N. 49 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 febbraio 2021
Ordinanza del 10 febbraio 2021 del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia sul ricorso proposto da Egeo Real Estate s.r.l. contro Comune di Milano. Edilizia e urbanistica - Norme della Regione Lombardia - Disposizioni relative al patrimonio edilizio dismesso con criticita' - Individuazione da parte dei Comuni degli immobili di qualsiasi destinazione d'uso, dismessi da oltre cinque anni, che causano criticita' per gli aspetti ivi elencati - Prevista applicazione della disciplina anche agli immobili gia' individuati dai Comuni come degradati e abbandonati e a quelli per i quali il proprietario certifichi anche uno o piu' degli aspetti indicati nella normativa di riferimento - Riconoscimento di un incremento dei diritti edificatori pari al 20 per cento, con un premio eventuale di un ulteriore 5 per cento al ricorrere di determinati presupposti - Esenzione dall'eventuale obbligo di reperimento di aree per servizi e attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale. - Legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), art. 40-bis, introdotto dall'art. 4, comma 1, lettera a), della legge regionale 26 novembre 2019, n. 18 ("Misure di semplificazione e incentivazione per la rigenerazione urbana e territoriale, nonche' per il recupero del patrimonio edilizio esistente. Modifiche e integrazioni alla legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio) e ad altre leggi regionali").(GU n.16 del 21-4-2021 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA Sezione Seconda Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 1099 del 2020, proposto da Egeo Real Estate s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Orsola Torrani, Olga Casula, con domicilio eletto presso l'avvocato Orsola Maria Torrani, con studio ubicato in Milano, corso Magenta n. 63; Contro Comune di Milano, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Paola Cozzi, Antonello Mandarano, Alessandra Montagnani Amendolea, Anna Maria Pavin, Maria Lodovica Bognetti, Elena Maria Ferradini, con domicilio eletto presso gli uffici dell'Avvocatura comunale di Milano, ubicati in Milano, via della Guastalla n. 6; per l'annullamento: i) della deliberazione del Consiglio comunale di Milano del 14 ottobre 2019, n. 34, recante approvazione del nuovo Documento di Piano, della variante del Piano dei Servizi, comprensivo del piano per le attrezzature religiose, e della variante del Piano delle Regole, costituenti il Piano di Governo del Territorio, il cui avviso di approvazione definitiva e' pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia - Serie Avvisi e concorsi n. 6 del 5 febbraio 2020, nella parte in cui introduce l'art. 11 del Piano delle Regole e la relativa Tav. R.10; ii) della deliberazione del Consiglio comunale di Milano del 5 marzo 2019, n. 2, recante adozione del nuovo Documento di Piano, della variante del Piano dei Servizi, comprensivo del piano per le attrezzature religiose, e della variante del Piano delle Regole, costituenti il Piano di Governo del Territorio, nella parte in cui introduce l'art. 11 del Piano delle Regole e la relativa Tav. R.10; iii) della comunicazione del Comune di Milano - Direzione Urbanistica - Area Pianificazione Urbanistica Generale, prot. n. 0142173.U del 6 aprile 2020 avente ad oggetto «Pubblicazione PGT - Edifici abbandonati e degradati»; iv) di ogni altro atto presupposto e/o preparatorio e/o connesso e/o consequenziale e/o di esecuzione rispetto agli atti impugnati, ancorche' non conosciuto. Visti il ricorso ed i relativi allegati; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Milano; Vista l'ordinanza cautelare n. 918/2020 con la quale la Sezione fissa ex art. 55, comma 10, c.p.a. per la trattazione di merito del ricorso l'udienza del 22 gennaio 2021; Relatore il dott. Lorenzo Cordi' nell'udienza del giorno 22 gennaio 2021, tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza, ai sensi degli articoli 25, comma 1, del decreto-legge n. 137/2020 (convertito, con modificazione, dalla legge n. 176/2020), e 4, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 70/2020), attraverso la piattaforma in uso presso la Giustizia amministrativa di cui all'Allegato 3 al decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 28 dicembre 2020 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 7 dell'11 gennaio 2021), e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; 1. Egeo Real Estate s.r.l. (di seguito solo: «Egeo» o «la ricorrente») impugna i provvedimenti indicati in epigrafe nella parte in cui introducono nuove regole per gli edifici abbandonati o degradati presenti sul territorio del Comune di Milano. 2. In punto di fatto la ricorrente espone di essere proprietaria di due immobili, ubicati in via Fantoli numeri 3/5 (mapp. 85 - sub. 701 e 702, foglio 536, del Catasto Fabbricati) e in piazza Accursio n. 20 (mapp. 308 - sub. 701 e 2 - e 331, foglio 182 del Catasto Fabbricati). Tali edifici sono inseriti nell'elenco degli «Edifici abbandonati o degradati» di cui alla tavola R. 10 del P.d.R. del nuovo P.G.T. del Comune di Milano e sottoposti alla disciplina di cui all'art. 11 del medesimo Piano. Secondo la previsione da ultimo citata sono considerati abbandonati «gli edifici dismessi da piu' di un anno, che determinano pericolo per la sicurezza o per la salubrita' o l'incolumita' pubblica o disagio per il decoro e la qualita' urbana o in presenza di amianto o di altri pericoli chimici per la salute». La disposizione in esame impone ai proprietari di tali immobili, entro il termine di diciotto mesi dall'individuazione degli edifici, di provvedere al recupero degli stessi o, in alternativa, alla loro demolizione con successiva annotazione dei corrispondenti diritti edificatori nel registro comunale dei diritti edificatori al fine di poterli utilizzare in loco o di procedere alla vendita. Laddove il proprietario non provveda al recupero o all'alternativa demolizione nel termine di diciotto mesi, perde la volumetria esistente e puo' contare sul riconoscimento dell'indice di edificabilita' territoriale unico pari a 0,35 mq/mq, oltre a dovere subire la demolizione in danno da parte del comune. 2.1. La ricorrente deduce, inoltre, di essere una societa' che «agisce nell'ambito del mercato dei Non Performing Loans (c.d. crediti deteriorati) quale societa' di scopo (Real Estate Owned Company - c.d. ReoCo), costituita ad hoc, con il compito di acquisire, gestire e valorizzare i beni immobili posti a garanzia di crediti ipotecari deteriorati». In ragione dell'attivita' svolta, la ricorrente acquista gli immobili oggetto di causa chiedendo, altresi', il rilascio di documentazione che attesti lo stato «amministrativo» degli stessi. Documentazione solo parzialmente rilasciata dagli Uffici con conseguente dedotta impossibilita' di prendere cognizione della situazione concreta degli immobili e di avviare le procedure richieste dalla nuova previsione del P.G.T. 3. Egeo articola sei motivi di ricorso. 3.1. Con il primo motivo (rubricato: «Illegittimita' per violazione di legge. Violazione del diritto di proprieta' di cui all'art. 42 della Costituzione. Violazione dell'art. 1 del protocollo 1 della Carta europea dei diritti dell'uomo. Violazione dell'art. 17 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Violazione dell'art. 