanni Guida - Primo Referendario. ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio di parificazione del rendiconto generale dell'esercizio finanziario 2018 della Regione Abruzzo; Visti gli articoli 81, 97, 100, comma 2,103, comma 2, 117, comma 1, e 136 della Costituzione;. Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni; Vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20, recante disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti; Visti gli artt. 38 e 40 del decreto legislativo n. 174 del 26 agosto 2016 (cd. Codice di giustizia contabile); Visto il decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni, in legge 7 dicembre 2012, n. 213 e successive modifiche ed integrazioni; Visto l'art. 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78; Visto l'art 40 della legge regionale 10 agosto 2010, n. 40, modificato dall'art. 32 della legge regionale 20 novembre 2013, n. 42; Vista la deliberazione di Giunta regionale n. 384/C del 2 luglio 2019 con la quale e' stato approvato il "Disegno di legge regionale recante: "Rendiconto Generale per l'esercizio 2018" e relativi allegati; Vista la deliberazione di Giunta regionale n. 619/C del 23 ottobre 2019 avente ad oggetto: "Rettifica D.G.R. n. 384/C del 02.07.2019 a seguito della riapprovazione con modifiche del Conto del Tesoriere con Deliberazione di Giunta Regionale del 23/10/2019 n. 610"; Vista la deliberazione di Giunta regionale n. 74/C del 3 febbraio 2020 avente ad oggetto: "Rendiconto esercizio 2016, 2017 e 2018. Rettifiche alle deliberazioni di Giunta regionale di approvazione dei disegni di legge"; Vista l'ordinanza n. 4/2020 del 10 febbraio 2020 con la quale il Presidente della Sezione regionale di controllo per l'Abruzzo, ha convocato la Camera di consiglio dell'11 marzo 2020 per il contradditorio con la Regione e con la Procura regionale e ha trasmesso all'Amministrazione regionale lo schema di relazione sulla gestione finanziaria 2016, 2017 e 2018 della Regione Abruzzo, adottato dalla Sezione nella Camera di consiglio del 7 febbraio 2020, cosi articolato: Volume I "La gestione finanziaria del bilancio"; Volume II "Attendibilita' e affidabilita' dei dati contabili"; Volume III "L'organizzazione amministrativa e le spese del personale. I controlli interni. La spesa sanitaria"; Volume IV "Analisi finanziaria delle societa' partecipate e degli enti strumentali della Regione Abruzzo e gestione dei fondi strutturali e d'investimento"; Vista la nota del Consiglio regionale prot. reg. n. 2582 del 24 febbraio 2020; Visto il decreto n. 3/2020 del 9 marzo 2020 con il quale il Presidente della Sezione regionale di controllo, a seguito dell'emergenza epidemiologica da COVID 19, ha rinviato ad altra data la Camera di consiglio dell'11 marzo 2020; Vista l'ordinanza n. 26/2020 del 12 giugno 2020 con la quale Presidente della Sezione regionale di controllo ha convocato la Camera di consiglio del 6 luglio 2020; Vista l'ordinanza n. 28/2020 del 24 giugno 2020 con la quale il Presidente della Sezione regionale di controllo ha disposto la trasmissione all'Amministrazione regionale e al Procuratore regionale della nota aggiuntiva del Magistrato relatore, contenente ulteriori verifiche e considerazioni nell'ambito dell'istruttoria propedeutica al giudizio di parificazione, in relazione al Volume III della relazione; Vista l'ordinanza n. 30 del 7 luglio 2020 con la quale il Presidente della Sezione regionale di controllo ha disposto la riunione dei procedimenti propedeutici alla parificazione dei rendiconti generali della Regione Abruzzo per gli esercizi finanziari 2016, 2017 e 2018, fissando l'udienza per il giorno 16 luglio 2020; Vista l'ordinanza n. 31/2020 adottata all'udienza del 16 luglio 2020 con la quale la Sezione ha disposto la riunione, in un unico giudizio di parificazione, dei giudizi relativi ai Rendiconti generali della Regione Abruzzo per gli esercizi finanziari 2016 e 2017 e il rixtvio della trattazione del giudizio di parificazione per l'esercizio finanziario 2018 all'udienza del 30 luglio 2020; Vista la deliberazione n. 202/2020/PARI del 14 settembre 2020 con la quale questa Sezione; ha sospeso il giudizio sul capitolo di spesa n. 11102 denominato "Funzionamento del Consiglio regionale", nella parte in cui trasferisce fondi destinati alle spese di personale dei gruppi consiliari ed ha stabilito di sollevare, in via incidentale, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 40 della legge regionale 10 agosto 2010, n. 40, modificato dall'art. 32 della legge regionale 20 novembre 2013, n. 42, secondo il quale alle spese del personale dei gruppi non si applicano i limiti stabiliti dall'articolo 9, comma 28, e dall'articolo 14, commi 7 e 9, del decreto legge 31 maggio 2010, 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122; Ritenuto in fatto Nell'ambito dei controlli effettuati sul rendiconto generale della Regione Abruzzo per l'esercizio 2018, ai fini del relativo giudizio di parificazione, e' emerso il mancato conseguimento dell'obiettivo di finanza pubblica che limita la spesa sostenuta per il personale assunto a tempo determinato, o con altre forme di lavoro flessibile, al 50% di quella sostenuta nell'anno 2009. La spesa sostenuta nell'esercizio 2009 per lavoro flessibile dalla Regione Abruzzo e' stata, infatti, pari a 10.052.673 euro; il limite previsto dall'art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010 e', quindi, pari a 5.026.336 euro. L'Amministrazione regionale ha invece sostenuto una spesa per personale flessibile pari a 5.211.021 euro nel 2016, a 5.522.496 euro nel 2017 ed a 5.649.682 euro nel 2018. Nel corso del giudizio la Regione ha controdedotto sostenendo di aver rispettato il vincolo suindicato, ove si escluda dal computo della spesa del personale flessibile soggetta a limite, quella sostenuta per le assunzioni di personale dei gruppi consiliari, nel merito, richiamando l'art. 40 della legge regionale 10 agosto 2010, n. 40, modificato dall'art. 32 della legge regionale 20 novembre 2013, n. 42 che stabilisce che alle spese per il personale dei gruppi consiliari non