N. 83 SENTENZA 25 marzo - 30 aprile 2021
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Spese di giustizia - Eredita' giacente - Compenso del curatore - Anticipazione erariale ove la procedura sia stata attivata d'ufficio, non vi siano eredi accettanti e l'eredita' sia incapiente - Omessa previsione - Irragionevolezza e disparita' di trattamento - Illegittimita' costituzionale. Spese di giustizia - Eredita' giacente - Compenso del curatore - Anticipazione erariale ove la procedura sia stata attivata d'ufficio, non vi siano eredi accettanti e l'eredita' sia incapiente - Omessa previsione - Denunciata violazione del diritto alla tutela del lavoro e alla retribuzione - Non fondatezza della questione. - Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, art. 148, comma 3. - Costituzione, artt. 3, 35 e 36.(GU n.18 del 5-5-2021 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente:Giancarlo CORAGGIO; Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 148 (recte: art. 148, comma 3) del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (Testo A)», promosso dal Tribunale ordinario di Trieste, in composizione monocratica, con ordinanza del 16 gennaio 2020, iscritta al n. 87 del registro ordinanze 2020, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 29, prima serie speciale, dell'anno 2020. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 24 marzo 2021 il Giudice relatore Stefano Petitti; deliberato nella camera di consiglio del 25 marzo 2021. Ritenuto in fatto 1.- Con ordinanza del 16 gennaio 2020 (r.o. n. 87 del 2020), il Tribunale ordinario di Trieste, in composizione monocratica, ha sollevato questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 148 (recte: art. 148, comma 3) del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (Testo A)», nella parte in cui non prevede che il compenso del curatore dell'eredita' giacente venga anticipato dallo Stato «quale soggetto finale nel cui interesse e' svolto il procedimento», ove questo, attivato d'ufficio, si sia concluso senza eredi accettanti e con eredita' incapiente. Atteso che in detta evenienza l'onorario del curatore non potrebbe essere posto a carico di alcuno - ne' di un erede accettante, e nemmeno dello Stato erede necessario, che risponde solo intra vires -, la denunciata omissione normativa violerebbe gli artt. 3, 35 e 36 della Costituzione, per l'intrinseca irragionevolezza di una prestazione non compensata, la mancata tutela del lavoro e la lesione del diritto alla retribuzione. Sarebbe irragionevole che il curatore possa percepire il compenso quando vi e' un erede accettante o quando l'eredita' devolutasi allo Stato risulti capiente, e non anche quando la procedura si sia conclusa senza accettazione ereditaria e con asse insufficiente, «pur essendo questo un esito che non dipende da fatto del curatore»; sarebbe poi ingiustificata la disparita' di trattamento rispetto al caso nel quale il curatore sia stato nominato su istanza di un soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato, ipotesi nella quale, pur se non vi e' stata accettazione dell'eredita' e questa e' risultata passiva, l'onorario del curatore e' anticipato dall'erario. 1.1.- In punto di rilevanza delle questioni, il giudice a quo espone di dover provvedere sull'istanza di liquidazione del compenso presentata dal curatore di un'eredita' giacente aperta d'ufficio, rivelatasi negativa e non accettata da alcuno. Il rimettente assume di non poter operare un'interpretazione adeguatrice, poiche' la denunciata omissione normativa non si presterebbe ad essere colmata tramite l'applicazione estensiva degli artt. 49 e 146 del d.P.R. n. 115 del 2002: l'art. 49 riconosce l'onorario a tutti gli ausiliari del magistrato, e «tuttavia nel caso in esame tale disposizione e' in concreto inapplicabile, mancando una parte a carico della quale porre le spese»; l'art. 146, che per effetto della sentenza n. 174 del 2006 di questa Corte prevede l'anticipazione erariale dell'onorario al curatore del fallimento senza attivo, non potrebbe essere esteso al curatore dell'eredita' giacente, poiche' la Corte stessa, nell'ordinanza n. 446 del 2007, ha rimarcato la disomogeneita' tra le fattispecie. 2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto dichiararsi le questioni manifestamente infondate. Richiamata l'ordinanza n. 446 del 2007, l'interveniente nega che all'onorario del curatore dell'eredita' possa estendersi il regime del compenso del curatore fallimentare, attesa la maggiore complessita' dell'attivita' propria di quest'ultimo, «innestata in un procedimento avente anche carattere contenzioso», rispetto all'attivita' svolta dal curatore dell'eredita' «nel corso del relativo procedimento di volontaria giurisdizione». Secondo l'Avvocatura, mancando di prevedere in termini assoluti la spettanza di un onorario al curatore dell'eredita' giacente, il legislatore avrebbe effettuato «un complessivo bilanciamento tra l'interesse economico del curatore all'ottenimento di un compenso per l'attivita' svolta, e la necessita' di assicurare una corretta distribuzione delle limitate risorse statali, avendo cura di garantire, in via prioritaria, ai non abbienti la tutela dei propri diritti». D'altronde, essendo quello di curatore dell'eredita' giacente un incarico non obbligatorio e meramente occasionale, l'eventualita', peraltro del tutto marginale, che esso resti senza compenso non determinerebbe alcun vulnus costituzionale, tantomeno in riferimento ai parametri concernenti il lavoro subordinato. In ogni caso, il curatore che non percepisce l'onorario per incapienza dell'eredita' otterrebbe pur sempre una «remunerazione indiretta», connessa al prestigio professionale della collaborazione con l'autorita' giudiziaria. Considerato in diritto 1.- Il Tribunale ordinario di Trieste, in composizione monocratica, ha sollevato questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 148 (recte: art. 148, comma 3) del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (Testo A)», in riferimento agli artt. 3, 35 e 36 della Costituzione, nella parte in cui non prevede, al comma 3, che il compenso del curatore dell'eredita' giacente venga anticipato dallo Stato «quale soggetto finale nel cui interesse e' svolto il procedimento», ove questo, attivato d'ufficio, si sia concluso senza eredi accettanti e con eredita' incapiente. La mancanza di accettazione ereditaria e l'insufficienza del patrimonio relitto impedirebbero al curatore di percepire l'onorario pur essendo tali fattori indipendenti dalla sua opera, sicche' l'omessa previsione dell'anticipazione erariale sarebbe intrinsecamente irragionevole, priverebbe di tutela una forma di lavoro e lederebbe il diritto alla giusta retribuzione. 1.1.- Sebbene le censure siano indirizzate dal rimettente all'art. 148 del d.P.R. n. 115 del 2002 nella sua interezza, esse, poiche' relative all'omessa previsione di un'anticipazione erariale, devono intendersi riferite specificamente al comma 3 della disposizione, che riguarda appunto le spese anticipate dall'erario nella procedura dell'eredita' giacente attivata d'ufficio. 2.- La questione sollevata in riferimento agli artt. 35 e 36 Cost. non e' fondata. Essa postula una sostanziale assimilazione dell'opera professionale dell'ausiliario del giudice al lavoro subordinato e il conseguente accostamento dell'onorario alla retribuzione, mentre, per costante giurisprudenza di questa Corte, la natura occasionale della prestazione dell'ausiliario del magistrato o del difensore d'ufficio impedisce di ricostruirne l'incidenza sulla formazione del reddito complessivo del singolo prestatore e quindi non consente neppure di impostare la valutazione del relativo compenso nei termini della retribuzione adeguata e sufficiente (ex plurimis, sentenze n. 90 del 2019, n. 13 del 2016, n. 192 del 2015, n. 41 del 1996 e n. 88 del 1970). 3.- E' invece fondata la questione sollevata in riferimento all'art. 3 Cost. 4.- Distribuita tra il codice civile e il codice di procedura civile, la disciplina della figura del curatore ne delinea l'essenzialita' per la procedura di giacenza ereditaria, quale sistema di amministrazione interinale ed eventuale liquidazione del patrimonio in successione. 4.1.- Il curatore dell'eredita' giacente e' nominato dal tribunale del circondario in cui si e' aperta la successione, «su istanza delle persone interessate o anche d'ufficio», quando il chiamato non ha accettato l'eredita' e non e' nel possesso di beni ereditari (art. 528, primo comma, del codice civile). Gia' la previsione della nomina officiosa evidenzia che l'attivita' del curatore, lungi dall'esaurirsi nella dimensione privatistica del trapasso successorio, corrisponde all'interesse pubblico che questo si svolga in modo ordinato e senza dispersione di valore. In tale prospettiva, la nomina del curatore produce immediati effetti sostanziali, in particolare impedisce l'iscrizione di ipoteche giudiziali sui beni ereditari, quand'anche in base a sentenze pronunziate anteriormente alla morte del debitore (art. 2830 cod. civ.). Gli obblighi del curatore dell'eredita' giacente, elencati dall'art. 529 cod. civ., descrivono un'attivita' molteplice, talora complessa, poiche' egli deve procedere all'inventario dell'eredita', esercitarne e promuoverne le ragioni, rispondere alle istanze proposte contro la medesima, amministrarla, depositare presso le casse postali o un istituto di credito designato dal tribunale il denaro che si trova nell'eredita' o si ritrae dalla vendita dei mobili o degli immobili, e, da ultimo, rendere il conto della propria amministrazione. Il curatore esercita altresi' una funzione - seppur eventuale - di tipo liquidatorio, poiche' egli puo' provvedere al pagamento dei debiti ereditari e dei legati, previa autorizzazione del tribunale (art. 530, primo comma, cod. civ.), ma, se alcuno dei creditori o dei legatari fa opposizione, deve provvedere alla liquidazione dell'eredita' secondo le norme dell'eredita' accettata col beneficio d'inventario (art. 530, secondo comma, cod. civ.). Il curatore amministra l'eredita' «sotto la vigilanza del giudice» (art. 782, primo comma, del codice di procedura civile) e deve vendere i beni mobili che ne fanno parte, nonche' i beni immobili ove il tribunale autorizzi di questi ultimi l'alienazione nei casi di necessita' o utilita' evidente (art. 783 cod. proc. civ.). Ai sensi dell'art. 193 del regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368 (Disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie), il curatore dell'eredita' giacente, prima d'iniziare l'esercizio delle sue funzioni, deve prestare giuramento davanti al giudice di custodire e amministrare fedelmente i beni dell'eredita'. Dell'amministrazione dei beni ereditari il curatore risponde in modo pieno, quindi anche per colpa lieve, poiche' l'art. 531 cod. civ. non gli estende la limitazione di responsabilita' concessa dall'art. 491 cod. civ. all'erede con beneficio d'inventario, che viceversa risponde solo per colpa grave. Sebbene possa chiudersi in tempi brevi in ragione della sopravvenienza dell'accettazione del chiamato - evento che determina la cessazione delle funzioni del curatore (art. 532 cod. civ.) -, la curatela dell'eredita' giacente puo' tuttavia implicare anche un'attivita' di lungo corso, fino a sfociare, in mancanza di altri successibili, nella successione necessaria dello Stato, a norma dell'art. 586 cod. civ. Sempre in funzione dell'ordinato svolgimento della vicenda successoria, al curatore dell'eredita' giacente l'art. 28, comma 2, del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni), attribuisce l'obbligo di presentare la dichiarazione di successione, e il successivo art. 36, comma 4, prevede che la sua nomina possa essere chiesta anche dall'ufficio del registro. 4.2.- Per diritto vivente, il curatore dell'eredita' giacente e' un ausiliario del giudice. Su incarico e sotto la vigilanza del giudice, egli persegue gli obiettivi tipici della procedura giudiziale, rientrando quindi nella «categoria aperta» degli ausiliari, riferita dall'art. 68, primo comma, cod. proc. civ. ad ogni persona che assiste il giudice perche' «idonea al compimento di atti che non e' in grado di compiere da se' solo» (Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza 21 novembre 1997, n. 11619). Anche dopo l'entrata in vigore del d.P.R. n. 115 del 2002 - che all'art. 3, comma 1, lettera n), definisce l'ausiliario come «qualunque [...] soggetto competente, in una determinata arte o professione o comunque idoneo al compimento di atti, che il magistrato o il funzionario addetto all'ufficio puo' nominare a norma di legge» -, la giurisprudenza di legittimita' annovera il curatore dell'eredita' giacente tra gli ausiliari del giudice (Corte di cassazione, sezione sesta civile, ordinanza 2 settembre 2020, n. 18239, e sezione seconda civile, ordinanza 5 maggio 2009, n. 10328). Cio' implica, tra l'altro, un piu' severo inquadramento penalistico dell'eventuale condotta distrattiva del curatore, in passato considerata reato comune di appropriazione indebita, e oggi invece qualificata, appunto perche' tenuta da un ausiliario del giudice, come reato proprio di peculato (Corte di cassazione, sezione sesta penale, sentenza 23 settembre 2010, n. 34335), ovvero truffa aggravata dall'abuso di pubblica funzione (Corte di cassazione, sezione sesta penale, sentenza 31 marzo 2015, n. 13800). 5.- Premesso, al comma 1, che «[n]ella procedura dell'eredita' giacente attivata d'ufficio alcune spese sono prenotate a debito, altre sono anticipate dall'erario», l'art. 148 del d.P.R. n. 115 del 2002 non menziona l'onorario del curatore, ne' tra le prime, ne' tra le seconde, e anzi tace dell'onorario di qualunque ausiliario del magistrato. Per la procedura fallimentare, invece, con riguardo all'ipotesi in cui tra i beni del fallimento non vi sia denaro sufficiente, l'art. 146, comma 3, lettera c), del d.P.R. n. 115 del 2002 stabilisce che l'onorario degli ausiliari del magistrato e' anticipato dall'erario. 5.1.- Con la sentenza n. 174 del 2006, questa Corte ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 146, comma 3, del d.P.R. n. 115 del 2002, nella parte in cui non ricomprende tra le spese anticipate dall'erario le spese e l'onorario del curatore fallimentare. Precisato che il curatore, quale «organo normale e necessario del procedimento fallimentare», e' un «ausiliare della giustizia», piuttosto che un «ausiliare del giudice», e tratta la conseguenza che l'anticipazione erariale prevista dall'art. 146, comma 3, lettera c), del d.P.R. n. 115 del 2002 non potesse essere estesa per via interpretativa al curatore fallimentare, tale sentenza ha colto la violazione dell'art. 3 Cost. nell'essere l'anticipazione dell'onorario esclusa per il solo curatore. Sono stati cosi' superati i precedenti relativi all'art. 91 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa) - medio tempore abrogato dall'art. 299, comma 1, del d.P.R. n. 115 del 2002 -, nei quali la mancata previsione dell'anticipazione erariale dell'onorario del curatore di un fallimento senza attivo era stata giustificata con gli argomenti della possibile gratuita' dell'ufficio in ragione della sua volontarieta', dell'impossibilita' di assimilare il curatore fallimentare a un lavoratore subordinato e del compenso indiretto che anche una curatela non retribuita pur sempre garantisce in termini di affinamento professionale (sentenza n. 302 del 1985; ordinanze n. 368 del 1994 e n. 488 del 1993). A tali argomenti la sentenza n. 174 del 2006, da un lato, ha opposto che «[l]a volontarieta' e non obbligatorieta' dell'incarico e la non assimilabilita' della posizione del curatore a quella del lavoratore non escludono il diritto del curatore al compenso, ne' giustificano la non ricomprensione delle spese e degli onorari al curatore fra quelle che, come le spese e gli onorari agli ausiliari del giudice, sono anticipate dallo Stato, in caso di chiusura del fallimento per mancanza di attivo»; dall'altro lato, circa la tesi della ricompensa indiretta della curatela dei fallimenti "negativi", ha osservato che «l'affinamento professionale non giustifica la negazione del relativo compenso». 5.2.- Nel dichiarare la manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 1, del d.P.R. n. 115 del 2002, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui prevede che, in caso di eredita' giacente avviata su istanza dell'interessato e cessata per carenza di attivo, le spese e l'onorario del curatore siano posti a carico dell'istante, anziche' dell'erario, questa Corte, con l'ordinanza n. 446 del 2007, ha ritenuto che la sentenza n. 174 del 2006 non potesse essere estesa a detta ulteriore questione, sia per la «disomogeneita'» della posizione del curatore fallimentare rispetto a quella del curatore dell'eredita' giacente, sia per la peculiarita' della fattispecie concreta, nella quale la nomina del curatore dell'eredita' giacente era avvenuta ad istanza di parte. 6.- Intervenuto in giudizio per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato, il Presidente del Consiglio dei ministri ha richiamato proprio l'ordinanza n. 446 del 2007 per sostenere la manifesta infondatezza delle odierne questioni. Tuttavia, il richiamato precedente non si attaglia alla fattispecie ora in esame, poiche' questa riguarda la giacenza ereditaria attivata d'ufficio, mentre quello concerne la giacenza ereditaria attivata ad istanza di parte, differenza di ovvia rilevanza, giacche' la presenza di un soggetto istante implica l'esistenza di un centro di imputazione degli oneri della procedura. 6.1.- Non e' persuasivo neppure l'argomento dell'Avvocatura generale circa la maggiore complessita' dell'attivita' del curatore fallimentare rispetto a quella del curatore dell'eredita' giacente, di natura anche contenziosa l'una, solo di volontaria giurisdizione l'altra. Una maggiore complessita' dell'attivita' del curatore fallimentare puo' ammettersi solo in via tendenziale, poiche' la giacenza ereditaria cessa con l'accettazione del chiamato, e puo' in questo caso risolversi in un'attivita' gestoria di modesta portata. Tuttavia, specie in difetto di una sopravvenuta accettazione, l'opera del curatore dell'eredita' giacente puo' avere anche una lunga durata, includere la liquidazione dei beni ereditari e la formazione dello stato di graduazione dei creditori e legatari, rispetto alla quale ultima possono anche darsi incidenti contenziosi. La «disomogeneita'» tra curatore fallimentare e curatore dell'eredita' giacente - sottolineata dall'ordinanza n. 446 del 2007 con richiamo alla giurisprudenza di legittimita', «la quale ha sempre ritenuto che le disposizioni dettate per la liquidazione del compenso al curatore del fallimento non sono applicabili, neppure per analogia, al curatore dell'eredita' giacente» - puo' incidere dunque sul quantum del compenso, non anche sull'an. E infatti, come emerge proprio dalla costante giurisprudenza di legittimita', l'onorario spetta anche al curatore dell'eredita' giacente, sebbene alla relativa quantificazione il giudice debba provvedere senza poter ricorrere alla tariffa dei curatori fallimentari, «neppure a titolo orientativo, stante l'evidente disomogeneita' delle prestazioni», ma «col suo prudente criterio» (Corte di cassazione, sezione seconda civile, sentenza 28 novembre 1991, n. 12767), cioe' con una valutazione equitativa correlata alla professione prevalente spesa dal curatore nell'espletamento dell'incarico (Corte di cassazione, sezione seconda civile, ordinanza 25 agosto 2020, n. 17735). 6.2.- Circa gli ulteriori argomenti dell'Avvocatura riferiti al carattere volontario dell'incarico di curatore dell'eredita' giacente e ai vantaggi professionali che esso comporta pur in difetto della percezione di un onorario, vale ripetere quanto gia' osservato nella sentenza n. 174 del 2006, cioe' che la non obbligatorieta' dell'incarico non ne implica la gratuita' e che il giovamento professionale indotto dallo svolgimento di un'opera non assorbe il diritto al compenso per averla resa. Ne' la destinazione prioritaria delle risorse statali alla tutela giurisdizionale dei non abbienti - enfatizzata dall'interveniente - e' di per se' in grado di privare il curatore di un'eredita' incapiente del diritto all'onorario per l'attivita' svolta nel pubblico interesse, come non e' in grado di privare del medesimo diritto il curatore di un fallimento senza attivo. 7.- Ai sensi dell'art. 49, comma 1, del d.P.R. n. 115 del 2002, l'onorario spetta «[a]gli ausiliari del magistrato», insieme alle indennita' di viaggio e di soggiorno, alle spese di viaggio e al rimborso delle spese sostenute per l'adempimento dell'incarico. Per la sua portata generale, questa disposizione concerne tutti gli ausiliari del magistrato, quindi anche il curatore dell'eredita' giacente, che, come si e' visto, per diritto vivente, fa parte di tale categoria. La questione si sposta, pertanto, dalla titolarita' del diritto al compenso alle condizioni della sua effettivita', atteso che - nella giacenza attivata d'ufficio, conclusasi senza accettazione del chiamato e con eredita' insufficiente - il diritto del curatore all'onorario esiste attualmente solo in termini virtuali. 7.1.- L'art. 8, comma 1, del d.P.R. n. 115 del 2002 stabilisce che «[c]iascuna parte provvede alle spese degli atti processuali che compie e di quelli che chiede» (salvi gli effetti dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, cui fa riferimento il comma 2). Con specifico riguardo all'eredita' giacente attivata d'ufficio, l'art. 148, comma 4, del d.P.R. n. 115 del 2002 dispone che «[i]l magistrato pone le spese della procedura a carico dell'erede, in caso di accettazione successiva; a carico del curatore, nella qualita', se la procedura si conclude senza che intervenga accettazione». Nella giacenza attivata su istanza di parte, quindi, come nella fattispecie di cui all'ordinanza n. 446 del 2007, l'onorario del curatore grava sul soggetto istante in base all'art. 8, comma 1, del d.P.R. n. 115 del 2002 (salvi gli effetti dell'eventuale ammissione dell'istante al patrocinio a spese dello Stato). Nell'eredita' giacente attivata d'ufficio e cessata per sopravvenuta accettazione, l'onorario del curatore grava sull'erede accettante, a norma dell'art. 148, comma 4, primo periodo, del d.P.R. n. 115 del 2002, e in aderenza alla retroattivita' dell'accettazione ereditaria (art. 459 cod. civ.). In quella, infine, attivata d'ufficio e cessata per devoluzione allo Stato di un'eredita' capiente, l'onorario del curatore grava sullo Stato stesso quale erede ultimo ovvero - come recita l'art. 148, comma 4, secondo periodo, del d.P.R. n. 115 del 2002 - resta «a carico del curatore, nella qualita'», e cio' perche' la capienza dell'asse tiene salvo il principio per cui lo Stato, quale erede necessario, «non risponde dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni acquistati» (art. 586, secondo comma, cod. civ.). Nella fattispecie oggetto della questione in scrutinio, viceversa, il diritto al compenso, poiche' non assistito dal meccanismo dell'anticipazione erariale, resta privo di effettivita'. Trattandosi, infatti, di eredita' giacente attivata d'ufficio, non accettata dal chiamato e rivelatasi incapiente, l'onorario del curatore non puo' essere imputato ad alcuno. Quando la giacenza attivata d'ufficio si conclude con la devoluzione allo Stato di un'eredita' incapiente, l'anticipazione erariale dell'onorario corrisponde all'esigenza di garantire l'effettivita' del diritto al compenso spettante al curatore al pari di ogni altro ausiliario del giudice (in disparte se possa predicarsene la qualita' di «ausiliare della giustizia», riferita al curatore fallimentare dalla sentenza n. 174 del 2006); l'impegno erariale riflette, d'altro canto, l'interesse pubblico all'ordinato svolgimento della vicenda successoria, che trascende l'interesse patrimoniale dello Stato-erede e costituisce la ratio stessa della nomina officiosa del curatore dell'eredita' giacente. Nell'ipotesi data, quindi, l'omessa previsione dell'anticipazione erariale determina un'irragionevole disparita' di trattamento in danno del curatore dell'eredita' giacente ed evidenzia un'irragionevolezza intrinseca della norma in rapporto alla sua stessa finalita': tutto cio' integra una lesione del parametro di cui all'art. 3 Cost. 7.2.- Attesa la distinzione tra «prenotazione a debito» e «anticipazione» sancita dalle lettere s) e t) del comma 1 dell'art. 3 del d.P.R. n. 115 del 2002, l'una definita come «l'annotazione a futura memoria di una voce di spesa, per la quale non vi e' pagamento, ai fini dell'eventuale successivo recupero», l'altra come «il pagamento di una voce di spesa che, ricorrendo i presupposti previsti dalla legge, e' recuperabile», lo strumento necessario a garantire l'effettivita' del diritto all'onorario del curatore dell'eredita' incapiente va individuato nell'anticipazione erariale, al pari di quanto deciso con la sentenza n. 174 del 2006 per il curatore del fallimento senza attivo. Invero, come pure sottolineato nella sentenza n. 217 del 2019, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale per irragionevolezza dell'art. 131, comma 3, del d.P.R. n. 115 del 2002, riguardo alla prenotazione a debito dell'onorario dell'ausiliario del magistrato in caso di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, l'anticipazione erariale assicura l'effettivita' del pagamento del compenso, sottraendolo all'alea dell'annotazione a futura memoria, condizionata all'eventualita' del recupero della somma. 8.- Per tutto quanto esposto, deve dichiararsi l'illegittimita' costituzionale dell'art. 148, comma 3, del d.P.R. n. 115 del 2002, per violazione dell'art. 3 Cost., nella parte in cui non prevede tra le «spese anticipate dall'erario» l'onorario del curatore con riguardo al caso in cui la procedura di giacenza si sia conclusa senza accettazione successiva e con incapienza del patrimonio ereditario.
per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE 1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 148, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (Testo A)», nella parte in cui non prevede tra le «spese anticipate dall'erario» l'onorario del curatore con riguardo al caso in cui la procedura di giacenza si sia conclusa senza accettazione successiva e con incapienza del patrimonio ereditario; 2) dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 148, comma 3, del d.P.R. n. 115 del 2002, sollevata, in riferimento agli artt. 35 e 36 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Trieste, in composizione monocratica, con l'ordinanza indicata in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 marzo 2021. F.to: Giancarlo CORAGGIO, Presidente Stefano PETITTI, Redattore Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria Depositata in Cancelleria il 30 aprile 2021. Il Direttore della Cancelleria F.to: Roberto MILANA