N. 45 SENTENZA 10 febbraio - 23 marzo 2021

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Lavoro e previdenza (controversie in materia di)  -  Accertamento  ai
  fini previdenziali e contributivi delle giornate  di  lavoro  degli
  operai agricoli assunti a tempo determinato - Modalita' di notifica
  ai lavoratori  interessati,  utile  anche  ai  fini  dell'eventuale
  contestazione - Pubblicazione,  sul  sito  internet  dell'INPS,  di
  appositi elenchi nominativi trimestrali di variazione -  Denunciata
  violazione del diritto di difesa - Non fondatezza della questione. 
- Decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con  modificazioni,
  nella legge 15 luglio 2011, n. 111, art. 38, comma 7. 
- Costituzione, artt. 24  e  117,  primo  comma;  Carta  dei  diritti
  fondamentali dell'Unione europea, art. 47. 
(GU n.12 del 24-3-2021 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giancarlo CORAGGIO; 
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'
  ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca   ANTONINI,   Stefano
  PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela  NAVARRETTA,  Maria  Rosaria  SAN
  GIORGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 38, comma 7,
del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti  per  la
stabilizzazione finanziaria), convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 15 luglio 2011, n. 111, promossi  dalla  Corte  di  appello  di
Reggio Calabria con tre  ordinanze  del  16  giugno  2020,  iscritte,
rispettivamente, ai numeri 135, 136 e 140 del registro ordinanze 2020
e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.  41,  prima
serie speciale, dell'anno 2020. 
    Visti gli atti  di  costituzione  dell'Istituto  nazionale  della
previdenza  sociale  (INPS),  nonche'  gli  atti  di  intervento  del
Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica  del  10  febbraio  2021  il  Giudice
relatore Giulio Prosperetti; 
    uditi l'avvocato Mauro Sferrazza per l'INPS  e  l'avvocato  dello
Stato Alfonso Peluso per il Presidente del Consiglio dei ministri; 
    deliberato nella camera di consiglio del 10 febbraio 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con tre ordinanze (iscritte al registro ordinanze 2020 con  i
numeri 135, 136 e 140), emanate in data 16 giugno 2020, la  Corte  di
appello  di  Reggio  Calabria  solleva  questioni   di   legittimita'
costituzionale, in riferimento agli artt.  24  e  117,  primo  comma,
della Costituzione, in relazione all'art. 47 della Carta dei  diritti
fondamentali dell'Unione europea (CDFUE), proclamata  a  Nizza  il  7
dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007,  dell'art.
38, comma 7, del decreto-legge 6 luglio  2011,  n.  98  (Disposizioni
urgenti  per  la  stabilizzazione   finanziaria),   convertito,   con
modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111, nella parte in cui
prevede che «[i]n caso di  riconoscimento  o  di  disconoscimento  di
giornate  lavorative  intervenuti   dopo   la   compilazione   e   la
pubblicazione dell'elenco nominativo annuale,  l'INPS  provvede  alla
notifica ai lavoratori interessati mediante la pubblicazione, con  le
modalita' telematiche previste dall'articolo 12-bis del regio decreto
24  settembre  1940,  n.  1949,  di   appositi   elenchi   nominativi
trimestrali di variazione». 
    Ad avviso della Corte rimettente, la modalita' di notifica in via
telematica   ai   lavoratori   interessati   del   provvedimento   di
riconoscimento/disconoscimento delle giornate lavorative, contemplata
dalla disposizione censurata, pone a carico del  lavoratore  agricolo
il  gravoso  onere  di  venire   a   conoscenza   del   provvedimento
amministrativo di cancellazione dall'elenco  nominativo  trimestrale;
conoscenza dalla quale decorre il termine per  la  contestazione  del
provvedimento, con conseguenti effetti  negativi  sull'esercizio  del
diritto di difesa, volto a conseguire le  prestazioni  previdenziali,
correlate all'iscrizione stessa, negate dall'Istituto nazionale della
previdenza sociale (INPS). 
    In tal modo la disposizione violerebbe l'art. 117,  primo  comma,
Cost., «per mancata conformazione  del  diritto  interno  ai  vincoli
derivanti dall'ordinamento comunitario»,  in  relazione  all'art.  47
CDFUE  e  al  principio  di  effettivita',  rendendo   eccessivamente
difficile l'esercizio del diritto di difesa del lavoratore attraverso
la tempestiva impugnazione del provvedimento, ritenuto  lesivo  della
sua situazione giuridica soggettiva;  e,  contestualmente  l'art.  24
Cost., determinando una «irragionevole compressione  del  diritto  di
agire in giudizio per  la  tutela  dei  propri  diritti  e  interessi
legittimi». 
    1.1.- La questione e' sorta nell'ambito  di  giudizi  di  appello
relativi a controversie in materia di  indennita'  di  disoccupazione
per i lavoratori agricoli a tempo determinato. 
    1.1.1.- La prima ordinanza (reg. ord. n. 135 del 2020)  e'  stata
pronunciata  nell'ambito  del  giudizio  volto  alla  riforma   della
sentenza del Tribunale di Palmi, sezione lavoro, 12 ottobre 2017,  n.
1337. 
    La Corte rimettente riferisce che il giudizio di primo  grado  e'
stato instaurato separatamente da C. G. e C. S. con  atti  depositati
il 20 gennaio 2014. Nel lamentare ciascuno il mancato  riconoscimento
dell'indennita'  di  disoccupazione  agricola  per  l'anno  2011,  in
relazione all'attivita' lavorativa espletata per 102 giornate, di cui
51 per la cooperativa  G.  R.  e  51  per  la  cooperativa  F.  R.  i
ricorrenti chiedevano  la  condanna  dell'INPS  all'erogazione  della
denegata prestazione previdenziale. 
    Il Tribunale adito, non ammessa la prova per testi richiesta  dai
ricorrenti, aveva rigettato le domande ritenendo  non  dimostrata  la
prestazione  lavorativa:  in  relazione  all'annualita'  2010   aveva
rilevato la mancanza  di  prova  dell'iscrizione  negli  elenchi  dei
lavoratori agricoli per l'anno 2010;  per  l'annualita'  2011,  aveva
riscontrato l'iscrizione per sole 51 giornate. 
    Il giudice a quo  rappresenta  che  in  sede  di  impugnazione  i
ricorrenti  hanno  chiesto  di  provare  l'effettivita'  dei  periodi
lavorativi legittimanti la prestazione previdenziale richiesta e  che
l'INPS ha riproposto l'eccezione, gia' sollevata in primo  grado,  di
inammissibilita' della domanda «per essere i ricorrenti incorsi nella
decadenza ex art.  22  comma  1  D.L.  7  del  1970,  che  impone  al
lavoratore di proporre l'azione giudiziaria entro  120  giorni  dalla
presa  di  conoscenza  del  provvedimento  di   cancellazione   dagli
elenchi». Cio' in quanto l'Istituto ha affermato di  aver  notificato
le  cancellazioni  attraverso  la  pubblicazione  sul  proprio   sito
internet del terzo elenco trimestrale di  variazione  dal  15  al  31
dicembre 2013, come previsto dall'art. 38, comma 7, del  d.l.  n.  98
del 2011 e che, pertanto, al momento della  proposizione  dell'azione
giudiziaria il predetto termine decadenziale era decorso. 
    La Corte di appello di Reggio Calabria rappresenta, altresi', che
i ricorrenti hanno affermato di «non avere mai  avuto  conoscenza  di
queste cancellazioni e di conseguenza contestano di essere incorsi in
decadenza», e che,  prospettata,  in  ogni  caso,  la  illegittimita'
costituzionale del citato art. 38, comma 7, del d.l. n. 98 del  2011,
hanno insistito per ottenere l'accertamento in via  giudiziale  della
prestazione. 
    1.1.2.- La seconda ordinanza (reg.  ord.  n.  136  del  2020)  e'
intervenuta nel corso del giudizio instaurato  dall'INPS  avverso  la
sentenza del Tribunale di Locri, sezione lavoro, 21 dicembre 2016, n.
1087. 
    Il giudice rimettente riferisce che in primo grado la  ricorrente
I. M. - premesso di aver lavorato quale bracciante alle dipendenze di
un'azienda agricola per 102 giornate nel 2008, venendo iscritta negli
elenchi dei lavoratori agricoli del comune di  Bovalino  -  lamentava
che l'INPS, con  lettera  notificata  il  24  marzo  2015,  le  aveva
richiesto  la  restituzione  di  1.215,03  euro  per   disoccupazione
agricola  relativa  all'anno  2008,  ritenendo   non   spettante   la
prestazione per avvenuta cancellazione  dagli  elenchi.  Pertanto  la
ricorrente   chiedeva   di   dichiararsi    l'illegittimita'    della
cancellazione  e  conseguentemente   l'esistenza   del   titolo   per
l'erogazione dell'importo ripetuto dall'INPS. 
    Costituitosi l'ente previdenziale nel giudizio di primo grado, il
Tribunale adito, esperita  la  prova  testimoniale,  in  accoglimento
della domanda attorea, aveva annullato la cancellazione dall'elenco e
disposto la reiscrizione della lavoratrice, dichiarando non dovute le
somme richieste dall'Istituto. 
    La  Corte  di  appello  calabrese  prosegue  rappresentando  che,
nell'impugnare la predetta sentenza,  l'INPS  aveva  dedotto  che  il
Tribunale era entrato direttamente nel  merito,  senza  esaminare  la
preliminare   eccezione   di   decadenza   dall'impugnazione    della
cancellazione dagli elenchi, e che la  appellata,  nel  resistere  al
gravame, aveva sul punto ribadito quanto gia' dedotto in primo grado,
ovvero «di avere avuto conoscenza della cancellazione non  prima  del
24 marzo 2015, sicche' il ricorso giudiziale  proposto  il  3  luglio
sarebbe ampiamente tempestivo». 
    Il rimettente espone,  altresi',  che  «[l]'INPS  aveva  tuttavia
evidenziato  di  avere  notificato  il  provvedimento  con  le  forme
previste dall'art. 38 comma 7 D.L. 98 del 2011, conv. legge 111/2011,
attraverso la pubblicazione telematica del terzo  elenco  trimestrale
di variazione 2013 sul proprio sito dal 15 al 31  dicembre  2013»,  e
che, pertanto, rispetto a tale notifica il termine  decadenziale  era
ampiamente decorso. 
    La  lavoratrice,  resistendo  nel  giudizio  di  appello,   aveva
contestato l'efficacia della predetta notifica,  confutando  tuttavia
solo genericamente l'adempimento degli oneri procedimentali a  carico
dell'Istituto, e comunque negando che  la  disciplina  dell'art.  38,
comma 7, potesse esserle applicata. 
    1.1.3.- La terza ordinanza (reg. ord. n. 140 del 2020)  e'  stata
pronunciata nel corso del giudizio  promosso  da  I.  M.  avverso  la
sentenza pronunciata dal  Tribunale  di  Locri,  sezione  lavoro,  21
dicembre 2016, n. 1088. 
    Il giudizio di primo grado era stato  instaurato  da  I.  M.  con
ricorso depositato il 27 luglio 2015, nel quale,  premesso  di  avere
lavorato quale bracciante alle dipendenze di un'azienda agricola  per
102 giornate nel 2009, venendo iscritta negli elenchi dei  lavoratori
agricoli del comune di Bovalino, lamentava che  l'INPS,  con  lettera
notificata il 24 marzo 2015, le aveva richiesto  la  restituzione  di
1.215,03 euro per disoccupazione  agricola  relativa  all'anno  2008,
assumendo che la prestazione non spettava per avvenuta  cancellazione
dagli  elenchi.  La  ricorrente   chiedeva,   pertanto,   dichiararsi
l'illegittimita' della cancellazione, con condanna alla reiscrizione,
e  conseguentemente  accertarsi  l'esistenza   di   un   titolo   per
l'erogazione dell'importo di cui l'INPS chiedeva la ripetizione. 
    Costituitosi l'INPS, il giudice di primo grado  aveva  dichiarato
la domanda improcedibile per mancato  espletamento  del  procedimento
amministrativo prodromico. 
    Nel rappresentare che  in  sede  di  appello  la  lavoratrice  ha
lamentato l'errata applicazione da parte del Tribunale dell'art.  443
del codice di procedura civile  «che  non  prevede  la  dichiarazione
diretta di improcedibilita' ma  l'assegnazione  di  un  termine»,  la
Corte  di  appello  di  Reggio  Calabria   afferma   che,   ritenendo
«[p]alesemente fondata questa argomentazione», «deve  sostituirsi  al
primo giudice nella valutazione dell'insieme delle domande». 
    La Corte  rimettente  riferisce  altresi':  che  «[l]'Inps  aveva
evidenziato  di  avere  notificato  il  provvedimento  con  le  forme
previste dall'art. 38 comma 7 D.L. 98 del 2011, conv. legge 111/2011,
attraverso la pubblicazione telematica del terzo  elenco  trimestrale
di variazione 2013 sul proprio sito dal  15  al  31  dicembre  2013»,
sicche'  rispetto  a  tale  notifica  il  termine  decadenziale   era
ampiamente decorso; ma che  sul  punto  la  appellata  si  e'  difesa
sostenendo di avere avuto conoscenza della  cancellazione  non  prima
del 24 marzo 2015, con  la  conseguenza  che  il  ricorso  giudiziale
proposto il 3 luglio «sarebbe ampiamente tempestivo». In ogni caso la
ricorrente   contesta   l'efficacia   della   notifica    telematica,
«confutando   solo   genericamente    l'adempimento    degli    oneri
procedimentali a carico dell'istituto ma negando  che  la  disciplina
dell'art. 38 comma 7 possa esserle applicata». 
    2.- A sostegno della  questione  di  legittimita'  costituzionale
sollevata nei confronti della disposizione in esame, e' addotto nelle
tre ordinanze un identico ordine di considerazioni. 
    Premesse le fonti normative applicabili  alla  fattispecie  e  la
loro consolidata interpretazione giurisprudenziale, il giudice a  quo
rappresenta che «[n]el diritto  vivente  espresso  dalla  consolidata
interpretazione giurisprudenziale, il termine di 120 giorni  previsto
dall'art. 22 D.L. 7 del 1970 conv. legge 83 del 1970 per impugnare  i
provvedimenti  definitivi  in  tema  di  iscrizione  alle  liste  dei
lavoratori agricoli ha natura  sostanziale,  in  quanto  relativo  al
compimento di un atto di esercizio di un diritto  soggettivo,  ed  e'
insuscettibile  di  sanatoria»,  e  che  «l'iscrizione   alle   liste
costituisce, ai sensi del R.D. 1949 del 1940, presupposto sostanziale
indefettibile per ottenere prestazioni previdenziali in  agricoltura,
non  bastando  a   tal   fine   neanche   l'accertamento   giudiziale
dell'effettivita'  del  rapporto  di  lavoro,  ove  non  accompagnato
dall'iscrizione». 
    Il rimettente ricorda che «[a] mente del previgente art. 17  D.L.
7/70, convertito in legge 83/70, anche dopo  le  modifiche  apportate
dal D.L. 510 conv. legge 608 del 1996 e dal D.Lgs. 375 del  1993,  la
decorrenza  del   termine   decadenziale   per   l'impugnazione   dei
provvedimenti  di  cancellazione  partiva  dal  momento  in  cui   il
provvedimento era comunicato personalmente all'interessato,  a  mezzo
di messo comunale o del servizio postale». In proposito  richiama  la
sentenza della Corte di cassazione, sezione lavoro, 16 gennaio  2007,
n. 813, nella parte in cui afferma che «La  speciale  disciplina  che
compiutamente regola  la  materia  dell'accertamento  dei  lavoratori
agricoli dipendenti [...] si  caratterizza  per  essere  l'iscrizione
negli elenchi nominativi, come  pure  la  non  iscrizione  ovvero  la
cancellazione oggetto di provvedimenti espressi (il primo collettivo,
gli altri individuali) e tutti comunicati agli  interessati  mediante
notifica (eseguita, per l'iscrizione,  con  l'affissione  dell'elenco
nell'albo pretorio del comune di residenza  ovvero  personalmente  al
lavoratore in caso di mancata iscrizione, totale  o  parziale,  o  di
cancellazione)». 
    Nell'evidenziare  che  tale  soluzione  e'  stata   costantemente
ribadita dalla successiva giurisprudenza di legittimita', la Corte di
appello di Reggio Calabria afferma che «la notifica personale non  e'
stata invece mai ritenuta necessaria in relazione ai provvedimenti di
iscrizione, bastando pertanto, ai fini della decorrenza  dei  termini
di  decadenza,  la  pubblicazione  dell'elenco,  quale  comunicazione
collettiva e impersonale ma sufficientemente efficace». 
    Il descritto quadro normativo e' stato,  dunque,  modificato  dal
censurato art. 38, comma 7, del d.l. n. 98 del 2011, secondo  cui  la
notifica dei  provvedimenti  avviene  con  le  modalita'  telematiche
stabilite dall'art. 12-bis del  r.d.  29  settembre  1940,  n.  1949,
introdotto dal comma 6 del medesimo art. 38 del d.l. n. 98 del 2011. 
    In particolare la disposizione  stabilisce  che  con  riferimento
alle  giornate  di  occupazione  successive  al  31  dicembre   2010,
dichiarate dal datore  di  lavoro  e  comunicate  all'INPS  ai  sensi
dell'art. 6 del decreto legislativo 11 agosto 1993, n.  375,  recante
«Attuazione dell'art. 3, comma 1, lettera aa), della  L.  23  ottobre
1992,  n.  421,  concernente   razionalizzazione   dei   sistemi   di
accertamento  dei  lavoratori   dell'agricoltura   e   dei   relativi
contributi», per gli operai  agricoli  a  tempo  determinato,  per  i
compartecipanti familiari,  e  per  i  piccoli  coloni,  gli  elenchi
nominativi annuali di cui all'art. 12 sono notificati  ai  lavoratori
interessati mediante pubblicazione  telematica  effettuata  dall'INPS
nel proprio sito internet entro il mese di marzo dell'anno successivo
secondo specifiche tecniche stabilite dall'Istituto stesso. 
    Per  effetto  della  disposizione  sospettata  di  illegittimita'
costituzionale, dunque, secondo la Corte  rimettente,  «non  e'  piu'
prevista una notificazione  individuale  al  lavoratore  interessato,
bensi' l'inserimento della cancellazione del singolo lavoratore in un
elenco di variazione pubblicato telematicamente dall'INPS nel proprio
sito, secondo specifiche tecniche stabilite dall'Istituto stesso». 
    In tal modo, prosegue il  rimettente,  la  previsione  «pone  sul
soggetto iscritto nell'elenco dei lavoratori  agricoli  un  onere  di
consultazione degli  elenchi  trimestrali  di  variazione  pubblicati
periodicamente sul sito on line dell'INPS, secondo  modalita'  che  -
tra l'altro - non sono fissate per legge ma rinviate alle  specifiche
tecniche stabilite  dall'Istituto»,  che  vi  ha  provveduto  con  la
circolare  14  giugno  2012,  n.  82  (Disposizioni  in  materia   di
contenzioso previdenziale ed assistenziale. Articolo 38, commi 6 e 7:
pubblicazione    degli    elenchi    nominativi    dei     lavoratori
dell'agricoltura), disponendo che: gli elenchi di variazione verranno
pubblicati secondo il seguente calendario: entro il 15  giugno  primo
elenco di  variazione;  entro  il  15  settembre  secondo  elenco  di
variazione; entro il 15 dicembre terzo elenco di variazione; entro il
10 marzo dell'anno successivo quarto elenco di variazione; i suddetti
elenchi  saranno   pubblicati   sul   sito   internet   dell'Istituto
accessibile  all'indirizzo  www.inps.it,  nella  sezione  "Avvisi   e
Concorsi", sotto la voce "Avvisi", e rimarranno in pubblicazione  per
quindici  giorni  consecutivi;  la  consultazione   sara'   possibile
mediante libero accesso e senza utilizzo del P.I.N.; decorsi quindici
giorni consecutivi dalla pubblicazione gli elenchi non  saranno  piu'
visualizzabili; la pubblicazione degli elenchi avra', ad ogni effetto
di legge, valore di notifica alla parte interessata e,  pertanto,  al
lavoratore  non  verra'  inviata  la   notifica   individuale   della
variazione di giornate; gli elenchi saranno consultabili per  singola
Provincia e singolo Comune e ognuno di essi sara' accompagnato da  un
frontespizio riportante  il  periodo  di  validita',  il  numero  dei
lavoratori contenuti, i riferimenti normativi e  procedurali  a  base
delle variazioni, l'organo e i  termini  per  gli  eventuali  ricorsi
amministrativi. 
    Il Collegio a quo evidenzia che  ne'  la  legge,  ma  neanche  le
circolari dell'INPS, «indicano delle date precise  nelle  quali  essi
vanno pubblicati, ma solo i termini entro  i  quali  cio'  va  fatto,
sicche' non e' prevedibile a priori con certezza, ma solo in  termini
approssimativi, quando cadranno i quindici giorni durante i quali gli
stessi resteranno pubblicati sul sito dell'Istituto». 
    Cio' comporta che grava sul lavoratore agricolo  l'onere  «di  un
costante controllo sul sito on line dell'istituto sulle pubblicazioni
degli elenchi di variazione che potrebbero - in ipotesi  come  quella
in esame - contenere la cancellazione della sua iscrizione  risalente
anche ad anni precedenti, verifica che -  tra  l'altro,  per  effetto
della rimessione all'INPS  delle  modalita'  di  pubblicazione  -  va
condotta, quantomeno, con cadenza quindicinale, posto che  quella  e'
la durata della pubblicazione di ogni singolo elenco». 
    In ordine alla rilevanza della questione  il  rimettente  afferma
che l'applicazione della disposizione censurata e'  decisiva  per  la
definizione dei giudizi a quibus,  in  quanto  interviene  «a  monte,
sulla  stessa  configurabilita'  del  diritto  alla  prestazione   e,
pertanto, confermando la natura indebita della stessa». 
    Quanto alla non  manifesta  infondatezza,  la  Corte  di  appello
calabrese svolge diffuse  argomentazioni  a  sostegno  della  dedotta
violazione dei parametri evocati. 
    Riguardo alla lesione  dell'art.  117,  primo  comma,  Cost.,  in
relazione  all'art.  47  CDFUE,  il  rimettente,  premesso  che  tale
articolo  sancisce   il   cosiddetto   principio   di   effettivita',
riconoscendo che «Ogni individuo i cui  diritti  e  le  cui  liberta'
garantiti dal diritto dell'Unione siano stati violati ha diritto a un
ricorso effettivo dinanzi a un giudice...», afferma che  «dunque,  il
sistema dell'Unione Europea intende garantire a  ogni  cittadino  una
tutela effettiva dei propri diritti, che rimuova ostacoli  di  ordine
processuale  che  rendano  eccessivamente  oneroso  l'esercizio   del
diritto  di  difesa»  e  che  «sulla  medesima  linea  si  muove   la
giurisprudenza  della  Corte  Costituzionale,  che  ha  costantemente
utilizzato, quale parametro alla cui stregua valutare la legittimita'
delle  norme  processuali,  la  idoneita'  delle  stesse  a   rendere
effettiva la possibilita'  di  esercizio  del  diritto  cui  esse  si
riferiscono, non  frapponendo  ostacoli  che  producano  eccessive  e
irragionevoli  difficolta'»  (viene  ricordata  in   particolare   la
sentenza n. 44 del 2016). 
    Il giudice rimettente rappresenta che il «medesimo  parametro  di
valutazione e' stato utilizzato anche per scrutinare la conformita' a
costituzione di norme  che  impongono  termini  per  l'esercizio  del
diritto, statuendosi il  principio  secondo  cui  l'incongruita'  del
termine rilevante sul piano della violazione degli indicati parametri
costituzionali si registra solo qualora esso sia non idoneo a rendere
effettiva la possibilita' di esercizio del diritto cui si riferisce e
di conseguenza tale da rendere  inoperante  la  tutela  accordata  al
cittadino (Corte Cost. n. 94/2017, cosi' in motivazione)». 
    In ordine alla specifica  problematica  che  assume  rilievo  nel
giudizio a quo, ossia la verifica della ragionevolezza  dell'adozione
del sistema di comunicazione attraverso  pubblicazione  di  atti,  il
rimettente evidenzia che sia  la  giurisprudenza  costituzionale  che
quella  di  legittimita'  hanno  declinato   il   medesimo   criterio
dell'eccessiva difficolta'  dell'esercizio  del  diritto  di  difesa.
Vengono  richiamate,  rispettivamente,  la   sentenza   della   Corte
costituzionale  n.  223  del  1993  e  la  sentenza  della  Corte  di
cassazione, sezioni unite, 10 maggio 1996, n. 4394. 
    Ad avviso del rimettente, nella fattispecie in esame la  rilevata
esigenza di garantire l'effettivita' dell'esercizio  del  diritto  di
difesa si ripropone «con ancora maggiore pregnanza». 
    Cio' in quanto «il lavoratore agricolo sa solo di essere iscritto
negli elenchi dei lavoratori agricoli, ma non  e'  necessariamente  a
conoscenza di eventuali accertamenti  ispettivi  e  del  loro  esito,
essendo tutt'altro che infrequenti i casi di  indagini  ispettive  su
aziende agricole compiute senza assumere informazioni dai  lavoratori
interessati e anche a distanza di  anni  da  quando  il  rapporto  di
lavoro agricolo si e' svolto. Il lavoratore dunque non  soltanto  non
conosce i tempi dell'emissione del provvedimento di cancellazione che
fara' scattare il termine di impugnazione, ma neppure  ha  motivo  di
ritenere che un simile provvedimento verra' mai in essere  e  non  ha
percio' motivo di tenersi costantemente aggiornato». 
    La Corte d'appello di Reggio Calabria assume che «la  menomazione
del diritto di difesa - gia' rinvenibile per il  solo  fatto  di  far
decorrere il dies a quo per impugnare dal momento della pubblicazione
telematica  degli   elenchi   di   variazione   senza   comunicazione
individuale ai singoli braccianti interessati dalla  cancellazione  -
e' ulteriormente aggravata dal fatto che, secondo la  circolare  INPS
82/2012 sopra citata,  le  variazioni  restano  pubblicate  per  soli
quindici giorni,  decorsi  i  quali  gli  eventuali  interessati  non
avranno  possibilita'  di  venire  a  conoscenza   delle   rispettive
cancellazioni». 
    In proposito, il giudice a quo deduce che «dalle due  fasi  nelle
quali si sviluppa l'attivita' che e' chiamata  a  svolgere  la  parte
interessata a proporre ricorso  avverso  la  cancellazione  -  quella
percettiva,  consistente  nel  prendere   cognizione   dell'atto   da
impugnare,  e  quella  volitiva,  consistente  nella  elaborazione  e
predisposizione dell'atto di impugnazione  -  la  prima  finisce  per
soggiacere non al termine fissato dalla legge  (come  avverrebbe  se,
conformemente  all'id  quod  plerumque  accidit,  l'atto,  una  volta
pubblicato, restasse a disposizione a tempo  indefinito),  bensi'  al
minor termine di 15 giorni stabilito dall'Istituto previdenziale, con
evidente, irragionevole  compressione  del  diritto  di  difesa,  non
potendosi  conculcare  il  diritto   dell'interessato   a   usufruire
dell'intero termine di legge anche per la  presa  di  conoscenza  del
provvedimento, nulla escludendo che lo stesso  possa  predisporre  il
ricorso tempestivamente nell'imminenza della scadenza». 
    Il rimettente confuta poi che la diffusione  dell'utilizzo  degli
strumenti  telematici  possa  giustificare  la  previsione  censurata
poiche'  «quel  che  rende  eccessivamente  oneroso  l'esercizio  del
diritto di difesa rispetto all'osservanza del termine di decadenza e'
la stessa necessita' di  un  controllo  periodico,  frequente  e  con
cadenza  non  preventivamente  stabilita  con  esattezza   del   sito
dell'INPS, volto a verificare l'eventuale adozione  di  provvedimenti
che potrebbero riguardare anche annualita' risalenti e che  sarebbero
destinati a incidere non su un'aspettativa, ma su un diritto,  quello
all'iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli, gia' entrato  a
far parte del patrimonio del soggetto». 
    Sul punto evidenzia  che  «non  risultano  nell'ordinamento,  del
resto, ipotesi di pubblicazione generalizzata  per  casi  in  cui  il
provvedimento  incida  su  situazioni  giuridiche  gia'  entrate  nel
patrimonio di un soggetto, che si trovi dunque in posizione  di  mera
difesa», non potendosi invocare la previsione dell'art. 32, comma  1,
della legge 18 giugno 2009,  n.  69  (Disposizioni  per  lo  sviluppo
economico, la semplificazione, la competitivita' nonche'  in  materia
di processo civile), secondo cui «a far data dal 1° gennaio 2010, gli
obblighi di pubblicazione  di  atti  e  provvedimenti  amministrativi
aventi effetto di pubblicita' legale  si  intendono  assolti  con  la
pubblicazione  nei   propri   siti   informatici   da   parte   delle
amministrazioni e degli enti pubblici obbligati». 
    Il giudice a quo ritiene  che  la  riportata  disposizione  deve,
difatti, essere interpretata quale  «forma  di  agevolazione  per  le
amministrazioni che debbano portare a conoscenza di  una  generalita'
di  soggetti  non  preventivamente  identificati   e   potenzialmente
interessati (bandi di gara, concessioni etc.), non quando  si  tratta
di atti che incidono direttamente sulla singola  posizione  giuridica
di  soggetti  determinati»,  come,   del   resto,   affermato   dalla
giurisprudenza  amministrativa  (viene  richiamata  la  sentenza  del
Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione  quarta,
13 dicembre 2011, n. 3148, secondo cui l'articolo sopra citato «[...]
appare  inequivoco  nel  determinare  una  presunzione  assoluta   di
conoscenza in capo ai soggetti interessati all'emanazione di atti  da
parte delle pubbliche amministrazioni, qualora gli stessi non debbano
ricevere una comunicazione individuale  legata  alla  loro  peculiare
posizione»). 
    Inoltre,  rappresenta  che  «l'esigenza  di   una   utilizzazione
restrittiva  delle  forme  di  pubblicazione  telematica   e'   stata
avvertita anche dal Consiglio di Stato [sezione  terza,  sentenza  28
settembre 2018, n. 5570],  che  pure  si  occupava  non  di  un  atto
direttamente lesivo di singole posizioni  giuridiche,  bensi'  di  un
provvedimento amministrativo rispetto al  quale  vi  era  una  platea
indifferenziata di potenziali  interessati».  In  tale  decisione  si
afferma,  difatti,  che  «...le  norme  in  tema   di   pubblicazione
telematica degli atti devono essere applicate con particolare cautela
e, quindi, sottostare ad un canone di interpretazione restrittiva, in
particolare modo nel momento in cui si tratta di determinare (in  via
interpretativa) gli effetti di conoscenza legale associabili o meno a
siffatta tipologia di esternazione comunicativa». 
    Il giudice rimettente ritiene dunque che la  norma  in  questione
non garantisce l'effettivo esercizio del  diritto  di  difesa,  «reso
eccessivamente difficoltoso, sotto il profilo della gravosita' di  un
costante controllo  telematico  degli  elenchi  (inesigibile  per  se
stesso e  reso  ancor  piu'  gravoso  dal  fatto  che  -  secondo  le
disposizioni adottate dall'INPS, cui la norma  rinvia,  tali  elenchi
restano pubblicati solo per quindici giorni, senza che  l'interessato
sia in grado di conoscere con precisione la collocazione  cronologica
dei periodi di pubblicazione), onde evitare che diventi definitivo un
provvedimento che puo' portare alla perdita di  diritti  patrimoniali
anche rilevanti (si pensi alle ripercussioni  che  una  cancellazione
puo' avere sul requisito contributivo ai fini pensionistici), e  cio'
oltretutto, come sovente accade,  con  riguardo  a  iscrizioni  negli
elenchi risalenti a molti anni prima». 
    Da ultimo, il  rimettente  conclude  escludendo  la  possibilita'
un'interpretazione adeguatrice della norma in questione alla luce del
suo tenore letterale e del richiamato diritto vivente. 
    3.- Nei tre giudizi si e' costituito l'INPS con  atti  depositati
il 22 ottobre 2020, di identico contenuto. 
    3.1.- Preliminarmente, l'Istituto solleva  plurime  eccezioni  in
ordine  alla  ammissibilita'  della   questione:   per   difetto   di
motivazione sulla rilevanza; per carenze motivazionali in ordine alle
norme processuali o di diritto sostanziale in ipotesi violate e  alle
ragioni  che  impedirebbero  all'interessato  di  ricorrere  in   via
giudiziale; per omesso esperimento,  da  parte  del  giudice  a  quo,
dell'effettuazione  «anche  solo  in  via  ipotetica,  una  possibile
interpretazione costituzionalmente conforme della  norma  censurata»;
per  irrilevanza  della  questione  a   seguito   della   intervenuta
abrogazione della disposizione censurata ad opera dell'art. 43, comma
7, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76  (Misure  urgenti  per  la
semplificazione   e   l'innovazione   digitale),   convertito,    con
modificazioni, nella legge 11 settembre 2020, n. 120. 
    3.2.- Nel merito, L'INPS assume la (manifesta) infondatezza della
questione, poiche' «appare evidente che la novella legislativa di cui
all'art. 38, commi 6 e 7, del D.L. n. 98/2011  si  pone  in  perfetta
armonia con una generale tendenza  all'informatizzazione  della  P.A.
iniziata gia' dagli anni '90 - cfr. l'art.  2,  comma  1,  lett.  m),
della L. n. 412/1992; il D.Lgs. n. 3971993; l'art. 15, comma 2  della
L. n. 59/1997 - e poi proseguita con sempre  maggiore  enfatizzazione
nei decenni successivi». 
    Secondo l'Istituto «la evidente ratio della norma  sospettata  di
illegittimita' costituzionale - facilmente individuabile nelle estese
dimensioni di un fenomeno variegato e  complesso  anche  per  la  sua
parcellizzazione soggettiva e topografica, e, quindi, nella oggettiva
necessita' di esternare giuridicamente  gli  aggiornamenti  in  tempi
ragionevoli e, comunque, compatibili con  la  tutela  concreta  delle
situazioni connesse a dette variazioni, la pone, per  la  sua  chiara
specificita', al riparo da astratte  censure  di  irrazionalita'  e/o
irragionevolezza portate in emersione, fra l'altro, in  uno  scenario
epocale  a  sua  volta   avulso   dalla   realta'   quotidiana   che,
contrariamente a quanto opinato dal  rimettente,  vede  lo  strumento
della comunicazione via internet tutt'altro che abnorme». 
    L'ente  previdenziale  afferma  che  «il  legislatore,   con   le
disposizioni normative  censurate,  ha  dunque  solo  introdotto  una
variazione delle modalita' di pubblicazione  che  tiene  conto  delle
innovazioni  tecnologiche,  alle  quali   l'onere   informativo   dei
lavoratori,  gia'  previsto  in  precedenza,   deve   necessariamente
adeguarsi», evidenziando che «il lavoratore  agricolo  era,  infatti,
gia' onerato  di  un  controllo  relativo  alla  pubblicazione  degli
elenchi secondo  la  normativa  precedente,  in  quanto  nel  sistema
delineato dal D.L. n. 510/96, convertito  in  legge  n.  608/96,  era
previsto che la notifica agli interessati degli  elenchi  annuali  di
cui all'art. 12 R.D. n. 1949/1940 avvenisse mediante affissione degli
elenchi stessi per 15 giorni consecutivi all'albo pretorio del comune
di residenza dei lavoratori interessati». 
    Nel rappresentare che «la novella in  materia  non  ha  apportato
alcuna modifica alle norme di carattere sostanziale  e/o  processuale
del nostro ordinamento giuridico in materia di  azioni  giudiziali  a
tutela del  lavoro  agricolo  e  rimette  all'Istituto  previdenziale
l'indicazione  delle  sole  "specifiche  tecniche"  in  ordine   alla
pubblicazione  telematica»,  l'INPS   deduce   che   del   resto   la
«valutazione  circa  le  modalita'  di  conoscenza  da  parte   degli
interessati di atti e provvedimenti della P.A., in prospettiva di una
maggiore  efficienza  e  semplificazione  dell'azione  ed   attivita'
amministrativa, non puo' che essere rimessa alla scelta discrezionale
del  legislatore,  che  tenga   conto,   come   nella   specie,   del
contemperamento dei diversi interessi in gioco». 
    Ad avviso della difesa  dell'ente,  dunque,  «con  l'introduzione
della  modalita'   telematica   della   notifica   delle   variazioni
trimestrali il lavoratore agricolo non puo' ritenersi defraudato  ne'
del diritto di azionare in sede giudiziale  le  tutele  apprestatogli
dall'ordinamento (ove lo stesso si  ritenga  leso  dai  provvedimenti
adottati dall'amministrazione  relativi  all'iscrizione/cancellazione
dagli elenchi), ne', tantomeno, del diritto di difesa, sia in caso di
eventuale ricorso in sede amministrativa, che in sede giudiziaria». 
    Viene, poi, confutato l'assunto del giudice  rimettente  relativo
alla onerosita' per il lavoratore agricolo del costante controllo sul
sito dell'Istituto, «dal momento che la pubblicazione  telematica  e'
prevista sia per far conoscere al  lavoratore  l'avvenuta  iscrizione
negli elenchi, sia per far conoscere la sua  avvenuta  cancellazione,
con l'ovvia conseguenza che se la suddetta modalita' di notificazione
consente al lavoratore agricolo di  venire  a  conoscenza  della  sua
iscrizione negli elenchi annuali, non appare comprensibile perche' la
suddetta   modalita'    di    conoscenza    diventi    impraticabile,
particolarmente   difficoltosa   e   addirittura   costituzionalmente
illegittima  ove  il  lavoratore   agricolo   debba   successivamente
verificare la sua permanenza negli elenchi stessi, al fine  di  poter
conseguire   le   connesse   prestazioni   previdenziali   a   carico
dell'Istituto». 
    L'Istituto afferma, inoltre, che «quanto sopra appare tanto  piu'
incomprensibile ove si consideri che la cancellazione dagli  elenchi,
contrariamente  a  quanto  ritenuto  nell'ordinanza  di   rimessione,
avviene  spesso  a  seguito  di  accertamento  ispettivo   da   parte
dell'INPS, all'esito del  quale  emerge  la  non  corrispondenza  tra
quanto denunciato dal datore di lavoro (ai fini dell'iscrizione negli
elenchi) e  la  riscontrata  "fittizieta'"  dei  rapporti  di  lavoro
subordinato dichiarati dallo stesso; "fittizieta'" che di  certo  non
puo' ritenersi sconosciuta al presunto lavoratore agricolo». 
    La modalita' di notificazione mediante  pubblicazione  telematica
degli elenchi non sarebbe, pertanto, penalizzante, «in considerazione
della ormai notoria diffusivita' degli strumenti informatici e  delle
relative conoscenze, nonche' della semplicita' di effettuazione della
consultazione (non sono richieste nemmeno credenziali di accesso); al
contrario, tale modalita', appare  apportare  significativi  vantaggi
agli interessati, sia in termini  di  rapidita'  che  di  costi,  non
richiedendo spostamenti fisici e potendo consentire la  consultazione
anche in orari di chiusura degli Uffici al  pubblico  (vantaggio  non
irrilevante per i lavoratori). Le modalita' di verifica sono altresi'
agevolate, oltre che dalla possibilita' di avvalersi di  intermediari
qualificati (Enti di patronato, associazioni sindacali, CAF e simili)
che apprestano gratuitamente attivita' di assistenza e consulenza  ai
cittadini che alle medesime si rivolgano, anche dalla  permanenza  di
quindici giorni della pubblicazione degli elenchi sul  sito  internet
dell'Istituto». 
    L'Istituto prosegue affermando che la disciplina in oggetto  deve
essere   valutata   in   un'ottica   di   bilanciamento   di   valori
costituzionali,  tenendo  presente  le  esigenze  di  assicurare  una
maggiore speditezza dell'azione amministrativa,  di  deflazionare  il
contenzioso in materia, di prevenire abusi e  indebiti  previdenziali
conseguenti alla difficolta' di notifica al singolo operaio agricolo,
a motivo  della  sua  reperibilita',  e  che  in  tale  contesto  «la
progressiva   attivita'   di   informatizzazione    della    pubblica
amministrazione e dell'attivita' della stessa, nella  prospettiva  di
una sempre maggiore efficienza dei servizi  e  delle  prestazioni  (e
della tempestivita'  della  erogazione  delle  medesime)  offerte  al
cittadino ed al lavoratore, e' ormai tale che - proprio con specifico
riferimento, in particolare, all'INPS - per gran parte delle  domande
volte ad ottenere il riconoscimento di un diritto o  la  liquidazione
di una indennita', e' prescritto  per  legge  l'utilizzo  della  sola
modalita' telematica, con esclusione della modalita' "cartacea" anche
per cio' che concerne le relative comunicazioni». 
    Altresi' infondata sarebbe la censura svolta  dal  rimettente  in
ordine all'asserita discrezionalita' dell'INPS circa i tempi e i modi
cui realizzare tale  notifica,  in  quanto  «le  relative  specifiche
tecniche  di  cui  alla  circolare  n.  82/2012  dell'Istituto,  sono
improntate in modo tale da prevenire proprio il rischio di  eccessiva
discrezionalita' nella tempistica». 
    Riguardo  alla  conoscibilita'  da  parte  del   lavoratore   del
provvedimento attraverso la notifica telematica, la difesa  dell'ente
previdenziale sostiene che stante  il  chiaro  dettato  normativo  il
lavoratore agricolo e' ben edotto che la  notifica  delle  variazioni
trimestrali  avviene  mediante  pubblicazione  telematica  sul   sito
internet dell'INPS e vi  rimarranno  in  pubblicazione  per  quindici
giorni consecutivi e che  la  pubblicazione  dei  citati  elenchi  di
variazione avra', ad ogni effetto di legge, valore di  notifica  alla
parte interessata. 
    Ancora, l'Istituto previdenziale rileva che  «d'altra  parte  non
mancano nel nostro ordinamento norme relative  alla  attribuzione  di
legale conoscenza alla  pubblicazione  di  atti  con  decorrenza  dei
relativi termini (cfr., ad esempio, l'art. 15 del D.P.R  n.  484/1987
in tema di pubblicazione  di  graduatorie,  l'art.  58  del  D.L.  n.
112/2008 in tema di pubblicazioni di elenchi immobiliari;  l'art.  47
del  D.L.  n.  269/2003);  nonche'   disposizioni   in   materia   di
notificazioni e comunicazione di atti e provvedimenti che riconducono
gli effetti alla "presunzione di conoscenza"  da  parte  dei  diretti
interessati (ad esempio artt. 140 e 150 c.p.c )». 
    Quanto al richiamo operato dal  giudice  rimettente  all'art.  47
CDFUE e ai relativi  principi  come  delineati  nella  giurisprudenza
della Corte di Giustizia, l'Istituto ne assume la non pertinenza e la
non suscettibilita' «ad essere assunto a  parametro  di  comparazione
nella questione all'esame concernente la legittimita'  costituzionale
della notifica telematica di provvedimenti amministrativi». 
    Cio' perche' «il principio di "equivalenza" e  di  "effettivita'"
in  cui  si  sostanzia,  secondo  l'interpretazione  della  Corte  di
giustizia, il dettato di cui all'art.  47  della  Carta  dei  diritti
fondamentali   dell'Unione   Europea,   attengono   alle    modalita'
"procedurali dei ricorsi" che  devono  essere  tali  da  non  rendere
impossibile la tutela giurisdizionale dei diritti e liberta'  garanti
dal diritto dell'Unione e/o dal diritto interno»;  la  giurisprudenza
della Corte di Lussemburgo ritiene, inoltre, che  tali  principi  «si
applicano alle  domande  destinate  a  garantire  l'esercizio  di  un
diritto conferito ad  un  soggetto  dal  diritto  dell'Unione  ed  ai
ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la tutela  di  un  diritto
siffatto». 
    Nel richiamare in  proposito  alcune  decisioni  della  Corte  di
Giustizia europea, la difesa dell'INPS conclude  affermando  che  «la
norma censurata, in quanto diretta a disciplinare la  sola  modalita'
di  notificazione  telematica  delle  variazioni   nominative   degli
elenchi, non appare in alcun modo idonea a  porsi  in  contrasto  con
l'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali  dell'Unione  Europea,
ne' con norme di rango costituzionale», tanto piu' «in assenza di una
disciplina comunitaria in materia di  notificazione  e  comunicazione
degli atti e provvedimenti amministrativi». 
    3.3.-  In  prossimita'  dell'udienza,  la  difesa   dell'Istituto
previdenziale ha depositato nei tre giudizi memorie  nelle  quali  ha
ribadito quanto gia'  argomentato  in  ordine  alla  inammissibilita'
delle questioni per difetto  di  rilevanza  e,  comunque,  alla  loro
infondatezza. 
    4.- E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, con atti in data 26/27 ottobre 2020 del medesimo tenore. 
    In riferimento alla violazione dell'art.  117  Cost.,  la  difesa
statale ne eccepisce l'inammissibilita' «in quanto nella  fattispecie
non  rilevano  profili  di  diritto   eurounitario   trattandosi   di
controversia  relativa  a   diritti   riconosciuti   dall'ordinamento
nazionale. Ne' d'altronde  vengono  evidenziati  tali  profili  nella
ordinanza di rimessione». 
    Quanto alla prospettata  lesione  dell'art  24  Cost.,  ne  viene
affermata l'insussistenza. 
    L'Avvocatura generale sostiene che «la dichiarata finalita' della
norma de qua, onde realizzare una maggiore  economicita'  dell'azione
amministrativa (comma 1), risponde allo scopo di  semplificazione  ed
informatizzazione dell'attivita' amministrativa, considerata  l'ampia
discrezionalita' del Legislatore nello stabilire specifiche modalita'
tecniche  di  comunicazione   degli   atti   mediante   pubblicazione
telematica con effetti di pubblicita' legale», e  che  la  previsione
normativa di comunicazione telematica e' del tutto  coerente  con  la
generale disposizione di cui all'art. 32 della legge n. 69 del 2009. 
    Rileva poi che, se  «non  puo'  sottacersi  che,  seppure  alcune
categorie  di  lavoratori  o  di  soggetti   deboli   possono   avere
difficolta'  nell'utilizzo  degli  strumenti  informatici»,  tuttavia
«l'ordinamento vigente prevede  che  apposite  istituzioni  (Enti  di
patronato,  associazioni  sindacali,   CAF   e   simili)   apprestino
gratuitamente attivita' di assistenza e consulenza ai  cittadini  che
alle medesime si rivolgano», e, inoltre, «il lavoratore puo' in  ogni
momento consultare il proprio estratto conto individuale che  riporta
la  situazione  aggiornata  a  seguito  della   pubblicazione   degli
elenchi». 
    In conclusione, la difesa  statale  afferma  che  «la  norma  non
appare affatto irragionevole avendo il  legislatore  contemperato  le
contrapposte     esigenze     di     celerita'/semplificazione     ed
informatizzazione  dell'attivita'  amministrativa   con   quella   di
conoscenza  da  parte  del  lavoratore   interessato»   e   che   «di
conseguenza, la conoscibilita' legale assicurata dalla norma non pare
costituire alcuna irragionevole compressione del  diritto  di  difesa
degli amministrati avverso provvedimenti di variazione degli  elenchi
trimestrali». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con le  tre  ordinanze  indicate  in  epigrafe  (iscritte  al
registro ordinanze 2020 con i numeri 135, 136 e  140),  la  Corte  di
appello  di  Reggio  Calabria  solleva  questioni   di   legittimita'
costituzionale, in riferimento agli artt.  24  e  117,  primo  comma,
della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 47 della Carta
dei diritti fondamentali dell'Unione europea  (CDFUE),  proclamata  a
Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007,
dell'art. 38, comma  7,  del  decreto-legge  6  luglio  2011,  n.  98
(Disposizioni   urgenti   per   la   stabilizzazione    finanziaria),
convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio  2011,  n.  111,
nella parte in cui prevede che «[i]n  caso  di  riconoscimento  o  di
disconoscimento  di   giornate   lavorative   intervenuti   dopo   la
compilazione  e  la  pubblicazione  dell'elenco  nominativo  annuale,
l'INPS provvede alla notifica ai lavoratori interessati  mediante  la
pubblicazione, con le modalita'  telematiche  previste  dall'articolo
12-bis del regio decreto 24  settembre  1940,  n.  1949  di  appositi
elenchi nominativi trimestrali di variazione». 
    Le  questioni  sono  sorte  nell'ambito  di  giudizi  di  appello
relativi a controversie in materia di  indennita'  di  disoccupazione
agricola.  I  rispettivi  ricorrenti   hanno   contestato   la   loro
cancellazione  dagli  elenchi  dei  lavoratori   agricoli,   che   ha
comportato la perdita del diritto alla indennita'  di  disoccupazione
per effetto del  mancato  riconoscimento  delle  giornate  lavorative
utili alla prestazione, nonche' l'obbligo di restituire  quanto  gia'
indebitamente percepito a tale titolo. 
    In tutti i giudizi l'Istituto nazionale della previdenza  sociale
(INPS) ha  opposto  l'intervenuta  decadenza  dalla  possibilita'  di
promuovere l'azione giudiziaria essendo decorso il termine,  previsto
dall'art. 22 del decreto-legge  3  febbraio  1970,  n.  7  (Norme  in
materia di collocamento  e  accertamento  dei  lavoratori  agricoli),
convertito, con modificazioni, nella legge 11 marzo 1970, n.  83,  di
centoventi giorni dalla notifica agli interessati  del  provvedimento
di cancellazione, avvenuta, ai sensi  della  disposizione  impugnata,
con la pubblicazione sul sito internet dell'Istituto. 
    Per contro, i  ricorrenti  hanno  affermato  di  non  aver  avuto
conoscenza dei provvedimenti in oggetto e negato di  essere  pertanto
incorsi nella decadenza eccepita dall'ente previdenziale. 
    1.1.- Va premesso che l'art. 12 del regio  decreto  24  settembre
1940, n. 1949 (Modalita' di accertamento dei contributi dovuti  dagli
agricoltori e dai lavoratori  dell'agricoltura  per  le  associazioni
professionali,  per  l'assistenza  malattia,  per   l'invalidita'   e
vecchiaia, per la tubercolosi, per  la  nuzialita'  e  natalita'  per
l'assicurazione  obbligatoria   degli   infortuni   sul   lavoro   in
agricoltura e  per  la  corresponsione  degli  assegni  familiari,  e
modalita'  per  l'accertamento  dei   lavoratori   dell'agricoltura),
richiamato   dalla   disposizione   impugnata,   nel   prevedere   la
compilazione di elenchi nominativi  dei  lavoratori  in  agricoltura,
stabilisce  che  ogni  tre  mesi  possono  essere  compilati  elenchi
suppletivi con le variazioni che riportano l'indicazione  della  data
di decorrenza della iscrizione o cancellazione di ciascun nominativo. 
    A sua volta, l'art. 12-bis del medesimo regio  decreto,  inserito
dall'art. 38, comma 6, del d.l. n. 98 del 2011,  e  richiamato  dalla
disposizione  impugnata,  stabilisce  che  «[c]on  riferimento   alle
giornate di occupazione successive al 31  dicembre  2010,  dichiarate
dai datori  di  lavoro  e  comunicate  all'Istituto  nazionale  della
previdenza sociale (INPS) ai sensi dell'articolo 6, commi 1, 3  e  4,
del decreto legislativo 11  agosto  1993,  n.  375,  per  gli  operai
agricoli a tempo determinato, per i compartecipanti familiari e per i
piccoli coloni, gli elenchi nominativi annuali di cui all'articolo 12
sono notificati  ai  lavoratori  interessati  mediante  pubblicazione
telematica effettuata dall'INPS nel proprio sito  internet  entro  il
mese  di  marzo  dell'anno  successivo  secondo  specifiche  tecniche
stabilite dall'Istituto stesso». 
    1.2.- La Corte rimettente ritiene che la modalita' di notifica ai
lavoratori interessati tramite la pubblicazione  sul  sito  dell'INPS
degli elenchi nominativi trimestrali di variazione del  provvedimento
di riconoscimento/disconoscimento delle giornate lavorative, prevista
dalla disposizione sospettata di illegittimita' costituzionale, renda
eccessivamente difficoltoso l'esercizio del diritto di difesa. 
    Cio' perche' porrebbe a carico dei lavoratori il gravoso onere di
un costante controllo telematico degli elenchi, al  fine  di  evitare
che decorra il termine perentorio per contestare il  provvedimento  e
promuovere  il   giudizio   volto   a   conseguire   le   prestazioni
previdenziali negate dall'Istituto. 
    In tal modo la  disposizione  impugnata  violerebbe  l'art.  117,
primo comma, Cost. «per mancata conformazione del diritto interno  ai
vincoli  derivanti  dall'ordinamento   comunitario»,   in   relazione
all'art.  47  CDFUE  e  al   principio   di   effettivita',   nonche'
contestualmente l'art.  24  Cost.,  determinando  una  «irragionevole
compressione del diritto di agire  in  giudizio  per  la  tutela  dei
propri diritti e interessi legittimi». 
    1.3.- Nel merito, la Corte di appello di Reggio  Calabria  rileva
che  l'onere  posto  a  carico  del  lavoratore  dalla  modalita'  di
notificazione telematica  contemplata  dalla  disposizione  censurata
rende difficoltoso il tempestivo  esercizio  del  diritto  di  difesa
attraverso l'impugnazione del provvedimento ai sensi dell'art. 22 del
d.l. n. 7 del 1970, come  convertito,  ed  e'  tanto  piu'  grave  in
quanto, nella  fattispecie,  l'esercizio  dell'azione  giudiziale  e'
rivolto a far valere  situazioni  giuridiche  soggettive  concernenti
diritti a prestazioni previdenziali. 
    Il rimettente ritiene che la  gravosita'  di  un  tale  onere  e'
ulteriormente accentuata dalle previsioni della circolare  14  giugno
2012, n. 82 (Disposizioni in materia di contenzioso previdenziale  ed
assistenziale. Articolo 38, commi 6 e 7: pubblicazione degli  elenchi
nominativi  dei  lavoratori  dell'agricoltura)  con  cui  l'INPS,  in
attuazione della disposizione censurata, ha  dettato  le  "specifiche
tecniche"   della   pubblicazione   in   modalita'   telematica;   in
particolare, la  previsione  della  circolare  secondo  cui  «decorsi
quindici giorni consecutivi dalla pubblicazione, i  medesimi  elenchi
non saranno piu' visualizzabili» compromette in modo irragionevole il
diritto di difesa, non potendosi inibire il diritto  dell'interessato
a utilizzare l'intero termine di legge  previsto  per  l'impugnazione
anche per la conoscenza del provvedimento. Cio' perche' il lavoratore
ben  potrebbe  predisporre  il   ricorso   comunque   tempestivamente
nell'imminenza della  scadenza  del  termine  stesso;  il  lavoratore
interessato non ha  di  norma  conoscenze  giuridiche  adeguate,  ne'
ragione di farsi assistere da un legale; la diffusione  dell'utilizzo
agli strumenti telematici non giustifica l'utilizzo  della  modalita'
di  notificazione   in   esame,   che   costituisce   una   eccezione
nell'ordinamento. 
    2.- L'identita'  delle  questioni  prospettate  nei  tre  giudizi
promossi dalla Corte di appello di Reggio  Calabria  ne  comporta  la
riunione. 
    3.- Vanno  preliminarmente  esaminate  le  plurime  eccezioni  di
inammissibilita'  delle  questioni  sollevate  dall'INPS   e   quella
prospettata dalla difesa statale. 
    3.1.-   Nessuna   delle    eccezioni    avanzate    dall'Istituto
previdenziale e' meritevole di accoglimento. 
    3.1.1.- In punto di rilevanza, l'INPS eccepisce che il giudice  a
quo non avrebbe in alcun modo motivato circa la  ritenuta  «idoneita'
della norma censurata a porre nel  nulla  gli  esiti  dell'istruzione
svolta  in  primo  grado,   intervenendo   a   monte   sulla   stessa
configurabilita' del diritto alla prestazione e pertanto  confermando
la natura indebita della stessa». 
    L'assunto non e' fondato,  poiche'  le  motivazioni  addotte  dal
giudice rimettente risultano plausibili e, dunque, idonee a  superare
il vaglio di ammissibilita'. 
    In tutte e tre le vicende la Corte di appello prospetta, difatti,
che la intervenuta decadenza dalla  possibilita'  per  il  lavoratore
interessato di promuovere l'azione giudiziaria essendosi compiuto  il
termine  decadenziale,  decorrente   dalla   pubblicazione   in   via
telematica dei rispettivi provvedimenti di variazione degli  elenchi,
precluderebbe lo stesso esame nel merito in ordine  alla  sussistenza
del diritto alle prestazioni richieste. Cio' pertanto anche nei  casi
di cui alle ordinanze n.  136  e  n.  140,  in  cui  si  controverte,
altresi', del  diritto  dell'INPS  a  ripetere  il  preteso  indebito
previdenziale,  con  la  conseguenza  che  la  rilevata   preclusione
verrebbe   meno   in   caso   di   declaratoria   di   illegittimita'
costituzionale della disposizione censurata, aprendo la  strada  alla
verifica  nel  merito  della  sussistenza  dei   requisiti   per   il
conseguimento delle prestazioni previdenziali in oggetto. 
    3.1.2.- E' altresi'  infondata  l'eccezione  di  inammissibilita'
sollevata dall'INPS in  riferimento  alle  asserite  carenze  in  cui
sarebbe incorso  il  rimettente  circa  la  indicazione  delle  norme
processuali e di diritto asseritamente violate. 
    Risulta, difatti, con chiarezza che il giudice rimettente censura
la disposizione impugnata  in  quanto  viene  a  fissare  il  momento
(notifica   all'interessato   del   provvedimento    di    variazione
dell'elenco) da cui decorre il termine  per  ricorrere  all'autorita'
giudiziaria, ai sensi dell'art. 22 del d.l. n. 7 del 1970. 
    3.1.3.-  Ancora,  l'INPS  eccepisce  l'omesso   esperimento   del
tentativo  di  interpretazione  costituzionalmente  orientata   della
disposizione censurata da parte della Corte rimettente. 
    L'eccezione non e' accoglibile in quanto il giudice a quo ha dato
atto di avere escluso la possibilita' di esperire un  tale  tentativo
esegetico in considerazione del tenore letterale  della  disposizione
normativa e  della  giurisprudenza  in  materia.  In  particolare  ha
osservato che «la giurisprudenza di merito formatasi  dopo  l'entrata
in vigore  dell'art.  38  comma  7,  vincolata  dalla  inequivocabile
formulazione legislativa, ha «costantemente ritenuto che,  una  volta
completata  la  procedura  ora  descritta,  l'interessato  ha  legale
conoscenza della cancellazione e  che  da  quel  momento  decorre  il
termine per l'impugnazione  amministrativa,  ai  sensi  dell'art.  11
D.Lgs. 375/1993, in assenza  della  quale  il  provvedimento  diventa
definitivo, con conseguente applicazione del  termine  di  centoventi
giorni per l'introduzione del giudizio innanzi al tribunale». 
    Le argomentazioni cosi' addotte dal giudice rimettente consentono
dunque  di  ritenere  assolto  l'onere  di  previo  esperimento   del
tentativo di interpretazione conforme della disposizione censurata. 
    3.1.4.-  Da  ultimo,  la  difesa   dell'Istituto   eccepisce   la
irrilevanza della questione a seguito della abrogazione  della  norma
censurata intervenuta successivamente alla emanazione delle ordinanze
in esame da parte della Corte di appello di Reggio Calabria. 
    Anche tale eccezione non e' fondata. 
    L'art. 43, comma 7, del  decreto-legge  16  luglio  2020,  n.  76
(Misure urgenti per la  semplificazione  e  l'innovazione  digitale),
convertito, con modificazioni, nella legge 11 settembre 2020, n. 120,
ha disposto: «[a]ll'articolo 38, comma 7, del decreto-legge 6  luglio
2011, n. 98, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  15  luglio
2011, n. 111, al  secondo  periodo,  le  parole  da  "l'INPS"  a  "di
variazione" sono sostituite dalle  seguenti:  "l'INPS  provvede  alla
notifica ai lavoratori interessati mediante comunicazione individuale
a mezzo raccomandata, posta elettronica certificata o altra modalita'
idonea a garantire la piena conoscibilita'" e  il  terzo  periodo  e'
soppresso». 
    La novella normativa ripristina,  dunque,  la  notifica  mediante
comunicazione individuale al lavoratore agricolo del provvedimento di
riconoscimento  o   di   disconoscimento   di   giornate   lavorative
intervenuto  dopo  la  compilazione   e   pubblicazione   dell'elenco
nominativo annuale, ma la norma non e' retroattiva,  sicche'  permane
l'interesse alla pronuncia  di  illegittimita'  costituzionale  della
disposizione censurata. 
    3.2.- Merita invece accoglimento l'eccezione di  inammissibilita'
della  questione  sollevata  dalla  difesa  statale  per  la  dedotta
violazione dell'art. 117, primo comma, Cost. in relazione all'art. 47
CDFUE. 
    Difatti  nella  problematica  in  esame  non   emergono   aspetti
riferibili al diritto eurounitario in quanto la controversia  attiene
a  situazioni  giuridiche  soggettive  riconosciute  dall'ordinamento
nazionale tanto che  le  argomentazioni  dedotte  dal  rimettente  in
riferimento  a  tale  parametro  risultano  svolgere   una   funzione
meramente integrativa e di  supporto  alla  violazione  dell'art.  24
Cost.,   avente   carattere   decisamente    prioritario    nell'iter
argomentativo del rimettente stesso. 
    4.- Nel merito la questione in riferimento all'art. 24 Cost.  non
e' fondata. 
    4.1.- La normativa in  materia  di  prestazioni  a  sostegno  del
reddito, come l'indennita' di disoccupazione, ha  caratteristiche  di
specificita', conseguenti alla natura dell'attivita'  lavorativa  con
riguardo: al suo accentuato carattere stagionale, alla esposizione  a
fenomeni metereologici, alla stessa sede in cui essa e'  prestata,  e
al correlato, non infrequente riscontro  della  natura  fittizia  dei
rapporti di lavoro dichiarati. 
    Esemplificative di tale accentuata peculiarita' sono  proprio  le
disposizioni secondo cui le prestazioni previdenziali in oggetto  dei
lavoratori  agricoli  a  tempo  determinato  richiedono,  oltre  allo
svolgimento effettivo dell'attivita' per un numero minimo di giornate
coperte da contribuzione, l'iscrizione dei  lavoratori  stessi  negli
appositi elenchi nominativi previsti dall'art. 12 del  r.d.  n.  1949
del 1940. 
    La Corte di cassazione ha stabilito che tale  iscrizione  espleta
«una funzione di agevolazione probatoria che viene meno una volta che
l'Inps,  a  seguito  di  un  controllo,  disconosca  l'esistenza  del
rapporto di lavoro ai fini  previdenziali,  esercitando  una  propria
facolta' (che trova conferma nell'art. 9 del D.Lgs. n. 375 del 1993),
con la conseguenza che [...] il lavoratore ha, in tal  caso,  l'onere
di provare l'esistenza, la durata e la natura  onerosa  del  rapporto
dedotto a fondamento del diritto all'iscrizione - e/o di  ogni  altro
diritto consequenziale di carattere previdenziale - fatto  valere  in
giudizio» (sezione lavoro, sentenza 19 maggio 2003, n. 7845). 
    Contro i provvedimenti di cancellazione il lavoratore interessato
puo' proporre ricorso in sede amministrativa, ai sensi  dell'art.  11
del decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 375,  recante  «Attuazione
dell'art. 3, comma 1, lettera aa), della L. 23 ottobre 1992, n.  421,
concernente  razionalizzazione  dei  sistemi  di   accertamento   dei
lavoratori dell'agricoltura e dei relativi contributi». 
    Avverso  il  provvedimento  che  abbia   assunto   carattere   di
definitivita',  l'art.  22  del  d.l.  n.  7  del  1970  prevede   la
possibilita' di promuovere azione giudiziaria  entro  il  termine  di
decadenza di  centoventi  giorni  dalla  notifica  del  provvedimento
definitivo o, comunque, dal momento in  cui  l'interessato  ne  abbia
avuto conoscenza. 
    La Corte di cassazione ha evidenziato che tale peculiare  sistema
e' funzionale e coerente con la specificita' del settore agricolo  in
ragione delle esigenze di celerita' della procedura di accertamento e
definizione  delle  controversie  (ex   plurimis,   sezione   lavoro,
ordinanza 21 novembre 2014, n. 24901 e sentenza 26  luglio  2009,  n.
15814). 
    Anche  questa  Corte  ha  rilevato  la  specificita'  del  lavoro
agricolo, nel dichiarare la compatibilita' con  gli  artt.  3  e  38,
secondo comma, Cost. (evocati in quel  giudizio)  del  sistema  degli
elenchi e del regime della decadenza previsto dal citato art. 22  del
d.l. n. 7 del 1970. In particolare, ha  affermato  che  la  finalita'
della decadenza «e' da rinvenire nella esigenza di accertare nel piu'
breve tempo possibile la sussistenza del  diritto  all'iscrizione  ed
alle conseguenti prestazioni, avuto  riguardo  alla  circostanza  che
l'atto  di  iscrizione  negli  elenchi  costituisce  presupposto  per
l'accesso alle prestazioni previdenziali collegate al solo  requisito
assicurativo, quali la indennita' di  malattia  o  di  maternita',  e
titolo  per   l'accredito,   per   ciascun   anno,   dei   contributi
corrispondenti al numero di  giornate  di  iscrizione  negli  elenchi
stessi» (sentenza n. 192 del 2005). 
    4.2.- Ora, va ricordato che, fino  all'entrata  in  vigore  della
disposizione  censurata  l'INPS,  in  caso  di  riconoscimento  o  di
disconoscimento  di  giornate   lavorative,   intervenuti   dopo   la
compilazione e pubblicazione dell'elenco nominativo  annuale,  doveva
provvedere alla «diretta  notifica  al  lavoratore  interessato»,  ai
sensi dell'art. 9-quinquies, comma 4, del  decreto-legge  1°  ottobre
1996, n. 510 (Disposizioni urgenti in materia di  lavori  socialmente
utili,  di  interventi  a  sostegno  del  reddito   e   nel   settore
previdenziale),  convertito,  con  modificazioni,  nella   legge   28
novembre 1996, n. 608. 
    L'art. 38 del d.l. n. 98 del 2011,  nel  sopprimere  gli  elenchi
nominativi  trimestrali  previsti  dal  comma  2  del  medesimo  art.
9-quinquies del d.l.  n.  510  del  1996,  ha  dunque  sostituito  la
comunicazione individuale con la pubblicazione  telematica  sul  sito
Internet dell'INPS sia dell'elenco annuale, sia delle sue  variazioni
trimestrali,  prevedendo  che  essa  valga  come  notificazione  agli
interessati del provvedimento: il comma 6 in relazione  agli  elenchi
annuali, il comma 7 - che e' la previsione specificatamente censurata
dal rimettente - in relazione agli elenchi nominativi trimestrali  di
variazione  conseguenti  al  riconoscimento  o   disconoscimento   di
giornate lavorative intervenuti dopo la compilazione e  pubblicazione
dell'elenco nominativo annuale. 
    A sua volta, come gia' si e' rilevato,  la  censurata  previsione
dell'art.  38,  comma  7,  del  d.l.  n.  98  del  2011   e'   stata,
successivamente all'emanazione delle ordinanze  di  esame,  novellata
dall'art. 43, comma 7,  del  d.l.  n.  76  del  2020,  nel  senso  di
reintrodurre  la  notifica,  al   lavoratore   interessato,   tramite
comunicazione   individuale,   dei   provvedimenti   di    variazione
intervenuti dopo  la  compilazione  e  la  pubblicazione  dell'elenco
nominativo annuale. 
    5.-  Il  thema  decidendum  del  presente  giudizio  e',  dunque,
costituito dalla verifica della  compatibilita'  con  il  diritto  di
difesa, assicurato dall'art. 24 Cost., della  modalita'  di  notifica
tramite la pubblicazione del  provvedimento  in  questione  sul  sito
internet dell'INPS, contemplato dalla  disposizione  censurata.  Cio'
sotto il  profilo  della  concreta  possibilita'  per  il  lavoratore
interessato di  venire  a  conoscenza  del  provvedimento  stesso  e,
dunque,  di  agire  tempestivamente  per  il   riconoscimento   delle
prestazioni previdenziali negate dall'Istituto. 
    5.1.-  Questa  Corte  ha  riconosciuto  al  legislatore  un'ampia
discrezionalita'  nella  conformazione  degli  istituti   processuali
(sentenze n. 44 del 2016 e n.  23  del  2015)  con  il  limite  della
manifesta irragionevolezza della disciplina ogni  qual  volta  emerga
un'ingiustificata compressione del diritto ad agire (sentenza n.  335
del 2004), costituito dal sostanziale impedimento  all'esercizio  del
diritto di azione  (sentenza  n.  117  del  2012)  o  dall'aver  reso
oltremodo difficoltosa la tutela giurisdizionale. 
    Ha chiarito che e' parte integrante del diritto di difesa  che  i
soggetti  interessati  abbiano  tempestiva  conoscenza   degli   atti
impugnabili,  in  modo  che  possano  essere  utilizzati  nella  loro
interezza i termini  di  decadenza  previsti  per  l'esperimento  del
gravame (sentenza n. 3 del 2015). 
    Ha, altresi', specificato che l'interessato deve essere,  quindi,
posto in condizione di conoscere  la  decorrenza  del  termine  senza
l'imposizione di oneri eccedenti la normale diligenza  (ex  plurimis,
sentenza n. 446 del 1997). 
    5.2.-  La  giurisprudenza  amministrativa  ha   avuto   modo   di
pronunciarsi sugli effetti della pubblicazione telematica degli  atti
amministrativi,  ove  sia  prevista  e   prescritta   da   specifiche
disposizioni normative, stabilendo che essa costituisce una forma  di
pubblicita' idonea ad integrare gli  estremi  della  conoscenza  erga
omnes  dell'atto  e  far  decorrere  il   termine   decadenziale   di
impugnazione, privilegiando, «in presenza di dubbi  esegetici  aventi
effetti sul regime decadenziale dall'azione  impugnatoria,  l'opzione
meno sfavorevole per l'esercizio del diritto  di  difesa  e,  quindi,
maggiormente conforme ai principi costituzionali espressi dagli artt.
24, 111 e 113 Cost.,  nonche'  al  principio  di  effettivita'  della
tutela giurisdizionale» (Consiglio di Stato, sezione terza,  sentenza
28 settembre 2018, n. 5570). 
    6.-   Alla    luce    dell'illustrato    quadro    normativo    e
giurisprudenziale la disposizione censurata risulta immune da vizi di
legittimita'  costituzionale,  laddove   le   censure   del   giudice
rimettente investono la circolare n. 82 del 2012 (relative  sia  alla
pubblicazione degli elenchi annuali  che  di  quelli  trimestrali  di
variazione), con la quale l'INPS ha  definito,  in  attuazione  della
disposizione censurata, le "specifiche tecniche" della  pubblicazione
in modalita' telematica, con particolare riferimento alla  previsione
secondo   cui   «[d]ecorsi   quindici   giorni   consecutivi    dalla
pubblicazione, i medesimi elenchi non saranno  piu'  visualizzabili».
Cio'  perche',  nell'argomentazione  del  giudice  a  quo,  e'   tale
previsione a  compromettere  in  modo  irragionevole  il  diritto  di
difesa, in quanto incide sul diritto  dell'interessato  a  utilizzare
l'intero termine di legge previsto per l'impugnazione  anche  per  la
conoscenza del provvedimento, potendo  egli  predisporre  il  ricorso
comunque tempestivamente nell'imminenza della  scadenza  del  termine
stesso. 
    Il predetto ristretto ambito temporale non  e'  difatti  previsto
dalla  disposizione  di  legge  impugnata  ne'  la  sua  indicazione,
contrariamente a quanto  affermato  dalla  difesa  dell'Istituto,  e'
necessario effetto del rinvio operato dal ricordato art.  12-bis  del
r.d. n. 1949 del 1940 al precedente  art.  12,  poiche'  tale  ultimo
articolo e' richiamato non gia' per la procedura di notificazione, ma
solo con riferimento agli elenchi nominativi annuali. 
    Ne  consegue  che  i  dubbi   espressi   dal   rimettente   circa
l'irragionevole  compressione  del  diritto  di  difesa  dedotta  dal
rimettente vanno riferiti alle modalita' con le  quali  la  circolare
INPS  n.  82  del  2012  ha  definito  le  specifiche   tecniche   di
notificazione agli interessati tramite pubblicazione sul proprio sito
Internet degli elenchi di variazione trimestrali. 
    In effetti il legislatore ha rimesso a tale  atto  amministrativo
la composizione degli interessi  coinvolti,  in  funzione  del  nuovo
strumento tecnologico individuato, contemperando in modo  equilibrato
le  diverse  esigenze:  da  un  lato,  la  necessita'  di  assicurare
efficienza    e    speditezza    dell'attivita'    della     pubblica
amministrazione, che e' la  ragione  ispiratrice  della  disposizione
sospettata di illegittimita' costituzionale, dall'altro, la  garanzia
di un'adeguata conoscibilita' del provvedimento impugnabile da  parte
del lavoratore interessato, assicurando tempi ragionevoli  per  poter
acquisirne la conoscenza tramite la visione del sito istituzionale. E
cio' tenendo anche conto che tali provvedimenti incidono  su  diritti
relativi  a  prestazioni  previdenziali  e,  dunque,  su   situazioni
giuridiche soggettive di  rilievo  costituzionale  (art.  38  Cost.),
connotate da alta sensibilita' sociale. 
    A  questo   fine,   l'amministrazione   competente   deve   porre
particolare attenzione all'esigenza di cautela che, come  evidenziato
dal Consiglio di Stato nella richiamata sentenza n.  5570  del  2018,
impronta  il  ricorso   alla   pubblicazione   attraverso   strumenti
informatici di atti e provvedimenti della  pubblica  amministrazione,
esigenza tanto piu' forte, nel caso di specie, per le ragioni innanzi
evidenziate. 
    Pertanto, spetta, eventualmente, alla competente sede giudiziaria
valutare gli eventuali profili di illegittimita' della circolare INPS
n. 82 del 2012 con cui l'Istituto ha definito le specifiche  tecniche
della peculiare modalita' di  notifica  prevista  dalla  disposizione
censurata. 
    7.- Conclusivamente deve escludersi che la disposizione censurata
possa essere considerata ex se lesiva dell'art. 24 Cost. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    1)  dichiara   inammissibile   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 38, comma  7,  del  decreto-legge  6  luglio
2011,  n.   98   (Disposizioni   urgenti   per   la   stabilizzazione
finanziaria), convertito, con modificazioni, nella  legge  15  luglio
2011, n. 111, nella parte in cui, nel testo previgente alla  modifica
recata dall'art. 43, comma 7, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76
(Misure urgenti per la  semplificazione  e  l'innovazione  digitale),
convertito, con modificazioni, nella legge 11 settembre 2020, n. 120,
prevede che «[i]n caso di  riconoscimento  o  di  disconoscimento  di
giornate  lavorative  intervenuti   dopo   la   compilazione   e   la
pubblicazione dell'elenco nominativo annuale,  l'INPS  provvede  alla
notifica ai lavoratori interessati mediante la pubblicazione, con  le
modalita' telematiche previste dall'articolo 12-bis del regio decreto
24 settembre 1940, n. 1949 di appositi elenchi nominativi trimestrali
di variazione», sollevata - in riferimento all'art. 117, primo comma,
della Costituzione, in relazione all'art. 47 della Carta dei  diritti
fondamentali dell'Unione europea (CDFUE), proclamata  a  Nizza  il  7
dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12  dicembre  2007  -  dalla
Corte di appello di Reggio Calabria con le tre ordinanze indicate  in
epigrafe. 
    2)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 38, comma 7, del d.l. n. 98 del 2011,  nella
parte in cui, nel testo previgente alla modifica recata dall'art. 43,
comma 7, del  d.l.  n.  76  del  2020,  prevede  che  «[i]n  caso  di
riconoscimento  o   di   disconoscimento   di   giornate   lavorative
intervenuti dopo  la  compilazione  e  la  pubblicazione  dell'elenco
nominativo annuale,  l'INPS  provvede  alla  notifica  ai  lavoratori
interessati mediante la pubblicazione, con le  modalita'  telematiche
previste dall'articolo 12-bis del regio decreto 24 settembre 1940, n.
1949 di  appositi  elenchi  nominativi  trimestrali  di  variazione»,
sollevata, in riferimento all'art. 24 Cost., dalla Corte  di  appello
di Reggio Calabria con le tre ordinanze indicate in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 febbraio 2021. 
 
                                F.to: 
                   Giancarlo CORAGGIO, Presidente 
                    Giulio PROSPERETTI, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 23 marzo 2021. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA