N. 21 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 9 marzo 2021

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il  9  marzo  2021  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Bilancio e contabilita' pubblica - Trasporto pubblico -  Norme  della
  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  -  Emergenza   epidemiologica   da
  COVID-19 - Previsione che  i  titolari  di  autorizzazione  per  il
  noleggio con conducente e i titolari di licenza taxi,  in  via  del
  tutto eccezionale e  fino  al  31  dicembre  2022,  possono  cedere
  l'attivita' anche senza aver raggiunto i cinque anni  dal  rilascio
  dei medesimi titoli, fatti salvi i vincoli eventualmente  derivanti
  da contribuzioni pubbliche. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Demanio marittimo  -  Norme  della
  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  -  Emergenza   epidemiologica   da
  COVID-19 - Previsione che per l'annualita' 2021 l'importo annuo del
  canone  dovuto  quale  corrispettivo  dell'utilizzazione  di   beni
  demaniali  marittimi  di  competenza  regionale  e   comunale   con
  qualunque finalita' non puo', comunque, essere inferiore  a  361,90
  euro - Prevista esenzione dal  canone  qualora  il  bene  demaniale
  marittimo statale venga concesso a enti pubblici, anche  economici,
  al fine della realizzazione di un'opera pubblica -  Previsione  che
  il canone demaniale per le concessioni e le autorizzazioni inerenti
  all'utilizzo di beni del demanio marittimo  e  del  demanio  idrico
  regionale,  relative  alla  messa  in  opera  e  all'utilizzo   dei
  cosiddetti bilancioni  (impianti  con  rete),  e'  determinato  con
  esclusivo riferimento alla superficie sviluppata dalla rete. 
- Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 30 dicembre 2020,  n.  25
  (Legge collegata alla manovra di bilancio 2021-2023), artt. 5 e 11,
  commi 1, 2 e 3. 
(GU n.16 del 21-4-2021 )
     Ricorso ex art. 127 Costituzione del  Presidente  del  Consiglio
dei ministri (c.f.  80188230587),  rappresentato  e  difeso  ex  lege
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato   (c.f.   80224030587;   pec:
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it    -    fax    06/96514000)     ed
elettivamente domiciliato presso i  suoi  Uffici  in  Roma,  via  dei
Portoghesi n. 12; ricorrente; 
    Contro  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  in   persona   del   suo
Presidente pro tempore; resistente; 
    per la  dichiarazione  dell'illegittimita'  costituzionale  degli
articoli 5 e 11, commi 1-3 della legge regionale 30 dicembre 2020, n.
25 - Legge collegata alla manovra di bilancio 2021 - 2023, pubblicato
nel BUR n. 1 del 7 gennaio 2021. 
    La legge n. 25 del  30  dicembre  2020  -  legge  collegata  alla
manovra di bilancio 2021 - 2023 -  e'  censurabile,  con  riferimento
alle disposizioni contenute all'art. 5, per violazione  delle  regole
sulla concorrenza di cui all'art. 117,  comma  2,  lettera  e)  della
Costituzione e, con riferimento alle disposizioni di cui all'art. 11,
commi 1, 2 e 3, per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera l)  in
materia di ordinamento civile. 
Art. 5 della legge 30 dicembre 2020, n. 25. 
    L'art. 5 - Assetto del territorio, edilizia, trasporti e  diritto
alla mobilita' - della legge regionale all'esame e' cosi' formulato: 
        «1. A  causa  della  situazione  emergenziale  causata  dalla
pandemia da COVID-19 e della conseguente grave crisi economica che ha
investito il settore degli  autoservizi  pubblici  non  di  linea,  i
titolari di  autorizzazione  per  il  noleggio  con  conducente  e  i
titolari di licenza taxi, in via del tutto eccezionale e fino  al  31
dicembre 2022, possono cedere l'attivita' anche senza aver  raggiunto
i cinque anni dal rilascio dei medesimi titoli, fatti salvi i vincoli
eventualmente derivanti da contribuzioni pubbliche». 
    Vale premettere, in punto di diritto, che  la  legge  15  gennaio
1992, n. 21 (Legge  quadro  per  il  trasporto  di  persone  mediante
autoservizi pubblici non di linea) prevede, per quanto di interesse: 
        a) che «l'esercizio del servizio di taxi  e  l'autorizzazione
per  l'esercizio  del  servizio  di  noleggio  con  conducente»   sia
subordinato   al   rilascio   di   apposita    licenza    da    parte
dell'Amministrazione  comunale  competente,  all'esito  di   apposita
procedura concorsuale (art. 8, comma 1); 
        b) che la licenza, una volta conseguita mediante concorso, e'
soggetta ad un regime di «trasferibilita'»,  operante  «su  richiesta
del  titolare»  e  a  favore  di  persona  da   questo   «designata»,
subordinatamente  alla  verifica  dei  relativi  presupposti  e   dei
prescritti requisiti (art. 9, comma 1); 
        c) che, in tal caso, al  titolare  che  abbia  trasferito  la
licenza, per un verso «non puo' esserne attribuita altra per concorso
pubblico» e, per altro verso, «non puo' esserne trasferita  altra  se
non dopo cinque anni dal trasferimento della prima»  (art.  9,  comma
2). 
    Il sistema delineato dall'art. 9, della legge 15 gennaio 1992, n.
21,  nel  regolamentare  la   trasferibilita'   della   licenza   per
l'esercizio  del  servizio  di   taxi   e   dell'autorizzazione   per
l'esercizio  del  servizio  di  noleggio  con  conducente,   risponde
all'esigenza di  evitare  possibili  fenomeni  speculativi  idonei  a
falsare  la  concorrenza,  «atteso  che  la  licenza  conseguita  per
concorso e' di carattere gratuito». 
    Cosi' illustrato il contenuto delle disposizioni statali, occorre
preliminarmente osservare  che,  com'e'  noto,  secondo  la  costante
giurisprudenza costituzionale, dopo  la  riforma  del  Titolo  V,  la
materia del servizio pubblico di trasporto di linea e non  di  linea,
in quanto non espressamente menzionata, deve considerarsi  transitata
nella competenza regionale residuale  di  cui  all'art.  117,  quarto
comma, Cost. (Corte cost. sentenza n. 5 del 2019). 
    Senonche', la disciplina  del  trasferimento  delle  licenze  per
l'esercizio del servizio di taxi e l'autorizzazione  per  l'esercizio
del servizio di noleggio con conducente, afferisce anche alla materia
«trasversale»  della  tutela  della  concorrenza,   attribuita   alla
competenza esclusiva dello Stato ex art. 117, secondo comma,  lettera
e) Cost. 
    Con specifico riguardo al regime di trasferibilita' della licenza
«per  l'esercizio  del  servizio  di  taxi  e  l'autorizzazione   per
l'esercizio del servizio  di  noleggio  con  conducente»,  il  limite
temporale  minimo  di  cinque  anni  richiesto  dalla  legge  statale
definisce  il  punto  di   equilibrio   fra   il   libero   esercizio
dell'attivita' di trasporto e gli interessi pubblici interferenti con
tale liberta'. 
    Come  recentemente  ricordato  dal  Giudice  delle   leggi,   «Il
bilanciamento cosi' operato - fra la liberta' di iniziativa economica
e gli altri interessi costituzionali -, costituendo espressione della
potesta'  legislativa  statale  nella  materia  della  "tutela  della
concorrenza", definisce un assetto degli interessi che il legislatore
regionale non e' legittimato ad alterare (sentenza n. 80  del  2006)»
(Sentenza n. 30 del 2016). 
    Tale bilanciamento, nel cui ambito la valutazione degli interessi
confliggenti  deve  essere  intesa   sempre   in   senso   sistemico,
complessivo e non frazionato, puo' dunque  condurre  a  un  esito  in
forza  del  quale  la  tutela  della  concorrenza  «si  attua   anche
attraverso la previsione e la correlata disciplina delle  ipotesi  in
cui  viene  eccezionalmente  consentito   di   apporre   dei   limiti
all'esigenza di tendenziale massima liberalizzazione delle  attivita'
economiche» (sentenza n. 30 del 2016, che richiama la sentenza n.  49
del 2014) (Corte cost. sentenza n. 56 del 2020). 
    Una volta qualificata  la  disciplina  statale  come  espressione
della competenza legislativa esclusiva in  materia  di  tutela  della
concorrenza, ex art. 117, secondo comma, lettera e),  Cost.,  risulta
di tutta evidenza il vizio di legittimita' costituzionale che inficia
la norma regionale. 
    Quest'ultima disposizione, infatti, nel prevedere,  sia  pure  in
via temporanea, la deroga  al  limite  quinquennale  fissato  per  il
trasferimento  della  licenza,  altera  il   meccanismo   diretto   a
regolamentare l'accesso al mercato,  come  definito  dal  legislatore
statale all'art. 9, della legge 15 gennaio 1992, n. 21, e, dunque, le
regole della  concorrenza  nello  specifico  settore,  che  anche  le
regioni a statuto speciale devono seguire, con conseguente violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera e), Costituzione. 
    Ne' puo' valere il richiamo  della  competenza  statutaria  della
Regione sancita dall'art.  4,  primo  comma,  n.  11,  dello  Statuto
speciale  (legge  cost.  n.  1  del  1963).  Sebbene,  infatti,  tale
disposizione  attribuisca  la  potesta'  legislativa  esclusiva  alla
regione nella materia «trasporti su funivie e linee automobilistiche,
tranviarie e filoviarie, di interesse regionale» e l'art.  5,  numero
7) la  potesta'  legislativa  in  tema  di  «disciplina  dei  servizi
pubblici di interesse regionale ed assunzione di tali  servizi»,  non
v'e' dubbio  che  la  stessa  potesta'  deve  essere  esercitata  nel
rispetto  dei  consueti  limiti  costituzionali  e   dell'ordinamento
giuridico della Repubblica, previsti  dal  medesimo  art.  4  ed  «in
armonia con i principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato
nelle singole materie», come recita il citato art. 5 dello Statuto. 
    In aggiunta, come osservato in piu' occasioni dalla Consulta,  la
nozione di  «concorrenza»  di  cui  al  secondo  comma,  lettera  e),
dell'art. 117 Cost., non  puo'  non  riflettere  quella  operante  in
ambito europeo. 
    Essa comprende, pertanto, sia le misure legislative di tutela  in
senso proprio, intese a contrastare gli atti e i comportamenti  delle
imprese che incidono negativamente  sull'assetto  concorrenziale  dei
mercati, sia le misure legislative di promozione, volte  a  eliminare
limiti  e  vincoli   alla   libera   esplicazione   della   capacita'
imprenditoriale e della competizione tra  imprese  (c.d.  concorrenza
«nel  mercato»),  ovvero  a  prefigurare  procedure  concorsuali   di
garanzia che assicurino la piu'  ampia  apertura  del  mercato  (c.d.
concorrenza «per il mercato») a tutti  gli  operatori  economici  (ex
multis, sentenze n. 56 del 2020, n. 137 del 2018, n. 83 del 2018,  n.
291 del 2012, n. 200 del 2012 e n. 45 del 2010). 
    Infine,  stante  la   natura   «trasversale»   e   il   carattere
«finalistico» della competenza attribuita in materia allo  Stato,  la
tutela della concorrenza  assume  carattere  prevalente  e  funge  da
limite alla disciplina che le regioni possono dettare  nelle  materie
di loro competenza, concorrente o residuale (Corte cost. sentenze  n.
83 del 2018, n. 165 del 2014, n. 38 del 2013  e  n.  299  del  2012),
potendo influire su queste ultime fino  a  incidere  sulla  totalita'
degli ambiti materiali entro cui si estendono, sia  pure  nei  limiti
strettamente necessari per assicurare gli interessi alla cui garanzia
la competenza statale esclusiva e' diretta (Corte cost.  sentenze  n.
56 del 2020, cit., n. 287 del 2016, n. 2 del 2014, n. 291 e n. 18 del
2012, n. 150 del 2011, n. 288 e n. 52 del 2010, n. 452,  n.  431,  n.
430 e n. 401 del 2007 e n. 80 del 2006). 
Art. 11, commi 1- 3 della legge 30 dicembre 2020, n. 25. 
    L'art. 11 -  Patrimonio,  demanio,  servizi  generali  e  sistemi
informativi - della legge regionale all'esame recita testualmente: 
        «1.  Attesa  l'emergenza  epidemiologica  da  COVID-19,   per
l'annualita'  2021  l'importo   annuo   del   canone   dovuto   quale
corrispettivo  dell'utilizzazione  di  beni  demaniali  marittimi  di
competenza regionale e comunale con  qualunque  finalita'  non  puo',
comunque, essere inferiore a 361,90 euro. 
        2. Non e' dovuto  alcun  canone  qualora  il  bene  demaniale
marittimo statale venga concesso a enti pubblici, anche economici, al
fine della realizzazione di un'opera pubblica. 
        3. Il canone demaniale per le concessioni e le autorizzazioni
inerenti all'utilizzo di beni del demanio  marittimo  e  del  demanio
idrico regionale, relative alla messa in  opera  e  all'utilizzo  dei
cosiddetti  bilancioni  (impianti  con  rete),  e'  determinato   con
esclusivo riferimento alla superficie sviluppata dalla rete. 
        4.  La  durata  delle  concessioni  demaniali  marittime   in
scadenza e' prorogata fino al 31 dicembre 2021 al fine di  consentire
alle Amministrazioni concedenti il perfezionamento  dei  procedimenti
amministrativi di competenza nel rispetto della normativa vigente». 
    Per quanto riguarda la materia disciplinata dalla disposizione in
commento, si osserva, preliminarmente, che la Regione  Friuli-Venezia
Giulia e' dotata, ai sensi dell'art. 4, comma 1, nn. 2, 3  e  10  del
proprio statuto speciale di autonomia (legge cost. n. 1 del 1963), di
competenza  legislativa  primaria  in  materia  di  ittica,  pesca  e
turismo. 
    La menzionata competenza, ai sensi  del  medesimo  art.  4,  deve
essere esplicata in armonia  con  la  Costituzione,  con  i  principi
generali dell'ordinamento giuridico della Repubblica,  con  le  norme
fondamentali delle  riforme  economico-sociali  e  con  gli  obblighi
internazionali dello Stato. 
    Inoltre, con  il  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  n.
469/1987 - recante Norme  integrative  di  attuazione  dello  statuto
speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia -  sono  state  delegate
all'amministrazione regionale  le  funzioni  amministrative  relative
alla  materia  del  «demanio  marittimo,  lacuale  e   fluviale»   ed
interessanti il litorale marittimo, le aree demaniali  immediatamente
prospicienti,  le  aree  del  demanio  lacuale  e  fluviale,   quando
l'utilizzazione prevista abbia finalita' turistico-ricreativa. 
    La Regione Friuli-Venezia Giulia e',  quindi,  soggetto  titolato
all'esercizio delle funzioni amministrative trasferite  sui  predetti
beni con finalita' turistico-ricreative dal 1° gennaio 1996, ai sensi
di quanto previsto dall'art. 16, comma 3, decreto-legge n.  535/1996,
convertito nella legge n. 647/1996. 
    Nel riferito contesto normativo  si  inserisce  l'art.  11  della
legge regionale in esame che, ai primi tre commi,  reca  disposizioni
che incidono sulla disciplina del canone demaniale  marittimo/idrico,
prevedendone un ammontare minimo (comma 1), un'ipotesi  di  esenzione
dal versamento del canone (comma 2), disciplinandone le modalita'  di
quantificazione riferite ad una determinata categoria di beni  (comma
3). 
    Per quanto riguarda tali norme, si ritiene opportuno  ricostruire
preliminarmente l'assetto dominicale dei beni appartenenti al demanio
marittimo. 
    I beni demaniali marittimi situati nel territorio  della  Regione
Friuli-Venezia  Giulia  sono  di  proprieta'  statale  e  la  Regione
autonoma esercita le funzioni delegate dallo Stato per la  pertinente
gestione,  compresa  l'attribuzione   del   canone   delle   relative
concessioni, in forza dell'art. 9, comma 2, del  decreto  legislativo
1° aprile 2004, n. 111 , secondo cui sono trasferite alla regione  le
funzioni amministrative «relative alle concessione dei beni (...) del
demanio marittimo» , con precisazione al comma 5 che «i proventi e le
spese derivanti dalla gestione del demanio marittimo  (...)  spettano
alla Regione». 
    Fanno eccezione  i  beni  demaniali  marittimi  insistenti  nella
laguna di Marano-Grado che, in  quanto  trasferiti  alla  Regione  in
virtu' dell'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio  2001,
n. 265, sono divenuti di proprieta' pubblica regionale e in relazione
ai quali «la regione esercita tutte  le  attribuzioni  inerenti  alla
titolarita' dei beni trasferiti». 
    Tanto  premesso,  si   evidenzia   che   codesta   ecc.ma   Corte
costituzionale ha piu' volte avuto modo di precisare che la  potesta'
di determinazione dei canoni per l'assegnazione in uso  di  aree  del
demanio marittimo segue la titolarita' del bene e  non  quella  della
gestione (sentenze n. 94 del 2008  e  n.  286  del  2004)  in  quanto
costituisce espressione del potere di disporre (nei limiti in cui  lo
consente la natura demaniale) dei propri beni. In quanto  tale,  essa
precede logicamente la ripartizione delle competenze ed inerisce alla
capacita' giuridica dell'ente  secondo  i  principi  dell'ordinamento
civile (in tal senso, cfr. sentenze n. 427  del  2004  e  n.  73  del
2018). 
    In considerazione di quanto precede, si rileva che  per  tutti  i
beni demaniali marittimi  insistenti  nel  territorio  della  Regione
autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  spetta  allo  Stato  la  competenza
esclusiva nella determinazione della misura  dei  canoni,  ossia  dei
criteri tabellari di riferimento rispetto ai  quali  l'ente  gestore,
nell'esercizio delle funzioni amministrative ad esso delegate, dovra'
definire  l'esatto  ammontare  parametrato  alla  tipologia  e   alla
consistenza delle concessioni. Tale competenza,  peraltro,  comprende
necessariamente quella di determinare i casi di eventuale esenzione. 
    In particolare, per quanto concerne il  comma  1,  la  disciplina
statale con il  recente  decreto-legge  n.  104/2020  ha  fissato,  a
decorrere dal 1° gennaio 2021,  l'importo  annuo  del  canone  minimo
dovuto, quale corrispettivo dell'utilizzazione di aree  e  pertinenze
demaniali marittime con qualunque finalita', in 2.500 euro  (comma  4
dell'art. 100). 
    Peraltro,  le  previsioni  all'esame  eccedono  dalla  competenza
statutaria della Regione, in  quanto,  come  si  e'  sopra  rilevato,
nonostante l'art. 4, comma 1, nn. 2, 3 e 10 dello statuto speciale di
autonomia individui la competenza legislativa primaria in materia  di
ittica, pesca e turismo, la stessa deve essere esercitata «in armonia
con  la  Costituzione,  con  i  principi  generali   dell'ordinamento
giuridico della Repubblica, con le norme fondamentali  delle  riforme
economico-sociali e con  gli  obblighi  internazionali  dello  Stato,
nonche' nel rispetto degli interessi  nazionali  e  di  quelli  delle
altre regioni». 
    Alla stregua dei suesposti principi,  si  ritiene  che  l'art.  5
della legge regionale in esame si  ponga  in  contrasto  l'art.  117,
secondo comma, lettera  e)  della  Costituzione,  poiche'  interviene
nella  materia  della  tutela  della  concorrenza,   riservata   alla
competenza esclusiva statale, mentre i commi 1, 2 e  3  dell'art.  11
della  medesima  legge   regionale   contrastano   con   i   principi
dell'ordinamento civile sancito all'art. 117, secondo comma,  lettera
l) della Costituzione. 
    Tanto premesso, la Presidenza del Consiglio dei ministri, come in
epigrafe rappresentata, difesa e domiciliata,  chiede  l'accoglimento
delle seguenti conclusioni. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Voglia l'ecc.ma Corte costituzionale adita accogliere il presente
ricorso e, per l'effetto, dichiarare l'illegittimita'  costituzionale
degli articoli 5 e 11, commi 1 - 3 della legge Regione Friuli-Venezia
Giulia n. 25 del 30 dicembre 2020. 
    Si deposita la determinazione della Presidenza del Consiglio  dei
ministri del 4 marzo 2021. 
        Roma, 5 marzo 2021 
 
                  L'Avvocato dello Stato: D'Avanzo