N. 40 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 gennaio 2021
Ordinanza del 15 gennaio 2021 del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto nel procedimento civile promosso da Scimone Marco e Castellano Francesca contro Lombardo Carmela. Esecuzione forzata - Misure connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19 - Sospensione, fino al 30 giugno 2021, di ogni procedura esecutiva immobiliare avente ad oggetto l'abitazione principale del debitore. - Decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27, art. 54-ter, come modificato dagli artt. 4, comma 1, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 (Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19), e 13, comma 14, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183 ("Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, di realizzazione di collegamenti digitali, di esecuzione della decisione (UE, EURATOM) 2020/2053 del Consiglio, del 14 dicembre 2020, nonche' in materia di recesso del Regno Unito dall'Unione europea").(GU n.14 del 7-4-2021 )
TRIBUNALE DI BARCELLONA POZZO DI GOTTO Ufficio esecuzioni immobiliari Il Giudice dell'esecuzione nella procedura di espropriazione immobiliare iscritta al n. 80/2014 R.G.Es., promossa da Marco Scimone, codice fiscale SCM MRC 67A22 I480G, e Francesca Castellano, codice fiscale CST FNC 66H52 F206H, rappresentati e difesi dall'avv. Gianluca Carrozza, nei confronti di Carmela Lombardo, cod. fisc. LMB CML 64P47 G209S, rappresentata e difesa dall'avv. Alessandro Cattafi, ha pronunciato, ai sensi dell'art. 23, comma 3, della legge 11 marzo 1953, n. 87, la seguente ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 54-ter del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, introdotto dall'art. 1, comma 1, della legge 24 aprile 2020, n. 27, modificato dagli articoli 4, comma 1, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, e 13, comma 14, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183 (c.d. «milleproroghe 2021»), che ne hanno esteso il termine di efficacia dapprima al 31 dicembre 2020 e da ultimo al 30 giugno 2021, in relazione agli articoli 3, 24, 47, 111 e 117 della Costituzione. 1. La vicenda processuale pendente davanti al giudice a quo. Marco Scimone e Francesca Castellano, in forza della sentenza n. 48 del 29 ottobre 2012 pronunciata dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, con atto notificato a mani proprie della debitrice in data 29 luglio 2014 hanno sottoposto a pignoramento il diritto di proprieta' sull'appartamento per civile abitazione in Pace del Mela (ME), via Bonfiglio n. 104, allibrato in catasto al foglio 10, particella 1228, subalterno 20, e l'autorimessa - che ne e' pertinenza ai sensi dell'art. 818 del codice civile - registrata in catasto al foglio 10, particella 1228, subalterno 10. Con ordinanza tesa all'udienza del 2 maggio 2016 e' stata autorizzata, ai sensi dell'art. 569 codice di procedura civile, la vendita dei beni staggiti, con delega delle operazioni di vendita ai sensi dell'art. 591-bis del codice di rito. In data 4 gennaio 2021 il professionista delegato, che svolge anche le funzioni di custode, ha rappresentato che la delega e' scaduta e, nondimeno, che l'appartamento pignorato - di cui la debitrice ha mantenuto il godimento per tutto il corso della procedura - costituisce l'abitazione principale dell'esecutata, come si evince dall'allegato certificato storico di residenza, tanto che l'atto di pignoramento e' stato altresi' notificato presso il medesimo fabbricato. Dovendosi all'esito della relazione del professionista delegato rinnovare la delega delle operazioni di vendita e indicare, contestualmente, i termini per le pubblicazioni dell'avviso di vendita e per la presentazione delle offerte (cfr. art. 591-bis codice di procedura civile in comb. disp. con gli articoli 570 e 571 codice di procedura civile), assumere rilievo l'art. 54-ter del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, rubricato «Sospensione delle procedure esecutive sulla prima casa», a mente del quale «Al fine di contenere gli effetti negativi dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, in tutto il territorio nazionale e' sospesa, per la durata di sei mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare di cui all'art. 555 del codice di procedura civile che abbia ad oggetto l'abitazione principale del debitore». Gli articoli 4, comma 1, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, e 13 comma 14, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183 (c.d. «milleproroghe 2021»), ne hanno infatti esteso il termine di efficacia dapprima al 31 dicembre 2020 e da ultimo al 30 giugno 2021. 2. Il dato normativo. Il legislatore dell'emergenza, con il citato intervento normativo, ha stabilito la sospensione di «ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare di cui all'art. 555 del codice di procedura civile». La formula normativa non si lascia apprezzare per immediata chiarezza e per l'uso corretto della terminologia tecnica. Il codice di procedura civile non conosce una procedura esecutiva «per» il pignoramento immobiliare, come lascerebbe erroneamente presupporre la formulazione letterale dell'art. 54-ter del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18. Piuttosto, e' noto che il processo di espropriazione immobiliare si instaura - a norma dell'art. 555, comma 1, del codice di procedura civile - con «la notificazione al debitore e successiva trascrizione di un atto nel quale si indicano esattamente [...] i beni e i diritti immobiliari che si intendono sottoporre a esecuzione», contenente l'ingiunzione prevista dall'art. 492 del codice di procedura civile. Di conseguenza e' escluso che la sospensione riguardi la possibilita' di assoggettare ad espropriazione l'abitazione principale del debitore, posta anche la diversa formulazione letterale adottata dal legislatore rispetto alle fattispecie considerate dagli articoli 51 e 168 della legge fallimentare o dell'art. 76, comma 1, lettera a, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. Piuttosto il fuoco della sospensione e' costituito dal processo esecutivo, in particolare dagli atti del processo esecutivi aventi immediata finalita' liquidatoria. Una ulteriore e indiretta conferma dell'assunto e' desumibile dell'art. 4, comma 1, secondo periodo, del decreto-legge del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, a mente del quale «E' inefficace ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, di cui all'art. 555 del codice di procedura civile, che abbia ad oggetto l'abitazione principale del debitore, effettuata dal 25 ottobre 2020 alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto». Tale previsione, anch'essa bisognosa di un'interpretazione ortopedica a causa delle sua molteplici ambiguita' (fra cui spicca l'inefficacia riferita alla «procedura esecutiva [...]» e non a singoli atti o provvedimenti), sarebbe stata superflua - qualunque ne sia il significato da trarre (sul quale non ci si sofferma in questa sede, attesa la rilevanza solo mediata della norma) - laddove il legislatore dell'emergenza avesse gia' inteso sospendere, per mezzo dell'art. 54-ter del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, la possibilita' di vincolare l'abitazione principale del debitore a fini espropriativi. Perche' operi la sospensione e' necessario che l'immobile pignorato costituisca l'abitazione principale dell'esecutato, sia esso il debitore ovvero, per effetto dell'art. 604, comma 1, codice di procedura civile, il terzo proprietario. La nozione di abitazione principale e' pero' ignota al codice civile. Compare invece nella normativa tributaria, e in particolare negli articoli 10, comma 3-bis, e 15, comma 1, lettera b, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, nonche' nell'abrogato art. 13, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, e nell'art. 1, comma 741, lettera b, della legge 28 dicembre 2019, n. 160. Le disposizioni in essi contenute costituiscono l'addentellato normativo per l'individuazione del concetto di' abitazione principale, che altro non e' che la dimora abituale - dunque la residenza (art. 43, comma 2, del codice civile) del contribuente. Ne consegue che la sospensione deve essere disposta a condizione che l'esecutato abbia fissato presso l'immobile staggito la propria residenza e quella degli eventuali familiari con lui conviventi. Si ritiene che tale destinazione, in ragione dell'insensibilita' del pignoramento agli atti successivi al suo perfezionamento e al fine di evitare condotte abusive da parte dell'esecutato, debba sussistere non tanto alla data di entrata in vigore della legge di conversione 24 aprile 2020, n. 27, ma continuativamente dal giorno della notifica dell'atto di pignoramento immobiliare sino al momento in cui la sospensione e' concretamente pronunciata. Si osserva infatti che la sospensione non opera automaticamente, ma richiede necessariamente un preliminare accertamento - sia pur sommario e incidentale, su istanza di parte o d'ufficio - diretto a verificare in punto di fatto che l'immobile sottoposto ad esecuzione possa essere giuridicamente qualificato come «abitazione principale». 2.1. Segue: la ratio legis. - E' intuitivo che l'ampiezza dell'interpretazione dell'art. 54-ter non e' insensibile alla natura dei contrapposti interessi coinvolti: quello del creditore ad ottenere la soddisfazione coattiva del proprio diritto di credito nel piu' breve tempo possibile e quello del debitore a non vedersi privato della propria abitazione principale. La delimitazione dei perimetro applicativo della norma e' collegata all'individuazione della ragione giustificatrice sottesa alla sua introduzione, che secondo lo stesso legislatore mira a contenere gli «effetti negativi dell'emergenza epidemiologica da COVID-19», quasi a voler indicare l'esistenza di un nesso di strumentalita' tra la sospensione delle procedure di espropriazione immobiliare - non tutte, ma solo quelle riguardanti l'abitazione principale dell'esecutato - ed il contenimento dell'epidemia. Invero, a fronte di tale inusuale precisazione da parte del legislatore, deve escludersi che la sospensione presenti effettivamente punti di contatto con la tutela della salute pubblica: il processo di espropriazione non sembra di per se' causa di diffusione del virus, e comunque non meno di altre attivita' che non sono state oggetto di analoga inibitoria; in caso contrario, la sospensione avrebbe inoltre riguardato, o avrebbe dovuto ragionevolmente riguardare, tutti i processi di espropriazione immobiliare, a prescindere dal loro oggetto. L'esigenza abitativa dell'esecutato sembra parimenti estranea all'oggetto della «tutela» normativa. Tale interesse e' piu' che adeguatamente assicurato da altre norme emergenziali, e in particolare dagli articoli 103, comma 6 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, e dall'art. 13, comma 13, da decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, che non consentono - anche in caso di espropriazione del bene per effetto di aggiudicazione e trasferimento del medesimo a terzi - di procedere al rilascio coattivo dell'immobile. Il legislatore ha infatti disposto «La sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, [...] sino al 30 giugno 2021 limitatamente ai provvedimenti di rilascio adottati per mancato pagamento del canone alle scadenze e ai provvedimenti di rilascio conseguenti all'adozione, ai sensi dell'art. 586, comma 2 del codice di procedura civile, del decreto di trasferimento di immobili pignorati ed abitati dal debitore e dai suoi familiari» (sarebbe poi da comprendere se tale norma, incidendo pesantemente sul nucleo essenziale del diritto di proprieta', tutelato dall'art. 42, comma 1, della Costituzione sia a sua volta legittima, benche' si tratti di un aspetto che esula dalla fattispecie analizzata in questa sede e da porre al vaglio di legittimita' costituzionale). Inoltre la sospensione, dato il tenore letterale della norma, prescinde dall'accertamento - in concreto - della disponibilita', da parte dell'esecutato, di abitazioni ulteriori rispetto a quella principale, ovvero dalla possibilita' per lo stesso di soddisfare in qualunque altro modo tale interesse. Ne deriva che non vi e' un collegamento tra la sua applicazione ed eventuali esigenze abitative del soggetto espropriato. Dovendosi escludere che l'art. 54-ter abbia limitato il diritto del creditore di agire in executivis per la tutela della salute individuale e pubblica, ovvero per tutelare le esigenze abitative dei debitori, si ritiene che la disposizione non sia posta a presidio di interessi collettivi o individuali di rango primario, piegandosi a logiche assistenzialiste. Circostanza confermata dal fatto che la norma non opera alcuna distinzione tra pignoramenti anteriori e successivi allo stato di emergenza per la prima volta deliberato dal Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020, con la conseguenza che la sospensione e' totalmente sganciata dall'accertamento di una qualunque correlazione tra la pandemia e l'espropriazione. Non solo. La norma non lascia al Giudice dell'esecuzione neanche la possibilita' di verificare le condizioni soggettive del creditore e del debitore, dovendo la sospensione applicarsi a prescindere dalle esigenze del primo e della capacita' reddituale del secondo. Il legislatore ha giustificato la misura in ragione degli «effetti negativi dell'emergenza epidemiologica da COVID-19», ma senza che sia chiaro - all'atto pratico - su quale bene o interesse si vadano a riverberare gli effetti negativi derivanti dall'epidemia. Si tratta percio' di una formula «vuota», o in tutti i modi sfuggente e di difficile percezione. La volonta' normativa, a prescindere dall'incipit della norma, e' percio' quella di tutelare - in ogni caso e a prescindere dai motivi dell'indebitamento - il patrimonio del debitore dal rischio di vedersi sottratta l'abitazione principale (e dunque anche quando ne abbia altre) in un periodo di emergenza economica e sociale, prima ancora che sanitaria. In cio' si annida l'effettiva ratio legis, proteggete il patrimonio del debitore dal rischio. dell'espropriazione di un determinato cespite (l'abitazione principale). Ancorche' - si ribadisce e preme sottolinearlo - la causa del debito e l'espropriazione siano in concreto anteriori alla dichiarazione dello stato di emergenza, e dunque completamente indipendenti dall'epidemia. L'intervento normativo colpisce indistintamente tutti i creditori, a prescindere dalla relativa fascia di reddito, e dunque finanche coloro che magari l'abitazione principale neanche se la possono permettere e che per i quali il mancato (o anche solo ritardato) recupero coattivo del credito possa essere fonte di pregiudizi non meno rilevanti rispetto a quello subito dall'esecutato che con il suo inadempimento ha provocato l'altrui legittima richiesta di tutela esecutiva al potere statuale. E' percio' oltremodo importante che in sede ermeneutica ci si soffermi sull'effettiva ratio legis di una norma che, per effetto di un coacervo di successivi interventi normativi, formalmente giustificati per far fronte ad una situazione di emergenza, e' stata di fatto stabilizzata nell'ordinamento (spingendosi ben oltre il 31 gennaio 2020, che ad oggi e' ancora la data di scadenza del periodo di emergenza), con l'effetto di determinare la sostanziale intangibilita' o inespropriabilita' - all'apparenza temporanea - di un determinato bene incluso nel patrimonio del debitore, a prescindere dalla concreta valutazione delle cause dell'indebitamento e delle condizioni economiche dei soggetti coinvolti, e dunque anche nel caso in cui quella del creditore sia deteriore rispetto a quell'esecutato (nulla esclude infatti che il creditore abbia la necessita' di ottenere il credito per soddisfare esigenze primarie, laddove il debitore potrebbe al contrario essere proprietario di altri immobili ad uso abitativo ovvero possedere redditi che comunque gli consentano di soddisfare le proprie esigenze abitative). 2.2. Segue: l'ambito applicativo della norma. - Per le suesposte considerazioni si ritiene che il perimetro soggettivo e oggettivo della sospensione dell'esecuzione prevista dall'art. 54-ter, incidendo negativamente sul diritto del creditore ad essere tutelato in executivis e in tempi ragionevoli, e senza correlati vantaggi per altri interessi di rango costituzionale (cfr. infra), deve essere individuato sulla base di una lettura costituzionalmente orientata e restrittiva del testo normativo. La norma deve essere circoscritta all'ipotesi in cui l'immobile pignorato sia la dimora abituale del debitore, o al piu' del terzo proprietario (cfr. art. 604, comma 1, c.p.c.), ma non anche di altri soggetti. Inoltre, al fine di contemperare l'interesse tutelato dalla norma con quello dei creditori a soddisfarsi in tempi ragionevoli sui beni della parte esecutata, si ritiene in ogni caso che la sospensione inibisca solo il compimento degli atti liquidatori in senso stretto, ma non osti al compimento delle attivita' propedeutiche ai medesimi, dal momento che il completamento di queste ultime non produce alcun effetto espropriativo. La sospensione abbraccia percio' il provvedimento che autorizza la vendita e gli adempimenti successivi che precedono l'aggiudicazione del bene (mentre per ragioni di coerenza sistematica la sospensione non rileverebbe quando vi sia gia' stata l'aggiudicazione, stante la sua insensibilita' - ai sensi dell'art. 187-bis disposizioni di attuazione del codice di procedura civile - finanche agli eventi estintivi). 3. La rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. Il Giudice dell'esecuzione ha autorizzato la vendita all'udienza del 2 maggio 2016, delegandone le operazioni ai sensi dell'art. 591-bis del codice di procedura civile ad un professionista delegato. Quest'ultimo, in data 4 gennaio 2021, ha chiesto la rinnovazione della delega per la prosecuzione delle operazioni di vendita, ossia l'adozione di un provvedimento che partecipa della stessa natura del provvedimento che ha autorizzato la vendita e nel quale devono essere fissati i tempi e le modalita' per la prosecuzione dell'attivita' delegata. Il Giudice rimettente e' percio' tenuto ad indicare il termine per la pubblicazione dell'avviso previsto dall'art. 570 del codice di procedura civile e della scadenza del termine per la presentazione delle offerte d'acquisto a norma dell'art. 571 del codice di procedura civile, che non potrebbero eccedere i centoventi giorni (arg. ex art. 569, comma 3, c.p.c.). Tuttavia, posto che il certificato storico di residenza prodotto dal delegato ed il luogo di perfezionamento della notifica, unitamente allo stato di occupazione del bene documentato dall'esperto stimatore, dimostrano che l'oggetto dell'espropriazione e' costituito dall'immobile presso cui la parte esecutata dimora abitualmente, il Giudice dell'esecuzione - per effetto della sospensione prevista dall'art. 54-ter del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 - non puo' allo stato rinnovare la delega e disporre la prosecuzione delle operazioni di vendita (con fissazione del prossimo tentativo entro un termine non superiore a centoventi giorni), trattandosi di un atto cui si disporrebbe la prosecuzione delle attivita' di liquidazione in senso stretto. Viceversa, il provvedimento giudiziale potrebbe essere validamente adottato solo successivamente al 30 giugno 2021, salvo che medio tempore non intervenga un'ulteriore proroga legislativa, circostanza che non puo' essere aprioristicamente scartata dal momento che il termine finale della sospensione e' gia' stato oggetto di ben due estensioni normative (citate in premessa), che ne hanno dilatato a quattordici mesi il periodo di efficacia (rispetto ai sei iniziali). Il coacervo degli interventi normativi che si sono succeduti, e da ultimo l'art. 13, comma 14, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, hanno progressivamente stabilizzato il regime della sospensione, che in origine avrebbe avuto anche un orizzonte temporale abbastanza contenuto. Una norma inizialmente efficace per sei mesi e' stata medio tempore oggetto di due proroghe successive e senza che vi siano ad oggi elementi per poter escludere che il legislatore reiteri analoghi interventi normativi. L'ultimo di essi e' peraltro totalmente sganciato dalla durata dell'emergenza sanitaria, fermo restando che non vi alcuna correlazione tra il processo esecutivo e l'evoluzione della pandemia. Ne derivano percio' fondate incertezze sull'effettiva ripresa processo e sull'effettivita' della tutela in questa sede riconosciuta ai creditori procedenti, Marco Scimone e Francesca Castellano. E' dunque evidente il nesso di strumentalita' fra la risoluzione della questione sollevata dal Giudice a quo e il progredire del processo esecutivo, ormai entrato in una fase di indefinita quiescenza, non dipendente dalle parti e non superabile da parte dei creditori procedenti, costretti subire gli effetti del blocco dell'espropriazione. 4. La non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale. L'art. 54-ter del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, ha introdotto nell'ordinamento giuridico un'ipotesi di sospensione che appare pregiudizievole per i creditori, i quali vedono concretamente congelato il proprio diritto ad agire esecutivamente sull'abitazione principale del debitore, che a norma dell'art. 2740 del codice civile risponde dell'adempimento delle obbligazioni «con tutti i suoi beni», presenti e futuri. La sospensione e' ancorata - come gia' anticipato - ad un dato neutro, ossia la destinazione dell'immobile pignorato ad abitazione principale dell'esecutato, che pero' non e' un indice di ricchezza ne' di capacita' reddituale. Il legislatore non sembra aver compiutamente considerato le ripercussioni pratiche che possono astrattamente concepirsi in relazione all'applicazione della norma, che per un verso ha immediate e intuibili ricadute negative sugli interessi delle parti processuali, in primo luogo per i creditori, ponendosi in contrasto con il principio di effettivita' della tutela giurisdizionale e con l'interesse di esso (che puo' peraltro essere comune anche al debitore) alla conclusione del processo in tempi ragionevoli; per altro verso rischia di produrre effetti deleteri sul mercato del credito, allorche' ad esso ci si rivolga per il reperimento di somme da destinare per l'acquisto dell'abitazione principale. 4.1. Segue: in relazione all'art. 24, comma 1, della Costituzione. - La Corte costituzionale ha confermato, laddove ve ne fosse bisogno, che la garanzia della tutela giurisdizionale posta dall'art. 24, comma 1, della Costituzione comprende anche la fase dell'esecuzione forzata, la quale e' diretta a rendere effettiva l'attuazione del provvedimento giurisdizionale (Corte cost., sentenza 10 giugno 2010, n. 198; cfr. altresi' Corte cost., sentenza 8 settembre 1995, n. 419; Corte cost., sentenza 25 luglio 1996, n. 312). Tale considerazione e' stata da ultimo ripresa anche dalla Corte suprema di cassazione, che ha affermato «l'indefettibilita' della tutela giurisdizionale in sede esecutiva, quale principio ispiratore dell'ordinamento» (in questi termini Cassazione civ. sez. III, sentenza 11 giugno 2020, n. 11116, che rinvia a Cassazione civ., Sez. Un., sent. 23 luglio 2019, n. 19883 a n. 19888). L'art. 54-ter del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, sembrerebbe porsi, in primo luogo, in rotta di collisione con diritto alla tutela giurisdizionale, scolpito nell'art. 24, comma 1, della Costituzione, di cui il momento dell'esecuzione e' quello nel quale se ne afferma l'effettivita'. A nulla vale riconoscere resistenza di un diritto se poi il legislatore frappone ostacoli processuali alla sua realizzazione. L'affermazione che precede e' plasticamente esemplificata dalla fattispecie di cui al presente procedimento, in cui due persone fisiche stanno agendo nei confronti di altra persona fisica per il recupero di un credito risarcitorio (che ha trovato titolo, peraltro, nel fatto illecito dell'esecutata, da cui e' derivato un danno all'appartamento - ossia all'abitazione - dei procedenti). L'effetto determinato dal coacervo di queste proroghe e' percio' paradossale. Marco Scimone e Francesca Castellano, la cui abitazione e' stata danneggiata e che hanno diritto a ricevere la somma necessaria per effettuarne il ripristino, sono impossibilitati ad avvalersi della forza dello Stato per il recupero del proprio, senza che il legislatore si sia preoccupato di valutare se la condizione dei creditori sia deteriore, o meno, rispetta a quella della danneggiante-esecutata, e senza alcuna correlazione tra l'espropriazione e la pandemia. Di fatto, per effetto delle proroghe dell'efficacia temporale della sospensione, il diritto dei creditori ad agire in executivis e' stato congelato, per un tempo solo in apparenza definito e, senza il riconoscimento di alcuna utilita' compensativa a favore di coloro che pur avrebbero ragione ad essere tutelati in tempi ragionevoli a fronte dell'inerzia del debitore che ha dato causa all'espropriazione. La sospensione del processo esecutivo si traduce nella sospensione di un diritto costituzionale, senza che sia possibile scorgere all'orizzonte - per le ragioni gia' viste in sede di interpretazione della norma sospetta di illegittimita' - correlati e concreti benefici per altri beni giuridici di rango costituzionale. In ragione delle affermazioni di principio e delle relative applicazioni da parte del Giudice delle leggi e della giurisprudenza di legittimita', la sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l'abitazione principale del debitore non appare ragionevole. La ragionevolezza costituisce un limite dell'esercizio del potere legislativo e la sua violazione e' sindacabile dalla Corte costituzionale. E' noto al giudice a quo che «Tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non e' possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri» (Corte cost., sentenza 9 maggio 2013, n. 85) e che la tutela deve essere sempre «sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro» (Corte cost., sentenza 28 novembre 2021, n. 264). Viceversa, l'illimitata ovvero incondizionata espansione di uno di essi aprirebbe la strada alla c.d. tirannia di un diritto nei confronti degli altri beni giuridici di rango costituzionale. E' necessario che la limitazione dei diritti costituzionali - che si traduce sempre in un pregiudizio per coloro che ne sono titolari - sia adeguatamente compensata da un vantaggio a favore di un altro bene giuridico di pari rango, e sempre a condizione che l'intervento sia necessario prima ancora che proporzionato. Se dalla compressione di un diritto costituzionale non deriva un beneficio per un'altra situazione giuridica costituzionalmente riconosciuta e protetta, ovvero se alla lesione del primo non consegue la maggior realizzazione di un altro interesse, la norma che abbia inciso un diritto costituzionale non appare ragionevole. Nella fattispecie non appare manifestamente infondato affermare che l'art. 54-ter del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, svilisca - alla prova dei fatti - l'effettivita' della tutela giurisdizionale senza un apprezzabile vantaggio per altri beni di rango costituzionale. Anzi non sembra immotivato sostenere che la norma - come si vedra' a proposito del conflitto con l'art. 47, comma 2, della Costituzione - determini effetti distorsivi che vanno anche oltre la singola procedura esecutiva interessata dalla sua applicazione. La norma non appresta alcun vantaggio per la salute individuale o collettiva, dal momento che l'espropriazione non e' di per se' veicolo di contagio o di diffusione del virus, potendo anche gli accessi nell'immobile svolgersi mediante l'utilizzo di dispositivi di protezione individuali. Oltretutto - come gia' anticipato - il fatto che la sospensione abbia interessato solo le procedure esecutive aventi ad oggetto l'abitazione principale dei debitori, nulla disponendo per le altre, sta ad indicare che non vi e' alcuna correlazione tra l'art. 54-ter del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, e la tutela del diritto alla salute ex art. 32 della Costituzione. Laddove invece la giustificazione costituzionale della sospensione venga ancorata alla cura di esigenze abitative dei debitore, si osserva che l'art. 47, comma 2, della Costituzione non sembra avallare limitazioni all'esercizio dell'azione esecutiva. Una cosa e' favorire o incoraggiare l'accesso al credito per conseguire la proprieta' di un'abitazione altra cosa e' sancirne la temporanea (ma a questo punto indeterminata) inespropriabilita'. Una cosa e' sancire - come anche affermato in talune convenzioni internazionali (art. 25 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e art. 11 della Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali) e nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea - il diritto al rispetto della vita privata e del domicilio, altra cosa e' affermare che il diritto del creditore non possa ottenere tutela delle proprie ragioni sottoponendo ad espropriazione l'abitazione principale del debitore inadempiente, che (a) ha contratto il debito, (b) non ha adempiuto la prestazione e, in ultimo, (c) ha provocato l'iniziativa processuale della controparte. Fermo restando che l'espropriazione produce i suoi effetti sul piano della titolarita' del diritto, per cui l'interesse del debitore a conservare la detenzione del bene per finalita' abitative e' gia' tutelata attraverso la sospensione delle procedure esecutive di rilascio (salvo riproporre anche per il blocco dei rilasci coattivi i medesimi dubbi di legittimita' costituzionale). 4.2. Segue: in relazione agli articoli 3, comma 2, e 47, comma 2, della Costituzione. - Il legislatore non sembra aver ponderato il pregiudizio che la sospensione rischia di arrecare agli interessi dei creditori - non solo quelli «forti» o «istituzionali», ma anche quelli «occasionali» (come nella fattispecie) - in un momento di crisi economica. Si e' gia' visto, esaminando la norma, che da essa non deriva alcun vantaggio per la collettivita', ma solo per il debitore (inadempiente). E' noto tuttavia che la speditezza del processo esecutivo abbia una diretta incidenza sulla salute dell'economia, poiche' incoraggia gli investimenti (interni e soprattutto esteri), aumenta il gettito fiscale e riduce i costi del credito. La progressiva stabilizzazione della sospensione ex art. 54-ter del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, (unitamente alle altre norme che il legislatore dell'emergenza ha adottato a tutela dello status quo), che da un iniziale periodo di sei mesi e' giunta ad una sospensione di oltre quattordici, espone la collettivita' al pericolo di un aumento (anche sensibile) dei tassi di interesse sui mutui per l'acquisto dell'abitazione; l'analisi economica della disposizione conduce a ritenere non manifestamente infondata la possibilita' che l'accesso al credito per l'acquisto dell'abitazione principale sia sempre piu' complicato e oneroso per coloro che gia' non dispongono di altri beni da dare in garanzia, aumentando percio' ancor di piu' le diseguaglianze sociali. 4.3. Segue: in relazione all'art. 111, comma 2, della Costituzione. - La sospensione in oggetto determina, oggettivamente, una protrazione dei tempi di definizione del processo di espropriazione. Tale effetto potrebbe essere ritenuto ragionevole e compatibile con la Costituzione laddove si traduca in concreta possibilita' per l'esecutato di ripianare l'esposizione debitoria e sottrarre definitivamente il bene al pignoramento. Cosi' come accade, in via ordinaria, allorche' le parti formulino istanza congiunta di sospensione ai sensi dell'art. 624-bis del codice di procedura civile. Nella fattispecie, invece, l'effetto sospensivo non e' rimesso alla volonta' delle parti e potrebbe finanche ritorcersi anche contro lo stesso debitore, dal momento che durante il corso della sospensione continuano a maturare gli interessi sulla somma dovuta, ai sensi dell'art. 1224, comma 1, del codice civile. Del resto, non e' previsto che il Giudice dell'esecuzione possa vagliare (a) se l'esposizione debitoria sia maturata in conseguenza dell'emergenza sanitaria ovvero (b) se in conseguenza di quest'ultima il debitore non sia piu' in grado di reperire le risorse necessarie per soddisfare il creditore procedente e quelli eventualmente intervenuti, sottraendo cosi bene al vincolo del pignoramento. La durata della sospensione e' peraltro disancorata dalla «emergenza epidemiologica da COVID-19», che lo stesso legislatore ha ritenuto di dover espressamente indicare come presupposto giustificativo del blocco delle espropriazioni delle abitazioni principali. L'attuale termine finale dell'art. 54-ter e' stato esteso, da ultimo, al 30 giugno 2021, mentre la scadenza dello stato di emergenza - ai sensi dell'art. 1 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35 - e' al momento fissata al 31 gennaio 2021. Sul punto non appare superfluo osservare che «il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo, sancito dall'art. 111, comma 2, Cost. e dagli articoli 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, impone al giudice - ai sensi degli articoli 175 e 127 c.p.c. - di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso» (Cass. civ., Sez. Un., 3 novembre 2008, n. 26373; Cassazione civ. sez. III, 17 giugno 2013, n. 15106; Cassazione civ., sez. II, ordinanza 21 maggio 2018, n. 12515). Tale principio di diritto, seppur affermato in fattispecie diverse da quella al vaglio del Giudice dell'esecuzione, e' comune ad ogni processo. La stessa giurisprudenza costituzionale l'ha in passato richiamato in materia esecutiva. La ragionevole durata del processo non costituisce solo il limite per le parti e per il Giudice, al quale spetta la direzione del processo a mente degli articoli 484, ultimo comma, e 175 codice di procedura civile; e' prima di tutto un obiettivo al quale il legislatore deve informare l'esercizio della potesta' legislativa. L'art. 54-ter determina indubbiamente un'espansione della durata del processo, che in concreto non potra' essere proseguito prima della prossima scadenza del 30 giugno 2021, senza che sia possibile individuare un contraltare, ossia affermare che da essa derivi una concreta utilita' per alcuna delle parti. Salvo che l'interesse non sia quello dell'esecutato a sottrarsi all'espropriazione, sebbene cio' sia in evidente antitesi con la finalita' istituzionale del processo esecutivo ed e' percio' giuridicamente irrilevante ai fini del giudizio di ragionevolezza. 4.4. Segue: in relazione all'art. 117, comma 1, della Costituzione. - Non sembra infine manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale della norma rispetto all'art. 117, comma 1, della Costituzione, secondo cui la potesta' legislativa dello Stato deve essere esercitata nel rispetto della Carta costituzionale, nonche' dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. L'art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, cosi' come interpretata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo (alla quale compete l'interpretazione e l'applicazione del trattato ex art. 32, paragrafo 1, e alle cui pronunce lo Stato italiano - nelle sue varie articolazioni - e' tenuto a conformarsi a norma dell'art. 46), garantisce il diritto di ottenere entro un termine ragionevole l'esecuzione del provvedimento adottato all'esito del processo, quale imprescindibile condizione di effettivita' della tutela giurisdizionale (cfr. Corte europea dei diritti dell'uomo, Hornsby c. Grecia [GC], ric. n. 18357/91, 19 marzo 1997, parr. 40-41). Tale osservazione segue al recente monito della Corte suprema di cassazione sull'importanza e sulla centralita' dell'esecuzione forzata, «ineludibile complemento della tutela di ogni diritto, costituendo uno strumento di effettivita' del sistema giuridico e cosi' dello stesso Stato democratico moderno» (Cass. civ., sez.. III, sentenza 11 giugno 2020, n. 11116). La medesima giurisprudenza di legittimita' ha per altro verso osservato che «il diritto a un ricorso effettivo ad un giudice, consacrato anche dall'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (adottata a Nizza il 7 dicembre 2000 e confermata con adattamenti a Strasburgo il 12 dicembre 2007; pubblicata, in versione consolidata, nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea del 30 marzo 2010, n. C83, pagg. 389 ss.; efficace dalla data di entrata in vigore del Trattato di Lisbona, ratificato in Italia con legge 2 agosto 2008, n. 130, avutasi addi' 1° dicembre 2009), sarebbe illusorio se l'ordinamento giuridico di uno Stato membro consentisse che una decisione giudiziaria definitiva e obbligatoria restasse inoperante a danno di una parte (Corte giustizia dell'Unione europea, 30 giugno 2016, Torna e Biroul Executorului Judecatoresc Horatin Vasile Cruduleci, 051205/15, punto 43; Corte giustizia dell'Unione europea, Grande Camera, 29 luglio 2019, Alekszij Torubarov c/ Bevandorlasi es Menekeiltugyi Hivatal, C-556/17, punto 57)». Per altro verso la compatibilita' costituzionale dell'art. 54-ter deve confrontarsi con l'art. 1 del protocollo addizionale n. 1 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, a mente del quale ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei sui beni. La giurisprudenza di Strasburgo ha ricondotto nel concetto di «bene» qualsiasi entita' materiale o immateriale che sia economicamente valutabile, dunque anche i diritti di credito derivanti da una decisione giudiziaria. In tal senso e' stato affermato che l'impossibilita' di adire un giudice per ottenere l'esecuzione di un credito certo ed esigibile comporta una violazione del citato art. 1 del protocollo addizionale n. 1 sulla «Protezione della proprieta' e dell'art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali in materia di «Diritto a un equo processo» (cfr. Corte europea dei diritti dell'uomo, De Luca c. Italia, ric. n. 43870/04, 24 settembre 2013, e, Pennino c. Italia, ric. n. 43892/04, 24 settembre 2013). Non e' ammesso che l'ordinamento interno di uno Stato contraente consenta che una sentenza esecutiva non possa essere di fatto eseguita in danno della parte soccombente, perche' la sua esecuzione e' parte integrante del processo. L'art. 54-ter del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, per effetto delle modifiche di cui all'art. 4, comma 1, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, e da ultimo, per quel che in questa sede rileva, dall'art. 13, comma 14, dei decreto-legge 31 dicembre 2020, n, 183, che ne ha esteso la vigenza temporale al 30 giugno 2021, ha di fatto reso inoperante la condanna portata dal titolo esecutivo posto a fondamento dell'espropriazione, senza che sia astrattamente ipotizzabile che tale previsione arrechi vantaggi a beni o interessi di rango costituzionale non minori dei pregiudizi segnalati. Non si ravvisa l'esistenza di una connessione razionale e ragionevole tra lo strumento della sospensione del processo di esecuzione e la ratio della norma, ossia salvaguardare incondizionatamente e per un (in)certo periodo di tempo il patrimonio del debitore dall'espropriazione dell'abitazione principale, a prescindere dalla ragioni oggettive che hanno causato il credito e dalle condizioni soggettive delle parti processuali (stato di bisogno dei creditori, abbienza del debitore, e cosi' via).
P.Q.M. Visti gli articoli 134 della Costituzione, 23 e seguenti della legge 11 marzo 1953, n. 87, ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittima costituzionale dell'art. 54-ter del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, introdotto dall'art. 1, comma 1, della legge 24 aprile 2020, n. 27, modificato dagli articoli 4, comma 1, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, e 13 comma 14, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183; dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il processo in corso; ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai presidenti delle due Camere del Parlamento. Barcellona Pozzo di Gotto, 13 gennaio 2021 Il Giudice dell'esecuzione: Lo Presti