N. 52 SENTENZA 9 - 31 marzo 2021

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Bilancio e contabilita'  pubblica  -  Norme  della  Regione  autonoma
  Sardegna - Immobili di proprieta' regionale  in  cui  siano  svolte
  attivita' di  valenza  sociale  e  assistenziale,  di  aggregazione
  giovanile  e  di  assistenza  all'infanzia  e  alla  terza  eta'  -
  Alienazione a prezzo simbolico alle associazioni del Terzo  settore
  detentrici da almeno tre anni consecutivi, se iscritte nel registro
  regionale  generale  di  volontariato  -  Ricorso  del  Governo   -
  Lamentata irragionevole esclusione  per  le  associazioni  onlus  a
  carattere nazionale - Non fondatezza della questione. 
Bilancio e contabilita'  pubblica  -  Norme  della  Regione  autonoma
  Sardegna -  Erogazione  di  un  contributo  in  favore  delle  sole
  associazioni onlus operanti nelle  attivita'  di  distribuzione  di
  beni di prima necessita' e a favore degli indigenti per sostenere i
  costi  di  locazione  di  immobili  adibiti  in  via  esclusiva   o
  principale ad esercizio  di  attivita'  sociali  -  Violazione  dei
  principi  di  uguaglianza  e  di   sussidiarieta'   orizzontale   -
  Illegittimita' costituzionale. 
Bilancio e contabilita'  pubblica  -  Norme  della  Regione  autonoma
  Sardegna - Finanziamento dei centri antiviolenza promossi da  enti,
  associazioni onlus e associazioni di  volontariato  -  Ricorso  del
  Governo - Lamentata esclusione  delle  associazioni  di  promozione
  sociale, con conseguente violazione dei principi di  uguaglianza  e
  di sussidiarieta' orizzontale - Non fondatezza delle questioni, nei
  sensi di cui in motivazione. 
Bilancio e contabilita'  pubblica  -  Norme  della  Regione  autonoma
  Sardegna - Concessione di contributi  per  la  sterilizzazione  dei
  cani  e  la  prevenzione  del  randagismo  alle   associazioni   di
  volontariato iscritte nel registro  regionale  e  alle  cooperative
  sociali che si occupano statutariamente di randagismo,  nonche'  in
  favore delle associazioni di  tutela  degli  animali  di  affezione
  iscritti nel registro  regionale  per  l'assistenza  veterinaria  e
  sterilizzazione dei gatti appartenenti alle colonie feline  censite
  nel  territorio  regionale  -  Ricorso  del  Governo  -  Successiva
  rinuncia, accettata  dalla  resistente  costituita  in  giudizio  -
  Estinzione del processo. 
- Legge della Regione Sardegna 28 dicembre  2018,  n.  48,  artt.  4,
  comma 26, che introduce il comma 2-bis all'art. 3 della legge della
  Regione Sardegna 5 dicembre 1995, n. 35, 8, commi 8, 18, 34 e 35, e
  9. 
- Costituzione, artt. 3 e 118. 
(GU n.14 del 7-4-2021 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giancarlo CORAGGIO; 
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'
  ZANON,  Augusto  Antonio  BARBERA,  Giulio  PROSPERETTI,   Giovanni
  AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,  Angelo
  BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 4,  comma
26, 8, commi 18, 34 e 35, e 9  della  legge  della  Regione  autonoma
Sardegna 28 dicembre 2018, n. 48 (Legge di stabilita' 2019), promosso
dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 7
marzo 2019, depositato in cancelleria l'8 marzo 2019, iscritto al  n.
43 del registro ricorsi 2019 e pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione autonoma Sardegna; 
    udito nell'udienza pubblica del 9 marzo 2021 il Giudice  relatore
Giuliano Amato; 
    uditi l'avvocato dello Stato Ruggero Di Martino per il Presidente
del Consiglio dei ministri, in collegamento da remoto, ai  sensi  del
punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 30 ottobre  2020,
e l'avvocato Massimo Luciani per la Regione autonoma Sardegna; 
    deliberato nella camera di consiglio del 9 marzo 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 7 marzo 2019 e depositato il giorno
successivo, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di
legittimita' costituzionale di varie disposizioni della  legge  della
Regione Sardegna 28 dicembre 2018, n. 48 (Legge di stabilita' 2019). 
    Fra di esse, vengono qui in considerazione gli artt. 4, comma 26,
8, commi 18, 34 e 35, nonche' 9, impugnati in riferimento agli  artt.
3 e 118, ultimo comma, della Costituzione. 
    2.- La prima disposizione  impugnata  inserisce  il  comma  2-bis
nell'art. 3 della legge della Regione Sardegna 5 dicembre 1995, n. 35
(Alienazione dei  beni  patrimoniali)  e  stabilisce  che  «L'Azienda
regionale per l'edilizia abitativa  (AREA)  e'  autorizzata,  con  il
medesimo spirito  di  sussidiarieta'  e  nell'ottica  di  valorizzare
l'interesse pubblico e  sociale  prevalente,  ad  alienare  a  prezzo
simbolico  alle  Onlus  riconosciute  dalla  Regione,  iscritte   nel
Registro generale di volontariato previsto dalla legge  regionale  13
settembre 1993, n. 39 (Disciplina dell'attivita'  di  volontariato  e
modifiche alla L.R. 25 gennaio 1988, n. 4, e  alla  L.R.  17  gennaio
1989, n. 3), detentrici da almeno tre anni continuativi, gli immobili
di proprieta' in cui siano svolte  attivita'  di  valenza  sociale  e
assistenziale, di aggregazione giovanile e di assistenza all'infanzia
e alla terza eta'. La cessione avviene previa costituzione presso  il
comune di localizzazione di un  vincolo  ventennale  di  destinazione
d'uso dello stesso immobile per le attivita' riconosciute  meritevoli
ai sensi del presente comma [...]». 
    Ad  avviso  della  parte  ricorrente,  sarebbe  in  questo   modo
attribuito un trattamento di  favore  agli  enti  del  Terzo  settore
riconosciuti dalla Regione autonoma Sardegna  ed  iscritti  nei  suoi
registri, mentre sarebbero pretermesse le associazioni di  promozione
sociale che, pur operando nel medesimo territorio, siano iscritte nel
registro  nazionale.  Ne   deriverebbe,   quindi,   un'ingiustificata
discriminazione per le onlus a carattere nazionale, irragionevolmente
escluse  dalle  agevolazioni,  in   violazione   del   principio   di
uguaglianza di cui all'art. 3 Cost. 
