N. 43 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 novembre 2020

Ordinanza  del  27  novembre  2020  della  Corte  di  cassazione  nel
procedimento civile promosso da Lo Re Mario e altri contro  Ministero
degli affari esteri e della cooperazione internazionale. 
 
Impiego pubblico - Personale dell'Amministrazione degli affari esteri
  in servizio all'estero - Indennita' di amministrazione - Previsione
  che l'art. 170 del d.P.R. n. 18 del 1967 si  interpreta  nel  senso
  che  il  trattamento  economico   complessivo   non   include   ne'
  l'indennita'  di  amministrazione  ne'   l'indennita'   integrativa
  speciale e che durante il periodo di  servizio  all'estero  possono
  esser corrisposte soltanto le indennita' di cui al medesimo d.P.R. 
- Decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti  per
  la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito,  con
  modificazioni, nella legge 14 settembre 2011, n. 148, art. 1-bis. 
(GU n.15 del 14-4-2021 )
 
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
 
 
                           Sezione Lavoro 
 
    composta dagli ill.mi sigg.ri magistrati: 
      dott. Amelia Torrice - Presidente; 
      dott. Annalisa Di Paolantonio - consigliere; 
      dott. Caterina Marotta - consigliere; 
      dott. Irene Tricomi - consigliere; 
      dott. Francesca Spena - rel. consigliere; 
    ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria  sul  ricorso
27755-2014 proposto da: 
      Lo Re  Mario,  Mastrostefano  Giovanni,  Mauriello  Maria  Pia,
Maurizi Lorenzo, Meneghello Alessandro, Muscatello  Nicola,  Paparone
Mario, Patti Carmela, Trombi Moriam Lucia, Vingelli Angelo  Raffaele,
tutti elettivamente domiciliati in Roma,  Salita  di  San  Nicola  da
Tolentino 1/B, presso lo studio dell'avvocato Domenico Naso,  che  li
rappresenta e difende; - ricorrenti; 
      contro Ministero  degli  affari  esteri  e  della  cooperazione
internazionale, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale  dello  Stato  presso  i  cui  Uffici
domicilia  ex  lege  in  Roma,  alla  via  dei  Portoghesi,   12;   -
controricorrente; 
      avverso la sentenza n. 3308/2014 della Corte d'Appello di Roma,
depositata il 23 maggio 2014 R.G.N. 7629/2011; 
    udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza  del
29 settembre 2020 dal Consigliere dott. Francesca Spena; 
    udito il pubblico ministero in persona del Sostituto  procuratore
generale dott. Alessandro Cimmino che ha concluso per il rigetto  del
ricorso; 
    udito l'avvocato Domenico Naso; 
 
                              Rilevato 
 
    1. con sentenza del 23 maggio 2014, n. 3308, la  Corte  d'Appello
di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale della  stessa  sede,
rigettava la domanda proposta da Mario Lo Re ed altri litisconsorti -
tutti dipendenti del Ministero degli  affari  esteri  (in  prosieguo:
MAE) in  servizio  presso  sedi  estere  -  per  il  pagamento  della
«indennita' di amministrazione»,  non  corrisposta  dal  MAE  perche'
ritenuta incumulabile con la «indennita' di servizio all'estero». 
    2. La Corte territoriale osservava che la vicenda  di  causa  era
stata  risolta  dall'art.  1-bis  del  decreto-legge   n.   138/2011,
convertito in legge n. 148/2001, norma di  interpretazione  autentica
dell'art. 170 del decreto del Presidente della Repubblica  5  gennaio
1967, n. 18; la norma aveva chiarito  che  il  trattamento  economico
complessivo spettante al personale dell'amministrazione degli  affari
esteri nel periodo di servizio all'estero non includeva  l'indennita'
di amministrazione (ne' la indennita' integrativa speciale). 
    3. Riteneva, inoltre, che, in ogni caso, la pretesa era infondata
anche a voler prescindere dalla disposizione  interpretativa  perche'
l'art. 170 del decreto del Presidente della  Repubblica  n.  18/1967,
nell'attribuire  al  personale  del  MAE   in   servizio   all'estero
l'indennita'  di  servizio   estero,   precisava   che   nessun'altra
indennita' ordinaria e straordinaria  -  poteva  essere  concessa  al
personale, a qualsiasi titolo,  in  relazione  al  servizio  prestato
all'estero. 
    4. Hanno proposto ricorso per  La  Cassazione  della  sentenza  i
litisconsorti in epigrafe indicati, articolato in sette  motivi,  cui
ha resistito il MAE con controricorso. 
    5. La causa e'  stata  discussa  alla  pubblica  udienza  del  29
settembre 2020, a seguito  di  rinvio  dalla  precedente  trattazione
camerale. Le parti hanno depositato memorie. 
 
                             Considerato 
 
Sintesi dei motivi 
Le parti ricorrenti hanno dedotto: 
    6. Con  il  primo  motivo  di  ricorso,  la  violazione  e  falsa
applicazione  dell'art.  1-bis   del   decreto-legge   n.   138/2001,
convertito nella legge n. 148/2001 e dell'art. 170  del  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  n.  18/1967,   assumendo   la   natura
innovativa della disposizione del suddetto art. 1-bis e,  dunque,  la
sua inapplicabilita' ratione temporis alla fattispecie di causa. 
    7. Con i motivi dal secondo  al  quinto,  la  incostituzionalita'
dell'art. 1-bis 13 agosto 2011 n. 138, inserito dall'art. 1, comma  1
della legge di conversione 14 settembre 2011  n.  148  -  ove  invece
inteso come norma di interpretazione autentica - per  contrasto:  con
l'articolo della Convenzione europea per la salvaguardia dei  diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali in  relazione  agli  articoli
10, primo comma e 117, primo comma della Costituzione (motivi secondo
e terzo); con l'art. 1 del protocollo I addizionale alla  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali, sempre in relazione agli articoli  10,  primo  comma  e
117,  primo  comma,  della  Costituzione  (quarto  motivo);  con  gli
articoli 101,  102,  104  Costituzione;  con  gli  articoli  3  e  36
Costituzione (quinto motivo). 
    8. Con il sesto ed il settimo motivo i ricorrenti hanno censurato
la sentenza impugnata  per  violazione  delle  norme  collettive  del
comparto ministeri (articoli 29 e 34 C.C.N.L. 1994/1997; articoli  28
e 33 C.C.N.L. 1998/2001; C.C.N.L.  integrativo  1998/2001  -  biennio
economico  2000/2001);  si  evidenzia  la  natura  retributiva  della
«indennita' di amministrazione» per sostenere  la  sua  cumulabilita'
con la «indennita' di servizio all'estero», sul  rilievo  che  questi
ultima non avrebbe carattere  retributivo  ma  funzione  compensativa
degli oneri economici sostenuti per il servizio all'estero. 
    9.  II  Collegio  ritiene  che  la  questione   di   legittimita'
costituzionale sollevata dalle parti  ricorrenti  sia  ammissibile  -
(essa e' relativa alla disposizione di  una  legge  dello  Stato  che
disciplina la controversia su cui Collegio e'  chiamato  a  decidere,
censurata per violazione di specifiche norme  della  Costituzione)  -
rilevante e non manifestamente infondata. 
Sulla rilevanza 
    La verifica di rilevanza conduce ad un esito positivo. 
    10.  Sotto  tale  profilo  va  sperimentata  la  possibilita'  di
risolvere la controversia senza tener conto del censurato art.  1-bis
del  decreto-legge  n.   138/2011,   considerando   la   norma   come
non-retroattiva; in questo senso andrebbe accolto il primo motivo del
ricorso in cassazione. 
    11. Tuttavia il Collegio non ritiene possa dubitarsi della natura
di norma retroattiva dell'art. 1-bis del decreto-legge 13 agosto 2011
n. 138, avuto riguardo al chiaro ed inequivoco dettato letterale. 
    12. La retroattivita' deriva, infatti, inevitabilmente dalla  sua
auto-qualificazione come interpretazione autentica dell'art. 170  del
decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18. 
    13. La norma, per quanto testualmente disposto, si salda al testo
originario dell'art. 170 del decreto del Presidente della  Repubblica
n. 18/1957, offrendone un preciso significato. 
    14. Non puo' esserne allora predicata la natura non  retroattiva,
in contrasto con il dato letterale. 
    15. Pertanto, il Collegio per decidere la causa dovra'  applicare
la disposizione censurata e l'applicabilita'  della  disposizione  e'
sufficiente  a  radicare  la  rilevanza  delle   questioni   proposte
(sentenza Corte costituzionale  n.  174  del  2016,  punto  2.1.  del
Considerato in diritto, Corte costituzionale n. 174/2019,  punto  2.1
del Considerato in diritto). 
    16. Va osservato, inoltre,  che  nella  prospettiva  di  un  piu'
diffuso   accesso   al   sindacato   di   costituzionalita'    (Corte
costituzionale n. 77 del 2018, punto 8. del Considerato in diritto) e
di una piu' efficace garanzia della  conformita'  della  legislazione
aila Carta  fondamentale,  il  presupposto  della  rilevanza  non  si
identifica nell'utilita' concreta di cui le parti in causa potrebbero
beneficiare (sentenza n. 20 del 2018, punto  2,  del  Considerato  in
diritto). 
    17. Nell'ipotesi di  accoglimento  delle  questioni,  del  resto,
questo giudice remittente non sara' chiamato a fare  applicazione  di
una normativa che predetermina l'esito della lite ma dovra'  decidere
secondo una  diversa  regola  di  giudizio,  che  attingera'  da  una
ricostruzione   sistematica   della   complessiva    disciplina    di
riferimento. 
    18.   La   dichiarazione   di   illegittimita'    costituzionale,
quand'anche non conducesse a conclusioni diverse da  quelle  recepite
dalle disposizioni censurate, influirebbe sul percorso  argomentativo
che questa Corte dovra' intraprendere per dirimere  la  controversia;
dunque, anche da questo punto di vista trova  conferma  la  rilevanza
del dubbio di costituzionalita' prospettato. 
Sulla non manifesta infondatezza. 
    La verifica della non manifesta infondatezza conduce ad un  esito
positivo. 
    19. Va in primo luogo segnalato che questa Corte,  con  ordinanza
del 17 dicembre 2019, n. 33395, non ha dato seguito alla questione di
costituzionalita' della  medesima  disposizione  oggi  censurata  (in
quella  sede  sollevata  sotto  il  profilo  della  violazione  degli
articoli 3, 24, 101, 104, 113 della Costituzione) nella parte in  cui
si riferisce alla «indennita' integrativa speciale». 
    20. Le conclusioni ivi raggiunte non sono,  tuttavia,  riferibili
alla disciplina dettata dall'art. 1-bis del decreto-legge n. 138/2011
in ordine alla «indennita' di amministrazione». 
    21.  L'ordinanza  n.  33395/2010  si  e'   confrontata   con   un
emolumento, l'indennita' integrativa speciale, gia' noto all'epoca di
entrata in vigore del decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
18/1967 (in quanto istituito dalla legge n. 324/59) e con  un  dubbio
interpretativo nascente, a distanza di vari  decenni,  da  due  fatti
storici sopravvenuti: il conglobamento della  indennita'  integrativa
speciale nella voce «stipendio» disposto dal C.C.N.L.  Ministeri  del
12 giugno 2003, che  contemplava  una  disciplina  specifica  per  il
personale  in  servizio  all'estero;  la  mancanza  di  una   analoga
disciplina specifica nella contrattazione del comparto  successiva  a
quel contratto. 
    22.  Nel  giudizio  in  esame  la  disciplina  del  decreto   del
Presidente della Repubblica n. 18/1967, articoli 170 e 171,  e  della
contrattazione collettiva da' luogo a conclusioni opposte. 
    23. Per comprendere le ragioni del dubbio  di  costituzionalita',
e'  necessario  ricostruire  preliminarmente  il  quadro   normativo,
contrattuale e giurisprudenziale in cui esso si inserisce. 
    24. Giova ricordare che ai sensi dell'art. 45, comma  5,  decreto
legislativo  n.  165/2001  le  funzioni  e  i  relativi   trattamenti
economici accessori del personale non diplomatico del Ministero degli
affari esteri,  per  i  servizi  che  si  prestano  all'estero,  sono
disciplinati, limitatamente al  periodo  di  servizio  ivi  prestato,
dalle disposizioni del decreto  del  Presidente  della  Repubblica  5
gennaio 1967, n.  18,  e  successive  modificazioni  ed  integrazioni
nonche' dalle altre pertinenti normative  di  settore  del  Ministero
degli affari esteri. 
    25. Da qui la sopravvivenza,  nel  regime  del  pubblico  impiego
privatizzato, del decreto del Presidente n. 18/1967, il cui art. 170,
norma oggetto della interpretazione autentica, dispone: 
      «Il personale dell'amministrazione degli affari  esteri,  oltre
allo stipendio e agli  assegni  di  carattere  fisso  e  continuativo
previsti   per   l'interno,   compresa   l'eventuale   indennita'   o
retribuzione  di  posizione  nella  misura  minima   prevista   dalle
disposizioni  applicabili,  tranne   che   per   tali   assegni   sia
diversamente disposto, percepisce, quando e' in  servizio  presso  le
rappresentanze  diplomatiche  e  gli  uffici   consolari   di   prima
categoria, l'indennita' di  servizio  all'estero,  stabilita  per  il
posto  di  organico  che  occupa,   nonche'   le   altre   competenze
eventualmente  spettanti  in  base  alle  disposizioni  del  presente
decreto. 
      Nessun'altra indennita' ordinaria e straordinaria  puo'  essere
concessa, a qualsiasi titolo, al personale suddetto in  relazione  al
servizio prestato all'estero in aggiunta al trattamento previsto  dal
presente decreto». 
    26. Anteriormente alla emanazione della norma di  interpretazione
autentica era insorto  un  contenzioso  seriale,  proposto  da  molti
dipendenti del MAE, contenzioso nel quale si  inserisce  il  presente
giudizio, sulla cumulabilita' della «indennita'  di  amministrazione»
con la suddetta «indennita' di servizio all'estero». 
    27. Si trattava  -  e  si  tratta  oggi  -  di  stabilire  se  la
indennita' di amministrazione rientri tra gli «assegni  di  carattere
fisso e continuativo», posti in cumulo con la indennita' di  servizio
all'estero ( comma 1 del  citato  art.  170)  ovvero  tra  le  «altre
indennita'», la cui concessione e'  esclusa  (comma  2  del  medesimo
articolo). 
    28. Da qui la  rilevanza  della  disciplina  di  fonte  negoziale
collettiva. 
    29. L'indennita' di amministrazione e'  stata  istituita  con  il
primo C.C.N.L.  del  Comparto  Ministeri  (1994/1997)  in  attuazione
dell'art. 72, comma 2, decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29. 
    30. La  norma  disponeva  la  abrogazione,  contestualmente  alla
sottoscrizione dei primi contratti collettivi, delle disposizioni che
prevedevano trattamenti economici accessori, comunque  denominati,  a
favore dei  dipendenti  pubblici;  delegava,  tuttavia,  i  contratti
collettivi  a  fare   comunque   salvi   «i   trattamenti   economici
Fondamentali ed accessori  in  godimento  aventi  natura  retributiva
ordinaria o corrisposti con carattere  di  generalita'  per  ciascuna
amministrazione o ente». 
    31. Nella prima tornata contrattuale, il  C.C.N.L.  del  Comparto
Ministeri del 16 maggio 1995 - art. 29 (struttura della retribuzione)
e art. 34, comma due, (disciplina della retribuzione accessoria) - ha
rinviato all'allegato B per  individuazione,  attraverso  tabelle  di
retribuzione accessoria, delle quote di  retribuzione  accessoria  in
atto presso le singole  amministrazioni,  negli  importi  corrisposti
nell'anno 1993, conservate a seguito della  contrattualizzazione  (in
applicazione del suddetto art. 72 del decreto legislativo n. 29/1993)
perche' aventi carattere di generalita' e di continuita' in base alla
disciplina allora vigente (art. 34, comma 2, lettera a del C.C.N.L.);
le quote di retribuzione accessoria all'epoca corrisposte non  aventi
carattere di generalita' e continuita' avrebbero, invece,  alimentato
il   Fondo   per   la   produttivita'   collettiva   delle    singole
amministrazioni (art. 34, comma 2, lettera b del C.C.N.L.). 
    32.  L'indennita'  di   amministrazione   nasce,   dunque,   come
indennita'  che  conserva  nell'impiego  privatizzato  i  trattamenti
accessori  corrisposti  ai   dipendenti   ministeriali   nel   regime
pubblicistico con carattere di generalita' e continuita'. 
    33.  Nell'allegato  B,  tabella  I,  si  precisava  trattarsi  di
indennita' corrisposta, di norma, nelle medesime fattispecie  in  cui
viene erogato lo stipendio tabellare: ridotta, pertanto, pro quota in
caso di part-time orizzontale  ed  al  50%  in  caso  di  sospensione
cautelare per procedimento disciplinare; erogata per intero  in  caso
di ferie, permessi  retribuiti,  maternita',  assenze  per  malattia,
sospensione cautelare per procedimento penale, permessi, distacchi ed
aspettative sindacali. 
    34. Nella seconda tornata contrattuale, l'art. 28 C.C.N.L. del 16
febbraio 1999 ha  definito  la  struttura  della  retribuzione  senza
distinguere  il  trattamento  fondamentale  da   quello   accessorio,
comprendendovi la indennita' di amministrazione, di cui al successivo
art. 33; detto art. 33 ha previsto un  aumento  degli  importi  della
indennita' di amministrazione, allo scopo di favorire il processo  di
perequazione  delle  retribuzioni   complessivamente   spettanti   al
personale del comparto. 
    L'art. 17,  comma  11,  del  C.C.N.L.  integrativo  del  C.C.N.L.
1998/2001 ha poi aggiunto all'art. 33 un comma 3, a tenore del  quale
l'indennita'  di   amministrazione   «e'   corrisposta   per   dodici
mensilita',  ha  carattere  di  generalita'  ed  ha  natura  fissa  e
ricorrente». 
    35. Venendo al terzo quadriennio, l'art. 22 C.C.N.L. 2002/2005 ha
previsto ulteriori incrementi dell'indennita' d'amministrazione «allo
scopo di favorire procedimento  di  perequazione  delle  retribuzioni
complessivamente spettanti al personale del computo», rinviando  alle
Tabelle  C  e  D;  nelle  richiamate  tabelle  vengono  fissati   gli
incrementi mensili dell'indennita' di amministrazione,  distinti  per
Ministeri, con la  precisazione  che  detti  incrementi  valgono  per
dodici mensilita'. 
    36. Nel quadriennio 2006/2009, il C.C.N.L. comparto Ministeri del
14 settembre 2007 si e' occupato della indennita' di  amministrazione
all'art. 31, con il fine di eliminare differenze  tra  le  indennita'
corrisposte   al   personale   in   servizio   presso   la   medesima
amministrazione nonche' di ridurre  le  differenze  esistenti  tra  i
valori dell'indennita' di amministrazione presenti nel comparto. 
    37. Sin qui le disposizioni collettive  rilevanti  in  causa,  in
ragione del blocco della contrattazione disposto da decreto-legge  n.
78 del 2010 e dal decreto-legge n. 98 del 2011. 
    38.  Puo'  conclusivamente   affermarsi   che   l'indennita'   di
amministrazione e' una voce della retribuzione accessoria corrisposta
in tutte le amministrazioni dell'ex comparto Ministeri,  seppure  con
importi diversi da amministrazione ad amministrazione, non  essendosi
portato a compimento, a tutt'oggi, il dichiarato intento perequativo;
essa e' fissa nell'ammontare in relazione  a  ciascuna  posizione  di
inquadramento,  viene  corrisposta   continuativamente   per   dodici
mensilita', ha carattere di generalita'. 
    39. In tal senso si sono pronunciate le Sezioni unite  di  questa
Corte nella  sentenza  13  luglio  2005,  n.  14698,  rilevando  come
«Secondo l'art. 33, comma 3 del C.C.N.L. 1998/2001,  come  modificato
dall'art. 17, comma 11 del contratto integrativo,  la  indennita'  di
amministrazione viene corrisposta per dodici mensilita', ha carattere
di generalita' e natura fissa,  e  ricorrente...».  La  natura  della
indennita' di amministrazione nei termini ricostruiti  dalle  Sezioni
Uniti e' stata reiteratamente ribadita dalla sezione lavoro di questa
Corte (Cass. numeri 18196/2017;  22612/2015;  9313/2011;  11814/2008,
5118/2008, 2355/2007, 19564/2006). 
    40. Invece la «indennita' di  servizio  all'estero»,  sempre  per
giurisprudenza di questa Corte (Cass. numeri  14112/7016;  6039/2018;
27345/2019) non  ha  natura  retributiva,  in  quanto  finalizzata  a
sopperire ai maggiori costi che gravano sul dipendente in conseguenza
della permanenza all'estero. 
    41. Nei precedenti citati, qui condivisi, si e' osservato che  la
natura  non  retributiva  della  indennita'  di  servizio  estero  e'
affermata con chiarezza dal decreto del Presidente della Repubblica 5
gennaio 1967, n. 18, art. 171, comma  1  ed  e'  ribadita  dai  commi
successivi; in particolare, la misura della indennita', nelle diverse
sedi, deve essere  commisurata  al  costo  della  vita  ed  alle  sue
variazioni (comma 3, n. 1) nonche' alle necessita' di  rappresentanza
derivanti dalle  funzioni  esercitate,  alle  particolari  condizioni
locali, al  costo  degli  alloggi,  del  personale  domestico  e  dei
servizi, al corso dei cambi (comma 3, n. 2). 
    42. Da quanto sin qui esposto  deriverebbe  la  fondatezza  delle
argomentazioni spese dai  dipendenti  del  MAE  nei  motivi  sesto  e
settimo  del  ricorso  in  cassazione,  comunque  autonomamente   non
decisive a fronte del sopravvenuto quadro normativo. 
    43. Ed invero, dopo la definizione nel primo  grado  dell'odierno
giudizio, e' intervenuto il censurato art. 1-bis del decreto-legge n.
138/2011 cosi' formulato: 
      «L'art. 170 del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  5
gennaio 1967, n. 18, si interpreta nel senso che: 
        a) il trattamento  economico  complessivamente  spettante  al
personale dell'amministrazione degli affari  esteri  nel  periodo  di
servizio all'estero, anche con riferimento a «stipendio»  e  «assegni
di carattere  fisso  e  continuativo  previsti  per  l'interno»,  non
include  ne'  l'indennita'  di   amministrazione   ne'   l'indennita'
integrativa speciale; 
        b) durante il periodo  di  servizio  all'estero  al  suddetto
personale possono essere attribuite soltanto le  indennita'  previste
dal decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18.». 
    44.  Il  piano  di  valutazione  della  sollevata  questione   di
legittimita' costituzionale non sara' l'indagine circa  il  carattere
effettivamente  interpretativo  ovvero   innovativo   con   efficacia
retroattiva della norma sospettata di illegittimita'  -  essendo  sul
piano costituzionale consentita la emanazione  di  leggi  retroattive
anche  innovative  (fuori  dall'ambito  coperto  dall'art.  25  della
Costituzione) - ma piuttosto la verifica  del  se  la  retroattivita'
della legge, quale discende dal suo tenore letterale, trovi  adeguata
giustificazione sul  piano  della  ragionevolezza  e  sia,  altresi',
sostenuta  da  adeguati  motivi  di   interesse   generale,   si   da
rappresentare un puntuale bilanciamento  tra  le  ragioni  della  sua
emanazione ed i valori, costituzionalmente  tutelati,  potenzialmente
lesi dall'efficacia a ritroso della norma  adottata  (sentenza  Corte
costituzionale n. 170 del 2013, che riassume  sul  tema  le  costanti
indicazioni di principio espresse dalla Corte). 
    45.   Tanto   premesso,   il   primo   dubbio   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1-bis decreto-legge n. 138/2011 attiene alla
violazione del parametro della ragionevolezza,  di  cui  all'art.  3,
primo comma, della Costituzione. 
    Secondo la giurisprudenza  costituzionale  (Corte  costituzionale
sentenza n. 108/2019 e giurisprudenza ivi citata), in caso  di  norma
retroattiva si impone un grado di ragionevolezza complessiva ben piu'
elevato di quello  che,  di  norma,  e'  affidato  alla  mancanza  di
arbitrarieta'; in altri  termini,  e'  richiesta  non  gia'  la  mera
assenza di scelte normative manifestamente arbitrarie ma  l'effettiva
sussistenza   di    giustificazioni    ragionevoli    dell'intervento
legislativo, poiche' la normativa retroattiva incide  sulla  certezza
dei rapporti preteriti nonche' sul legittimo affidamento dei soggetti
interessati. Un tale rigoroso controllo  deve  verificare,  in  primo
luogo,  se  sussistano  solide  motivazioni  che  hanno  guidato   il
legislatore e se esse trovino, appunto, «adeguata giustificazione sul
piano  della   ragionevolezza»,   anche   in   considerazione   delle
circostanze di fatto e di contesto entro cui l'intervento legislativo
e' maturato. Ove tale preliminare esame fornisca esito positivo, deve
essere, inoltre, accertato se il risultato  di  tale  intervento  non
trasmodi, comunque,  in  una  regolazione  arbitraria  di  situazioni
soggettive, in lesione  del  legittimo  affidamento  dei  destinatari
della disciplina originaria, e percio', anche sotto  questo  profilo,
dell'art. 3 della Costituzione. 
    46. La disposizione dell'art. 1-bis,  decreto-legge  n.  138/2011
pretende di interpretare autenticamente l'art. 170  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, ma si riferisce ad
una  indennita',  la  indennita'  di  amministrazione,  che   neppure
esisteva alla data di entrata in vigore del  decreto  del  Presidente
della  Repubblica  interpretato,  in  quanto  veniva  introdotta  dal
C.C.N.L. 1994/1997 del Comparto Ministeri, circa trenta anni dopo (il
contratto collettivo e' del 16 maggio 1995). 
    47. Non puo' negarsi, dunque, la  diversita'  tra  la  disciplina
originaria e quella  sopravvenuta,  che  presenta  un  insopprimibile
elemento di novita' nella indennita' oggetto  della  interpretazione;
si tratta, piuttosto che di una norma interpretativa,  di  una  norma
innovativa con efficacia retroattiva. 
    48. Ora, la palese  erroneita'  della  auto-qualificazione  della
norma come di interpretazione autentica puo'  costituire  un  indice,
sia pure non dirimente,  della  irragionevolezza  della  disposizione
impugnata (Corte Costituzionale  sentenza  n.  73/2017;  sentenza  n.
103/2013; sentenza n. 41/2011). 
    49. Sotto questo profilo il sospetto di  irragionevolezza  appare
strettamente   legato   a   quanto   si   esporra'   sulle    ragioni
dell'intervento in riferimento al secondo,  al  terzo  ed  al  quarto
parametro di possibile incostituzionalita'. 
    50. Il secondo dubbio di legittimita' costituzionale attiene alla
violazione degli articoli 101, 102 e 104 della  Costituzione  ed,  in
particolare, al mancato rispetto  delle  funzioni  costituzionalmente
assegnate al potere giudiziario. 
    51. L'intervento legislativo  e'  stato  introdotto  in  sede  di
conversione ed e' frutto del maxiemendamento  del  Governo  approvato
dal Senato il 7 settembre 2011. 
    52.  Secondo   quanto   si   legge   nella   memoria   depositata
dall'Avvocatura dello Stato  per  l'udienza  pubblica,  la  relazione
tecnica che accompagna l'emendamento specifica  che  la  ratio  della
norma risiede nella necessita' «di fornire  l'esatta  interpretazione
dell'art. 170 del decreto del Presidente della Repubblica n.  18/1967
ai fine  di  porre  termine  al  contenzioso  seriale,  riferito  sia
all'indennita'  di  amministrazione  sia  all'indennita'  integrativa
speciale, instauratosi nei  confronti  del  MAE,  dal  quale  possono
derivare ingenti oneri a  carico  della  finanza  pubblica»  (memoria
della Avvocatura generale dello Stato del 4  marzo  2020,  pagina  4,
primo capoverso). 
    53.   L'intervento    legislativo,    dunque,e    dichiaratamente
finalizzato ad incidere su concrete fattispecie sub iudice. 
    54.   In   particolare,   con   riferimento   all'indennita'   di
amministrazione, la relazione tecnica stima  l'onere  che  graverebbe
sull'amministrazione degli Affari esteri per il contenzioso  in  euro
5,5 milioni annui (e in 7 milioni a decorrere  dall'anno  2008),  con
una incidenza  complessiva  per  l'ultimo  quinquennio  in  oltre  30
milioni. 
    55. Dunque legislatore, piuttosto che muoversi sul piano generale
ed astratto delle fonti, costruendo  il  modello  normativo  cui'  la
decisione giudiziale deve attenersi, pare ingerirsi  nella  specifica
risoluzione delle concrete fattispecie in giudizio. 
    56. Da tali considerazioni discende  anche  un  terzo  dubbio  di
illegittimita' costituzionale, attinente  alla  violazione  dell'art.
24,  primo  comma  della  Costituzione,  sotto   il   profilo   della
effettivita' del diritto dei cittadini di agire in giudizio a  tutela
dei propri diritti. 
    57. Sussiste, poi, venendo al quarto profilo, il fondato sospetto
di violazione degli articoli 111 e 117, comma 1  della  Costituzione,
quest'ultimo in relazione all'art. 6 della Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  Liberta'  fondamentali,
profili di censura inscindibilmente connessi, data la  corrispondenza
tra principi costituzionali interni in materia di parita' delle parti
in giudizio e quelli convenzionali in punto di equo  processo  (Corte
costituzionale,  sentenza  12  luglio  2019,  n.  174,  punto  6  del
considerato in diritto e giurisprudenza ivi citata). 
    58. E' nota la giurisprudenza della  Corte  europea  dei  diritti
dell'uomo secondo cui e' precluso al legislatore di interferire nella
determinazione giudiziaria di una controversia, tranne il caso in cui
ricorrano impellenti  motivi  di  interesse  generale  (ex  plurimis:
sentenza 14 febbraio 2012, Arras ed altri contro Italia; sentenza  31
maggio 2011, Maggio ed altri contro Italia; sentenza 7  giugno  2011,
Agrati ed altri contro Italia; sentenza 10  giugno  2008  Bortesi  ed
altri contro Italia). 
    59. Tra  gli  elementi  sintomatici  di  un  uso  distorto  della
funzione legislativa, la Corte  costituzionale,  in  armonia  con  le
enunciazioni di principio della Corte europea dei diritti  dell'uomo,
ha  gia'   conferito   rilievo   al   metodo   ed   alla   tempistica
dell'intervento legislativo, che vede lo  Stato  o  l'amministrazione
pubblica parti di un processo gia' radicato e si colloca  a  notevole
distanza  dall'entrata  in  vigore  delle  disposizioni  oggetto   di
interpretazione autentica (Corte costituzionale, sentenze 30  gennaio
2018 n. 12 e 12 luglio 2019 n. 174). 
    60.  Nella  fattispecie  di   causa,   l'intervento   legislativo
censurato e' intervenuto a distanza  di  oltre  quaranta  anni  dalla
entrata in vigore della norma interpretata e dopo che la sentenza  di
primo grado, del 7 luglio 2011 (n. 12728), aveva accolto  la  domanda
degli odierni ricorrenti,  condannando  il  MAE  al  pagamento  della
indennita' di amministrazione maturata a  decorrere  dal  16  ottobre
2005 in favore di ciascuno di essi. 
    61. La relazione  tecnica,  facendo  riferimento  al  contenzioso
seriale avviato  dai  dipendenti  del  MAE  ed  individuando  l'onere
finanziario  dell'ultimo  quinquennio  (quello  non   coperto   dalla
prescrizione), mostra l'intendimento di incidere sulla  singola  come
sulle  altre  controversie  in  corso   sulla   medesima   questione,
chiaramente  individuabili,  tanto  da  poterne   stimare   il   peso
economico. 
    62.  Orbene,  i  motivi  finanziari  non  bastano   da   soli   a
giustificare un intervento legislativo destinato a ripercuotersi  sui
giudizi in corso; del resto, l'intento di vincolare la  decisione  di
cause gia' pendenti, che coinvolgono un numero esiguo  e  agevolmente
individuabile di parti, contrasta con la  nozione  stessa  di  motivi
imperativi di interesse generale, orientati, piuttosto,  a  finalita'
di ampio respiro (Corte costituzionale, sentenza n. 174/2009, punto 6
e punto 7.3 del considerato in diritto). 
    63. Neppure si ravvisa l'esigenza, in altre occasioni valorizzata
dalla  Corte  Costituzionale,  di  porre  rimedio  alle  imperfezioni
tecniche del testo normativo originario (sentenza n. 24 dei 2018), in
quanto la controversia in corso, come le altre analoghe  insorte  sul
territorio nazionale, non trova origine nelle  ambiguita'  del  testo
del decreto del Presidente della Repubblica del 1967  ma,  piuttosto,
nella qualificazione o  meno  della  indennita'  di  amministrazione,
disciplinata dalle parti collettive a partire dal 1994, come «assegno
a carattere fisso e continuativo previsto per l'interno». 
    64.  Infine,  non  paiono  ricorrere  profili  di  illegittimita'
costituzionale insiti nella disciplina anteriore (sentenza n. 149 del
2017) o - in funzione riparatrice e nel  rispetto  del  principio  di
affidamento - manifeste sperequazioni determinate da  istituti  extra
ordinem di eccezionale favore (sentenza n. 108 del 2019, punto 8. del
considerato in diritto). 
    65.  Appare,  dunque,  fondato   il   dubbio   di   mancanza   di
ragionevolezza   dell'intervento    retroattivo    dell'art.    1-bis
decreto-legge n. 138/2011, cosi' come quello di interferenza  con  le
funzioni costituzionalmente riservate  al  potere  giudiziario  e  di
violazione dell'effettivita' del diritto  delle  parti  ad  agire  in
giudizio. 
    66. principio di preminenza del diritto e la  nozione  di  giusto
processo - consacrata nell'art. 6 della CEDI!, nella  lettura  datane
dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, come nell'art.  111  della
Costituzione - appaiono, altresi',  incisi  dalla  norma  retroattiva
censurata,  in  quanto  essa,  come  detto,   opera   su   situazioni
processuali gia' in corso. 
    67.  Un  quinto  sospetto  di  illegittimita'  costituzionale  si
configura, da ultimo, in  riferimento  all'art.  39,  comma  1  della
Costituzione. 
    68. Viene in  rilievo  il  ruolo  cruciale  della  contrattazione
collettiva, alla quale e' stata delegata  dall'art.  40  del  decreto
legislativo n. 165 del 2001 la regolazione dell'assetto economico del
pubblico impiego privatizzato (Corte Costituzionale n. 178 del  2015,
punto 17 del Considerato in diritto). 
    69.  La  norma  sospettata   di   illegittimita'   costituzionale
provvede, infatti, ex post a configurare un assetto  del  trattamento
economico complessivo dei dipendenti del MAE in  servizio  all'estero
intervenendo, piuttosto che  sull'art.  170  decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 18/1967 - norma  coperta  dalla  riserva  di  cui
all'art. 45,  comma  5,  decreto  legislativo  n.  165/2001  -  sulla
disciplina della indennita' di amministrazione fissata, nell'arco  di
piu'  quadrienni,  dai  contratti  collettivi  dei  pubblico  impiego
privatizzato. 
    70. L'incidenza retroattiva della norma di legge sulla disciplina
posta dalle parti collettive, nell'esercizio di una delega di  legge,
appare un vuinus alla loro  liberta'  ad  autonomia  in  un  settore,
quello del pubblico impiego privatizzato, in cui  tale  autonomia  ha
trovato specifico riconoscimento e regolamentazione legali. 
 
                               P.Q.M. 
 
    La Corte, visti gli articoli 134 della Costituzione  e  23  della
legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e  non  manifestamente
infondata, in riferimento agli  articoli  3  della  Costituzione,  24
comma 1 della Costituzione, 39 comma 1 della Costituzione, 111,  117,
comma  1  della  Costituzione  -  in  relazione  all'art.   6   della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali - Convenzione europea per la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il  4
novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4  agosto  1955,
n. 848 - la questione di legittimita' costituzionale dell'art.  1-bis
del  decreto-legge  13  agosto  2011,   n.   138,   convertito,   con
modificazioni, in legge 14 settembre 2011 n. 148, nei termini di  cui
in motivazione. 
    Sospende il presente giudizio. 
    Ordina che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza  sia
notificata  alle  parti  del  giudizio  di  Cassazione,  al  pubblico
ministero presso questa Corte ed  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; ordina, altresi',  che  l'ordinanza  venga  comunicata  dal
Cancelliere ai Presidenti delle due Camere  del  Parlamento;  dispone
l'immediata trasmissione degli atti, comprensivi della documentazione
attestante  il  perfezionamento  delle  prescritte  notificazioni   e
comunicazioni, alla Corte costituzionale. 
      Cosi' deciso in Roma, in data 29 settembre 2020 
 
                       Il Presidente: Torrice