N. 38 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 ottobre 2020

Ordinanza  del  6  ottobre  2020  del  Tribunale   di   Trieste   nel
procedimento civile  promosso  da  Cavallo  Giorgio  e  altri  contro
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e  Consiglio  regionale  della
Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia.. 
 
Consiglio regionale - Norme della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  -
  Contenimento  della  spesa  pubblica  riferita   ai   costi   della
  rappresentanza   politica   regionale   -   Riduzione    temporanea
  dell'assegno vitalizio - Consiglieri regionali cessati dal  mandato
  - Riduzione temporanea, dal  1°  marzo  2015  al  30  giugno  2019,
  dell'assegno suddetto e della sua quota nel loro ammontare  mensile
  lordo secondo le percentuali progressive previste dalle Tabelle A e
  B allegate. 
- Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 13 febbraio  2015,  n.  2
  (Disposizioni in materia di trattamento economico dei consiglieri e
  degli assessori regionali,  nonche'  di  funzionamento  dei  gruppi
  consiliari.  Modifiche  alle  leggi  regionali   2/1964,   52/1980,
  21/1981, 38/1995, 13/2003, 18/2011 e 3/2014), artt. 1 e 3. 
(GU n.14 del 7-4-2021 )
 
                       IL TRIBUNALE DI TRIESTE 
                           Sezione civile 
 
    Il Giudice, letti  gli  atti  del  procedimento  iscritto  al  n.
761/2019 di ruolo generale; 
    A scioglimento della riserva assunta all'udienza del  1º  ottobre
2020; 
 
                               Osserva 
 
    Premesso che, nel presente giudizio  ordinario,  gli  attori,  in
qualita' di ex consiglieri della Regione Friuli-Venezia Giulia  (FVG)
e di beneficiari, in via  diretta  od  a  titolo  di  reversibilita',
nonche' - alcuni di loro - di altro vitalizio erogato dal  Parlamento
italiano,  -  evidenziando:  (1)  di  essere  titolari   dell'assegno
vitalizio erogato dalla Regione autonoma FVG; (2)  di  essersi  vista
rideterminare l'assegno vitalizio regionale  in  misura  ridotta  per
effetto della L.R. n. 2/2015 - hanno chiesto  che  sia  accertato  il
loro diritto alla corresponsione dell'assegno vitalizio nella  misura
liquidata e per lungo tempo erogata  dal  Consiglio  Regionale  senza
subire le decurtazioni di cui agli articoli 1-5 della L.R. n. 2/2015,
con conseguente condanna della resistente  al  versamento  di  quanto
indebitamente trattenuto; 
    Premesso ancora che gli attori hanno censurato gli  articoli  1-5
della menzionata legge regionale ed  i  provvedimenti  amministrativi
che ne sono conseguiti,  lamentandone  la  contrarieta'  ai  principi
comunitari e convenzionali  della  tutela  dell'affidamento  e  della
certezza dei rapporti giuridici come garantiti dagli articoli 3,  10,
11, 53, 48, 51, 64, 67, 68, 69 e 117, comma 1, della  Costituzione  e
dagli art. 6 e 13 della Convenzione europea  dei  diritti  dell'uomo,
nonche'  hanno  lamentato  la  contrarieta'  della   suddetta   legge
regionale  ai  principi  di  ragionevolezza,   di   gradualita',   di
uguaglianza, di tutela del legittimo  affidamento,  di  accesso  alle
cariche di rappresentanza politica, di universalita' dell'imposizione
fiscale, di non discriminazione, chiedendo  che  venga  sollevata  la
relativa questione di legittimita' costituzionale; 
    Premesso, inoltre, che gli  attori  hanno  evocato  nel  presente
giudizio il consiglio regionale della regione autonoma Friuli-Venezia
Giulia e la regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, i quali  si  sono
costituiti in giudizio, deducendo l'infondatezza  di  ogni  lamentata
violazione costituzionale; 
    Premesso,  da  ultimo,   che   la   questione   di   legittimita'
costituzionale  sollevata   dagli   attori   e'   rilevante   e   non
manifestamente infondata per le seguenti ragioni: 
        (1)   rilevante,   perche'   la   pretesa    attorea    volta
all'accertamento del diritto  alla  corresponsione  dell'assegno  per
intero e senza le riduzioni di cui agli articoli 1-5  della  L.R.  n.
2/2015 in tanto potra' ritenersi fondata in quanto le disposizioni di
riferimento  siano  o  meno  conformi  ai  parametri   costituzionali
invocati dagli  attori,  di  talche'  la  questione  di  legittimita'
costituzionale riveste indubbio carattere  di  rilevanza,  dipendendo
dalla stessa la decisione  del  merito  delle  domande  formulate  in
causa; 
        (2) non manifestamente infondata alla luce di una  articolata
individuazione e valutazione  delle  norme  censurate,  che  per  una
migliore rappresentazione delle questioni di  legittimita'  sollevate
e' opportuno cosi ricordare: 
          la L.R. n. 2 del  13  febbraio  2015,  avente  ad  oggetto:
«Disposizioni in materia di trattamento economico dei  consiglieri  e
degli  assessori  regionali,  nonche'  di  funzionamento  dei  gruppi
consiliari. Modifiche alle leggi regionali  numeri  2/1964,  52/1980,
21/1981, 38/1995, 13/2003, 18/2011 e 3/2014», all'art.  1,  rubricato
«Finalita'», cosi dispone: 
«La presente legge si inserisce  nell'azione  di  contenimento  della
spesa  pubblica  riferita  ai  costi  della  rappresentanza  politica
regionale  esercitata  sia  in  forma  individuale,  sia   in   forma
collettiva e organica. 
    In  particolare,  la  presente  legge  detta   disposizioni   per
un'ulteriore  riduzione  dei  costi  della  politica   mediante   una
pluralita' d'interventi, permanenti  e  temporanei  riconducibili  ai
principi di ragionevolezza  e  proporzionalita';  contiene  ulteriori
modifiche in materia di assegno vitalizio  spettante  ai  consiglieri
regionali cessati dal mandato, agli aventi diritto e  agli  assessori
regionali cessati dalla carica, nonche' disposizioni di  modifica  di
altre normative regionali in  materia  di  trattamento  giuridico  ed
economico del consiglieri». 
    L'art.   3,   rubricato   «Riduzione   temporanea    dell'assegno
vitalizio», stabilisce: 
        «1. A decorrere dal primo giorno del mese successivo a quello
di entrata in vigore della presente legge, l'assegno vitalizio  e  la
sua quota, previsti e disciplinati dalle leggi regionali n. 38/1995 e
n. 13/2003, sono ridotti nel loro ammontare mensile lordo secondo  le
percentuali progressive di cui all'allegata tabella A, ovvero di  cui
all'allegata tabella B, qualora il beneficiario dell'assegno e  della
sua quota sia in  godimento  di  un  assegno  vitalizio  erogato  dal
Parlamento europeo. A seguito della riduzione prevista  dal  presente
comma l'importo dell'assegno vitalizio e della  sua  quota  non  puo'
essere comunque inferiore a 1.500 euro mensili lordi. 
        2. Il beneficiario dell'assegno vitalizio e della sua  quota,
entro  quindici  giorni  dall'entrata  in  godimento  di  un  assegno
vitalizio  erogato  dal  Parlamento  europeo,  a   tenuto   a   darne
comunicazione formale ai competenti uffici ai  fini  della  riduzione
prevista al comma 1, nonche' dei conseguenti ed eventuali conguagli. 
        3. Le riduzioni previste al comma 1 non trovano  applicazione
qualora l'importo dell'assegno e della sua quota,  erogati  ai  sensi
delle leggi regionali n. 38/1995 e n. 13/2003, sia pari o inferiore a
1.500 euro mensili lordi. 
        4. Nel caso in cui l'assegno vitalizio venga corrisposto  sia
in relazione al mandato di consigliere  regionale  che  in  relazione
alla carica  di  assessore  regionale,  le  disposizioni  di  cui  al
presente articolo si applicano in  relazione  all'importo  risultante
dalla somma dei due  assegni,  determinati  secondo  quanto  previsto
dall'art. 9, comma 1, della legge regionale n. 13/2001»; 
          secondo queste disposizioni, a partire dalla mensilita'  di
marzo 2015, l'assegno vitalizio di tutti gli ex consiglieri regionali
titolari di un assegno mensile superiore all'importo mensile lordo di
euro 1.500 e' stato ridotto secondo  le  percentuali  indicate  nella
tabella A), ossia piu' precisamente: 
    Tabella A 
      
 
                  =================================
                  |  Fino a euro  |               |
                  |    2000,00    |    6,00 %     |
                  +===============+===============+
                  |da euro 2000 a |               |
                  |euro 4000      |9,00 %         |
                  +---------------+---------------+
                  |da euro 4000 a |               |
                  |euro 6000      |12,00 %        |
                  +---------------+---------------+
                  |oltre euro 6000|2015,00 %      |
                  +---------------+---------------+
 
          agli ex  consiglieri  titolari  anche  di  altro  vitalizio
parlamentare, diretto o di reversibilita', la misura del vitalizio e'
stata ridotta secondo le maggiori percentuali di cui alla tabella B),
ossia: 
    Tabella B 
      
 
                    =============================
                    |  Fino a euro  |           |
                    |    1000,00    |  6,00 %   |
                    +===============+===========+
                    |da euro 2000 a |           |
                    |euro 4000      |13,50 %    |
                    +---------------+-----------+
                    |da euro 4001 a |           |
                    |euro 6000      |18,00 %    |
                    +---------------+-----------+
                    |oltre euro 6000|22,50 %    |
                    +---------------+-----------+
 
          le disposizioni previste dal menzionato art. 3 avevano  una
originaria durata sino al 30 giugno 2018, successivamente oggetto  di
tre proroghe, rispettivamente al 31 dicembre 2018 (legge regionale n.
16/2018), sino al 30 aprile 3019  (legge  regionale  n.  28/2018)  e,
infine, sino al 30 giugno 2019  (legge  regionale  n.  5/2019),  data
quest'ultima in cui la legge  regionale  n.  8/2019  ha  disposto  il
ricalcolo ab origine del vitalizio secondo il nuovo e diverso sistema
contributivo (applicandolo anche a casi  antecedenti  all'entrata  in
vigore della c.d. «riforma Dini»,  in  allora  liquidati  secondo  il
sistema  retributivo  e/o  misto)  sulla  base  di  coefficienti   di
trasformazione arbitrariamente ed unilateralmente fissati e  cio'  in
via definitiva e permanente; 
le  tre  proroghe  teste'  citate  sono  state  disposte  senza   che
rispettivi provvedimenti normativi abbiano indicato le ragioni  della
proroga; 
la riduzione, tutt'altro che temporanea, disposta dal menzionato art.
3, si presenta come gravemente lesiva della posizione giuridica degli
attori, i quali lamentano che, solo perche' ex consiglieri  regionali
titolari di vitalizio in corso di erogazione, sono  stati  fortemente
incisi dalla riduzione dell'importo dei loro vitalizi: tutto  cio'  a
distanza di anni/decenni dalla cessazione del loro mandato  elettivo,
dalla  liquidazione  e  successiva  protratta  erogazione  del   loro
vitalizio in una data misura, in un'eta' oggi ormai  avanzata,  nella
quale non possono piu' modificare le scelte di vita  e  professionali
assunte a suo tempo o mitigare in qualche altro modo gli  effetti  di
un siffatto  intervento  riduttivo,  la  cui  solo  apparente  durata
transitoria ha assunto nei fatti  carattere  di  stabilita',  financo
definitivita', a seguito della successione  di  proroghe  e,  infine,
dell'introduzione di un nuovo sistema di calcolo del  vitalizio  (che
ha soppiantato, ora per allora, quello applicato originariamente,  il
cui effetto finale determina una permanente riduzione in  una  misura
percentuale del tutto equivalente a quella disposta dall'art. 3, L.R.
n. 2/2015); 
gli attori ritengono che le norme  de  quibus  non  rispettino  sotto
diversi profili i principi costituzionali declinanti negli art. 2, 3,
23, 48, 51, 53, 64, 67, 68, 69, 81,  117  Cost.  nell'interpretazione
che di essi hanno dato nel tempo il Giudice delle  Leggi  nonche'  la
Suprema Corte di cassazione, in relazione agli  interventi  normativi
sui trattamenti in corso e, segnatamente, sugli assegni di vitalizio,
avendo,  altresi',  riguardo  ai  consolidati   principi   comunitari
invocabili in tema di legittimo affidamento, di  non  discriminazione
per ragioni di patrimonio/eta' (art. 21 e 25 della  Carta  di  Nizza,
degli art. 10, 20 e 157 del Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione
europea - Trattato sul funzionamento dell'Unione europea), art.  2015
del Pilastro europeo dei diritti sociali, della direttiva 2000/78/CE,
di universalita' dell'imposizione fiscale); 
cio'  precisato,  considerata  la   rilevanza   della   questione   e
l'impossibilita' di un'interpretazione  costituzionalmente  orientata
degli aricoli 1-5 della L.R. n. 27/2015, si osserva quanto segue 
 
                         in via di diritto. 
 
    Costituisce «ius receptum» della giurisprudenza anche della Corte
costituzionale  il  principio  -   di   derivazione   comunitaria   e
convenzionale - della intangibilita' dei diritti  acquisiti  e  della
certezza e stabilita' dei rapporti giuridici quale  forma  di  tutela
del legittimo affidamento. Il legittimo  affidamento  costituisce  un
principio generale dell'ordinamento comunitario:  numerosissime  sono
le pronunce  della  Corte  di  Giustizia  Europea  che,  da  tempo  e
costantemente, affermano la vigenza ed il carattere  fondamentale  di
tale canone.  Sebbene  non  espressamente  contemplata  dai  Trattati
dell'Unione europea, la tutela dell'affidamento trova collocazione in
svariate statuizioni della Corte di Giustizia europea a  partire  dal
1978, ove venne sancito che  la  «tutela  dell'affidamento  fa  parte
dell'ordinamento comunitario» (1) e che deve essere inquadrata fra  i
principi  fondamentali  della  Comunita'  sanciti,  tra  gli   altri,
dall'art.  6  della  Carta  fondamentale   dei   diritti   dell'Uomo,
ratificata dall'Unione europea  stessa.  Il  principio  in  questione
viene considerate un corollario di quello della certezza del diritto,
nell'ambito del quale viene individuato il suo fondamento, (2) motivo
per  cui  la  Corte  di  Giustizia  lo  utilizza  come  parametro  di
legittimita' non soltanto degli atti amministrativi  ma  anche  degli
atti legislativi, con la conseguenza che esso deve essere  rispettato
dalle Istituzioni comunitarie e dagli Stati membri nell'esercizio del
poteri loro conferiti dalle direttive comunitarie. (3) 
    A livello nazionale, la giurisprudenza della Corte costituzionale
ha recepito in maniera consolidata questa principale,  riconducendolo
agli art. 2, 3 e 97 della Costituzione, in quanto elemento essenziale
dello Stato di diritto (4) ed espressione immanente da un  lato,  del
principio  di  uguaglianza  innanzi  alla  legge  e,  dall'altro,  di
solidarieta'  cui  sono  collegati  i  canoni  di  buona  fede  e  di
correttezza dell'agire, anche da parte dell'amministrazione, che deve
improntare  la  propria  condotta  a   canoni   di   lealta'   e   di
imparzialita'. Si intravede, in  questi  casi,  anche  la  violazione
dell'art. 117, primo comma, della  Costituzione  per  violazione  dei
vincoli  derivanti  dall'ordinamento  comunitario  e  dagli  obblighi
internazionali, posto che, a  seguito  della  riforma  del  titolo  V
avvenuta nel  2001,  il  legislatore  regionale  deve  esercitare  la
propria potesta legislativa nella cornice delle competenze  assegnate
dall'art. 117 «in osservanza dei vincoli  derivanti  dall'ordinamento
comunitario». Numerose sono le pronunce che, sin  dalla  sentenza  n.
349  del  17  dicembre  1985,  hanno  fatto  applicazione  di  questo
principio. Recentemente, la Corte  costituzionale  ha  dichiarato  la
illegittimita' dell'art. 23 del decreto-legge 6 luglio  2011,  n.  98
(concernente la nuova disciplina in materia  di  privilegio)  proprio
sottolineando che «l'assenza di adeguati  motivi,  l'alterazione  del
rapporto determinata  dalle  norme  in  discussione,  palesa  la  sua
illegittimita' per  violazione  dei  principi  di  uguaglianza  e  di
ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. e per violazione dell'art. 117
Cost. in relazione all'art. 6 Convenzione europea per la salvaguardia
dei   diritti   dell'uomo   e   delle   liberta'   fondamentali,   in
considerazione  del  pregiudizio  che   essa   arreca   alla   tutela
dell'affidamento  legittimo  e  della   certezza   delle   situazioni
giuridiche, in assenza di motivi  imperativi  di  interesse  generale
costituzionalmente rilevanti» (ulteriori esempi di  applicazione  del
principio del legittimo  affidamento  si  rinvengono  nelle  seguenti
sentenze: Corte costituzionale 23 maggio 2013,  n.  103,  21  ottobre
2011, n. 271, 4 luglio 2014, n. 170,  27  giugno  2013,  n.  160,  1°
aprile 2010, n. 124, 26 settembre 2014, n. 227).  In  termini  ancora
piu' espliciti la Corte costituzionale ha affermato che «l'intervento
legislativo diretto a regolare situazioni pregresse e'  legittitno  a
condizione  che  vengano  rispettati i   canoni   costituzionali   di
ragionevolezza ed i principi di tutela del legittinto  affidamento  e
di certezza delle situazioni giuridiche» (v. Corte costituzionale  30
gennaio  2009,  n.  24).  Ma  anche   la   giurisprudenza   contabile
amministrativa ha ripreso,  riaffermandoli,  i  pronunciamenti  della
Corte costituzionale, stabilendo che «il principio della  tutela  del
legittimo affidamento e immanente in  tutti  i  rapporti  di  diritto
pubblico ed assolve ad una funzione di integrazione della  disciplina
legislativa  o  comunque   un   preciso   vincolo   ermeneutico   per
l'interprete» (cfr. Corte del conti 4 dicembre 2008, n. 942). 
    Del tutto recentemente, e con la sentenza n. 108/2019,  la  Corte
costituzionale ha ribadito i principi cardine  maturati  in  tema  di
legittimo affidamento proprio con specifico riferimento alla  materia
dei vitalizi, evidenziando come: «tra i limiti che la  giurisprudenza
ha individuato alla ammissibilita' di leggi con effetto  retroattivo,
rileva  particolarmente  l'affidamento   legittimamente   sorto   nei
soggetti  interessati  alla  stabile  applicazione  della  disciplina
modificata. Tale legittimo affidamento trova copertura costituzionale
nell'art. 3 Cost. ed e' ritenuto principio connaturato allo stato  di
diritto». Inoltre, sebbene l'affidamento non sia declinato in termini
assoluti,  «le  disposizioni  legislative  retroattive  non   possono
comunque trasmodare in un regolamento irrazionale ed  arbitrariamente
incidere sulle  situazioni  sostanziali  poste  in  essere  da  Leggi
precedenti».  Con  specifico   riguardo,   poi,   alle   misure   che
intervengono  retroattivamente  riducendo  attribuzioni   di   natura
patrimoniale, la Corte costituzionale, nella richiamata sentenza,  ha
evidenziato come le stesse debbano essere sottoposte ad  uno  stretto
scrutinio di ragionevolezza di grado piu' elevato rispetto alla  mera
mancanza di arbitrarieta',  dato  che  la  norma  retroattiva  va  ad
incidere sulla  certezza  dei  rapporti  preferiti  e  sul  legittimo
affidamento dei soggetti interessati. «Un tale rigoroso  controllo  -
prosegue la Corte - deve verificare  in  primo  luogo  se  sussistano
solide motivazioni che hanno guidato il legislatore e se esse trovino
adeguata giustificazione sul  piano  della  ragionevolezza  anche  in
considerazione delle circostanze di fatto e  di  contesto  entro  cui
l'intervento legislativo a maturato»,  dovendosi  a  tal  fine  avere
riguardo  «al  tempo  trascorso   dal   momento   della   definizione
dell'assetto regolatorio originario a  quello  in  cui  tale  assetto
viene mutato con efficacia retroattiva (sentenze n. 89 del  2018,  n.
250 del 2017, n. 108 del 2016,  n.  216  e  n.  56  del  2015),  alla
prevedibilita' della modifica retroattiva stessa (sentenze n. 16  del
2017 e n. 160 del 2013), infine alla proporzionalita' dell'intervento
legislativo che eventualmente lo comprima (in  particolare,  sentenza
n. 108 del 2016)». 
    Inoltre, sempre recentemente,  le  Sezioni  Unite  della  Suprema
Corte di cassazione, con le ordinanze n. 18265 e n. 18266  del  2019,
sono   intervenute   in   materia,   qualificando    la    disciplina
dell'indennita'  parlamentare  e  del  vitalizio  nell'ambito   della
«normativa di diritto  singolare»  che  si  riferisce  al  Parlamento
nazionale  a  presidio  della  posizione  costituzionale  del   tutto
peculiare loro riconosciuta dall'art. 64 Cost., comma 1, articoli  66
e 68 Cost.;  le  Sezioni  Unite,  inoltre,  hanno  affermato  che  ai
vitalizi «si applica la  stessa  medesima  ratio  di  sterilizzazione
degli   impedimenti   economici   all'accesso   alle    cariche    di
rappresentanza democratica del Paese e di garanzia  dell'attribuzione
ai parlamentari, rappresentanti del popolo  sovrano,  un  trattamento
economico adeguato ad  assicurarne  l'indipendenza,  come  del  resto
accade in tutti gli ordinamenti ispirati alla concezione  democratica
dello Stato». 
    Alla luce di tutti questi principi,  i  dubbi  di  illegittimita'
costituzionale prospettati dagli attori per violazione  dei  principi
di ragionevolezza, di tutela del legittimo affidamento  (quest'ultimo
valutato  avendo  riguardo  alle  motivazioni  che   hanno   condotto
all'emanazione   degli   interventi   censurati,    al    grado    di
consolidamento, alla prevedibilita' ed  alla  proporzionalita'  degli
stessi), di certezza del diritto (articoli 2,  3,  10,  11,  42,  117
Cost. in relazione all'art.  6  CEDU),  nonche'  per  violazione  del
principio di sterilizzazione degli impedimenti economici nell'accesso
alle cariche di rappresentanza democratica del  Paese  (articoli  64,
66, 68 e 69 Cost.), di non discriminazione per ragioni di  patrimonio
e/o eta', di parita' di trattamento ed  integrazione  socio/economica
degli anziani di cui agli articoli 21 e 25 della  Carta  di  Nizza  e
articoli 10, 20 e 157  del  Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione
europea,  art.  2015  del  Pilastro  europeo  dei  diritti   sociali,
risultano non manifestamente infondati. 
    Cosi'  come  non  manifestamente  infondato  e   il   dubbio   di
costituzionalita' per violazione degli art. 3 e 53 Cost., dal momento
che il prelievo forzato disposto dall'art. 3 L.R. n. 2/2015  presenta
natura  tributaria,  in  quanto  ha  determinato   una   decurtazione
patrimoniale  a  carico  di  una  ridotta  platea   di   destinatari,
arbitrariamente  fissata,  senza  che  sia  stata   prevista   alcuna
destinazione vincolata ma con  definitiva  acquisizione  al  bilancio
statale per fronteggiare esigenze  di  fiscalita'  generale  anziche'
situazioni emergenziali, nonche' correlata ad uno specifico indice di
capacita' contributiva in funzione della quale  sono  state  previste
determinate  percentuali  di  riduzione  improntate  a   criteri   di
progressivita' (requisito che per antonomasia esprime l'idoneita' del
soggetto passivo all'obbligazione tributaria). 
    Vediamo piu' nel dettaglio. 
 
                                  I 
 
Giudizio di rispondenza  ai  parametri  costituzionali  di  cui  agli
articoli 2, 3, 23, 42,  48,  51,  67,  97,  117  Cost.,  nonche'  del
principio di certezza delle norme, di legittimo  affidantento  e  dei
diritti acquisiti. 
    Si e' gia' detto in precedenza che  la  Corte  costituzionale  ha
sottolineato la necessita' di procedere  al  vaglio  di  legittimita'
costituzionale  individuando  nel  grado  di   consolidamento   della
situazione, nella prevedibilita' della  modifica  riduttiva  e  nella
proporzionalita'   dell'intervento   i   criteri   fondamentali    di
valutazione. 
    Alla stregua di questi criteri, va  ritenuto  che  la  disciplina
contenuta negli articoli 1-5 della L.R. n. 27/2015 non  possa  essere
giudicata  positivamente,  proprio  alla  luce   dei   requisiti   di
legittimita' declinati dalla sentenza n. 108/2019, secondo  la  quale
«le  disposizioni  legislative  retroattive  non   possono   comunque
trasmodare in un regolamento irrazionale ed arbitrariamente  incidere
sulle situazioni sostanziali poste in essere da legge  precedenti»  e
che  «devono  essere  sottoposte  ad   uno   stretto   scrutinio   di
ragionevolezza di grado piu' elevato rispetto alla mera  mancanza  di
arbitrarieta', dato che la norma retraattiva  va  ad  incidere  sulla
certezza dei rapporti  pregressi  e  sul  legittimo  affidamento  dei
soggetti interessati». 
    E',  conformemente  a  tale  paradigma  valutativo  di   «stretta
costituzionalita'» si perviene ad indicare le condizioni in  presenza
delle  quali  risulta  adeguatamente  bilanciato:  «la  garanzia  del
legittimo affidamento nella  sicurezza  giuridica  con  altri  valori
costituzionalmente rilevanti», stabilendo che ai vitalizi» si applica
la  stessa  medesitna  ratio  di  sterilizzazione  degli  impedimenti
economici all'accesso alle cariche di rappresentanza democratica  del
Paese e di garanzia dell'attribuzione ai parlamentari, rappresentanti
del popolo sovrano, al trattamento economico adeguato ad  assicararne
l'indipendenza  come  del  resto  accade  in  tutti  gli  ordinamenti
ispirati alla concezione democratica dello Stato» (cfr. ordinanze  n.
18265-18266/2019). 
    Ebbene, gli  art.  1-5  della  L.R.  n.  27/2015  disattendono  i
principi sopraindicati. 
    Non  e  dato  rivenire  nelle  disposizioni  de   quibus   alcuna
condizione di eccezionalita' e/o di specifica crisi cui si debba  far
fronte con la riduzione de qua, che, viceversa,  si  presenta,  anche
per effetto delle  successive  reiterate  proroghe,  inserita  in  un
contesto di ordinarie esigenze di bilancio. 
    La stessa legge regionale  non  specifica  alcuna  motivazione  a
supporto dell'intervento riduttivo, se non del  tutto  genericamente,
facendo  riferimento  ad  una  non  meglio  precisata   esigenza   di
«contenimento  della  spesa  di  rappresentanza  pubblica»,  inidonea
tuttavia a rappresentare le ragioni e  le  finalita'  della  riforma,
che,  solo  se  indicate  esaustivamente,  avrebbero  consentito   di
verificare  la  legittimita'  di  un  intervento  di   tale   portata
(permanente). 
    Infatti, e «sul terreno della motivazione e di  una  corretta  ed
adeguata  motivazione  che  si  deve  esercitare  il  legislatore  il
quale e' tenuto a dare conto del percorso di  corretto  bilanciamento
degli interessi in gioco nel rispetto di un  ineludibile  vincolo  di
scopo al fine di evitare che esso possa pervenire  a  valori  critici
tali che potrebbe rendere inevitabile l'intervento  correttivo  della
Corte» (v. in questa senso  proprio  la  Corte  costituzionale  nella
sentenza del 10 marzo 2015, n. 70). 
    Nel caso di  specie,  invero,  siamo  in  presenza  di  una  solo
generica indicazione di non meglio precisate esigenze di contenimento
della  spesa  di  rappresentanza  politica;  indicazione  del   tutto
formale, che non esprime in termini di  contenuto  sostanziale  sulle
specifiche ragioni e sulle  finalita'  di  siffatto  intervento,  non
consentendo di individuare le motivazioni e la destinazione  concreta
dei  prelievi,  alla  stregua  dei  quali  deve  essere  operato   il
necessario giudizio di bilanciamento e di stretta  costituzionalita'.
Da un altro angolo  visuale,  peraltro,  l'indicazione  di  generiche
esigenze di riduzione dei  costi  della  politica  regionale  risulta
contradditoria poiche' un tale  intervento  riduttivo,  se  realmente
esistente, avrebbe dovuto riguardare tutti i  consiglieri,  non  solo
quelli  cessati  ma  anche  quelli  in  carica,  che,  oltretutto,  a
differenza dei primi, prevedono, in  aggiunta  all'indennita',  anche
una cd. indennita' di carica. 
    Oltretutto,  gli  ex  consiglieri  rappresentano  un  ruolo   «ad
esaurimento» in quanto necessariamente connesso  alla  permanenza  in
vita degli stessi, per cui, in un contesto del  genere,  l'intervento
riduttivo disposto dagli articoli 1-5 della L.R.  n.  2/2015  risulta
vieppiü carente dei  caratteri  di  eccezionalita',  temporaneita'  e
natura transeunte fissati dalla  giurisprudenza  costituzionale,  non
realizzando  un  adeguato  e  ragionevole  bilanciamento  del  valori
costituzionali coinvolti, ma atteggiandosi, invece, quale  arbitraria
compressione a danno di una sola e ridotta platea di soggetti  ed  in
pregiudizio del principio di affidamento nella certezza di situazioni
giuridiche acquisite. 
    A tale proposito, va rilevato che tutti gli attori, alla data  di
entrata in vigore della L.R. 2/2015, avevano da tempo  (spesso  molto
lungo) terminato il proprio mandato elettivo  in  seno  al  Consiglio
regionale ed avevano iniziato a percepire il relativo vitalizio molti
anni prima, maturando il  requisito  anagrafico  in  allora  previsto
dalla normativa regolamentare (ordinamento Cassa  Mutua  19  febbraio
1971 e successive modifiche). 
    Piu'  specificatamente,  su  39  attori  ben  29  di  essi  hanno
espletato il loro  mandato  nelle  legislature  precedenti  all'VIIIª
legislatura (terrninata nel  2003),  mentre  i  residui  dieci  hanno
cessato il loro incarico al termine dell'VIIIª legislatura. In  altre
parole, cio' significa precisare che gli attori, alla data di entrata
in vigore della L.R. n.  2/2015,  avevano  cessato  il  loro  mandato
elettivo da piu' di dieci, se non anche venti e piu' anni prima. 
    Questo ampio lasso temporale ha  certamente  e  non  puo'  essere
altrimenti consolidato negli attori  una  situazione  di  affidamento
nella definitivita' della liquiidazione e nella stabilita' della  sua
suecessiva protratta erogazione e del relativo importo. 
    Gil attori hanno fatto determinate ed impegnative scelte di  vita
in un contesto che si e' ormai interamente concluso e  cristallizzato
da tempo - per tutte le parti coinvolte  -  e  sulla  cui  stabilita'
hanno fatto e hanno tuttora oggettivo e serio affidamento. 
    Quando hanno deciso di  candidarsi  e  di  accettare  il  mandato
elettivo, tralasciando la propria quotidiana attivita' lavorativa, lo
hanno fatto anche in fimzione della percezione di un dato importo  di
vitalizio,  la  cui   corresponsione   assolve   alla   funzione   di
indennizzare il consigliere per l'innegabile perdita economica che si
produrra' nel momento in cui,  a  distanza  di  anni  ritornera',  se
ritornera', alla precedente occupazione (v. in  questo  senso  quanto
affermato dalle ordinanze n. 18265 e 18266/2019). 
    Invero, gli attori - per effetto della L.R.  n.  2/2015  Si  sono
trovati, all'improvviso, non soltanto a non  percepire  quell'importo
che era stato loro liquidato e che hanno percepito  per  oltre undici
anni  -  e  del  quale  vennero  fornite  specifiche  garanzie  anche
regolamentari - ma, addirittura, a  percepire  una  somma  nettamente
inferiore per  una  durata  che  ha  perso,  se  mai  ha  avuto,  una
dimensione temporale transitoria per diventare stabile. 
    In questo modo, la L.R. n. 2/2015 e  intervenuta  modificando  le
«carte in tavola», a distanza  di  molti  anni  dall'esaurimento  dei
mandati elettivi  e  dalla  percezione  del  vitalizio,  tradendo  la
legittima certezza consolidatasi nel  tempo,  in  conseguenza  di  un
mandato assunto ed espletato in un dato contesto normativo  -  a  che
non si realizzi  successivamente  un'irragionevole  modificazione  di
quel quadro di riferimento, tradendo,  con  effetto  retroattivo,  la
certezza, piu' che non l'affidamento, sorta sia nel  soggetto  eletto
sia in coloro che lo hanno eletto,  in  forza  e  nell'ambito  di  un
determinato contesto e, peraltro, dopo che le prestazioni  in  favore
della Regione FVG sono gia'  state  interamente  eseguite  e  per  le
stesse e' stato maturato il diritto all'assegno vitalizio. 
    Il lasso di tempo trascorso dalla maturazione e dalla  percezione
del vitalizio, per altro verso, esclude che gli attori, a distanza di
anni, potessero aver previsto che il  loro  vitalizio  sarebbe  stato
ridotto. Basti pensare che anche nel 1995, quando la  disciplina  dei
vitalizi ê stata rivista con la legge  regionale  (37/1995),  i  suoi
articoli 21 e 22 hanno fatto espressamente salvi i  diritti  quesiti,
con cio' avallando vieppiu' il convincimento  di  una  intangibilita'
del trattamento acquisito. 
    Ma che l'intervento regionale fosse imprevedibile si ricava anche
dal decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174,  convertito  con  legge  7
dicembre 2012, n. 213, c.d. «Decreto Monti», che espressamente  aveva
previsto che: «Fatto salvo quanto disposto  dall'art.  14,  comma  1,
lettera f) del decreto-legge n. 138/2011, e fino  all'adeguamento  da
parte  delle  Regioni  a  quanto   ivi   previsto,   fermo   restando
l'abolizione dei vitalizi gia' disposta dalle Regioni, le  stesse,  a
decorrere dalla data di entrata in  vigore  del  presente  decreto  e
fatti salvi i trattamenti pensionistici o vitalizi gia' in erogazione
a  tale  data,  possono   prevedere   o   corrispondere   trattamenti
pensionistici o vitalizi in favore di coloro che abbiano ricoperto la
carica di presidente della Regione, di  consigliere  regionale  o  di
assessore regionale  solo  se  a  quella  data  i  beneficiari  hanno
compluto 66 anni di eta', hanno  ricoperto  tali  cariche  anche  non
continuativamente». 
    Lo stesso Legislatore nazionale  aveva,  in  maniera  inequivoca,
fatto salvi, cioe' salvaguardato  da  ogni  intervento  riduttivo,  i
trattamenti in corso di erogazione, per cui, a maggior ragione,  deve
escludersi che gli attori potessero attendersi un siffatto  contrario
intervento. 
    Per quanto riguarda, infine, la proporzionalita'  dell'intervento
riduttivo, rilevante e'  il  fatto  che  la  L.R.  n.  2/2015  incide
negativamente su una ridottissima  platea  di  destinatari,  ossia  i
percettori di vitalizio regionale in godimento di trattamento. 
    Inoltre, tra i destinatari colpiti vi soro anche eredi,  titolari
dell'assegno in via indiretta, nonche' altri soggetti che, in  quanto
titolari di altro assegno erogato dal Parlamento italiano od europeo,
vengono penalizzati con l'abbattimento del 22,5% dell'assegno. Quando
e' evidente che la pluralita' di assegni in capo ad una sola  persona
e' la naturale conseguenza di piu' funzioni svolte e  di  piu'  piani
contributivi  adeguatamente  onorati,  per  cui  la   previsione   di
un'aliquota aggravata in tali casi tradisce anche la ratio stessa del
singoli istituti in considerazione. 
    A cio' si aggiunga che, sin dal 2006, gli attori hanno subito  la
riduzione  del  10%  del  loro  assegno,  per  cui   la   percentuale
complessiva della loro trattenuta va ben al di la di quanto riportato
nelle tabelle A e B della menzionata legge regionale. 
    Piu'  in  particolare,  il  peso  complessivamente   imposto   ai
ricorrenti risulta notevolmente ed immotivatamente superiore a quanto
riportato nella legge regionale e cioe' pari al 16%,  19%,  22%,  25%
(Tabella A) e al 19%, 23,5%, 28%, 32,5% (Tabella B). Dall'altro lato,
applicandosi le misure previste dalla legge in questione, si  avrebbe
un risparmio annuale per il  bilancio  dell'amministrazione  pari  ad
euro 519.000  circa;  calcolando  il  minore  gettito  IRPEF  che  ne
deriverebbe alla Regione, il risparmio si ridurrebbe ad euro 435.000.
Poiche'  il  bilancio  delle  Regione  nel  2014  e  stato  di   euro
6.714.845.311, il risparmio realizzato dagli interventi in  questione
corrisponde allo 0,0065% del bilancio regionale. 
    In definitiva, per tutte queste ragioni, la disciplina  in  esame
non puo' essere giudicata positivamente, attesa la mancanza di  tutte
le condizioni di legittimita richieste dalla Corte costituzionale, la
cui  compresenza  ê,  invece,  necessaria:   l'intervento   riduttivo
disposto dalla L.R. n. 2/2015 realizza un'arbitraria ed irragionevole
compressione in danno solo di una specifica  categoria  di  soggetti,
del  principio  dell'affidamento   nella   certezza   di   situazioni
giuridiche gia' esaurite e definitivamente acquisite  nel  patrimonio
dei destinatari. 
 
                                 II 
 
Illegittimita' costituzionale degli articoli 1, 2, 3  della  L.R.  n.
2/2015 per contrasto con gli articoli 3, 53 e 97 Cost.. 
    Anche a voler ritenere che il prelievo de quo risponda ai criteri
di legittimita' costituzionale in precedenza  indicati,  i  dubbi  di
costituzionalita' di tale  misura  non  verrebbero,  comunque,  meno.
L'intervento riduttivo di cui alla L.R. n. 2/2015 non si iscrive  nel
perimetro  tracciato  dalla  Corte  costituzionale   su   fattispecie
analoghe (v. Corte costituzionale n.  173/2013),  nelle  quali  si e'
affermato che il prelievo configura un tributo allorquando  determini
una definitiva decurtazione  patrimoniale  acquisita  dalla  Stato  e
destinata alla fiscalita' generale. 
    L'art. 3 della L.R. n. 2/2015 presenta tutti questi caratteri. 
    In primo, non e' stata enunciata  alcuna  destinazione  vincolata
delle risorse attinte con l'intervento in discussione, ne le  ragioni
di  un  siffatto  intervento.  Anzi,  la  durata  quadriennale  della
riduzione  imposta,  assorbita  poi  nel  meccanismo   di   ricalcolo
definitivo del vitalizio con identica' riduzione  finale,  indica  in
maniera chiara la prospettiva di un marcato consolidamento nel  tempo
degli effetti della riduzione, in una logica  normativa  che  non  si
presenta come emergenziale, bensi' di tendenziale revisione in  peius
definitiva dei trattamenti di vitalizio. Di cio' si rinviene conferma
nel contenuto della L.R. n. 8/2019. 
    Il che rende non  solo  piu'  incisiva  la  lesione  dei  diritti
patrimoniali  dei  destinatari,  ma  anche  piu'  marcato   l'effetto
discriminatorio rispetto ai  non  incisi,  a  parita'  di  condizioni
reddituali. 
    In  questo  senso a'  motto  significativa  la  protrazione   del
prelievo oltre l'arco temporale inizialmente  previsto  e,  comunque,
oltre  l'arco  di  sviluppo  di  una  programmazione  pluriennale  di
bilancio  che  conferma  la  natura  di  misura  non  conseguente   a
situazioni emergenziali ma, al contrario, da esigenze  di  fiscalita'
generale. Alla luce di queste osservazioni, va ritenuto, dunque,  che
l'intervento di riduzione di cui alla L.R. n. 2/2015 presenti  natura
sostanzialmente tributaria,  in  quanto  determina  una  decurtazione
patrimoniale arbitrariamente duratura del trattamento di vitalizio in
corso di erogazione con acquisizione al bilancio statale del relativo
gettito: in questo modo, costituisce un prelievo  coattivo  correlato
ad un data indice di capacita' contributiva gravando solo su una data
categoria di soggetti e non su tutti i cittadini, con cio' risultando
ingiustificatamente discriminatorio e non rispettoso  dei  canoni  di
uguaglianza a parita' di reddito e di universalita' dell'imposizione. 
 
                                 III 
 
Illegittimita costituzionale degli articoli da 1 a 5  della  L.R.  n.
2/2015 per manifesta violazione degli art. 48, 51, 64, 67,  68  e  69
Cost. 
    Infine, l'art. 3 della L.R. n. 2/2015  pone  un  altro  rilevante
dubbio di legittimita costituzionale. 
    Le ordinanze n. 18266 e n. 18265 dell'8 maggio 2019 della Suprema
Corte di cassazione, a Sezioni Unite, si sono espresse  sulla  natura
del vitalizio regionale, confermando precedenti indirizzi dottrinali.
In particolare, le Sezioni Unite hanno (finalmente)  attribuito  aria
materia dei vitalizi copertura costituzionale,  stabilendo  che  essi
pur non essendo specificatamente  menzionati  nella  Costituzione  (a
differenza  dell'indennitâ  prevista  nell'art.  69  Cost.)  ma  cio'
nondimeno rappresentando la sua proiezione economica  futura  -  sono
sorretti dalla stessa ratio di  tutela  fissata  dalla  Costituzione.
Ancora piu' specificatamente, le Sezioni Unite hanno affermato che ai
vitalizi: «si applica la stessa  medesima  ratio  di  sterilizzazione
degli   impedimenti   economici   all'accesso   alle    cariche    di
rappresentanza democratica del Paese e di garanzia  dell'attribuzione
ai parlamentari, rappresentanti del  popolo  sovrano,  un  trattamemo
economico adeguato  ad  assicurarne  l'indipendenza  come  del  resto
accade in tutti gli ordinamenti ispirati alla concezione  democratica
dello Stato». Cio', a presidio dei principi di  liberta',  di  scelta
dei propri rappresentanti da parte degli elettori  (art.  48  Cost.),
dell'accesso  dei  cittadini  alle  cariche  elettive  in  condizioni
uguaglianza (art. 51 Cost.) e del libero esercizio delle funzioni del
consigliere regionale senza vincolo di mandato (art. 67 Cost.). 
    Essendo evidente che: «dal collegamento tra indennita' ed assegno
di  vitalizio  si  desume  che  cosi  come  l'assenza  di  emolumento
disincentiverebbe l'accesso al mandato elettivo  a  il  suo  pieno  e
libero  svolgimento,  rispetto  all'esercizio  di  altra  attivitita'
lavorativa  remunerativa,  allo  stesso   modo,   l'assenza   di   un
riconoscimento economico per il periodo  successivo  alla  cessazione
del  mandato  elettivo  varrebbe  quale  disincentivo,  rispetto   al
trattamento previdenziale ottenibile per un'attivita' lavorativa  che
fosse stata intrapresa nello stesso lasso temporale». 
    Sulla base di tali premesse, le Sezioni Unite hanno  sottolineato
che il vitalizio rappresenta la proiezione economica  dell'indennita'
per la parentesi successiva alla cessazione del mandato elettivo, per
cui,  anche se  la  disciplina  sostanziale   dei   due   istituti e'
rinvenibile  in  fonti  differenti, e'  indubbio  che  entrambi   gli
istituti rientrino  nel  diritto  c.d.  singolare  a  presidio  della
posiziane costituzionale lora  garantita  dagli  articoli  64,  primo
comma, 66 e 68 Cost.. 
    Orbene, nel caso di specie,  la  L.R.  n. 2/2015  e'  intervenuta
riducendo pesantemente l'ammontare del vitalizio  gia'  liquidato  ed
erogato per anni agli  attori,  secondo  percentuali  arbitrariamente
fissate, che penalizzano gli ex consiglieri  indipendentemente  dalla
data  di  maturazione  del  loro  vitalizio,  se  non,   addirittura,
maggiormente penalizzano coloro i quail hanno svolto  una  pluralita'
di  incarichi  elettivi.  Allo  svolgimento  di  una  pluralita'   di
incarichi elettivi consegue la perceziane di un maggiore  importo  di
vitalizio e, dunque, l'imposizione di un maggior importo  percentuale
di riduzione. 
    Questa  riduzione  opera  solo  apparentemente  per  un   periodo
transitorio,  posto  che  l'iniziale  termine e'  stato  oggetto   di
ripetute proroghe, fino a diventare definitiva (in  quanto  assorbita
nel ricalcolo del vitalizio di cui alla  L.R.  n.  8/2019),  rendendo
palese l'inesistenza di sottostanti eccezionali e transeunti esigenze
di risparmio ma traducendosi, nei fatti, in una misura strutturale. 
    Viene, in questa modo, sminuita e svilita la  portata  del  ruolo
istituzionale connesso al mandato parlamentare, essendo evidente  che
un simile intervento riduttivo - effettuato a distanza di anni  dalla
cessazione del mandato elettivo e, dunque,  ampiamente  dopo  che  e'
stato siglato l'accordo fra il  candidato  e  lo  Stato  ed e'  stato
eseguito  -  determina  un  impoverimento  dell'attivita'   e   della
rappresentanza  politica,  disincentivando  l'accesso  alle   cariche
elettive che deve essere garantito  dalla  percezione  di  un  sicuro
riconoscimento   economico   una    volta    terminato    l'incarico.
Intervenendo, invece, oggi  su  vitalizi  gia'  erogati  collegati  a
mandati cessati anni  or  sono,  si  svilisce  il  ruolo  stesso  del
parlamentare (o del consigliere regionale) e  dell'incarico  affidato
al medesimo, ritenendolo suscettibile di essere pesantemente  rimesso
in discussione a distanza di anni, dopo che l'interessato ha dedicato
la propria vita a servizio dello Stato (o della Regione),  sottraendo
tempo  ed  energie  ad  un'attivita'  maggiormente  retribuita  nella
convinzione di servire il proprio Paese ma anche facendo  affidamento
sulla futura percezione di un vitalizio e della  stabilita'  del  sue
importo secondo le regole in allora vigenti. 
    Questo  profilo  di  illegittimita' e'  vieppiu'  accentuato  con
riferimento a coloro i quali hanno svolto piu' mandati  elettivi  che
si vedono maggiormente penalizzati in termini  di  riduzione,  quando
invece ad un maggior numero di  mandati  parlamentari  (o  regionali)
dovrebbe conseguire un  maggior  incremento  di  vitalizio,  anche  a
fronte dei maggiori contributi versati: in questo modo vi sarebbe  un
maggiore incentivo ad accedere alle  cariche  elettive  e  proseguire
nell'attivita' politica. 
    Il sistema cosi' delineato,  pertanto,  viola  i  principi  della
liberta' di scelta dei propri rappresentati da parte  degli  elettori
(art. 48 Cost.), di accesso del cittadini alle  cariche  elettive  in
condizioni di uguaglianza (art. 51 Cost.) e di libero ed indipendente
esercizio delle funzioni del parlamentare senza  vincolo  di  mandato
(art. 67, 69 e 97 Cost.). 

(1) Trattasi della sentenza 3 maggio 1978, causa C-1217.7. 

(2) In tali termini, espressamente: Corte di Giustizia, 19  settembre
    2000, Ampafrance and Sanofi, causa  C-177/99,  181/99;  Corte  di
    Giustizia, 18 gennaio 2001, Commission/Spain, causa  C-83/99.  In
    talune pronunce  i  due  principi  sono  tra  lore  affiancati  e
    considerati  in  un  unico  contesto,  Corte  di  Giustizia,   21
    settembre 1983, Deutsche Milchkontor GmbH, causa 205/82; Corte di
    Giustizia, 21 giugno 1988,  Commission/ltaly,  257/86;  Corte  di
    Giustizia, 8 giugno  2000,  Grundstückgemeinschaft  Schloßstraße,
    causa C-396/98.  

(3) V. Corte di Giustizia CE, 14 settembre  2006,  cause  C-181/04  e
    C-183/04. 

(4) v. in questo senso proprio Corte costituzionale 27 gennaio  2011,
    n. 31, ove si afferma la necessita' di evitare che  «disposizioni
    trasmodino in regolanenti irrazionali che frustino  l'affidamento
    dei  cittadini  nella  sicurezza  pubblica  da  intendersi  quale
    elemento fondamentale dello stato di diritto». 
 
                                P.Q.M. 
 
    Visto l'art. 134 Cost., dichiara rilevante e  non  manifestamente
infondata, con riferimento agli articoli 2, 3, 23, 42,  48,  51,  53,
64, 67, 68 e 69, 97  e  117  Cost.,  la  questione  di  illegittimitâ
costituzionale  degli  articoli  1  e  3  della  L.R.  FVG  2/2015  e
successive  modifiche,  nella  parte  in  cui,   per   finalita'   di
contenimento dei costi di rappresentanza  politica  (art.  1),  hanno
stabilito,  a  decorrere  dal  (5)  1°  maggio  2019,  la   riduzione
dell'assegno di vitalizio secondo le percentuali di cui alle allegate
tabelle A e B (art. 3); 
    Dispone la trasmissione immediata degli  atti  e  della  presente
ordinanza,   comprensivi   della   documentazione    attestante    ii
perfezionamento delle prescritte comunicazioni e  notiftcazioni,  AEI
Corte costituzionale; 
    Sospende il giudizio; 
    Ordina la notifica della presente ordinanza alle parti in causa. 
        Trieste, 6 ottobre 2020 
 
                         Il Giudice: Moscato 
 

(5) Il Giudice dott. Moscato, con provvedimento dd. 21 ottobre  2020,
    ha disposto la correzione dell' errore materiale nel  dispositivo
    dell'ordinanza dd. 6 ottobre 2020 e cioe' modificando la data  di
    decorrenza della riduzione dell'assegno  vitalizio  indicando  il
    giorno «1° marzo 2015»  in  sostituzione  di  quello  errato  «1º
    maggio 2019». Annotato il 24 ottobre 2020.