N. 83 SENTENZA 25 marzo - 30 aprile 2021

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Spese di giustizia - Eredita' giacente  -  Compenso  del  curatore  -
  Anticipazione  erariale  ove  la  procedura  sia   stata   attivata
  d'ufficio,  non  vi  siano  eredi  accettanti  e   l'eredita'   sia
  incapiente - Omessa previsione - Irragionevolezza e  disparita'  di
  trattamento - Illegittimita' costituzionale. 
Spese di giustizia - Eredita' giacente  -  Compenso  del  curatore  -
  Anticipazione  erariale  ove  la  procedura  sia   stata   attivata
  d'ufficio,  non  vi  siano  eredi  accettanti  e   l'eredita'   sia
  incapiente - Omessa previsione - Denunciata violazione del  diritto
  alla tutela del lavoro e alla retribuzione - Non  fondatezza  della
  questione. 
- Decreto del Presidente della Repubblica 30  maggio  2002,  n.  115,
  art. 148, comma 3. 
- Costituzione, artt. 3, 35 e 36. 
(GU n.18 del 5-5-2021 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giancarlo CORAGGIO; 
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'
  ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca   ANTONINI,   Stefano
  PETITTI, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 148 (recte:
art. 148, comma 3) del decreto del  Presidente  della  Repubblica  30
maggio  2002,  n.  115,  recante  «Testo  unico  delle   disposizioni
legislative e regolamentari in materia di spese di  giustizia  (Testo
A)», promosso dal Tribunale ordinario  di  Trieste,  in  composizione
monocratica, con ordinanza del 16 gennaio 2020, iscritta al n. 87 del
registro ordinanze 2020, pubblicata nella  Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 29, prima serie speciale, dell'anno 2020. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del  24  marzo  2021  il  Giudice
relatore Stefano Petitti; 
    deliberato nella camera di consiglio del 25 marzo 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 16 gennaio 2020 (r.o. n. 87 del  2020),  il
Tribunale ordinario  di  Trieste,  in  composizione  monocratica,  ha
sollevato questioni  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  148
(recte:  art.  148,  comma  3)  del  decreto  del  Presidente   della
Repubblica 30  maggio  2002,  n.  115,  recante  «Testo  unico  delle
disposizioni legislative e  regolamentari  in  materia  di  spese  di
giustizia (Testo A)», nella parte in cui non prevede che il  compenso
del curatore dell'eredita'  giacente  venga  anticipato  dallo  Stato
«quale soggetto finale nel cui interesse e' svolto il  procedimento»,
ove  questo,  attivato  d'ufficio,  si  sia  concluso   senza   eredi
accettanti e con eredita' incapiente. 
    Atteso  che  in  detta  evenienza  l'onorario  del  curatore  non
potrebbe  essere  posto  a  carico  di  alcuno  -  ne'  di  un  erede
accettante, e nemmeno dello Stato erede necessario, che risponde solo
intra vires -, la denunciata omissione normativa violerebbe gli artt.
3, 35 e 36 della Costituzione, per l'intrinseca  irragionevolezza  di
una prestazione non compensata, la mancata tutela  del  lavoro  e  la
lesione del diritto alla retribuzione. 
    Sarebbe irragionevole che il curatore possa percepire il compenso
quando vi e' un erede accettante o quando l'eredita' devolutasi  allo
Stato risulti capiente, e  non  anche  quando  la  procedura  si  sia
conclusa senza accettazione ereditaria e con asse insufficiente, «pur
essendo questo un esito che  non  dipende  da  fatto  del  curatore»;
sarebbe poi ingiustificata la disparita' di trattamento  rispetto  al
caso nel quale il curatore  sia  stato  nominato  su  istanza  di  un
soggetto ammesso al patrocinio a spese  dello  Stato,  ipotesi  nella
quale, pur se non vi e' stata accettazione dell'eredita' e questa  e'
risultata passiva, l'onorario del curatore e' anticipato dall'erario. 
    1.1.- In punto di rilevanza delle questioni,  il  giudice  a  quo
espone di dover provvedere sull'istanza di liquidazione del  compenso
presentata dal curatore di  un'eredita'  giacente  aperta  d'ufficio,
rivelatasi negativa e non accettata da alcuno. 
    Il rimettente assume  di  non  poter  operare  un'interpretazione
adeguatrice,  poiche'  la  denunciata  omissione  normativa  non   si
presterebbe ad essere colmata tramite l'applicazione estensiva  degli
artt. 49 e 146 del d.P.R.  n.  115  del  2002:  l'art.  49  riconosce
l'onorario a tutti gli ausiliari del magistrato, e «tuttavia nel caso
in esame tale disposizione e' in concreto inapplicabile, mancando una
parte a carico della quale porre  le  spese»;  l'art.  146,  che  per
effetto della sentenza n.  174  del  2006  di  questa  Corte  prevede
l'anticipazione erariale dell'onorario  al  curatore  del  fallimento
senza attivo, non potrebbe essere esteso  al  curatore  dell'eredita'
giacente, poiche' la Corte stessa, nell'ordinanza n. 446 del 2007, ha
rimarcato la disomogeneita' tra le fattispecie. 
    2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  che  ha  chiesto  dichiararsi  le  questioni   manifestamente
infondate. 
    Richiamata l'ordinanza n. 446 del 2007, l'interveniente nega  che
all'onorario del curatore dell'eredita' possa  estendersi  il  regime
del  compenso  del  curatore   fallimentare,   attesa   la   maggiore
complessita' dell'attivita' propria di quest'ultimo, «innestata in un
procedimento   avente   anche   carattere   contenzioso»,    rispetto
all'attivita'  svolta  dal  curatore  dell'eredita'  «nel  corso  del
relativo procedimento di volontaria giurisdizione». 
    Secondo l'Avvocatura, mancando di prevedere in  termini  assoluti
la spettanza di un onorario al curatore  dell'eredita'  giacente,  il
legislatore avrebbe  effettuato  «un  complessivo  bilanciamento  tra
l'interesse economico del curatore all'ottenimento di un compenso per
l'attivita' svolta,  e  la  necessita'  di  assicurare  una  corretta
distribuzione  delle  limitate  risorse  statali,  avendo   cura   di
garantire, in via prioritaria, ai non abbienti la tutela  dei  propri
diritti». 
    D'altronde, essendo quello di curatore dell'eredita' giacente  un
incarico non obbligatorio e  meramente  occasionale,  l'eventualita',
peraltro del tutto marginale,  che  esso  resti  senza  compenso  non
determinerebbe alcun vulnus costituzionale, tantomeno in  riferimento
ai parametri concernenti il lavoro subordinato. 
    In ogni caso, il  curatore  che  non  percepisce  l'onorario  per
incapienza dell'eredita' otterrebbe  pur  sempre  una  «remunerazione
indiretta», connessa al prestigio professionale della  collaborazione
con l'autorita' giudiziaria. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Tribunale  ordinario   di   Trieste,   in   composizione
monocratica, ha sollevato questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 148 (recte: art. 148, comma 3) del decreto  del  Presidente
della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo  unico  delle
disposizioni legislative e  regolamentari  in  materia  di  spese  di
giustizia (Testo A)», in riferimento agli artt.  3,  35  e  36  della
Costituzione, nella parte in cui non prevede,  al  comma  3,  che  il
compenso del curatore dell'eredita' giacente venga  anticipato  dallo
Stato  «quale  soggetto  finale  nel  cui  interesse  e'  svolto   il
procedimento», ove questo, attivato d'ufficio, si sia concluso  senza
eredi accettanti e con eredita' incapiente. 
    La mancanza di  accettazione  ereditaria  e  l'insufficienza  del
patrimonio relitto impedirebbero al curatore di percepire  l'onorario
pur essendo  tali  fattori  indipendenti  dalla  sua  opera,  sicche'
l'omessa    previsione    dell'anticipazione     erariale     sarebbe
intrinsecamente irragionevole, priverebbe  di  tutela  una  forma  di
lavoro e lederebbe il diritto alla giusta retribuzione. 
    1.1.-  Sebbene  le  censure  siano  indirizzate  dal   rimettente
all'art. 148 del d.P.R. n. 115 del 2002 nella  sua  interezza,  esse,
poiche' relative all'omessa previsione di un'anticipazione  erariale,
devono  intendersi  riferite  specificamente   al   comma   3   della
disposizione, che riguarda appunto le  spese  anticipate  dall'erario
nella procedura dell'eredita' giacente attivata d'ufficio. 
    2.- La questione sollevata in riferimento  agli  artt.  35  e  36
Cost. non e' fondata. 
    Essa   postula   una   sostanziale    assimilazione    dell'opera
professionale dell'ausiliario del giudice al lavoro subordinato e  il
conseguente accostamento dell'onorario alla retribuzione, mentre, per
costante giurisprudenza di questa Corte, la natura occasionale  della
prestazione dell'ausiliario del magistrato o del difensore  d'ufficio
impedisce di ricostruirne l'incidenza sulla  formazione  del  reddito
complessivo del singolo prestatore e quindi non consente  neppure  di
impostare la valutazione del  relativo  compenso  nei  termini  della
retribuzione adeguata e sufficiente (ex plurimis, sentenze n. 90  del
2019, n. 13 del 2016, n. 192 del 2015, n. 41 del 1996  e  n.  88  del
1970). 
    3.- E' invece  fondata  la  questione  sollevata  in  riferimento
all'art. 3 Cost. 
    4.- Distribuita tra il codice civile e  il  codice  di  procedura
civile,  la  disciplina  della  figura  del   curatore   ne   delinea
l'essenzialita'  per  la  procedura  di  giacenza  ereditaria,  quale
sistema di amministrazione interinale ed eventuale  liquidazione  del
patrimonio in successione. 
    4.1.-  Il  curatore  dell'eredita'  giacente  e'   nominato   dal
tribunale del circondario in cui si e'  aperta  la  successione,  «su
istanza delle persone  interessate  o  anche  d'ufficio»,  quando  il
chiamato non ha accettato l'eredita' e non e' nel  possesso  di  beni
ereditari (art. 528, primo comma, del codice civile). 
    Gia'  la  previsione  della  nomina   officiosa   evidenzia   che
l'attivita'  del  curatore,  lungi  dall'esaurirsi  nella  dimensione
privatistica  del  trapasso  successorio,  corrisponde  all'interesse
pubblico che questo si svolga in modo ordinato e senza dispersione di
valore. 
    In tale prospettiva, la nomina  del  curatore  produce  immediati
effetti  sostanziali,  in  particolare  impedisce   l'iscrizione   di
ipoteche  giudiziali  sui  beni  ereditari,  quand'anche  in  base  a
sentenze pronunziate anteriormente alla morte del debitore (art. 2830
cod. civ.). 
    Gli  obblighi  del  curatore  dell'eredita'  giacente,   elencati
dall'art. 529 cod. civ., descrivono un'attivita'  molteplice,  talora
complessa, poiche' egli deve procedere all'inventario  dell'eredita',
esercitarne  e  promuoverne  le  ragioni,  rispondere  alle   istanze
proposte contro la  medesima,  amministrarla,  depositare  presso  le
casse postali o un istituto di credito  designato  dal  tribunale  il
denaro che si trova nell'eredita'  o  si  ritrae  dalla  vendita  dei
mobili o degli immobili, e, da ultimo, rendere il conto della propria
amministrazione. 
    Il curatore esercita altresi' una funzione - seppur  eventuale  -
di tipo liquidatorio, poiche' egli puo' provvedere al  pagamento  dei
debiti ereditari e dei legati, previa  autorizzazione  del  tribunale
(art. 530, primo comma, cod. civ.), ma, se alcuno dei creditori o dei
legatari  fa   opposizione,   deve   provvedere   alla   liquidazione
dell'eredita' secondo le norme dell'eredita' accettata col  beneficio
d'inventario (art. 530, secondo comma, cod. civ.). 
    Il  curatore  amministra  l'eredita'  «sotto  la  vigilanza   del
giudice» (art. 782, primo comma, del codice di  procedura  civile)  e
deve vendere i beni  mobili  che  ne  fanno  parte,  nonche'  i  beni
immobili ove il tribunale autorizzi di  questi  ultimi  l'alienazione
nei casi di necessita' o  utilita'  evidente  (art.  783  cod.  proc.
civ.). 
    Ai sensi dell'art. 193 del regio decreto  18  dicembre  1941,  n.
1368 (Disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile  e
disposizioni transitorie), il curatore dell'eredita' giacente,  prima
d'iniziare l'esercizio delle sue funzioni, deve  prestare  giuramento
davanti al giudice di custodire  e  amministrare  fedelmente  i  beni
dell'eredita'. 
    Dell'amministrazione dei beni ereditari il curatore  risponde  in
modo pieno, quindi anche per colpa lieve,  poiche'  l'art.  531  cod.
civ. non gli  estende  la  limitazione  di  responsabilita'  concessa
dall'art. 491 cod. civ. all'erede  con  beneficio  d'inventario,  che
viceversa risponde solo per colpa grave. 
    Sebbene  possa  chiudersi  in  tempi  brevi  in   ragione   della
sopravvenienza dell'accettazione del chiamato - evento che  determina
la cessazione delle funzioni del curatore (art. 532 cod. civ.) -,  la
curatela  dell'eredita'  giacente  puo'  tuttavia   implicare   anche
un'attivita' di lungo corso, fino a sfociare, in  mancanza  di  altri
successibili, nella  successione  necessaria  dello  Stato,  a  norma
dell'art. 586 cod. civ. 
    Sempre  in  funzione  dell'ordinato  svolgimento  della   vicenda
successoria, al curatore dell'eredita' giacente l'art. 28,  comma  2,
del decreto legislativo 31 ottobre 1990,  n.  346  (Approvazione  del
testo  unico   delle   disposizioni   concernenti   l'imposta   sulle
successioni e donazioni),  attribuisce  l'obbligo  di  presentare  la
dichiarazione di successione, e  il  successivo  art.  36,  comma  4,
prevede che la sua nomina possa essere chiesta anche dall'ufficio del
registro. 
    4.2.- Per diritto vivente, il curatore dell'eredita' giacente  e'
un ausiliario del giudice. 
    Su incarico e sotto la vigilanza del giudice, egli  persegue  gli
obiettivi tipici della procedura giudiziale, rientrando quindi  nella
«categoria aperta» degli  ausiliari,  riferita  dall'art.  68,  primo
comma, cod. proc. civ. ad ogni persona che assiste il giudice perche'
«idonea al compimento di atti che non e' in grado di compiere da  se'
solo»  (Corte  di  cassazione,  sezioni  unite  civili,  sentenza  21
novembre 1997, n. 11619). 
    Anche dopo l'entrata in vigore del d.P.R. n. 115 del 2002  -  che
all'art.  3,  comma  1,  lettera  n),  definisce  l'ausiliario   come
«qualunque [...] soggetto  competente,  in  una  determinata  arte  o
professione  o  comunque  idoneo  al  compimento  di  atti,  che   il
magistrato o il funzionario addetto all'ufficio puo' nominare a norma
di legge» -, la giurisprudenza di legittimita' annovera  il  curatore
dell'eredita' giacente  tra  gli  ausiliari  del  giudice  (Corte  di
cassazione, sezione sesta civile,  ordinanza  2  settembre  2020,  n.
18239, e sezione seconda civile, ordinanza 5 maggio 2009, n. 10328). 
    Cio'  implica,  tra  l'altro,  un   piu'   severo   inquadramento
penalistico dell'eventuale  condotta  distrattiva  del  curatore,  in
passato considerata reato comune di appropriazione indebita,  e  oggi
invece qualificata, appunto  perche'  tenuta  da  un  ausiliario  del
giudice, come reato proprio di peculato (Corte di cassazione, sezione
sesta penale, sentenza 23 settembre 2010, n.  34335),  ovvero  truffa
aggravata dall'abuso  di  pubblica  funzione  (Corte  di  cassazione,
sezione sesta penale, sentenza 31 marzo 2015, n. 13800). 
    5.- Premesso, al comma 1, che  «[n]ella  procedura  dell'eredita'
giacente attivata d'ufficio alcune spese  sono  prenotate  a  debito,
altre sono anticipate dall'erario», l'art. 148 del d.P.R. n. 115  del
2002 non menziona l'onorario del curatore, ne' tra le prime, ne'  tra
le seconde, e anzi tace dell'onorario  di  qualunque  ausiliario  del
magistrato. 
    Per la procedura fallimentare, invece, con  riguardo  all'ipotesi
in cui tra i beni del  fallimento  non  vi  sia  denaro  sufficiente,
l'art. 146,  comma  3,  lettera  c),  del  d.P.R.  n.  115  del  2002
stabilisce  che  l'onorario  degli  ausiliari   del   magistrato   e'
anticipato dall'erario. 
    5.1.- Con la sentenza n. 174 del 2006, questa Corte ha dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 146, comma 3, del d.P.R. n.
115 del 2002, nella  parte  in  cui  non  ricomprende  tra  le  spese
anticipate  dall'erario  le   spese   e   l'onorario   del   curatore
fallimentare. 
    Precisato che il curatore, quale «organo normale e necessario del
procedimento  fallimentare»,  e'  un  «ausiliare  della   giustizia»,
piuttosto che un «ausiliare del giudice», e tratta la conseguenza che
l'anticipazione erariale prevista dall'art. 146, comma 3, lettera c),
del d.P.R. n.  115  del  2002  non  potesse  essere  estesa  per  via
interpretativa al curatore fallimentare, tale sentenza  ha  colto  la
violazione   dell'art.   3    Cost.    nell'essere    l'anticipazione
dell'onorario esclusa per il solo curatore. 
    Sono stati cosi' superati i precedenti relativi all'art.  91  del
regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del  fallimento,  del
concordato  preventivo,  dell'amministrazione  controllata  e   della
liquidazione  coatta  amministrativa)  -   medio   tempore   abrogato
dall'art. 299, comma 1, del d.P.R. n. 115 del 2002 -,  nei  quali  la
mancata  previsione  dell'anticipazione  erariale  dell'onorario  del
curatore di un fallimento senza attivo era stata giustificata con gli
argomenti della possibile gratuita' dell'ufficio in ragione della sua
volontarieta',  dell'impossibilita'   di   assimilare   il   curatore
fallimentare a un lavoratore subordinato e del compenso indiretto che
anche una curatela non retribuita pur sempre garantisce in termini di
affinamento professionale (sentenza n. 302 del 1985; ordinanze n. 368
del 1994 e n. 488 del 1993). 
    A tali argomenti la sentenza n. 174 del  2006,  da  un  lato,  ha
opposto che «[l]a volontarieta' e non obbligatorieta' dell'incarico e
la non assimilabilita' della posizione  del  curatore  a  quella  del
lavoratore non escludono il diritto del  curatore  al  compenso,  ne'
giustificano la non ricomprensione delle spese  e  degli  onorari  al
curatore fra quelle che, come le spese e gli onorari  agli  ausiliari
del giudice, sono anticipate dallo Stato, in  caso  di  chiusura  del
fallimento per mancanza di attivo»; dall'altro lato,  circa  la  tesi
della ricompensa indiretta della curatela dei fallimenti  "negativi",
ha osservato  che  «l'affinamento  professionale  non  giustifica  la
negazione del relativo compenso». 
    5.2.- Nel dichiarare la manifesta infondatezza della questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 1, del d.P.R.  n.  115
del 2002, sollevata in riferimento agli artt. 3  e  24  Cost.,  nella
parte in cui prevede che, in caso di  eredita'  giacente  avviata  su
istanza dell'interessato e cessata per carenza di attivo, le spese  e
l'onorario del curatore siano posti a carico  dell'istante,  anziche'
dell'erario, questa Corte,  con  l'ordinanza  n.  446  del  2007,  ha
ritenuto che la sentenza n. 174 del 2006 non potesse essere estesa  a
detta  ulteriore  questione,  sia  per  la   «disomogeneita'»   della
posizione del curatore fallimentare rispetto a  quella  del  curatore
dell'eredita' giacente, sia per  la  peculiarita'  della  fattispecie
concreta, nella quale la nomina del curatore  dell'eredita'  giacente
era avvenuta ad istanza di parte. 