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 327/2001 e incompetenza del comune a delineare ipotesi espropriative nuove rispetto a quelle normativamente previste») la ricorrente deduce l'illegittimita' delle regole dal P.G.T. lamentando l'irragionevolezza del termine di diciotto mesi previsto per l'avvio dei lavori. Proprio l'esiguita' del termine concesso dal comune comporterebbe per il proprietario la certa perdita del bene dovendo provvedere alla demolizione dello stesso per non perdere la s.l. esistente o, in alternativa, subire la demolizione comunale con attribuzione di un indice penalizzante. Di qui il dedotto carattere sostanzialmente ablativo della procedura prevista dal P.G.T., ritenuto non conforme ne' alla previsione di cui all'art. 42, comma 3, Cost., ne' alle regole dettate dal decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001. 3.2. Con il secondo motivo (rubricato: «Illegittimita' per violazione di legge. Violazione degli articoli 23 e 25, comma 2, della Costituzione. Violazione dell'art. 117, comma 1, della Costituzione per violazione dell'7 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e dell'art. 49 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Violazione del principio di legalità-prevedibilita' e tassatività-determinatezza delle sanzioni amministrative. Violazione dell'art. 1 della legge n. 689/1981») la ricorrente deduce la violazione del principio di legalita'. La misura prevista dal comune avrebbe, infatti, natura sanzionatoria e risulterebbe, quindi, difforme dalle previsioni contenute nella C.E.D.U. e nell'art. 23 Cost. Difetterebbe sia la necessaria previsione di rango legislativo che il rispetto del principio di irretroattivita' delle sanzioni amministrative atteso che la sanzione verrebbe irrogata per condotte anteriori all'entrata in vigore della regola stessa. 3.3. Con il terzo motivo (rubricato: «Illegittimita' per violazione di legge. Violazione dell'art. 40-bis della l.r. n. 12/2005») Egeo deduce la violazione delle regole contenute nella previsione regionale in rubrica che detterebbe condizioni ben piu' favorevoli per i proprietari di immobili in stato di degrado: i) fissando in tre anni il termine entro cui presentare richiesta del titolo edilizio per avviare i lavori di ripristino dell'immobile degradato; ii) riconoscendo un incremento dei diritti edificatori pari al 20%, con un premio eventuale di un ulteriore 5% al ricorrere di determinati presupposti; iii) esentando, di regola, dall'eventuale obbligo di reperimento di aree per servizi e attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale. 3.4. Con il quarto motivo (rubricato: «Violazione dei principi di proporzionalita' e ragionevolezza - Eccesso di potere per illogicita' e irragionevolezza manifesta - Violazione dell'art. 97 della Costituzione - Violazione del principio di buon andamento») Egeo lamenta l'illegittimita' della nuova previsione di Piano in quanto considerata irragionevole e sproporzionata. 3.5. Con il quinto motivo (rubricato: «Illegittimita' per violazione di legge. Violazione della libera iniziativa economica di cui all'art. 41 della Costituzione. Eccesso di potere per irragionevolezza manifesta. Violazione dell'art. 11 delle preleggi e del principio di irretroattivita'») Egeo deduce la contrarieta' della normativa alla previsione di cui all'art. 41 Costituzione ritenendo la stessa idonea a compromettere la liberta' della ricorrente di «definire e orientare le proprie strategie imprenditoriali», rischiando di veder diminuire il valore dei propri edifici. 3.6. Con il sesto motivo (rubricato: «Illegittimita' per violazione delle garanzie partecipative. Eccesso di potere per violazione del principio di leale collaborazione, Violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione e dell'art. 97 della Costituzione. Violazione dell'art. 3 della legge n. 241/1990. Difetto di motivazione») Egeo deduce la violazione delle garanzie partecipative nel procedimento e la carenza di adeguata istruttoria nonche' di valida motivazione a sostegno dell'inclusione degli immobili di proprieta' nell'elenco degli edifici abbandonati. 4. Si costituisce in giudizio il Comune di Milano che chiede di dichiarare il ricorso inammissibile o, comunque, infondato. 5. Con ordinanza n. 918/2020 la Sezione fissa, ex art. 55, comma 10, c.p.a. l'udienza di trattazione di merito del ricorso evidenziando: i) la carenza di «pregiudizi immediati ed attuali nella sfera giuridica di parte ricorrente, come confermato dal difensore della stessa nel corso della discussione svoltasi nell'udienza da remoto»; ii) l'idoneita' di una sollecita fissazione dell'udienza di trattazione del merito a garantire tutela alle esigenze di parte ricorrente. 6. In vista dell'udienza di trattazione del merito del ricorso le parti depositano memorie finali e memorie di replica. La parte ricorrente insiste nelle censure articolate nell'atto introduttivo del giudizio. Resiste il Comune di Milano che, in relazione al terzo motivo (relativo, come spiegato, alla dedotta contrarieta' della previsione di cui all'art. 11 del P.d.R. del P.G.T. alla regola di cui all'art. 40-bis della l.r. n. 12/2005), esclude, in via principale, la sussistenza di simile contrasto e, in subordine, eccepisce l'illegittimita' costituzionale dell'art. 40-bis della legge regionale n. 12 del 2005 per violazione degli articoli 3, 5, 97, 117, secondo comma, lettera p), 117, primo e terzo comma, 118, primo e secondo comma, della Costituzione, ritenendo: i) violata la competenza esclusiva statale sulle funzioni fondamentali dei comuni; ii) usurpata la funzione pianificatoria comunale in materia urbanistica; iii) violato l'art. 3-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, quale normativa di principio in materia di governo del territorio; iv) lesi i principi di imparzialita' e buon andamento dell'azione amministrativa e di ragionevolezza. 7. La causa e' trattenuta in decisione all'udienza del 22 gennaio 2021, tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza, ai sensi degli articoli 25, comma 1, del decreto-legge n. 137/2020 (convertito, con modificazione, dalla legge n. 176/2020), e 4, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 70/2020), attraverso la piattaforma in uso presso la Giustizia amministrativa di cui all'Allegato 3 al decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 28 dicembre 2020 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 7 dell'11 gennaio 2021). 8. In via preliminare, deve essere modificato l'ordine di trattazione dei motivi di ricorso, poiche' il terzo motivo, in ragione del suo carattere assorbente, deve essere trattato prioritariamente rispetto agli altri: infatti, laddove si dovesse giungere alla conclusione che l'art. 40-bis della legge regionale della Lombardia n. 12 del 2005 (inserito dall'art. 4, comma 1, lettera a), legge reg. 26 novembre 2019, n. 18) abbia l'identico perimetro applicativo dell'art. 11 delle N.d.A. del P.d.R., quest'ultima disposizione dovrebbe essere annullata, poiche', in ossequio al principio di gerarchia delle fonti normative, una disposizione di natura regolamentare, qual e' una norma del Piano delle regole (cfr., Consiglio di Stato, Sez. V, 16 aprile 2013, n. 2094; Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia - sede di Milano, Sez. II, 22 maggio 2020, n. 914), non puo' porsi in contrasto con una prescrizione contenuta in una legge primaria (regionale, nella specie); l'annullamento del richiamato art. 11 delle N.d.A. comunali, costituendo la «piu' radicale illegittimita'» dedotta (Consiglio di Stato, Ad. plen., 27 aprile 2015, n. 5), soddisferebbe pienamente l'interesse della ricorrente e renderebbe del tutto superfluo l'esame delle ulteriori censure contenute nel ricorso. 9. Tuttavia, proprio con riguardo al terzo motivo di ricorso, la difesa comunale, dapprima, sostiene la tesi della perfetta compatibilita' dell'art. 11 delle N.d.A. con l'art. 40-bis della legge regionale n. 12 del 2005, sulla scorta di un tentativo di interpretazione della disposizione di legge in senso costituzionalmente conforme, e successivamente, in via subordinata, ne eccepisce l'incostituzionalita' per contrasto con vari precetti costituzionali, chiedendo a questo Collegio di rimettere la questione all'esame della Corte costituzionale. 9.1. Osserva il Collegio come la tesi svolta in via principale dal comune non possa condividersi. Le due regolamentazioni si riferiscono, infatti, alla medesima fattispecie dettando una disciplina in tema di immobili degradati ed abbandonati e, in particolare, regole volte ad incentivare il recupero di tali immobili. Di conseguenza, sussiste una sovrapposizione tra le due discipline che conferisce alla norma regionale il ruolo di parametro di legittimita' della norma regolamentare dettata dal Comune di Milano. 9.2. Inoltre, l'impossibilita' di procedere ad una interpretazione dell'art. 40-bis della legge regionale n. 12 del 2005 in modo da salvaguardare anche il disposto di cui all'art. 11 delle N.d.A. comunali risulta evidente, emergendo l'inconciliabilita' delle richiamate disposizioni gia' da un semplice esame testuale delle stesse, poiche' viene regolamentata, in maniera divergente oltre che contrastante, la medesima fattispecie, ossia la disciplina da riservare agli immobili abbandonati e degradati. E infatti: i) secondo il citato art. 11 delle N.d.A., l'arco temporale per l'avvio dei lavori di recupero degli immobili «abbandonati e degradati» e' di diciotto mesi dalla loro prima individuazione, a prescindere dal momento in cui si e' ottenuto il titolo abilitativo, mentre il comma 4 dell'art. 40-bis della legge regionale n. 12 del 2005 fissa in tre anni il termine entro cui presentare la richiesta di rilascio del titolo edilizio o gli atti equipollenti (s.c.i.a. o c.i.l.a.) oppure «l'istanza preliminare funzionale all'ottenimento dei medesimi titoli edilizi»; ii) l'art. 11 delle N.d.A. non riconosce alcun incremento dei diritti edificatori, ma al massimo consente l'integrale conservazione dell'immobile o della superficie lorda (SL) esistente, mentre l'art. 40-bis, commi 5 e 6, della legge regionale riconosce un incremento pari al 20% dei diritti edificatori o, se maggiore, della superficie lorda esistente, in conseguenza dell'effettivo recupero dell'immobile, cui si puo' aggiungere un incremento di un ulteriore 5%; iii) l'art. 11 delle N.d.A., in caso di mancato tempestivo adeguamento o di demolizione d'ufficio, attribuisce l'indice di edificabilita' territoriale unico pari a 0,35 mq/mq, mentre l'art. 40-bis, commi 8 e 9, della legge regionale riconosce la superficie lorda esistente fino all'indice di edificabilita' previsto dallo strumento urbanistico; iv) l'art. 40-bis, comma 5, della legge regionale prevede l'esenzione, di regola, dall'eventuale obbligo di reperimento di aree per servizi e attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale, mentre nulla e' previsto dall'art. 11 delle N.d.A. 9.3. In conseguenza dell'evidenziato contrasto e della correlata recessivita' della normativa pianificatoria comunale rispetto a quanto stabilito dalla legge regionale, deve essere esaminata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 40-bis della legge regionale n. 12 del 2005, eccepita in via subordinata dalla difesa comunale. L'eventuale declaratoria di incostituzionalita' della norma regionale farebbe, infatti, salva la disciplina contenuta nell'art. 11 delle N.d.A., la cui applicabilita' alla fattispecie oggetto di scrutinio imporrebbe l'esame delle restanti censure di ricorso, su cui indubbiamente permarrebbe l'interesse della ricorrente; in caso contrario, ossia di mancato accoglimento della questione di costituzionalita', dovrebbe pronunciarsi l'annullamento dell'art. 11 delle N.d.A., in ragione della riconducibilita' della fattispecie oggetto di scrutinio allo spettro di applicazione dell'art. 40-bis della legge regionale n. 12 del 2005. 10. In ossequio al disposto di cui all'art. 23, secondo comma, della legge n. 87 del 1953, e' indispensabile procedere alla verifica della rilevanza della questione di costituzionalita' nel presente giudizio e della sua non manifesta infondatezza. 11. Quanto alla rilevanza della questione, come gia' evidenziato ai precedenti punti 9.1 - 9.3, si osserva che l'art. 40-bis della legge regionale n. 12 del 2005 ha ad oggetto la disciplina da applicare agli immobili abbandonati e degradati (nella cui categoria sono ricompresi quelli della ricorrente) e si sovrappone, determinandone in astratto l'invalidita', alla regolamentazione comunale contenuta nell'art. 11 delle N.d.A. del P.d.R. E' gia' stato sottolineato come la (eventuale) declaratoria di incostituzionalita' dell'art. 40-bis della legge regionale n. 12 del 2005 determinerebbe, infatti, l'applicazione alla fattispecie oggetto di esame del solo art. 11 delle N.d.A. del P.d.R.; a tal punto lo scrutinio di questo Tribunale si concentrerebbe sui motivi incentrati sulla sola disposizione dell'art. 11. 11.1. La rilevanza della questione di costituzionalita' trascende, tuttavia, le conseguenze dirette che l'art. 40-bis della legge regionale produce sull'art. 11 delle N.d.A. Difatti, in seguito all'eventuale declaratoria di incostituzionalita' del citato art. 40-bis, non puo' escludersi che si possa, comunque, procedere all'annullamento dell'art. 11 delle N.d.A. comunali in ragione della fondatezza, anche parziale, dei restanti motivi di ricorso; appare, tuttavia, nondimeno evidente che un tale annullamento produrrebbe effetti sensibilmente diversi rispetto a quelli che scaturirebbero dalla permanente vigenza dell'art. 40-bis della legge regionale n. 12 del 2005. In tale ultimo frangente, agli immobili abbandonati e degradati - compresi quelli della ricorrente - si applicherebbero le regole contenute nella disposizione regionale, mentre, in caso di declaratoria di incostituzionalita' dell'art. 40-bis, l'eventuale annullamento dell'art. 11 delle N.d.A. determinerebbe l'applicazione agli immobili fatiscenti dei principi generali afferenti alla materia edilizia ed urbanistica, riconoscendo ai titolari dei diritti sugli immobili abbandonati e degradati la facolta' di scegliere se procedere o meno alla loro riqualificazione e con le tempistiche e le modalita' ritenute piu' opportune dai predetti soggetti. 11.2. Anche nella prospettiva comunale, l'ipotesi di annullamento dell'art. 11 delle N.d.A. per violazione dell'art. 40-bis della legge regionale - ove non dichiarato incostituzionale - non lascerebbe all'Ente locale alcuno spazio per intervenire con un proprio regolamento sulla materia, se non per aspetti del tutto marginali e secondari, vista la completezza e la sostanziale autoapplicabilita' della richiamata previsione regionale («Le disposizioni di cui al presente articolo, decorsi i termini della deliberazione di cui sopra, si applicano anche agli immobili non individuati dalla medesima, per i quali il proprietario, con perizia asseverata giurata, certifichi oltre alla cessazione dell'attivita', documentata anche mediante dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorieta' a cura della proprieta' o del legale rappresentante, anche uno o piu' degli aspetti sopra elencati, mediante prova documentale e/o fotografica»: art. 40-bis, comma 1); di contro, l'eventuale declaratoria di incostituzionalita' dell'art. 40-bis della legge regionale lascerebbe intatto il potere comunale di intervenire per disciplinare eventualmente ex novo la materia, anche laddove fosse integralmente annullato da questo Tribunale l'art. 11 delle N.d.A.; in tal modo verrebbe, comunque, pienamente salvaguardata la potesta' pianificatoria comunale. 11.3. Da tanto discende la rilevanza nel presente giudizio della questione di costituzionalita' dell'art. 40-bis della legge regionale n. 12. del 2005, poiche' anche in seguito alla declaratoria di illegittimita' costituzionale della citata norma potrebbe determinarsi l'annullamento dell'art. 11 delle N.d.A. del P.d.R., sebbene con conseguenze molto differenti, per entrambe le parti del giudizio, rispetto a quelle scaturenti in caso di permanente vigenza dell'art. 40-bis della legge regionale n. 12 del 2005. 12. A questo punto e' necessario procedere alla verifica della non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita', che nella specie appare certamente sussistente. 13. L'art. 11 delle Norme di attuazione (N.d.A.) del P.d.R. del P.G.T. ai primi tre commi stabilisce testualmente quanto segue: «1. Il recupero di edifici abbandonati e degradati, che comportano pericolo per la salute e la sicurezza urbana, situazioni di degrado ambientale e sociale, costituisce attivita' di pubblica utilita' ed interesse generale, perseguibile secondo le modalita' di cui al presente articolo. 2. Le disposizioni del presente articolo si applicano a tutte le aree e gli edifici, indipendentemente dalla destinazione funzionale, individuati nella Tav. R.10, aggiornata con determina dirigenziale, con periodicita' annuale, previa comunicazione di avvio del procedimento nei confronti degli interessati. Si considerano abbandonati gli edifici dismessi da piu' di un anno, che determinano pericolo per la sicurezza o per la salubrita' o l'incolumita' pubblica o disagio per il decoro e la qualita' urbana o in presenza di amianto o di altri pericoli chimici per la salute. L'individuazione degli immobili di cui al presente comma sara' comunicata periodicamente alla prefettura e alla questura. 3. Alla proprieta' degli edifici abbandonati e degradati cosi' come individuati dalla Tav. R.10, fatti salvi eventuali procedimenti in corso ad esito favorevole, e' data facolta' di presentare proposta di piano attuativo o idoneo titolo abilitativo finalizzato al recupero dell'immobile; i lavori dovranno essere avviati entro diciotto mesi dalla loro prima individuazione. In alternativa e' fatto obbligo di procedere con la demolizione del manufatto: a. in caso di demolizione dell'edificio esistente su iniziativa della proprieta' riconosciuta integralmente la SL esistente. I diritti edificatori saranno annotati nel Registro delle cessioni dei diritti edificatori, con possibilita' di utilizzo in loco o in altre pertinenze dirette per mezzo di perequazione, secondo la normativa vigente; b. in caso di mancata demolizione dell'edificio esistente da parte della proprieta', fatto salvo l'esercizio dei poteri sostitutivi da parte del comune finalizzati alla demolizione, e' riconosciuto l'Indice di edificabilita' territoriale unico pari a 0,35 mq/mq. Le relative spese sostenute da parte dell'Amministrazione dovranno essere rimborsate dalla proprieta' o dai titolari di diritti su tali beni. Se non rimborsate tali spese saranno riscosse coattivamente secondo normativa vigente. Di quanto sopra verra' inviata comunicazione alla proprieta', alla prefettura e alla questura. In caso di mancata demolizione sono ammessi esclusivamente interventi di conservazione degli edifici esistenti fino al risanamento conservativo senza modifica della destinazione d'uso». 13.1. L'art. 40-bis della legge regionale della Lombardia n. 12 del 2005 (inserito dall'art. 4, comma 1, lettera a), legge reg. 26 novembre 2019, n. 18) stabilisce: «1. I comuni, con deliberazione consiliare, anche sulla base di segnalazioni motivate e documentate, individuano entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge regionale recante "Misure di semplificazione e incentivazione per la rigenerazione urbana e territoriale, nonche' per il recupero del patrimonio edilizio esistente. Modifiche e integrazioni alla legge regionale l l marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio) e ad altre leggi regionali" gli immobili di qualsiasi destinazione d'uso, dismessi da oltre cinque anni, che causano criticita' per uno o piu' dei seguenti aspetti: salute, sicurezza idraulica, problemi strutturali che ne pregiudicano la sicurezza, inquinamento, degrado ambientale e urbanistico-edilizio. La disciplina del presente articolo si applica, anche senza la deliberazione di cui sopra, agli immobili gia' individuati dai comuni come degradati e abbandonati. Le disposizioni di cui al presente articolo, decorsi i termini della deliberazione di cui sopra, si applicano anche agli immobili non individuati dalla medesima, per i quali il proprietario, con perizia asseverata giurata, certifichi oltre alla cessazione dell'attivita', documentata anche mediante dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorieta' a cura della proprieta' o del legale rappresentante, anche uno o piu' degli aspetti sopra elencati, mediante prova documentale e/o fotografica. I comuni aventi popolazione inferiore a 20.000 abitanti, entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge regionale recante "Misure di semplificazione e incentivazione per la rigenerazione urbana e territoriale, nonche' per il recupero del patrimonio edilizio esistente. Modifiche e integrazioni alla legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio) e ad altre leggi regionali", mediante deliberazione del consiglio comunale possono individuare gli ambiti del proprio territorio ai quali non si applicano le disposizioni di cui ai commi 5 e 10 del presente articolo, in relazione a motivate ragioni di tutela paesaggistica. 2. I comuni, prima delle deliberazioni di cui al comma 1, da aggiornare annualmente, notificano ai sensi del codice di procedura civile ai proprietari degli immobili dismessi e che causano criticita' le ragioni dell'individuazione, di modo che questi, entro trenta giorni dal ricevimento di detta comunicazione, possano dimostrare, mediante prove documentali, l'assenza dei presupposti per l'inserimento. 3. Le disposizioni del presente articolo non si applicano in ogni caso: a) agli immobili eseguiti in assenza di titolo abilitativo o in totale difformita' rispetto allo stesso titolo, a esclusione di quelli per i quali siano stati rilasciati titoli edilizi in sanatoria; b) agli immobili situati in aree soggette a vincoli di inedificabilita' assoluta. 4. La richiesta di piano attuativo, la richiesta di permesso di costruire, la segnalazione certificata di inizio attivita', la comunicazione di inizio lavori asseverata o l'istanza di istruttoria preliminare funzionale all'ottenimento dei medesimi titoli edilizi devono essere presentati entro tre anni dalla notifica di cui al comma 2. La deliberazione di cui al comma 1 attesta l'interesse pubblico al recupero dell'immobile individuato, anche ai fini del perfezionamento dell'eventuale procedimento di deroga ai sensi dell'art. 40. 5. Gli interventi sugli immobili di cui al comma 1 usufruiscono di un incremento del 20 per cento dei diritti edificatori derivanti dall'applicazione dell'indice di edificabilita' massimo previsto o, se maggiore di quest'ultimo, della superficie lorda esistente e sono inoltre esentati dall'eventuale obbligo di reperimento di aree per servizi e attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale, a eccezione di quelle aree da reperire all'interno dei comparti edificatori o degli immobili oggetto del presente articolo, gia' puntualmente individuate all'interno degli strumenti urbanistici e da quelle dovute ai sensi della pianificazione territoriale sovraordinata. A tali interventi non si applicano gli incrementi dei diritti edificatori di cui all'art. 11, comma 5. Nei casi di demolizione l'incremento dei diritti edificatori del 20 per cento si applica per un periodo massimo di dieci anni dalla data di individuazione dell'immobile quale dismesso. 6. E' riconosciuto un ulteriore incremento dell'indice di edificabilita' massimo previsto dal PGT o rispetto alla superficie lorda (SL) esistente del 5 per cento per interventi che assicurino una superficie deimpermeabilizzata e destinata a verde non inferiore all'incremento di SL realizzato, nonche' per interventi che conseguano una diminuzione dell'impronta al suolo pari ad almeno il 10 per cento. A tal fine possono essere utilizzate anche le superfici situate al di fuori del lotto di intervento, nonche' quelle destinate a giardino pensile, cosi' come regolamentate dalla norma UNI 11235/2007. 7. Se il proprietario non provvede entro il termine di cui al comma 4, non puo' piu' accedere ai benefici di cui ai commi 5 e 6 e il comune lo invita a presentare una proposta di riutilizzo, assegnando un termine da definire in ragione della complessita' della situazione riscontrata, e comunque non inferiore a mesi quattro e non superiore a mesi dodici. 8. Decorso il termine di cui al comma 7 senza presentazione delle richieste o dei titoli di cui al comma 4, il comune ingiunge al proprietario la demolizione dell'edificio o degli edifici interessati o, in alternativa, i necessari interventi di recupero e/o messa in sicurezza degli immobili, da effettuarsi entro un anno. La demolizione effettuata dalla proprieta' determina il diritto ad un quantitativo di diritti edificatori pari alla superficie lorda dell'edificio demolito fino all'indice di edificabilita' previsto per l'area. I diritti edificatori generati dalla demolizione edilizia possono sempre essere perequati e confluiscono nel registro delle cessioni dei diritti edificatori di cui all'art. 11, comma 4. 9. Decorso infruttuosamente il termine di cui al comma 8, il comune provvede in via sostitutiva, con obbligo di rimborso delle relative spese a carico della proprieta', cui e' riconosciuta la SL esistente fino all'indice di edificabilita' previsto dallo strumento urbanistico. 10. Tutti gli interventi di rigenerazione degli immobili di cui al presente articolo sono realizzati in deroga alle norme quantitative, morfologiche, sulle tipologie di intervento, sulle distanze previste dagli strumenti urbanistici comunali vigenti e adottati e ai regolamenti edilizi, fatte salve le norme statali e quelle sui requisiti igienico-sanitari. 11. Per gli immobili di proprieta' degli enti pubblici, si applicano le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 a condizione che, entro tre anni dalla individuazione di cui al comma 1, gli enti proprietari approvino il progetto di rigenerazione ovvero avviino le procedure per la messa all'asta, l'alienazione o il conferimento a un fondo. 11-bis. Gli interventi di cui al presente articolo riguardanti il patrimonio edilizio soggetto a tutela culturale e paesaggistica sono attivati previo coinvolgimento del Ministero per i beni e le attivita' culturali e per il turismo e nel rispetto delle prescrizioni di tutela previste dal piano paesaggistico regionale ai sensi del decreto legislativo n. 42/2004 (comma aggiunto dall'art. 13, comma 1, lettera b), legge reg. 9 giugno 2020, n. 13)». 14. Tale disposizione regionale risulta sostanzialmente completa ed esaustiva con riguardo al trattamento giuridico da riservare agli immobili abbandonati e degradati, residuando in capo ai comuni compiti meramente attuativi ed esecutivi, con una parziale eccezione per i comuni aventi popolazione inferiore a 20.000 abitanti, i quali, per motivate ragioni di tutela paesaggistica, possono individuare gli ambiti del proprio territorio a cui non si applica, in caso di riqualificazione, l'incremento del 20% dei diritti edificatori e in relazione ai quali non si puo' derogare alle norme quantitative, morfologiche, sulle tipologie di intervento e sulle distanze. 15. L'applicazione della disposizione regionale oggetto di scrutinio comprime in maniera eccessiva - con violazione degli articoli 5, 97, 114, secondo comma, 117, secondo comma, lettera p), terzo e sesto comma, e 118 della Costituzione - la potesta' pianificatoria comunale, in particolare dei comuni che hanno piu' di 20.000 abitanti (come il Comune di Milano), non consentendo a siffatti enti alcun intervento correttivo o derogatorio in grado di valorizzare, oltre alla propria autonomia pianificatoria, anche le peculiarita' dei singoli territori di cui i comuni sono la piu' immediata e diretta espressione. 15.1. Inoltre, la normativa regionale risulta particolarmente analitica sia nell'individuazione dei presupposti di operativita' che nel procedimento da seguire e non si presta a tentativi di interpretazione costituzionalmente conforme che salvaguardino il potere di pianificazione comunale e l'interesse ad un assetto ordinato del territorio che tale pianificazione mira a realizzare. La formulazione letterale della previsione e la puntuale regolamentazione dettata comportano, dunque, il fallimento in radice di ogni tentativo di interpretazione costituzionalmente conforme atteso che la normativa non lascia spazi per poter «adeguare» in via interpretativa il dettato di legge alla superiori previsioni costituzionali (cfr.: Corte costituzionale, sentenza n. 218 del 10 ottobre 2020, punto 2.2 del Diritto, che richiama le sentenze n. 204 e n. 95 del 2016). 15.2. Infatti, il legislatore regionale ha imposto, a regime, una disciplina urbanistico-edilizia in ordine al recupero degli immobili fatiscenti ingiustificatamente rigida e uniforme, operante a prescindere dalle decisioni comunali e in grado di produrre un impatto sulla pianificazione locale molto incisivo e potenzialmente idoneo a stravolgere l'assetto del territorio, o di parti importanti dello stesso, in maniera del tutto dissonante rispetto a quanto stabilito nello strumento urbanistico generale. A ben vedere, pur essendo rimessa ordinariamente al Consiglio comunale l'individuazione degli immobili abbandonati e degradati, e', comunque, consentito al proprietario di un immobile versante nelle predette condizioni, indipendentemente dall'inserimento dello stesso nell'elenco formato dal comune, di certificare con perizia asseverata giurata, oltre alla cessazione dell'attivita', anche la sussistenza dei presupposti per beneficiare del regime di favore di cui all'art. 40-bis. Il comune non ha, quindi, la facolta' di selezionare, discrezionalmente, gli immobili da recuperare, in quanto l'applicazione della norma regionale, in presenza dei richiesti presupposti fattuali, ossia di immobili abbandonati e degradati, puo' avvenire anche su impulso del proprietario del manufatto. L'assoluta incertezza in ordine all'impatto sul territorio di una tale previsione, sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo, impedisce al comune una coerente programmazione in ambito urbanistico, rendendola in alcune parti, anche importanti, del tutto ineffettiva e ultronea. 15.3 Tuttavia, pure nel caso in cui il comune abbia gia' individuato gli immobili da recuperare - come nella fattispecie oggetto del presente contenzioso - si deve segnalare che il riconoscimento generalizzato e automatico di un indice edificatorio premiale di rilevante portata (da un minimo del 20% ad un massimo del 25%), accompagnato dall'esenzione dall'eventuale obbligo di reperimento degli standard, assume ugualmente un rilievo significativo sia in quanto la norma regionale si applica anche agli immobili gia' individuati come abbandonati e degradati dal comune prima della sua entrata in vigore, sia perche' gli interventi di recupero vengono ritenuti ininfluenti ai fini della quantificazione del carico urbanistico, senza alcuna considerazione per cio' che ne consegue. 15.4. L'applicazione dell'art. 40-bis anche agli immobili gia' individuati come abbandonati e degradati dal comune prima della sua entrata in vigore - oltre che a quelli segnalati dai privati interessati - rappresenta una violazione della potesta' pianificatoria comunale poiche' impone, in via non temporanea, un regime urbanistico-edilizio che prescinde - o addirittura si discosta - dalle scelte comunali sottese all'individuazione degli immobili fatiscenti o alla loro non inclusione nell'elenco. 15.5. Venendo al caso di specie, il Comune di Milano ricomprende gli immobili della ricorrente nell'elenco di quelli abbandonati e degradati (allegato n. 3 delle produzioni in giudizio del comune del 9 luglio 2020) con l'obiettivo di consentirne il recupero a condizioni - indicate nell'art. 11 delle N.d.A. - e con un impatto sensibilmente diversi rispetto a quelli previsti nell'art. 40-bis. La legge regionale si sovrappone, tuttavia, alla decisione comunale perseguendo obiettivi ulteriori e, in parte, confliggenti con quelli dell'ente locale. 16. La lesione della potesta' pianificatoria comunale appare evidente e soprattutto il sacrificio delle prerogative comunali cosi' determinatosi risulta non proporzionato, con violazione del principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione, all'obiettivo perseguito dalla legge regionale, pur meritorio nelle sue finalita', di favorire il recupero degli immobili abbandonati e degradati. L'applicazione dell'art. 40-bis anche agli immobili fatiscenti individuati prima della sua introduzione - come pure a quelli segnalati direttamente dai privati - stravolge la pianificazione territoriale del comune, il quale aveva elaborato e introdotto un regime speciale per il recupero dei citati immobili, proprio tenendo in considerazione l'impatto degli interventi di riqualificazione sul tessuto urbano esistente. Difatti, un conto e' riqualificare un immobile, conservandone la medesima consistenza (oppure demolirlo, consentendo il recupero della sola superficie lorda esistente: art. 11 delle N.d.A.), un altro conto e' riconoscere a titolo di beneficio un indice edificatorio aggiuntivo, oscillante tra il 20% e il 25%, cui si accompagna l'esenzione dall'eventuale obbligo di reperimento degli standard. Tale ultima disciplina determina un considerevole impatto sull'assetto pianificatorio in relazione a molteplici aspetti: l'aumento del peso insediativo dell'immobile recuperato non risulta bilanciato dal contestuale reperimento degli standard urbanistici e dalla realizzazione delle opere di urbanizzazione, cui consegue altresi' il mancato rispetto dell'indice edificatorio comunale e delle prescrizioni regionali sulla riduzione del consumo di suolo. 16.1. Inoltre, l'art. 40-bis, comma 5, esonera, seppure con alcune eccezioni, dall'obbligo di individuare aree per servizi e attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale, non garantendo un corretto rapporto tra il carico urbanistico gravante sulla zona interessata dall'intervento di riqualificazione e le corrispondenti dotazioni pubbliche, disattendendo in tal modo i principi che presiedono ad una corretta attivita' pianificatoria. Cio' risulta in violazione anche della normativa statale (decreto ministeriale n. 1444 del 1968) che si pone quale principio in materia di governo del territorio (art. 117, terzo comma, della Costituzione), in relazione al livello minimo di standard che devono essere garantiti sul territorio comunale. 17. La norma appare, altresi', irragionevole - con violazione dell'art. 3 della Costituzione, sotto altro profilo - nella parte in cui non si rapporta ai principi contenuti in altre norme della stessa legge regionale n. 12 del 2005 [in specie quelli riferiti alla riduzione del consumo di suolo: cfr. art. 1, comma 3-bis, e art. 19, comma 2, lettera b-bis)] e della legge regionale n. 31 del 2014 («Disposizioni per la riduzione del consumo di suolo e la riqualificazione del suolo degradato»), poiche' la riduzione del consumo di suolo rappresenta un obiettivo prioritario e qualificante della pianificazione territoriale regionale, orientata ad un modello di sviluppo territoriale sostenibile (proprio con riferimento alla Regione Lombardia, cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 179 del 16 luglio 2019, punto 12.1 del Diritto); sebbene l'attivita' di riqualificazione e recupero di immobili abbandonati e degradati rientri nell'attivita' di rigenerazione urbana, la stessa non puo' porsi come indifferente rispetto agli obiettivi di limitazione del consumo del suolo libero, che altrimenti risulterebbero del tutto recessivi rispetto a quelli di recupero del patrimonio edilizio esistente dismesso e non utilizzabile. Il mancato bilanciamento e contemperamento tra i due obiettivi rende irragionevole e contraddittoria la normativa regionale sulla riqualificazione degli immobili degradati dismessi. La Corte costituzionale ha gia' avuto modo di evidenziare, con riguardo all'art. 5, comma 4, della citata legge regionale n. 31 del 2014 (contenente, in origine, un divieto di ius variandi in relazione ai contenuti edificatori del documento di piano per un tempo indefinito), una intrinseca contraddittorieta' nella «rigidita' insita nella norma censurata [...] tale da incidere in modo non proporzionato sull'autonomia dell'ente locale, non solo perche' impedisce la rivalutazione delle esigenze urbanistiche in precedenza espresse [...], ma soprattutto perche', al tempo stesso, la preclude quando questa sia rivolta alla protezione degli stessi interessi generali sottostanti alle finalita' di fondo della legge regionale e quindi coerenti con queste» (Corte costituzionale, sentenza n. 179 del 16 luglio 2019, punto 12.6 del Diritto). 18. Inoltre viene lesa anche la funzione amministrativa comunale in ambito urbanistico, in quanto l'art. 40-bis, quale norma che opera a regime, contiene una disciplina puntuale e specifica con riguardo agli interventi di recupero del patrimonio edilizio dismesso presenti nel territorio comunale, che non lascia alcuno spazio di intervento significativo all'attivita' pianificatoria comunale, pure qualificata quale funzione fondamentale ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione; difatti, la previsione di premi volumetrici in misura fissa e prestabilita, accompagnata da ulteriori importanti deroghe alla disciplina urbanistica-edilizia, quali l'esenzione dall'obbligo di conferimento dello standard e dal rispetto delle norme quantitative, morfologiche, sulle tipologie di intervento e delle distanze previste dallo strumento urbanistico locale, non soltanto impedisce al comune qualsiasi possibilita' di autonoma scelta in sede di pianificazione generale, ma e' potenzialmente idonea a stravolgerla in ampi settori, alterando i rapporti tra il carico urbanistico e le dotazioni pubbliche e private. Cio' assume un maggiore rilievo in un comune, qual e' Milano, in cui e' stato da tempo introdotto negli strumenti urbanistici il principio dell'indifferenza funzionale, ossia una liberta' di scelta delle funzioni da insediare in tutti i tessuti urbani senza alcuna esclusione e senza una distinzione ed un rapporto percentuale predefinito. 18.1. Tali considerazioni trovano riscontro anche nella recente giurisprudenza della Corte costituzionale, che ha ricordato come «nell'attuazione del nuovo Titolo V della Costituzione, il punto di sintesi e' stato fissato dal legislatore statale tramite la disposizione per cui "sono funzioni fondamentali dei comuni, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione: [...] d) la pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale nonche' la partecipazione alla pianificazione territoriale di livello sovracomunale", ma "[f]erme restando le funzioni di programmazione e di coordinamento delle regioni, loro spettanti nelle materie di cui all'art. 117, commi terzo e quarto, della Costituzione, e le funzioni esercitate ai sensi dell'art. 118 della Costituzione" (art. 14, comma 27, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante "Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica", convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, come sostituito dall'art. 19, comma 1, lettera a), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, recante "Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonche' misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario", convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135). Il "sistema della pianificazione", che assegna in modo preminente ai comuni, quali enti locali piu' vicini al territorio, la valutazione generale degli interessi coinvolti nell'attivita' urbanistica ed edilizia, non assurge, dunque, a principio cosi' assoluto e stringente da impedire alla legge regionale - fonte normativa primaria, sovraordinata agli strumenti urbanistici locali - di prevedere interventi in deroga [che tuttavia devono essere] quantitativamente, qualitativamente e temporalmente circoscritti (sentenze n. 245 del 2018 e n. 46 del 2014» (Corte costituzionale, sentenza n. 119 del 23 giugno 2020, punto 7.1 del Diritto). 18.2. Quindi, sebbene non possa escludersi a priori e in via astratta la legittimita' dell'intervento del legislatore regionale, e' necessario che quest'ultimo persegua esigenze generali che possano ragionevolmente giustificare disposizioni limitative delle funzioni gia' assegnate agli enti locali, anche nel rispetto del principio di sussidiarieta' verticale, sancito nell'art. 118 della Costituzione: «si deve verificare nell'ambito della funzione pianificatoria riconosciuta come funzione fondamentale dei comuni, "quanto la legge regionale toglie all'autonomia comunale e quanto di questa residua, in nome di quali interessi sovracomunali attua questa sottrazione, quali compensazioni procedurali essa prevede e per quale periodo temporale la dispone", inteso che "[i]l giudizio di proporzionalita' deve percio' svolgersi, dapprima, in astratto sulla legittimita' dello scopo perseguito dal legislatore regionale e quindi in concreto con riguardo alla necessita', alla adeguatezza e al corretto bilanciamento degli interessi coinvolti" (sentenza n. 179 del 2019). Proprio tale giudizio, cosi' dinamicamente inteso, consente di verificare se, per effetto di una normativa regionale rientrante nella materia del governo del territorio, come quella sub iudice, non venga menomato il nucleo delle funzioni fondamentali attribuite ai comuni all'interno del "sistema della pianificazione", cosi' da salvaguardarne la portata anche rispetto al principio autonomistico ricavabile dall'art. 5 Cost.» (Corte costituzionale, sentenza n. 119 del 23 giugno 2020, punto 7.1 del Diritto). 18.3. Nella specie, nessuna «riserva di tutela» e' riconosciuta al comune, consentendogli di sottrarsi, per «an» o per «quomodo», all'applicazione della normativa derogatoria oggetto di scrutinio, e neppure e' previsto il ricorso ad una fase di cooperazione finalizzata al coordinamento degli strumenti di pianificazione incidenti sul governo del territorio. In tal senso appare pertinente il riferimento al precedente della Corte costituzionale sulla legge regionale del Veneto relativa al Piano casa, in cui si e' affermato «che, nel consentire interventi in deroga agli strumenti urbanistici o ai regolamenti locali, il legislatore regionale veneto, in attuazione dell'intesa sancita tra Stato, regioni ed enti locali in sede di Conferenza unificata il 1° aprile 2009, ha compiuto una ponderazione degli interessi pubblici coinvolti, attraverso sia la limitazione dell'entita' degli interventi ammessi, sia l'esclusione di alcune componenti del patrimonio edilizio dall'ambito di operativita' della legge regionale censurata e delle disposizioni di deroga. E cio' ha fatto consentendo, altresi', ai comuni, nella sua prima applicazione, di sottrarre i propri strumenti urbanistici e i propri regolamenti all'operativita' delle deroghe ammesse dalla medesima legge regionale» (Corte costituzionale, sentenza n. 119 del 23 giugno 2020, punto 7.2 del Diritto). 18.4. Del resto, il modus procedendi da ultimo richiamato e' seguito dalla stessa Regione Lombardia, che attraverso l'art. 5, comma 6, della legge regionale n. 12 del 2009 (Piano casa) - sul punto ripreso dall'art. 3, comma 4, della legge regionale n. 4 del 2012 (Nuovo Piano casa) - ha previsto che «entro il termine perentorio del 15 ottobre 2009 i comuni, con motivata deliberazione, possono individuare parti del proprio territorio nelle quali le disposizioni indicate nell'art. 6 non trovano applicazione, in ragione delle speciali peculiarita' storiche, paesaggistico-ambientali ed urbanistiche delle medesime, compresa l'eventuale salvaguardia delle cortine edilizie esistenti, nonche' fornire prescrizioni circa le modalita' di applicazione della presente legge con riferimento alla necessita' di reperimento di spazi per parcheggi pertinenziali e a verde». 18.5. Ugualmente, la salvaguardia delle prerogative pianificatorie comunali e' riscontrabile, altresi', nella normativa regionale in materia di recupero ai fini abitativi dei sottotetti esistenti (articoli 63-65 della legge regionale della Lombardia n. 12 del 2005) dove si prevede la possibilita' per il comune di escludere dall'applicazione sul proprio territorio del regime ivi contemplato [art. 65 - «Ambiti di esclusione - "1. Le disposizioni del presente capo non si applicano negli ambiti territoriali per i quali i comuni, con motivata deliberazione del Consiglio comunale, ne abbiano disposta l'esclusione, in applicazione dell'art. 1, comma 7, della legge regionale 15 luglio 1996, n. 15 (Recupero ai fini abitativi dei sottotetti esistenti). 1-bis. Fermo restando quanto disposto dal comma 1, i comuni, con motivata deliberazione, possono ulteriormente disporre l'esclusione di parti del territorio comunale, nonche' di determinate tipologie di edifici o di intervento, dall'applicazione delle disposizioni del presente capo. 1-ter. Con il medesimo provvedimento di cui al comma 1-bis, i comuni possono, altresi', individuare ambiti territoriali nei quali gli interventi di recupero ai fini abitativi dei sottotetti, se volti alla realizzazione di nuove unita' immobiliari, sono, in ogni caso, subordinati all'obbligo di reperimento di spazi per parcheggi pertinenziali nella misura prevista dall'art. 64, comma 3. 1-quater. Le determinazioni assunte nelle deliberazioni comunali di cui ai commi 1, 1-bis e 1-ter hanno efficacia non inferiore a cinque anni e comunque fino all'approvazione dei PGT ai sensi dell'art. 26, commi 2 e 3. Il piano delle regole individua le parti del territorio comunale nonche' le tipologie di edifici o di intervento escluse dall'applicazione delle disposizioni del presente capo. 1-quinquies. In sede di redazione del PGT, i volumi di sottotetto recuperati ai fini abitativi in applicazione della l.r. n. 15/1996, ovvero delle disposizioni del presente capo, sono computati ai sensi dell'art. 10, comma 3, lettera b»]. 18.6. Dai richiamati esempi emerge come, in alcuni frangenti, lo stesso legislatore regionale lombardo si sia dimostrato rispettoso delle prerogative pianificatorie comunali, pur non rinunciando a disciplinare la materia del governo del territorio nell'esercizio delle proprie attribuzioni. 18.7. Diversamente, in presenza di prescrizioni di durata indefinita, in carenza di profili interlocutivi e nell'assolutezza, finanche contraddittoria con gli obiettivi posti in sede regionale, risultanti dalla disciplina contenuta nell'art. 40-bis della legge regionale n. 12 del 2005, non puo' ritenersi superato, «ai sensi del legittimo esercizio del principio di sussidiarieta' verticale, il test di proporzionalita' con riguardo all'adeguatezza e necessarieta' della limitazione imposta all'autonomia comunale in merito a una funzione amministrativa che il legislatore statale ha individuato come connotato fondamentale dell'autonomia comunale» (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 179 del 16 luglio 2019, punto 12.7 del Diritto). 19. L'art. 40-bis sembra porsi in contrasto anche con il principio espresso dall'art. 3-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, secondo il quale la riqualificazione di un determinato contesto puo' avvenire attraverso forme di compensazione incidenti sull'area interessata, tuttavia senza aumento della superficie coperta: al contrario l'art. 40-bis della legge regionale prevede un premio del 20% della superficie lorda, aumentabile fino al 25% al ricorrere di determinate condizioni. Sebbene l'art. 103, comma 1, della legge regionale n. 12 del 2005, abbia escluso una diretta applicazione nella Regione Lombardia della disciplina di dettaglio prevista, tra l'altro, dall'art. 3-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, comunque e' stata fatta salva l'applicazione dei principi contenuti nella citata disposizione statale, al cui novero certamente appartiene il divieto di consentire un aumento della superficie coperta in sede di riqualificazione di un immobile; deve ricomprendersi difatti tra i principi statali in materia di governo del territorio la previsione secondo la quale un incentivo per recuperare un bene non puo' spingersi fino al punto di compromettere la tutela di un altro bene, di almeno pari rango, qual e' quello legato alla riduzione del consumo di suolo, peraltro fatto proprio dallo stesso legislatore regionale. 20. Infine, l'art. 40-bis della legge regionale n. 12 del 2005 appare in contrasto anche con i principi di uguaglianza e imparzialita' dell'Amministrazione discendenti dagli articoli 3 e 97 della Costituzione, visto che riconosce delle premialita' per la riqualificazione di immobili abbandonati e degradati (anche) in favore di soggetti che non hanno provveduto a mantenerli in buono stato e che hanno favorito l'insorgere di situazioni di degrado e pericolo, a differenza dei proprietari diligenti che hanno fatto fronte agli oneri e ai doveri conseguenti al loro diritto di proprieta', ma che proprio per questo non possono beneficiare di alcun vantaggio in caso di intervento sul proprio immobile. La norma regionale, quindi, incentiva in maniera assolutamente discriminatoria e irragionevole situazioni di abbandono e di degrado da cui discende la possibilita' di ottenere premi volumetrici e norme urbanistiche ed edificatorie piu' favorevoli rispetto a quelle ordinarie. 21. In conclusione, il giudizio deve essere sospeso e gli atti vanno trasmessi al Corte costituzionale in quanto risulta rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 40-bis della legge regionale della Lombardia n. 12 del 2005 (inserito dall'art. 4, comma 1, lettera a), legge reg. 26 novembre 2019, n. 18), recante «Disposizioni relative al patrimonio edilizio dismesso con criticita'», per violazione degli articoli 3, 5, 97, 114, secondo comma, 117, secondo comma, lettera p), terzo e sesto comma, e 118 della Costituzione, secondo quanto specificato in precedenza. 22. Ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e sulle spese resta riservata alla decisione definitiva.
P.Q.M. Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (Sezione Seconda), non definitivamente pronunciando: a) Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 40-bis della legge regionale della Lombardia n. 12 del 2005 (inserito dall'art. 4, comma 1, lettera a), legge reg. 26 novembre 2019, n. 18), recante «Disposizioni relative al patrimonio edilizio dismesso con criticita'», per violazione degli articoli 3, 5, 97, 114, secondo comma, 117, secondo comma, lettera p), terzo e sesto comma, e 118 della Costituzione; b) Dispone la sospensione del presente giudizio; c) Ordina la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; d) Ordina che, a cura della segreteria della Sezione, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente della Giunta regionale della Lombardia e comunicata al Presidente del Consiglio regionale della Lombardia; e) Riserva alla decisione definitiva ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e in ordine alle spese. Cosi' deciso in Milano nella Camera di consiglio del giorno 22 gennaio 2021, tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall'art. 25, comma 2, del decreto-legge n. 137 del 2020 (convertito, con modificazione, dalla legge n. 176/2020), attraverso la piattaforma in uso presso la Giustizia amministrativa di cui all'Allegato 3 al decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 28 dicembre 2020 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 7 dell'11 gennaio 2021), con l'intervento dei magistrati: Italo Caso, Presidente Antonio De Vita, consigliere Lorenzo Cordi', referendario, estensore Il Presidente: Caso L'estensore: Cordi'