N. 22 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 23 marzo 2021
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 23 marzo 2021 (del Presidente del Consiglio dei ministri). Edilizia e urbanistica - Paesaggio - Norme della Regione autonoma Sardegna - Sostituzione dell'art. 26 della legge regionale n. 8 del 2015 - Disposizioni di salvaguardia dei territori rurali - Trasformazioni ammesse nelle zone agricole E - Previsione che l'edificazione di fabbricati per fini residenziali nella fascia di 1.000 metri dalla linea di battigia marina e' riservata agli imprenditori agricoli a titolo professionale - Requisiti e condizioni di ammissibilita' del cambio di destinazione d'uso. Edilizia e urbanistica - Paesaggio - Norme della Regione autonoma Sardegna - Modifiche all'art. 26-bis della legge regionale n. 8 del 2015 - Superamento delle condizioni di degrado dell'agro - Differimento al 31 dicembre 2023 del termine per il completamento, nelle zone urbanistiche omogenee agricole, degli edifici le cui opere sono state legittimamente avviate e il cui titolo abilitativo e' scaduto o dichiarato decaduto e non puo' essere rinnovato a seguito dell'entrata in vigore di contrastanti disposizioni. Edilizia e urbanistica - Paesaggio - Norme della Regione autonoma Sardegna - Introduzione dell'art. 26-ter nella legge regionale n. 8 del 2015 - Pianificazione del sistema delle scuderie della Sartiglia di Oristano. Edilizia e urbanistica - Paesaggio - Norme della Regione autonoma Sardegna - Modifiche all'art. 30 della legge regionale n. 8 del 2015 - Interventi di incremento volumetrico del patrimonio edilizio esistente nelle zone urbanistiche omogenee A, B, C, D, E, F e G. Edilizia e urbanistica - Paesaggio - Norme della Regione autonoma Sardegna - Modifiche all'art. 31 della legge regionale n. 8 del 2015 - Interventi di incremento volumetrico delle strutture destinate all'esercizio di attivita' turistico-ricettive, sanitarie e socio-sanitarie. Edilizia e urbanistica - Paesaggio - Norme della Regione autonoma Sardegna - Modifiche all'art. 32 della legge regionale n. 8 del 2015 - Interventi per il riuso e per il recupero con incremento volumetrico dei sottotetti esistenti. Edilizia e urbanistica - Paesaggio - Norme della Regione autonoma Sardegna - Introduzione dell'art. 32-bis nella legge regionale n. 8 del 2015 - Interventi di recupero dei seminterrati, dei piani pilotis e dei locali al piano terra. Edilizia e urbanistica - Paesaggio - Norme della Regione autonoma Sardegna - Modifiche all'art. 33 della legge regionale n. 8 del 2015 - Interventi per il riuso degli spazi di grande altezza. Edilizia e urbanistica - Paesaggio - Norme della Regione autonoma Sardegna - Modifiche all'art. 34 della legge regionale n. 8 del 2015 - Condizioni di ammissibilita' degli interventi previsti nel Capo I (Norme per il miglioramento del patrimonio esistente) del Titolo II della legge regionale n. 8 del 2015. Edilizia e urbanistica - Paesaggio - Norme della Regione autonoma Sardegna - Modifiche all'art. 36 della legge regionale n. 8 del 2015 - Disposizioni comuni al Capo I (Norme per il miglioramento del patrimonio esistente) del Titolo II della legge regionale n. 8 del 2015. Edilizia e urbanistica - Paesaggio - Norme della Regione autonoma Sardegna - Modifiche all'art. 38 della legge regionale n. 8 del 2015 - Interventi di trasferimento volumetrico per la riqualificazione ambientale e paesaggistica. Edilizia e urbanistica - Paesaggio - Norme della Regione autonoma Sardegna - Introduzione dell'art. 38-bis nella legge regionale n. 8 del 2015 - Trasferimento dei volumi realizzabili ricadenti nelle zone Hi4, Hi3, Hg4 ed Hg3 del Piano stralcio per l'assetto idrogeologico (PAI). Edilizia e urbanistica - Paesaggio - Norme della Regione autonoma Sardegna - Modifiche all'art. 39 della legge regionale n. 8 del 2015 - Rinnovo del patrimonio edilizio con interventi di demolizione e ricostruzione. Edilizia e urbanistica - Paesaggio - Norme della Regione autonoma Sardegna - Modifiche all'art. 40 della legge regionale n. 8 del 2015 - Misure di promozione dei programmi integrati per il riordino urbano. Edilizia e urbanistica - Paesaggio - Norme della Regione autonoma Sardegna - Modifiche all'art. 41 della legge regionale n. 8 del 2015 recante disposizioni transitorie della legge regionale n. 4 del 2009. Edilizia e urbanistica - Paesaggio - Norme della Regione autonoma Sardegna - Differimento, alla data di entrata in vigore della legge regionale n. 1 del 2021, dei termini di cui agli artt. 34, comma 1, lettera b), e 41, comma 4, della legge regionale n. 8 del 2015 - Differimento al 31 dicembre 2023 del termine previsto dall'art. 37, comma 1, della legge regionale n. 8 del 2015 e conseguente reviviscenza della disciplina del Capo I del Titolo II della citata legge regionale, cosi' come modificata dalla legge regionale n. 1 del 2021. Edilizia e urbanistica - Paesaggio - Norme della Regione autonoma Sardegna - Norma transitoria - Previsione per la quale sono fatte salve le richieste di titoli abilitativi di cui alla legge regionale n. 8 del 2015, e successive proroghe, fino alla data del 31 dicembre 2020, con applicazione della predetta normativa - Conservazione dell'attivita' eventualmente svolta e degli atti adottati dagli uffici pubblici, statali, regionali o comunali - Riconoscimento della facolta' di usufruire delle modifiche introdotte dalla legge regionale n. 1 del 2021, ove piu' favorevoli, mediante presentazione di integrazioni o modifiche alla documentazione gia' presentata - Termine di decorrenza per ripresentare le eventuali richieste di titoli abilitativi presentate tra il 1° gennaio 2021 e la data di entrata in vigore della legge regionale n. 1 del 2021. Edilizia e urbanistica - Paesaggio - Norme della Regione autonoma Sardegna - Modifiche all'art. 7-bis della legge regionale n. 23 del 1985 - Tolleranze edilizie. Edilizia e urbanistica - Paesaggio - Norme della Regione autonoma Sardegna - Modifiche all'art. 16 della legge regionale n. 23 del 1985 - Accertamento di conformita'. Turismo - Paesaggio - Norme della Regione autonoma Sardegna - Modifiche all'art. 21 della legge regionale n. 16 del 2017 - Aree di sosta temporanea a fini turistici. Turismo - Paesaggio - Norme della Regione autonoma Sardegna - Introduzione dell'art. 19-bis nella legge regionale n. 16 del 2017 - Realizzazione dei campeggi oltre la fascia dei 300 metri dalla linea di battigia. Edilizia e urbanistica - Paesaggio - Norme della Regione autonoma Sardegna - Interpretazione autentica dell'art. 4 del decreto dell'Assessore regionale degli enti locali, finanze e urbanistica n. 2266/U del 1983 - Limiti di densita' edilizia per le diverse zone della Regione. Edilizia e urbanistica - Paesaggio - Norme della Regione autonoma Sardegna - Insediamenti turistici - Specificazioni inerenti la localizzazione di nuovi interventi turistici e relativi servizi generali. Edilizia e urbanistica - Paesaggio - Norme della Regione autonoma Sardegna - Disciplina degli interventi ammissibili nella fase di adeguamento degli strumenti urbanistici al Piano paesaggistico regionale. Edilizia e urbanistica - Paesaggio - Norme della Regione autonoma Sardegna - Disposizioni di salvaguardia delle zone umide. Edilizia e urbanistica - Paesaggio - Norme della Regione autonoma Sardegna - Clausola di non onerosita' - Previsione che gli articoli della legge regionale n. 1 del 2021, trattandosi di disposizioni straordinarie, prevalgono sugli atti di pianificazione, anche settoriale, sugli strumenti urbanistici generali e attuativi e sulle altre vigenti disposizioni normative regionali. - Legge della Regione autonoma Sardegna 18 gennaio 2021, n. 1 (Disposizioni per il riuso, la riqualificazione ed il recupero del patrimonio edilizio esistente ed in materia di governo del territorio. Misure straordinarie urgenti e modifiche alle leggi regionali n. 8 del 2015, n. 23 del 1985, n. 24 del 2016 e n. 16 del 2017), artt. 1; 2; 3; 4, comma 1, lettere a), b), c), numeri 1) e 2), g), h) e i); 5; 6; 7; 8; 9; 11; 12; 13; 14; 15; 16; 17; 18; 19; 21; 23; 24; 25; 26; 27; 28 e 30, comma 2.(GU n.17 del 28-4-2021 )
Ricorso della Presidenza del Consiglio dei ministri (c.f. 80188230587), in persona del Presidente del Consiglio attualmente in carica, rappresentata e difesa per mandato ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici ha domicilio in Roma, via dei Portoghesi 12, ricorrente; contro Regione autonoma Sardegna, in persona del Presidente attualmente in carica, resistente; per l'impugnazione e la dichiarazione di incostituzionalita' degli articoli 1; 2; 3; 4, commi 1 lettere a), b), c) n. 1 e 2, g), h) e i); 5; 6; 7; 8; 9; 11; 12; 13; 14; 15; 16; 17; 18; 19; 21; 23; 24; 25; 26; 27; 28 e 30, comma 2, della legge regionale 18 gennaio 2021, n. 1, avente ad oggetto «Disposizioni per il riuso, la riqualificazione ed il recupero del patrimonio edilizio esistente ed in materia di governo del territorio. Misure straordinarie urgenti e modifiche alle leggi regionali n. 8 del 2015, n. 23 del 1985 e n. 16 del 2017», pubblicata sul BUR n. 5 del 19 gennaio 2021 e ripubblicata una seconda volta, a seguito di errata-corrige, sul BUR n. 6 del 21 gennaio 2021. Il Consiglio regionale della Regione autonoma della Sardegna ha approvato ed emanato in data 18 gennaio 2021 la legge n. 1 che consta di 30 articoli, quasi tutti dedicati ad introdurre modifiche ed integrazioni a tre leggi regionali precedenti (la legge n. 8/2015, la legge n. 23/1985 e la legge n. 16/2017), dettando disposizioni in materia edilizia e di governo del territorio. In particolare, la prima delle leggi modificate, la legge regionale n. 8/2015, contiene il c.d. nuovo piano casa della Regione Sardegna, in sostituzione del precedente di cui alla legge regionale n. 4/2009 le cui disposizioni sono state piu' volte prorogate dalla Regione Sardegna a partire dal 2016 per finire al 2020. Quest'ultima legge di proroga (la legge regionale n. 17/2020) e' stata impugnata dal Governo per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera s) e dell'art. 9 della Costituzione, in quanto ritenuta lesiva della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela del paesaggio. La seconda delle leggi modificate, la legge regionale n. 23/1985, detta norme in materia edilizia (anche di sanatoria di insediamenti ed opere abusive) ed espropriativa. La terza legge oggetto di modifica, la legge regionale n. 16/2017, si occupa di turismo. Le modifiche all'ordinamento regionale sono dirette, in estrema sintesi, a consentire la realizzazione di interventi edilizi, anche di rilevante impatto, in deroga non solo alla pianificazione urbanistica comunale, ma anche a quella paesaggistica, nonche' a prevedere l'irrilevanza o sanatoria di illeciti edilizi, al di fuori dei casi e limiti previsti inderogabilmente dalla disciplina statale. Viene, cosi', agevolata la massiccia trasformazione edificatoria del territorio, anche in ambiti di pregio, determinando un grave abbassamento del livello della tutela del paesaggio. In via generale, con valenza a sostenere la posizione dello Stato con argomenti comuni a tutte le censure che sono di seguito dedotte, si rileva che l'art. 3, lettera f), dello Statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3) attribuisce alla Regione potesta' legislativa in materia di «edilizia e urbanistica», mentre l'art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica 22 maggio 1975, n. 480 («Nuove norme di attuazione dello statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna») trasferisce alla Regione alcune competenze gia' esercitate dagli organi del Ministero della pubblica istruzione, poi attribuite al Ministero per i beni culturali e ambientali. Va tuttavia rimarcato che, in base al medesimo art. 3 dello Statuto speciale, la potesta' legislativa regionale in materia di edilizia e urbanistica deve essere esercitata «In armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonche' delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica», e quindi necessariamente nel rispetto delle previsioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio, dettate dallo Stato nell'esercizio della potesta' legislativa esclusiva di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. La Corte costituzionale, anche recentemente (sentenza n. 178 del 2018), ha chiarito il ruolo e le attribuzioni del legislatore nazionale con riguardo alle previsioni dello Statuto speciale della Regione Sardegna, affermando che «Il legislatore statale conserva il potere di vincolare la potesta' legislativa primaria dell'autonomia speciale attraverso l'emanazione di leggi qualificabili come «riforme economico-sociali». E cio' anche sulla base - per quanto qui viene in rilievo - del titolo di competenza legislativa nella materia «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali», di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., comprensiva tanto della tutela del paesaggio quanto della tutela dei beni ambientali e culturali». Se la Regione Sardegna e' titolare - grazie al suo Statuto e diversamente dalle regioni a statuto ordinario - di competenza legislativa esclusiva nella materia dell'edilizia e dell'urbanistica, sostanzialmente corrispondente alla materia «governo del territorio», essa non gode di potesta' normativa primaria in materia di tutela del paesaggio, perche' questa spetta in via esclusiva allo Stato in forza dell'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. E' vero che l'art. 6, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 22 maggio 1975, n. 480 («Nuove norme d'attuazione dello Statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna»), nel definire i confini delle competenze esclusive della Regione in materia di «edilizia e urbanistica», attribuisce alla Regione anche la redazione e l'approvazione dei piani territoriali paesistici di cui all'art. 5 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, ma questa constatazione non muta la linea di confine tra le competenze legislative. Tale competenza, infatti, era riconosciuta anche a tutte le regioni ordinarie, sin dall'emanazione del decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1972, n. 8 (art. 1, quarto comma), senza che cio' potesse intaccare la competenza esclusiva da sempre appartenente allo Stato in materia di tutela del paesaggio. La stessa legge n. 431 del 1985 (c.d. «legge Galasso»), oltre a estendere il vincolo di tutela inerente a zone di particolare interesse ambientale a tutto il territorio nazionale, prevede espressamente che le regioni sottopongano «a specifica normativa d'uso e di valorizzazione ambientale il relativo territorio mediante la redazione di piani paesistici o di piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali». Deve pertanto essere chiaro che la tutela del paesaggio resta ben distinta dal «governo del territorio», pur avendo le due materie ambiti in comune, in particolare per quanto riguarda l'attivita' di pianificazione. Al riguardo, la Corte costituzionale ha riconosciuto la prevalenza dell'impronta unitaria della pianificazione paesaggistica, rimarcando che «sul piano del riparto di competenze tra Stato e Regione in materia di paesaggio, la "separatezza tra pianificazione territoriale ed urbanistica, da un lato, e tutela paesaggistica dall'altro", prevalendo, comunque, "l'impronta unitaria della pianificazione paesaggistica" (sentenza n. 182 del 2006). E' in siffatta piu' ampia prospettiva che, dunque, si colloca il principio della "gerarchia" degli strumenti di pianificazione dei diversi livelli territoriali, espresso dall'art. 145 del decreto legislativo n. 42 del 2004» (sentenza n. 180 del 2008). Se si e' ritenuto che la materia «edilizia ed urbanistica» include anche la possibilita' di incidere sulla pianificazione del paesaggio in senso lato, salvi ovviamente i limiti delle norme statali di grande riforma economico-sociale (tra le quali va di certo annoverato il principio di copianificazione, di cui agli articoli 135, 143, 145 e 156 del Codice), cio' non significa aver riconosciuto alla Regione una potesta' legislativa primaria in materia di tutela paesaggistica in senso proprio, che non e' prevista dallo Statuto. E proprio con riferimento alla Regione Sardegna, nella citata sentenza n. 178 del 2018, e' stato precisato che: «la conservazione ambientale e paesaggistica spetta, in base all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., alla cura esclusiva dello Stato [e che] le disposizioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio si impongono al rispetto del legislatore della Regione autonoma della Sardegna, anche in considerazione della loro natura di norme di grande riforma economico-sociale e dei limiti posti dallo stesso statuto sardo alla potesta' legislativa regionale (sentenze n. 210 del 2014 e n. 51 del 2006)» (sentenza n. 103 del 2017). «Da cio' deriva che il legislatore della Regione autonoma della Sardegna non puo' esercitare unilateralmente la propria competenza statutaria nella materia edilizia e urbanistica quando siano in gioco interessi generali riconducibili alla predetta competenza esclusiva statale e risultino in contrasto con norme fondamentali di riforma economico-sociale». La Regione Sardegna ha approvato il piano paesaggistico regionale, primo ambito omogeneo, con deliberazione della Giunta regionale n. 36/7 del 5 settembre 2006 (c.d. «PPR dell'ambito costiero»); Nell'anno successivo, il 19 febbraio 2007 la Regione Sardegna ha sottoscritto con il Ministero per i beni culturali il Protocollo d'intesa per la verifica e l'adeguamento congiunto del Piano paesaggistico regionale - Primo ambito omogeneo (ai sensi degli articoli 143 e 156 del Codice), nonche' per la copianificazione congiunta con lo Stato del Secondo ambito omogeneo (comprendente le aree interne dell'isola). La predetta attivita' di copianificazione e' riferita all'intero territorio regionale, e quindi sia ai beni paesaggistici vincolati, che al paesaggio non vincolato. Il 1° marzo 2013 e' stato sottoscritto tra la Regione e il Ministero dei beni culturali il disciplinare attuativo del suddetto Protocollo d'intesa, al fine di definire le modalita' attuative dei lavori di copianificazione sia per il Primo che per il Secondo ambito. Lo stesso disciplinare e' stato aggiornato e sottoscritto congiuntamente dalla Regione e dal Ministero il 18 aprile 2018. In esecuzione del disciplinare in questione sono state avviate e concluse numerose attivita' tecniche di copianificazione paesaggistica tra la Regione ed il Ministero, le quali, tuttavia, non si sono ancora tradotte nell'approvazione del Piano paesaggistico verificato e adeguato alle disposizioni del Codice e nella sua estensione alle aree interne dell'Isola. La Regione ha, dunque, assunto uno specifico impegno al coinvolgimento dello Stato nel delineare la disciplina di tutela non solo dei beni paesaggistici vincolati (art. 134 del Codice), bensi' di tutti i «paesaggi» della Regione, nell'ampia accezione propria della Convenzione europea sul paesaggio di Firenze, ratificata dall'Italia con la legge 9 gennaio 2006, n. 14. E fino ad oggi questo impegno e' stato mantenuto. Ecco perche' oggi, ad avviso del Governo, l'intervento regionale risulta manifestamente illegittimo in quanto deroga in modo unilaterale al piano paesaggistico regionale, Primo ambito omogeneo, sottraendosi non solo all'obbligo di copianificazione previsto dal Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, ma anche all'intesa stipulata con lo Stato. La legge regionale inoltre disciplina unilateralmente il Secondo ambito omogeneo, sottraendosi anche in questo caso all'obbligo di copianificazione previsto dal Codice e alla predetta intesa, e per di piu' interviene con legge (e quindi con previsioni generali e astratte, come tali inidonee a tenere conto degli specifici contesti paesaggistici), invece che mediante la pianificazione paesaggistica (unica sede nell'ambito della quale deve essere determinata, sulla base di una valutazione in concreto, la disciplina d'uso dei beni paesaggistici). L'intervento normativo della Regione lede pertanto il principio di leale collaborazione nei confronti dello Stato, in quanto la Regione agisce in via unilaterale, in violazione degli Accordi sottoscritti dalla Regione con il competente Ministero in materia di pianificazione paesaggistica congiunta. Per completezza di conoscenza, si fa presente che lo Stato ha recentemente impugnato davanti alla Corte costituzionale anche la legge regionale n. 21/2020 con la quale la Regione Sardegna ha disposto che sono in ogni caso sottratti alla pianificazione congiunta tra Regione e Ministero - dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 63/2008 - i beni paesaggistici diversi da quelli di cui all'art. 143, comma 1, lettere b), c) e d) del decreto legislativo n. 42/2004 quali, in particolare, la fascia costiera, i beni identitari e le zone agricole. Tutto cio' premesso, risultano censurabili le seguenti disposizioni della legge regionale. 1. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, della legge regionale 18 gennaio 2021, n. 1 per violazione degli articoli 9 e 117, commi 1 e 2, lettera s) della Costituzione e dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione Sardegna. La norma qui censurata e' inserita nel Capo I della legge, che raggruppa tutte le modifiche alla legge regionale n. 8 del 2015, attribuendo numerose premialita' volumetriche su tutto il territorio regionale, con l'unica esclusione della fascia dei 300 metri dalla linea di battigia. Essa sostituisce l'art. 26 della legge regionale n. 8 del 2015, che reca disposizioni in materia di «salvaguardia dei territori rurali». I nuovi commi 1 e 2 dell'art. 26 consentono, al di fuori della fascia di 1.000 metri dalla battigia marina, l'edificazione in agro a fini residenziali con una superficie minima di un ettaro (art. 3, comma 3, del d.P.G. n. 228 del 1994, richiamato al comma 1) e senza essere imprenditori agricoli. Si tratta di trasformazioni disciplinate al di fuori del piano paesaggistico, in violazione dei principi copianificazione obbligatoria e di gerarchia dei piani sanciti dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (articoli 135, 143, 145 e 156 del decreto legislativo n. 42/2004). Viene pertanto impedito alla pianificazione paesaggistica di raggiungere lo scopo a cui e' destinata, ossia evitare che, in sede di rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche, le singole trasformazioni vengano valutate in modo parcellizzato, e non nell'ambito della considerazione complessiva del contesto tutelato specificamente demandata al piano paesaggistico, secondo la scelta operata al riguardo dal legislatore nazionale. Il nuovo comma 3 dell'art. 26 della legge regionale n. 8/2015 stabilisce che nelle zone agricole e' ammesso il cambio di destinazione d'uso degli edifici legittimamente esistenti in edifici a uso residenziale, nel rispetto della superficie minima di intervento e dell'indice massimo di fabbricabilita', fatta salva la limitazione dell'edificazione residenziale nei 1.000 metri dalla costa solo in favore degli imprenditori agricoli tradizionali, e purche' i cambi di destinazione d'uso non determinino opere di urbanizzazione a rete. La disposizione, pur facendo salvo l'indice massimo di fabbricabilita', non fa salva la densita' fondiaria di mc. 0,03 per mq specificamente prevista per le abitazioni ai sensi dell'art. 7, n. 4, del decreto ministeriale 1° aprile 1968, n. 1444 e confermato dall'art. 4 del decreto dell'Assessore regionale degli enti locali, finanze e urbanistica n. 2266/U del 1983 e dall'art. 3 del d.P.G. n. 228 del 1994. Viene, quindi, introdotta una previsione derogatoria rispetto alla pianificazione urbanistica comunale e, a monte, rispetto alla norma fondamentale di grande riforma economico-sociale, posta dall'art. 41-quinquies, ottavo comma, della legge n. 1150 del 1942, che impone il rispetto dei limiti inderogabili di densita' edilizia previsti per le diverse zone del territorio comunale (Corte cost. n. 217 del 2020). La previsione in esame si pone quindi in contrasto con la finalita' dichiarata di «salvaguardia dei territori rurali», prestandosi, al contrario, a determinare la trasformazione di insediamenti rurali in insediamenti abitativi, con conseguente grave rischio di fenomeni di c.d. dispersione urbana. Che questo sia il possibile risultato dell'applicazione della disposizione normativa e' testimoniato, del resto, dal fatto che il cambio di destinazione d'uso non e' consentito (solo) se comporta la necessita' di realizzare «opere di urbanizzazione a rete», ma non anche se - come e' la regola - determina un carico urbanistico comportante, per sua stessa natura, la necessita' di realizzare le altre opere di urbanizzazione primaria e secondaria, come tali idonee a stravolgere il contesto agricolo. Richiamando quanto dedotto in via generale nel presente ricorso, la norma indicata in epigrafe e' pertanto costituzionalmente illegittima per violazione dell'art. 3 dello statuto speciale, come attuato mediante il decreto del Presidente della Repubblica n. 480 del 1975, perche' esuberante rispetto al potere legislativo ivi riconosciuto alla Regione Sardegna. E' inoltre illegittima per violazione degli articoli 9, 117, primo comma e secondo comma, lettera s), Cost., rispetto ai quali costituiscono norme interposte gli articoli 135, 143, 145 e 156 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, e la legge n. 14 del 2006, di recepimento della Convenzione europea sul paesaggio; e' infine illegittima perche' lesiva del principio di leale collaborazione che in materia di paesaggio si attua con la copianificazione. 2. Illegittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge regionale 18 gennaio 2021, n. 1 per violazione degli articoli 9 e 117, commi 1 e 2, lettere m) e s) della Costituzione e dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione Sardegna. La norma qui censurata modifica il termine previsto al comma 4 dell'art. 26-bis della legge regionale n. 8 del 2015, prorogandolo dal 31 dicembre 2020 al 31 dicembre 2023. L'art. 26-bis prevede, al comma 1, che «Al fine di superare le situazioni di degrado legate alla presenza, all'interno delle zone urbanistiche omogenee agricole, di costruzioni non ultimate e prive di carattere compiuto, alle condizioni di cui al presente articolo, e' consentito il completamento degli edifici, le cui opere sono state legittimamente avviate e il cui titolo abilitativo e' scaduto o dichiarato decaduto e non puo' essere rinnovato a seguito dell'entrata in vigore di contrastanti disposizioni». Con la novella la Regione rinnova quindi una disciplina derogatoria che era venuta a scadenza il 31 dicembre 2020, e quindi gia' scaduta, determinandone la riviviscenza fino al 31 dicembre 2023. Nonostante la dichiarazione di principio, secondo la quale la previsione normativa e' diretta al «Superamento delle condizioni di degrado dell'agro», la norma consente interventi gravemente pregiudizievoli per il territorio, in quanto legittima il completamento di edificazioni in zona agricola rimaste incompiute, nei casi in cui non sarebbe possibile ottenere il rinnovo del titolo edilizio ormai divenuto inefficace, a causa di una sopravvenuta disciplina pianificatoria incompatibile. Cio' al di fuori del piano paesaggistico, in violazione dei principi copianificazione obbligatoria e di gerarchia dei piani sanciti dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (articoli 135, 143, 145 e 156). Non vale a sanare l'illegittimita' della normativa quanto previsto al comma 4, che subordina gli interventi di completamento agli «eventuali atti di assenso relativi a vincoli paesaggistici, idrogeologici, ambientali, di tutela del patrimonio storico, artistico e archeologico e dalle altre normative di settore». Viene infatti comunque impedito alla pianificazione paesaggistica di raggiungere lo scopo a cui e' destinata, ossia evitare che, in sede di rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche, le singole trasformazioni vengano valutate in modo parcellizzato, e non nell'ambito della considerazione complessiva del contesto tutelato specificamente demandata al piano paesaggistico, secondo la scelta operata al riguardo dal legislatore nazionale. La normativa regionale costituisce inoltre una vistosa deroga rispetto alle norme fondamentali di grande riforma economico-sociale contenute all'art. 15 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, ove si prevede che «La realizzazione della parte dell'intervento non ultimata nel termine stabilito e' subordinata al rilascio di nuovo permesso per le opere ancora da eseguire (...)» (comma 3) e che «Il permesso decade con l'entrata in vigore di contrastanti previsioni urbanistiche, salvo che i lavori siano gia' iniziati e vengano completati entro il termine di tre anni dalla data di inizio.» (comma 4). In forza delle suddette previsioni - applicabili anche nei confronti della Regione autonoma della Sardegna in quanto attinenti alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni valevoli sull'intero territorio nazionale - deve escludersi che possa essere consentito il completamento di edificazioni rimaste incompiute, ove il privato abbia lasciato decadere il titolo edilizio e non vi siano le condizioni per ottenerne il rinnovo. Come evidenziato dal Giudice amministrativo, in materia edilizia il permesso di costruire decade espressamente nel caso di mancato rispetto del termine di inizio o di ultimazione dei lavori, fatta salva la possibilita' di proroga, che deve essere richiesta prima della scadenza dei detti termini e che deve essere accordata ai sensi dell'art. 15, comma 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 (Cons. Stato, Sez. VI, 30 giugno 2020, n. 4179). In materia edilizia, pertanto, l'intervenuta decadenza, realizzatasi per superamento dei termini previsti per la realizzazione della costruzione, comporta la impossibilita' di realizzare la «parte non eseguita» dell'opera a suo tempo assentita, e la necessita' del rilascio di un nuovo titolo edilizio per le opere ancora da eseguire. In sostanza, una volta intervenuta la decadenza, chiunque intenda completare la costruzione necessita di un nuovo ed autonomo titolo edilizio, che deve provvedere a richiedere, sottoponendosi ad un nuovo iter procedimentale, volto a verificare la coerenza di quanto occorre ancora realizzare con le prescrizioni urbanistiche vigenti nell'attualita' (Cons. Stato, Sez. IV, 6 agosto 2019, n. 5588). Di conseguenza, la possibilita' prevista ex lege di far «rivivere» titoli decaduti anche da lungo tempo, per di piu' con dilatazione del termine entro cui e' possibile avvalersi di tale facolta', contrasta con la legislazione statale che stabilisce - con principio generale destinato a imporsi sulla legislazione regionale - la decadenza automatica del titolo abilitativo, qualora i lavori non siano ultimati entro il termine ivi fissato. Sotto altro profilo, la norma consente il completamento, in zona agricola, di edifici incompatibili con l'attuale destinazione urbanistica della zona stessa. In questa prospettiva, la previsione censurata deroga anche al principio fondamentale posto dall'art. 41-quinquies, ottavo comma, della legge n. 1150 del 1942 (attuato mediante il decreto ministeriale n. 1444 del 1968, recepito dalla Regione Sardegna con il D. A. n. 2266/U/1983, e il d.P.G. n. 228 del 1994) secondo il quale il territorio comunale deve essere suddiviso in zone territoriali omogenee, per le quali sono dettati appositi standard e limiti di densita' edilizia, volti ad assicurare l'ordinato assetto del territorio. La previsione determina, inoltre, esiti arbitrari e irragionevoli, in quanto impedisce ai comuni di disporre la rimessione in pristino dello stato dei luoghi, doverosa in base ai principi, e determina un aggravio del carico urbanistico nelle aree interessate. La norma qui censurata e' pertanto costituzionalmente illegittima per violazione ai limiti della competenza legislativa riconosciuta alla regione dall'art. 3 dello statuto speciale, come attuato mediante il decreto del Presidente della Repubblica n. 480 del 1975. Anche nella materia affidata alla competenza legislativa esclusiva della Regione, essa deve rispettare le norme fondamentali di riforma economica e sociale dettate dallo Stato, quali nella fattispecie sono quelle di cui all'art. 41-quinquies, ottavo e nono comma, della legge n. 1150/1942 (come attuato mediante il decreto ministeriale n. 1444 del 1968, recepito dalla Regione Sardegna con il D. A. n. 2266/U/1983, e il d.P.G. n. 228 del 1994), e agli articoli 2-bis, 14 e 15 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001. Essa e' inoltre illegittima perche' viola l'art. 117, comma 2, lettera m) della Costituzione alterando i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili dei cittadini che devono necessariamente essere garantiti in modo uguale su tutto il territorio nazionale. Ed e' poi illegittima per la violazione dell'art. 117, comma 1 e comma 2, lettera s) della Costituzione in quanto - seppur letteralmente atteggiata a regolare la materia edilizia - incide pesantemente sulla pianificazione paesaggistica in violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato, attuata dagli articoli 135, 143, 145 e 156 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, dall'art. 5, comma 11, del decreto-legge n. 70 del 2011, e dalla legge n. 14 del 2006, di recepimento della Convenzione europea sul paesaggio. Infine essa e' lesiva del principio di leale collaborazione, dal momento che, come piu' volte detto, produce un intervento unilaterale in un ambito in cui e' dovuta la copianificazione. 3. Illegittimita' costituzionale dell'art. 3 della legge regionale 18 gennaio 2021, n. 1 per violazione degli articoli 9 e 117, commi 1 e 2, lettera s) della Costituzione e dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione Sardegna. La norma qui censurata aggiunge l'art. 26-ter nella legge regionale n. 8 del 2015 («Pianificazione del sistema delle scuderie della Sartiglia di Oristano»). Per effetto delle previsioni in esame, viene consentita - per asserite finalita' di «valorizzazione dal punto di vista paesaggistico» di determinate aree agricole, soggette anche a tutela paesaggistica e del piano paesaggistico regionale - la costruzione di nuove strutture quali le «scuderie», e cio' in forza di una previsione generalizzata contenuta nella legge regionale, operante in deroga non solo alla pianificazione urbanistica, ma anche a quella paesaggistica. Viene infatti consentita per legge, in maniera indiscriminata su tutto l'agro comunale di Oristano, l'edificazione di strutture zootecniche, richiamando l'operativita' dell'art. 3 «Criteri per l'edificazione nelle zone agricole» del decreto del Presidente della Giunta regionale 3 agosto 1994, n. 228, recante le «Direttive per le zone agricole», in spregio alle previsioni delle NTA del piano paesaggistico regionale e al di fuori delle previsioni degli strumenti urbanistici. Inoltre, il legislatore regionale prevede che «la tipologia, le dimensioni e i materiali» di tali «scuderie» siano stabilite dal vigente strumento urbanistico comunale (PUC) «nell'ottica della tutela e valorizzazione dell'ambiente e del paesaggio», invece che nel rispetto delle previsioni e prescrizioni del piano paesaggistico regionale, cui sono riservate la salvaguardia, la pianificazione e la gestione di tutto il territorio ai sensi degli articoli 135, 143 e 145 del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. Sotto questo profilo, la nuova disposizione, al di fuori del piano paesaggistico regionale, attribuisce direttamente allo strumento urbanistico comunale la competenza in materia di pianificazione paesaggistica, invece riservata dal legislatore statale al predetto Piano sovraordinato. L'art. 3 della legge regionale n. 1/2021 e' pertanto costituzionalmente illegittimo per violazione dei limiti imposti al potere legislativo regionale dall'art. 3 dello statuto speciale, come attuato mediante il decreto del Presidente della Repubblica n. 480 del 1975. Oltre infatti ad invadere la materia paesaggistica, che e' di esclusiva competenza dello Stato, nella disciplina edilizia la norma contrasta con le norme fondamentali di riforma economica e sociale dettate dallo Stato, quali nella fattispecie sono quelle di cui all'art. 41-quinquies, ottavo e nono comma, della legge n. 1150/1942 (come attuato mediante il decreto ministeriale n. 1444 del 1968, recepito dalla Regione Sardegna con il D. A. n. 2266/U/1983, e il d.P.G. n. 228 del 1994), e agli articoli 2-bis, 14 e 15 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001. E' altresi' illegittimo perche' lesivo degli articoli 9, 117, primo comma e secondo comma lettera s), Costituzione, rispetto ai quali costituiscono norme interposte gli articoli 135, 143, 145 e 156 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, l'art. 5, comma 11, del decreto-legge n. 70 del 2011, e la legge n. 14 del 2006, di recepimento della Convenzione europea sul paesaggio. E' infine illegittimo per violazione del principio di leale collaborazione. 4. Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1, lettere a), b), c) numeri 1 e 2, g), h) e i), della legge regionale 18 gennaio 2021, n. 1 per la violazione degli articoli 9 e 117, comma 1 e comma 2, lettere m) e s) della Costituzione, nonche' per la violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione Sardegna. L'art. 4 della legge regionale n. 1/2021 apporta numerose modifiche all'art. 30 della precedente legge regionale n. 8 del 2015, concernente «Interventi di incremento volumetrico del patrimonio edilizio esistente», aumentando in modo considerevole i limiti di maggiore edificabilita' ivi prima previsti. In particolare: la lettera a) alza dal 20 al 25 per cento e da 70 a 90 metri cubi i limiti di incremento volumetrico consentiti per ciascuna unita' immobiliare che nella zona urbanistica A non abbia rilevanti tracce dell'assetto storico e che sia in contrasto con i caratteri architettonici del contesto; la lettera b) alza da 120 a 180 metri cubi l'incremento volumetrico realizzabile in ciascuna unita' immobiliare nelle zone urbanistiche B e C; la lettera c) al n. 1) raddoppia dal 5 al 10 per cento l'ulteriore incremento volumetrico consentito sempre nelle zone urbanistiche B e C e al n. 2 prevede che tale ulteriore beneficio operi in almeno una delle ipotesi alternative ivi menzionate; la lettera g), mediante l'aggiunta di un comma (7-bis), introduce la possibilita' di realizzare verande coperte, o ampliare quelle esistenti, fino ad un massimo di un terzo della superficie coperta consentita nelle zone B, C ed F; la lettera h) aumenta da 120 a 150 metri cubi la superficie in piu' realizzabile nelle zone urbanistiche A, B e C, relativamente agli edifici destinati ad abitazione principale dei disabili; la lettera i), infine, inserisce due nuovi commi (il 9-bis e il 9-ter) mediante i quali sono consentiti nelle zone extraurbane incrementi volumetrici delle strutture residenziali non superiori al 35 per cento dell'esistente purche' oltre i 300 metri dalla battigia (comma 9-bis) e sono estesi alle abitazioni in aree non pianificate gli incrementi volumetrici gia' consentiti nelle zone E (9-ter). Tutte le modifiche apportate sono volte a estendere considerevolmente gli interventi di incremento volumetrico del patrimonio edilizio esistente, anche in assenza di Piano particolareggiato adeguato al PPR. E solo per gli interventi ricadenti nella zona urbanistica A la normativa regionale richiede il rispetto della disciplina del piano paesaggistico. Il comma 2, primo periodo, del novellato art. 30 prevede infatti : «Nella zona urbanistica A l'incremento volumetrico puo' essere realizzato unicamente negli edifici che non conservano rilevanti tracce dell'assetto storico e che siano in contrasto con i caratteri architettonici e tipologici del contesto, previa approvazione di un Piano particolareggiato adeguato al Piano paesaggistico regionale ed esteso all'intera zona urbanistica o previa verifica di cui all'art. 2 della legge regionale 4 agosto 2008, n. 13». Il successivo comma 9 prevede: «Nella zona urbanistica A o all'interno del centro di antica e prima formazione, in assenza di piano particolareggiato adeguato al Piano paesaggistico regionale, oltre agli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia interna, e' consentito l'intervento di "ristrutturazione edilizia di tipo conservativo" che mantiene immutati alcuni elementi strutturali qualificanti, con possibili integrazioni funzionali e strutturali, senza incrementi di superficie, di volume e variazioni della sagoma storicamente esistente». Cio' evidentemente significa che negli altri casi gli interventi possono essere realizzati anche in deroga al piano paesaggistico regionale (PPR), oltre che in deroga agli strumenti urbanistici comunali. Al di fuori delle zone A, pertanto, le novelle, prevedendo nuovi e ulteriori incrementi volumetrici, anche in aree vincolate paesaggisticamente - escludendo dall'applicazione le sole fasce costiere di 300 metri dalla linea di battigia marina - comportano una sistematica violazione delle previsioni e prescrizioni del piano paesaggistico regionale, in quanto consentono nuova edificazione in aree paesaggisticamente tutelate e vincolate, tra le quali quelle della «Fascia costiera», bene paesaggistico tipizzato e individuato dal PPR ai sensi degli articoli 17, comma 3, lettera a), 19 e 20 delle relative Norme tecniche di attuazione (NTA). In particolare, l'art. 20, comma 1, lettera a), delle NTA vieta nuove costruzioni in aree inedificate, se non gia' riconducibili alle fattispecie di cui al comma 2 del medesimo art. 20. Non e' prevista la possibilita' di una nuova edificazione riferita alle abitazioni, come invece introdotta dal nuovo comma 9-bis, sopra richiamato. Estremamente critica appare la disposizione contenuta nel nuovo comma 7-bis, introdotto dalla lettera g), che consente, nelle zone urbanistiche B, C ed F, la realizzazione o l'ampliamento delle verande coperte fino ad un massimo di 1/3 della superficie coperta realizzabile, senza neppure richiamare il necessario obbligo di autorizzazione paesaggistica (da rendere peraltro in forma semplificata ai sensi della voce n. B.26 di cui all'Allegato B al Regolamento di semplificazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 31 del 2017). Tutte le previsioni regionali volte a consentire nuovi ampliamenti volumetrici al di fuori del Piano paesaggistico e potenzialmente in deroga ad esso, invadono la potesta' legislativa esclusiva statale in materia di tutela del paesaggio, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s). Il nuovo comma 7-bis, che consente la realizzazione o l'ampliamento delle verande coperte, risulta anche lesivo della potesta' dello Stato in materia di «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale», ai sensi all'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, atteso che tali prestazioni includono anche la portata e la valenza dell'autorizzazione paesaggistica, che deve essere necessariamente uniforme sull'intero territorio nazionale e si impongono anche alle regioni e province autonome (cfr., al riguardo, Corte costituzionale 24 luglio 2012, n. 107, pronunciata nei confronti della Provincia autonoma di Trento, e Corte costituzionale n. 189 del 2016). Le previsioni di incrementi volumetrici generalizzati, in deroga alla pianificazione urbanistica, e senza che sia garantito il rispetto degli standard urbanistici comporta, inoltre, la violazione delle norme di grande riforma economico-sociale che si impongono anche nei confronti della Regione autonoma della Sardegna qualora essa legiferi in materia edilizia. La norma in questione dunque e' costituzionalmente illegittima per violazione in primo luogo degli articoli 9, 117, primo comma e secondo comma, lettera s), della Costituzione, rispetto ai quali costituiscono norme interposte gli articoli 135, 143, 145 e 156 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, l'art. 5, comma 11, del decreto-legge n. 70 del 2011, e la legge n. 14 del 2006, di recepimento della Convenzione europea sul paesaggio. E' poi illegittima per violazione dell'art. 3 dello statuto speciale, come attuato mediante il decreto del Presidente della Repubblica n. 480 del 1975, per contrasto con le norme di grande riforma economico-sociale costituite dai principi di cui all'art. 41-quinquies, ottavo e nono comma, della legge n. 1150 del 1942 (come attuato mediante il decreto ministeriale n. 1444 del 1968, recepito dalla Regione Sardegna con il D. A. n. 2266/U/1983, e il d.P.G. n. 228 del 1994), all'art. 2-bis e all'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, all'intesa sul piano casa del 2009, fondata sulla previsione dell'art. 11 del decreto-legge n. 112 del 2008, e all'art. 5, commi 9 e seguenti, del decreto-legge n. 70 del 2011. Infine e' illegittima per la violazione del principio di leale collaborazione, avendo unilateralmente disposto in materia affidata alla necessaria copianificazione con lo Stato. 5. Illegittimita' costituzionale dell'art. 5 della legge regionale 18 gennaio 2021, n. 1 per violazione degli articoli 9 e 117, primo e secondo comma, lettere m) e s) della Costituzione, nonche' per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione Sardegna. La norma in questione modifica l'art. 31 della precedente legge regionale n. 8 del 2015, avente ad oggetto «Interventi di incremento volumetrico delle strutture destinate all'esercizio di attivita' turistico-ricettive, sanitarie e socio-sanitarie». Essa prevede nuovi e maggiori incrementi volumetrici delle strutture destinate all'esercizio di attivita' turistico-ricettive, sanitarie e sociosanitarie. E cio' anche in aree vincolate paesaggisticamente (in quanto restano escluse le sole fasce di 300 metri dalla linea di battigia marina), comportando una sistematica violazione delle previsioni e prescrizioni del piano paesaggistico regionale, le quali non trovano applicazione, essendo sostituite in toto dalle previsioni generalizzate di ampliamenti volumetrici consentiti dalle norme regionali censurate. La disciplina dell'art. 31 della legge regionale n. 8 del 2015, come novellata, consente, inoltre, nuove edificazioni in aree paesaggisticamente tutelate e vincolate (cfr. comma 1, lettera b), laddove prevede che gli interventi di ristrutturazione e rinnovamento comportanti incrementi volumetrici possano avvenire «anche mediante la realizzazione di corpi di fabbrica separati»; nello stesso senso il nuovo comma 7-quater, con riferimento all'ampliamento delle strutture destinate all'esercizio di attivita' di turismo rurale, anche nella «Fascia costiera», bene paesaggistico tipizzato e individuato dal PPR ai sensi degli articoli 17, comma 3, lettera a), 19 e 20 delle relative NTA. In particolare, le NTA vietano nuove costruzioni in aree inedificate e non prevedono la possibilita' di ampliamento delle strutture destinate ad attivita' turistico-ricettive, ne' tantomeno di quelle «sanitarie e socio-sanitarie», di nuova introduzione a opera dell'art. 5 in esame (cfr. comma 1, lettera a). Anche il nuovo comma 7-bis si presta a censura, nella parte in cui consente «... per un periodo non superiore a duecento quaranta giorni, la chiusura con elementi amovibili, anche a tenuta, delle verande coperte gia' legittimamente autorizzate nelle singole strutture turistiche ricettive» e cio' anche in aree vincolate paesaggisticamente, senza il necessario rispetto delle previsioni e prescrizioni del piano paesaggistico regionale. Inoltre, non e' richiesta l'autorizzazione paesaggistica di cui all'art. 146 del Codice, da rendere in forma semplificata ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 31 del 2017 (voce B.26 dell'Allegato B), con conseguente violazione anche dei livelli essenziali delle prestazioni di cui all'art. 117, secondo comma, lettera m) Cost. Il nuovo comma 7-ter, poi, stabilisce che «... Le coperture per piscine sono assimilate alle opere di edilizia libera di cui all'art. 15 della legge regionale 11 ottobre 1985, n. 23 (Norme in materia di controllo dell'attivita' urbanistico-edilizia, di risanamento urbanistico e di sanatoria di insediamenti ed opere abusive, di snellimento ed accelerazione delle procedure espropriative) e non incidono sulla volumetria e sulla superficie coperta ...». Con tale previsione la Regione sottrae al regime dei titoli edilizi di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 e alle previsioni e prescrizioni del Piano paesaggistico regionale detti interventi di copertura, assimilandoli alle opere di edilizia libera, e cio' anche se realizzati in aree vincolate paesaggistica-mente, pur trattandosi di interventi potenzialmente di rilevante impatto paesaggistico (al pari delle piscine; cfr. Tribunale amministrativo regionale Lazio, Sez. II bis, 7 ottobre 2019, n. 11586; Cassazione pen., n. 1913 del 2019). Va rilevato che la copertura di una piscina non e' opera destinata a soddisfare esigenze meramente temporanee, posto che la copertura, anche qualora venisse utilizzata stagionalmente, e' destinata certamente a permanere in loco con carattere di stabilita'. Al riguardo, va ribadito che la nozione di edilizia libera, di cui all'art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 (di cui l'art. 15 della legge regionale n. 23 del 1985 e' riproduttivo), si riferisce a opere che devono essere realizzate in conformita' con i vigenti strumenti urbanistici, e che non producano un significativo incremento del carico urbanistico: in particolare, per quanto concerne le opere precarie, queste devono essere destinate a soddisfare esigenze temporanee e contingenti e suscettibili di essere rimosse al cessare della necessita' che le ha determinate. Pertanto, la disposizione in esame introduce una significativa e impattante deroga alle disposizioni statali in materia di titoli edilizi, costituenti principi fondamentali della legislazione statale in materia edilizia, esorbitando i limiti dell'autonomia consentita alla disciplina regionale dallo statuto della Regione Sardegna. La norma qui censurata, ad eccezione della lettera g) e' pertanto nel suo complesso costituzionalmente illegittima per violazione in primo luogo degli articoli 9, 117, primo comma e secondo comma, lettera s), Cost., rispetto ai quali costituiscono norme interposte gli articoli 135, 143, 145 e 156 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, l'art. 5, comma 11, del decreto-legge n. 70 del 2011, e la legge n. 14 del 2006, di recepimento della Convenzione europea sul paesaggio. E' poi illegittima per violazione dell'art. 3 dello Statuto Speciale, come attuato mediante il decreto del Presidente della Repubblica n. 480 del 1975, che impone il rispetto delle norme fondamentali di riforma economico sociale dettate dallo Stato, e qui costituite dall'art. 41-quinquies, ottavo e nono comma, della legge n. 1150 del 1942, dagli articoli 2-bis e 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, dall'intesa sul piano casa del 2009, fondata sulla previsione dell'art. 11 del decreto-legge n. 112 del 2008, e dall'art. 5, commi 9 e seguenti, del decreto-legge n. 70 del 2011. E' infine illegittima per violazione del principio di leale collaborazione per le ragioni gia' piu' volte dette e che qui si richiamano. Con particolare riferimento alla lettera i) si deduce l'ulteriore violazione dell'art. 117, comma 2, lettera m) della Costituzione perche' essa lede in entrambi i commi introdotti alla precedente legge l'obbligo, che spetta allo Stato, di assicurare i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili dei cittadini. 6. Illegittimita' costituzionale dell'art. 6 della legge regionale 18 gennaio 2021, n. 1 per violazione degli articoli 9 e 117, commi primo e secondo, lettera s) della Costituzione, nonche' dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione Sardegna. La norma in questione reca modifiche all'art. 32 della legge regionale n. 8 del 2015, concernente «Interventi per il riuso e per il recupero con incremento volumetrico dei sottotetti esistenti». In sintesi, le disposizioni sono volte: ad ampliare il novero delle ipotesi in cui e' configurabile un sottotetto suscettibile di recupero abitativo, includendovi anche agli «spazi» cui si riferisce il comma 1 e ridefinendo la nozione di sottotetto nel nuovo comma 3-ter dell'art. 32 della legge regionale n. 8 del 2015; ad estendere le zone urbanistiche in cui sono consentiti gli interventi di riuso dei sottotetti esistenti per il solo scopo abitativo (sono aggiunte le zone E ed F); a consentire sugli edifici ad uso residenziale con copertura a falde modifiche esterne fino a 50 centimetri di altezza all'imposta interna della falda (nuovo comma 3-quater); a estendere anche alle zone urbanistiche A (limitatamente agli edifici che non conservano rilevanti tracce dell'assetto storico e che siano in contrasto con i' caratteri architettonici e tipologici del contesto) ed F gli interventi di recupero con incremento volumetrico dei sottotetti esistenti per il solo scopo abitativo. Le modifiche apportate alla lettera b) del comma 6 e la soppressione della lettera b) del comma 8 sono rivolte infine a rimuovere alcuni limiti agli interventi di recupero con incremento volumetrico dei sottotetti. Anche questa disposizione confligge con la normativa statale, laddove disciplina, direttamente e in via autonoma, le possibili trasformazioni delle coperture degli edifici, potenzialmente anche molto rilevanti per il paesaggio. Con riferimento ai sottotetti ricadenti in ambiti paesaggisticamente tutelati, la legge regionale nella sostanza sottrae la disciplina degli interventi alla sede propria del piano paesaggistico, menomando conseguentemente l'impianto sistematico della tutela delineato dalle norme statali di grande riforma economico-sociale. La deroga sistematica e generalizzata alla pianificazione urbanistica comporta, inoltre, la violazione anche dei principi, gia' sopra richiamati, posti dall'art. 41-quinquies della legge n. 1150 del 1942, come attuati dal decreto ministeriale n. 1444 del 1968, recepito dalla Regione Sardegna con il D. A. n. 2266/U/1983. L'art. 6 della legge regionale n. 1/2021 e' pertanto costituzionalmente illegittimo per violazione in primo luogo degli articoli 9, 117, primo comma e secondo comma, lettera s), Cost., rispetto ai quali costituiscono norme interposte gli articoli 135, 143, 145 e 156 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, l'art. 5, comma 11, del decreto-legge n. 70 del 2011, e la legge n. 14 del 2006, di recepimento della Convenzione europea sul paesaggio. E' di poi illegittimo per violazione dell'art. 3 dello statuto speciale, come attuato mediante il decreto del Presidente della Repubblica n. 480 del 1975, contrastando con le norme di grande riforma economico-sociale costituite dai principi di cui all'art. 41-quinquies, ottavo e nono comma, della legge n. 1150 del 1942, agli articoli 2-bis e 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, all'intesa sul piano casa del 2009, fondata sulla previsione dell'art. 11 del decreto-legge n. 112 del 2008, e all'art. 5, commi 9 e seguenti, del decreto-legge n. 70 del 2011. E' infine illegittimo, per i motivi piu' volte ricordati, per violazione del principio di leale collaborazione. 7. Illegittimita' costituzionale dell'art. 7 della legge regionale 18 gennaio 2021, n. 1 per violazione degli articoli 9 e 117, primo e secondo comma, lettera s) della Costituzione, nonche' per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale della regione Sardegna. Questa norma introduce nella legge regionale n 8 del 2015 un nuovo articolo, il 32-bis, concernente gli «Interventi di recupero dei seminterrati, dei piani pilotis e dei locali al piano terra». Le disposizioni introdotte consentono il recupero di seminterrati, dei piani pilotis e dei locali al piano terra, e sono applicabili indiscriminatamente anche ai beni paesaggistici, in quanto il comma 6 vieta il recupero nelle sole aree dichiarate di pericolosita' idraulica elevata o molto elevata ovvero in aree di pari pericolosita' da frana. Il recupero dei piani pilotis, in particolare, ove comportante la chiusura delle superfici aperte, a piano terra o piano rialzato, delimitate da colonne portanti, appare in grado di alterare profondamente l'aspetto esteriore dei fabbricati, comportandone lo stravolgimento a livello visivo. La previsione, ancora una volta, di una disciplina generale e astratta dettata dalla Regione, in deroga alla disciplina urbanistica e paesaggistica, determina la violazione delle norme e dei principi gia' sopra richiamati, perche' lesiva della competenza legislativa esclusiva dello Stato nella tutela del paesaggio. Inoltre, il comma 6 del nuovo art. 32-bis della legge regionale n. 8 del 2015, stabilisce che «il recupero a fini abitativi dei piani e locali di cui al presente articolo e' vietato nelle aree dichiarate, ai sensi della legge 18 maggio 1989, n. 183, di pericolosita' idraulica elevata o molto elevata (Hi3 o (Hi4) ovvero in aree di pericolosita' da frana elevata o molto elevata (Hg3 o Hg4).». Tale disposizione si pone in contrasto con le previsioni del Piano di assetto idrogeologico (PAI) della Sardegna, disciplinate dalle Norme di attuazione (NdA). Al riguardo, si evidenzia che l'art. 65, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dispone che «Le disposizioni del Piano di bacino approvato hanno carattere immediatamente vincolante per le amministrazioni ed enti pubblici, nonche' per i soggetti privati, ove trattasi di prescrizioni dichiarate di tale efficacia dallo stesso Piano di bacino. In particolare, i piani e programmi di sviluppo socio-economico e di assetto ed uso del territorio devono essere coordinati, o comunque non in contrasto, con il Piano di bacino approvato». Le direttive del PAI, avente valore di Piano territoriale di settore ai fini della prevenzione del rischio idrogeologico, nello specifico riguardo dell'uso dei locali interrati e seminterrati sono esplicitate all'art. 49 delle NdA, e stabiliscono che «La Regione, al fine di ridurre la vulnerabilita' degli elementi a rischio, approva norme che incentivano la realizzazione volontaria di misure di protezione locale ed individuale degli edifici esistenti, quali misure per la dismissione volontaria e definitiva dei locali interrati e seminterrati esistenti in zone caratterizzate da pericolosita' idrogeologica e altre misure di autoprotezione individuale, comprese misure di proofing e retrofitting.». Questo specifico indirizzo, sia pure di carattere generale, non limita gli effetti alle sole aree a pericolosita' e a rischio elevato e molto elevato, ma li estende a tutte le aree a pericolosita' idrogeologica, includendo in queste anche quelle non gia' perimetrate dal PAI, ma considerate nell'art. 30-ter recante «Identificazione e disciplina delle aree di pericolosita' quale misura di prima salvaguardia» o risultanti dalle attivita' di pianificazione urbanistica dei Comuni, ai sensi dell'art. 8 dettante «Indirizzi per la pianificazione urbanistica e per l'uso di aree di costa». La mancata coerenza della legge regionale con le prescrizioni del PAI, peraltro, non si rileva soltanto nelle succitate disposizioni di carattere generale, ma anche nelle specifiche previsioni di cui al comma 2-bis dell'art. 29 «Disciplina delle aree di pericolosita' idraulica media» delle NdA, che espressamente prevede che «Tutti gli interventi del precedente comma sono consentiti a condizione che per essi non sia prevista la realizzazione di nuovi volumi interrati e seminterrati». Questa specifica disposizione si pone in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione anche sotto il profilo della invasione della competenza esclusiva che lo Stato ha in materia di tutela dell'ambiente in quanto viola la norma interposta costituita dall'art. 65, comma 4 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. 8. Illegittimita' costituzionale dell'art. 8 della legge regionale 18 gennaio 2021, n. 1 per violazione degli articoli 9 e 117, commi primo e secondo, lettera s) della Costituzione, nonche' per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione Sardegna. La norma qui citata reca modifiche all'art. 33 della legge regionale n. 8 del 2015, concernente gli «Interventi per il riuso degli spazi di grande altezza». In particolare, la lettera a) prevede che la realizzazione di soppalchi sia consentita non piu' soltanto nelle zone urbanistiche A, B e C, ma anche nelle zone D, E ed F, in queste ultime oltre la fascia dei 300 metri dalla battigia marina. Al riguardo, occorre osservare che l'ampliamento del novero degli edifici ai quali si applica la disciplina in esame determina anche l'applicazione dell'eccezione di cui al comma 4 del predetto art. 33, ove si prevede che «(...) Nelle zone urbanistiche A sono ammesse nuove aperture finestrate solo se previste in sede di piano particolareggiato adeguato al Piano paesaggistico regionale. Per le altre zone urbanistiche l'apertura di eventuali nuove superfici finestrate e' ammessa nel rispetto delle regole compositive del prospetto». Soltanto nelle zone A e' quindi assicurato il rispetto del Piano paesaggistico, mentre in tutte le altre zone del territorio comunale gli interventi - si deduce - possono essere realizzati anche in deroga al PPR. Il nuovo comma 6-bis, aggiunto al predetto art. 33, stabilisce poi che «In caso di realizzazione di spazi di grande altezza in edifici esistenti, mediante la demolizione parziale di solaio intermedio, e' escluso il ricalcolo del volume urbanistico dell'edificio o della porzione di edificio, anche in caso di riutilizzo di spazi sottotetto che originariamente non realizzano cubatura, a condizione che non si realizzino mutamenti nella sagoma dell'edificio o nella porzione di edificio». Con questa disposizione si viene, ancora una volta, a derogare all'art. 41-quinquies della legge n. 1150 del 1942, in quanto si prevede la realizzazione di volumi che non vengono computati ai fini degli standard urbanistici. La norma, pertanto, si presenta costituzionalmente illegittima perche' lesiva della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela del paesaggio e degli accordi assunti in sede internazionale, e quindi per violazione degli articoli 9 e 117, commi primo e secondo, lettera s) della Costituzione, rispetto ai quali costituiscono norme interposte gli articoli 135, 143, 145 e 156 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, l'art. 5, comma 11, del decreto-legge n. 70 del 2011, e la legge n. 14 del 2006, di recepimento della Convenzione europea sul paesaggio. E' quindi illegittima perche' viola l'art. 3 dello Statuto speciale, come attuato mediante il decreto del Presidente della Repubblica n. 480 del 1975, contrastando pur nell'ambito della competenza legislativa regionale, con le norme di grande riforma economico-sociale costituite dai principi di cui all'art. 41-quinquies, ottavo e nono comma, della legge n. 1150 del 1942, agli articoli 2-bis e 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, all'intesa sul piano casa del 2009, fondata sulla previsione dell'art. 11 del decreto-legge n. 112 del 2008, e all'art. 5, commi 9 e seguenti, del decreto-legge n. 70 del 2011. E' infine illegittima, per i motivi gia' dedotti in precedenza, per violazione del principio di leale collaborazione. 9. Illegittimita' costituzionale dell'art. 9 della legge regionale 18 gennaio 2021, n. 1 per violazione degli articoli 9 e 117, commi primo e secondo, lettera s) della Costituzione, nonche' per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione Sardegna. L'art. 9 della legge regionale n. 1/2021 introduce modifiche all'art. 34 della legge regionale n. 8 del 2015, ove sono individuati i casi in cui gli interventi previsti del Capo I «Norme per il miglioramento del patrimonio esistente» del Titolo II della legge n. 15 del 2015 (articoli da 30 a 37) non sono ammessi. Tutte le modifiche apportate all'art. 34 sono volte a restringere le categorie di beni sottratti all'applicazione della legge, ampliando conseguentemente la portata delle deroghe consentite alla disciplina urbanistica e paesaggistica. Con la modifica della lettera f) gli interventi possono ora riguardare anche «gli ambiti territoriali ove si renda opportuno il recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente», nonche' i «manufatti e complessi di importanza storico-artistica ed ambientale, anche non vincolati dalla legge 1° giugno 1939, n. 1089, e dalla legge 29 giugno 1939, n. 1487» (cfr. art. 19, comma 1, lettera h), della legge regionale n. 45 del 1989). Ma, fatto ben piu' grave, e' stata soppressa la lettera h) del medesimo comma, ai sensi della quale gli interventi non erano ammessi «h) negli edifici e nelle unita' immobiliari ricadenti nei centri di antica e prima formazione ricompresi in zone urbanistiche omogenee diverse dalla A, ad eccezione di quelli che non conservano rilevanti tracce dell'assetto storico e che siano riconosciuti, dal piano particolareggiato o con deliberazione del consiglio comunale, in contrasto con i caratteri architettonici e tipologici del contesto; la deliberazione deve riguardare l'intero centro di antica e prima formazione, esplicitare i criteri seguiti nell'analisi ed essere adottata in data anteriore a qualsiasi intervento di ampliamento richiesto ai sensi degli articoli 30, 31 e 32, commi 4, 5, 6 e 7; tale delibera e' soggetta ad approvazione ai sensi dell'art. 9 della legge regionale n. 28 del 1998, e successive modifiche ed integrazioni. La presente disposizione non si applica agli interventi di cui agli articoli 32, commi 2 e 3, e 33, per la cui ammissibilita' devono essere verificati la compatibilita' tipologica con i caratteri costruttivi ed architettonici degli edifici interessati e il rispetto delle regole compositive del prospetto originario nel caso in cui alterino l'aspetto esteriore dell'edificio». La lettera h), oggetto di soppressione, comportava l'inapplicabilita' degli interventi de quibus per gli immobili ricadenti nei «centri di antica e prima formazione». Tali contesti sono stati tipizzati e individuati dal vigente piano paesaggistico regionale come beni paesaggistici di cui all'art. 134, comma 1, lettera c), del Codice (nel testo allora vigente; v. NTA del PPR, art. 47, comma 2, lettera c), punto 2, e art. 51), oltre ad essere soggetti in alcuni casi ad altre disposizioni di tutela paesaggistica (sulla base di dichiarazioni di notevole interesse pubblico). L'art. 47, comma 2, lettera c), punto 2) delle NTA prevede infatti che le «Aree caratterizzate da insediamenti storici, di cui al successivo art. 51» rientrino nell'assetto territoriale storico culturale regionale quale specifica categoria di beni paesaggistici. A sua volta, l'art. 51 NTA definisce le aree caratterizzate da insediamenti storici. L'eventuale variazione delle norme di gestione e uso delle aree tutelate paesaggisticamente deve essere oggetto di copianificazione paesaggistica con il Ministero e non puo' essere modificata unilateralmente dalla Regione, mediante proprie norme. L'art. 9 qui esaminato e' pertanto costituzionalmente illegittimo per violazione degli articoli 9, 117, primo comma e secondo comma, lettera s), Cost., rispetto ai quali costituiscono norme interposte gli articoli 135, 143, 145 e 156 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, l'art. 5, comma 11, del decreto-legge n. 70 del 2011, e la legge n. 14 del 2006, di recepimento della Convenzione europea sul paesaggio, perche' intervengono a disciplinare una materia riservata alla competenza esclusiva dello Stato e per di piu' contro impegni assunti in sede internazionale. In secondo luogo e' illegittimo per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale, come attuato mediante il decreto del Presidente della Repubblica n. 480 del 1975, perche' pur in ipotesi in ambito legislativamente di competenza regionale, comunque contrasta con le norme di grande riforma economico-sociale costituite dai principi di cui all'art. 41-quinquies, ottavo e nono comma, della legge n. 1150 del 1942, agli articoli 2-bis e 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, all'intesa sul piano casa del 2009, fondata sulla previsione dell'art. 11 del decreto-legge n. 112 del 2008, e all'art. 5, commi 9 e seguenti, del decreto-legge n. 70 del 2011. E' infine illegittimo, come gli altri che nel presente ricorso lo precedono, per la violazione del principio di leale collaborazione con lo Stato in materia riservata alla copianificazione . 10. Illegittimita' dell'art. 11 della legge regionale 18 gennaio 2021, n. 1 per violazione degli articoli 9 e 117, commi primo e secondo, lettera s) della Costituzione, nonche' per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione Sardegna. La norma in questione apporta modifiche all'art. 36 della legge regionale n. 8 del 2015, recante disposizioni comuni all'intero Capo I del Titolo II. In particolare, il comma 1, lettera a), sopprime la parola «non» nel comma 2 del predetto art. 36, che per effetto della modifica viene cosi' riformulato: «I volumi oggetto di condono edilizio sono computati nella determinazione del volume urbanistico cui parametrare l'incremento volumetrico». La norma ha l'effetto dirompente di capovolgere il principio statale, posto alla base del c.d. piano casa, in base al quale gli abusi edilizi, benche' oggetto di sanatoria, non sono mai computabili ai fini di ottenere premialita' edilizie su quei volumi, pur sempre frutto di attivita' illecita. Cio' risulta espressamente nell'intesa del 2009 sul c.d. piano casa, nella quale si prevede che «Tali interventi edilizi non possono riferirsi ad edifici abusivi o nei centri storici o in aree di inedificabilita' assoluta». Inoltre, l'art. 5, comma 10, del decreto-legge n. 70 del 2011 (c.d. «piano casa due») prevede che «Gli interventi di cui al comma 9 non possono riferirsi ad edifici abusivi o siti nei centri storici o in aree ad inedificabilita' assoluta, con esclusione degli edifici per i quali sia stato rilasciato il titolo abilitativo edilizio in sanatoria». La disposizione regionale ha inoltre come effetto l'evidente incremento dell'edificazione anche in aree vincolate paesaggisticamente, per le quali, a far data dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, e' stato stabilito il principio c.d. del «divieto di sanatoria ex post» (salvi i limitatissimi casi previsti dall'art. 167, comma 4, del Codice). Le ulteriori modifiche introdotte dall'art. 11, comma 1, lettere b), f), g) e h), quest'ultima con riferimento al neo introdotto comma 15-ter, sono tutte volte a consentire ampliamenti volumetrici in deroga alla disciplina urbanistica e paesaggistica, o a consentire la monetizzazione degli standard per parcheggi. Si evidenzia peraltro che l'inciso posto alla fine della lettera c-bis) del comma 3 dell'attuale art. 36 «e ferme le eventuali ulteriori limitazioni derivanti dalle vigenti disposizioni paesaggistiche» (riferito agli incrementi volumetrici in zona E) rende ancora piu' evidente l'intento derogatorio alla disciplina paesaggistica del legislatore regionale in tutti gli altri casi. L'art. 11 (ad eccezione delle lettere c) ed e) che non sono interessate dalle censure) e' pertanto costituzionalmente illegittimo per violazione degli articoli 9, 117, primo comma e secondo comma, lettera s), Cost., rispetto ai quali costituiscono norme interposte gli articoli 135, 143, 145 e 156 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, l'art. 5, comma 11, del decreto-legge n. 70 del 2011, e la legge n. 14 del 2006, di recepimento della Convenzione europea sul paesaggio, in quanto intervengono in materia riservata alla competenza statale e per di piu' contro impegni assunto dallo Stato in sede internazionale. E' poi illegittimo per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione Sardegna perche', pur se in ipotesi operando nell'alveo della competenza legislativa regionale in materia edilizia, comunque contrasta con le norme di grande riforma economico costituite dai principi di cui all'art. 41-quinquies, ottavo e nono comma, della legge n. 1150 del 1942, agli articoli 2-bis e 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, all'intesa sul piano casa del 2009, fondata sulla previsione dell'art. 11 del decreto-legge n. 112 del 2008, e all'art. 5, commi 9 e seguenti, del decreto-legge n. 70 del 2011, nonche' con l'espresso divieto di applicazione del c.d. primo piano casa agli immobili condonati, previsto dall'Intesa del 2009. E' infine illegittimo, per i motivi gia' ripetutamente argomentati per violazione del principio di leale collaborazione con lo Stato. 11. Illegittimita' dell'art. 12 della legge regionale 18 gennaio 2021, n. 1 per violazione degli articoli 9 e 117, commi primo e secondo, lettera s) della Costituzione, nonche' per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione Sardegna. L'art. 12 della legge regionale n. 1 del 2021 apporta modificazioni all'art. 38 della legge regionale n. 8 del 2015, concernente gli «Interventi di trasferimento volumetrico per la riqualificazione ambientale e paesaggistica». Il predetto art. 38 prevede, al comma 1, che «La Regione promuove, al .fine di conseguire la riqualificazione del contesto, il miglioramento della qualita' dell'abitare e la messa in sicurezza del territorio, il trasferimento del patrimonio edilizio esistente mediante interventi di demolizione e ricostruzione con differente localizzazione degli edifici» ricadenti in alcuni contesti indicati. Il successivo comma 2 prevede, per i predetti interventi, la concessione di una premialita' volumetrica, da deliberarsi da parte del Consiglio comunale. Le novelle apportate all'art. 38 della legge regionale n. 8 del 2015 sono volte: a stabilire che la premialita' volumetrica per gli interventi di demo-ricostruzione con delocalizzazione sia sempre «del 40 per cento», e non piu' al massimo del 40 per cento (cfr. modifica apportata al comma 2 dell' art. 38); a sostituire il comma 3 con la seguente previsione «Per il conseguimento dell'incremento volumetrico del 40 per cento e' consentita, qualora necessaria, la variante allo strumento urbanistico generale, anche su proposta del privato interessato che individua, nel rispetto dei parametri urbanistici ed edilizi previsti dalle disposizioni regionali, una idonea localizzazione per il trasferimento dei volumi, anche se provenienti da diverse zone omogenee e senza limiti di distanza tra le medesime. Nelle zone E ed H non e' ammesso il trasferimento dei volumi. Nelle zone F il trasferimento dei volumi e' ammesso nel rispetto di quanto previsto dall'art. 38, comma 4»; a incrementare da 3 metri a 4,5 metri per ciascun livello fuori terra esistente l'altezza cui ragguagliare la determinazione del volume, con riferimento alle destinazioni artigianale e industriale, commerciale e agricolo-zootecnica (cfr. modifica al comma 7); a imporre la dotazione dell'edificio da ricostruire di un idoneo impianto di elevazione per il trasporto verticale delle persone, qualora plurimmobiliare con almeno tre livelli fuori terra, laddove prima tale obbligo era previsto anche per gli edifici con due livelli fuori terra (cfr. modifica al comma 9); modifica, questa, che appare pregiudicare persino le esigenze di abbattimento delle barriere architettoniche. Le suddette modifiche riformano e rendono di maggiore impatto sul territorio la disciplina del predetto art. 38, mediante la quale la Regione ha dettato unilateralmente, in deroga alla pianificazione paesaggistica e urbanistica, la disciplina della delocalizzazione degli edifici. Per tali interventi non vale inoltre la clausola di esclusione per i beni culturali, di cui all'art. 34 della legge regionale n. 8 del 2015, riferita al solo Capo I del Titolo II della legge n. 8 del 2015. Se e' vero che gli edifici potenzialmente oggetto della norma sono (tra l'altro) quelli ricadenti «in aree ricadenti all'interno delle zone urbanistiche omogenee E ed H ed interne al perimetro dei beni paesaggistici di cui all'art. 142, comma 1, lettere a), b), c), ed i) del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), e successive modifiche ed integrazioni» (comma 1, lettera a) e «all'interno del perimetro di tutela integrale e della fascia di rispetto condizionata dei beni dell'assetto storico culturale del Piano paesaggistico regionale» (comma 1, lettera e-bis), tuttavia casi e modi di tale delocalizzazione (incluse le eventuali premialita' volumetriche) avrebbero dovuto essere previsti esclusivamente nell'ambito del piano paesaggistico regionale, in modo da assicurare l'armonico inserimento degli interventi nei diversi contesti territoriali, e non invece mediante una previsione di portata generale dettata unilateralmente dalla Regione. Occorre, infatti, ribadire che spetta al piano paesaggistico la «individuazione degli interventi di recupero e riqualificazione delle aree significativamente compromesse o degradate e degli altri interventi di valorizzazione compatibili con le esigenze della tutela» (cfr. art. 143, comma 1, lettera g), del Codice dei beni culturali e del paesaggio). Per di piu', il comma 6 del predetto art. 38 stabilisce che «Le disposizioni del presente articolo si applicano agli edifici legittimamente realizzati entro la data di entrata in vigore della presente legge, nonche' nei casi di edifici successivamente legittimati a seguito di positiva conclusione del procedimento di condono o di accertamento di conformita' e, ove necessario, dell'accertamento di compatibilita' paesaggistica». In altri termini, la disciplina regionale apre la strada alla possibilita' di condonare edifici in contrasto con il contesto, e dunque non meritevoli di sanatoria, per poi consentirne la delocalizzazione. E', pertanto, evidente come l'ampliamento della portata applicativa di una tale disciplina non possa che ritenersi di per se' manifestamente incostituzionale. L'art. 12 e' pertanto costituzionalmente illegittimo per violazione degli articoli 9, 117, primo comma e secondo comma, lettera s), Cost., rispetto ai quali costituiscono norme interposte gli articoli 4, 20, 21, 135, 143, 145 e 156 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, l'art. 5, comma 11, del decreto-legge n. 70 del 2011 e la legge n. 14 del 2006, di recepimento della Convenzione europea sul paesaggio, intervenendo a disciplinare materia riservata alla competenza esclusiva dello Stato e inoltre discostandosi dagli impegni internazionali assunti dallo stesso Stato. E' poi illegittimo per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale, come attuato mediante il decreto del Presidente della Repubblica n. 480 del 1975, perche' comunque - anche per quanto attiene agli eventuali spazi di competenza legislativa regionale - contrasta con le norme di grande riforma economico sociale costituite dai principi di cui all'art. 41-quinquies, ottavo e nono comma, della legge n. 1150 del 1942, agli articoli 2-bis e 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, all'intesa sul piano casa del 2009, fondata sulla previsione dell'art. 11 del decreto-legge n. 112 del 2008, e all'art. 5, commi 9 e seguenti, del decreto-legge n. 70 del 2011. Infine e' illegittimo perche' ignorando l'obbligo di copianificazione con lo Stato, viola il principio di leale collaborazione. 12. Illegittimita' dell'art. 13 della legge regionale 18 gennaio 2021, n. 1 per violazione degli articoli 9 e 117, commi primo e secondo, lettere l) e s) della Costituzione, nonche' per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione Sardegna. L'art. 13 della legge regionale n. 1 del 2021 introduce, dopo l'art. 38 della legge regionale n. 8 del 2015, un nuovo art. 38-bis, concernente il «Trasferimento dei volumi realizzabili ricadenti nelle zone Hi4, Hi3, Hg4 ed Hg3 del Piano stralcio per l'assetto idrogeologico (PAI)». Il comma 1 del nuovo art. 38-bis dispone che «Al fine di conseguire la riqualificazione dei relativi contesti e la messa in sicurezza del territorio, la Regione promuove ed incentiva interventi di trasferimento dei volumi previsti come realizzabili previa approvazione di piani attuativi nelle zone urbanistiche C, D e G ricadenti nelle zone Hi3, Hi4, Hg3 ed Hg4 del PAL Nei limiti di cui al presente articolo, la Regione promuove analoghi interventi di trasferimento dei volumi previsti come realizzabili nelle zone urbanistiche B ricadenti nelle zone Hi3, Hi4, Hg3 ed Hg4 del PAI». Il successivo comma 2 stabilisce, poi, che «Gli interventi di cui al comma 1 sono estesi ai volumi esistenti, legittimamente realizzati nelle zone urbanistiche B, C, D, F e G ricadenti nelle zone Hi3, Hi4, Hg3 ed Hg4 del PAI per i quali e' consentito il trasferimento, previa approvazione di piani attuativi, in altre zone urbanistiche B, C, D, F e G del territorio comunale situate al fuori delle aree a rischio idraulico o geologico, con incremento del volume del 35 per cento. I lavori di realizzazione dei volumi trasferiti possono avere inizio solo dopo l'avvenuta demolizione dell'edificio esistente». I successivi commi disciplinano casi e modalita' di tale delocalizzazione. Al riguardo, oltre alle considerazioni gia' svolte diffusamente in ordine alla «fuga» dal piano paesaggistico, operata illegittimamente dalla Regione, deve soprattutto osservarsi che le delocalizzazioni oggetto della disciplina in esame riguardano non solo e non tanto gia' edifici esistenti, legittimamente realizzati in ambiti successivamente risultati a elevato rischio idrogeologico (fattispecie contemplata al comma 2), ma anzitutto e principalmente edifici non ancora realizzati in ambiti a rischio idrogeologico. In tali casi, la conseguenza dell'approvazione del PAI dovrebbe essere semplicemente quella di escludere o limitare le edificazioni, secondo le modalita' previste dal predetto piano, e non gia' di consentire l'edificazione in altre aree del territorio comunale, aggravando il relativo carico urbanistico. La disciplina regionale riconosce invece ai privati proprietari di aree astrattamente edificabili in base a un originario strumento urbanistico comunale, sul quale si siano imposte previsioni confliggenti del PAI, una sorta di «diritto quesito» all'edificazione (come e' noto, inconfigurabile nell'ordinamento: cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 20 giugno 2012, n. 3571), da attuare in ogni caso, senza che sia neppure garantito che la diversa dislocazione delle volumetrie, potenzialmente di impatto dirompente sul territorio, sia disciplinata nel quadro organico della pianificazione paesaggistica. Il legislatore ha infatti identificato nel PRG lo strumento che incide sul territorio e sui diritti edificatori. Il Giudice civile ha ribadito, anche di recente, che i diritti edificatori non sono diritti reali ne' obbligazioni propter rem (Cassazione civile, Sez. Un. 29 ottobre 2020, n. 23902), affermando peraltro che: «E tuttavia, la disciplina di finte regionale, limitata al governo del territorio ed alle relative prescrizioni conformative, non potrebbe in alcun modo spingersi a riempire di contenuto civilistico o dominicale gli istituti in questione, cosi' da sovrapporsi alla potesta' legislativa esclusiva ed unitaria dello Stato in materia di ordinamento civile e di diritto di proprieta'; cio' secondo quanto dettato dall'art. 117 Cost., come piu' volte inteso dal giudice delle leggi, nel senso che la limitazione conformativa del diritto di proprieta' volta ad assicurarne la funzione sociale ben puo' essere esercitata, nelle materie di competenza, dalla legge regionale, ferma pero' restando la preclusione per il legislatore regionale di interferire sulla disciplina dei diritti soggettivi per quanto riguarda "i profili civilistici dei rapporti da cui derivano, cioe' i modi di acquisto e di estinzione, i modi di accertamento, le regole sull'adempimento delle obbligazioni e sulla responsabilita' per inadempimento, la disciplina della responsabilita' extracontrattuale, i limiti dei diritti di proprieta' connessi ai rapporti di vicinato, e via esemplificando" (C. costituzionale sentenza n. 391/89 ed altre)». L'art. 13 e' pertanto costituzionalmente illegittimo per violazione degli articoli 9, 117, primo comma e secondo comma, lettera s), Cost., rispetto ai quali costituiscono norme interposte gli articoli 4, 20, 21, 135, 143, 145 e 156 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, l'art. 5, comma 11, del decreto-legge n. 70 del 2011 e la legge n. 14 del 2006, di recepimento della Convenzione europea sul paesaggio; (iii) del principio di leale collaborazione; (iv) dell'art. 3 dello statuto speciale, come attuato mediante il decreto del Presidente della Repubblica n. 480 del 1975. E' poi illegittimo per violazione dello stesso art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione perche' invasivo della potesta' legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, stante la previsione del riconoscimento di un diritto soggettivo al trasferimento delle volumetrie non realizzabili a causa dei vincoli idrogeologici. E' inoltre illegittimo per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale, come attuato mediante il decreto del Presidente della Repubblica n. 480 del 1975, perche' relativamente agli eventuali poteri legislativi regionali comunque contrasta con le norme di grande riforma economico sociale costituite dai principi di cui all'art. 41-quinquies, ottavo e nono comma, della legge n. 1150 del 1942, agli articoli 2-bis e 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, all'intesa sul piano casa del 2009, fondata sulla previsione dell'art. 11 del decreto-legge n. 112 del 2008, e all'art. 5, commi 9 e seguenti, del decreto-legge n. 70 del 2011. E' infine illegittimo, come tutti gli altri per le medesime ragioni, perche' viola il principio di leale collaborazione con lo Stato. 13. Illegittimita' dell'art. 14 della legge regionale 18 gennaio 2021, n. 1 per violazione degli articoli 9 e 117, commi primo e secondo, lettera s) della Costituzione, nonche' per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione Sardegna. La norma in esame modifica l'art. 39 della legge regionale n. 8 del 2015, concernente il rinnovo del patrimonio edilizio con interventi di demolizione e ricostruzione. In particolare, il comma 1 del predetto art. 39 stabilisce che «La Regione promuove il rinnovamento del patrimonio edilizio esistente mediante interventi di integrale demolizione e successiva ricostruzione degli edifici esistenti che necessitino di essere adeguati in relazione ai requisiti qualitativi, architettonici, energetici, tecnologici, di sicurezza strutturale e per il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche». Tali interventi sono disciplinati nei successivi commi, i quali sono fatti oggetto, dalle norme in esame, di una serie sistematica di modifiche, volte ad ampliare enormemente l'ambito applicativo della disciplina normativa e l'impatto sul territorio degli interventi di demo-ricostruzione consentiti. In particolare, le lettere a) e b) intervengono sui commi 2 e 3 dell'art. 39, che subordinavano gli interventi di demo-ricostruzione con premialita' volumetrica alla deliberazione del consiglio comunale, rimettendo alla medesima delibera, nel caso in cui fosse prevista la ricostruzione nel medesimo lotto urbanistico, la determinazione dei parametri urbanistico-edilizi dell'intervento nel rispetto delle disposizioni vigenti, con eventuale superamento dei parametri volumetrici e dell'altezza previsti dalle vigenti disposizioni comunali e regionali. L'effetto della novella e' sostituire la predetta deliberazione con la mera determina dell'ufficio comunale, con violazione del principio fondamentale espresso dal comma 11 dell'art. 5 del decreto-legge n. 70 del 2011, che prevede «Decorso il termine di cui al comma 9, e sino all'entrata in vigore della normativa regionale, agli interventi di cui al citato comma si applica l'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 anche per il mutamento delle destinazioni d'uso». Come e' noto, l'art. 14 del predetto decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 richiede la delibera del Consiglio comunale per consentire, nei soli casi in cui sussista un pubblico interesse, la realizzazione di interventi in deroga agli strumenti urbanistici. Tale previsione e' senz'altro una norma fondamentale di grande riforma economico-sociale, non derogabile dalla Regione Sardegna ai sensi dell'art. 3 dello Statuto di autonomia speciale. Conseguentemente, le deroghe e le eccezioni a tale principio, proprio perche' legate da un rapporto di coessenzialita' o di integrazione necessaria, partecipano della stessa natura di riforma economico-sociale e possono, se del caso, essere stabilite solo con legge dello Stato. Se e' vero, poi, che ai sensi dell'art. 5, comma 11, decreto-legge n. 70 del 2011 l'entrata in vigore della disciplina regionale esclude l'applicabilita' del predetto art. 14, cio' non significa che sia consentito superare il principio alla base della suddetta previsione e, soprattutto, che sia possibile rimettere la deroga degli strumenti urbanistici a una mera determinazione degli uffici tecnici, senza passare per il necessario vaglio degli organi politici comunali. La lettera d) dell'art. 14 modifica il comma 6 dell'art. 39, sostituendo le parole «entro la data di entrata in vigore della presente legge» con le seguenti: «entro il 31 dicembre 2020». L'effetto della novella e' quello di estendere l'ambito applicativo degli interventi di demo-ricostruzione, prima consentiti solo sugli immobili realizzati o condonati entro la data di entrata in vigore della legge n. 8 del 2015, anche «agli edifici legittimamente realizzati entro il 31 dicembre 2020, nonche' nei casi di edifici successivamente legittimati a seguito di positiva conclusione del procedimento di condono o di accertamento di conformita' e, ove necessario, dell'accertamento di compatibilita' paesaggistica». Si tratta di un'estensione arbitraria e irragionevole rispetto alle finalita' di riqualificazione e rigenerazione urbana della normativa, che non hanno ragion d'essere nei confronti di immobili appena edificati. La normativa regionale si pone, inoltre, del tutto al di fuori della disciplina di principio di cui all'art. 5, commi 9 e seguenti, del decreto-legge n. 70 del 2011; disciplina peraltro anch'essa eccezionale (Corte cost. n. 217 del 2020) e destinata ad avere applicazione per un tempo limitato. La lettera g) interviene sulla lettera e) del comma 13 dell'art. 39, che individua le aree, anche di rilievo culturale e paesaggistico («interne al perimetro dei beni paesaggistici di cui all'art. 142, comma 1, lettere a), b), c), ed i) del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42»), all'interno delle quali non sono consentiti gli interventi previsti dal medesimo articolo. La novella ha lo scopo di delimitare la portata della esclusione alle sole aree gia' individuate prima della presentazione dell'istanza, indipendentemente dall'esito del procedimento. Cio' rende di fatto inefficace la (successiva) individuazione di ulteriori aree d'interesse paesaggistico ope legis per il solo fatto della mera presentazione della istanza di intervento. La lettera h) interviene sulle ricostruzioni nelle fasce costiere tutelate ope legis, inserendo l'inciso volto a precisare che le stesse sono assentibili «senza l'obbligo del rispetto dell'ubicazione, della sagoma e della firma del fabbricato da demolire», con cio' disciplinando direttamente gli interventi, in spregio al Piano paesaggistico approvato d'intesa con lo Stato, al quale spetta la disciplina d'uso dei beni tutelati. La Regione interviene cosi', ancora una volta autonomamente e unilateralmente, a dettare la disciplina sui beni paesaggistici. Inoltre, il comma 13 dell'art. 39, nel perimetrare l'ambito applicativo della disciplina del rinnovo del patrimonio edilizio con interventi di demolizione e ricostruzione, non esclude i beni tutelati ai sensi della Parte II del Codice. La predetta disciplina puo', percio', applicarsi indiscriminatamente anche ai beni culturali, in violazione degli articoli 4, 20 e 21 del Codice, da considerare norme di grande riforma economico-sociale, non derogabili dalla Regione Sardegna. L'art. 14 e' pertanto costituzionalmente illegittimo per violazione degli articoli 9, 117, primo comma e secondo comma, lettera s), Cost., rispetto ai quali costituiscono norme interposte gli articoli 4, 20, 21, 135, 143, 145 e 156 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, la legge n. 14 del 2006, di recepimento della Convenzione europea sul paesaggio, e l'art. 5, comma 11, del decreto-legge n. 70 del 2011. La stessa norma e' illegittima per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale, come attuato mediante il decreto del Presidente della Repubblica n. 480 del 1975, contrastando le norme di grande riforma economico sociale costituite dai principi di cui all'art. 41-quinquies, ottavo e nono comma, della legge n. 1150 del 1942, agli articoli 2-bis e 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, all'intesa sul piano casa del 2009, fondata sulla previsione dell'art. 11 del decreto-legge n. 112 del 2008, e all'art. 5, commi 9 e seguenti, del decreto-legge n. 70 del 2011. E' infine illegittima per la violazione del principio di leale collaborazione con lo Stato da attuarsi mediante la necessaria copianificazione . 14. Illegittimita' dell'art. 15 della legge regionale 18 gennaio 2021, n. 1 per violazione degli articoli 9 e 117, commi primo e secondo, lettera s) della Costituzione, nonche' per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione Sardegna. L'art. 15 modifica l'art. 40 della legge regionale n. 8 del 2015 (Misure di promozione dei programmi integrati per il riordino urbano). In particolare, la lettera c) sostituisce il secondo periodo del comma 7 dell'art. 40 prevedendo che «Nessuna zona urbanistica omogenea e' aprioristicamente esclusa». Il testo precedente del periodo era cosi' formulato: «Sono esclusi dall'ambito di intervento i centri di antica e prima formazione e le zone urbanistiche omogenee E e H». Per effetto della novella, il comma 7 dell'art. 40 risulta ora cosi' formulato: «I comuni, con deliberazione del consiglio comunale, individuano, con riferimento alle destinazioni dello strumento urbanistico vigente ed in conformita' con il Piano paesaggistico regionale, gli ambiti territoriali nei quali realizzare gli interventi previsti dai programmi per il riordino urbano, localizzandoli prioritariamente nelle zone urbanistiche omogenee C contigue all'ambito urbano e, quindi, nelle zone D e G contigue all'ambito urbano e non completate o dismesse. Nessuna zona urbanistica omogenea e' aprioristicamente esclusa». Benche' nella disposizione sia espressamente richiesta la conformita' al piano paesaggistico per l'individuazione degli ambiti territoriali nei quali realizzare gli interventi previsti, tuttavia la Regione anche in questo caso interviene autonomamente a variare le norme di gestione e uso delle aree tutelate paesaggisticamente, che invece devono essere oggetto di copianificazione paesaggistica con lo Stato. La modifica unilaterale della Regione viola inoltre quanto concordato con il Protocollo d'Intesa del 2007 e il relativo disciplinare attuativo del 2018, ai sensi degli articoli 143 e 156 del Codice. Come gia' evidenziato in relazione all'art. 9, si deve osservare che i «centri di antica e prima formazione» sono beni paesaggistici tipizzati e individuati dal vigente Piano paesaggistico regionale ai sensi dell'allora vigente art. 134, comma 1, lettera c), del Codice (v. Norme tecniche di attuazione - NTA del PPR, art. 47, comma 2, lettera c, punto 2, e art. 51), oltre ad essere soggetti eventualmente anche ad altre disposizioni di tutela paesaggistica, in caso di dichiarazioni di notevole interesse pubblico. Inoltre, le stesse NTA del Piano paesaggistico regionale contemplano la tutela delle aree agricole (zone omogenee E - usi agricoli) come «componenti di paesaggio con valenza ambientale» suddivise nelle categorie di «aree naturali e subnaturali», «aree seminaturali» e «aree ad utilizzazioni agro forestale» (cfr. NTA, articoli 21 e 22-30), le cui previsioni di conservazione e tutela costituiscono norme di gestione e uso per i beni paesaggistici dell'Assetto ambientale del PPR (NTA, art. 18, comma 4), tra i quali beni paesaggistici ricadono anche quelli di cui all'art. 142, comma 1, lettere g), f), h) e l) (NTA, art. 17, comma 4). Le zone omogene H - salvaguardia ambientale (di cui alla definizione del decreto assessoriale 20 dicembre 1983 n. 2266/U) sono costituite invece dalle «... parti del territorio non classificabili secondo i criteri in precedenza definiti e che rivestono un particolare valore speleologico, archeologico, paesaggistico o di particolare interesse per la collettivita', quali fascia costiera, fascia attorno agli agglomerati urbani, fascia di rispetto cimiteriale, fascia lungo le strade statali provinciali e comunali». In merito al loro rapporto, attraverso il Piano urbanistico comunale (PUC) con il PPR, e' stabilito che «... dovranno sostanzialmente essere individuate in corrispondenza dei beni paesaggistici, cosi' come identificati e classificati dalle NTA del PPR, salve le eccezioni dovute ai beni paesaggistici altrimenti classificabili (es. gli insediamenti storici identificati come zona A). Poiche' tra i beni paesaggistici rientrano sia beni puntualmente localizzati (sia di valenza di tipo naturalistica (es. geositi) che storico culturale (es. chiese)) e sia beni cosiddetti categoriali (es. fasce dei fiumi), in sede di redazione del PUC, il comune sottopone all'Ufficio del Piano regionale una proposta di individuazione di tali aree, supportata da studi approfonditi afferenti le singole categorie di beni. A tale perimetrazione dovranno essere giustapposte, in via del tutto generale, delle "aree di rispetto" contenenti delle limitazioni alla fruizione ed all'uso del territorio. L'efficacia di tale definitiva individuazione del bene paesaggistico si avra' con la pubblicazione sul BURAS della determinazione del DG della PUTVE dell'esito positivo della verifica di coerenza del PUC effettuata ai sensi dell'art. 31 legge regionale n. 7/2002» (cfr. Piano paesaggistico regionale legge regionale 25 novembre 2004, n. 8 Linee guida per l'adeguamento dei piani urbanistici comunali al PPR e al PAI del febbraio 2007). La nuova previsione della legge regionale n. 1 del 2021, che sopprime il divieto di localizzare gli interventi nei centri antichi tutelati e nelle zone omogenee E e H eccede quindi le competenze regionali in materia di copianificazione paesaggistica obbligatoria, diminuendo per tali aree la tutela ad esse riconosciuta dal PPR. Inoltre, la norma regionale presenta criticita' anche in relazione ai beni culturali, poiche' dai predetti programmi integrati per il riordino urbano, che prevedono interventi di riqualificazione, di sostituzione edilizia, di modifica di destinazione d'uso di aree e di immobili con un incremento volumetrico massimo del 40 per cento della volumetria demolita, non sono esclusi i beni culturali. La norma qui esaminata e' pertanto costituzionalmente illegittima per violazione degli articoli 9, 117, primo comma e secondo comma, lettera s), Cost., rispetto ai quali costituiscono norme interposte gli articoli 4, 20, 21, 135, 143, 145 e 156 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, la legge n. 14 del 2006, di recepimento della Convenzione europea sul paesaggio, e l'art. 5, comma 11, del decreto-legge n. 70 del 2011. E' di poi illegittima anch'essa per la rilevata inosservanza dell'obbligo di copianificazione con lo Stato, obbligo che attua il principio di leale collaborazione tra Stato e regione. 15. Illegittimita' dell'art. 16 della legge regionale 18 gennaio 2021, n. 1 per violazione degli articoli 3, 9 e 117, commi primo e secondo, lettera s) della Costituzione, nonche' per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione Sardegna. L'art. 16 della legge regionale che si impugna modifica l'art. 41 della legge regionale n. 8 del 2015, recante «Disposizioni transitorie della legge regionale n. 4 del 2009». Tali modifiche si inseriscono nell'art. 41, che regola la disciplina transitoria del vecchio «piano casa», mantenuta in vita per i procedimenti gia' pendenti, e che al comma 1 prevede: «1. Le disposizioni di cui al capo I della legge regionale n. 4 del 2009, e successive modifiche ed integrazioni, continuano ad applicarsi per l'espletamento e fino alla conclusione solamente per i procedimenti instaurati dalla presentazione, entro il termine del 29 novembre 2014, della denuncia di inizio di attivita' o dell'istanza volta all'ottenimento della concessione edilizia, ancorche' le disposizioni medesime siano divenute inefficaci o siano state modificate al tempo della loro applicazione». I commi 3 e 4 del medesimo art. 41, novellati dalla legge n. 1 del 2021, fanno riferimento all'art. 13 della legge regionale n. 4 del 2009, che disciplina gli interventi ammissibili nella fase di adeguamento degli strumenti urbanistici al Piano paesaggistico regionale e che e' stato abrogato dall'art. 44, comma 3, della legge regionale n. 8 del 2015. Trattandosi di una disciplina abrogata, mantenuta in vita transitoriamente soltanto per i procedimenti avviati entro una certa data, le nuove previsioni non possono che essere rivolte a modificare, in senso retroattivo, i presupposti per l'accoglimento delle istanze presentate entro il termine del 29 novembre 2014 (ai sensi del comma 1 dell'art. 41 sopra richiamato), con questo introducendo una sorta di sanatoria. Sono infatti ampliate, a posteriori, le ipotesi derogatorie alle previsioni e prescrizioni del piano paesaggistico regionale, alle quali gli strumenti urbanistici comunali devono adeguarsi (v. art. 145, comma 4, del Codice). Cio' contrasta anche con il divieto di sanatoria ex post di cui all'art. 167, del Codice. L'art. 16 e' pertanto costituzionalmente illegittimo per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale, come attuato mediante il decreto del Presidente della Repubblica n. 480 del 1975, nonche' degli articoli 9, 117, primo comma e secondo comma, lettera s), Cost., rispetto ai quali costituiscono norme interposte gli articoli 135, 143, 145 e 156 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, la legge n. 14 del 2006, di recepimento della Convenzione europea sul paesaggio, e l'art. 5, comma 11, del decreto-legge n. 70 del 2011, in quanto interviene a regolare materia spettante esclusivamente allo Stato, e comunque in modo difforme dagli obblighi assunti in sede internazionale. E' altresi' illegittimo per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale, per i profili che - pur eventualmente appartenendo alla competenza regionale - comunque contrastano con le norme di grande riforma economico sociale costituite dai principi di cui all'art. 41-quinquies, ottavo e nono comma, della legge n. 1150 del 1942, agli articoli 2-bis e 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, all'intesa sul piano casa del 2009, fondata sulla previsione dell'art. 11 del decreto-legge n. 112 del 2008, e all'art. 5, commi 9 e seguenti, del decreto-legge n. 70 del 2011. E' inoltre illegittimo per violazione del principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione in ragione degli esiti manifestamente arbitrari e irragionevoli cui conduce la modifica ex post delle condizioni di accoglimento delle domande di c.d. piano casa gia' presentate nel 2014, con effetti sperequativi tra situazioni che ricevono un diverso trattamento per effetto di regole mutate successivamente. E' infine illegittimo perche' lede il principio di leale collaborazione con lo Stato, avendo eluso l'obbligo di copianificazione . 16. Illegittimita' dell'art. 17 della legge regionale 18 gennaio 2021, n. 1 per violazione degli articoli 3, 9 e 117, commi primo e secondo, lettera s) della Costituzione, nonche' per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione Sardegna. La norma in esame contiene un differimento dei termini. Piu' precisamente, sposta alla data di sua entrata in vigore i termini di cui agli articoli 34, comma 1, lettera b), e 41, comma 4, della legge regionale n. 8/2015. Proroga poi al 31 dicembre 2023 il termine di cui all'art. 37, comma 1, della stessa legge regionale n. 8/2015, facendo espressamente rivivere a disciplina dettata dal Capo I, Titolo II della legge in questione. L'art. 34, comma 1, lettera b), della legge regionale n. 8/2015 dispone la non applicabilita' delle disposizioni del Capo I del Titolo II negli edifici completati successivamente alla data di entrata in vigore della legge regionale n. 8 del 2015. Per effetto della novella essi diventano consentiti fino all'entrata in vigore della nuova legge. L'art. 41, comma 4, consente l'attuazione degli interventi localizzati nelle zone urbanistiche omogenee C, D e G, contigue al centro urbano, e previsti nei piani attuativi adottati alla data di entrata in vigore della legge n. 8 del 2015, in attuazione dell'art. 13, comma 1, lettera b), della legge regionale n. 4 del 2009. Per effetto della novella gli interventi stessi sono permessi anche dopo il 2015 e fino all'entrata in vigore della nuova legge. In sostanza, la possibilita' di eseguire alcuni interventi previsti dal c.d. «piano casa sardo», esclusa dalla legge del 2015 oltre la data della sua entrata in vigore, e' oggi consentita fino all'inizio del 2021, con una proroga di fatto di ulteriori 6 anni. Cio' in evidente contrasto con il carattere straordinario ed eccezionale della normativa del piano casa, e con un effetto retroattivo che apertamente confligge con il divieto di sanatoria ex post disposto dall'art. 167 del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Le disposizioni del Capo I del Titolo II della legge regionale n. 8 del 2015, ossia il Capo recante il c.d. secondo Piano Casa della Sardegna, che avevano scadenza al 31 dicembre 2020 secondo il vecchio testo dell'art. 37, sono ora prorogate per ulteriori tre anni. E cioe' fino al 31 dicembre 2023. Ma lo stesso termine del 31 dicembre 2020 era frutto di altra proroga per effetto della legge n. 17/2020 che e' attualmente all'esame della Corte costituzionale, ed era scaduto al momento di entrata in vigore della legge n. 1/2021. La Regione Sardegna, dopo aver fatto decadere la norma di proroga del c.d. Piano Casa impugnata, intende quindi comunque farne salva l'efficacia con una nuova norma, anche nell'eventualita' che la vecchia fosse dichiarata incostituzionale. Esiste nell'ordinamento un principio generale di non prorogabilita' dei termini dopo la loro scadenza, e quindi gia' solo per questo la norma in esame sarebbe illegittima per la violazione del canone di ragionevolezza imposto dall'art. 3 della Costituzione. L'art. 17 e' pertanto costituzionalmente illegittimo per violazione dell'art. 3 dello statuto speciale, come attuato mediante il decreto del Presidente della Repubblica n. 480 del 1975, nonche' degli articoli 9, 117, primo comma e secondo comma, lettera s), Cost., rispetto ai quali costituiscono norme interposte gli articoli 135, 143, 145 e 156 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, la legge n. 14 del 2006, di recepimento della Convenzione europea sul paesaggio, e l'art. 5, comma 11, del decreto-legge n. 70 del 2011, per aver inciso in materia riservata alla competenza esclusiva dello Stato e per di piu' in modo difforme da impegni assunti in sede internazionale. E' di poi illegittimo per la violazione dei canoni di ragionevolezza imposti dall'art. 3 della Costituzione per gli esiti manifestamente arbitrari e irragionevoli cui conduce la reiterata proroga della disciplina del c.d. piano casa, nonche' la proroga di un termine gia' scaduto. E' altresi' illegittimo per la violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale, come attuato mediante il decreto del Presidente della Repubblica n. 480 del 1975, perche' - pur nell'ipotesi di un'eventuale competenza regionale - viola le norme di grande riforma economico sociale costituite dai principi di cui all'art. 41-quinquies, ottavo e nono comma, della legge n. 1150 del 1942, all'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, all'intesa sul piano casa del 2009, fondata sulla previsione dell'art. 11 del decreto-legge n. 112 del 2008, e all'art. 5, commi 9 e seguenti, del decreto-legge n. 70 del 2011. E' infine illegittimo perche' viola il principio di leale collaborazione, avendo unilateralmente disposto in materia affidata alla copianificazione. 17. Illegittimita' dell'art. 18 della legge regionale 18 gennaio 2021, n. 1 per violazione degli articoli 3, 9 e 117, commi primo e secondo, lettera s) della Costituzione, nonche' per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione Sardegna. La norma in esame detta una «Norma transitoria» che prevede la salvezza delle richieste di titoli abilitativi di cui alla legge regionale n. 8 del 2015 presentate fino alla data del 31 dicembre 2020 e la conservazione delle attivita' eventualmente svolte e degli atti adottati dagli uffici pubblici statali, regionali o comunali. Nella disciplina transitoria dettata dalla nuova legge e' consentita la facolta' per i richiedenti il titolo abilitativo di fruire delle sue modifiche, ove piu' favorevoli, mediante la presentazione delle sole integrazioni o modifiche alla documentazione gia' presentata. Sempre per la norma transitoria, le eventuali richieste di titoli abilitativi presentate tra il 1° gennaio 2021 e la data di entrata in vigore della nuova sono ripresentate a decorrere da quest'ultima. In sostanza, l'art. 18 fa salve le istanze e gli atti gia' prodotti rispetto alla pregressa normativa regionale, che la legge regionale n. 17 del 2020 aveva prorogato fino al 31 dicembre 2020. Con questa previsione, considerato che all'entrata in vigore della legge n. 1 del 2021 il termine era gia' scaduto, il legislatore regionale fa salvi gli atti e le istanze gia' presentate sulla base della norma previgente, la quale presenta anch'essa profili di illegittimita' costituzionale, che ne hanno motivato l'impugnativa avanti alla Corte. L'art. 18 e' pertanto costituzionalmente illegittimo per violazione dell'art. 3 dello Statuto Speciale, come attuato mediante il decreto del Presidente della Repubblica n. 480 del 1975, nonche' degli articoli 9, 117, primo comma e secondo comma, lettera s), Cost., rispetto ai quali costituiscono norme interposte gli articoli 135, 143, 145 e 156 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, la legge n. 14 del 2006, di recepimento della Convenzione europea sul paesaggio, e l'art. 5, comma 11, del decreto-legge n. 70 del 2011, avendo legiferato in materia di competenza statale e per di piu' in modo difforme dagli impegni assunti in sede istituzionale. E' poi illegittimo per violazione dell'art. 3 della Costituzione in quanto non corrisponde a canoni di ragionevolezza di fronte agli esiti manifestamente arbitrari e irragionevoli cui conduce la reiterata proroga della disciplina del c.d. piano casa regionale soprattutto se si considera la disposta proroga di un termine gia' scaduto. E' altresi' illegittimo per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale in quanto - anche nell'ipotesi di eventuale competenza legislativa regionale - comunque vengono lese le norme di grande riforma economico sociale costituite dai principi di cui all'art. 41-quinquies, ottavo e nono comma, della legge n. 1150 del 1942, all'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, all'intesa sul piano casa del 2009, fondata sulla previsione dell'art. 11 del decreto-legge n. 112 del 2008, e all'art. 5, commi 9 e seguenti, del decreto-legge n. 70 del 2011. E' infine illegittimo, come tutte le altre norme che lo precedono, per la violazione dell'obbligo di leale collaborazione con lo Stato perche' incide su materia che deve essere affidata alla copianificazione . 18. Illegittimita' dell'art. 19 della legge regionale 18 gennaio 2021, n. 1 per violazione degli articoli 9 e 117, commi primo e secondo, lettere l), m) e s) della Costituzione, nonche' per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione Sardegna. La norma in esame e' inserita nel Capo II della legge regionale n. 1 del 2021, diretto ad introdurre modifiche alla precedente legge regionale n. 23 del 1985, recante «Norme in materia di controllo dell'attivita' urbanistico-edilizia, di risanamento urbanistico e di sanatoria di insediamenti ed opere abusive, di snellimento ed accelerazione delle procedure espropriative». Essa dal canto suo modifica l'art. 7-bis di quella legge, concernente le «Tolleranze edilizie», inserendo i seguenti due nuovi commi: «1-ter. Per i fabbricati realizzati con licenza di costruzione antecedente all'entrata in vigore della presente legge, sono considerate tolleranze edilizie, con conseguente inapplicabilita' delle disposizioni in materia di parziale difformita', le violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unita' immobiliare il 5 per cento delle misure progettuali. 1-quater. Nell'osservanza del principio di certezza delle posizioni giuridiche e di tutela dell'affidamento dei privati, costituiscono inoltre tolleranze edilizie le parziali difformita', realizzate nel passato durante i lavori per l'esecuzione di un titolo abilitativo cui sia seguita, previo sopralluogo o ispezione da parte di funzionari incaricati, la certificazione di conformita' edilizia e di agibilita' nelle firme previste dalla legge e le parziali difformita' rispetto al titolo abilitativo legittimamente rilasciato, che l'amministrazione comunale abbia espressamente accertato nell'ambito di un procedimento edilizio e che non abbia contestato come abuso edilizio o che non abbia considerato rilevanti ai fini dell'agibilita' dell'immobile. E' fitta salva la possibilita' di assumere i provvedimenti di cui all'art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990, nei limiti e condizioni ivi previsti.». Queste due disposizioni contrastano profondamente con la disciplina statale contenuta nell'art. 34-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, introdotto con l'art. 10, comma 1, lettera p), del decreto-legge n. 76 del 2020 (c.d. «decreto Semplificazioni»), che prescrive che il mancato rispetto dell'altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unita' immobiliari non costituisce violazione edilizia solo se contenuto entro il limite del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo (comma 1), e che, per gli immobili non sottoposti a tutela ai sensi del Codice, costituiscono tolleranze esecutive le irregolarita' geometriche e le modifiche alle finiture degli edifici di minima entita', nonche' la diversa collocazione di impianti e opere interne, eseguite durante i lavori per l'attuazione di titoli abilitativi edilizi, a condizione che non comportino violazione della disciplina urbanistica ed edilizia e non pregiudichino l'agibilita' dell'immobile. La norma del T.U. n. 380/2001, come noto, e' da considerare norma di grande riforma economico-sociale, non derogabile dalle regioni, neppure da quelle fornite di autonomia speciale. La norma regionale pertanto, e' illegittima sia ove prevede, nel comma 1, il limite del 5 per cento, molto piu' alto di quello statale, sia ove consente, nel comma 2, una sorta di sanatoria ex post considerando «tollerabili» ulteriori parziali difformita' (senza che ne sia indicato il limite e la rilevanza effettivi) rispetto al titolo edilizio in ragione di alcune acquisizioni procedimentali, in difformita' alle previsioni del legislatore statale, e soprattutto senza che siano esclusi gli immobili tutelati. Si deve ulteriormente rilevare l'assoluta contrarieta' ai principi e la manifesta illegittimita' costituzionale del conuna 1-quater introdotto dalla norma qui censurata per i seguenti aspetti: l'espressa previsione di un affidamento tutelabile del privato alla conservazione di opere abusive laddove e' principio consolidato nell'ordinamento quello per cui non puo' ammettersi l'esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non puo' in alcun modo legittimare (Cons. Stato, Ad. Plen. n. 9 del 2017; l'attribuzione di un effetto di sanatoria alla mera mancata contestazione degli abusi rilevabili da parte dell'Amministrazione ovvero al rilascio del certificato di agibilita', laddove e' noto che quest'ultimo ha la sola funzione di certificare l'esistenza delle condizioni per l'utilizzazione dell'immobile in conformita' alla sua destinazione; la previsione che gli effetti di sanatoria riconnessi al certificato di agibilita' o alla mera mancata contestazione degli abusi siano eliminabili soltanto mediante il ricorso all'autotutela. Le regole dettate dalla norma statale di cui all'art. 34-bis del T.U. n. 380/2000 costituiscono anche il contenuto di una disciplina che deve essere necessariamente uniforme su tutto il territorio nazionale, onde il discostarsi da essa comporta anche la violazione dell'art. 117, comma secondo, lettera m) della Costituzione, che impone il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili dei cittadini, che spetta al legislatore statale fissare. Inoltre, l'ampliamento dell'area delle tolleranze edilizie comporta anche l'effetto di depenalizzare abusi edilizi suscettibili di ricadere nella fattispecie sanzionatoria di cui all'art. 44, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, con conseguente ulteriore violazione del precetto di cui all'art. 117, comma secondo, lettera l) della Costituzione che prevede la potesta' esclusiva dello Stato in materia di ordinamento penale. La norma in esame lede anche le norme costituzionali poste a tutela del paesaggio e del patrimonio storico ed artistico, nonche' della competenza esclusiva statale in materia paesaggistica, sia perche' non viene esclusa la configurabilita' di tolleranze eccedenti il 2 per cento in relazione agli immobili sottoposti a tutela, sia perche' incrementando dal 2 al 5 per cento la misura delle c.d. tolleranze edilizie, si determina l'irrilevanza edilizia di una serie di abusi che, se eseguiti su immobili sottoposti a vincolo, costituirebbero addirittura variazioni essenziali (e non mere variazioni parziali). Per questa via, la Regione determina un significativo abbassamento del livello della tutela degli immobili vincolati, esonerando dalle sanzioni penali e amministrative le variazioni essenziali eseguite su immobili vincolati. L'art. 19 della legge regionale n. 1/2021 e' pertanto costituzionalmente illegittimo per la violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale e degli articoli 9 e 117, comma secondo, lettere l), m) e s) della Costituzione perche', in relazione ai molteplici aspetti sopra trattati, invade la sfera di competenza legislativa esclusiva dello Stato nelle materie della tutela del paesaggio e dei beni storico-artistici, della fissazione dei livelli minimi di prestazione concernenti i diritti civili, nonche' della disciplina penale. E' altresi' costituzionalmente illegittimo per la violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale, perche' - anche per la parte di potere legislativo di competenza regionale nella materia edilizia - contrasta comunque con le norme statali sopra ricordate, che fissano principi di grande riforma economico-sociale nella materia edilizia. 19. Illegittimita' dell'art. 21 della legge regionale 18 gennaio 2021, n. 1 per violazione degli articoli 9 e 117, commi primo e secondo, lettere e), l) e m) della Costituzione, nonche' per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione Sardegna. L'art. 21 della legge regionale n. 1/2021 modifica l'art. 16 della legge regionale n. 23 del 1985, in materia di «Accertamento di conformita'», aggiungendo il comma 1-bis in forza del quale, fatti salvi gli effetti penali dell'illecito, il permesso di costruire o l'autorizzazione all'accertamento di conformita' possono essere ottenuti, ai soli fini amministrativi, qualora gli interventi risultino conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della presentazione della domanda. La novella ha un effetto dirompente, consentendo di sanare a regime una serie di abusi non sanabili in base all'attuale disciplina statale (cfr. articoli 36 e 37 del TUE), la quale richiede inderogabilmente la c.d. doppia conformita', ossia la conformita' dell'intervento realizzato senza titolo sia alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della realizzazione dell'abuso, che a quella in vigore al momento della presentazione della domanda. Si tratta, insomma, dell'ennesimo attacco regionale al principio della «doppia conformita'». In base alla disciplina introdotta dalla norma in esame, e' infatti sufficiente che l'immobile sia conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della presentazione della domanda, e non anche al tempo dell'abuso. La Regione Sardegna consente quindi di regolarizzare ex post, rendendole legittime, opere che, al momento della loro realizzazione, sono in contrasto con gli strumenti urbanistici di riferimento, dando corpo ad una ipotesi di sanatoria, in linea con iniziative legislative analoghe puntualmente sanzionate dalla Corte costituzionale (sentenze n. 233 del 2015, n. 209 del 2010, n. 290 e n. 54 del 2009). In particolare, nella sentenza n. 232 del 2017, pronunciata nei confronti della Regione Siciliana, si legge che «Questa Corte si e' piu' volte occupata del principio dell'accertamento di conformita' di cui all'art. 36 testo unico edilizia e ha affermato che esso, che costituisce «principio fondamentale nella materia governo del territorio» (da ultimo, sentenza n. 107 del 2017), e' «finalizzato a garantire l'assoluto rispetto della disciplina urbanistica ed edilizia durante tutto l'arco temporale compreso tra la realizzazione dell'opera e la presentazione dell'istanza volta ad ottenere l'accertamento di conformita'» (sentenza n. 101 del 2013). Tale istituto si distingue dal condono edilizio, in quanto «fa riferimento alla possibilita' di sanare opere che, sebbene sostanzialmente conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia, sono state realizzate in assenza del titolo stesso, ovvero con varianti essenziali», laddove il condono edilizio «ha quale effetto la sanatoria non solo formale ma anche sostanziale dell'abuso, a prescindere dalla conformita' delle opere realizzate alla disciplina urbanistica ed edilizia» (sentenza n. 50 del 2017). Anche a prescindere da tali classificazioni, occorre ricordare che, sebbene questa Corte abbia riconosciuto che la disciplina dell'accertamento di conformita' attiene al governo del territorio, ha comunque precisato che spetta al legislatore statale la scelta sull'an, sul quando e sul quantum della sanatoria, potendo il legislatore regionale intervenire solo per quanto riguarda l'articolazione e la specificazione di tali disposizioni (sentenza n. 233 del 2015). Quanto alle regioni ad autonomia speciale, ove nei rispettivi statuti si prevedano competenze legislative di tipo primario, si e' puntualizzato che esse devono, in ogni caso, rispettare il limite della materia penale e di «quanto e' immediatamente riferibile ai principi di questo intervento eccezionale di grande riforma», come nel caso del titolo abilitativo edilizio in sanatoria (sentenza n. 196 del 2004).». La norma e' pertanto illegittima per contrasto con il principio fondamentale in materia di governo del territorio della c.d. «doppia conformita'», fissato dal noto art. 36 del TU sull'edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001,che si deve imporre alle regioni anche quando esse esercitino la propria competenza legislativa esclusiva. Questo principio, che e' di grande riforma economico-sociale, costituisce anche un dato che attiene ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili dei cittadini che devono essere assicurati uniformemente sull'intero territorio nazionale ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera m) della Costituzione. La Regione, inoltre, pur facendo salvi gli effetti penali dell'illecito, non fa salve le relative sanzioni civili e fiscali, previste dagli articoli 46 e 49 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, con conseguente invasione della sfera di competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile di cui alle lettere l) ed e) del secondo comma dell'art. 117 Cost. Realizzando un sostanziale intervento in sanatoria, la Regione Sardegna ha dunque invaso un ambito legislativo estraneo ai titoli di sua legittimazione, rendendo ancor piu' evidente la marcata incoerenza sistematica da ascrivere alle disposizioni impugnate. 20. Illegittimita' dell'art. 23 della legge regionale 18 gennaio 2021, n. 1 per violazione degli articoli 9 e 117, commi primo e secondo, lettere m) e s) della Costituzione, nonche' per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione Sardegna. La norma in esame e' inserita nel Capo III della legge regionale n. 1 del 2021 contenente modifiche alla precedente legge regionale n. 16 del 2017 («Norme in materia di turismo») e reca disposizioni varie. Essa modifica l'art. 21 di quella legge, concernente le «Aree di sosta temporanea a fini turistici», introducendo il comma 3-bis in forza del quale i privati possono proporre al comune la sosta temporanea degli autocaravan e caravan in aree proprie e i comuni possono rilasciare l'autorizzazione una volta verificata la sussistenza dei requisiti di cui al comma 3, ossia quelli richiesti dall'art. 185 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 («Nuovo codice della strada») e dell'art. 378 del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495 («Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada»), essendo inoltre richieste le dotazioni minime e ulteriori appositamente indicate. Non e' specificato che la realizzazione delle richiamate aree di sosta deve comunque essere conforme alle previsioni del piano paesaggistico e autorizzata sotto il profilo paesaggistico. Poiche' pero' i commi 1 e 2 dell'art. 21 distinguono tra le aree destinate alla sosta temporanea attrezzate e non attrezzate, e solo per le aree attrezzate e' richiesto il rispetto dei requisiti di cui sopra, il nuovo comma 3-bis non specifica che le aree di sosta, che possono essere proposte ai comuni in aree private, sono «attrezzate», pur richiedendo i requisiti di cui al comma 3 (previsti per le aree attrezzate). Al riguardo, si precisa che le aree di sosta temporanea attrezzate non sono consentite nell'ambito del bene paesaggistico tipizzato e individuato dal Piano paesaggistico regionale della «Fascia costiera», in quanto la realizzazione di «aree attrezzate di camper» non sono ammesse dalle relative NTA (cfr. art. 20, comma 1, lettera b, punto 3) e quindi la norma, in quanto riferita anche alle aree attrezzate, risulta contraria alle previsioni delle predette NTA del PPR. L'art. 23 e' pertanto costituzionalmente illegittimo per violazione dell'art. 3 dello Statuto Speciale, e degli articoli 117, secondo comma, lettere m) ed s), della Costituzione, rispetto ai quali costituiscono parametri interposti gli articoli 135, 143, 145, 146, 149 e 156 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, il decreto del Presidente della Repubblica n. 31 del 2017 e la legge n. 14 del 2006, di recepimento della Convenzione europea sul paesaggio. E' altresi' illegittimo per violazione dell'art. 9 della Costituzione perche' compromette il bene paesaggistico, la cui tutela spetta esclusivamente allo Stato. E' illegittimo per violazione del principio di leale collaborazione perche' comunque incide unilateralmente sulla disciplina del paesaggio senza osservare l'obbligo di copianificazione con lo Stato. 21. Illegittimita' dell'art. 24 della legge regionale 18 gennaio 2021, n. 1 per violazione degli articoli 3, 9 e 117, commi primo e secondo, lettera s) della Costituzione, nonche' per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione Sardegna. La norma in questione introduce nella legge regionale n. 16 del 2017 l'art. 19-bis, concernente la «Realizzazione dei campeggi oltre la fascia dei 300 metri dalla linea di battigia», con il quale si consente la realizzazione di campeggi a basso indice di impatto paesaggistico e ad alto indice di reversibilita' oltre la fascia di 300 metri dalla linea di battigia. La previsione contrasta con il piano paesaggistico regionale e in particolare con la disciplina d'uso (NTA) del bene paesaggistico tipizzato e individuato della «Fascia costiera», e con eventuali ulteriori vincoli paesaggistici che vi ricadono. Anche in questo caso la Regione Sardegna viola la normativa di tutela paesaggistica e il connesso obbligo di copianificazione previsto dagli articoli 135 e 143 del Codice. E' inoltre obliterato l'obbligo di ottenere l'autorizzazione paesaggistica. La previsione e' illegittima per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale, e degli articoli 117, secondo comma, lettere m) e s), della Costituzione, rispetto ai quali costituiscono parametri interposti gli articoli 135, 143, 145, 146, 149 e 156 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, il decreto del Presidente della Repubblica n. 31 del 2017 e la legge n. 14 del 2006, di recepimento della Convenzione europea sul paesaggio. E' altresi' illegittimo per violazione dell'art. 9 della Costituzione perche' compromette il bene paesaggistico, la cui tutela spetta esclusivamente allo Stato. E' illegittimo per violazione del principio di leale collaborazione perche' comunque incide unilateralmente sulla disciplina del paesaggio senza osservare l'obbligo di copianificazione con lo Stato. 22. Illegittimita' dell'art. 25 della legge regionale 18 gennaio 2021, n. 1 per violazione degli articoli 3, 9 e 117, commi primo e secondo, lettera s) della Costituzione, nonche' per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione Sardegna. L'art. 25 della legge regionale n. 1/2021 fornisce l'interpretazione autentica dell'art. 4 del decreto dell'Assessore regionale degli enti locali, finanze e urbanistica n. 2266/U del 1983 e prevede: «1. L'art. 4 del decreto dell'Assessore regionale degli enti locali, finanze e urbanistica n. 2266/U del 1983 si interpreta nel senso che, in sede di nuova pianificazione, le limitazioni imposte dalla legge regionale 25 novembre 2004, n. 8 (Norme urgenti di provvisoria salvaguardia per la pianificazione paesaggistica e la tutela del territorio regionale) inerenti il dimensionamento della capacita' insediativa alberghiera, non si applicano per i comuni che non abbiano raggiunto la potenzialita' volumetrica originariamente prevista dal decreto assessoriale n. 2266/U del 1983 a condizione che le relative volumetrie siano finalizzate alla promozione turistica mediante la realizzazione di strutture alberghiere, para alberghiere a 5 o 6 stelle. E' consentito trasferire la residenza anagrafica e/o domicilio nelle strutture ricettive definite dalla legge regionale n. 16 del 2017, a prescindere dalla classificazione urbanistica delle aree in cui le medesime ricadono». L'art. 4 del decreto 2266/U del 1983 (oggetto di interpretazione autentica) reca i limiti di densita' edilizia per le diverse zone nella Regione Sardegna. Con l'art. 25 si introduce, sostanzialmente, una modifica alla previsione dell'art. 6 («Zone F turistiche») della legge regionale n. 8 del 2004, recante «Norme urgenti di provvisoria salvaguardia per la pianificazione paesaggistica e la tutela del territorio regionale» - sulla cui base fu approvato il vigente piano paesaggistico regionale - ove si prevede che: «Il dimensionamento delle volumetrie degli insediamenti turistici ammissibili nelle zone F non deve essere superiore al 50 per cento di quello consentito con l'applicazione dei parametri massimi stabiliti per il calcolo della fruibilita' ottimale del litorale dal dec. ass. 20 dicembre 1983, n. 2266/U dell'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica». L'art. 25 introduce pertanto la possibilita' di individuare, in sede di redazione degli strumenti urbanistici comunali (non ancora adeguati al PPR, che a sua volta necessita di essere verificato e adeguato ai sensi di quanto previsto dal Protocollo d'Intesa del 2007), nuove previsioni edificatorie, anche negli ambiti tutelati paesaggisticarnente, in contrasto con il principio di copianificazione obbligatoria di cui agli articoli 135 e 143 del Codice. L'interpretazione autentica di una norma risalente a oltre quarant'anni prima, secondo l'avviso del Governo, appare inoltre irragionevole e contraria al buon andamento, e per questo contrastante con i canoni di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione. La norma qui censurata e' pertanto costituzionalmente illegittima per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale, nonche' degli articoli 9, 117, primo comma e secondo comma, lettera s), della Costituzione, rispetto ai quali costituiscono norme interposte gli articoli 135, 143, 145 e 156 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, e la legge n. 14 del 2006, di recepimento della Convenzione europea sul paesaggio. Viola comunque l'art. 3 della Costituzione per la manifesta irragionevolezza, anziche' esercitare ex novo il potere legislativo, di operare l'interpretazione autentica di una norma risalente ad oltre quarant'anni fa. Viola infine il principio di leale collaborazione, perche' incide unilateralmente sulla materia paesaggistica al di fuori dell'obbligo di copianificazione con lo Stato. 23. Illegittimita' dell'art. 26 della legge regionale 18 gennaio 2021, n. 1 per violazione degli articoli 9 e 117, commi primo e secondo, lettera s) della Costituzione, nonche' per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione Sardegna. L'art. 25 della legge regionale n. 1/2021 («Insediamenti turistici. Specificazioni») prevede: «1. Al fine di favorire lo sviluppo delle localita' non costiere e la destagionalizzazione dei flussi turistici, in deroga all'art. 61, comma 1, lettera b), e all'art. 89, comma 1, lettera b), delle Norme tecniche di attuazione (NTA) del Piano paesaggistico regionale (PPR), approvato con D.P.Reg. 7 settembre 2006, n. 82, qualora non siano perseguibili le modalita' di cui all'art. 90, comma 1, lettera a), delle stesse NTA, i comuni possono localizzare nuovi interventi turistici e relativi servizi generali, che non siano in connessione ed integrazione con assetti insediativi esistenti, nelle vicinanze di un fattore di attrazione motivatamente individuato». Le NTA del PPR prevedono che i comuni, nell'adeguamento degli strumenti urbanistici al PPR, debbano localizzare i nuovi interventi residenziali e turistici e i servizi generali in connessione e integrazione strutturale e formale con l'assetto insediativo esistente (art. 61, comma 1, lettera b) e favorire le nuove localizzazioni turistiche in zone contigue e/o integrate agli insediamenti (art. 89, comma 1, lettera b). L'art. 90, comma 1, lettera a), delle NTA prevede poi, come norma di indirizzo degli insediamenti turistici, che i comuni debbano prevedere lo sviluppo della potenzialita' turistica del territorio attraverso l'utilizzo degli insediamenti esistenti quali centri urbani, paesi, frazioni e agglomerati, insediamenti sparsi del territorio rurale e grandi complessi del territorio minerario. L'art. 26 della legge regionale n. 1 del 2021 introduce, in via autonoma e unilaterale, previsioni derogatorie alle NTA del PPR, consentendo la localizzazione di nuovi interventi turistici e relativi servizi generali non conformi alla vigente disciplina di tutela, e cio' al di fuori degli obblighi di verifica ed adeguamento del Piano paesaggistico regionale di cui agli art. 143 e 156 del Codice, sulla base del Protocollo d'intesa, sottoscritto tra la Regione e il Ministero nel 2007 e del relativo disciplinare attuativo del 2018. L'art. 26 e' pertanto costituzionalmente illegittimo per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale, come attuato mediante il decreto del Presidente della Repubblica n. 480 del 1975, nonche' degli articoli 9, 117, primo comma e secondo comma lettera s), Cost., rispetto ai quali costituiscono norme interposte gli articoli 135, 143, 145 e 156 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, e la legge n. 14 del 2006, di recepimento della Convenzione europea sul paesaggio. E', come tutte le altre norme che lo precedono, costituzionalmente illegittimo per violazione del principio di leale collaborazione, pacificamente ignorando l'obbligo di copianificazione con lo Stato. 24. Illegittimita' dell'art. 27 della legge regionale 18 gennaio 2021, n. 1 per violazione degli articoli 9 e 117, commi primo e secondo, lettera s) della Costituzione, nonche' per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione Sardegna. L'art. 26, in due distinti commi, disciplina gli interventi ammissibili nella fase di adeguamento degli strumenti urbanistici al Piano paesaggistico regionale, e prevede: «1. Negli ambiti di paesaggio costiero di cui all'art. 14, comma 1, delle NTA del PPR, fino all'adeguamento degli strumenti urbanistici alle previsioni del PPR, e' consentita, in aggiunta ai casi di cui all'art. 15, comma 1, delle NTA, l'adozione e l'approvazione dei piani attuativi previsti nello strumento urbanistico vigente, che ricadono nelle zone territoriali omogenee C, D e G, contigue o interne al tessuto urbano. 2. Ai fini dell'applicazione della disciplina transitoria di cui all'art. 15, comma 1, delle NTA del PPR, i confini amministrativi comunali sono considerati elementi geografici di interclusione.». L'art. 15, comma 1, delle NTA, detta la disciplina transitoria per gli ambiti di paesaggio costieri, prevedendo che, fino all'adeguamento degli strumenti urbanistici comunali alle previsioni del PPR, e' consentita l'attivita' edilizia e la relativa realizzazione delle opere di urbanizzazione nelle zone omogenee A e B dei centri abitati e delle frazioni individuate dai comuni ai sensi dell'art. 9 della legge 24 dicembre 1954 n. 1228, purche' delimitate ed indicate come tali negli strumenti urbanistici comunali. Inoltre, sono realizzabili in conformita' ai vigenti strumenti urbanistici comunali gli interventi edilizi ricadenti nelle zone C immediatamente contigue al tessuto urbano consolidato ed intercluse da elementi geografici, infrastrutturali ed insediativi che ne delimitino univocamente tutti i confini. L'art. 27 della legge regionale n. 1 del 2021 introduce nelle NTA del PPR, in via autonoma e unilaterale, una ulteriore fattispecie derogatoria agli obblighi di adeguamento al Piano paesaggistico regionale dei PUC (Piani urbanistici comunali), consentendo l'adozione e approvazione di Piani attuativi derogatori alla obbligatoria disciplina di tutela definita dal PPR. Tale disposizione e' inoltre resa ancor piu' grave, nelle sue conseguenze per la tutela del paesaggio (comprensivo dell'intero territorio), dalla introduzione con il comma 2 di una sorta di presunzione, in base alla quale i «confini amministrativi comunali» sono considerati come un elemento pari a quello dell'edificazione o infrastrutturazione esistente, nel cui solo ambito sarebbe stato possibile, ai sensi delle NTA, operare ulteriori trasformazioni del territorio. La disposizione, pertanto, non solo aggiunge, rispetto alle NTA, le zone omogenee D e G, ma consente di edificare ulteriormente, con piani attuativi, in aggiunta a quanto gia' previsto dal vigente PPR, anche in ambiti tutelati paesaggisticamente, e cio' senza il coinvolgimento obbligatorio del Ministero in sede di copianificazione obbligatoria. L'art. 27 e' pertanto costituzionalmente illegittimo per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale, come attuato mediante il decreto del Presidente della Repubblica n. 480 del 1975, nonche' degli articoli 9, 117, primo comma e secondo comma, lettera s), della Costituzione, rispetto ai quali costituiscono norme interposte gli articoli 135, 143, 145 e 156 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, e la legge n. 14 del 2006, di recepimento della Convenzione europea sul paesaggio. E' infine costituzionalmente illegittimo per la consueta e ripetuta violazione del principio di leale collaborazione con lo Stato per aver ignorato l'obbligo di copianificazione . 25. Illegittimita' dell'art. 28 della legge regionale 18 gennaio 2021, n. 1 per violazione degli articoli 3, 9 e 117, commi primo e secondo, lettera s) della Costituzione, nonche' per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione Sardegna. La norma qui indicata cosi' dispone: «1. Fino all'adeguamento del PPR e delle relative NTA il vincolo paesaggistico relativo alle zone umide di cui all'art. 17, comma 3, delle vigenti NTA si interpreta sistematicamente con l'art. 18 delle medesime NTA nel senso che le zone umide rappresentano beni paesaggistici oggetto di conservazione e tutela per l'intera fascia di 300 metri dalla linea di battigia dei laghi naturali, degli stagni, delle lagune e degli invasi artificiali, a prescindere dalle perimetrazioni operate sulle relative cartografie in misura inferiore. 2. Nelle zone urbanistiche A, B, C, D, E ed F dei comuni che non abbiano provveduto all'adeguamento del piano urbanistico comunale al PPR, le aree libere da volumi regolarmente accatastati alla data di approvazione della presente legge, che ricadano nella fascia di tutela di cui al comma 1, sono inedificabili e non possono essere oggetto di alcuna trasformazione urbanistica o edilizia. 3. Sugli edifici esistenti nella fascia di tutela di cui al comma 1 restano consentiti gli interventi di cui all'art. 3, comma 1, lettere a), b), c) e d) del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (Testo A)), e successive modifiche ed integrazioni». Al contempo, il successivo art. 29 abroga l'art. 27 della legge regionale n. 8 del 2015, che cosi' estendeva il vincolo paesaggistico: «1. Sono beni paesaggistici le zone umide di cui all'art. 17, comma 3, lettera g) delle Norme tecniche di attuazione del Piano paesaggistico regionale, individuate e rappresentate nella cartografia di piano nella loro dimensione spaziale. Il vincolo paesaggistico non si estende, oltre il perimetro individuato, alla fascia di tutela dei 300 metri dalla linea di battigia, riferita ai soli laghi naturali e invasi artificiali». Al riguardo, occorre anzitutto evidenziare che l'art. 17, comma 1, lettera g), delle NTA del PPR elenca, tra le categorie di beni paesaggistici, tipizzati e individuati nella cartografia del PPR, la seguente: «Zone umide, laghi naturali ed invasi artificiali e territori contermini compresi in una fascia della profondita' di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi». Si tratta di zone umide individuate dal PPR e, quindi, diverse e ulteriori rispetto a quelle tutelate ai sensi della Convenzione di Ramsar (queste ultime soggette a vincolo ex lege ai sensi dell'art. 142, comma 1, lettera i), del Codice dei beni culturali e del paesaggio). Tale norma era stata oggetto della pronuncia del Consiglio di Stato n. 2188 del 2012, con la quale si era ritenuto che la fascia di rispetto della profondita' di 300 metri «deve allora ritenersi valere per tutti i beni elencati in tale lettera g)». Successivamente, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 308 del 2013, aveva dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1 e 2, della legge della Regione autonoma Sardegna 12 ottobre 2012, n. 20 (Norme di interpretazione autentica in materia di beni paesaggistici), che prevedeva: «1. La Giunta regionale, nel rispetto della norma fondamentale di riforma economico-sociale del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), e successive modifiche ed integrazioni, assume una deliberazione di interpretazione autentica dell'art. 17, comma 3, lettera g), delle norme di attuazione del Piano paesaggistico regionale nel senso che la l'ascia della profondita' di 300 metri dalla linea di battigia e' da riferirsi esclusivamente, come in tali disposizioni gia' stabilito, ai laghi naturali e agli invasi artificiali, e non si applica alle citate zone umide tipizzate e individuate ai sensi dell'art. 134, comma 1, lettera c), del decreto legislativo n. 42 del 2004, come modificato dall'art. 4, comma 1, del decreto legislativo 24 marzo 2006, n. 157 (Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione al paesaggio. 2. I comuni e gli altri enti competenti, in conformita' alla deliberazione di interpretazione autentica della Giunta regionale di cui al comma 1, sono tenuti ad adottare i necessari atti conseguenti con riferimento ai titoli abilitativi rilasciati a decorrere dal 24 maggio 2006, data di adozione del Piano paesaggistico regionale». In tale occasione la Corte ha ritenuto, tra l'altro, che «... la volonta' del legislatore deve ravvisarsi, alla luce di quanto statuito nella legge regionale n. 8 del 2004 e nelle relative norme del cosiddetto Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, nella volonta' di assicurare un'adeguata tutela e valorizzazione del paesaggio, in primo luogo attraverso lo strumento del Piano paesistico regionale (art. 1 della legge regionale n. 8 del 2004; art. 135 del Codice dei beni culturali e del paesaggio). L'effetto prodotto dalla norma regionale impugnata, all'opposto, risulta essere quello di una riduzione dell'ambito di protezione riferita ad una categoria di beni paesaggistici, le zone umide, senza che cio' sia imposto dal necessario soddisfacimento di preminenti interessi costituzionali. E cio', peraltro, in violazione di quei limiti che la giurisprudenza costituzionale ha ravvisato alla portata retroattiva delle leggi, con particolare riferimento al rispetto delle funzioni riservate al potere giudiziario. Deve, pertanto, essere dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, della legge reg. Sardegna n. 20 del 2012». Con la legge regionale n. 8 del 2015, la Regione Sardegna era nuovamente intervenuta a precisare la nozione delle «zone umide» tipizzate e individuate dal PPR, questa volta senza dichiarare la natura di norma di interpretazione autentica della previsione introdotta. In particolare, mediante il richiamato art. 27 - ora abrogato - la Regione specificava come, tenuto conto della distinzione tra «zone umide» e «laghi naturali e invasi artificiali», solo a questi ultimi dovesse considerarsi riferita la fascia di rispetto di 300 metri di cui all'art. 17 delle NTA. L'art. 28, comma 1, della legge regionale in esame introduce una nuova (ulteriore e diversa) interpretazione autentica della stessa previsione di cui all'art. 17, comma 3, lettera g), delle NTA, ancora piu' restrittiva della portata del vincolo. La tutela delle zone umide oggetto di vincolo paesaggistico tipizzato e individuato dal PPR, subisce una doppia limitazione: non solo le predette zone non sono dotate di una propria fascia di rispetto di 300 metri, ma la relativa individuazione e' limitata alla sola porzione che rientra nella fascia di rispetto dei 300 metri prevista per i laghi naturali, gli stagni, le lagune e gli invasi artificiali, di fatto riconducendo e «assorbendo» la tutela delle zone umide alla tutela gia' riconosciuta dal PPR alla fascia di rispetto di altri beni paesaggistici. La Regione opera, quindi, una riduzione della tutela specificatamente riconosciuta alle zone umide come bene paesaggistico autonomo, in contrasto con le previsioni delle NTA. Occorre rilevare che la disposizione censurata, seppure qualificata dallo stesso legislatore regionale in termini di norma di interpretazione autentica, non si pone in linea con le indicazioni offerte dalla Corte costituzionale nello scrutinare, attraverso il parametro offerto dall'art. 3 della Costituzione, la legittimita' delle norme di interpretazione autentica o comunque delle norme dotate di efficacia retroattiva: non assegna, infatti, alla norma interpretata un significato gia' in questa contenuto, riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario; ne', ancora, vale a chiarire situazioni di oggettiva incertezza del dato normativo in ragione di un dibattito giurisprudenziale irrisolto, o consente di ristabilire un'interpretazione piu' aderente alla originaria volonta' del legislatore a tutela della certezza del diritto e della eguaglianza dei cittadini, principi di preminente interesse costituzionale. Piuttosto, lungi dal fornire un'interpretazione possibile del testo della legge impugnata, ne restringe all'evidenza l'estensione, al solo scopo di diminuire la portata applicativa della disciplina di tutela riferibile alle zone umide. Ne', ancora, la retroattivita' della disposizione de qua finisce comunque per trovare giustificazione nella tutela di principi, diritti e beni di rilievo costituzionale, che costituiscono altrettanti motivi imperativi di interesse generale, ai sensi della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848; si mostra, per contro, lesiva dei principi prima richiamati ed in particolare della certezza dell'ordinamento giuridico e dell'affidamento dei soggetti destinatari. Nella richiamata sentenza n. 308 del 2013, la Corte ha anche ricordato, richiamando il proprio orientamento, i limiti costituzionali che devono essere rispettati dalle norme di «interpretazione autentica». Si tratta di «una serie di limiti "attinenti alla salvaguardia, oltre che dei principi costituzionali, anche di altri fondamentali valori di civilta' giuridica, posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza [...]; la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto; la coerenza e la certezza dell'ordinamento giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario (sentenza n. 209 del 2010)" (sentenza n. 78 del 2012)». La disposizione si pone in contrasto frontale peraltro, con i principi enunciati dalla Corte costituzionale e dal Giudice amministrativo in materia di tutela delle zone umide proprio con riferimento a norme regionali della Sardegna che si proponevano di ridurre la tutela assegnata dal Piano paesaggistico ai predetti beni. In materia di tutela del paesaggio, il Codice dei beni culturali e del paesaggio costituisce per la Regione espressione della competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), nonche' limite per quanto attiene alle norme di grande riforma in esso contenute in materia di «edilizia ed urbanistica», attribuita alla Regione in via esclusiva. Conseguentemente, non spetta alla Regione sottrarre unilateralmente categorie di beni paesaggistici gia' sottoposti a tutela al principio fondamentale di copianificazione con lo Stato posto dal predetto Codice. Posto quanto illustrato, se l'art. 29 della legge regionale in esame, in quanto abroga un disposizione che non era condivisibile di cui risulta legittima e opportuna l'eliminazione, e' invece costituzionalmente illegittimo l'art. 28, commi 1 e 3 per violazione degli articoli 3 e 9 della Costituzione, in considerazione dei profili di arbitrarieta' e irragionevolezza insiti nella norma di interpretazione autentica, che determina l'effetto della diminuzione della tutela di beni di pregio paesaggistico. La stessa norma e' poi costituzionalmente illegittima per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale nonche' degli articoli 9, 117, primo comma e secondo comma, lettera s), della Costituzione, rispetto ai quali costituiscono norme interposte gli articoli 135, 143, 145 e 156 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, e la legge n. 14 del 2006, di recepimento della Convenzione europea sul paesaggio. E' infine costituzionalmente illegittima, come ripetersi..., per la violazione del principio di leale collaborazione, per mancata osservanza dell'obbligo di copianificazione con lo Stato. 26. Illegittimita' dell'art. 30, comma 2, della legge regionale 18 gennaio 2021, n. 1 per violazione degli articoli 3, 9 e 117, commi primo e secondo, lettera s) della Costituzione, nonche' per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale della Regione Sardegna. Nel Capo IV della legge regionale e' inserito l'art. 29, contenente «Clausola di non onerosita'», che prevede, al comma 2, che: «Gli articoli della presente legge, trattandosi di disposizioni straordinarie per il sostegno dell'economia mediante il rilancio del settore edilizio coniugate con la riqualificazione, la razionalizzazione ed il miglioramento della qualita' architettonica e abitativa, della sicurezza strutturale, della compatibilita' paesaggistica e dell'efficienza energetica del patrimonio edilizio esistente nel territorio regionale, anche attraverso la semplificazione delle procedure, sono cogenti e di immediata applicazione e prevalgono sugli atti di pianificazione, anche settoriale, sugli strumenti urbanistici generali e attuativi e sulle altre vigenti disposizioni normative regionali». Si tratta di una disposizione manifestamente illegittima, in quanto assicura la prevalenza delle disposizioni regionali rispetto alle previsioni e prescrizioni del Piano paesaggistico regionale, in contrasto con le previsioni del Codice (art. 145), che costituiscono norme interposte rispetto agli articoli 9 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, come piu' volte affermato dalla Corte costituzionale, la quale ha sancito l'inderogabilita' del piano paesaggistico da parte del legislatore regionale (sentenze n. 11 e 189 del 2016). L'art. 30, comma 2, e' pertanto costituzionalmente illegittimo per violazione dell'art. 3 dello statuto speciale, nonche' degli articoli 9, 117, primo comma e secondo comma, lettera s), Cost., rispetto ai quali costituiscono norme interposte gli articoli 135, 143, 145 e 156 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, la legge n. 14 del 2006, di recepimento della Convenzione europea sul paesaggio, e l'art. 5, comma 11, del decreto-legge n. 70 del 2011. E' poi illegittimo, ad avviso del Governo, per violazione dell'art. 3 della Costituzione per gli esiti manifestamente arbitrari e irragionevoli cui conduce deroga indiscriminata della disciplina del territorio E' inoltre illegittimo per violazione dell'art. 3 dello Statuto speciale, come attuato mediante il decreto del Presidente della Repubblica n. 480 del 1975, e degli articoli 3 e 97 della Costituzione, per aver violato - pur negli spazi eventualmente spettanti alla potesta' legislativa regionale - le norme di grande riforma economico sociale costituite dai principi di cui all'art. 41-quinquies, ottavo e nono comma, della legge n. 1150 del 1942 (come attuato mediante il decreto ministeriale n. 1444 del 1968, recepito dalla Regione Sardegna con il D. A. n. 2266/U/1983, e il d.P.G. n. 228 del 1994), agli articoli 2-bis e 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, all'intesa sul piano casa del 2009, fondata sulla previsione dell'art. 11 del decreto-legge n. 112 del 2008, e all'art. 5, commi 9 e seguenti, del decreto-legge n. 70 del 2011. E' infine costituzionalmente illegittimo per avere espressamente previsto la prevalenza della legge regionale (e qui sta l'intenzione di fondo del legislatore regionale chiaramente manifestata) sulla pianificazione formatasi in collaborazione con lo Stato nell'ambito di una pianificazione condivisa. Negando l'esistenza attuale di un obbligo di copianificazione, il legislatore regionale misconosce il ruolo fondamentale e determinate dello Stato nella materia della tutela del paesaggio e del governo del territorio, e per questo motivo l'intera legge non puo' passare al vaglio di costituzionalita'.
P.Q.M. La Presidenza del Consiglio dei ministri, come in epigrafe rappresentata e difesa, conclude per l'accoglimento del presente ricorso e per la conseguente dichiarazione di incostituzionalita' delle norme della legge regionale in esso denunciate. Roma, 21 marzo 2021 L'Avvocato dello Stato: Corsini