N. 50 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 gennaio 2021
Ordinanza del 5 gennaio 2021 del Commissario regionale per gli usi civici per le Regioni Lazio, Umbria e Toscana nel procedimento relativo a Frattini Maurizio c/GI.MA. a r.l. e altri. Usi civici - Norme della Regione Lazio - Attribuzione ai Comuni di funzioni e compiti amministrativi in materia di liquidazione di usi civici gravanti su terreni privati che abbiano acquisito carattere edificatorio. - Legge della Regione Lazio 3 gennaio 1986, n. 1 (Regime urbanistico dei terreni di uso civico e relative norme transitorie), art. 4, come sostituito dall'art. 4 della legge regionale 27 gennaio 2005, n. 6 ("Modifiche alla legge regionale 3 gennaio 1986, n. 1 (Regime urbanistico dei terreni di uso civico e relative norme transitorie) e successive modifiche ed alla legge regionale 6 agosto 1999, n. 14 (Organizzazione delle funzioni a livello regionale e locale per la realizzazione del decentramento amministrativo) e successive modifiche").(GU n.17 del 28-4-2021 )
IL COMMISSARIO PER LA LIQUIDAZIONE DEGLI USI CIVICI PER LE REGIONI LAZIO,UMBRIA e TOSCANA Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento iscritto al n. 5 del registro generale contenzioso civile dell'anno 2018 vertente, tra Maurizio Frattini rappresentato e difeso dall'avvocato Giovanni Culla, ricorrente e societa' GI.MA, a r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Fulvio Zardo e Roberta Neri, la societa' Mercurio Mortage Finance, rappresentata e difesa dall'avvocato Irene Desolina Brolo, la Regione Lazio rappresentata e difesa dall'avvocato Rita Santo, resistenti e Comune di Ardea Alessandro Pinsone, Pinsone Sabine, Perfili Melissa e Cinquepalmi Gianluca, resistenti contumaci avente ad oggetto: accertamento qualitas soli. F a t t o Con ordinanza del 14 novembre 2017 il giudice dell'esecuzione del Tribunale di Velletri disponeva trasmettersi a questo commissariato copia della comparsa di costituzione di Maurizio Frattini per quanto di propria competenza» in quanto quest'ultimo aveva rilevato la presenza di usi civici sull'immobile oggetto di esecuzione immobiliare. Deduceva Maurizio Frattini di aver ricevuto, nel dicembre del 2016, atto di pignoramento immobiliare da parte della societa' GI.MA. s.r.l. per L'importo di € 40.747,34 intendendo sottoporre ad esecuzione forzata gli immobili siti nel Comune di Ardea. Nell'ambito della detta procedura esecutiva il CTU nominato, Ing. Piero Simonetta, redigeva la perizia dell'esperto ex art. 568 codice di procedura civile depositandola in data 4 ottobre 2017, indicando che il bene pignorato risultava gravato da usi civici. Con decreto del 26 febbraio 2018 veniva quindi disposto il giudizio commissariale. Si costituiva in giudizio il ricorrente Maurizio Frattini chiedendo che fosse accertata «l'effettiva natura del bene stagito, ovvero di bene soggetto ad usi civici». Si costituivano in giudizio la societa' GI.MA s.r.l a mezzo degli avvocati Giorgia Mereu e Federico Pesce e la Barclays Bank PLC, in proprio e nella qualita' di procuratore della societa' Mercurio Mortage Finance s.r.l. a mezzo dell'avvocato Irene Desolina Brolo richiamando le proprie difese svolte nel processo esecutivo insistendo per l'accertamento della natura allodiale dei terreni. Si costituiva in giudizio la Regione Lazio eccependo il difetto di giurisdizione del commissario. Non si costituiva in giudizio il Comune di Ardea. II contraddittorio veniva integrato nei confronti dei comproprietari Alessandro Pinsone, Pinsone Sabine, Perfili Melissa e Cinquepalmi Gianluca che non si costituivano in giudizio. Veniva acquisita la perizia redatta dall'ing. Piero Simonetti innanzi al Tribunale di Velletri. Con ordinanza del 20 luglio 2018 veniva disposto il sequestro degli immobili oggetto di giudizio. In data 31 luglio 2018 perveniva dal Comune di Ardea - rimasto contumace - documentazione attestante la liquidazione degli usi civici. Veniva disposta una Consulenza tecnica d'ufficio con nomina del doti. Giandomenico Alberati. Precisate le conclusioni all'udienza del 19 giugno 2020, tenuta con modalita' scritta ex art. 83, comma VII, lettera b. del decreto-legge 18120, la causa veniva trattenuta in decisione previa concessione alle parti dei termini di cui all'art. 190 codice di procedura civile per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica. D i r i t t o 1. Esaminati gli atti del procedimento, ritiene il giudicante di dover sollevare d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge della Regione Lazio n. 1 del 1986, cosi' come modificato dall'art. 4 della legge della Regione Lazio n. 6 del 2005 - in riferimento agli arti. 3, 9, 117, secondo comma, lettere l) e s), e 118 della Costituzione. Infatti la legge regionale sopra consente la liquidazione degli usi civici gravanti su terreni di proprieta' privata qualora i medesimi abbiano acquisito carattere edificatorio «per la destinazione degli strumenti urbanistici generali e loro varianti, oppure, in mancanza di strumento urbanistico generale, in quanto ricadenti in aree urbanizzate come indicate dalla pianificazione paesistica regionale». 2. La questione e' rilevante ai fini' del presente giudizio in quanto, in base alla normativa regionale, a seguito della presentazione di istanza «ai sensi dell'art. 4, comma 2, della legge regionale 27 gennaio 2005 n. 6» da parte del proprietario il Comune di Ardea, con determina n. 354108 del 24 giugno 2008 deliberava «La liquidazione dell'uso civico di pascolo, legnatico e semina» sui terreni oggetto di giudizio disponendo che «Conseguentemente detto terreno e' affrancato dal diritto civico di pascolo, legnatico semina mediante l'imposizione di un capitale d'affrancazione pari ad € 198.80» talche' questo Giudice dovrebbe limitarsi a prendere atto dell'avvenuta estinzione dei diritti di uso civico la cui esistenza veniva appurata dal CTU nominato. L'univocita' della previsione legislativa non consente diverse interpretazioni, costituzionalmente compatibili, e la liquidazione degli usi civici deriva direttamente dalla legge impugnata (che non puo' essere disapplicata) non essendo necessari ulteriori atti amministrativi. Neppure si richiede di svolgere alcuna attivita' istruttoria essendo pacifici i fatti di causa e l'originaria presenza degli usi civici tanto che la causa, sull'accordo delle parti, veniva trattenuta in decisione. 3. La questione poi non e' manifestamente infondata. 4. Invero la Regione Lazio emanava, in data 3 gennaio 1986, la legge n. 1 contenente il «Regime urbanistico dei terreni di uso civico e relative norme transitorie» poi modificata dalla legge regionale n. 6 del 27 gennaio 2005. In questa sede viene censurato l'art. 4 della predetta legge della Regione che cosi' stabilisce: «1. Sono attribuiti ai comuni le cui collettivita' sono titolari dei diritti di uso civico le funzioni ed i compiti amministrativi concernenti la liquidazione dei diritti stessi gravanti su terreni privati i quali, per la destinazione degli strumenti urbanistici generali e loro varianti, oppure, in mancanza di strumento urbanistico generale, in quanto ricadenti in aree urbanizzate come indicate dalla pianificazione paesistica regionale, abbiano acquisito carattere edificatorio.... ». 5. Deve osservarsi che la materia degli usi civici e' disciplinata in modo tendenzialmente esaustivo da norme statali: legge 16 giugno 1927 n. 1766, regolamento approvato con regio decreto n. 322 dei 1928 e legge 168/2017. Tali norme prevedono speciali procedure di liquidazione degli usi civici. Alle Regioni sono state trasferite, dai decreti presidenziali n. 11 del 15 gennaio 1972 e 616 del 24 luglio 1977, le sole funzioni amministrative connesse alle ipotesi di liquidazione degli usi civici e quindi la Regione Lazio non avrebbe potuto emanare norme derogatorie di quelle statali introducendo nuove ipotesi di liquidazione degli usi civici non previste dalla normativa statale. Invero, nel caso in esame, la sottrazione dei terreni gravati da usi civici alla loro destinazione viene realizzata dalla legge regionale attraverso una procedura diversa da quelle previste dal legislatore statale onde garantire l'interesse della collettivita' alla conservazione degli usi civici e alla salvaguardia dell'ambiente e del paesaggio. 6. Giova osservare che gli usi civici sono stati configurati dal legislatore statale come tendenzialmente imprescrittibili, inusucapibili ed indisponibili (art. 12, secondo comma, della legge n. 1766 del 1927 e a. 3, comma III, legge 168/2017). Il regime di indisponibilita' dei beni gravati da uso civico e' stato interpretato restrittivamente dalla giurisprudenza (ex plurimis, Cass., sezione seconda, 24 luglio 1963, n. 2062) mentre la legge regionale li considera liberamente alienabili a seguito del mero acquisto della potenzialita' edificatoria capovolgendo le procedure dettate dalle norme statali. In altre parole se la legge nazionale consente l'edificazione dei terreni dopo la liquidazione degli usi civici secondo la legge regionale e' la stessa vocazione edificatoria acquistata dai terreni a consentire la liquidazione degli usi da parte del Comune. Invece la sottrazione di un bene gravato da usi civici a detta destinazione puo' avvenire solo con le forme e nei limiti previsti dalla normativa primaria. Inoltre, mentre per i beni demaniali e' prevista, seppure in casi eccezionali, la sclassificazione tacita del suolo, per i beni civici tale classificazione e' esclusa, anzi vietata, come ha precisato la Corte di Cassazione con la sentenza 12 dicembre 1953, n. 3690. Pertanto la legge impugnata si pone in irriducibile contrasto con la legislazione nazionale costituita dalla legge 16 giugno 1927, n. 1766, sul riordinamento degli usi civici nel Regno, dal regio decreto 26 febbraio 1928 n. 332 e dalla legge n. 168/2017 che non prevedono tali forme di liquidazione. 7. Sotto altro profilo deve osservarsi che, l'art. 1, lettera h), della legge 8 agosto 1985 n. 431, ha sottoposto a vincolo paesaggistico, ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497 «le aree assegnate alle Universita' agrarie e le zone gravate da usi civici». Tale previsione viene ribadita dall' art. 142 del decreto legislativo n. 42 del 2004 che dichiara di interesse paesaggistico, tra le altre, «le aree assegnate alle universita' agrarie e le zone gravate da usi civici (lettera f) che quindi vengono inserite nel Codice dei beni culturali e del paesaggio. Stabilisce inoltre l'art. 3, comma VI, della legge 16812017, che con l'imposizione del vincolo «l'ordinamento giuridico garantisce l'interesse della collettivita' generale alla conservazione degli usi civici per contribuire alla salvaguardia dell'ambiente e del paesaggio». Si tratta di norme di grande riforma economico-sociale (Cfr. Corte costituzionale, sentenze n. 210 del 2014, n. 207 e n. 66 del 2012, n. 226 e n. 164 del 2009) con conseguenti limiti all'esercizio della competenza legislativa primaria delle Regioni. 8. La funzione di tutela dell'ambiente svolta dagli usi civici e' stata magistralmente ricostruita dalla Corte costituzionale (si vedano per tutte l'ordinanza n. 316 del 1998 e le sentenze nn. 46/95 e 133193). La Corte costituzionale ha evidenziato un «interesse unitario della comunita' nazionale alla conservazione degli usi civici, in quanto e nella misura in cui concorrono a determinare la forma del territorio su cui si esercitano, intesa quale prodotto di «una integrazione fra uomo e ambiente naturale» (sentenza n. 46 dei 1995). In particolare la Corte costituzionale, nella sentenza n. 391 del 1989, ha affermato che nell'ordinamento costituzionale vigente prevale - nel caso dei beni civici - l'interesse; «di conservazione dell'ambiente naturale in vista di una [loro] utilizzazione, come beni ecologici, tutelato dall'art. 9, secondo comma, Cost.» In sostanza, e' lo stesso aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che contiene, a costituire, di per se, un valore costituzionale (sentenza n. 367 del 2007). Anche la Cassazione ha ricostruito la nozione di bene pubblico «quale strumento finalizzato alla realizzazione di valori costituzionali» (Corte di Cassazione, Sezioni unite civili, sentenza n. 3811 del 2011). L'art. 117 della Costituzione, lettera a), riserva alla legislazione esclusiva dello Stato la «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali» (ex plurimis, sentenza n. 367 del 2007). Si legge nella sentenza n. 103 del 2017 che: «Il riconoscimento normativo della valenza ambientale dei beni civici ha determinato, da un lato, l'introduzione di vincoli diversi e piu' penetranti e, dall'altro, la sopravvivenza del principio tradizionale, secondo cui eventuali mutamenti di destinazione - salvo i casi eccezionali di legittimazione delle occupazioni e di alienazione dei beni silvo-pastorali - devono essere compatibili con l'interesse generale della comunita' che ne e' titolare». Ne deriva che la Regione: «non possa assumere, unilateralmente, decisioni che liberano dal vincolo ambientale porzioni del territorio. Oltre alle ipotesi di mutamento di destinazione, che sostanzialmente rimodellano il vincolo ambientale verso una nuova finalita' comunque conforme agli interessi della collettivita', devono assolutamente soggiacere al meccanismo concertativo le ipotesi di classificazione, che sottraggono in via definitiva il bene alla collettivita' ed al patrimonio tutelato» (Cfr. Corte costituzionale n. 103 del 2017). Invece la Regione Lazio, con la norma impugnata, ha profondamente inciso su tale materia consentendo che aree del suo territorio potessero essere sottratte alla normativa statale in materia di tutela ambientale senza il concorso di organi dello Stato. Infatti la Regione Lazio, attraverso la predetta legge, ha determinato una automatica classificazione dei terreni gravati da uso civico solo perche' divenuti edificabili ma la normativa regionale «non puo', salvo i casi suscettibili di alienazione e legittimazione previsti dalla legge n. 1766 del 1927, servire a sanare indiscriminatamente occupazioni abusive» (cfr. Corte costituzionale n. 103 del 2017). 9. E evidente che tale norma eccede la competenza regionale, incidendo nelle materie della «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali» riservate al legislatore statale dall'art. 117, lettera s) come peraltro gia' riconosciuto dalla Corte costituzionale, da ultimo, nelle sentenze nn. 178/2018 e 71/2020. La competenza legislativa regionale in materia incontra poi il limite delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica quali le evocate disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio (Cfr. Corte costituzionale sentenza n. 210 del 2014). 10. La norma regionale in questione si pone quindi in contrasto con l'art. 9 della Costituzione. La liquidazione degli usi civici con conseguente edificabilita' dei suoli collide con la tutela del paesaggio, inteso come morfologia del territorio, cioe' l'ambiente nei suo aspetto visivo. In sostanza, e' lo stesso aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che contiene, che e' di per se' un valore costituzionale (sentenza n. 367 del 2007). Sul punto deve rilevarsi che la pianificazione paesaggistica deve essere esercitata, di concerto, da Stato e Regione (Corte costituzionale n. 21012014). 11. Sotto altro profilo la legge regionale incide nella materia dell'ordinamento civile «che si pone quale limite alla legislazione regionale, in quanto fondato sull'esigenza, sottesa al principio costituzionale di eguaglianza, di garantire nel territorio nazionale l'uniformita' della disciplina dettata per i rapporti interprivati. La materia dell'ordinamento civile, quindi, identifica un'area riservata alla competenza esclusiva della legislazione statale e comprende i rapporti tradizionalmente oggetto di disciplina civilistica (ex plurimis, sentenze n. 123 del 2010, n. 295 del 2009 e n. 352 del 2001). Se e' innegabile che l'individuazione della natura pubblica o privata dei beni appartiene all'«ordinamento civile», deve concludersi che la disposizione censurata, nel disporre la descritta alienabilita', introduce una limitazione ai diritti condominiali degli utenti non prevista dalla normativa statale in materia ... E d'altronde, nell'intero arco temporale di vigenza del Titolo V, Parte 11, della Costituzione - sia nella versione antecedente alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), sia in quella successiva - e, quindi, neppure a seguito dei decreto del Presidente della Repubblica n. 11 del 1972 e n. 616 del 1977 precedentemente richiamati, il regime civilistico dei beni civici non e' mar passato nella sfera di competenza delle Regioni. Infatti, la materia «agricoltura e foreste» di cui al previgente art. 117 Cosi', che giustificava il trasferimento delle funzioni alle Regioni e l'inserimento degli usi civici nei relativi statuti, mai avrebbe potuto comprendere la disciplina della titolarita' e dell'esercizio di diritti dominicali sulle terre civiche» (Cfr. Corte costituzionale sentenza n. 113 del 2018). 12. I diritti esercitati sui beni di uso civico hanno natura dominicale, come costantemente riconosciuto dal giudice della nomofilachia, secondo il quale, nei giudizi relativi all'accertamento e all'esistenza di beni del demanio civico, qualunque cittadino appartenente a quella determinata collettivita' e' legittimato a svolgere intervento, «in quanto la sentenza emanando fa stato anche nei suoi confronti quale partecipe della comunita' titolare degli usi o delle terre demaniali di cui si controverte» (da ultimo, Corte di cassazione, sezione seconda civile, sentenza 29 luglio 2016, n. 15938). La norma regionale disciplina, in difformita' dalla legge n. 1766 del 1927 e dal regio decreto n. 332 del 1928 che la attua, istituti di natura civilistica comportanti il regime dei beni da sottrarre al vincolo paesistico-ambientale. L'art. 4 della legge della Regione Lazio n. 111986 (tosi come modificata dalla legge regionale n. 61005) si pone quindi in contrasto con Part. 117, secondo comma, lettera 1) Costituzione, in quanto il regime dominicale degli usi civici appartiene alla materia «ordinamento civile» di competenza esclusiva dello Stato. 13. Giova rilevare come la materia dei domini collettivi sia oggi espressamente riservata alla «Competenza dello Stato» dall'art. 2 della legge n. 168/2017. 14. La norma censurata si pone altresi' in contrasto con l'art. 118 Cast. per il mancato rispetto del principio di leale collaborazione, stante la «connessione indissolubile tra materie di diversa attribuzione» anche alla luce della sentenza n. 210 del 2014. Invero il legislatore regionale ha proceduto con modalita' unilaterali preclusive della considerazione degli interessi sottesi alla competenza legislativa di cui lo Stato e' titolare. 15. La legge regionale confligge infine con il principio di ragionevolezza (a. 3 della Costituzione) e e di coerenza interna del sistema normativo in quanto all'art. 1 stabilisce che: «1. La pianificazione paesistica prevista dalla normativa vigente in materia determina le prescrizioni, dirette alla salvaguardia delle zone di uso civico in vista del preminente interesse alla conservazione della loro destinazione naturale, alle quali i comuni sono tenuti a conformare i loro strumenti urbanistici». Dunque le aree gravate da usi civici dovrebbero essere inedificabili come peraltro pacificamente ritenuto dalla dottrina e giurisprudenza. L'art. 14 consente invece la liquidazione degli usi civici sulle aree gravate da usi civici divenute edificabili in violazione pertanto delle prescrizioni di cui all'articolo i e ledendo, in tal modo, l'interesse super primario dello Stato - Amministrazione e dello Stato - Comunita' alla conservazione dello stato dei luoghi e del paesaggio. 16. Occorre, quindi, disporre l'immediata rimessione degli atti processuali alla Corte costituzionale perche' si pronunzi sulla questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge della Regione Lazio n. 1 del 1986, cosi' come modificato dall'art. 4 della legge della Regione Lazio n. 6 del 2005. 17. La rimessione comporta la sospensione necessaria del presente giudizio, avente ad oggetto, nel merito, l'accertamento della qualitas soli del terreno in questione. Appare altresi' opportuno disporre il dissequestro dei beni.
P. Q. M. Il commissario per la liquidazione degli usi civici per le Regioni Lazio, Umbria e Toscana pronunziando nel giudizio in epigrafe meglio indicato: 1. Visti gli articoli 134 della Costituzione, 1 della legge cast. 9 febbraio 1948, n. 1, e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge della Regione Lazio n. 1 del 1986, cosi' come modificato dall'art. 4 della legge della Regione Lazio n. 6 del 2005 - in riferimento agli arti. 3, 9,117, secondo comma, lettere I) e s), e 118 della Costituzione; 2. Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio; 3. Revoca il provvedimento di sequestro come da separata ordinanza; 4. Ordina che, a cura della Cancelleria del commissariato, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed alla regione Lazio in persona del Presidente in carica, ed al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Roma il 4 gennaio 2021. Il Commissario: Perinelli