N. 42 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 ottobre 2020
Ordinanza del 27 ottobre 2020 della Corte d'appello di Bologna nel procedimento penale a carico di G. O.. Esecuzione penale - Mandato d'arresto europeo - Motivi di rifiuto facoltativo della consegna - Mancata previsione del rifiuto facoltativo della consegna del cittadino di uno Stato non membro dell'Unione europea che legittimamente ed effettivamente abbia residenza o dimora nel territorio italiano, sempre che la corte d'appello disponga che la pena o la misura di sicurezza irrogata nei suoi confronti dall'autorita' giudiziaria di uno Stato membro dell'Unione europea sia eseguita in Italia conformemente al suo diritto interno. - Legge 22 aprile 2005, n. 69 (Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri), art. 18-bis, [comma 1, lettera c),] come introdotto dall'art. 6, comma 5, lettera b), della legge 4 ottobre 2019, n. 117 (Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2018).(GU n.15 del 14-4-2021 )
CORTE D'APPELLO DI BOLOGNA Sezione I penale riunita in camera di consiglio e composta dai signori: dott. Luca Ghedini - Presidente relatore; dott. Anna Mori - consigliere; dott. Luisa Raimondi - consigliere; ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento camerale riguardante G. O. nato il ... in Moldavia; destinatario di mandato di arresto europeo emesso dall'Autorita' giudiziaria rumena (Pretura di ...) in data 13 febbraio 2012. Presente. La Corte si pronuncia all'esito della camera di consiglio, sulle conclusioni in atti riportate del Procuratore generale presso la Corte e della Difesa del «consegnando». Con sentenza emessa il 7 luglio 2020 la Corte d'appello di Bologna ha disposto la consegna del cittadino moldavo G. O. all'Autorita' giudiziaria della Repubblica di ..., in quanto destinatario di un mandato di arresto europeo esecutivo emesso dalla Pretura di ... il 13 febbraio 2012 sulla base dell'ordine n. 454/2011 di esecuzione di una condanna definitiva alla pena di anni cinque di reclusione, irrogatagli dalla Corte di appello di... con sentenza del 10 febbraio 2012 per i delitti di evasione fiscale e conseguente appropriazione indebita delle somme dovute per il pagamento delle imposte sui redditi e dell'IVA, quale socio unico ed amministratore della societa' «...» S.r.l. nel periodo ricompreso fra il mese di settembre 2003 e quello di aprile del 2004. Con sentenza del 16 settembre 2020 la Corte di cassazione ha annullato la sentenza della Corte territoriale, affinche' la Corte di rinvio: a) valutasse l'opportunita' di sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 18-bis della legge 22 aprile 2005, n. 69, nella parte in cui non prevede il rifiuto facoltativo della consegna del cittadino di uno Stato non membro dell'Unione europea che legittimamente ed effettivamente abbia residenza o dimora nel territorio italiano, sempre che la Corte di appello disponga che la pena o la misura di sicurezza irrogata nei suoi confronti dall'autorita' giudiziaria di uno Stato membro dell'Unione europea sia eseguita in Italia conformemente al suo diritto interno, gia' oggetto di ordinanza di rimessione del 4 febbraio 2020, n. 10371, della stessa Corte di Cassazione; b) inoltre, nell'ipotesi in cui le circostanze di fatto inerenti al dedotto radicamento territoriale fossero state oggetto di un positivo accertamento, la Corte distrettuale dovra' prendere in esame la questione di costituzionalita' dell'art. 18-bis, lettera c), cit., anche in relazione al connesso parametro normativo di cui all'art. 19, comma 1, lettera c), legge cit., stante la natura contumaciale della sentenza di condanna emessa nei confronti del ricorrente: proprio in forza di tale ultima disposizione egli, ove condannato dallo Stato di emissione all'esito della rinnovazione del giudizio, potrebbe beneficiare della garanzia - ivi prevista per il cittadino o per il residente dello Stato italiano, quand'anche cittadino di uno Stato terzo - relativa alla clausola di rinvio per la esecuzione della pena, eventualmente pronunciata, presso lo Stato membro richiesto, ossia in Italia, quale Stato di esecuzione, cosi' come dalla difesa prospettato in via subordinata. Nell'ordinamento dello Stato di emissione, infatti, la persona richiesta in consegna per essere sottoposta ad una pena derivante da una condanna pronunziata «in absentia» puo', su sua richiesta formulata ai sensi dell'art. 466 del codice di procedura penale romeno, essere nuovamente giudicata dalla stessa Corte che ha emesso la condanna, comparendo personalmente in giudizio. Osserva la Corte, all'esito dell'odierna udienza, come debba essere sollevata eccezione di costituzionalita', alla stregua dell'ordinanza emessa dalla stessa Corte di Cassazione e richiamata in narrativa. Nel corso del giudizio svoltosi davanti alla prima Corte, invero, la difesa del consegnando ha adeguatamente fornito la prova di uno stabile radicamento familiare e lavorativo sul territorio nazionale. L'art. 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584/GAI, nel regolare i motivi di non esecuzione facoltativa del mandato «esecutivo», stabilisce che l'autorita' giudiziaria dell'esecuzione puo' opporvi un rifiuto «se il mandato d'arresto europeo e' stato rilasciato ai fini dell'esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della liberta', qualora la persona ricercata dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadino o vi risieda, se tale Stato si impegni a eseguire esso stesso tale pena o misura di sicurezza conformemente al suo diritto interno». Con riferimento alla causa di rifiuto or ora menzionata, dunque, il legislatore europeo ha fatto riferimento, in linea generale, alla «persona ricercata» e non ha differenziato la posizione del cittadino da quella del «residente non cittadino», dato che l'esecuzione della pena nello Stato richiesto della consegna, anziche' in quello della condanna, e' prevista non per il riconoscimento di un privilegio in favore del cittadino, solo eventualmente estensibile al residente, ma, come gia' posto in rilievo nella su citata ordinanza di rimessione di questa Corte, per consentire alla pena di svolgere nel migliore dei modi la funzione di risocializzazione del condannato, rendendo possibile il mantenimento dei suoi legami familiari e sociali per favorirne un corretto reinserimento al termine dell'esecuzione: funzione, questa, che, come si vedra' meglio piu' avanti, non tollera distinzioni tra il cittadino ed il residente. Le medesime ragioni sono alla base della connessa disposizione di cui all'art. 5, n. 3, della suddetta decisione-quadro, che, nel regolare un complesso di garanzie che lo Stato emittente deve fornire in casi particolari allo Stato di esecuzione, stabilisce, con riferimento all'ipotesi di m.a.e. processuale, che «se la persona oggetto del mandato d'arresto europeo ai fini di un'azione penale e' cittadino o residente dello Stato membro di esecuzione, la consegna puo' essere subordinata alla condizione che la persona, dopo essere stata ascoltata, sia rinviata nello Stato membro di esecuzione per scontarvi la pena». L'enunciato normativo, infatti, e' sostanzialmente sovrapponibile a quello che il legislatore europeo ha utilizzato nella prima disposizione, non essendovi alcuna differenza fra «la persona ricercata» e «la persona oggetto del mandato d'arresto europeo», laddove alcun rilievo puo' attribuirsi, per i fini qui considerati, alla limitazione soggettiva della garanzia in favore del solo cittadino o residente dello Stato di esecuzione e non anche della persona che vi dimori. Una volta introdotto il corrispondente motivo di rifiuto nel nostro ordinamento, dunque, non puo' irrazionalmente limitarsene l'applicazione ai soli cittadini e residenti «comunitari», escludendola tout court per i residenti o dimoranti «non comunitari», se non a condizione di trasporre solo una porzione del contenuto, generale ed onnicomprensivo, della norma euro-unitaria, cosi' eludendo l'obbligo di rispettarne fedelmente i vincoli di adeguamento ai sensi degli articoli 11 e 117, comma 1, della Costituzione. Per il mandato «processuale» di arresto, infatti, si ammette la possibilita' di esecuzione della pena in Italia anche per i cittadini di Paesi terzi che vi risiedano, mentre la si esclude per il mandato di arresto «esecutivo» emesso nei confronti della medesima persona richiesta in consegna. Rientra nella discrezionalita' degli Stati membri decidere se attuare o meno i motivi di rifiuto a carattere facoltativo contemplati dalla norma «esterna» della decisione quadro, ma qualora essi li traspongano nei rispettivi ordinamenti interni devono attenersi al contenuto dell'atto di diritto derivato e lasciare all'autorita' giudiziaria nazionale la facolta' di scelta nel vagliarne la concreta operativita' nel caso di specie. Nessuna distinzione basata sulla nazionalita' del ricercato viene presa in considerazione, gia' in sede di relazione illustrativa della proposta, per individuare sul piano soggettivo la persona richiesta in consegna nell'ambito della nuova procedura di cooperazione. Al contrario, la formulazione letterale della norma dettata nell'art. 18-bis cit. esclude, sic et simpliciter, che il residente non cittadino di uno Stato membro dell'Unione possa scontare la pena nel nostro Stato, anche qualora egli dimostri di aver acquisito saldi legami di natura economica, professionale o affettiva nel suo territorio, ponendosi in tal modo al di fuori della ratio ispiratrice e della lettera disciplina delineata nell'impianto normativo della decisione quadro. Ne consegue una attuazione ingiustificatamente parziale e limitativa dell'ampiezza degli obiettivi perseguiti dal legislatore europeo con l'omologa disposizione normativa della decisione quadro, in contrasto con l'esigenza di rispettare le limitazioni di sovranita' necessarie per lo sviluppo dell'Unione e gli obblighi di conforme adeguamento derivanti dall'ordinamento euro-unitario secondo quanto dispongono gli articoli 11 e 117, comma 1, della Costituzione. 6. Sotto altro, ma connesso profilo, deve rilevarsi l'assenza di una ragionevole giustificazione a sostegno della scelta normativa legata alla diversita' di trattamento della posizione del cittadino di uno Stato terzo al quale viene del tutto preclusa, in caso di mandato «esecutivo» ex art. 18-bis cit., la possibilita' di beneficiare di un rifiuto della consegna nella prospettiva della finalita' rieducativa della pena la cui esecuzione egli verrebbe a scontare nello Stato di residenza. L'obiettivo della «reintegrazione sociale», come riduzione degli effetti desocializzanti della pena detentiva, non ammette alcuna distinzione fondata sulla nazionalita' e costituisce senza dubbio uno dei principali corollari del principio rieducativo, trasfondendosi addirittura nel significato stesso che tale principio viene ad assumere in relazione alle esigenze di individualizzazione del trattamento del condannato nella fase di esecuzione della pena. Non appare dunque manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 18-bis, comma 1, lettera c), della legge n. 69 del 2005, come introdotto dall'art. 6, comma 5, lettera b), della legge 4 ottobre 2019, n. 117, nella parte in cui, non prevedendo il rifiuto facoltativo della consegna del cittadino di uno Stato terzo stabilmente residente o dimorante nel territorio italiano, non ne garantisce il diritto al rispetto della vita familiare, per contrasto con gli articoli 2 e 117, comma 1, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e all'art. 17, paragrafo 1, del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, nonche' con gli articoli 11 e 117, comma 1, della Costituzione, in relazione all'art. 7 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli articoli 3, 11, 27, comma 3, 117, comma 1, della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 18-bis della legge 22 aprile 2005, n. 69, come introdotto dall'art. 6, comma 5, lettera b), della legge 4 ottobre 2019, n. 117, nella parte in cui non prevede il rifiuto facoltativo della consegna del cittadino di uno Stato non membro dell'Unione europea che legittimamente ed effettivamente abbia residenza o dimora nel territorio italiano, sempre che la Corte di appello disponga che la pena o la misura di sicurezza irrogata nei suoi confronti dall'autorita' giudiziaria di uno Stato membro dell'Unione europea sia eseguita in Italia conformemente al suo diritto interno. Sospende il giudizio, ordinando che, a cura della Cancelleria, siano trasmessi gli atti alla Corte costituzionale. Ordina alla Cancelleria di notificare la presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri e di darne comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Manda alla Cancelleria per la comunicazione prevista dall'art. 22, comma 5, della legge n. 69 del 2005. Bologna, 20 dicembre 2017 Il Presidente estensore: Ghedini --- LA CORTE D'APPELLO DI BOLOGNA Sezione I riunita in Camera di Consiglio e composta dai signori: dott. Luca Ghedini - Presidente relatore; dott. Anna Mori - consigliere; dott. Enrico Saracini - consigliere; ha pronunciato la seguente ordinanza nei confronti di: G. O.; rilevato nell'ordinanza pronunciata e pubblicata mediante lettura all'udienza del 27 ottobre 2020 e' stato commesso errore materiale, indicando come data del provvedimento quella del 20 dicembre 2017; Dispone che l'ordinanza di cui in premessa sia corretta nel senso che laddove si legge «Bologna, 20 dicembre 2017», debba leggersi e intendersi «Bologna, 27 ottobre 2020». Manda alla Cancelleria per gli adempimenti. Bologna, 8 febbraio 2021 Il Presidente estensore: Ghedini