si applicano i limiti stabiliti dall'art. 9, comma 28, del decreto legge n. 78 del 2010. Con la deliberazione n. 202/2020/PARI del 14 settembre 2020, indicata in epigrafe, questa Sezione regionale di controllo ha sospeso il giudizio sul capitolo di spesa n. 11102 denominato "Funzionamento del Consiglio regionale", nella parte in cui trasferisce fondi destinati alle spese di personale dei gruppi consiliari (capitolo 2024.85 denominato "Budget gruppi consiliari" del conto consuntivo del Consiglio regionale che costituisce allegato al rendiconto della Regione, ai sensi dell'art. 3-bis, della legge regionale 9 maggio 2001, n.18) e ha disposto di sollevare, con separata ordinanza, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 40 della legge regionale 10 agosto 2010, n. 40, modificato dall'art. 32 della legge regionale 20 novembre 2013, n. 42, ai sensi del quale alle spese del personale dei gruppi "non si applicano i limiti stabiliti dall'articolo 9, comma 28, e dall'articolo 14, commi 7 e 9, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 "Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica", convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122". Giova anche ricordare che con deliberazione n. 180/2020/PARI del 1° settembre 2020; questa Sezione ha, peraltro, sospeso il giudizio di parificazione dei rendiconti generali della Regione per gli esercizi finanziari 2016 e 2017 con riguardo al medesimo capitolo 11102, denominato "Funzionamento del Consiglio regionale" e ha sollevato, con ordinanza n. 41 del 28 ottobre 2020, analoga questione di legittimita' costituzionale, in relazione al medesimo art. 40 della legge regionale 10 agosto 2010, n. 40, modificato dall'art. 32 della legge regionale 20 novembre 2013, n. 42. La norma della cui conformita' a Costituzione si dubita, che mostra profili di incompatibilita' con il quadro costituzionale gia' riscontrati nel giudizio per i rendiconti 2016 e 2017, riproduce, peraltro, una deroga gia' introdotta dall'art. 3, comma 2, della legge regionale 28 settembre 2012, n. 48, impugnato dal Consiglio dei ministri con deliberazione del 30 novembre 2012, ai sensi dell'art. 127 della Costituzione, per violazione degli artt. 97 e 117, terzo comma, e dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale con sentenza n. 289 del 2013. Nel caso di specie, inoltre, la norma regionale, intendendo riproporre - nella sostanza una norma gia' dichiarata incostituzionale, potrebbe presentare un ulteriore vizio di legittimita' costituzionale, consistente nella violazione del giudicato costituzionale ex art. 136 della Costituzione. Alla luce delle precedenti considerazioni, che non vengono scalfite dalle conclusioni formulate dalla Regione, il Collegio ha valutato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale relativa all'art. 40 della legge regionale n. 40 del 2010, modificato dall'art. 32 della legge regionale n. 42 del 2013, per contrasto con gli articoli 81, 97, 117, comma 3, Cost., in relazione all'art. 9, comma 28, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, e con l'art. 136 Cost. Diritto 1. La norma regionale della cui legittimita' costituzionale si dubita l'art. 40 della legge regionale 10 agosto 2010, n. 40, modificato dall'art. 32 della legge regionale 20 novembre 2013, n. 42) stabilisce che: "1. Ai fini di quanto disposto dall'articolo 2, comma 1, lettera h) del d.l. 174/2012, convertito con modificazioni dalla l. 213/2012, e secondo quanto stabilito dalla Deliberazione della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le provincie autonome di Trento e Bolzano del 6 dicembre 2012, l'Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale definisce il tetto massimo in termini finanziari per la determinazione dell' ammontare. della spesa per il personale dei gruppi consiliari in modo tale che non ecceda complessivamente iI costo di un'unita' di personale di categoria D, posizione economica D6, senza posizione organizzativa, compresi gli oneri a carico dell'ente e una quota aggiuntiva forfettaria compensativa degli emolumenti accessori previsti dai contratti, nazionali e decentrati di lavoro, dalle leggi nazionali e regionali applicabili, ivi inclusi i buoni pasto e compensi per lavoro straordinario da determinarsi entro il limite massimo spettante ai dipendenti di pari categoria e posizione economica ai sensi degli stessi contratti di lavoro, per ciascun consigliere. Con il medesimo atto ripartisce il budget 'complessivamente determinato fra i gruppi consiliari. 2. Il personale a qualsiasi titolo comandato o distaccato da soggetti pubblici o privati, nonche' assunto con contratto a tempo determinato dal Consiglio Regionale, allorche' funzionalmente collocato a disposizione dei gruppi consiliari, deve considerarsi rientrante nei limiti del budget di cui al comma 1 individuata per il gruppo consiliare. 3. In sede di prima applicazione del comma 1, e con riferimento alla nona Legislatura in corso, I' Ufficio di Presidenza, fermo restando il rispetto del tetto massimo di spesa ivi stabilito, determina i budget dei gruppi tenendo conto della spesa derivante dai rapporti di lavoro flessibile e delle altre tipologie di rapporto di lavoro, di cui al comma 2, in essere alla data del 30 novembre 2013. 4. Le risorse di cui al comma 1 non possono in alcun caso essere destinate ad altre finalita' e le eventuali risorse non utilizzate nell'anno di riferimento per il reclutamento del personale possono essere utilizzate nell'esercizio finanziario successivo, mediante apposita e separata istruzione alle competenze dell'esercizio successivo fino al termine della Legislatura, alla cui scadenza eventuali avanzi sono restituiti. 5. Alle spese di cui al comma 1 non si applicano i limiti stabiliti dall'articolo 9, comma 28, e dall'articolo 14, commi 7 e 9, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 "Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica", convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122". L'art. 9, comma 28, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 dispone: "A decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le Agenzie fiscali di cui agli articoli 62, 63 e 64 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, gli enti pubblici non economici, le universita' e gli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive codificazioni e integrazioni, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura fermo quanto previsto dagli articoli 7, comma 6, e 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalita' nell'anno 2009. Per le medesime amministrazioni la spesa per personale relativa a contratti di formazione lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro, nonche' al lavoro accessorio di cui all'articolo 70, comma 1, lettera d) del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni ed integrazioni, non puo' essere superiore al 50 per cento di quella sostenuta per le rispettive finalita' nell'anno 2009. I limiti di cui al primo e al secondo periodo non si applicano, anche con riferimento ai lavori socialmente utili, ai lavori di pubblica utilita' e ai cantieri di lavoro, nel caso in cui il costo del personale sia coperto da finanziamenti specifici aggiuntivi o da fondi dell'Unione europea; nell' ipotesi di cofinanziamento, i limiti medesimi non si applicano con riferimento alla sola quota finanziata da altri soggetti. Le disposizioni di cui al presente comma costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della' finanza pubblica ai quali si adeguano le regioni, le province autonome, gli enti locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale. Per gli enti locali in sperimentazione di cui all'articolo 36 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, per l'anno 2014, il limite di cui ai precedenti periodi e' fissato al 60 per cento della spesa sostenuta nel 2009. A decorrere dal 2013 gli enti locali possono superare il predetto limite per le assunzioni strettamente necessarie a garantire l'esercizio delle funzioni di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale nonche' per le spese sostenute per lo svolgimento di attivita' sociali mediante forme di lavoro accessorio di cui all'articola 70, comma 1 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Le limitazioni previste dal presente comma non si applicano agii enti locali in regola con l' obbligo di riduzione delle spese al personale di cui ai commi 557 e 562 dell' articolo 1 della legge 27 dicembre 2006; n. 296, e successive modificazioni, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente. Resta fermo che comunque la spesa complessiva non puo' essere superiore alla spesa sostenuta per le stesse finalita' nell'anno 2009. Sono in ogni caso dalle limitazioni previste dal presente comma le spese sostenute per le assunzioni a tempo determinato ai sensi dell'articolo 110, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Per il comparto scuola e per quello delle istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale applicazione le specifiche disposizioni di settore. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 1, comma 188, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Per gli enti di ricerca resta fermo, altresi', quanto previsto dal comma 187 dell'articolo 1 della medesima legge n. 266 del 2005, e successive modificazioni. Al fine di assicurare la continuita' dell'attivita' di vigilanza sui concessionari della rete autostradale, ai sensi dell' art. 11, comma 5, secondo periodo, del decreto-legge n. 216 del 2011, presente comma non si applica altresi', nei limiti di cinquanta unita' di personale, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti esclusivamente per lo svolgimento della predetta attivita'; alla copertura del relativo onere si provvede mediante l'attivazione della procedura per l' individuazione delle risorse di cui all'articolo 25, comma 2, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98. Alle minori economie pari a 27 milioni di euro a decorrere dall'anno 2011 derivanti dall'esclusione degli enti di ricerca dall'applicazione delle disposizioni del presente comma, si provvede mediante utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dall'articolo 38, commi 13-bis e seguenti. Il presente comma non si applica alla strutturazione di cui all'art. 163, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Il mancato rispetto dei limiti di cui al presente illecito disciplinare e determina responsabilita' erariale. Per le amministrazioni che nell' anno 2009 non hanno sostenuto spese per le finalita' previste ai sensi del presente comma, il limite di cui al primo periodo e' computato con il riferimento alla media sostenuta per le stesse finalita' nel triennio 2007-2009". La predetta norma regionale ha riprodotto una deroga gia' prevista dall'art. 3, comma 2, della legge regionale 28 settembre 2012, n. 48, impugnato dal Consiglio dei ministri con deliberazione del 30 novembre 2012, ai sensi dell'art dell'art.127 della Costituzione, per violazione degli artt. 97 e 117, terzo comma della Costituzione e dichiarata. costituzionalmente illeggitima dalla Corte costituzionale con sentenza n. 289 del 2013. Il citato articolo disponeva: "Art. 3 (Attuazione del comma 28, dell' articolo 9, e dei commi 7 e 9, dell' articolo 14, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 "Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica", convertito, con modificazioni, dalla l. 30 luglio 2020, n. 122). 1. La Regione, nel rispetto dei principi generali di coordinamento della finanza pubblica, attua quanto disposto dal comma 28 dell'articolo 9, e dai commi 7 e 9 dell'articolo 14, del di. 7812010 convertito, con modificazioni, dalla l. 122/2010. 2. Ai fini di cui al comma 1 non si considerano le spese per il personale di cui alla l.r. 9 maggio 2001, n. 17 "Disposizioni per l'organizzazione ed il funzionamento delle strutture amministrative di supporto agli organi elettivi della Giunta regionale" e al Titolo II della l.r. 9 maggio 2001, n. 18, nei limiti degli organici e della spesa ivi previsti". 2. In via preliminare appare necessario soffermarsi sulla legittimazione di questa Corte ad adire il Giudice delle leggi. La legittimazione delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti a sollevare questioni di legittimita' costituzionale in sede di parificazione dei rendiconti regionali e' stata riconosciuta in piu' occasioni dalla Corte costituzionale (cfr. sentenze n. 181/2015, n. 89/2017 e n. 196/2018), la quale ha sottolineato la peculiare natura del giudizio di parificazione che si svolge con le formalita' della giurisdizione contenziosa (art. 40 r.d. n.1214 del 1934, Testo unico delle leggi sulla Corte dei conti), prevede la partecipazione del Procuratore generale in contraddittorio con i rappresentanti dell'Amministrazione e si conclude con una pronunzia adottata in esito a pubblica udienza. Sulla base di tali considerazioni la Corte costituzionale ha esteso ai giudizi di parificazione dei rendiconti delle Regioni a statuto ordinario le medesime conclusioni cui era pervenuta con riguardo al giudizio di parificazione del rendiconto generale dello Stato o di quelli delle Regioni ad autonomia differenziata (sentenze n. 165/1963, n. 121/1966, n. 142/1968, n. 244/1995 e n. 213/2008). Il giudizio di parificazione dei rendiconti regionali si risolve, infatti, in una valutazione di "conformita' (...) alle norme del diritto oggettivo, ad esclusione di qualsiasi apprezzamento che non sia di ordine strettamente giuridico". Una funzione cioe' di garanzia dell'ordinamento, di "controllo esterno, rigorosamente neutrale e disinteressato (...) preordinato a tutela del diritto oggettivo" (sentenza n. 384 del 1991). Detti caratteri costituiscono indubbio fondamento della legittimazione della Corte dei conti a sollevare questioni di costituzionalita', atteso che il riconoscimento di tale legittimazione, legata alla specificita' dei suoi compiti nel quadro della finanza pubblica, «si giustifica anche con l'esigenza di ammettere al sindacato costituzionale leggi che, come nella fattispecie in esame, piu' difficilmente verrebbero per altra via, ad essa sottoposte» (sentenza n. 226 del 1976). Proprio in relazione a siffatte ipotesi la Corte costituzionale ha auspicato (sentenza n. 406 del 1989) che, quando l'accesso al suo sindacato sia reso poco agevole, come accade in relazione ai profili attinenti all'osservanza di norme poste a tutela della sana gestione finanziaria e degli equilibri di bilancio, i meccanismi di accesso debbano essere arricchiti. La Corte dei conti e' la sede piu' adatta a far valere quei profili, e cio' in ragione della peculiare natura dei suoi compiti, essenzialmente finalizzati alla verifica della gestione secundum legem delle risorse finanziarie. Sul punto, occorre infatti ricordare che il giudizio di parificazione, allo stato della legislazione vigente, e' l'unica possibilita' offerta dall'ordinamento per sottoporre a scrutinio di costituzionalita' in via incidentale, in riferimento ai principi costituzionali in materia di finanza pubblica, le disposizioni legislative statali e regionali che, incidendo sui singoli capitoli, modificano l'articolazione del bilancio e ne possono alterare gli equilibri complessivi. Conseguentemente, ove si escludesse la legittimazione di questa Corte a sollevare questioni di costituzionalita' in riferimento ai parametri sopra individuati, si verrebbe a creare, di fatto, una sorta di spazio legislativo immune dal controllo di costituzionalita' attivabile in via incidentale. Coerentemente, nelle piu' recenti pronunce, la Corte costituzionale (sentenza n. 181/2015 e n. 89/2017) ha progressivamente ampliato i parametri costituzionali rispetto ai quali la Corte dei conti puo' accedere al sindacato di legittimita' costituzionale delle norme che vengono in rilievo nel giudizio di parificazione. La legittimazione di questa Corte, infatti, originariamente limitata al solo parametro costituito dall'articolo 81 della Costituzione, e' ora riconosciuta su tutte le norme costituzionali tese a presidiare gli equilibri di finanza pubblica e, dunque, anche con riferimento all'articolo 119, comma 6, della Costituzione (in materia indebitamento) e all'art. 97 (in merito alla necessita' che le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea, assicurino l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilita' del debito pubblico). Tale ampliamento risulta, peraltro, in linea con l'evoluzione delle funzioni di controllo assegnate alla Corte dei conti, alla quale, in particolare a partire dal d.l. n. 174 del 2012 e in corrispondenza con l'entrata in vigore della legge cost. 20 aprile 2012, n. 1, e' stato riconosciuto il ruolo di «garante imparziale dell'equilibrio economico - finanziario del settore pubblico». Dette forme di controllo, nella ricostruzione operata dal Giudice delle leggi (sentenza n. 60 del 2013), riposano su una pluralita' di principi costituzionali, che non si esauriscono nell'art. 81 Cost. E' stato, al riguardo, affermato che «alla Corte dei conti e' attribuito il controllo sull'equilibrio economico-finanziario del complesso delle amministrazioni pubbliche a tutela dell'unita' economica della Repubblica, in riferimento a parametri costituzionali (artt. 81, 119 e 120 Cost.) e ai vincoli derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea (artt. 11 e 117, primo comma, Cost.)» (sentenza n. 60 del 2013). Un ruolo centrale nell'ambito dei controlli di legittimità-regolarita' a presidio dei richiamati. parametri costituzionali e' svolto proprio dal giudizio di parifica per le Regioni a statuto ordinario introdotto, come precisa il primo comma dell'articolo 1 del citato d.l. n. 174/2012, «al fine di rafforzare il coordinamento della finanza pubblica, in particolare tra i' livelli di governo statale e regionale, e di garantire il rispetto dei vincoli finanziari derivanti dall'appartenenza dell' Italia alli Unione europea'... omissis». Sussiste, pertanto, una corrispondenza tra i parametri costituzionali in base ai quali il legislatore ha intestato alla Corte dei conti determinate funzioni di. controllo e i parametri. costituzionali che la stessa Corte puo' prendere a riferimento per sollevare dubbi di legittimita' costituzionale delle norme che, di volta in volta, vengono in rilievo proprio nell'esercizio dei medesimi controlli. La Sezione quindi, ritiene di essere legittimata, in sede di giudizio di parificazione, a sollevare questioni di legittimita' costituzionale. 3. Quanto alla rilevanza della questione, la Sezione ritiene necessario svolgere alcune considerazioni preliminari in merito all'oggetto del giudizio di parifica di cui all'art. 39 del Testo Unico delle leggi sulla Corte dei conti (regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214), al quale l'art. 1, comma 5, del d.1, n. 174 del 2012, fa rinvio. Vale la pena innanzitutto richiamare l'evoluzione della naturale finalita' del bilancio pubblico, passato da «strumento descrittivo di fenomeni di mera erogazione finanziaria» a «strumento di realizzazione di nuove funzioni di governo e' piu' in generale di politica economica e finanziaria» finalizzata a «meglio programmare, definire e controllare le entrate e le spese pubbliche» fino ad assumere il ruolo di «bene pubblico nel senso che e' funzionale a sintetizzare e rendere certe le scelte dell'ente territoriale, sia in ordine all'acquisizione delle entrate, sia alla individuazione degli interventi attuativi delle politiche pubbliche» (ex multis Corte costituzionale n. 184 del 2016). Cio' ha indotto una inevitabile rivisitazione del ruolo assegnato al giudizio di parifica intestato alla Corte dei conti. Quest'ultimo, allo stato attuale della giurisprudenza costituzionale, ha come oggetto la verifica delle riscossioni e dei pagamenti e dei relativi resti (residui) e, soprattutto, la verifica a consuntivo degli equilibri di bilancio sulla base del bilancio preventivo e di' tutte le disposizioni sopravvenute che ne hanno modificato la struttura. tal modo, il giudizio di parificazione si pone come strumentale al ruolo di garante imparziale dell'equilibrio economico-finanziario del settore pubblico che il legislatore ha attribuito alla Corte dei conti. In coerenza con questa ricostruzione, la Corte costituzionale (sentenza n. 213 del 2008) ha affermato la legittimazione della Corte dei conti, sede di giudizio di parificazione, a sollevare questione di legittimita' costituzionale «avverso tutte quelle disposizioni di legge che determinino effetti modificativi dell' articolazione del bilancio per il fatto stesso di incidere, in senso globale, sulle unita' elementari, vale a dire sui capitoli, con riflessi sugli equilibri di gestione, disegnati con il sistema dei risultati differenziali». Si e' consolidata, inoltre, nella giurisprudenza di questa Corte (ex multis decisione n. 36/CONTR/2011 delle Sezioni Riunite per la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, decisioni n. 116/2014/PARI e n. 39/2016/PARI della Sezione regionale di controllo per l'Abruzzo, decisione n. 36/2014/PARI della Sezione regionale di controllo per la Calabria, decisione n. 46/2014/PARI della Sezione regionale di controllo per la Liguria, decisione n. 2/ 2014 /SS.RR./PARI delle Sezioni riunite per la Regione siciliana) la possibilita' di procedere ad una parifica parziale, in linea con l'oggetto del giudizio che, come detto, si sostanzia in piu' parifiche distinte delle diverse poste, che confluiscono sul risultato complessivo. Nella fattispecie del giudizio sul rendiconto della Regione Abruzzo per l'esercizio 2018, le valutazioni finalizzate alla parificazione per l'esercizio finanziario 2018 del capitolo di spesa 11102 denominato 'Funzionamento del Consiglio regionale", nella misura in cui trasferisce fondi destinati alle spese di personale dei gruppi consiliari (capitolo 2024.85 denominato "Budget gruppi consiliari" del conto consuntivo del Consiglio regionale che costituisce allegato al rendiconto della Regione ai sensi dell'art. 3-bis della legge regionale 9 maggio 2001, n. 18), presuppongono l'applicazione dell'art. 40 della legge regionale 10 agosto 2010, n. 40, modificato dall'art. 32 della legge regionale 20 novembre 2013, n. 42, che ha riprodotto una deroga gia' prevista dall'art. 3, comma 2, della legge regionale 28 settembre 2012, n. 48, impugnato dal Consiglio dei ministri con delibera del 30 novembre 2012, ai sensi dell'art. 127 della Costituzione, per violazione degli artt. 97 e 117, terzo comma, della Costituzione e dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte costituzionale con sentenza n. 289 del 2013. Infatti, la spesa sostenuta nell'esercizio 2009 per lavoro flessibile dalla Regione Abruzzo e' stata pari a 10.052.673 euro; il limite previsto dall'art. 9, comma 28, del decreto legge 31 maggio 2010 n. 78 risulta, quindi, pari a 5.026.336 euro. L'Amministrazione regionale ha, invece, sostenuto, nell'esercizio in considerazione, una spesa per il personale assunto a tempo determinato o con altre forme di lavoro flessibile pari a 5.649.682 euro. Tale sforamento e' da imputare all'incremento della spesa del personale dei gruppi che e' aumentata in misura consistente, passando da 859.871 euro nel 2009 a 1.759.970 euro nel 2018 e che l'Amministrazione regionale assume di non dover computare nel calcolo della spesa per il personale a tempo determinato soggetto al vincolo di cui all'art. 9, comma 28, del decreto legge 31 maggio 2010 n. 78 proprio in virtu' dell'art. 40 della legge regionale 10 agosto 2010, n. 40, modificato dall'art. 32 della legge regionale 20 novembre 2013, n. 42. E' evidente, infatti, che, nella vigenza della menzionata disposizione di legge regionale, la Sezione dovrebbe parificare la predetta posta del rendiconto della Regione Abruzzo, pur in presenza di dubbi di compatibilita' della spesa in discorso con il quadro costituzionale. L'art. 40 della legge regionale sopracitata, infatti, nel prevedere una deroga della disposizione di cui all'art. 9, comma 28, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, finisce per ledere i principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica di cui all'art. 117, terzo comma, della Costituzione (Corte costituzionale n. 289 del 2013). Tale violazione si riverbera, inevitabilmente, nella violazione dei principi costituzionali di cui all'art. 81 Cost e all'art. 97, comma 1, Cost., per lesione del principio dell'equilibrio di bilancio e del principio di copertura finanziaria in quanto determina un effetto espansivo della spesa non consentito, con la conseguenza che anche le risorse utilizzate a copertura risultano viziate per "illegittimita' derivata". Laddove la Sezione non sollevasse questione di legittimita' costituzionale, dovrebbe parificare spese, certificandone la legittimita', che assume illegittime, violando - essa stessa - il compito essenziale che le e' stato conferito dalla Costituzione ai sensi dell'art 100, comma 2 e art. 103, comma 2, nonche' dal parametro interposto di cui all'art 1, comma 1 e ss, del d.l. n. 174 del 2012, convertito con modificazione dalla legge n. 213 del 2012. Sul punto, e' lo stesso Giudice delle leggi ad aver rimarcato che - stante l'incompetenza della Corte dei conti a condizionare il contenuto degli atti legislativi regionali o privarli dei loro effetti perche' tale prerogativa e' demandata al sindacato di costituzionalita' delle leggi regionali spettanti alla Corte costituzionale (cfr. sentenza n. 39 del 2014) - "ove sia la legge stessa a pregiudicare principi di rango costituzionale, l'unica via da percorrere per il giudice della parificazione rimane proprio il ricorso all'incidente di costituzionalita'" (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 138 del 2019). Alla luce di quanto esposto, la Sezione ritiene che la questione di legittimita' costituzionale, di seguito illustrata, assuma rilevanza ai fini del giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione Abruzzo per l'esercizio finanziario 2018 del citato capitolo di spesa 11102 denominato "Funzionamento del Consiglio regionale", nella misura in cui trasferisce fondi destinati alle spese di personale dei gruppi consiliari (capitolo 2024.85 denominato "Budget gruppi consiliari" del conto consuntivo del Consiglio regionale che costituisce allegato al rendiconto della Regione ai sensi dell'art. 3-bis della legge regionale 9 maggio 2001, n.18), atteso il diverso esito delle valutazioni, a seconda che vengano applicate o meno le disposizioni di legge impugnate. 4. Parimenti, la Sezione ritiene che la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 40 della legge regionale Abruzzo piu' volte citata non sia manifestamente infondata per contrasto con l'art. 117, terzo comma, in relazione all'art. 9, comma 28, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 e con precedenti statuizioni di sentenze della stessa Corte costituzionale. Sotto primo profilo, si richiama l'art. 117, comma 3, della Costituzione nella parte in cui sancisce che "Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potesta' legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservati alla legislazione dello Stato". Tra tali principi rientrano certamente anche quelli legati al coordinamento della finanza pubblica. La norma regionale prevede la deroga, da parte della Regione Abruzzo, della disposizione di cui all'art. 9, comma 28, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, in forza della quale, a decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni pubbliche possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50% della spesa sostenuta per le stesse finalita' nell'anno 2009 e di quelle di cui all'art. 14, commi 7 e 9, dello stesso decreto in base alle quali, ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, gli enti sottoposti al patto di stabilita' interno assicurano la riduzione delle spese di personale; e a decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni pubbliche possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti. di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50% della spesa sostenuta per le stesse finalita' nell'anno 2009. La verifica sulla spesa del personale a tempo determinato ha evidenziato, come sopra osservato, per l'anno 2018, il mancato conseguimento del predetto obiettivo di finanza pubblica. La Regione ha obiettato l'esclusione dalla spesa del personale flessibile soggetta a limite, di quella sostenuta dai gruppi consiliari per le assunzioni di personale richiamando l'art. 40 della legge regionale n. 40 del 2010 che stabilisce che alle spese per il personale dei gruppi consiliari non si applicano i limiti stabiliti dall'art. 9, comma 28, del d.l. 78 del 2010. La norma regionale, della cui legittimita' costituzionale si dubita, contrasta con il citato art. 9, comma 28, del d.l. n. 78 del 2010, che non consente deroghe, e le cui disposizioni costituiscono principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica, ai quali si adeguano le regioni, le province autonome e gli enti del Servizio sanitario nazionale. Pertanto, tale disposizione si pone in contrasto con la normativa vigente in materia di contenimento della spesa e di vincoli alle assunzioni del personale di regioni ed enti locali ponendosi in contrasto con i principi stabiliti dall'art. 117, comma 3, della Costituzione che inquadra la materia del coordinamento della finanza pubblica fra quelle di legislazione concorrente. Il citato art. 40 della legge regionale n. 40 del 2010 ha riprodotto la deroga prevista dall'art. 3, comma 2, della legge regionale 28 settembre 2012, n. 48, il cui testo originario era cosi formulato: "Ai fini di cui al comma 1 non si considerano le spese per il personale di cui alla 1.r. 9 maggio 2001, n. 17 "Disposizioni per l'organizzazione e il funzionamento delle strutture amministrative di supporto agli organi elettivi della Giunta Regionale" e al titolo II della l.r. 9 maggio 2001, n. 18, nei limiti degli organici e della spesa ivi previsti". Questa norma era stata impugnata dal Consiglio dei ministri con deliberazione dei 30 novembre 2012, ai sensi dell'art. 127 della Costituzione, per violazione degli artt. 97 e 117, terzo comma, della Costituzione e dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte costituzionale con sentenza n. 289 del 2013 che con tale pronuncia ha avuto modo, come gia' fatto in precedenti occasioni, "di ribadire (sentenze n. 108 del 2011 e 148 del 2012) che l'art. 14, comma 7, del d.l. n. 78 del 2010 - norma che introduce una nuova formulazione dell'art. 1, comma 557- bis, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007) e le norme di cui all'art. l, commi 557-bis e 557-ter, della stessa legge n. 296 del 2006, nonche' quelle di cui all'art. 76, commi 6 e 7, del decreto-legge n. 112 del 2008 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria) -, essendo «ispirate alla finalita' del contenimento della spesa pubblica, costituiscono principi fondamentali nella materia del coordinamento della finanza pubblica, in quanto pongono obiettivi di riequilibrio, senza, peraltro, prevedere strumenti e modalita' per il perseguimento dei medesimi». Ed invero, «la spesa per il personale, per la sua importanza strategica ai fini dell'attuazione del patto di stabilita' interna (data la sua rilevante entita'), costituisce non gia' una minuta voce di dettaglio, ma un importante aggregato della spesa di parte corrente, con la conseguenza che le disposizioni relative al suo contenimento assurgono a principio fondamentale della legislazione statale» (sentenza n. 69 del 2011, che richiama la sentenza n. 169 del 2007). Anche con riferimento all'art. 14, comma 9, del d.l. n. 78 del 2010 (che ha novellato l'art. 76, comma 7, del d.l. n. 112 del 2008), questa Corte (sentenze numeri 108 del 2011 e 148 del 2012) ha poi riconosciuto la stessa natura di principio fondamentale anche all'art. 76, comma 7, del d.l. n. 112 del 2008 (sia pure nel testo vigente al momento della anzidetta decisione). Ad identiche conclusioni questa Corte e' giunta, nelle richiamate pronunce e nella successiva sentenza n. 262 del 2012, circa la valenza dell'art. 9, comma 28, sempre sul presupposto che tale norma pone obiettivi di riequilibrio in un aggregato di spesa di rilevante importanza strategica quale quello delle spese per il personale. La Corte costituzionale, peraltro, in precedenza (ved. sent. n. 173 del 2012, punto n. 11 del considerato in diritto), aveva respinto i ricorsi proposti da regioni a statuto ordinario in merito alla legittimita' costituzionale di tale limite di spesa. Il Giudice delle leggi ha, infatti, osservato che "la norma oggetto della presente questione e' stata legittimamente emanata dallo Stato nell'esercizio della sua competenza concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica. Essa, infatti, pone un obiettivo generale di contenimento della spesa relativa ad un vasto settore del personale e, precisamente, a quello costituito da quanti collaborano con le pubbliche amministrazioni in virtu' di contratti diversi' dal rapporto di impiego a tempo indeterminato. L'art. 9, c. 28, censurato, d'altronde, lascia alle singole amministrazioni la scelta circa le misure da adottare con riferimento ad ognuna delle categorie di rapporti di lavoro da esso previste. Ciascun ente pubblico puo' determinare se e quanto ridurre la spesa relativa a ogni singola tipologia contrattuale, ferma restando la' necessita' di osservare il limite del 50 per cento della spesa complessiva' rispetto a quella sostenuta nel 2009". Va segnalato anche che a seguito della pronuncia di incostituzionalita' dell'art. 3, comma 2, della legge regionale 28 settembre 2012, n. 48, lo stesso e' stato, cosi' riformulato: "1. La Regione, nei rispetto dei principi generali di coordinamento della finanza pubblica, attua quanto disposto dal comma 28 dell'articolo 9, e dai commi 7 e 9 dell'articolo 14, del d.l. 78/2010 convertito, con modificazioni, dalla l. 122/2010. 2. Al fine della determinazione del limite di cui al comma 28, dell'articolo 9, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 "Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica", convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, sono incluse tutte le spese sostenute per il personale assunto a tempo determinato nell'anno 2009, ivi compreso quelle sostenute per il personale assunto a tempo determinato per le esigenze dei gruppi consiliari". In sostanza, viene ampliato il plafond di spesa del 2009 con l'inclusione nella spesa per il personale a tempo determinato del personale assunto a tale titolo per le esigenze dei gruppi consiliari che pero', negli anni successivi, viene escluso dalla spesa sostenuta per le stesse finalita' e che, a decorrere dal 2011, deve rispettare il limite fissato dall'art. 9, comma 28, del d.l. n. 78/2010. La Regione, in merito ai rilievi sollevati, nel corso del giudizio ha trasmesso una memoria in cui ha ribadito di aver "agito correttamente nella fattispecie in esame applicando alla' spesa per l'assunzione del personale dei gruppi consiliari il tetto di spesa costituito dal costo di un'unita' D 6 per ciascun consigliere definito in applicazione del citato d.l. n. 174/2012 lasciando invece per le assunzioni per le segreterie degli organi elettivi (Presidente, Vice Presidente, Componenti dell'ufficio di Presidenza e Presidenti di Commissione) il limite finanziario di cui all'art. 9, comma 28, del decreto n. 78/2010". Inoltre, ha rappresentato che: "L'art. 32 della L.R. n. 42/2013, quindi, non si pone in contrasto con i principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica di cui all'art. 9, comma 28, del D.L. n. 78/2010, ne' tantomeno si configura quale reiterazione della precedente norma censurata dalla Consulta con la citata sentenza n. 289/2013, stante il mutato quadro normativo statale di principio in materia. Al contrario, nel caso di specie, il legislatore regionale ha dipanato la' questione facendo ricorso ai normali criteri ermeneutici di interpretazione delle leggi (criterio di specialita' secondo cui lex specialis derogat legi generali e criterio della successione delle leggi nel tempo secondo cui lex posterior derogat legi priori), in applicazione dei quali i sopravvenuti letti di spesa posti dall'art. 2, comma 1, lettera h) del D.L. n. 174/2012, norma speciale e successiva rispetto a quella precedente e generale rappresentata dal comma 28 dell'art. 9 del D.L. n. 78/2010, prevalgono sui limiti di spesa di quest'ultima". Invero, l'art. 2, comma 1, del decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174, che reca il titolo "Riduzione dei costi della politica nelle Regioni", dispone che: "Ai fini del coordinamento della finanza pubblica e per il contenimento della spesa pubblica, a decorrere dal 2013 una quota pari all'80 per cento dei trasferimenti erariali a favore delle regioni, diversi da quelli destinati al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, delle politiche sociali e per le non autosufficienze e al trasporto pubblico locale, e' erogata a condizione che la regione, con le modalita' previste dal proprio ordinamento, entro il 23 dicembre 2012, ovvero entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto qualora occorra procedere a modifiche statutarie: omissis". Fra le misure da adottare, alla lettera h), e' indicata: "abbia definito, per le legislature successive a quella in corso e salvaguardando per le legislature correnti i contratti in essere, l'ammontare delle spese per il personale dei gruppi consiliari, secondo un parametro omogeneo, tenendo conto del numero dei consiglieri, delle dimensioni del territorio e dei modelli organizzativi di ciascuna regione ". La norma statale ha quindi indicato un metodo per perseguire un contenimento dei costi della politica nelle Regioni. Successivamente, la Conferenza Stato-Regioni (CSR) ha individuato un limite di spesa parametrandolo unicamente al costo di un'unita' D 6 per ciascun consigliere regionale. Sulla questione anche la Sezione di controllo per le Marche, con la relazione allegata alla parifica del rendiconto 2018, ha ritenuto che nel vigente quadro ordinamentale "coesistono due tipologie di vincoli operanti su piani differenti che producono effetti diversi e non pienamente sovrapponibili. Il primo vincolo, infatti, agisce sulle spese per personale (interno ed esterno) dei soli gruppi consiliari ed e' dettato da norme che perseguono il chiaro obiettivo della riduzione dei c.d. costi della politica (art. 1, c.1 lett. h) d.l. 174/2014; deliberazione CSR del 6 dicembre 2012; art. 1, c. 3 l. r. 14/2014). Il secondo vincolo agisce, invece, sul totale complessivo delle spese per lavoro flessibile senza esclusione alcuna (secondo l'insegnamento della Consulta) cora l'obiettivo di ridurre la formazione del fenomeno del precariato e contribuire, anche dopo le modifiche intervenute con l'approvazione del d.l. 90/2014, a ridurre i costi complessivi del personale. Pertanto, a parita' di spesa complessiva l'eventuale riduzione della spesa per lavoro flessibile c.d. funzionale non puo' finanziare un indefinito incremento della spesa per il personale dei gruppi, stante il limite massimo posto dalla delibera della CSR cit. definito in attuazione dell'art. 1, c.1 lett. h) del d.l. 174/2014. Viceversa, in base ai principi ricavabili dalla sentenza della Corte costituzionale cit., la spesa per il personale esterno dei gruppi non puo' determinare il superamento dei limiti posti dall'art. 9, c. 28 del d.l. 78/2010, anche se contenuta nei limiti massimi di cui alla delibera della CSR cit.". Peraltro, l'art. 40 citato, nella misura in cui intende sostanzialmente riproporre una deroga ad un principio fondamentale nella materia del coordinamento della finanza pubblica, gia' dichiarata incostituzionale dalle pronunce n. 262 del 2012 e n. 289 del 2013, presenta un ulteriore profilo di illegittimita' costituzionale, sub specie per violazione del giudicato costituzionale ex all'articolo 136 della Costituzione. La Corte ha, infatti, in piu' occasioni affermato che il giudicato costituzionale e' violato non solo quando il legislatore emana una norma che costituisce una mera riproduzione di quella gia' ritenuta lesiva della Costituzione, ma anche laddove la nuova disciplina miri a perseguire e raggiungere, "anche se indirettamente", esiti corrispondenti" (sentenze n. 73 del 2013, 245 del 2012, n. 223 del 1983, n. 88 del 1966 e n. 73 del 1963). Alla luce delle precedenti considerazioni, il Collegio ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 40 della legge regionale 10 agosto 2010, n. 40, come modificato dall'art. 32 della legge regionale 20 novembre 2013, n. 42 con riferimento agli artt. 81, 97, comma 1, 117, comma 3, Cost. (in relazione all'art. 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78) e all'art. 136 Cost.
P.Q.M. Visti l'art. 134 Cost., l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n.87; Visto l'art. 1, comma 5, del decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito con modificazioni alla legge 7 dicembre 2012, n. 213; Solleva in via incidentale, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 40 della legge regionale 10 agosto 2010, n. 40, come modificato dall'art 32 della legge regionale 20 novembre 2013, n. 42 in riferimento ai parametri stabiliti dagli artt. 81, 97, comma 1, 117, comma 3, e 136 della Costituzione per le ragioni indicate in parte motiva. Sospende il giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione Abruzzo per l'esercizio finanziario 2018 sul capitolo di spesa 11102 denominato "Funzionamento del Consiglio regionale" nella misura in cui trasferisce fondi destinati alle spese di personale dei gruppi consiliari (capitolo 2024.85 denominato "Budget gruppi consiliari" del conto consuntivo del Consiglio regionale che costituisce allegato al rendiconto della Regione, ai sensi dell'art. 3-bis della legge regionale 9 maggio 2001, n. 18), ed inciso dall'art. 40 della legge regionale 10 agosto 2010, n. 40, modificato dall'art. 32 della legge regionale 20 novembre 2013, n. 42, ordinando la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per l'esame della questione; Dispone che, a cura della Segreteria della Sezione, ai sensi dell'articolo 23, ultimo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, la presente ordinanza sia notificata al Presidente della Regione Abruzzo e al Procuratore Regionale quali parti in causa e sia comunicata al Presidente del Consiglio regionale dell'Abruzzo. Cosi' disposto in L'Aquila, nella Camera di consiglio del 30 luglio 2020. Il Presidente: Arrigucci Il relatore: Dandolo