    6.-  Intervenuto  in  giudizio  per  il  tramite  dell'Avvocatura
generale dello Stato, il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  ha
richiamato proprio l'ordinanza n.  446  del  2007  per  sostenere  la
manifesta infondatezza delle odierne questioni. 
    Tuttavia,  il  richiamato  precedente  non   si   attaglia   alla
fattispecie  ora  in  esame,  poiche'  questa  riguarda  la  giacenza
ereditaria attivata d'ufficio, mentre  quello  concerne  la  giacenza
ereditaria  attivata  ad  istanza  di  parte,  differenza  di   ovvia
rilevanza, giacche'  la  presenza  di  un  soggetto  istante  implica
l'esistenza di un centro di imputazione degli oneri della procedura. 
    6.1.-  Non  e'  persuasivo  neppure  l'argomento  dell'Avvocatura
generale circa la maggiore complessita' dell'attivita'  del  curatore
fallimentare rispetto a quella del curatore  dell'eredita'  giacente,
di natura anche contenziosa l'una, solo di  volontaria  giurisdizione
l'altra. 
    Una   maggiore   complessita'   dell'attivita'    del    curatore
fallimentare puo' ammettersi solo  in  via  tendenziale,  poiche'  la
giacenza ereditaria cessa con l'accettazione del chiamato, e puo'  in
questo caso risolversi in un'attivita' gestoria di modesta portata. 
    Tuttavia, specie in difetto  di  una  sopravvenuta  accettazione,
l'opera del curatore dell'eredita'  giacente  puo'  avere  anche  una
lunga durata, includere la  liquidazione  dei  beni  ereditari  e  la
formazione dello stato  di  graduazione  dei  creditori  e  legatari,
rispetto alla quale ultima possono anche darsi incidenti contenziosi. 
    La  «disomogeneita'»  tra  curatore   fallimentare   e   curatore
dell'eredita' giacente - sottolineata dall'ordinanza n. 446 del  2007
con richiamo alla giurisprudenza di legittimita', «la quale ha sempre
ritenuto che le disposizioni dettate per la liquidazione del compenso
al  curatore  del  fallimento  non  sono  applicabili,  neppure   per
analogia, al curatore dell'eredita' giacente» - puo' incidere  dunque
sul quantum del compenso, non anche sull'an. 
    E infatti, come emerge proprio dalla costante  giurisprudenza  di
legittimita',  l'onorario  spetta  anche  al  curatore  dell'eredita'
giacente, sebbene alla  relativa  quantificazione  il  giudice  debba
provvedere  senza  poter  ricorrere   alla   tariffa   dei   curatori
fallimentari,  «neppure  a  titolo  orientativo,  stante   l'evidente
disomogeneita' delle prestazioni», ma  «col  suo  prudente  criterio»
(Corte di cassazione, sezione seconda civile,  sentenza  28  novembre
1991, n. 12767), cioe' con una valutazione equitativa correlata  alla
professione   prevalente   spesa   dal   curatore   nell'espletamento
dell'incarico (Corte di cassazione, sezione seconda civile, ordinanza
25 agosto 2020, n. 17735). 
    6.2.- Circa gli ulteriori argomenti dell'Avvocatura  riferiti  al
carattere volontario dell'incarico di curatore dell'eredita' giacente
e ai vantaggi professionali che esso comporta pur  in  difetto  della
percezione di un onorario, vale ripetere quanto gia' osservato  nella
sentenza  n.  174  del  2006,  cioe'  che  la   non   obbligatorieta'
dell'incarico non  ne  implica  la  gratuita'  e  che  il  giovamento
professionale indotto dallo svolgimento di un'opera  non  assorbe  il
diritto al compenso per averla resa. 
    Ne' la destinazione prioritaria delle risorse statali alla tutela
giurisdizionale dei non abbienti - enfatizzata  dall'interveniente  -
e' di per  se'  in  grado  di  privare  il  curatore  di  un'eredita'
incapiente  del  diritto  all'onorario  per  l'attivita'  svolta  nel
pubblico interesse, come non e' in  grado  di  privare  del  medesimo
diritto il curatore di un fallimento senza attivo. 
    7.- Ai sensi dell'art. 49, comma 1, del d.P.R. n. 115  del  2002,
l'onorario spetta «[a]gli ausiliari  del  magistrato»,  insieme  alle
indennita' di viaggio e di soggiorno, alle  spese  di  viaggio  e  al
rimborso delle spese sostenute per l'adempimento dell'incarico. 
    Per la sua portata generale, questa disposizione  concerne  tutti
gli ausiliari del magistrato, quindi anche il curatore  dell'eredita'
giacente, che, come si e' visto, per diritto  vivente,  fa  parte  di
tale categoria. 
    La questione si sposta, pertanto, dalla titolarita'  del  diritto
al compenso alle condizioni della  sua  effettivita',  atteso  che  -
nella giacenza attivata d'ufficio, conclusasi senza accettazione  del
chiamato e con eredita'  insufficiente  -  il  diritto  del  curatore
all'onorario esiste attualmente solo in termini virtuali. 
    7.1.- L'art. 8, comma 1, del d.P.R. n. 115  del  2002  stabilisce
che «[c]iascuna parte provvede alle spese degli atti processuali  che
compie e di quelli che chiede» (salvi gli effetti dell'ammissione  al
patrocinio a spese dello Stato, cui fa riferimento il comma 2). 
    Con specifico riguardo all'eredita' giacente attivata  d'ufficio,
l'art. 148, comma 4, del d.P.R. n. 115 del  2002  dispone  che  «[i]l
magistrato pone le spese della procedura a carico dell'erede, in caso
di accettazione successiva; a carico del curatore, nella qualita', se
la procedura si conclude senza che intervenga accettazione». 
    Nella giacenza attivata su istanza di parte, quindi,  come  nella
fattispecie di cui all'ordinanza n.  446  del  2007,  l'onorario  del
curatore grava sul soggetto istante in base all'art. 8, comma 1,  del
d.P.R. n. 115 del 2002 (salvi gli effetti  dell'eventuale  ammissione
dell'istante al patrocinio a spese dello Stato). 
    Nell'eredita'  giacente  attivata   d'ufficio   e   cessata   per
sopravvenuta accettazione, l'onorario del curatore  grava  sull'erede
accettante, a norma dell'art. 148, comma 4, primo periodo, del d.P.R.
n. 115 del 2002, e in aderenza alla retroattivita'  dell'accettazione
ereditaria (art. 459 cod. civ.). 
    In quella, infine, attivata d'ufficio e cessata  per  devoluzione
allo Stato di un'eredita' capiente,  l'onorario  del  curatore  grava
sullo Stato stesso quale erede ultimo ovvero  -  come  recita  l'art.
148, comma 4, secondo periodo, del d.P.R. n. 115 del 2002 - resta  «a
carico del curatore, nella qualita'»,  e  cio'  perche'  la  capienza
dell'asse tiene salvo il principio per  cui  lo  Stato,  quale  erede
necessario, «non risponde dei debiti ereditari e dei legati oltre  il
valore dei beni acquistati» (art. 586, secondo comma, cod. civ.). 
    Nella  fattispecie  oggetto   della   questione   in   scrutinio,
viceversa,  il  diritto  al  compenso,  poiche'  non  assistito   dal
meccanismo dell'anticipazione erariale, resta privo di  effettivita'.
Trattandosi, infatti, di eredita' giacente  attivata  d'ufficio,  non
accettata  dal  chiamato  e  rivelatasi  incapiente,  l'onorario  del
curatore non puo' essere imputato ad alcuno. 
    Quando  la  giacenza  attivata  d'ufficio  si  conclude  con   la
devoluzione allo Stato  di  un'eredita'  incapiente,  l'anticipazione
erariale  dell'onorario   corrisponde   all'esigenza   di   garantire
l'effettivita' del diritto al compenso spettante al curatore al  pari
di  ogni  altro  ausiliario  del  giudice  (in  disparte   se   possa
predicarsene la qualita' di «ausiliare della giustizia», riferita  al
curatore fallimentare dalla sentenza  n.  174  del  2006);  l'impegno
erariale riflette, d'altro canto, l'interesse  pubblico  all'ordinato
svolgimento della  vicenda  successoria,  che  trascende  l'interesse
patrimoniale dello Stato-erede e costituisce la  ratio  stessa  della
nomina officiosa del curatore dell'eredita' giacente. 
    Nell'ipotesi data, quindi, l'omessa previsione dell'anticipazione
erariale determina  un'irragionevole  disparita'  di  trattamento  in
danno   del   curatore   dell'eredita'    giacente    ed    evidenzia
un'irragionevolezza intrinseca  della  norma  in  rapporto  alla  sua
stessa finalita': tutto cio' integra una lesione del parametro di cui
all'art. 3 Cost. 
    7.2.-  Attesa  la  distinzione  tra  «prenotazione  a  debito»  e
«anticipazione» sancita dalle lettere s) e t) del comma 1 dell'art. 3
del d.P.R. n. 115 del 2002,  l'una  definita  come  «l'annotazione  a
futura memoria di  una  voce  di  spesa,  per  la  quale  non  vi  e'
pagamento, ai fini dell'eventuale successivo recupero», l'altra  come
«il pagamento di una voce di  spesa  che,  ricorrendo  i  presupposti
previsti dalla legge, e' recuperabile»,  lo  strumento  necessario  a
garantire  l'effettivita'  del  diritto  all'onorario  del   curatore
dell'eredita' incapiente va individuato nell'anticipazione  erariale,
al pari di quanto deciso con la sentenza  n.  174  del  2006  per  il
curatore del fallimento senza attivo. 
    Invero, come pure sottolineato nella sentenza n.  217  del  2019,
che    ha    dichiarato    l'illegittimita'    costituzionale     per
irragionevolezza dell'art. 131, comma 3, del d.P.R. n. 115 del  2002,
riguardo alla prenotazione a debito dell'onorario dell'ausiliario del
magistrato in caso di ammissione al patrocinio a spese  dello  Stato,
l'anticipazione erariale assicura l'effettivita'  del  pagamento  del
compenso, sottraendolo all'alea dell'annotazione  a  futura  memoria,
condizionata all'eventualita' del recupero della somma. 
    8.- Per tutto quanto esposto, deve  dichiararsi  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 148, comma 3, del d.P.R. n.  115  del  2002,
per violazione dell'art. 3 Cost., nella parte in cui non prevede  tra
le  «spese  anticipate  dall'erario»  l'onorario  del  curatore   con
riguardo al caso in cui la procedura  di  giacenza  si  sia  conclusa
senza  accettazione  successiva  e  con  incapienza  del   patrimonio
ereditario. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 148,  comma
3, del decreto del Presidente della Repubblica  30  maggio  2002,  n.
115,  recante  «Testo  unico   delle   disposizioni   legislative   e
regolamentari in materia di spese  di  giustizia  (Testo  A)»,  nella
parte in cui  non  prevede  tra  le  «spese  anticipate  dall'erario»
l'onorario del curatore con riguardo al caso in cui la  procedura  di
giacenza  si  sia  conclusa  senza  accettazione  successiva  e   con
incapienza del patrimonio ereditario; 
    2)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 148, comma 3, del d.P.R. n.  115  del  2002,
sollevata, in riferimento agli artt. 35 e 36 della Costituzione,  dal
Tribunale ordinario di  Trieste,  in  composizione  monocratica,  con
l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 25 marzo 2021. 
 
                                F.to: 
                   Giancarlo CORAGGIO, Presidente 
                     Stefano PETITTI, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 30 aprile 2021. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA