N. 36 SENTENZA 9 febbraio - 12 marzo 2021

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Sanita' pubblica - Norme della Regione Puglia -  Procedure  selettive
  concorsuali delle aziende sanitarie per l'assunzione, nei ruoli, di
  personale dirigente medico/veterinario e  dirigente  sanitario  non
  medico -  Valorizzazione  del  possesso  di  comprovate  esperienze
  acquisite  nel  corso  di  rapporti   convenzionali   previsti   da
  precedenti leggi  regionali  -  Ricorso  del  Governo  -  Lamentata
  violazione  della  competenza  esclusiva  statale   nella   materia
  dell'ordinamento civile e dei principi fondamentali in  materia  di
  disciplina delle professioni - Non fondatezza delle questioni. 
Sanita' pubblica - Norme della Regione Puglia  -  Medici  specialisti
  ambulatoriali titolari di rapporto convenzionale  con  il  Servizio
  sanitario nazionale  (SSN)  -  Inquadramento,  a  domanda,  con  il
  trattamento  giuridico  ed   economico   previsto   dai   contratti
  collettivi nazionali di lavoro della dirigenza  -  Equiparazione  a
  tutti gli effetti agli specialisti  convenzionati,  anche  ai  fini
  della legittimazione alla nomina e alla partecipazione nei comitati
  paritetici e  negli  organismi  di  rappresentanza  -  Ricorso  del
  Governo - Lamentata violazione della competenza  esclusiva  statale
  nella materia  dell'ordinamento  civile  -  Inammissibilita'  delle
  questioni. 
Sanita' pubblica - Norme  della  Regione  Puglia  -  Disposizioni  in
  materia di rapporto dei  dirigenti  sanitari  alle  dipendenze  del
  Servizio  sanitario  regionale  (SSR)  -  Riordino   e   disciplina
  dell'esclusivita' del rapporto dei dirigenti sanitari - Ricorso del
  Governo -  Lamentata  violazione  della  competenza  statale  nella
  materia, di competenza concorrente, della  tutela  della  salute  -
  Inammissibilita' della questione. 
Sanita' pubblica - Norme della Regione  Puglia  -  Pazienti  in  cura
  presso centri extra-regionali per il trattamento di malattie rare -
  Rimborso  delle  spese   sostenute   -   Violazione   di   principi
  fondamentali   di   coordinamento   della   finanza   pubblica    -
  Illegittimita' costituzionale. 
Sanita' pubblica - Norme della Regione Puglia - Accreditamento  delle
  strutture pubbliche e  private  eroganti  prestazioni  sanitarie  e
  sociosanitarie - Inefficacia, a tali fini, dell'autorizzazione alla
  realizzazione e all'esercizio - Eccezione prevista per le strutture
  gia' autorizzate all'esercizio per l'attivita' di  diagnostica  per
  immagini con utilizzo di grandi macchine e alla  PET  -  Violazione
  dei principi fondamentali in  materia  di  tutela  della  salute  -
  Illegittimita' costituzionale parziale. 
- Legge della Regione Puglia 30 novembre 2019, n. 52, artt.  10,  35,
  44, 45, 47 e 49. 
- Costituzione, art. 117, commi secondo, lettera l), e terzo. 
(GU n.11 del 17-3-2021 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giancarlo CORAGGIO; 
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'
  ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca   ANTONINI,   Stefano
  PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela  NAVARRETTA,  Maria  Rosaria  SAN
  GIORGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt.  10,  35,
44, 45, 47 e 49 della legge della Regione Puglia 30 novembre 2019, n.
52  (Assestamento  e  variazione  al  bilancio  di   previsione   per
l'esercizio finanziario 2019 e pluriennale 2019-2021),  promosso  dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso  notificato  il  29
gennaio-7 febbraio 2020, depositato  in  cancelleria  il  6  febbraio
2020, iscritto al n. 13 del registro ricorsi 2020 e pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  10,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2020. 
    udito nell'udienza  pubblica  del  9  febbraio  2021  il  Giudice
relatore Silvana Sciarra; 
    udito  l'avvocato  dello  Stato  Giammario   Rocchitta   per   il
Presidente del Consiglio dei ministri; 
    deliberato nella camera di consiglio del 9 febbraio 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso  iscritto  al  n.  13  del  reg.  ric.  2020,  il
Presidente del Consiglio dei ministri  ha  promosso,  tra  le  altre,
questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 10, 35, 44,  45,
47 e 49 della legge della Regione Puglia  30  novembre  2019,  n.  52
(Assestamento e variazione al bilancio di previsione per  l'esercizio
finanziario 2019 e pluriennale 2019-2021),  in  riferimento  all'art.
117, secondo comma, lettera l), e terzo comma, della Costituzione. 
    1.1.- E' impugnato, in primo luogo, l'art. 10  della  legge  reg.
Puglia n. 52 del 2019, che ha sostituito l'art. 72 della legge  della
Regione Puglia 28 dicembre 2018, n. 67, recante «Disposizioni per  la
formazione del bilancio di previsione  2019  e  bilancio  pluriennale
2019-2021 della Regione Puglia (Legge di stabilita' regionale 2019)». 
    Il comma 1 del testo cosi' sostituito dispone quanto  segue:  «Le
aziende sanitarie, per far fronte alle prestazioni di cui al  decreto
del Presidente del Consiglio dei  ministri  del  12  gennaio  2017  -
allegato 1 (Definizione e aggiornamento  dei  livelli  essenziali  di
assistenza di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30
dicembre  1992,  n.  502),  nel  rispetto  del  Piano  triennale   di
fabbisogno di personale approvato da ciascun ente, attivano procedure
selettive  concorsuali  finalizzate  all'assunzione  nei  ruoli   del
personale dirigente  medico/veterinario  e  dirigente  sanitario  non
medico, valorizzando nei relativi bandi di concorso  il  possesso  di
comprovate competenze acquisite nel corso del rapporto  convenzionale
di cui alla legge regionale del 3 agosto 2007, n. 25 (Assestamento  e
seconda  variazione  al  bilancio  di  previsione   per   l'esercizio
finanziario 2007), nonche' le esperienze del personale  dirigente  di
cui alla legge regionale 9 giugno 1987, n. 16  (Norme  organiche  per
l'integrazione scolastica degli handicappati), che presta servizio  a
convenzione a tempo  indeterminato  ad  esaurimento  nell'ambito  del
servizio sanitario nazionale». 
    Nel  denunciare  la  violazione  dell'art.  117,  secondo  comma,
lettera l), e terzo comma, Cost., il ricorrente invoca «il  principio
fondamentale in materia di disciplina delle professioni,  secondo  il
quale  l'individuazione  delle  figure  professionali,   i   relativi
profili,  ordinamenti  didattici  e  titoli  abilitanti,  cosi'  come
l'istituzione dei  relativi  albi,  ordini  o  registri,  e'  compito
riservato allo Stato, residuando  alle  Regioni  solo  la  disciplina
degli aspetti che abbiano uno specifico collegamento con  la  realta'
territoriale». Egli richiama l'art. 20, primo comma, del decreto  del
Presidente della Repubblica 10 dicembre  1997,  n.  483  (Regolamento
recante la disciplina concorsuale per il personale  dirigenziale  del
Servizio sanitario nazionale), che, nel disciplinare  la  valutazione
dei  titoli  nei  concorsi   volti   all'assunzione   del   personale
dirigenziale del Servizio  sanitario  nazionale  (SSN),  equipara  al
servizio di ruolo, a determinate condizioni, sia il servizio  non  di
ruolo prestato presso  pubbliche  amministrazioni,  sia  il  servizio
prestato  dal  personale  precario   presso   istituti   e   cliniche
universitarie  ai  sensi  dell'articolo  unico,  settimo  comma,  del
decreto-legge 23 dicembre 1978, n.  817  (Norme  transitorie  per  il
personale precario delle Universita'), convertito, con modificazioni,
in legge 19 febbraio 1979, n. 54. 
    La  norma  impugnata  apparirebbe  «oscura»,  non  essendo   dato
comprendere a  quali  rapporti  essa  faccia  riferimento,  allorche'
richiama quelli «convenzionali»  di  cui  alla  legge  della  Regione
Puglia 3 agosto 2007, n. 25 (Assestamento  e  seconda  variazione  al
bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2007),  e  laddove
fa riferimento alle esperienze maturate dal  personale  dirigente  di
cui alla legge della Regione Puglia  9  giugno  1987,  n.  16  (Norme
organiche per l'integrazione scolastica degli handicappati). 
    Anche a voler ritenere estranea, rispetto  alla  disposizione  de
qua, la materia delle professioni,  il  ricorrente  ritiene  che  non
potrebbe comunque escludersi la sua  «riconducibilita'  alla  materia
"ordinamento civile", di competenza esclusiva statale». Tale  materia
coprirebbe «numerosi ambiti del rapporto di lavoro pubblico, fra  cui
la disciplina della fase costitutiva». 
    In definitiva, la norma impugnata si porrebbe in  «contrasto  con
l'articolo  117,  secondo  comma,  lettera  l),  sotto   il   profilo
dell'ordinamento civile e 117, terzo comma, sotto  il  profilo  della
tutela  della  salute  della  Costituzione,  nonche'  con  le   norme
interposte di cui all'art. 18 d.lgs. 502/1992 e 20, primo  comma  del
d.P.R. n. 483/1997». 
    1.2.- Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  impugna,  in
secondo luogo, l'art. 35 della legge reg. Puglia n. 52 del 2019,  che
ha modificato l'art. 10 della legge della  Regione  Puglia  4  agosto
2004,  n.  14  (Assestamento  e  prima  variazione  al  bilancio   di
previsione per l'esercizio finanziario 2004). 
    Tale  art.  10,  oggetto   di   modifica,   rubricato   «Medicina
specialistica ambulatoriale», stabilisce al  comma  1  che  i  medici
specialisti ambulatoriali a  rapporto  convenzionale  possono  essere
inquadrati, a domanda, «con il  trattamento  giuridico  ed  economico
previsto  dai  contratti  collettivi  nazionali   di   lavoro   della
dirigenza». La norma regionale impugnata aggiunge un  ultimo  periodo
al  comma  1,  cosi'   formulato:   «L'inquadramento   determina   la
conservazione della equiparazione a tutti gli effetti tra dirigenti e
specialisti convenzionati anche ai  fini  della  legittimazione  alla
nomina  e  alla  partecipazione  nei  comitati  paritetici  e   negli
organismi  di   rappresentanza   previsti   dalla   normativa   anche
regolamentare vigente». 
    La norma violerebbe l'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.,
per invasione della  competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato
nella materia «ordinamento civile», cui sarebbero  da  ricondurre  «i
rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile». Si lamenta
il contrasto con la «norma interposta» di cui all'art.  4,  comma  7,
della legge 30 dicembre 1991, n.  412  (Disposizioni  in  materia  di
finanza pubblica), che reca il «principio di unicita' del rapporto di
lavoro del personale medico con il SSN». 
    1.3.- Il ricorrente censura, poi,  l'art.  44  della  legge  reg.
Puglia n. 52 del 2019, rubricato «Disposizioni in materia di rapporto
dei  dirigenti  sanitari  alle  dipendenze  del  Servizio   sanitario
regionale». 
    La disposizione impugnata, al comma 1, cosi' dispone: «La  Giunta
regionale  riordina   e   disciplina   le   modalita'   di   utilizzo
dell'istituto dell'esclusivita' del rapporto dei dirigenti  sanitari,
di cui agli articoli 15-quater e 15-quinquies del decreto legislativo
30 dicembre 1992,  n.  502  (Riordino  della  disciplina  in  materia
sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23  ottobre  1992,  n.
421)».  Il  comma  2  aggiunge  quanto  segue:  «Viene  garantita  la
possibilita' di  scelta  tra  esclusivita'  e  non  esclusivita'  del
rapporto di lavoro alle dipendenze del Servizio  sanitario  regionale
ai fini della titolarita' dell'incarico dirigenziale di direttore  di
struttura semplice e complessa». 
    Secondo il ricorrente, questa disposizione sarebbe formulata  «in
modo talmente generico da non potersi escludere  che,  in  attuazione
della stessa, si adottino discipline non conformi  alle  disposizioni
legislative e contrattuali vigenti in materia con possibili  maggiori
oneri». La «mancanza di  una  specifica  clausola  di  salvaguardia»,
volta a precisare che i previsti interventi  della  Giunta  regionale
dovranno rispettare il «quadro  regolativo»  costituito  dagli  artt.
15-quater e 15-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.
502  (Riordino  della  disciplina  in  materia  sanitaria,  a   norma
dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), e  dai  vigenti
contratti  collettivi  di  settore,  determinerebbe   la   violazione
dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    1.4.- E' altresi' impugnato l'art. 45 della legge reg. Puglia  n.
52 del 2019, che inserisce un nuovo comma 3-bis nel  gia'  menzionato
art. 10 della legge regionale n. 14 del 2004, formulato  come  segue:
«Gli  specialisti  ambulatoriali  transitati  alla  dipendenza   sono
equiparati, a tutti gli effetti, agli specialisti convenzionati, cio'
ai fini della legittimazione della nomina e della partecipazione  nei
comitati paritetici e negli organismi di rappresentanza previsti  dal
quadro normativo e regolamentare vigente». 
    Secondo il ricorrente, anche questa  disposizione  confliggerebbe
con il principio di unicita' del rapporto di lavoro  dei  medici  del
SSN, di cui all'art. 4, comma 7, della legge n. 412 del 1991, e,  per
tale via, determinerebbe la violazione dell'art. 117, secondo  comma,
lettera l), Cost., «che riserva alla competenza esclusiva dello Stato
l'ordinamento  civile  e,  quindi  i  rapporti  di  diritto   privato
regolabili dal codice civile». 
    1.5.- Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna,  inoltre,
l'art. 47 della legge reg. Puglia n. 52 del 2019, rubricato «Rimborso
spese pazienti fuori regione». 
    Il  comma  1  di  questa  disposizione  sostituisce  il  comma  1
dell'art. 13 della legge della Regione Puglia 12 agosto 2005,  n.  12
(Seconda  variazione  al  bilancio  di  previsione  per   l'esercizio
finanziario 2005),  nei  termini  seguenti:  «Il  riconoscimento  dei
rimborsi previsti dall'articolo 1, commi 1 e 2, della legge regionale
21  novembre  1996,  n.  25  (Rimborso  delle  spese  sostenute   per
interventi di trapianto), e successive modificazioni, viene garantito
ai pazienti che, per esigenze cliniche  documentate,  devono  recarsi
presso centri extra-regionali per il trattamento di malattie rare non
assicurabile  in  Puglia.  Per  il  riconoscimento  del  rimborso  si
applicano le medesime procedure e gli  stessi  criteri  previsti  dal
decreto del Ministero della sanita' 3  novembre  1989  n.  851700,  e
dunque per le prestazioni assistenziali presso  centri  di  altissima
specializzazione all'estero». 
    Il comma 2 dell'art. 47 impugnato provvede  ad  assegnare,  nella
«missione  13,  programma  2,  titolo  1»  del  bilancio   regionale,
un'apposita dotazione finanziaria per l'esercizio 2019, pari a  «euro
100 mila». 
    Secondo  il  ricorrente,  questa  disposizione  integrerebbe  «un
livello ulteriore di assistenza» rispetto  a  quanto  previsto  dalla
«vigente  normativa  statale»  che,  al  di  fuori  dell'ipotesi   di
assistenza presso centri di  altissima  specializzazione  all'estero,
non assicurerebbe il rimborso delle spese di viaggio e  di  soggiorno
sostenute dall'assistito. La Regione Puglia, in quanto «impegnata nel
Piano di rientro dal disavanzo sanitario»,  e  quindi  sottoposta  al
divieto di effettuare spese non obbligatorie, ai sensi  dell'art.  1,
comma  174,  della  legge  30  dicembre   2004,   n.   311,   recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge finanziaria 2005)», non potrebbe garantire livelli
ulteriori di assistenza. La norma impugnata, pertanto, violerebbe  il
«principio di contenimento  della  spesa  pubblica  sanitaria,  quale
principio di coordinamento della finanza pubblica e,  dunque,  l'art.
117, terzo comma, Cost.». 
    1.6.- Infine, il Presidente del Consiglio  dei  ministri  impugna
l'art.  49  della  legge  reg.  Puglia  n.  52  del  2019,  rubricato
«Disposizioni  in  materia  di  fabbisogno  di  Risonanza   magnetica
nucleare (RMN) grandi macchine e RMN a basso campo c.d. "dedicate"  o
"open di nuova generazione"». 
    Il comma 1 della  disposizione  impugnata  sostituisce  il  testo
dell'art. 19, comma 3, della legge  della  Regione  Puglia  2  maggio
2017, n. 9  (Nuova  disciplina  in  materia  di  autorizzazione  alla
realizzazione e  all'esercizio,  all'accreditamento  istituzionale  e
accordi contrattuali  delle  strutture  sanitarie  e  socio-sanitarie
pubbliche e private). Il nuovo  testo  dispone  che  l'autorizzazione
alla  realizzazione  e  all'esercizio  delle  strutture  sanitarie  e
sociosanitarie non produce effetti vincolanti ai fini della procedura
di accreditamento  istituzionale,  «che  si  fonda  sul  criterio  di
funzionalita' rispetto alla programmazione regionale», salvo  che  in
tre ipotesi, di seguito individuate e contrassegnate dai numeri 3.1.,
3.2. e 3.3. 
    In  particolare,  con  specifico  riferimento  al  settore  della
diagnostica  per  immagini,  si  prevede  che   le   strutture   gia'
autorizzate per  l'impiego  delle  cosiddette  «grandi  macchine»  si
devono considerare accreditate  pure  per  tale  impiego,  nonostante
l'accreditamento sia stato rilasciato per la sola  diagnostica  senza
utilizzo di grandi macchine (numero  3.1.),  con  aggiunta,  inoltre,
dell'ipotesi inversa (numero 3.2.). Analoga deroga e' prevista  «[i]n
ipotesi di autorizzazione all'esercizio di PET rilasciata a struttura
gia' accreditata  per  l'attivita'  di  medicina  nucleare  in  vivo»
(numero 3.3.). Nella parte  finale,  il  comma  3,  al  numero  3.3.,
precisa  che   «[n]elle   soprariportate   ipotesi   l'autorizzazione
all'esercizio produce effetti vincolanti ai fini della  procedura  di
accreditamento istituzionale a condizione che,  nell'ambito  comunale
di  riferimento,  non  insista  struttura  pubblica  o  privata  gia'
accreditata per la medesima attivita'». 
    Al comma 2, l'art. 49 della legge reg.  Puglia  n.  52  del  2019
quantifica il fabbisogno di «RMN grandi macchine», distinto per  aree
territoriali, e detta disposizioni per la  relativa  installazione  o
realizzazione. Il comma 3 detta disposizioni in tema di fabbisogno di
«RMN a basso campo c.d. "dedicate" o "open di nuova generazione"». 
    Secondo  il  ricorrente,  tale  disposizione  introdurrebbe  «tre
fattispecie   derogatorie   al   principio   in   forza   del   quale
l'autorizzazione alla realizzazione e all'esercizio  delle  strutture
sanitarie e sociosanitarie non produce  effetti  vincolanti  ai  fini
della procedura di accreditamento istituzionale,  che  si  fonda  sul
criterio di funzionalita' rispetto alla programmazione regionale». 
    Ne deriverebbe la violazione dell'art. 117, terzo  comma,  Cost.,
in relazione ai «principi fondamentali posti dalla legge  statale  in
materia di "tutela  della  salute"».  Sono  richiamati,  quali  norme
interposte, gli artt. 8, comma 4, 8-ter,  comma  4,  e  8-quater  del
d.lgs. n. 502 del  1992.  Le  prime  due  norme,  nello  stabilire  i
requisiti minimi di sicurezza e di  qualita'  per  l'esercizio  delle
attivita' sanitarie da parte delle  strutture  pubbliche  e  private,
«rappresentano principi  fondamentali  stabiliti  dalla  legislazione
statale che le regioni devono rispettare, indipendentemente dal fatto
che la struttura intenda o  meno  chiedere  l'accreditamento».  Anche
l'art. 8-quater del d.lgs. n. 502 del 1992,  nell'imporre  «requisiti
ulteriori» per l'accreditamento, recherebbe principi fondamentali che
le Regioni  sono  tenute  a  rispettare,  «non  potendosi  attribuire
l'accreditamento  ope  legis  a   determinate   strutture,   la   cui
regolarita' sia meramente presunta e non effettivamente  fondata  sul
possesso effettivo dei requisiti prescritti». 
    2.- La Regione Puglia non si e' costituita in giudizio. 
    3.- In data 22 febbraio 2021 e' pervenuto in  cancelleria  l'atto
di intervento di G.P. S., non esaminato perche' tardivo. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con il ricorso indicato in epigrafe  (reg.  ric.  n.  13  del
2020), il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di
legittimita' costituzionale di varie disposizioni della  legge  della
Regione Puglia 30 novembre 2019, n. 52 (Assestamento e variazione  al
bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2019 e pluriennale
2019-2021). Fra di esse, vengono qui in considerazione gli artt.  10,
35, 44, 45, 47 e 49, impugnati in  riferimento  all'art.  117,  commi
secondo, lettera l), e terzo, della Costituzione. 
    La decisione  delle  altre  questioni,  proposte  con  lo  stesso
ricorso, e' riservata a separata pronuncia. 
    2.- E' impugnato, in primo luogo,  l'art.  10  della  legge  reg.
Puglia n. 52 del 2019, che sostituisce l'art. 72  della  legge  della
Regione Puglia 28 dicembre 2018, n. 67, recante «Disposizioni per  la
formazione del bilancio di previsione  2019  e  bilancio  pluriennale
2019-2021 della Regione Puglia (Legge di stabilita' regionale 2019)». 
    L'art. 72, comma 1,  ora  stabilisce  che  le  aziende  sanitarie
«attivano procedure  selettive  concorsuali»  per  l'assunzione,  nei
ruoli,  di  «personale  dirigente  medico/veterinario   e   dirigente
sanitario non medico», valorizzando nei relativi  bandi  di  concorso
«il  possesso  di  comprovate  competenze»  acquisite  nel  corso  di
pregressi rapporti di natura «convenzionale», previsti da  precedenti
leggi regionali (e di seguito specificamente individuati). L'art. 72,
al comma 2, restringe l'ambito di applicazione  a  coloro  che,  alla
data del 31 dicembre 2018, siano titolari, da almeno cinque anni,  di
un «incarico convenzionale a  tempo  indeterminato  non  inferiore  a
trentotto ore settimanali nella disciplina messa a bando». L'art. 72,
al comma 3, infine,  precisa  che  l'ingresso  nei  ruoli  «determina
l'automatica  eliminazione  dei  relativi  rapporti  convenzionali  e
pertanto non comporta riflessi  diretti  o  indiretti  a  carico  del
bilancio dell'ente». 
    Il ricorrente lamenta il contrasto con l'art. 117, secondo comma,
lettera l), Cost., «sotto il  profilo  dell'ordinamento  civile»,  in
quanto  rientrerebbe  nella  competenza  esclusiva  del   legislatore
statale la «disciplina  della  fase  costitutiva»  del  «rapporto  di
lavoro pubblico». Sarebbe violato, inoltre, l'art. 117, terzo  comma,
Cost., in relazione alle «norme interposte» di cui  all'art.  18  del
decreto  legislativo  30  dicembre  1992,  n.  502  (Riordino   della
disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della  legge
23 ottobre 1992, n. 421), e all'art. 20, primo comma, del decreto del
Presidente della Repubblica 10 dicembre  1997,  n.  483  (Regolamento
recante la disciplina concorsuale per il personale  dirigenziale  del
Servizio sanitario nazionale). 
    Quest'ultima disposizione, precisa il  ricorrente,  «definisce  i
requisiti di accesso al Servizio  sanitario  nazionale  e  disciplina
puntualmente  i  titoli  di  servizio  valutabili   nelle   procedure
concorsuali». Risulterebbe  violato  «il  principio  fondamentale  in
materia  di  disciplina   delle   professioni,   secondo   il   quale
l'individuazione delle  figure  professionali,  i  relativi  profili,
ordinamenti didattici e titoli abilitanti, cosi'  come  l'istituzione
dei relativi albi, ordini  o  registri,  e'  compito  riservato  allo
Stato, residuando alle Regioni solo la disciplina degli  aspetti  che
abbiano uno specifico collegamento con la realta' territoriale». 
    2.1.- Le questioni non sono fondate. 
    Le disposizioni impugnate individuano un  titolo  valutabile  nei
concorsi per l'accesso ai ruoli della dirigenza sanitaria  regionale.
A tal fine esse richiamano due leggi regionali che, in  passato,  per
esigenze  contingenti  connesse  con  l'organizzazione  del  Servizio
sanitario nazionale,  avevano  determinato  l'attivazione  di  alcune
tipologie di lavoro  in  convenzione,  successivamente  confluite  in
rapporti  «a  tempo  indeterminato  ad  esaurimento  nell'ambito  del
servizio sanitario nazionale». Si tratta dei  rapporti  convenzionali
previsti sia dalla legge della Regione Puglia 3 agosto  2007,  n.  25
(Assestamento e seconda variazione  al  bilancio  di  previsione  per
l'esercizio finanziario 2007), sia dalla legge della Regione Puglia 9
giugno 1987, n. 16 (Norme  organiche  per  l'integrazione  scolastica
degli handicappati). 
    L'individuazione  di  uno  specifico  titolo,  valutabile   nelle
procedure   concorsuali,   non   attiene   pertanto   alla    materia
dell'«ordinamento  civile»,  in  quanto  si  riferisce  a  una   fase
antecedente  a  quella  costitutiva  del  rapporto  di   lavoro.   Le
previsioni impugnate - analogamente a quanto ritenuto da questa Corte
in una recente decisione, in cui pure veniva in rilievo una norma  di
legge regionale che integrava il sistema di  valutazione  dei  titoli
nei concorsi per il personale  dirigenziale  del  Servizio  sanitario
nazionale, di cui al d.P.R. n. 483 del 1997 -  attengono,  piuttosto,
alla materia concorrente  della  «tutela  della  salute»,  in  quanto
costituiscono un riflesso  del  sistema  organizzativo  e  funzionale
adottato  dalla  Regione  Puglia  per  adempiere  alle  esigenze  del
Servizio sanitario nazionale (sentenza n. 20 del 2020, punti 3.3. e 4
del Considerato in diritto). Si intende, in questo modo,  valorizzare
la pregressa esperienza  acquisita  dal  personale  che  gia'  presta
determinati servizi a  convenzione,  secondo  quanto  previsto  dalle
disposizioni regionali gia' richiamate. 
    Tale "valorizzazione", peraltro, non  appare  incoerente  con  il
sistema  configurato  dall'ordinamento  statale  che,  a  determinate
condizioni, ammette la valutabilita' del servizio prestato «in base a
rapporti convenzionali»  (art.  21  del  d.P.R.  n.  483  del  1997),
riconoscendo quindi che  anche  i  servizi  «non  di  ruolo»  possano
ricevere la giusta valutazione, non una  completa  «equiparazione»  a
quelli di ruolo (art. 22 del medesimo d.P.R.). 
    Si  deve  osservare  che  la   valorizzazione   delle   pregresse
esperienze di  natura  convenzionale,  cosi'  come  introdotta  dalla
disciplina pugliese, dovra' svolgersi entro i binari tracciati  dalla
normativa generale appena richiamata, attenendosi ai principi e  alle
regole di proporzione tra i punteggi stabiliti. 
    Nell'allineare il  sistema  di  valutazione  dei  titoli  con  il
proprio assetto organizzativo e  gestionale  del  Servizio  sanitario
nazionale, in modo complessivamente coerente con l'impianto  generale
previsto a livello  statale,  la  Regione  Puglia  ha  legittimamente
esercitato la propria competenza concorrente in  materia  di  «tutela
della salute», senza incorrere in violazione di principi fondamentali
(sentenza n. 20 del 2020, punti 4 e 4.1. del Considerato in diritto).
In  conclusione,  la   disciplina   impugnata,   riconducibile   alla
competenza concorrente nella materia della tutela della  salute,  non
presenta alcun collegamento  con  la  disciplina  delle  professioni,
anch'essa rientrante nella competenza concorrente. Ne'  si  riscontra
alcuna attinenza con la materia dell'ordinamento  civile,  visto  che
tale disciplina non interviene a definire diritti e  obblighi  di  un
rapporto di lavoro gia' sorto, ma si colloca in una fase  antecedente
allo stesso (da ultimo, sentenza n. 77 del  2020,  punto  4.3.1.  del
Considerato in diritto). 
    3.- Il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  impugna  inoltre
l'art. 35 della legge reg. Puglia n. 52 del 2019, che ha inserito  un
periodo nel comma 1 dell'art. 10 della legge della Regione  Puglia  4
agosto 2004, n. 14 (Assestamento e prima variazione  al  bilancio  di
previsione per l'esercizio finanziario 2004). 
    Quest'ultima  disposizione,  rubricata  «Medicina   specialistica
ambulatoriale», ha previsto che i medici  specialisti  ambulatoriali,
titolari  di  rapporto  convenzionale  con  il   Servizio   sanitario
nazionale, possono, a domanda, essere inquadrati «con il  trattamento
giuridico ed economico previsto dai contratti collettivi nazionali di
lavoro della dirigenza». Il  periodo  finale,  aggiunto  dalla  norma
impugnata, cosi' recita: «L'inquadramento determina la  conservazione
della equiparazione a tutti gli effetti tra dirigenti  e  specialisti
convenzionati anche ai fini della legittimazione alla nomina  e  alla
partecipazione  nei  comitati  paritetici  e   negli   organismi   di
rappresentanza previsti dalla normativa anche regolamentare vigente». 
    L'art. 45 della legge reg.  Puglia  n.  52  del  2019,  anch'esso
censurato  dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,   aggiunge
all'art. 10 della legge reg. Puglia n. 14 del 2004 il comma 3-bis che
dispone quanto segue: «Gli specialisti ambulatoriali transitati  alla
dipendenza sono equiparati, a tutti  gli  effetti,  agli  specialisti
convenzionati, cio' ai fini della legittimazione della nomina e della
partecipazione  nei  comitati  paritetici  e   negli   organismi   di
rappresentanza previsti» dalla legge e dai regolamenti vigenti. 
    Entrambe le disposizioni  censurate  -  accomunate  dallo  stesso
oggetto e per  questo  esaminate  congiuntamente  -  entrerebbero  in
collisione con l'art. 117, secondo  comma,  lettera  l),  Cost.,  per
invasione  della   competenza   statale   esclusiva   nella   materia
«ordinamento civile». Vi sarebbe contrasto con la «norma  interposta»
di cui all'art. 4, comma 7, della legge  30  dicembre  1991,  n.  412
(Disposizioni in materia di finanza pubblica), che reca il  principio
di unicita' del rapporto  di  lavoro  del  personale  medico  con  il
Servizio sanitario nazionale. 
    3.1.- Le questioni sono inammissibili. 
    E' opportuno ribadire - come affermato in  numerose  pronunce  di
questa Corte - che l'unicita' del rapporto di lavoro alle  dipendenze
del Servizio sanitario nazionale serve, in primo luogo,  a  garantire
al servizio sanitario pubblico  massima  efficienza  e  funzionalita'
operativa (recentemente sentenza n. 238  del  2018,  punto  4.2.  del
Considerato in diritto). 
    Senza diffondersi  in  un'adeguata  motivazione,  il  ricorso  si
limita a richiamare le due norme  oggetto  di  censura  e  omette  di
illustrare il quadro normativo entro cui si collocano. Il riferimento
all'art. 4, comma 7, della legge n. 412 del 1991 non e' sviluppato in
modo tale da chiarire il contrasto con il principio di  unicita'  del
rapporto di lavoro del personale medico  con  il  Servizio  sanitario
nazionale. 
    L'esigenza    di    un'adeguata    motivazione    a    fondamento
dell'impugnazione si pone - questa Corte lo afferma  costantemente  -
in  termini  ancora  piu'  rigorosi  nei  giudizi  proposti  in   via
principale rispetto  a  quelli  instaurati  in  via  incidentale  (da
ultimo, sentenza n. 20  del  2021,  punto  2.2.  del  Considerato  in
diritto). 
    4.- Il ricorrente impugna, inoltre, l'art. 44  della  legge  reg.
Puglia n. 52 del 2019, rubricato «Disposizioni in materia di rapporto
dei  dirigenti  sanitari  alle  dipendenze  del  Servizio   sanitario
regionale». 
    Il comma 1 prevede che la Giunta regionale riordini e  disciplini
le  «modalita'  di  utilizzo  dell'istituto  della  esclusivita'  del
rapporto dei dirigenti sanitari», secondo le previsioni del d.lgs. n.
502  del  1992.  Il  comma  2  precisa  che  «[v]iene  garantita   la
possibilita' di  scelta  tra  esclusivita'  e  non  esclusivita'  del
rapporto di lavoro alle dipendenze del Servizio  sanitario  regionale
ai fini della titolarita' dell'incarico dirigenziale di direttore  di
struttura semplice e complessa». 
    Ad avviso del ricorrente, questa disposizione  sarebbe  formulata
«in  modo  talmente  generico  da  non  potersi  escludere  che,   in
attuazione della stessa, si adottino  discipline  non  conformi  alle
disposizioni  legislative  e  contrattuali  vigenti  in  materia  con
possibili maggiori oneri». Sarebbe,  pertanto,  violato  l'art.  117,
terzo comma, Cost., in relazione ai principi  fondamentali  contenuti
negli artt. 15-quater e 15-quinquies del d.lgs. n. 502 del  1992.  La
lamentata violazione  discenderebbe  dalla  mancanza  di  un'apposita
clausola di salvaguardia, volta a precisare per i previsti interventi
della Giunta regionale il rispetto delle rilevanti norme  del  d.lgs.
n. 502 del 1992 e dei contratti collettivi di settore. 
    4.1.- La questione e' inammissibile. 
    La  censura,  formulata  in  modo  generico,  non   si   diffonde
nell'esporre le ragioni relative alla lesione delle competenze  dello
Stato, che, nel disciplinare il  rapporto  di  lavoro  dei  dirigenti
sanitari, ne prevede il  carattere  «esclusivo»  o  «non  esclusivo»,
anche ai fini della scelta tra i due regimi e della titolarita' degli
incarichi. 
    Il ricorrente non chiarisce in che modo la norma  regionale,  pur
richiamando la disciplina di cui agli artt. 15-quater e  15-quinquies
del d.lgs. n. 502 del 1992, consentirebbe alla  Giunta  regionale  di
adottare provvedimenti in contrasto con tale disciplina. 
    Le  carenze  argomentative,  cosi'  esposte,  determinano  dunque
l'inammissibilita' della questione. 
    5.- Il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  censura  inoltre
l'art. 47 della legge reg. Puglia n. 52 del 2019, rubricato «Rimborso
spese pazienti fuori regione». 
    Il  comma  1  di  questa  disposizione  sostituisce  il  comma  1
dell'art. 13 della legge della Regione Puglia 12 agosto 2005,  n.  12
(Seconda  variazione  al  bilancio  di  previsione  per   l'esercizio
finanziario 2005). Il nuovo testo cosi'  recita:  «Il  riconoscimento
dei rimborsi previsti dall'articolo 1,  commi  1  e  2,  della  legge
regionale 21 novembre 1996, n. 25 (Rimborso delle spese sostenute per
interventi di trapianto), e successive modificazioni, viene garantito
ai pazienti che, per esigenze cliniche  documentate,  devono  recarsi
presso centri extra-regionali per il trattamento di malattie rare non
assicurabile  in  Puglia.  Per  il  riconoscimento  del  rimborso  si
applicano le medesime procedure e gli  stessi  criteri  previsti  dal
decreto del Ministero della sanita' 3  novembre  1989  n.  851700,  e
dunque per le prestazioni assistenziali presso  centri  di  altissima
specializzazione all'estero». 
    Il comma 2 dell'art. 47 assegna una  dotazione  finanziaria,  per
l'esercizio finanziario 2019, pari ad euro  100.000,00,  iscrivendola
nell'ambito della «missione 13, programma 2, titolo 1», del  bilancio
regionale. 
    Il ricorrente lamenta la violazione dell'art. 117,  terzo  comma,
Cost., in relazione all'art. 1, comma 174, della  legge  30  dicembre
2004, n. 311, recante «Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale  dello  Stato  (legge  finanziaria  2005)».  La
Regione  Puglia,  impegnata  nel  Piano  di  rientro  dal   disavanzo
sanitario, dovrebbe osservare il  divieto  di  effettuare  spese  non
obbligatorie e non potrebbe  garantire  alcun  livello  ulteriore  di
assistenza,  rispetto  a  quanto  gia'  previsto  dalla  legislazione
statale. Risulterebbe pertanto violato il «principio di  contenimento
della spesa pubblica sanitaria», inteso quale principio  fondamentale
nella materia concorrente del «coordinamento della finanza pubblica». 
    5.1.- L'art. 2, comma 1, della  legge  della  Regione  Puglia  12
dicembre 2019, n. 54, recante  «Modifiche  alla  legge  regionale  28
dicembre 2018, n. 67 (Disposizioni per la formazione del bilancio  di
previsione 2019 e bilancio pluriennale 2019-2021 della Regione Puglia
- Legge di stabilita' regionale  2019)  e  alla  legge  regionale  12
agosto 2005, n. 12 (Seconda variazione al bilancio di previsione  per
l'esercizio  finanziario   2005)»   ha   disposto   la   soppressione
dell'ultimo periodo dell'art. 13, comma 1, della legge reg. Puglia n.
12 del 2005, come gia' novellato dalla disposizione  in  questa  sede
impugnata. Il testo attualmente vigente non contiene piu' il richiamo
alle procedure e ai criteri previsti dal decreto del  Ministro  della
sanita' 3 novembre 1989 (Criteri  per  la  fruizione  di  prestazioni
assistenziali  in  forma  indiretta  presso   centri   di   altissima
specializzazione all'estero). 
    Tale  modificazione,  peraltro  antecedente  alla  notifica   del
ricorso introduttivo, non altera i termini della  questione,  che  si
incentra sulla lesione  del  principio  fondamentale  in  materia  di
coordinamento della finanza pubblica. La  norma  impugnata,  infatti,
continua a garantire, in favore dei pazienti affetti da malattie rare
che devono recarsi fuori Regione, il rimborso  delle  spese  previste
dall'art. 1, commi 1 e 2, della legge della reg.  Puglia  n.  25  del
1996. Le questioni  prospettate  dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri sono pertanto ammissibili. 
    5.2.- Quanto al merito, e'  utile  una  breve  ricostruzione  del
quadro normativo regionale di riferimento. 
    Nel testo originario degli articoli della legge reg. Puglia n. 25
del 1996 richiamati dalla norma impugnata, si prevedeva  il  rimborso
delle spese di trasporto, di viaggio e  di  soggiorno  sostenute  dal
paziente per affrontare interventi  di  trapianto  al  di  fuori  dei
confini regionali. In seguito, con la modifica  introdotta  dall'art.
69 della legge della Regione Puglia 6 maggio 1998, n. 14 (Bilancio di
previsione per l'esercizio finanziario 1998  e  bilancio  pluriennale
1998-2000), il beneficio e' stato esteso anche al donatore. Requisito
per poter beneficiare del rimborso e'  la  residenza  nella  Regione,
come si evince dalla circostanza che il rimborso e' stato previsto  a
carico della ASL «di residenza del cittadino» (art. 1, comma 1, della
legge reg. Puglia n. 25 del 1996). 
    Successivi interventi del legislatore  regionale  hanno  via  via
ampliato il rimborso delle  spese  di  viaggio,  di  trasporto  e  di
soggiorno,   ricomprendendovi    situazioni    originariamente    non
contemplate. L'art. 29 della legge della Regione Puglia  22  dicembre
2000, n. 28 (Variazione al bilancio  di  previsione  per  l'esercizio
finanziario 2000), ha incluso tra i soggetti beneficiari i dipendenti
della Regione Puglia e i loro familiari conviventi, pur se  residenti
fuori Regione per motivi istituzionali,  al  contempo  provvedendo  a
introdurre una nozione di "trapianto" piu' ampia. Con l'art. 13 della
legge reg. Puglia n. 12 del 2005, nella sua formulazione  originaria,
i rimborsi previsti dalla legge reg. Puglia n. 25 del 1996 sono stati
poi estesi anche al «trattamento di  malattie  rare»  fuori  Regione,
solo in favore dei «cittadini fino al diciottesimo anno di eta'». 
    Su  quest'ultima  disposizione  si  e'   innestata   la   novella
introdotta con la norma del 2019, oggetto di  censura  da  parte  del
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri.  Rispetto   all'originaria
formulazione del 2005, si evidenzia,  in  particolare,  un  ulteriore
ampliamento della platea dei beneficiari, senza i  precedenti  limiti
di eta'. 
    Rispetto  al  quadro  precedente  e  proprio  per  effetto  della
disposizione censurata la spesa a carico delle finanze  regionali  e'
destinata  ad  aumentare,  come  del  resto   e'   confermato   dallo
stanziamento previsto per l'anno 2019, a carico delle  relative  voci
di bilancio. 
    5.3.- La questione e' fondata. 
    La norma prevede  una  prestazione  di  natura  sanitaria  -  non
meramente assistenziale - connessa alla  fruizione  delle  cure.  Una
tale destinazione e' indirettamente confermata dal comma 2  dell'art.
47 qui in esame, che ha iscritto la relativa provvista finanziaria in
voci del bilancio regionale relative alla «Tutela della salute»  (cui
si  riferisce  la  «Missione  13»,  come  risulta  dal  bilancio   di
previsione regionale approvato, da ultimo, con  legge  della  Regione
Puglia 30 dicembre 2020, n. 36, recante «Bilancio di  previsione  per
l'esercizio finanziario 2021 e bilancio pluriennale  2021-2023  della
Regione Puglia»). 
    Tale spesa non trova riscontro nell'elenco dei livelli essenziali
di assistenza (LEA), di cui al d.P.C.m. 12 gennaio 2017  (Definizione
e  aggiornamento  dei  livelli  essenziali  di  assistenza,  di   cui
all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.
502). Con riguardo alle malattie rare, esso stabilisce il diritto del
paziente all'esenzione dalla partecipazione al costo delle  correlate
prestazioni di assistenza sanitaria (art. 52), ma nulla  prevede  per
le spese di trasporto, di viaggio o di soggiorno. 
    Al di fuori degli stretti limiti  indicati  dalla  fonte  statale
appena citata, le prestazioni che le Regioni intendano  ulteriormente
assicurare non possono dunque essere considerate spese obbligatorie. 
    Il sistema dei  rimborsi  in  favore  dei  pazienti  che  abbiano
necessita' di recarsi all'estero per cure e' attualmente configurato,
in base all'art. 3, quinto comma, della legge 23 ottobre 1985, n. 595
(Norme per la programmazione  sanitaria  e  per  il  piano  sanitario
triennale 1986-88), e al d.m. 3 novembre 1989 che l'ha  attuata,  con
il  solo  riferimento  ai  «centri  di   altissima   specializzazione
all'estero»  ed  esclusivamente  per  «prestazioni  che   non   siano
ottenibili nel nostro Paese tempestivamente o in forma adeguata  alla
particolarita' del caso clinico». Sono questi  i  parametri  relativi
alle prestazioni che costituiscono LEA, come e' confermato dal rinvio
operato dall'art. 61, comma 4, del d.P.C.m. 12 gennaio 2017. 
    Alla Regione, soggetta  ai  vincoli  dei  piani  di  rientro  dal
disavanzo sanitario, e' preclusa la possibilita' di  incrementare  la
spesa  sanitaria  per  motivi  non  inerenti  alla   garanzia   delle
prestazioni essenziali, come questa Corte ha costantemente  affermato
(da ultimo, ex plurimis, sentenza n. 130 del  2020,  punto  3.3.  del
Considerato  in  diritto).  La  vincolativita'  dei   piani   e'   da
considerarsi  espressione  del  principio  fondamentale  relativo  al
contenimento della spesa pubblica sanitaria,  direttamente  correlato
al principio di coordinamento della finanza pubblica (sentenza n. 130
del 2020). 
    L'osservanza di tali precisi limiti non si imporrebbe qualora  la
Regione, nell'adottare scelte riconducibili alla  propria  competenza
residuale nella materia dei servizi sociali (da ultimo,  sentenza  n.
106 del 2020, punto 5.1. del Considerato  in  diritto),  introducesse
questi benefici, facendoli confluire nelle congruenti voci  di  spesa
del bilancio regionale. 
    Si  deve  dunque   dichiarare   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 47 della legge reg. Puglia n. 52 del 2019. 
    6.- Infine, il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  impugna
l'art. 49  della  legge  reg.  Puglia  n.  52  del  2019,  contenente
«Disposizioni  in  materia  di  fabbisogno  di  Risonanza   magnetica
nucleare (RMN) grandi macchine e RMN a basso campo c.d. "dedicate"  o
"open di nuova generazione"». 
    Il comma 1 della  disposizione  impugnata  sostituisce  il  testo
dell'art. 19, comma 3, della legge  della  Regione  Puglia  2  maggio
2017, n. 9  (Nuova  disciplina  in  materia  di  autorizzazione  alla
realizzazione e  all'esercizio,  all'accreditamento  istituzionale  e
accordi contrattuali  delle  strutture  sanitarie  e  socio-sanitarie
pubbliche e private). Il nuovo  testo  prevede  che  l'autorizzazione
alla  realizzazione  e  all'esercizio  delle  strutture  sanitarie  e
sociosanitarie non produce effetti vincolanti ai fini della procedura
di accreditamento  istituzionale,  «che  si  fonda  sul  criterio  di
funzionalita' rispetto alla programmazione regionale», salvo  che  in
tre ipotesi. 
    Per il settore della diagnostica per immagini si prevede  che  le
strutture gia' autorizzate per  l'impiego  delle  cosiddette  «grandi
macchine» si devono considerare accreditate anche per  tale  impiego,
nonostante  l'accreditamento  sia  stato  rilasciato  per   la   sola
diagnostica senza grandi macchine con aggiunta, inoltre, dell'ipotesi
inversa. Analoga deroga e' prevista  «in  ipotesi  di  autorizzazione
all'esercizio di PET rilasciata  a  struttura  gia'  accreditata  per
l'attivita' di medicina nucleare in vivo».  Nella  parte  finale,  il
comma 3 precisa che «[n]elle soprariportate ipotesi  l'autorizzazione
all'esercizio produce effetti vincolanti ai fini della  procedura  di
accreditamento istituzionale a condizione che,  nell'ambito  comunale
di  riferimento,  non  insista  struttura  pubblica  o  privata  gia'
accreditata per la medesima attivita'». 
    Il ricorrente lamenta il contrasto con l'art. 117,  terzo  comma,
Cost., in specie con i principi fondamentali in  materia  di  «tutela
della  salute»,  in  quanto  la  Regione  avrebbe   introdotto   «tre
fattispecie   derogatorie   al   principio   in   forza   del   quale
l'autorizzazione alla realizzazione e all'esercizio  delle  strutture
sanitarie e sociosanitarie non produce  effetti  vincolanti  ai  fini
della procedura di accreditamento istituzionale,  che  si  fonda  sul
criterio di funzionalita' rispetto  alla  programmazione  regionale».
Sono richiamati, al riguardo, gli artt. 8, comma 4, 8-ter, comma 4, e
8-quater del d.lgs. n. 502 del 1992,  che  detterebbero  i  «principi
fondamentali stabiliti dalla  legislazione  statale  che  le  regioni
devono  rispettare»  in  tema  di  rapporto  tra   autorizzazione   e
accreditamento. 
    6.1.-  Successivamente  alla   proposizione   del   ricorso,   e'
sopravvenuta la legge della Regione  Puglia  7  luglio  2020,  n.  18
(Misure di semplificazione amministrativa in materia  sanitaria),  il
cui art. 9 ha sostituito l'ultimo  periodo  dell'art.  19,  comma  3,
della legge reg. Puglia n. 9 del  2017  (come  gia'  novellato  dalla
legge regionale n. 52 del 2019) nei seguenti termini: «Ferma restando
la  necessita'  di  verificare  la  sussistenza  dei   requisiti   di
accreditamento,   nelle   soprariportate   ipotesi   l'autorizzazione
all'esercizio produce effetti vincolanti ai fini della  procedura  di
accreditamento istituzionale». 
    L'art. 9 della  legge  reg.  Puglia  n.  18  del  2020  e'  stato
censurato dal Presidente del Consiglio dei ministri,  per  violazione
dell'art. 117, terzo comma, Cost., con ricorso iscritto al n. 81  del
reg. ric. 2020, non ancora venuto in decisione. 
    La sopravvenuta modifica normativa, nel limitarsi a novellare  la
formulazione  letterale   dell'ultimo   periodo   menzionato,   senza
rimuovere le tre  ipotesi  di  deroga  gia'  introdotte  dalla  legge
regionale del 2019, non e' satisfattiva delle  pretese  avanzate  dal
ricorrente. Non e' dunque cessata la materia del contendere. 
    Non ricorrono neppure i presupposti per trasferire  lo  scrutinio
di questa Corte sulla nuova formulazione dell'art. 19, comma 3, della
legge reg. Puglia n. 9 del 2017, dal momento che tale disposizione e'
stata impugnata dal Presidente del  Consiglio  dei  ministri  con  un
distinto  ricorso  (sentenza  n.  286  del  2019,  punto   5.2.   del
Considerato in diritto). 
    6.2.- Ancora in via preliminare, deve essere delimitato il  thema
decidendum al solo comma 1 dell'art. 49 della legge reg. Puglia n. 52
del 2019, che ha introdotto le tre ipotesi derogatorie contestate dal
ricorrente. Le censure sollevate si riferiscono  esclusivamente  alla
previsione   che   fa   discendere,   dall'autorizzazione   per    la
realizzazione e l'esercizio di strutture sanitarie e  sociosanitarie,
effetti  vincolanti  ai  fini  della  procedura   di   accreditamento
istituzionale. Rimangono quindi estranee  alla  presente  disamina  i
commi 2 e 3 dell'art. 49, riferiti ad altri e differenti aspetti. 
    6.3.- La questione e' fondata. 
    Questa Corte ha avuto modo  di  chiarire  che  «il  regime  delle
autorizzazioni   e   degli   accreditamenti   costituisce   principio
fondamentale in  materia  di  tutela  della  salute.  Il  legislatore
statale (artt. 8-ter, 8-quater e 8-quinquies del d.lgs.  n.  502  del
1992)  ha  inteso  vincolare  le  strutture  socio-sanitarie  private
all'osservanza  di  requisiti  essenziali  da   cui   far   dipendere
l'erogazione di prestazioni riferite  alla  garanzia  di  un  diritto
fondamentale» (sentenza n. 106 del 2020, punto 5.1.  del  Considerato
in diritto; in precedenza, sentenze n. 238 del 2018, n. 161 del  2016
e n. 132 del 2013). 
    In tale cornice si e' evidenziato che occorre «distinguere  [...]
gli  aspetti  che  attengono   all'"autorizzazione",   prevista   per
l'esercizio di tutte le attivita' sanitarie, da quelli che riguardano
l'"accreditamento"  delle  strutture  autorizzate»,  precisando  che,
quanto all'"autorizzazione", «gli artt. 8, comma 4, e 8-ter, comma 4,
del d.lgs.  n.  502  del  1992  stabiliscono  "requisiti  minimi"  di
sicurezza e qualita' per poter effettuare prestazioni  sanitarie»,  e
che,  quanto  all'"accreditamento",  «occorrono,  invece,  "requisiti
ulteriori"  (rispetto  a  quelli  necessari   all'autorizzazione)   e
l'accettazione del sistema  di  pagamento  a  prestazione,  ai  sensi
dell'art. 8-quater del d.lgs. n. 502 del 1992» (sentenza n.  292  del
2012, punto 4 del Considerato in diritto). 
    La   differenza   che   intercorre   tra    l'autorizzazione    e
l'accreditamento delle strutture sanitarie e socio-sanitarie, in base
al sistema delineato dagli artt. 8-bis, 8-ter e 8-quater  del  d.lgs.
n.   502   del   1992,   come   interpretati   dalla   giurisprudenza
amministrativa, mostra che per la prima  i  profili  rilevanti  «sono
quelli inerenti il fabbisogno complessivo  di  prestazioni  sanitarie
nel territorio e in particolare quelli concernenti la  localizzazione
delle strutture  gia'  presenti»,  cosi'  da  garantire  la  corretta
distribuzione sul territorio «in modo che siano adeguatamente servite
tutte le zone, anche quelle a bassa redditivita', che in mancanza  di
tale strumento non sarebbero coperte» (Consiglio  di  Stato,  sezione
terza, sentenza 7 marzo 2019, n. 1589). Ai  fini  dell'accreditamento
rileva invece il fabbisogno di assistenza programmato  per  garantire
l'erogazione dei livelli essenziali di  assistenza  (LEA).  Nel  caso
dell'autorizzazione e' richiesta  una  valutazione  complessiva,  che
considera anche le prestazioni extra LEA e le strutture  private  non
accreditate. Nel caso, invece, dell'accreditamento, la valutazione ha
a oggetto «unicamente i LEA e  prevede  il  coinvolgimento,  in  base
all'art. 8-bis, comma 1, del  d.lgs.  n.  502  del  1992,  solo  "dei
presidi direttamente gestiti dalle aziende unita'  sanitarie  locali,
delle  aziende  ospedaliere,  delle  aziende  universitarie  e  degli
istituti di ricovero e  cura  a  carattere  scientifico,  nonche'  di
soggetti accreditati ai sensi dell'articolo  8-quater,  nel  rispetto
degli accordi contrattuali di cui  all'articolo  8-quinquies",  senza
quindi considerare le strutture private non accreditate» (sentenza n.
7 del 2021, punto 4.4. del Considerato in diritto). 
    Il caso oggi all'esame appare speculare a  quello  oggetto  della
pronuncia appena ricordata. In ciascuna delle tre ipotesi  di  deroga
viene in rilievo,  infatti,  un'autorizzazione  gia'  rilasciata  che
vincola, secondo la legge regionale, il successivo accreditamento. 
    Quanto gia' affermato da questa Corte deve  essere  ribadito  nel
caso  qui  in  discussione.  Nell'impianto  fondamentale   dei   gia'
ricordati articoli del d.lgs. n. 502 del 1992, che  anche  in  questa
sede il ricorrente invoca come  norme  interposte,  «le  vicende  del
processo di  accreditamento  restano  tendenzialmente  estranee  alla
determinazione  del  fabbisogno  che  rileva  per  la   verifica   di
compatibilita' delineata dall'indicato art. 8-ter, comma 3» (sentenza
n. 7 del 2021, punto  4.4.1.  del  Considerato  in  diritto).  I  due
procedimenti - di autorizzazione e di accreditamento - sono, in  base
ai richiamati principi fondamentali della legge statale, tra di  loro
autonomi, essendo ciascuno finalizzato alla valutazione di indici  di
fabbisogno diversi e non sovrapponibili. 
    La dichiarazione di  illegittimita'  costituzionale  colpisce  le
parti  della  disposizione  che  prevedono  le  gia'  richiamate  tre
deroghe, e che - nel periodo finale - ne ribadiscono l'operativita'. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riservata a separata pronuncia la decisione delle altre questioni
di legittimita' costituzionale promosse con il  ricorso  indicato  in
epigrafe; 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  47  della
legge della Regione Puglia 30 novembre 2019, n.  52  (Assestamento  e
variazione al bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2019
e pluriennale 2019-2021); 
    2) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art.  49,  comma
1, della legge reg. Puglia n. 52 del 2019, che sostituisce l'art. 19,
comma 3, della legge della Regione Puglia 2 maggio 2017, n. 9  (Nuova
disciplina  in  materia  di  autorizzazione  alla   realizzazione   e
all'esercizio,    all'accreditamento    istituzionale    e    accordi
contrattuali delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche  e
private), nel testo vigente anteriormente alle  modifiche  introdotte
dall'art. 9 della legge della Regione Puglia 7  luglio  2020,  n.  18
(Misure di  semplificazione  amministrativa  in  materia  sanitaria),
limitatamente alle seguenti parole: 
    «, salvo che: 
    3.1. in ipotesi di autorizzazione all'esercizio  per  l'attivita'
di diagnostica per immagini con utilizzo di grandi macchine  (di  cui
all'articolo 5, comma 1, punto 1.6.3.) gia' rilasciata alla  data  di
entrata in vigore della presente legge a struttura  gia'  accreditata
per l'attivita' di diagnostica per immagini senza utilizzo di  grandi
macchine (di cui all'articolo 5, comma 1, punto 1.7.3.); 
    3.2. in ipotesi di autorizzazione all'esercizio  per  l'attivita'
di diagnostica per immagini senza utilizzo di grandi macchine (di cui
all'articolo 5, comma 1, punto 1.7.3.) gia' rilasciata alla  data  di
entrata in vigore della presente legge a struttura  gia'  accreditata
per l'attivita' di diagnostica per immagini con  utilizzo  di  grandi
macchine (di cui all'articolo 5, comma 1, punto 1.6.3.); 
    3.3. in ipotesi di autorizzazione all'esercizio di PET rilasciata
a struttura gia' accreditata per l'attivita' di medicina nucleare  in
vivo (di cui all'articolo 5, comma 1, punto 1.6.5,). 
    Nelle  soprariportate  ipotesi   l'autorizzazione   all'esercizio
produce effetti vincolanti ai fini della procedura di  accreditamento
istituzionale a condizione che, nell'ambito comunale di  riferimento,
non insista struttura pubblica o  privata  gia'  accreditata  per  la
medesima attivita'."»; 
    3)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 10 della legge reg. Puglia n. 52  del  2019,
promosse, in riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera  l),  e
terzo comma, della Costituzione, dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri con il ricorso indicato in epigrafe; 
    4)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 35 e 45 della legge reg. Puglia n. 52  del
2019, promosse, in riferimento all'art. 117, secondo  comma,  lettera
l), Cost., dal Presidente del Consiglio dei ministri con  il  ricorso
indicato in epigrafe; 
    5)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 44 della legge reg. Puglia n. 52  del  2019,
promossa, in  riferimento  all'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  dal
Presidente del Consiglio dei ministri  con  il  ricorso  indicato  in
epigrafe. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 febbraio 2021. 
 
                                F.to: 
                   Giancarlo CORAGGIO, Presidente 
                     Silvana SCIARRA, Redattore 
                    Filomena PERRONE, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 12 marzo 2021. 
 
                           Il Cancelliere 
                       F.to: Filomena PERRONE