    Questa  disparita'  di  trattamento   risulterebbe   ancor   piu'
irragionevole alla luce dell'art. 7, comma 3, della legge 7  dicembre
2000, n. 383 (Disciplina delle associazioni di promozione sociale). 
    2.1.- La seconda disposizione  impugnata,  l'art.  8,  comma  18,
autorizza l'erogazione di contributi  in  favore  delle  associazioni
onlus «operanti nelle attivita' di distribuzione  di  beni  di  prima
necessita' a favore  degli  indigenti,  per  sostenerne  i  costi  di
locazione di immobili  adibiti  in  via  esclusiva  o  principale  ad
esercizio di attivita' sociali». 
    Sarebbero cosi' esclusi i soggetti con forma giuridica diversa da
quella associativa e ugualmente provvisti della qualifica  di  onlus,
nonche' le associazioni che - pur svolgendo le medesime  attivita'  -
sono prive di tale qualifica. Anche questa disparita' di  trattamento
sarebbe ingiustificata e lesiva del principio di uguaglianza  di  cui
all'art. 3 Cost. 
    Inoltre, la limitazione dei contributi ai soli soggetti  previsti
dalla disposizione impugnata  si  porrebbe  in  contrasto  anche  con
l'art. 118 Cost., che assegna agli enti territoriali  il  compito  di
favorire l'autonoma iniziativa dei cittadini,  singoli  e  associati,
per lo svolgimento di  attivita'  di  interesse  generale,  anche  in
relazione al parametro interposto costituito dalle  disposizioni  del
decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, recante «Codice del  Terzo
settore, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettera b), della legge  6
giugno  2016,  n.  106»,  volte   ad   assicurare   la   piu'   ampia
partecipazione possibile, in condizioni di parita', di tutti gli enti
del Terzo settore. 
    2.2.-  E'  inoltre  denunciata  l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 8, comma 34, che limita la concessione dei  contributi  per
la sterilizzazione dei cani di proprieta' alle sole  associazioni  di
volontariato iscritte  nel  registro  regionale  e  alle  cooperative
sociali che si occupano statutariamente di randagismo. 
    Sarebbero,  pertanto,  escluse  le  associazioni  di   promozione
sociale che svolgono le medesime attivita' di tutela degli animali  e
prevenzione del randagismo, ai sensi dell'art. 5,  comma  1,  lettera
e), del d.lgs. n. 117 del 2017 e della legge 14 agosto 1991,  n.  281
(Legge quadro in materia di animali di affezione  e  prevenzione  del
randagismo), che fa riferimento non  soltanto  alle  associazioni  di
volontariato, ma anche alle associazioni protezioniste e zoofile  che
svolgono le proprie attivita' con apporto prevalente degli associati.
Questa irragionevole  disparita'  di  trattamento  determinerebbe  la
violazione dell'art. 3 Cost. 
    Inoltre, nel limitare l'erogazione dei contributi alla  specifica
categoria di soggetti sopra indicata, la  disposizione  regionale  si
porrebbe in contrasto con l'art. 118 Cost.,  che  assegna  agli  enti
territoriali  il  compito  di  favorire  l'autonoma  iniziativa   dei
cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento  di  attivita'  di
interesse generale. 
    2.3.-  Il   ricorrente   denuncia,   altresi',   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 8, comma 35, che limita  la  concessione  di
contributi per assistenza veterinaria  e  sterilizzazione  dei  gatti
esclusivamente alle «associazioni di tutela degli animali d'affezione
iscritte nel registro generale del volontariato previsto dalla  legge
regionale n. 39 del 1993». 
    Anche in questo caso, sarebbe stata  introdotta  una  limitazione
irragionevole e discriminatoria, in violazione degli artt. 3  e  118,
ultimo comma, Cost. 
    2.4.-   Infine,   il   ricorrente    denuncia    l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 9 della stessa legge reg. Sardegna n. 48 del
2018 che, nel prevedere iniziative regionali volte alla prevenzione e
contrasto della violenza di genere, favorisce la creazione di  centri
specialistici, promossi  da  enti,  associazioni  di  volontariato  e
onlus, dedicati a queste finalita', ma non contempla le  associazioni
di promozione sociale. Questa  esclusione  sarebbe  ingiustificata  e
lesiva dell'art. 3 Cost. 
    Inoltre, nel  limitare  l'erogazione  dei  contributi  alle  sole
specifiche categorie di soggetti indicata, la disposizione  impugnata
sarebbe in contrasto con l'art. 118  Cost.,  che  assegna  agli  enti
territoriali  il  compito  di  favorire  l'autonoma  iniziativa   dei
cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento  di  attivita'  di
interesse generale. 
    3.- Con atto depositato il 16 aprile 2019, si  e'  costituita  in
giudizio la Regione autonoma Sardegna, chiedendo che le questioni  di
legittimita' costituzionale promosse dal Presidente del Consiglio dei
ministri siano dichiarate inammissibili e, comunque, non fondate. 
    3.1.-  La   difesa   regionale   eccepisce,   in   primo   luogo,
l'inammissibilita' del ricorso, che non  terrebbe  in  considerazione
l'ambito di autonomia riservata alla Regione autonoma Sardegna  dalle
previsioni della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto
speciale per la Sardegna).  In  particolare,  il  ricorrente  non  si
sarebbe confrontato  con  la  competenza  esclusiva  regionale  nella
materia «ordinamento degli uffici e degli enti  amministrativi  della
Regione e stato  giuridico  ed  economico  del  personale»,  prevista
dall'art.  3,  lettera  a),  dello  statuto  speciale,   con   quella
concorrente in materia di «assistenza e beneficenza pubblica», di cui
all'art. 4, lettera h), dello stesso statuto, nonche' con l'autonomia
economica  e  finanziaria  spettante  alla  Regione,  ai  sensi   del
successivo art. 7. 
    Nella memoria depositata in prossimita' dell'udienza pubblica del
6 ottobre 2020, la Regione autonoma Sardegna  ha,  inoltre,  eccepito
l'inammissibilita'  per   genericita',   oscurita'   e   difetto   di
motivazione delle questioni aventi ad oggetto gli impugnati artt.  8,
commi 18, 34 e 35, e 9. La violazione del  d.lgs.  n.  117  del  2017
sarebbe stata denunciata senza illustrare perche'  tale  fonte  debba
qualificarsi come norma interposta, ne' specificare se  tale  pretesa
"interposizione" rilevi ai fini della violazione dell'art. 3 Cost.  o
dell'art. 118, ultimo comma, Cost. 
    Infine,  e'  eccepita  l'inammissibilita'  di  tutte  le  censure
riferite alla violazione dell'art.  118,  ultimo  comma,  Cost.,  non
avendo il ricorrente indicato quale funzione  di  interesse  generale
sia stata sottratta all'auto-organizzazione dei soggetti  «singoli  e
associati» della societa' civile e assunta dalla Regione. 
    3.2.- Nel merito, le questioni non sarebbero fondate. 
    3.2.1.- Quanto alla prima, che ha ad oggetto l'art. 4, comma  26,
della legge n. 48 del  2018,  la  difesa  regionale  osserva  che  il
principio di  territorialita'  consente  e  impone  alle  Regioni  di
regolare  i  fenomeni  sociali  che  interessano  il  proprio  ambito
territoriale. Infatti, l'art. 2 della legge della Regione Sardegna 13
settembre 1993, n. 39 (Disciplina dell'attivita'  di  volontariato  e
modifiche alla L.R. 25 gennaio 1988, n. 4, e  alla  L.R.  17  gennaio
1989, n. 3) pone la disciplina delle «organizzazioni di  volontariato
operanti nel territorio della Regione  [...]  in  conformita'  con  i
principi della legge [statale] 11 agosto 1991, n. 266». Ai sensi  del
successivo art. 6, comma l, della stessa legge, «[p]ossono iscriversi
al  Registro  le  organizzazioni  di  volontariato  in  possesso  dei
requisiti previsti dall'articolo 3 della legge  11  agosto  1991,  n.
266». Pertanto, i requisiti per l'iscrizione nel  registro  regionale
sono i medesimi che sono  previsti  dalla  legge  statale.  Qualunque
soggetto del Terzo settore sarebbe, dunque, astrattamente legittimato
e  la  necessita'  dell'iscrizione  nel  registro  regionale  e'   la
conseguenza del richiamato principio di territorialita'. 
    La difesa regionale sottolinea, inoltre, che la stessa  legge  n.
383 del 2000, all'art. 7, comma 4, riconosce non solo  la  rilevanza,
ma  la  doverosita'  dei  registri  regionali  per  le  attivita'  di
assistenza sociale prestate dalle  associazioni  di  volontariato  in
collaborazione con le Regioni e gli enti locali. 
    Inoltre, ai sensi dell'art. 7, comma 3, della legge  n.  383  del
2000, le articolazioni territoriali  degli  enti  del  Terzo  settore
iscritti  nei  registri  nazionali,  in  quanto  operanti  in  ambiti
regionali o provinciali specifici, hanno diritto  a  essere  iscritte
nei medesimi registri delle Regioni e delle Province autonome in  cui
svolgono  la  loro  attivita'.  Non  vi   sarebbe,   dunque,   alcuna
ingiustificata discriminazione derivante dalla disposizione regionale
impugnata (e' richiamata la sentenza n. 27 del 2020). 
    3.2.2.- Parimenti non fondata sarebbe anche la seconda questione,
relativa all'art. 8, comma 18, della legge reg. Sardegna  n.  48  del
2018. 
    Rientrerebbe, infatti,  nella  sfera  dell'autonomia  legislativa
regionale individuare i soggetti privati che, sulla base  della  loro
struttura associativa  e  del  loro  rapporto  con  le  esigenze  del
territorio regionale, siano meritevoli di un contributo economico per
l'esercizio  di  attivita'  solidaristiche.  In  questo   senso,   la
struttura  associativa  e  la  qualificazione  come  onlus  sarebbero
elementi che il legislatore regionale puo' ragionevolmente tenere  in
considerazione, quali adeguati indici di meritevolezza, ai fini della
concessione del contributo. La destinazione dei contributi  regionali
alle sole onlus si giustificherebbe in forza  dei  requisiti  di  cui
all'art. 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460 (Riordino
della disciplina  tributaria  degli  enti  non  commerciali  e  delle
organizzazioni  non  lucrative  di  utilita'  sociale),  che  tuttora
giustificano  l'applicazione  nei  loro  confronti  dei   trattamenti
fiscali di favore.  Il  legislatore  regionale  si  sarebbe,  quindi,
limitato  a  prevedere  misure  temporanee  d'intervento  in   ambito
sociale, in attesa della completa attuazione  del  Codice  del  Terzo
settore. 
    D'altra parte,  la  censura  del  ricorrente  sarebbe  basata  su
un'errata interpretazione della disposizione  impugnata.  La  formula
utilizzata,   «associazioni   Onlus»,   dovrebbe    infatti    essere
interpretata  in  maniera  costituzionalmente  orientata,  cosi'   da
ricomprendere ogni ente  qualificato  come  onlus.  Ad  avviso  della
difesa regionale, se  il  legislatore  avesse  inteso  escludere  una
determinata categoria dal novero dei beneficiari, cio' sarebbe  stato
espresso attraverso una clausola escludente,  che  viceversa  non  e'
presente nel testo della legge. 
    Quanto alla denunciata violazione dell'art.  118,  ultimo  comma,
Cost., la disposizione impugnata non impedirebbe  lo  svolgimento  di
attivita' di interesse generale  da  parte  dei  privati  (singoli  o
associati), poiche' essa non pone oneri allo svolgimento delle stesse
attivita', ne' le riserva all'amministrazione pubblica. 
    D'altra parte, il principio di sussidiarieta' non imporrebbe alla
Regione di estendere indiscriminatamente i  benefici  a  qualsivoglia
ente del Terzo settore, poiche' cio'  significherebbe  comprimere  la
discrezionalita' del legislatore regionale in ordine  alla  misura  e
alle modalita' degli interventi di sostegno  all'autonoma  iniziativa
dei  cittadini.  Ne  discenderebbe  anche  il  rischio  di   ottenere
l'effetto opposto a  quello  che  l'art.  118,  ultimo  comma,  Cost.
intende perseguire. 
    3.2.3.- Per i medesimi motivi, sarebbero parimenti non fondate le
censure relative all'art. 8, comma 34, della legge reg.  Sardegna  n.
48 del 2018. 
    Anche in questo caso, la difesa regionale sottolinea  che  e'  lo
stesso legislatore statale a prevedere che le Regioni e  le  Province
autonome tengano registri regionali e provinciali delle  associazioni
di promozione sociale (art. 7, comma 4, della legge n. 383 del 2000).
Questa previsione statale dovrebbe essere interpretata nel  senso  di
legittimare le Regioni a  fare  riferimento  alle  strutture  incluse
negli elenchi regionali per il coordinamento e l'incentivazione delle
attivita' solidaristiche private.  Si  osserva  che,  ove  cosi'  non
fosse, i registri regionali e provinciali non  avrebbero  ragione  di
esistere e la loro istituzione rappresenterebbe un inutile  dispendio
di risorse pubbliche. 
    D'altra parte,  la  Regione  autonoma  Sardegna  ritiene  che  il
riferimento alle «associazioni di tutela degli animali  di  affezione
iscritte nel Registro generale di volontariato previsto  dalla  legge
regionale 13 settembre 1993, n. 39» debba  essere  interpretato  come
inclusivo di tutti i soggetti che svolgono tale  attivita',  comprese
le associazioni di promozione sociale. Cio' sarebbe confermato  dalla
modifica normativa introdotta,  dopo  la  proposizione  del  ricorso,
dall'art. 4, comma 5, della legge Regione Sardegna 6  dicembre  2019,
n. 20 (Quarta variazione al bilancio 2019-2021 e disposizioni varie),
che ha espressamente inserito tra i beneficiari dei contributi  delle
associazioni di promozione sociale, cosi' fornendo  l'interpretazione
autentica, con effetto retroattivo, della disposizione censurata. 
    3.2.4.- Per le stesse ragioni, non  sarebbe  fondato  neppure  il
quarto motivo di ricorso, proposto avverso l'art. 8, comma 35,  legge
reg. Sardegna n. 48 del 2018. 
    La censura relativa alla violazione  dell'art.  3  Cost.  sarebbe
anzitutto inammissibile, per la mancata  individuazione  del  tertium
comparationis, avendo  il  ricorrente  omesso  di  specificare  quali
sarebbero  gli  «altri  soggetti»  discriminati  dalla   disposizione
regionale. 
    D'altra   parte,   ove   la   doglianza   si   intenda   riferita
all'esclusione delle associazioni di promozione sociale  dall'accesso
ai contributi  regionali,  la  censura  sarebbe  comunque  infondata,
poiche' la  disposizione  regionale  impugnata  non  le  escluderebbe
affatto. Infatti, anche le associazioni  di  promozione  sociale  che
svolgono le medesime attivita' di tutela  degli  animali  d'affezione
nella Regione autonoma Sardegna avrebbero i requisiti per  iscriversi
al  registro  regionale  e  ottenere  il  beneficio  previsto   dalla
disposizione impugnata. 
    Anche in questo caso, la successiva legge reg. Sardegna n. 20 del
2019,  all'art.  4,  comma  6,  avrebbe   fornito   l'interpretazione
autentica,  con  effetto  retroattivo,  dell'art.  8,  comma  35,  da
intendersi comprensivo delle associazioni di promozione sociale tra i
beneficiari dei contributi. 
    Quanto  alla  violazione  del  principio  di  sussidiarieta',  la
Regione autonoma Sardegna ribadisce che la disposizione in esame  non
riserverebbe al settore pubblico attivita' d'interesse generale,  ne'
le ostacolerebbe in  alcun  modo.  Al  contrario,  sarebbe  agevolato
l'impegno   sociale   di   alcuni    soggetti    privati,    ritenuti
particolarmente meritevoli in considerazione dell'attivita' svolta  e
della  struttura   organizzativa,   fondata   sull'apporto   diretto,
personale e volontario degli associati. 
    3.2.5.- Quanto, infine, all'art. 9 della legge reg.  Sardegna  n.
48  del  2018,  il  riferimento  agli  «enti»,  ossia  un'espressione
caratterizzata dalla massima generalita', dimostrerebbe che  l'elenco
dei destinatari dei benefici  non  e'  tassativo  e  non  esclude  le
associazioni di promozione sociale dalla possibilita' di accedere  ai
finanziamenti previsti dalla disposizione impugnata. 
    4.- Con atto depositato il 18 settembre 2020, il  Presidente  del
Consiglio dei ministri ha dichiarato di rinunciare al ricorso,  nella
parte relativa all'impugnazione dell'art. 8, commi  34  e  35,  della
legge reg. Sardegna n. 48 del 2018. 
    La rinuncia e' stata accettata dalla  Regione  autonoma  Sardegna
con atto depositato il 12 gennaio 2021. 
    5.- Le ulteriori questioni promosse dal Presidente del  Consiglio
dei ministri, relative ad altre  disposizioni  della  medesima  legge
reg. Sardegna n. 48 del 2018, sono state decise con la sentenza n. 11
del 2021. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha   promosso,   in
riferimento agli artt. 3 e 118,  ultimo  comma,  della  Costituzione,
questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 4, comma 26,  8,
commi 18, 34 e 35, nonche' 9 della legge della  Regione  Sardegna  28
dicembre 2018, n. 48 (Legge di stabilita' 2019). 
    2.- Con atto depositato il 18 settembre 2020, il  Presidente  del
Consiglio dei ministri ha rinunciato al ricorso,  limitatamente  alle
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 8, commi 34 e  35,
della legge reg. Sardegna n. 48 del  2018,  promosse  in  riferimento
agli artt. 3 e 118, ultimo comma, Cost. 
    Poiche' la Regione autonoma Sardegna ha accettato la rinuncia con
atto depositato il 12 gennaio 2021, relativamente a tali questioni il
processo deve dichiararsi estinto, ai sensi dell'art. 23 delle  Norme
integrative per i  giudizi  davanti  alla  Corte  costituzionale.  Lo
scrutinio deve, pertanto, essere qui limitato ai soli artt. 4,  comma
26, 8, comma 18, e 9. 
    3.- Le ulteriori questioni promosse dal Presidente del  Consiglio
dei ministri, relative ad altre  disposizioni  della  medesima  legge
reg. Sardegna n. 48 del 2018, sono state decise con la sentenza n. 11
del 2021. 
    4.- In via  preliminare  devono  essere  esaminate  le  eccezioni
d'inammissibilita'  sollevate  dalla   difesa   regionale,   per   la
genericita' delle censure e la mancata indicazione  delle  competenze
statutarie. 
    4.1.- Con riferimento alla prima di tali  eccezioni,  secondo  il
costante orientamento di questa Corte, «il ricorrente ha  l'onere  di
individuare le disposizioni impugnate e  i  parametri  costituzionali
dei quali lamenta la violazione e di svolgere una motivazione che non
sia meramente assertiva», indicando  le  «ragioni  per  le  quali  vi
sarebbe il contrasto con i parametri evocati» (da ultimo, sentenze n.
273 e n. 194 del 2020). Tuttavia,  allorquando  l'atto  introduttivo,
pur nella sua sintetica formulazione, consenta  di  individuare  «con
sufficiente chiarezza [...] il parametro asseritamente violato  [...]
e la ratio del prospettato contrasto  della  disposizione  denunciata
con il parametro stesso» (sentenza n. 187  del  2020),  l'impugnativa
proposta e' ammissibile. 
    Nella      specie,      pur      nell'evidente      essenzialita'
dell'argomentazione, da una lettura complessiva del ricorso emerge in
termini  sintetici,   ma   sufficientemente   chiari,   la   denuncia
dell'irragionevole limitazione della  platea  dei  beneficiari  degli
interventi  regionali,  in  contrasto   sia   con   il   divieto   di
discriminazione, sia con il principio di sussidiarieta'  orizzontale,
di cui all'art. 118, ultimo comma, Cost. Le questioni  formulate  dal
ricorrente  risultano   volte   all'estensione   della   platea   dei
beneficiari dell'intervento regionale, attraverso l'eliminazione  dei
criteri limitativi introdotti dalla disciplina  regionale  impugnata.
In particolare, l'irragionevolezza  degli  stessi  e'  ravvisata  nel
fatto di fondarsi sullo status giuridico formale  proprio  di  alcune
associazioni, con esclusione dei soggetti che non  soddisfino  questo
requisito. 
    Le censure del ricorrente superano dunque quella  «soglia  minima
di chiarezza [...] che rende ammissibile l'impugnativa proposta»  (da
ultimo, sentenze n. 273 e n. 194 del 2020, n. 201 del 2018). 
    4.2.- La difesa regionale eccepisce, inoltre, un ulteriore motivo
di inammissibilita', dal quale sarebbero affette tutte le  questioni,
per la mancata considerazione degli ambiti  di  autonomia  statutaria
riconosciuti alla Regione autonoma Sardegna. 
    In particolare, il ricorrente non si sarebbe confrontato  con  la
competenza regionale  esclusiva  in  materia  di  «ordinamento  degli
uffici e degli enti amministrativi della Regione e stato giuridico ed
economico del personale», prevista dall'art.  3,  lettera  a),  della
legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per  la
Sardegna),  con  quella  concorrente  in  materia  di  «assistenza  e
beneficenza pubblica», di cui all'art. 4, lettera  h),  dello  stesso
statuto, nonche' con l'autonomia economica  e  finanziaria  spettante
alla Regione, ai sensi del successivo art. 7. 
    Al riguardo, va rilevato che la censura relativa alla  violazione
dell'art. 3 Cost. e  del  principio  di  non  discriminazione  -  che
accomuna tutte le doglianze del ricorso statale  -  puo'  prescindere
dalla   considerazione   degli   ambiti   di   autonomia   statutaria
riconosciuti alla Regione autonoma Sardegna. Si tratta,  infatti,  di
un  principio  fondamentale,  che  si  impone  a  tutti  i   soggetti
dell'ordinamento, ivi comprese le autonomie speciali, e  che  non  e'
riferito al riparto di competenze legislative stabilite dal Titolo  V
della Costituzione. E' in ragione della natura del parametro  evocato
che emerge l'inutilita' di uno  scrutinio  operato  alla  luce  delle
disposizioni statutarie, cio' che vale a esonerare il ricorrente  dal
fornire una specifica argomentazione al riguardo (in questo senso, ex
plurimis, sentenze n. 11 del 2021, n. 279, n. 255, n. 194, n. 43,  n.
25 e n. 16 del 2020, n. 153 del 2019, n. 109 del  2018,  n.  103  del
2017, n. 151 del 2015, n. 288 del 2013 e n. 391 del 2006). 
    4.2.1.- D'altra parte,  anche  con  riferimento  alla  denunciata
violazione  dell'art.  118,  ultimo  comma,  Cost.,  l'eccezione   di
inammissibilita' per mancata considerazione dell'autonomia statutaria
regionale non e' fondata. 
    Infatti,  benche'  collocato  sistematicamente  all'interno   del
Titolo V, neppure il principio di sussidiarieta' orizzontale  attiene
ai criteri di riparto delle competenze legislative.  Esso  si  impone
allo  stesso  modo  nei  confronti   di   «Stato,   Regioni,   Citta'
metropolitane, Province e Comuni», indirizzandone l'azione, nel senso
di  favorire  «l'autonoma  iniziativa  dei   cittadini,   singoli   e
associati, per lo svolgimento di attivita'  di  interesse  generale».
Non viene in rilievo, quindi, il riparto di competenze  tra  Stato  e
autonomie regionali, ma quello tra cittadini, singoli e associati,  e
pubbliche amministrazioni e  non  e'  in  discussione,  pertanto,  lo
speciale ambito di autonomia legislativa  riconosciuto  alla  Regione
Sardegna dal suo statuto. 
    5.- Nel merito, non  e'  fondata  la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 4, comma 26, della legge reg. Sardegna n. 48
del 2018. 
    5.1.- La disposizione in esame inserisce il comma 2-bis nell'art.
3  della  legge  della  Regione  Sardegna  5  dicembre  1995,  n.  35
(Alienazione dei beni  patrimoniali).  Esso  dispone  che  «L'Azienda
regionale per l'edilizia abitativa  (AREA)  e'  autorizzata,  con  il
medesimo spirito  di  sussidiarieta'  e  nell'ottica  di  valorizzare
l'interesse pubblico e  sociale  prevalente,  ad  alienare  a  prezzo
simbolico  alle  Onlus  riconosciute  dalla  Regione,  iscritte   nel
Registro generale di volontariato previsto dalla legge  regionale  13
settembre 1993, n. 39 (Disciplina dell'attivita'  di  volontariato  e
modifiche alla L.R. 25 gennaio 1988, n. 4, e  alla  L.R.  17  gennaio
1989, n. 3), detentrici da almeno tre anni continuativi, gli immobili
di proprieta' in cui siano svolte  attivita'  di  valenza  sociale  e
assistenziale, di aggregazione giovanile e di assistenza all'infanzia
e alla terza eta'. La cessione avviene previa costituzione presso  il
comune di localizzazione di un  vincolo  ventennale  di  destinazione
d'uso dello stesso immobile per le attivita' riconosciute  meritevoli
ai sensi del presente comma [...]». 
    Ad avviso del ricorrente, sarebbe in questo  modo  attribuito  un
trattamento di favore agli enti del Terzo settore riconosciuti  dalla
Regione autonoma Sardegna  ed  iscritti  nei  suoi  registri,  mentre
sarebbero pretermesse le associazioni di promozione sociale che,  pur
operando  nel  medesimo  territorio,  siano  iscritte  nel   registro
nazionale. Ne deriverebbe, quindi, un'ingiustificata  discriminazione
per le onlus a carattere nazionale, irragionevolmente  escluse  -  in
violazione del principio di uguaglianza di cui  all'art.  3  Cost.  -
dalle agevolazioni. 
    La  discriminazione  denunciata   e',   dunque,   riferita   alle
associazioni iscritte nel registro  nazionale,  poiche',  pur  avendo
finalita' analoghe a quelle delle associazioni iscritte nel  registro
regionale, non potrebbero accedere ai  finanziamenti  previsti  dalla
disposizione impugnata. 
    5.2.- Come e' noto, il d.lgs. n. 117 del 2017 ha  provveduto  «al
riordino e  alla  revisione  organica  della  disciplina  vigente  in
materia di enti del Terzo settore» (art. 1), stabilendo le condizioni
alle quali gli enti del Terzo settore possono godere della disciplina
di  favore  accordata  dall'ordinamento  in  ragione  della  funzione
esercitata. 
    Con il  successivo  decreto  del  Ministro  del  lavoro  e  delle
politiche sociali del 15 settembre 2020, n.  106  (Definizione  delle
procedure di iscrizione degli enti, delle modalita' di deposito degli
atti,  delle  regole  per   la   predisposizione,   la   tenuta,   la
conservazione del Registro unico nazionale del  Terzo  settore)  sono
state individuate le procedure che  gli  enti  dovranno  seguire  per
iscriversi nel Registro. 
    In via temporanea e fino al termine delle verifiche dei requisiti
per l'iscrizione nel Registro unico, gli enti iscritti  nei  registri
degli  enti  territoriali  continuano  a  beneficiare   dei   diritti
derivanti dalla rispettiva qualifica (art. 54, comma  4,  cod.  terzo
settore e art. 31 del d.m. n. 106 del 2020). In attesa che  il  nuovo
Registro unico diventi operativo,  il  requisito  dell'iscrizione  e'
soddisfatto attraverso l'iscrizione degli enti del Terzo  settore  ad
uno dei registri attualmente previsti (art. 101 del  d.l.gs.  n.  117
del 2017). 
    Pertanto, alle associazioni  di  promozione  sociale  e'  tuttora
applicabile la disciplina prevista dalla legge 7  dicembre  2000,  n.
383 (Disciplina delle associazioni di  promozione  sociale),  che  ha
istituito,  presso  la  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri   -
Dipartimento per gli affari sociali, un registro nazionale  al  quale
possono iscriversi le associazioni di promozione sociale a  carattere
nazionale costituite ed operanti da almeno un  anno.  L'efficacia  di
questa disciplina e' destinata a cessare allorche' iniziera' la piena
operativita' dell'indicato Registro unico (artt. 101, comma 2, e 192,
comma 4, del d.lgs. n. 117 del 2017). 
    5.3.- In particolare, ai fini della questione in esame, viene  in
rilievo l'art. 7, della richiamata legge n.  383  del  2000  che,  al
comma 2, stabilisce che per  associazioni  di  promozione  sociale  a
carattere nazionale si intendono quelle  che  svolgono  attivita'  in
almeno  cinque  Regioni  e  almeno  venti  Province  del   territorio
nazionale. Inoltre,  il  successivo  comma  3  dello  stesso  art.  7
istituisce  un  collegamento  tra  il  registro  nazionale  e  quelli
regionali, stabilendo che «L'iscrizione nel registro nazionale  delle
associazioni a carattere nazionale comporta il diritto di  automatica
iscrizione  nel   registro   medesimo   dei   relativi   livelli   di
organizzazione territoriale e dei  circoli  affiliati,  mantenendo  a
tali soggetti i benefici connessi alla iscrizione nei registri di cui
al comma 4»,  ossia  i  registri  istituiti  a  livello  regionale  e
provinciale. 
    Questa  Corte  ha  gia'  riconosciuto  che,  in  base  a   questo
collegamento tra l'iscrizione nei registri regionali e provinciali  e
quella  nel  registro  nazionale,  «i   livelli   di   organizzazione
territoriale e i circoli affiliati  alle  associazioni  iscritte  nel
registro nazionale hanno anch'essi, per tale qualita', il diritto  di
automatica iscrizione nel medesimo  registro»  (sentenza  n.  27  del
2020). Pertanto,  tra  i  destinatari  dei  benefici  previsti  dalla
disposizione regionale impugnata, oltre  alle  associazioni  iscritte
nei  (soli)  registri  regionali,   risultano   comprese   anche   le
associazioni iscritte nel registro nazionale,  che  siano  dotate  di
articolazioni locali o circoli affiliati  nel  territorio  regionale.
Anche nel caso in esame,  «dalla  platea  dei  beneficiari  non  sono
escluse  le  associazioni  nazionali,  come  sostenuto  dalla   parte
ricorrente, ma soltanto quelle  che  non  svolgano  alcuna  attivita'
istituzionale, neppure  attraverso  articolazioni  locali  o  circoli
affiliati, nel territorio della Regione» (ancora sentenza n.  27  del
2020). 
    5.4.- Cosi' ricostruito l'ambito applicativo  della  disposizione
regionale  impugnata,  la  delimitazione  dei  beneficiari,  da  essa
introdotta,   non   e'   irragionevole.    Essa    trova,    infatti,
giustificazione nella ratio del  complessivo  intervento  legislativo
regionale, volto a promuovere, a livello locale, il ruolo  di  quelle
associazioni che - anche quali articolazioni territoriali  o  circoli
affiliati  alle  associazioni  nazionali  -  svolgano  «attivita'  di
valenza sociale e  assistenziale,  di  aggregazione  giovanile  e  di
assistenza all'infanzia e alla terza eta'», dimostrata attraverso  il
radicamento per tre anni continuativi nel territorio  regionale.  Del
resto, anche la necessita' di costituire  un  vincolo  ventennale  di
destinazione d'uso dello stesso immobile alle attivita'  riconosciute
meritevoli appare coerente con l'obiettivo di assicurare  continuita'
e effettivita', nel  territorio  regionale,  alla  prestazione  delle
attivita' socio-assistenziali che l'intervento della Regione  intende
promuovere. 
    Pertanto, quella dell'art. 4, comma 26, della legge reg. Sardegna
n. 48 del 2018 costituisce una scelta non  irragionevole,  in  quanto
volta a valorizzare «la specifica esperienza  maturata  nel  contesto
locale  di  riferimento,  in  funzione  di  una  maggiore   efficacia
dell'intervento legislativo regionale»  (sentenza  n.  27  del  2020,
punto 2.4. del Considerato in diritto). 
    D'altra parte, l'importanza del collegamento degli enti del Terzo
settore con il territorio e' gia' stata riconosciuta da questa Corte,
evidenziando  che  «[g]li  ETS,  in  quanto   rappresentativi   della
"societa' solidale", [...] spesso costituiscono  sul  territorio  una
rete capillare di vicinanza e solidarieta', sensibile in tempo  reale
alle esigenze che provengono dal tessuto sociale, e  sono  quindi  in
grado di mettere a disposizione dell'ente pubblico sia preziosi  dati
informativi (altrimenti conseguibili in tempi piu' lunghi e con costi
organizzativi  a  proprio  carico),   sia   un'importante   capacita'
organizzativa e  di  intervento:  cio'  che  produce  spesso  effetti
positivi, sia in termini di risparmio di risorse che di aumento della
qualita' dei servizi e  delle  prestazioni  erogate  a  favore  della
"societa' del bisogno"» (sentenza n. 131 del 2020). 
    Alla  luce  di  queste  considerazioni,  la  questione   relativa
all'art. 4, comma 26, della n. 48 del 2018, proposta  dal  Presidente
del Consiglio dei ministri in  riferimento  all'art.  3  Cost.,  deve
essere ritenuta non fondata. 
    6.- La questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  8,
comma 18, della legge reg. Sardegna n. 48 del 2018,  e'  fondata,  in
riferimento all'art. 3 Cost. 
    6.1.-  La  disposizione  impugnata  autorizza   l'erogazione   di
contributi  in  favore  delle  «associazioni  onlus  operanti   nelle
attivita' di distribuzione di beni di prima necessita' e favore degli
indigenti, per sostenerne i costi di locazione di immobili adibiti in
via esclusiva o principale ad esercizio di attivita' sociali». 
    Sono cosi' esclusi dall'erogazione  dei  contributi  regionali  i
soggetti  con  forma  giuridica  diversa  da  quella  associativa   e
ugualmente  provvisti  della   qualifica   di   onlus,   nonche'   le
associazioni che - pur svolgendo tali attivita' - sono prive di  tale
qualifica. Ad avviso del ricorrente, questa disparita' di trattamento
sarebbe ingiustificata e determinerebbe la violazione  del  principio
di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost. 
    6.2.- Al riguardo va rilevato, in primo luogo, che rientra  nella
sfera dell'autonomia legislativa regionale l'individuazione  di  quei
soggetti privati che siano meritevoli di un contributo economico  per
l'esercizio di attivita'  solidaristiche.  Il  legislatore  regionale
puo' legittimamente circoscrivere la  platea  dei  beneficiari  delle
provvidenze,  anche  in  ragione  della  limitatezza  delle   risorse
destinate al loro finanziamento.  Questa  scelta,  peraltro,  non  e'
esente da vincoli di ordine costituzionale, primo  fra  tutti  quello
imposto dal rispetto del principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost. 
    In questo senso, la Corte ha affermato che  «i  criteri  adottati
dal legislatore per la selezione dei beneficiari dei servizi  sociali
devono presentare un collegamento con la funzione del servizio  [...]
Il giudizio sulla sussistenza e sull'adeguatezza di tale collegamento
- fra finalita' del servizio da erogare e caratteristiche  soggettive
richieste ai suoi potenziali beneficiari - e' operato da questa Corte
secondo la struttura tipica del sindacato svolto ai  sensi  dell'art.
3, primo comma, Cost., che  muove  dall'identificazione  della  ratio
della norma di riferimento e passa poi alla verifica  della  coerenza
con tale ratio del filtro selettivo introdotto» (cosi', da ultimo, la
sentenza n. 44 del 2020; nello stesso senso, anche le sentenze n. 166
e n. 107 del 2018, n. 168 del 2014, n. 172 e n. 133 del 2013 e n.  40
del 2011). 
    Il principio  di  non  discriminazione  puo',  dunque,  ritenersi
rispettato  solo  qualora  esista   una   «causa   normativa»   della
differenziazione,  che   sia   «giustificata   da   una   ragionevole
correlazione tra la condizione cui e' subordinata l'attribuzione  del
beneficio e gli altri peculiari  requisiti  che  ne  condizionano  il
riconoscimento e ne definiscono la ratio» (ex plurimis,  sentenze  n.
166 e n. 107 del 2018; nello stesso senso, sentenza n. 168 del 2014). 
    6.3.- Nel caso  in  esame,  l'esito  di  tale  verifica  porta  a
riconoscere l'irragionevolezza del requisito  della  forma  giuridica
previsto dalla disposizione censurata come condizione  per  l'accesso
al beneficio regionale. Se infatti non vi  e'  dubbio  che  la  ratio
della disposizione e' la promozione di servizi sociali nel territorio
regionale attraverso un ampio coinvolgimento  degli  enti  del  Terzo
settore, la distinzione fondata esclusivamente sullo status giuridico
proprio di alcune associazioni (e l'esclusione dei soggetti  che  non
soddisfano il requisito) risulta priva di alcun collegamento  con  la
funzione  delle   prestazioni   erogate,   determinando   conseguenze
incoerenti con la  stessa  ratio  della  disposizione  impugnata.  La
limitazione si incentra, infatti, su  una  particolare  categoria  di
soggetti, non distinguibile, ai fini che qui interessano, da tutte le
tipologie di enti che svolgono le  medesime  attivita'  di  interesse
generale e che rientrano nelle altre categorie  previste  dal  Codice
del Terzo settore. 
    Proprio nell'ambito degli interventi regionali a  sostegno  delle
politiche sociali, questa Corte ha  gia'  ritenuto  che  il  criterio
meramente formale  della  struttura  giuridica  dei  beneficiari  non
costituisca un  adeguato  indice  di  meritevolezza,  ai  fini  della
concessione di contributi finanziari, e non  giustifichi,  sul  piano
della ragionevolezza, la scelta regionale (sentenze n. 277 del 2019 e
n. 166 del 2018). 
    6.4.- La questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  8,
comma 18, della legge reg. Sardegna n. 48 del 2018 e'  fondata  anche
in riferimento all'art. 118, ultimo comma, Cost. 
    Il principio di sussidiarieta' impegna le Regioni  a  favorire  e
sostenere  l'autonoma  iniziativa  e  la  partecipazione  attiva  dei
cittadini, singoli e associati, nello  svolgimento  di  attivita'  di
interesse generale. Tale impegno non puo' ritenersi rispettato  dalla
circostanza, dedotta dalla difesa  della  Regione,  che  l'intervento
regionale si  limiti  a  non  ostacolare  quelle  stesse  iniziative,
poiche' le Regioni sono tenute a valorizzare e  promuovere  il  ruolo
degli enti del Terzo settore, favorendone  senza  discriminazioni  il
piu'  ampio  coinvolgimento,  in  conformita'  al  loro  ruolo  nella
societa' civile. 
    7.-  Infine,  non  sono  fondate  le  questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 9 della legge reg. Sardegna n. 48 del  2018,
risultando possibile un'interpretazione della disposizione  impugnata
in senso conforme alla Costituzione. 
    7.1.- L'art. 9 in esame, recante «Interventi rivolti agli  autori
di  violenza  di  genere  e  nelle  relazioni   affettive»,   prevede
iniziative regionali volte alla prevenzione e al  contrasto  di  tale
violenza e favorisce - anche attraverso la concessione di  contributi
finanziari - la creazione di centri specialistici, promossi da  enti,
associazioni di volontariato e onlus, dedicati alla presa  in  carico
degli autori di violenza di genere. Tuttavia, essa non  contempla  le
associazioni di promozione sociale. Anche in questo caso,  ad  avviso
del ricorrente, l'esclusione sarebbe ingiustificata  e  lesiva  degli
artt. 3 e 118 Cost. 
    7.2.- Dal tenore letterale della disposizione regionale impugnata
risulta  che  i  contributi  regionali  sono  diretti  a   finanziare
strutture e attivita' promosse «da enti, associazioni di volontariato
e organizzazioni non lucrative di utilita' sociale (onlus)» (art.  9,
comma 1). Se e' pur vero che, come evidenziato dal ricorrente, questo
elenco non contempla  espressamente  le  associazioni  di  promozione
sociale,  tuttavia  la  genericita'  della  nozione  di  «enti»   ivi
contenuta consente di interpretare la categoria  dei  beneficiari  in
senso costituzionalmente conforme all'art.  3  Cost.,  nel  senso  di
ritenervi ricompresi anche altri enti del Terzo settore. 
    Nelle «Linee guida per l'attuazione dell'articolo 9  della  legge
regionale 28 dicembre 2018, n. 48 (legge di stabilita' 2019)  recante
"Interventi rivolti  agli  autori  di  violenza  di  genere  e  nelle
relazioni affettive"», la Giunta regionale ha indicato tra i soggetti
attuatori delle attivita' finanziate in base al richiamato art.  9  i
«nuovi centri specialistici  dedicati  alla  presa  in  carico  degli
autori  di  violenza  di  genere   promossi   localmente   da   enti,
associazioni  di  volontariato  e  organizzazioni  non  lucrative  di
utilita' sociale (onlus) che dimostrino  di  avvalersi  di  personale
qualificato e che possano dimostrare un'esperienza nel lavoro con gli
autori di violenza». La Giunta si e' dunque limitata a  riportare  le
medesime  categorie  previste  dalla  disposizione  impugnata.  Cosi'
facendo, nell'applicazione di tale disposizione, la Regione  autonoma
Sardegna non ha adottato scelte interpretative nel senso  restrittivo
ed escludente che sono alla base del ricorso statale. 
    Cio' conferma e  avvalora  l'interpretazione  della  disposizione
impugnata come  comprensiva,  all'interno  della  generica  categoria
degli  «enti»,  anche  di  altri  enti  del  Terzo  settore   e,   in
particolare, delle associazioni di promozione sociale. 
    Le  questioni  di   legittimita'   costituzionale   dell'art.   9
risultano,  quindi,  non  fondate,  in  riferimento  ad  entrambi   i
parametri evocati dal ricorrente. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 8,  comma  18,
della legge della Regione autonoma Sardegna 28 dicembre 2018,  n.  48
(Legge di stabilita' 2019); 
    dichiara non fondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 4, comma 26, della legge reg.  Sardegna  n.  48  del  2018,
promossa dal Presidente del Consiglio dei  ministri,  in  riferimento
all'art. 3 della Costituzione, con il ricorso indicato in epigrafe; 
    dichiara non  fondate,  nei  sensi  di  cui  in  motivazione,  le
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 9 della legge reg.
Sardegna n. 48 del 2018, promosse dal Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, in riferimento agli artt. 3 e 118, ultimo comma, Cost., con
il ricorso indicato in epigrafe; 
    dichiara estinto il processo,  limitatamente  alle  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 8, commi 34 e 35,  della  legge
reg. Sardegna n. 48 del 2018 promosse, dal Presidente  del  Consiglio
dei ministri, in riferimento agli artt. 3 e 118, ultimo comma, Cost.,
con il ricorso indicato in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 marzo 2021. 
 
                                F.to: 
                   Giancarlo CORAGGIO, Presidente 
                      Giuliano AMATO, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 31 marzo 2021. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA