N. 31 SENTENZA 9 febbraio - 9 marzo 2021

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Agricoltura e zootecnia - Norme della Regione Toscana - Definizione e
  promozione dell'utilizzo, nelle mense scolastiche, dei  prodotti  a
  chilometro zero e da filiera corta -  Violazione  della  competenza
  esclusiva statale in materia di tutela della  concorrenza  e  della
  libera  circolazione  dei  prodotti  nel  territorio  nazionale   -
  Illegittimita' costituzionale. 
- Legge della Regione Toscana 10 dicembre 2019, n. 75, artt. 2,  3  e
  4. 
- Costituzione, artt. 117, commi primo, secondo, lettera e),  e  120;
  Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, artt. 34, 35 e 36. 
(GU n.10 del 10-3-2021 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giancarlo CORAGGIO; 
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'
  ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca   ANTONINI,   Stefano
  PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela  NAVARRETTA,  Maria  Rosaria  SAN
  GIORGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 2, 3 e  4
della legge della Regione Toscana 10 dicembre 2019, n. 75 (Norme  per
incentivare l'introduzione dei prodotti a chilometro zero provenienti
da filiera corta nelle mense scolastiche),  promosso  dal  Presidente
del Consiglio dei ministri, con ricorso spedito per la  notificazione
l'11 febbraio 2020, depositato in cancelleria il  17  febbraio  2020,
iscritto al n. 19  del  registro  ricorsi  2020  e  pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  12,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2020. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Toscana; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  9  febbraio  2021  il  Giudice
relatore Giuliano Amato; 
    uditi l'avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente  del
Consiglio dei ministri e l'avvocato Marcello Cecchetti per la Regione
Toscana; 
    deliberato nella camera di consiglio del 9 febbraio 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso spedito per la notificazione l'11 febbraio 2020 e
depositato il successivo 17 febbraio (reg. ric. n. 19 del  2020),  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, in riferimento  al
primo comma dell'art. 117 della  Costituzione  -  in  relazione  agli
artt. 34, 35 e 36 del Trattato sul funzionamento dell'Unione  europea
(TFUE), come modificato dall'art. 2 del Trattato di  Lisbona  del  13
dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130 -  e  al
secondo comma, lettera e), del medesimo  articolo,  nonche'  all'art.
120 Cost., questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 2,  3
e 4 della legge della Regione Toscana 10 dicembre 2019, n. 75  (Norme
per  incentivare  l'introduzione  dei  prodotti  a  chilometro   zero
provenienti da filiera corta nelle mense scolastiche). 
    2.- Premette la parte ricorrente che l'art. 1  della  legge  reg.
Toscana n. 75 del 2019, non oggetto di  censura,  potrebbe  suscitare
dubbi d'incompetenza, in mancanza di una legislazione  nazionale  che
stabilisca i principi fondamentali  in  merito  alla  promozione  del
consumo alimentare a chilometro zero. 
    Le  sole  norme  statali  di  riferimento  sarebbero  rinvenibili
nell'art. 11 della legge 6  ottobre  2017,  n.  158  (Misure  per  il
sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni, nonche' disposizioni
per la riqualificazione e il recupero dei centri storici dei medesimi
comuni). Il comma 1 di siffatto articolo prevede che i piccoli Comuni
possono promuovere il consumo e la commercializzazione  dei  prodotti
agricoli e alimentari provenienti da filiera  corta  e  a  chilometro
utile, favorendone l'impiego da parte  dei  gestori  dei  servizi  di
ristorazione collettiva pubblica.  Il  comma  2  definisce  «prodotti
agricoli e alimentari provenienti da filiera corta»  quelli  con  una
filiera di  approvvigionamento  formata  da  un  numero  limitato  di
operatori economici, che s'impegnano a promuovere la cooperazione, lo
sviluppo economico locale e stretti rapporti  socio-territoriali  tra
produttori, trasformatori e consumatori.  Per  «prodotti  agricoli  e
alimentari  a   chilometro   utile»   s'intendono,   invece,   quelli
provenienti da un luogo di produzione o di coltivazione e allevamento
della materia prima situato entro un  raggio  di  70  chilometri  dal
luogo di vendita, nonche' i prodotti per i  quali  e'  dimostrato  un
limitato apporto delle emissioni inquinanti derivanti dal  trasporto,
calcolato dalla fase di  produzione,  fino  al  momento  del  consumo
finale, sulla base di  quanto  stabilito  con  decreto  del  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa  con
il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. Il comma
3, cosi', prevede che nei bandi di gara per gli appalti  pubblici  di
servizi  o  di  forniture  di  prodotti  alimentari  destinati   alla
ristorazione  collettiva   costituisce   titolo   preferenziale   per
l'aggiudicazione l'utilizzo dei prodotti agricoli e alimentari, anche
biologici, provenienti da filiera corta  o  a  chilometro  utile.  Ai
sensi dell'art. 12 della medesima legge n. 158 del 2017,  inoltre,  i
piccoli Comuni, sulla base delle disposizioni emanate dalle Regioni e
dalle Province autonome, destinano specifiche aree alla realizzazione
dei   mercati   agricoli   per   la   vendita   diretta,   riservando
prioritariamente i posteggi agli imprenditori agricoli che esercitano
la vendita diretta dei citati prodotti agricoli. Simili  misure  sono
stabilite per gli esercizi della  grande  distribuzione  commerciale,
che possono destinare una congrua percentuale annuale all'acquisto di
prodotti  provenienti  da  filiera  corta  o  a   chilometro   utile,
riservando a essi uno spazio apposito all'interno dei locali. 
    Ulteriore disposizione  di  riferimento  potrebbe  poi  rilevarsi
nell'art. 95, comma 13, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50
(Codice   dei   contratti   pubblici),   ove   si   stabilisce   che,
compatibilmente con il diritto dell'Unione europea e con  i  principi
di  parita'  di  trattamento,  non  discriminazione,  trasparenza   e
proporzionalita',  le  amministrazioni  aggiudicatrici  indicano  nel
bando di  gara,  nell'avviso  o  nell'invito  il  maggiore  punteggio
relativo  all'offerta  concernente  beni,  lavori   o   servizi   che
presentano un  minore  impatto  sulla  salute  e  sull'ambiente,  ivi
compresi i beni o i prodotti da filiera corta o a chilometro zero. 
    Le indicate disposizioni, in  ogni  caso,  non  recherebbero  una
definizione legislativa di prodotto alimentare a chilometro zero,  e,
quanto ai  prodotti  da  filiera  corta  e  a  chilometro  utile,  le
definizioni sarebbero utilizzate solo al fine di  regolare  eventuali
criteri di aggiudicazione di appalti pubblici o  di  realizzazione  o
assegnazione di spazi commerciali, sempre e  soltanto  a  livello  di
piccoli Comuni. 
    2.1.- Cio'  premesso,  lo  Stato  argomenta  in  primo  luogo  la
violazione dell'art. 117, prima comma, Cost., in relazione agli artt.
34, 35 e 36 TFUE, e dell'art. 120 Cost. 
    2.1.1.- L'art. 2, comma 1, della legge reg.  Toscana  n.  75  del
2019 definisce i  prodotti  a  chilometro  zero,  ossia  «i  prodotti
agricoli, i prodotti della pesca e dell'acquacoltura e alimentari, la
cui produzione e trasformazione  della  materia,  o  dell'ingrediente
primario presente in misura superiore al cinquanta per cento, avviene
entro i confini amministrativi  della  Regione  Toscana.  I  prodotti
freschi della pesca in mare sono a chilometro zero se provenienti  da
punti di sbarco  situati  in  Toscana  e  catturati  da  imbarcazioni
iscritte nel  registro  delle  imprese  di  pesca  dei  compartimenti
marittimi regionali. I prodotti  freschi  dell'acquacoltura  in  mare
sono a chilometro zero se provenienti  da  impianti  collocati  nelle
acque costiere regionali». 
    Secondo   la   difesa   statale    tale    definizione    sarebbe
discriminatoria nei confronti dei prodotti provenienti  da  tutte  le
altre parti del territorio nazionale. 
    In argomento, questa Corte, con la sentenza n. 292 del  2013,  ha
ritenuto la previsione di criteri prioritari  per  l'affidamento  dei
servizi  di  ristorazione  collettiva  ai  soggetti  che   utilizzino
prodotti agroalimentari da filiera  corta  e  a  chilometro  zero  di
origine  regionale  quale  misura  ad  effetto  equivalente   vietata
dall'art. 34 del TFUE, in  cui  rientra  ogni  normativa  commerciale
idonea ad ostacolare, direttamente o indirettamente,  in  atto  o  in
potenza, gli scambi intracomunitari; ne' criteri siffatti  potrebbero
ritenersi  ammissibili  ai  sensi  dell'art.  36  TFUE,  che   lascia
impregiudicate  le  restrizioni  alle  importazioni  giustificate  da
motivi di «tutela della salute e della vita  delle  persone  e  degli
animali  o  di  preservazione  dei  vegetali»,  cui  la  salvaguardia
dell'ambiente e' strettamente connessa. Infatti, il mero  riferimento
al trasporto all'interno della Regione e,  dunque,  alla  provenienza
locale dei  prodotti  agricoli,  a  prescindere  dalla  quantita'  di
emissioni prodotte, non soddisfa nessuna delle esigenze  oggetto  del
regime  derogatorio,  ma  si  risolve  in  un   incentivo   per   gli
imprenditori a impiegare determinati beni solo perche' provenienti da
una certa area territoriale. 
    Tali argomenti,  tra  l'altro,  sarebbero  in  linea  con  quanto
indicato  dal  «Libro  verde  sulla  modernizzazione  della  politica
dell'UE in materia di appalti pubblici. Per una  maggiore  efficienza
del  mercato  europeo  degli  appalti»,  adottato  dalla  Commissione
europea il 27 gennaio 2011. Ivi, infatti,  la  previsione,  da  parte
delle amministrazioni appaltanti, del necessario acquisto di prodotti
in loco viene giustificato solo in casi del  tutto  eccezionali,  «in
cui  esigenze  legittime  e  obiettive  che  non  sono  associate   a
considerazioni  di  natura   puramente   economica   possono   essere
soddisfatte soltanto dai prodotti di una certa regione» (punto 4.1.).
Si  tratterebbe,  pertanto,  di  esigenze  ambientali,  quali  quelle
espresse dal riferimento  al  livello  delle  emissioni  di  anidride
carbonica durante  il  trasporto;  non,  invece,  alla  mera  origine
regionale dei beni, la quale, da sola, non garantirebbe che le  merci
siano realmente a chilometri zero e che il loro trasporto  abbia  una
minore incidenza negativa sull'ambiente. 
    La legge impugnata non prevedrebbe alcun sistema di calcolo delle
emissioni generate dal trasporto  dei  generi  alimentari,  indicando
come unico criterio selettivo l'origine regionale  dei  prodotti.  Il
che si tradurrebbe in un  ingiustificato  e  sproporzionato  ostacolo
all'immissione  nel  mercato  toscano  della   refezione   collettiva
scolastica  dei  prodotti  provenienti  da  altre  aree   dell'intero
territorio dell'Unione europea. 
    2.1.2.- Censure analoghe sono mosse al comma 2 dell'art.  2,  che
tratta dei prodotti  da  filiera  corta,  definita  come  la  filiera
produttiva  costituita  al  massimo  da  un  intermediario   tra   il
produttore e la stazione appaltante. 
    Asserisce la parte ricorrente che, sebbene teoricamente,  sia  il
prodotto, sia l'intermediario  potrebbero  non  essere  collegati  al
territorio  toscano,  sarebbe  evidente  che   un   requisito   cosi'
restrittivo favorirebbe in modo concreto e  all'atto  pratico  quelli
localizzati in Toscana o prossimi alla parte del territorio di questa
in cui  si  trova  la  stazione  appaltante.  Gli  altri  produttori,
infatti, avrebbero maggiori difficolta' a raggiungere la  stessa  con
il proprio prodotto,  dovendosi  servire  di  un  solo  intermediario
(magazzino  generale,   rivenditore   all'ingrosso,   trasportatore).
Inoltre, cio' comporterebbe costi maggiori (si pensi al  trasporto  o
alla conservazione) rispetto ai prodotti del territorio toscano o  di
territori comunque prossimi alla stazione appaltante. 
    Andrebbe poi considerato che, ponendosi dal punto di vista  della
ipotetica  giustificazione  ambientale,  un  solo  intermediario  (ad
esempio un trasportatore che copra una lunghissima distanza) potrebbe
emettere una quantita' di inquinanti molto maggiore di un numero piu'
alto  di  intermediari  operanti  in  un  territorio   (regionale   o
ultraregionale) ristretto. 
    In tal modo, l'art. 2 contrasterebbe anche con l'art. 120  Cost.,
traducendosi in un immediato ostacolo alla  libera  circolazione  nel
territorio  nazionale  dei  prodotti  non  conformi   agli   indicati
requisiti e delle imprese e dei lavoratori che intendano operare  nei
servizi della refezione collettiva scolastica. 
    2.1.3.- All'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 1  e
2, sarebbe conseguenziale quella  del  successivo  comma  3,  che  fa
rientrare tra i prodotti a chilometro zero o da  filiera  corta,  ove
conformi ai  requisiti  previsti  dalle  stesse  disposizioni,  anche
quelli disciplinati da normative come quelle sulle  denominazioni  di
origine o  sulle  indicazioni  geografiche,  o  sull'etichettatura  a
garanzia  del  carattere  biologico  del  prodotto  o  del  carattere
tradizionale del metodo di produzione, o sulla tutela delle  razze  a
rischio di estinzione. 
    Tali prodotti, invece,  proprio  perche'  oggetto  di  discipline
speciali,  non  dovrebbero   subire   ulteriori   limitazioni   nella
circolazione di  mercato,  che  aggraverebbero  la  condizione  degli
stessi produttori, discriminandoli rispetto a quelli di generi simili
ma non tutelati. 
    2.1.4.- Le illegittimita' riscontrabili nell'art. 2  della  legge
reg. Toscana n. 75 del 2019 manifesterebbero la loro  valenza  lesiva
all'art. 3, ove  si  prevede  che  la  Giunta  regionale,  a  partire
dall'anno 2020, previo  esperimento  di  una  procedura  di  evidenza
pubblica, finanzi progetti pilota - presentati da  soggetti  pubblici
appaltanti  che   aggiudicano   servizi   di   refezione   collettiva
scolastica, o che  erogano  direttamente  il  servizio  di  refezione
collettiva scolastica o mediante societa' a  partecipazione  pubblica
affidatarie del servizio - i quali garantiscano la fornitura di pasti
nelle mense scolastiche incluse nel  progetto  preparati  utilizzando
almeno  il  cinquanta  per  cento  di  prodotti  a  chilometro   zero
provenienti da filiera corta e  garantiscano  altresi'  un'iniziativa
d'informazione  e  sensibilizzazione  almeno   dei   fruitori   della
refezione scolastica. 
    Come  gia'   accennato,   questa   Corte   ha   gia'   dichiarato
l'illegittimita' costituzionale di leggi  regionali  che  prevedevano
direttamente l'impiego di  prodotti  a  chilometro  zero  di  origine
regionale  quale  titolo  preferenziale  per   l'aggiudicazione   dei
contratti a evidenza pubblica (sono richiamate le sentenze n.  292  e
n. 209 del 2013). 
    Nel caso di specie i progetti pilota non potrebbero  attuarsi  se
non attraverso  l'aggiudicazione  degli  appalti  di  servizio  o  di
fornitura, che,  giocoforza,  potrebbero  ottenere  il  finanziamento
regionale solo se prevedano una  concreta  e  non  meramente  teorica
rilevanza  dell'impiego   dei   prodotti   in   questione   ai   fini
dell'aggiudicazione del contratto. 
    Sicche' tutto si  ridurrebbe  nella  fissazione  di  un  criterio
preferenziale di  aggiudicazione,  rimanendo  confermata  l'incidenza
immediata,  ma  non   giustificata   e   non   proporzionata,   sulla
circolazione delle merci. 
    2.2.- In secondo luogo, le  esaminate  disposizioni  violerebbero
anche l'art. 117, secondo comma, lettera  e),  Cost.  in  materia  di
«tutela della concorrenza». 
    2.2.1.- Com'e' noto, in tale  definizione,  che  riflette  quella
operante in ambito  comunitario,  questa  Corte  ricomprende  sia  le
misure legislative di tutela in senso proprio, intese  a  contrastare
gli atti e i comportamenti delle imprese che  incidono  negativamente
sull'assetto concorrenziale dei mercati, sia  quelle  di  promozione,
volte a eliminare limiti e vincoli  alla  libera  esplicazione  della
capacita'  imprenditoriale   e   della   competizione   tra   imprese
(concorrenza  «nel  mercato»),   ovvero   a   prefigurare   procedure
concorsuali di garanzia che assicurino la  piu'  ampia  apertura  del
mercato  a  tutti  gli  operatori  economici  (concorrenza  «per   il
mercato») (ex plurimis, sono richiamate le sentenze n.  291,  n.  200
del 2012 e n. 45 del 2010). In questa seconda  accezione,  attraverso
la  tutela  della  concorrenza  vengono   perseguite   finalita'   di
ampliamento dell'area di libera scelta dei cittadini e delle imprese,
queste ultime anche quali fruitrici, a  loro  volta,  di  beni  e  di
servizi (si richiamano le sentenze n. 299  del  2012  e  n.  401  del
2007). Ove con la suddetta  materia,  considerato  il  suo  carattere
finalistico e trasversale,  interferisse  l'esercizio  di  competenze
legislative delle  Regioni,  queste  ultime  potrebbero  dettare  una
disciplina con «effetti  pro-concorrenziali»,  purche'  tali  effetti
siano indiretti e marginali e non si pongano  in  contrasto  con  gli
obiettivi posti dalle norme statali  che  tutelano  e  promuovono  la
concorrenza (vengono richiamate le sentenze n. 43 del 2011 e  n.  431
del 2007). 
    Alla concorrenza per  il  mercato  vanno  ascritte,  appunto,  le
procedure  di  selezione   dei   concorrenti   e   dei   criteri   di
aggiudicazione degli appalti pubblici (tra le tante, sono  richiamate
le sentenze n. 52 del 2012, n. 339 e n. 184 del 2011). In tal  senso,
le misure che prevedano l'utilizzo dei prodotti agricoli  di  origine
regionale, quale titolo preferenziale per l'aggiudicazione di appalti
pubblici  di  servizi  o  di  forniture  di  prodotti  alimentari   e
agroalimentari destinati alla  ristorazione  collettiva,  dettano  un
criterio che altera la concorrenza, risolvendosi in un favor per  gli
imprenditori che impiegano prodotti provenienti  da  una  certa  area
territoriale (si richiama la sentenza n. 209 del 2013). 
    2.2.2.- Tali conclusioni della giurisprudenza costituzionale  ben
potrebbero, a detta della  difesa  statale,  applicarsi  al  caso  di
specie, senza che possa invocarsi quanto previsto dall'art. 95, comma
13, cod. contratti pubblici, difettando  nell'intervento  legislativo
regionale i due  presupposti  giustificativi  di  tale  disposizione,
ossia la proporzionalita' e la  dimostrata  utilita'  per  la  tutela
della salute e dell'ambiente. 
    2.3.- Alla dichiarazione di illegittimita'  costituzionale  degli
artt. 2 e 3  della  legge  reg.  Toscana  n.  75  del  2019,  infine,
conseguirebbe  anche  quella  dell'art.  4,  che  reca  la  copertura
finanziaria degli oneri  derivanti  dal  finanziamento  dei  progetti
pilota. 
    3.- Con atto depositato il 13 marzo  2020  si  e'  costituita  in
giudizio la Regione Toscana, chiedendo il rigetto del ricorso. 
    3.1.- Premette la difesa regionale che la legge impugnata avrebbe
lo scopo di diffondere la corretta educazione alimentare e la cultura
del cibo  e  delle  tradizioni  alimentari  toscane  nella  refezione
scolastica. 
    Per tali finalita', le norme impugnate  non  prevedrebbero  alcun
collegamento con  il  territorio  regionale  e  sarebbero  pienamente
coerenti con il regolamento (UE) n. 1305/2013, del Parlamento europeo
e del Consiglio, del 17 dicembre 2013,  sul  sostegno  allo  sviluppo
rurale da parte del Fondo europeo agricolo  per  lo  sviluppo  rurale
(FEASR) e che abroga il regolamento (CE) n. 1698/2005 del  Consiglio.
Ivi (art. 2), infatti, si stabilisce  che  per  prodotti  agricoli  e
alimentari  da  filiera  corta  s'intendono  i  prodotti  agricoli  e
alimentari provenienti da una filiera di  approvvigionamento  formata
da un numero limitato  di  operatori  economici,  che  s'impegnano  a
promuovere la cooperazione, lo sviluppo economico  locale  e  stretti
rapporti   socio-territoriali   tra   produttori,   trasformatori   e
consumatori. 
    3.2.- Cio'  premesso,  la  normativa  della  Regione  Toscana,  a
differenza delle  discipline  regionali  oggetto  delle  sentenze  di
questa Corte n. 292 e n. 209 del 2013,  non  detterebbe  disposizioni
volte a dare un assetto sistematico della materia, ma  indirizzerebbe
e  limiterebbe  il  proprio  intervento  alla   concessione   di   un
finanziamento  per  progetti  pilota,  a  cui  tutti  gli   operatori
potrebbero partecipare,  senza  stabilire  una  preclusione,  ne'  un
criterio o un punteggio premiale per l'aggiudicazione, ma una  regola
che  si  riferirebbe  alla  gestione  del   servizio   di   refezione
scolastica. 
    Si tratterebbe, quindi, di un intervento normativo  di  carattere
limitato e specifico, peraltro inserito in  un  contesto  legislativo
nazionale con un'attenzione crescente alla tematica del  consumo  dei
prodotti della filiera corta o a chilometro zero (art. 95, comma  13,
del d.lgs. n. 50 del 2016; art. 22 della legge  28  luglio  2016,  n.
154, recante «Deleghe al Governo e ulteriori disposizioni in  materia
di semplificazione, razionalizzazione e  competitivita'  dei  settori
agricolo e agroalimentare,  nonche'  sanzioni  in  materia  di  pesca
illegale»; art. 11  della  legge  n.  158  del  2017);  inoltre,  non
s'introdurrebbe alcun obbligo  per  i  soggetti  pubblici  appaltanti
d'inserire  nei  capitolati  degli  appalti   per   la   ristorazione
collettiva scolastica l'utilizzo di prodotti a chilometro zero  quale
titolo preferenziale per l'aggiudicazione. 
    Infondata sarebbe altresi' l'affermazione della parte  ricorrente
relativa all'art. 2, comma 3, della legge  reg.  Toscana  n.  75  del
2019, che non opererebbe  alcuna  estensione  della  definizione  dei
prodotti a chilometro zero e da filiera corta ai prodotti oggetto  di
specifiche norme di tutela, ma prevedrebbe che  anche  questi  ultimi
rientrino  nelle  finalita'  di  promozione  dei  prodotti  stabilite
dall'art. 1 della medesima legge, non oggetto di impugnativa. 
    3.3.- In ogni caso,  i  profili  d'illegittimita'  costituzionale
eccepiti nel ricorso non sarebbero fondati anche ipotizzando  che  la
norma regionale  vada  ad  incidere  sui  criteri  di  aggiudicazione
dell'appalto del servizio di refezione scolastica. 
    3.3.1.- Diversamente da quanto sostenuto nel ricorso,  il  codice
dei contratti  pubblici  consentirebbe  il  ricorso  a  un  punteggio
premiale per la somministrazione dei prodotti da filiera  corta  e  a
chilometro zero (art. 95, comma 13); il legislatore,  in  tal  senso,
avrebbe  ritenuto  i  medesimi  di  minore  impatto  sulla  salute  e
sull'ambiente e, dunque, non vi sarebbero ulteriori dimostrazioni che
l'amministrazione dovrebbe  offrire  nel  caso  specifico.  Ulteriore
conferma sarebbe data  dal  successivo  art.  144,  secondo  cui,  in
relazione ai servizi di  ristorazione,  la  valutazione  dell'offerta
tecnica  tiene  conto,  tra  l'altro,  degli  aspetti  relativi  alla
qualita' dei generi alimentari, con particolare riferimento  anche  a
quella di prodotti provenienti da sistemi di filiera corta. 
    D'altronde, questa valorizzazione dei prodotti da filiera corta e
a chilometro zero sarebbe gia' da tempo consentita. Infatti, le Linee
di indirizzo nazionale  per  la  ristorazione  scolastica,  approvate
nella Conferenza unificata con  provvedimento  del  29  aprile  2010,
stabiliscono che il servizio di refezione scolastica  deve  garantire
la qualita' dei prodotti, direttamente e indirettamente correlati con
le politiche  alimentari,  quali  la  sicurezza  del  lavoratore,  il
benessere animale, le tradizioni locali e tipicita'; a tal  fine,  la
valutazione della  qualita'  dell'offerta  puo'  concernere  elementi
caratterizzanti le priorita' che s'intendono perseguire, fra cui  gli
alimenti a filiera corta, cioe' che abbiano viaggiato poco e  abbiano
subito pochi passaggi commerciali prima di  arrivare  alla  cucina  o
alla tavola. Per favorire l'utilizzo di tali alimenti possono  essere
attribuiti punteggi diversi, premiando i prodotti locali. Inoltre, si
prevede l'opportunita' che le  Regioni  elaborino  un  documento  nel
quale vengano elencati alcuni principi che aiutino le amministrazioni
pubbliche a definire capitolati d'appalto  capaci  di  rispettare  le
norme di libera  circolazione  delle  merci  in  ambito  comunitario,
tutelando contestualmente la freschezza, il  chilometro  zero/filiera
corta, i prodotti locali (non necessariamente ancora classificati tra
i tipici o tradizionali), il tempo di trasporto di alimenti e  pasti,
dando rilievo a un trasporto in tempi quanto piu' possibile brevi. 
    Dunque, quanto previsto dal legislatore  regionale  costituirebbe
un'attuazione di norme dettate  per  la  ristorazione  scolastica  da
dieci anni. E, non a caso, sulla  materia  vi  sarebbe  un'abbondante
produzione normativa regionale, non contestata e vigente. 
    4.- In prossimita' dell'udienza la Regione Toscana ha  presentato
una memoria insistendo sulle  ragioni  per  il  rigetto  del  ricorso
statale. 
    4.1.- Secondo la difesa  regionale  le  disposizioni  oggetto  di
censura sarebbero espressione delle competenze regionali  in  materia
di «tutela della salute», «alimentazione», nonche' di  «agricoltura»,
«pesca e acquacoltura», di cui all'art. 117, terzo  e  quarto  comma,
Cost. 
    La  legittimita'  dell'intervento  legislativo  troverebbe   oggi
ulteriore conferma nell'art. 58 del decreto-legge 14 agosto 2020,  n.
104 (Misure urgenti per il sostegno  e  il  rilancio  dell'economia),
convertito, con modificazioni, in legge 13 ottobre 2020, n. 126,  che
ha istituito il fondo per la filiera della ristorazione,  finalizzato
a erogare contributi alle imprese per l'acquisto di prodotti, inclusi
quelli vitivinicoli, di filiere agricole e alimentari,  anche  DOP  e
IGP,  valorizzando  la  materia  prima  del  territorio   (previsione
successivamente attuata dal  decreto  del  Ministro  delle  politiche
agricole alimentari e forestali 27 ottobre 2020, recante  «Criteri  e
modalita' di gestione del Fondo per  la  filiera  della  ristorazione
istituito ai sensi dell'articolo 58 del decreto-legge 14 agosto 2020,
n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13  ottobre  2020,
n. 126»). 
    Sarebbe di conseguenza evidente l'ammissibilita' di finanziamenti
volti a promuovere l'utilizzo di prodotti di filiera nel  territorio,
come disposto dalle norme impugnate. 
    D'altronde, in base al regolamento n.  1305/2013/UE,  la  Regione
Toscana, nel Programma di sviluppo  rurale  2014-2020  per  l'impiego
delle risorse del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo  rurale,  ha
gia' previsto e finanziato, attraverso appositi  bandi,  progetti  di
valorizzazione della filiera. Il che dimostrerebbe come  tale  azione
sia ammessa proprio dalla normativa  comunitaria  e  venga  da  tempo
svolta dalle Regioni, nell'ambito delle  competenze  loro  attribuite
dall'art. 117, terzo e quarto comma, Cost. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  con  ricorso
iscritto al numero 19 del registro ricorsi  2020,  ha  impugnato  gli
artt. 2, 3 e 4 della legge della Regione Toscana 10 dicembre 2019, n.
75 (Norme per incentivare l'introduzione dei  prodotti  a  chilometro
zero provenienti da filiera corta nelle mense scolastiche). 
    1.1.- Tali disposizioni definiscono i prodotti a chilometro  zero
e da filiera corta, rispettivamente individuati in quelli provenienti
da  attivita'  produttive  o  di   trasformazione   o   manipolazione
effettuate  nei  confini  amministrativi  regionali  e  nei  prodotti
provenienti da una filiera produttiva costituita  al  massimo  da  un
intermediario tra il produttore e la stazione appaltante.  Il  regime
previsto per tali prodotti viene esteso a quelli regolati dalle norme
europee e interne sulle varie produzioni tutelate,  ove  conformi  ai
medesimi requisiti (art. 2). 
    Al fine di promuovere l'utilizzo dei  prodotti  in  questione  la
Regione finanzia - stanziando le relative  somme  per  le  annualita'
2020  e  2021  (art.  4)  -  progetti  pilota,   presentati,   previo
esperimento di una procedura di evidenza pubblica,  sia  da  soggetti
pubblici appaltanti che aggiudicano servizi di  refezione  collettiva
scolastica, sia da soggetti che  erogano  il  servizio  di  refezione
collettiva   scolastica   direttamente   o   mediante   societa'    a
partecipazione pubblica  affidatarie.  Tali  progetti  sono  volti  a
garantire la fornitura di pasti nelle mense scolastiche  incluse  nel
progetto preparati utilizzando  almeno  il  cinquanta  per  cento  di
prodotti a chilometro zero provenienti da filiera corta e a garantire
altresi' un'iniziativa d'informazione e sensibilizzazione almeno  dei
fruitori della refezione scolastica (art. 3). 
    2.- Secondo lo Stato le  disposizioni  impugnate  lederebbero  il
primo comma dell'art. 117 della  Costituzione  -  in  relazione  agli
artt. 34, 35 e 36 del Trattato sul funzionamento dell'Unione  europea
(TFUE), come modificato dall'art. 2 del Trattato di  Lisbona  del  13
dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130 -  e  il
secondo comma, lettera e), del medesimo articolo, nonche' l'art.  120
Cost. 
    2.1.- In primo luogo, la previsione  di  criteri  prioritari  per
l'affidamento dei servizi di ristorazione collettiva a  soggetti  che
utilizzino prodotti agroalimentari da filiera corta  e  a  chilometro
zero  di  origine  regionale  costituirebbe  una  misura  ad  effetto
equivalente vietata dall'art. 34  e  non  giustificata  dall'art.  36
TFUE, che fa salve le ragioni di «tutela della salute  e  della  vita
delle persone e degli  animali  o  di  preservazione  dei  vegetali».
Infatti, la mera origine regionale dei beni non garantirebbe che  gli
stessi siano realmente a chilometro zero  e  che  il  loro  trasporto
abbia una minore incidenza negativa sull'ambiente. In ogni caso, tale
preferenza si risolverebbe  in  un  immediato  ostacolo  alla  libera
circolazione  tra  le  Regioni  dei  prodotti  privi  degli  indicati
requisiti e delle imprese e dei lavoratori che intendano operare  nei
servizi della refezione collettiva scolastica. 
    2.2.- Le misure in questione, in secondo luogo,  detterebbero  un
criterio che altera la concorrenza, risolvendosi in un favor per  gli
imprenditori che impiegano prodotti provenienti  da  una  certa  area
territoriale, senza che possa invocarsi quanto previsto dall'art. 95,
comma 13, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50  (Codice  dei
contratti pubblici).  Infatti,  sebbene  tale  disposizione  consenta
d'inserire nei bandi adottati dalle amministrazioni aggiudicatrici un
maggiore punteggio per le offerte che presentano  un  minore  impatto
sulla salute e sull'ambiente, ivi compresi i beni  o  i  prodotti  da
filiera  corta  o  a  chilometro  zero,  nell'intervento  legislativo
regionale difetterebbero siffatti presupposti giustificativi. 
    3.-  In  via  preliminare  devono  dichiararsi  inammissibili  le
questioni relative all'art. 2, comma 3, della legge reg.  Toscana  n.
75 del 2019. 
    Pur essendo strettamente collegata a quanto previsto dai commi  1
e 2 dello stesso art. 2, infatti, tale disposizione non e'  contenuta
nella relazione allegata alla deliberazione a impugnare del Consiglio
dei ministri (ex plurimis, sentenze n. 208 del 2020, n. 228 del 2017,
n. 239 del 2016, n. 246 del 2013 e n. 7 del 2011). 
    4.- Nel merito le censure del  ricorrente  relative  all'asserita
violazione del riparto interno delle competenze legislative tra Stato
e  Regioni  assumono  carattere  pregiudiziale,  sotto   il   profilo
logico-giuridico, rispetto alle doglianze concernenti  la  violazione
dei vincoli  derivanti  dall'ordinamento  comunitario  (ex  plurimis,
sentenze n. 114 del 2017, n. 209 del 2013, n. 219 del 2012, n. 67 del
2010 e n. 368 del 2008). 
    In riferimento agli artt. 117, secondo comma, lettera e),  e  120
Cost., le questioni sono fondate. 
    4.1.- La valorizzazione dei prodotti "a  chilometro  zero"  e  da
"filiera corta" - con cui sono comunemente intesi, rispettivamente, i
prodotti per i quali vi sia  una  breve  distanza  tra  il  luogo  di
produzione e quello  di  consumo  e  quelli  che  abbiano  subito  un
limitato passaggio d'intermediari tra produttore e consumatore finale
- trova oggi un crescente  riscontro  nell'ordinamento,  anche  sulla
spinta del diritto europeo, al  fine  di  promuovere  il  consumo  di
alimenti a ridotto impatto ambientale. 
    Cosi', ad esempio, l'art. 11 della legge 6 ottobre 2017,  n.  158
(Misure per il sostegno  e  la  valorizzazione  dei  piccoli  comuni,
nonche' disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri
storici dei medesimi comuni) attribuisce, nei bandi di gara  per  gli
appalti pubblici di servizi o di forniture di alimenti destinati alla
ristorazione collettiva, un titolo preferenziale per  l'utilizzo  dei
prodotti «a filiera corta» e  a  «chilometro  utile».  I  primi  sono
individuati   nei   prodotti   provenienti   da   una   filiera    di
approvvigionamento  formata  da  un  numero  limitato  di   operatori
economici;  i  secondi  nei  prodotti  provenienti  da  un  luogo  di
produzione, di coltivazione o  di  allevamento  della  materia  prima
situato entro un raggio  di  70  chilometri  dal  luogo  di  vendita,
nonche' in quelli per cui e' dimostrato  un  limitato  apporto  delle
emissioni inquinanti dalla produzione al consumo finale. 
    Similmente, il codice dei contratti pubblici, all'art. 95,  comma
13,  stabilisce  che,  compatibilmente  con  il  diritto  dell'Unione
europea  e  con  i  principi   di   parita'   di   trattamento,   non
discriminazione, trasparenza e  proporzionalita',  i  bandi  di  gara
possano prevedere un maggiore punteggio per l'offerta di beni, lavori
o servizi con  minore  impatto  sulla  salute  e  sull'ambiente,  ivi
compresi i beni o i prodotti da filiera corta o  a  chilometro  zero.
Inoltre,  il  successivo  art.  144,  comma  1,  prevede  che,  nelle
procedure di affidamento del servizio di ristorazione collettiva,  la
valutazione dell'offerta tiene conto, in  particolare,  dei  prodotti
provenienti da sistemi di filiera corta. 
    In attuazione di  tali  disposizioni,  il  decreto  del  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 10 marzo  2020
(Criteri ambientali minimi per il servizio di ristorazione collettiva
e  fornitura  di  derrate  alimentari)  definisce,  nell'Allegato  1,
filiera corta «sia la  vendita  diretta  tra  produttore  primario  o
associazioni di produttori  primari  e  centro  di  preparazione  del
pasto, sia la vendita tra l'impresa che gestisce la  piattaforma  per
la distribuzione dei prodotti, purche' questa si configuri come unico
intermediario con il produttore primario e centro di preparazione del
pasto e purche' la  piattaforma  sia  collocata  entro  il  Km  0  (o
chilometro utile, nel caso dei piccoli comuni)». Per chilometro zero,
invece,  s'intende   «una   distanza   tra   terreno   coltivato/sito
dell'allevamento e centro di cottura, o interno o esterno, di 200 Km»
(nel caso dei piccoli comuni 70  Km).  L'utilizzo  di  tali  prodotti
costituisce, appunto, un criterio premiale che deve essere attribuito
dalla stazione appaltante. 
    Con particolare riferimento alla refezione scolastica, infine, le
Linee  di  indirizzo  nazionale  per  la   ristorazione   scolastica,
approvate dalla Conferenza unificata il 29 aprile 2010,  stabiliscono
che, nella valutazione della qualita' dell'offerta per  l'affidamento
del servizio, possa tenersi conto dell'uso degli alimenti  a  filiera
corta, cioe' che  abbiano  viaggiato  poco  e  abbiano  subito  pochi
passaggi commerciali prima di arrivare alla  cucina  o  alla  tavola,
attribuendo punteggi diversi e premiando i prodotti locali. 
    4.2.-  Pertanto,  sebbene   possa   senz'altro   affermarsi   che
l'ordinamento consente, al fine di promuovere l'utilizzo dei prodotti
da filiera corta o  a  chilometro  zero,  la  previsione  di  criteri
premiali nelle procedure di affidamento del servizio di  ristorazione
collettiva, cio' non comporta la possibilita' per le Regioni di  dare
una priorita' agli alimenti prodotti o  trasformati  all'interno  dei
confini regionali. 
    Come gia' chiarito da questa  Corte,  infatti,  le  procedure  di
selezione dei concorrenti e i criteri di aggiudicazione degli appalti
pubblici  sono  ascrivibili  alla   materia   della   «tutela   della
concorrenza» di cui all'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.  -
che riflette la definizione operante in ambito  comunitario  -  nella
specie alla concorrenza «per il mercato» (ex multis, sentenze n.  166
del 2019, n. 209 del 2013, n. 52 del 2012, n. 339, n. 184 e n. 43 del
2011 e n. 401 del 2007). 
    In tal senso, disposizioni recanti un  titolo  preferenziale  per
l'utilizzo di prodotti agricoli di origine  regionale  non  solo  non
favoriscono la concorrenza, ma chiaramente la alterano, privilegiando
gli imprenditori  che  impiegano  tali  prodotti  e  non  quelli  con
caratteristiche analoghe, ancorche' provenienti da aree che,  sebbene
fuori Regione, ben possono trovarsi a distanza uguale  o  minore  dal
luogo di consumo (sentenza n.  209  del  2013);  il  che  si  risolve
altresi' in un ostacolo  alla  libera  circolazione  delle  merci  ai
sensi, sia dell'art. 120 Cost., sia del diritto europeo (sentenza  n.
292 del 2013). 
    4.3.- Cio' precisato, l'art. 3 della legge reg. Toscana n. 75 del
2019 non regola direttamente un criterio premiale nell'aggiudicazione
del servizio di ristorazione collettiva, bensi' la predisposizione di
progetti pilota, presentati dalle stazioni  appaltanti  e  finanziati
dalla Regione (art. 4), che devono garantire la  fornitura  di  pasti
con l'utilizzo di  almeno  il  cinquanta  per  cento  di  prodotti  a
chilometro zero provenienti da filiera corta. 
    Tali progetti,  sia  che  il  servizio  di  refezione  collettiva
scolastica venga affidato tramite procedure  di  aggiudicazione,  sia
che,  invece,  le  stazioni  appaltanti   provvedano   all'erogazione
direttamente o tramite societa' in house, in quanto progetti  pilota,
hanno un senso  solo  se  prefigurano  i  caratteri  che  s'intendono
favorire  per  siffatto  servizio.  E  i  caratteri  qui  incentivati
incidono negativamente sulla concorrenza  e  sulla  circolazione  dei
prodotti alimentari, favorendo quelli di origine regionale. 
    Nella specie, l'art. 2, comma 1, definisce a «chilometro zero»  i
prodotti agricoli, i  prodotti  della  pesca  e  dell'acquacoltura  e
quelli alimentari per i quali la produzione e trasformazione  avviene
entro i confini amministrativi della Regione Toscana, nonche'  quelli
provenienti da punti di sbarco situati  in  Toscana  e  catturati  da
imbarcazioni  iscritte  nel  registro  delle  imprese  di  pesca  dei
compartimenti marittimi regionali,  ovvero  provenienti  da  impianti
collocati nelle acque  costiere  regionali.  Per  quanto  concerne  i
prodotti da filiera corta, invece, il successivo  comma  2  individua
gli  stessi  in  quelli  che   provengano   da   filiere   produttive
caratterizzate al massimo da un intermediario tra il produttore e  la
stazione appaltante. 
    Tali definizioni non si collegano, in quanto tali, a un  criterio
di prossimita' tra produzione e vendita, ne'  a  un  trasporto  delle
merci breve o con una bassa  emissione  di  sostanze  inquinanti,  ma
fanno una  selezione  in  base  al  collegamento  con  il  territorio
regionale. 
    Infatti, il chilometro  zero  e'  delineato,  in  difformita'  da
quanto previsto dalla sopra ricordata normativa statale, solo in base
alla produzione  e  trasformazione  del  prodotto  all'interno  della
Regione  Toscana,   escludendo   cosi'   le   aree   di   prossimita'
extra-regionali, che ben potrebbero  offrire  prodotti  con  analoghe
caratteristiche e che comportino  persino  una  minore  distanza  tra
produzione e consumo. La qual cosa non trova  corrispondenza  neppure
nella disciplina vigente in altre Regioni, come invece asserito dalla
difesa regionale,  salvo  il  caso  delle  norme  dichiarate  appunto
costituzionalmente illegittime dalle ricordate sentenze n. 292  e  n.
209 del 2013. 
    Riguardo alla filiera corta, invece, da un lato, il riferimento a
un unico intermediario non esclude che il trasporto da lui effettuato
copra una distanza maggiore di quella di due intermediari che operino
in un  territorio  ristretto,  e  produca  cosi'  effetti  ambientali
nocivi; dall'altro lato, ai sensi dell'art. 3 della  legge  regionale
in  esame,  i  progetti  pilota  devono  garantire  pasti   preparati
utilizzando almeno il cinquanta per cento di  prodotti  a  chilometro
zero provenienti da  filiera  corta,  con  un'espressione  che  rende
comunque imprescindibile  il  legame  con  il  territorio  regionale,
insito nella definizione di chilometro zero recata dalle disposizioni
impugnate. 
    Tale  legame,  pertanto,  non  consente  di  riscontrare   quelle
esigenze di tutela dell'ambiente e della salute in forza delle quali,
ai sensi dell'art. 95, comma 13, del codice dei  contratti  pubblici,
nelle procedure di affidamento degli appalti pubblici,  e'  possibile
attribuire punteggi premiali per l'utilizzo di prodotti a  chilometro
zero e da filiera corta. 
    Il legislatore toscano, in conclusione, pur perseguendo  il  fine
di valorizzare i prodotti del territorio - di per se' non illegittimo
e, non  a  caso,  non  censurato  dallo  Stato  -  realizza  siffatto
obiettivo favorendo i prodotti e  i  produttori  regionali,  con  una
evidente discriminazione per chi faccia uso di  prodotti  di  diversa
provenienza. 
    5.-  La   declaratoria   d'illegittimita'   costituzionale   deve
estendersi anche all'art. 2, comma 3, della legge reg. Toscana n.  75
del 2019 - che si limita a far rientrare i prodotti  a  denominazione
protetta o a marchio tutelato (oggetto, tra  l'altro,  di  specifiche
disposizioni di diritto europeo),  ove  ne  rispettino  i  requisiti,
nelle definizioni di chilometro zero e filiera corta - in virtu'  del
rapporto di stretta concatenazione  oggettiva  e  funzionale  con  le
censurate disposizioni della  medesima  legge  (sentenza  n.  34  del
2012), in assenza di cui l'art. 2, comma 3, resta privo  di  autonoma
portata normativa (sentenze n. 217 del 2015 e n. 141 del 2010). 
    6.- La questione promossa  in  riferimento  all'art.  117,  primo
comma, Cost. e' assorbita. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale degli artt. 2, 3 e  4
della legge della Regione Toscana 10 dicembre 2019, n. 75 (Norme  per
incentivare l'introduzione dei prodotti a chilometro zero provenienti
da filiera corta nelle mense scolastiche); 
    2)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 3, della legge reg. Toscana  n.  75
del 2019, promosse dal Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  in
riferimento al primo comma dell'art.  117  della  Costituzione  -  in
relazione agli artt. 34, 35  e  36  del  Trattato  sul  funzionamento
dell'Unione europea (TFUE), come modificato dall'art. 2 del  Trattato
di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato  dalla  legge  2  agosto
2008, n. 130 - e al secondo comma, lettera e), del medesimo articolo,
nonche' all'art. 120 Cost., con il ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 febbraio 2021. 
 
                                F.to: 
                   Giancarlo CORAGGIO, Presidente 
                      Giuliano AMATO, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 9 marzo 2021. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA