N. 57 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 ottobre 2020

Ordinanza del 30 ottobre 2020 del Giudice di  pace  di  Macerata  nel
procedimento civile  promosso  da  Luciani  Lorenzo  c/Prefettura  di
Macerata. 
 
Decreto-legge - Emanazione dei decreti-legge n. 6 del 2020  e  n.  18
  del 2020 e relative leggi di conversione, recanti misure urgenti in
  materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da
  COVID-19 - Adozione da  parte  del  Presidente  del  Consiglio  dei
  ministri di d.P.C.m. di attuazione. 
- Decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6 (Misure urgenti in materia  di
  contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19),
  convertito, con modificazioni, nella legge 5  marzo  2020,  n.  13;
  legge  24  aprile  2020,  n.  27   (Conversione   in   legge,   con
  modificazioni, del decreto-legge 17  marzo  2020,  n.  18,  recante
  misure di potenziamento  del  Servizio  sanitario  nazionale  e  di
  sostegno economico per  famiglie,  lavoratori  e  imprese  connesse
  all'emergenza epidemiologica da COVID-19. Proroga dei  termini  per
  l'adozione di decreti legislativi). 
(GU n.19 del 12-5-2021 )
    Il Giudice di Pace di Macerata avv. Antonino di Renzo Mannino  ha
pronunciato la seguente ordinanza n. 206/2020 nella causa iscritta al
n. RGN. 890/2020 - GdP, nel procedimento civile di quest'ufficio, 
    Lorenzo Luciani nato a  Macerata  il  5  gennaio  1970  domicilio
elettivamente dichiarato Montecassiano (MC) localita' S.  Anna  24/A,
codice fiscale: LCNLNZ70A05E783T, ricorrente in proprio, 
 
                         Il Giudice di Pace 
 
    Visto gli atti del procedimento suddetto, 
        considerato che oggetto d'esame e' la  sanzione,  verbale  di
accertamento del 13 aprile 2020, collegata alla fattispecie  prevista
dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22  marzo  2020
che richiama nelle disposizioni finali  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri dell'8 marzo di cui all'art. 1, riportato  nel
ricorso, che il ricorrente evidenzia la correlazione  alla  ordinanza
Regione Marche n. 10 del 19 marzo 2020 Covid-19 e ordinanza Ministero
della salute del 20 marzo 2020; 
        che il ricorrente sostiene l'incostituzionalita' in relazione
all'art. 23 legge  costituzionale  11  marzo  1953,  n.  87;  che  la
fattispecie  necessita  un  vaglio  in  ordine   alle   problematiche
complessive e di riferimento specifico che si espongono  di  seguito,
tenuto conto che: la procedura di impugnazione segue le regole di cui
alla  legge  di  depenalizzazione,  come   modificata   dal   decreto
legislativo n. 150/2011, ed ha  come  oggetto  verbale  emesso  dalla
Legione Carabinieri Marche n. MCCC01 - 18 - NORM  -  MC  in  data  13
aprile 2020 violazione del decreto del Presidente del  Consiglio  dei
ministri 22 marzo 2020. 
    La difesa, tuttavia, puo' essere intrapresa anche  prima.  L'art.
18 prevede la possibilita' di sollecitare l'autorita'  amministrativa
all'emissione di un'ordinanza di archiviazione, mediante  l'invio  di
scritti difensivi ed eventuali allegazioni documentali,  nel  termine
dei trenta giorni  dalla  contestazione,  con  possibilita'  di  fare
richiesta di audizione (richiesta  che  non  e'  associata  ad  alcun
obbligo di accoglimento). Si apre cosi' una fase  di  contraddittorio
preventivo che  dovra'  necessariamente  essere  tenuto  in  adeguata
considerazione da  parte  dell'autorita'  competente,  come  previsto
dall'art. 18 della legge 689/1981 d dell'art. 3 della legge 241/90. 
    Qualora  la  tesi  difensiva  non   venga   accolta   e'   emessa
l'ordinanza-ingiunzione  con  indicazione  motivata  della  sanzione.
Dalla ricezione della notificazione, decorre  il  termine  di  trenta
giorni che vale per il pagamento, cosi' come per l'impugnazione. 
    La procedura segue il rito del lavoro e sara' incardinata innanzi
all'autorita' giudiziaria del luogo  in  cui  e'  stata  commessa  la
violazione,  a  mente  dell'artt.  6-7  del  decreto  legislativo  n.
150/2011. 
    La competenza e' del Giudice di Pace, salvo i casi  previsti  dai
commi 4 e 5, che prevedono la competenza del Tribunale, tra  i  quali
l'ipotesi in cui le violazioni siano  accertate  nel  contesto  della
«tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e  di  prevenzione
degli infortuni sul lavoro» (comma 4 lettera a)). 
    L'Amministrazione si e' costituita come da  atto  del  29  maggio
2020  e  si  riportava  alle  valutazioni  dell'Organo   di   polizia
intervenuto, come da allegato,  non  formulando  eccezioni  chiedendo
semplicemente la conferma del verbale impugnato. 
 
                        Si osserva in diritto 
 
    1) preliminarmente si evidenzia che la natura del fatto in esame,
laddove si ritenesse la validita' della  sussistenza  di  aspetti  di
incostituzionalita',  dovrebbe  vedere  accolta   la   domanda   come
formulata. 
    Si ritiene il requisito della rilevanza quale  perno  su  cui  si
fonda  la  incidentalita',  ovvero  la  sussistenza  del   nesso   di
pregiudizialita' tra il giudizio davanti alla Corte e quello  dinanzi
al  giudice  remittente,  apparendo  il  tasso  di  concretezza   del
controllo di costituzionalita', utile  in  funzione  della  soluzione
della controversia pendente. 
    Tenuto  conto  della  giurisprudenza  costituzionale  e  del  suo
rigore, si ritiene che la  rilevanza  dipenda  non  gia'  dalla  mera
eventualita', ma dalla necessita' che la norma riceva applicazione da
parte del giudice remittente. La rilevanza  appare  concreta  e'  non
meramente eventuale: questo giudice, allo stato  degli  atti,  avendo
necessita' di applicare la legge denunziata, per la ratio  decidendi,
si pone l'interrogativo volto  anche  a  prevenire  decisioni  dubbie
sotto il profilo costituzionale, pur considerato il  controllo  di  -
non implausibilita' - e di completezza delle ragioni poste a sostegno
e di seguito argomentate. 
    Cio' appare in re ipsa di particolare rilevanza  per  le  ragioni
accennate. 
    Le problematiche complessive che ineriscono alla materia  di  cui
al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22  marzo  2020,
richiama le ulteriori disposizioni attuative  del  decreto  legge  23
febbraio 2020 n. 6 come convertito con legge del 5 marzo 2020 n.  13,
oltre a numerosi atti assunti anche dai Governatori in  relazione  ai
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri nonche' la legge 24
aprile 2020 n.  27  conversione  in  legge,  con  modificazioni,  del
decreto-legge 17 marzo 2020 n. 18, vedono il remittente, ritenere  in
ordine all'art. 1 del decreto-legge n. 6/20  Entrata  in  vigore  del
provvedimento:  23  febbraio  2020   decreto-legge   convertito   con
modificazioni dalla legge 5 marzo 2020, n. 13 (in Gazzetta  Ufficiale
9 marzo 2020, n. 61), la violazione in relazione all'articoli  1,  2,
3, 13, 16, 17, 19, 24, 32, 76, 117 della Costituzione il problema  di
un eccesso di potere e difetto di delega,  commissivo  e/o  omissivo:
appare  non  manifestamente   infondato,   dunque,   immaginare   una
illegittimita'   costituzionale   del   decreto-legge   citato   come
convertito con legge del  5  marzo  2020  n.  13  per  contrasto  con
articoli avanti richiamati della Costituzione nella parte in cui  non
ha considerato sia la previa necessita' di delega al Governo  che  il
rispetto dei dettami costituzionali tutti, in relazione agli articoli
1, 2, 3, 13, 16, 17, 19, 24, 32, 76, 117 della Costituzione,  che  si
sottopone all'illuminato vaglio del Giudice ad quem. 
    Appare  opportuno  evidenziare  che,  sin  dagli   albori   della
cosiddetta «pandemia» Autorevoli Personalita' del  diritto  quali  il
Chiar.mo prof. Antonio Baldassarre - Presidente Emerito  della  Corte
costituzionale - che il Chiar.mo prof. Sabino Cassese hanno  espresso
le loro perplessita' in ordine alla  validita'  degli  atti  e  delle
normazioni pullulanti in  maniera  caotica  ed  irrazionale,  tuttora
operanti ed in fieri nella diffusivita' di produzione di atti e norme
di variegata valenza in relazione al principio della gerarchia  delle
fonti. 
    I decreti del Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  appaiono
essere strumenti incostituzionali, posto che detti provvedimenti  non
hanno la potestas di limitare la liberta' dei singoli  cittadini  ne'
imporre prescrizioni se non in via adesiva da parte dei  destinatari.
Se poi si considera che il decreto Covid del 26 aprile  si  esprimeva
riguardo ai parenti arrivando poi a considerare anche  i  «fidanzati»
in via consolidata, aspetti che presentano discriminazioni per legami
e rapporti affettivi distinti dalla famiglia ontologicamente  intesa,
lascia emergere  come  si  sia  attuata  una  deriva  tendenzialmente
autoritaria (e non autorevole sic!), fino  a  registrare  espressioni
preoccupanti come «noi consentiamo», «noi permettiamo» in spregio  al
rispetto dei dettami costituzionali. Ancora, le  contraddizioni  sono
tali da consentire a pluralita' di persone a recarsi nei supermercati
sia pure con il distanziamento sociale ma non si e' compreso  perche'
cio' sia stato limitato (per un tempo) per  l'accesso  nelle  Chiese,
dimenticando che la  persona  ha  sia  necessita'  fisiche  ma  anche
spirituali. A cio' si  aggiunga  l'esigenza  anche  di  garanzia  del
dovere di solidarieta' ed i decreti appaiono avere approfittato della
congiuntura - grave - con disposizioni costituzionalmente  di  dubbia
legittimita'. Si tenga poi, conto  del  contagio  e  trasmissibilita'
connesso all'uso della moneta  che  non  vede  alcuna  disciplina  al
riguardo. 
    I limiti della liberta' personale, poi, non hanno base in un atto
legislativo. 
    Le limitazioni per motivi di sanita' e sicurezza  possono  essere
stabilite dalla  legge,  quindi  dal  Parlamento,  non  potendosi  in
generale limitare questo rispetto a  quello  nelle  relazioni  e  nei
rapporti in via complessiva. 
    I poteri esercitati in questo contesto  avrebbero  dovuto  essere
esercitati dal Ministro della salute ed avrebbero dovuto  avere  alle
spalle una o piu' leggi come avvenuto in altri paesi,  invece  si  e'
legiferato poco, non si e' rispettato l'art. 16 (cfr. S. Cassese). 
    L'emergenza  epidemiologica   da   Covid-19   ha   portato   alla
compressione e alla  limitazione  dei  diritti  garantiti  a  livello
costituzionale da parte del nostro ordinamento, in una prospettiva di
-  presunto  -  bilanciamento  con  il  diritto,  sempre   di   rango
costituzionale, di tutela della salute. 
    I diritti  limitati  per  far  fronte  all'emergenza  sono  stati
adottati  nell'assunto  ritenuto   dei   principi   di   prevenzione,
precauzione, proporzionalita' ed adeguatezza. 
    Se esaminano i diritti limitati ed i principi che  hanno  guidato
tali compressioni vediamo che l'art. 13  della  Costituzione  prevede
che la liberta' personale e' inviolabile. La misura che ha limitato e
limita  tale  liberta'  adottata   per   far   fronte   all'emergenza
dall'ordinamento italiano e' quella della «quarantena». Il primo atto
a prevederla  e'  l'ordinanza  del  Ministero  della  salute  del  21
febbraio  2020  che  compie  una  distinzione  tra   quarantena   con
sorveglianza attiva e permanenza domiciliare  fiduciaria.  L'art.  1,
comma 1, dell'ordinanza prevede che le Autorita' sanitarie competenti
sul territorio debbano disporre la quarantena con sorveglianza attiva
per quattordici giorni nei confronti  di  coloro  che  abbiano  avuto
contatti stretti con casi di Covid-19. L'art.  1,  comma  3,  invece,
prescrive la permanenza domiciliare fiduciaria  (per  un  periodo  di
tempo non espressamente  indicato,  ma  si  ritiene  per  i  medesimi
quattordici giorni  previsti  dal  comma  1)  per  coloro  che  siano
rientrati dalle  aree  della  Cina  interessate  dall'epidemia  negli
ultimi   quattordici   giorni.   Quanto    previsto    dall'ordinanza
ministeriale trova una sostanziale (?) conferma nel decreto-legge  n.
6 del 23 febbraio 2020. I decreti del Presidente  del  Consiglio  dei
ministri emanati in  seguito,  inoltre,  contengono  le  disposizioni
attuative del decreto-legge n. 6. 
    L'emergenza epidemiologica ha  portato  il  Governo  ad  adottare
inoltre alcune misure restrittive della liberta' di circolazione e di
soggiorno, tutelata dall'art. 16 della Costituzione. L'art. 16  della
Costituzione prevede che «ogni cittadino puo' circolare e soggiornare
liberamente in qualsiasi parte del  territorio  nazionale,  salvo  le
limitazioni che la legge stabilisce in via  generale  per  motivi  di
sanita' o di sicurezza». 
    Il provvedimento di maggiore rilievo, sotto il profilo generale e
astratto, e' il decreto-legge n. 6 del 2020, che contiene  un  elenco
delle misure che potranno essere adottate per contenere la diffusione
del contagio. Fra queste, l'art. 1, comma 2, lettera  a)  prevede  il
«divieto di allontanamento dal comune o dall'area interessata»  e  la
successiva lettera b) prevede il «divieto  di  accesso  al  comune  o
all'area interessata». 
    Sempre nel medesimo articolo del decreto-legge, alla lettera  m),
si legge la possibile  «limitazione  all'accesso  o  sospensione  dei
servizi del  trasporto  di  merci  e  di  persone  terrestre,  aereo,
ferroviario, marittimo e nelle  acque  interne,  su  rete  nazionale,
nonche' di trasporto pubblico  locale,  anche  non  di  linea,  salvo
specifiche deroghe previste dai provvedimenti di cui all'art. 3». 
    E' di tutta evidenza come la limitazione dei  servizi  essenziali
di trasporto si ripercuota sul  pieno  godimento  della  liberta'  di
circolazione. 
    I decreti del Presidente del Consiglio dei  ministri  emanati  in
seguito, inoltre, contengono le disposizioni  attuative  del  decreto
legge n. 6. 
    La  limitazione  della  liberta'  di  riunione  l'art.  17  della
Costituzione tutela la liberta' di riunione. 
    Anche tale liberta'  e'  stata  compressa,  non  direttamente  ma
indirettamente, nel senso che  venendo  limitati  gli  assembramenti,
cioe' la compresenza di persone in un medesimo luogo, ne consegue che
i cittadini non possono riunirsi, In  particolare,  vengono  limitati
gli assembramenti; a prescindere dal fatto che vi sia un fine  comune
oppure no. 
    In particolare, il  decreto-legge  n.  6  del  23  febbraio  2020
prevede all'art. 1, comma 2, lettera c), la possibile «sospensione di
manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, di eventi e di  ogni
altra forma di  riunione  in  luogo  pubblico  o  privato,  anche  di
carattere culturale, ludico, sportivo e religioso, anche se svolti in
luoghi chiusi aperti al pubblico». 
    La limitazione della liberta' di culto. 
    Vi sono alcune previsioni che restringono la liberta'  di  culto,
riconosciuta dall'art. 19 della Costituzione. 
    Il decreto-legge n. 6 del 2020 prevede, in via generale,  che  le
Autorita' competenti possano adottare misure volte  alla  sospensione
di ogni manifestazione o evento anche di carattere religioso. 
    Peraltro sembrerebbero anche in discussione i Patti Lateranensi e
la inosservanza degli art. 7 e 8 della Costituzione. 
    La limitazione del diritto alla difesa. 
    Viene previsto un generalizzato rinvio delle udienze, su tutto il
territorio nazionale, a dopo il 22 marzo 2020,  con  una  eccezionale
previsione di sospensione feriale dei termini processuali dal 9 marzo
al 22 marzo. Tale termine  e'  stato  ulteriormente  spostato  al  15
aprile dal decreto-legge cd. Cura Italia adottato il 16 marzo 2020. 
    Si tratta di misure che producono effetti diretti sul diritto  ad
agire in giudizio per la tutela  dei  propri  diritti  ed  interessi,
nonche'  sul  diritto  alla  difesa  tutelato   all'art.   24   della
Costituzione. 
    Alle norme generali di rinvio delle udienze e di sospensioni  dei
termini si aggiungono norme specifiche relative ai  diversi  tipi  di
processo,   che   allo   stesso    modo    comprimono    i    diritti
costituzionalmente   protetti.   Con    riferimento    al    processo
amministrativo, per esempio, viene disposto che le  misure  cautelari
vengano concesse con rito monocratico,  cioe'  senza  contraddittorio
fra le parti, rinviando il confronto a dopo la scadenza  del  termine
di  sospensione.  La  sovrapposizione   delle   discipline   connesse
all'esercizio del diritto di difesa non trova,  inoltre,  una  chiara
rispondenza nel dies a  quo  e  nel  dies  ad  quem,  particolarmente
pregiudizievole per i diritti personali  connessi  anche  alle  norme
piu' favorevoli al reo nel caso di procedimenti penali. 
    Fino a che punto e' possibile limitare  l'esercizio  dei  diritti
costituzionali? 
    La Costituzione nel prevedere i diritti e doveri dei cittadini ne
specifica anche i limiti, operando  un  bilanciamento  tra  interessi
costituzionalmente rilevanti. 
    Anche all'art. 16 della Costituzione si legge che la  legge  puo'
stabilire limitazioni per motivi di sanita'  o  sicurezza,  principio
che non  sembra  osservato  negli  atti  amministrativi  e  normativi
correlati. 
    L'art.  32  della  Costituzione  prevede   che   la   salute   e'
«fondamentale    diritto    dell'individuo    e    interesse    della
collettivita'». In questo contesto generale, la tutela alla salute ha
visto  una  precarizzazione  preoccupante  da  parte  di  chi   aveva
patologia di altra natura, tutto confuso, ai fini statistici, nella -
come - gestita c.d. pandemia. 
    Pertanto, bilanciando gli interessi costituzionalmente rilevanti,
le  amministrazioni  competenti  adottano  le  misure  di   contrasto
all'emergenza, evidenziandosi la carenza oggettivamente nota. 
    Principi  di  prevenzione,   precauzione,   proporzionalita'   ed
adeguatezza sono posti alla base delle limitazioni. 
    La pubblica amministrazione affronta le ordinarie attivita' e  le
emergenze attraverso azioni che vengono guidate dai principi  cardine
dell'attivita' amministrativa. 
    In  particolare,  viene   applicato   oltre   al   principio   di
prevenzione, il quale comporta che si  debba  intervenire  prima  del
danno  attraverso  azioni   preventive,   anche   il   principio   di
precauzione, il quale comporta l'adozione di misure di  tutela  ancor
prima che vi sia la certezza sulla nocivita' di un fenomeno. 
    Il principio di prevenzione. 
    Si devono, a questo punto, prendere in considerazione i  principi
di prevenzione e di precauzione. 
    Il  principio  di  prevenzione  o  di  azione  preventiva  e'  un
principio cardine dell'azione amministrativa e si  puo'  sintetizzare
richiamando,  semplificando  per  chiarezza  espositiva,  il   detto:
«prevenire e' meglio che curare». 
    Tale principio comporta che si deve intervenire prima  che  siano
causati i danni, al fine, nella misura in cui cio' sia possibile,  di
eliminare o, almeno, di ridurre fortemente il rischio che gli  stessi
si verifichino. 
    Il principio di precauzione. 
    Per  quanto  attiene  al  principio   di   precauzione,   occorre
delimitare i confini di questo  e  del  suo  ambito  di  applicazione
rispetto al principio di prevenzione. 
    Applicare il principio di precauzione significa  adottare  misure
di tutela e prevenzione anche quando non sia assolutamente certo  che
un determinato fenomeno sia nocivo,  ma,  al  contempo,  sussista  un
dubbio scientificamente  attendibile  che  possa  esserlo.  In  altri
termini,  secondo  tale  principio,  il  legislatore  e  la  pubblica
amministrazione,   qualora    questa    debba    esercitare    poteri
discrezionali, sono chiamati, ciascuno per la propria parte, ad agire
cautelativamente pur in presenza soltanto di un rischio potenziale. 
    Tale principio opera laddove manchi una certezza scientifica  sul
danno e ritardare gli interventi potrebbe comportare l'aumentare  del
danno. 
    A proposito del principio di precauzione e', comunque, importante
sottolineare che la sua affermazione non deve in alcun modo  tradursi
nella possibilita' di dare seguito a suggestioni o  paure  destituite
di qualsiasi fondamento. 
    Il pressing mediatico  e  la  mancata  corretta  informazione  ha
certamente contribuito alla  dipendenza  mentale  ed  al  diritto  di
libera valutazione e cognizione. 
    I principi di proporzionalita' ed adeguatezza. 
    Principio  fondamentale  dell'attivita'  amministrativa   e'   il
principio di adeguatezza. 
    Adeguatezza significa capacita'  di  un  determinato  livello  di
governo di occuparsi dei problemi di  volta  in  volta  sottesi  alle
competenze di cui trattasi. 
    Altro principio fondamentale e', poi, quello di proporzionalita',
oggi affermato nell'art. 5 del Trattato UE, unitamente  al  principio
di sussidiarieta'. 
    Tale principio vale  tanto  per  il  legislatore  quanto  per  la
pubblica amministrazione, laddove essa  debba  esercitare  un  potere
discrezionale bilanciando interessi. 
    In applicazione del principio in esame, dunque,  dovrebbe  essere
impedito che siano adottate misure  di  protezione  eccessivamente  e
ingiustificatamente invasive e restrittive delle liberta' dei singoli
e, nelle  ipotesi  di  compressione  di  liberta'  economiche,  anche
discriminatorie e distorsive della concorrenza. A tale proposito  non
si puo' sottacere il danno subito dall'Italia com'e' evidente  e  nei
fatti,  di  rilevante  disagio  delle  persone  e   delle   famiglie.
Particolarmente in ragione delle stringenti possibilita'  di  accesso
al credito, a chi si trova in condizione di  bisogno,  determinandosi
la fattivita' di aiuti finanziari a chi ha gia' rispetto a chi invece
non ha e si trova  pressocche'  nell'indigenza.  Cio'  in  violazione
all'art. 3, comma 2 della Cost. 
    Va  poi  soggiunto  che  un'applicazione  o,  se  si  vuole,   un
corollario importante del principio di proporzionalita' si rintraccia
nel principio di gradualita'. 
    Le  due  dinamiche,  quella   della   sussidiarieta'   e   quella
dell'adeguatezza, sono destinate a funzionare in sinergia. 
    Infine, il principio  di  sussidiarieta'  riguarda  le  relazioni
organizzative tra amministrazioni al fine di assicurare una  corretta
attribuzione di funzioni. 
    Bilanciamento tra il principio di precauzione e il  principio  di
proporzionalita'. 
    Posto che le misure precauzionali non  sono  basate  su  certezze
assolute ma comportano un sacrificio spesso molto  elevato  di  altri
valori, occorre che esse siano adottate attraverso  il  bilanciamento
del principio di precauzione con il principio della proporzionalita'. 
    In questo modo le misure non risultano eccessivamente  onerose  e
vi e' una proporzione tra il grado di probabilita' dei  rischi  e  di
gravita' dei danni temuti e il grado di  incisivita'  delle  medesime
misure sulle liberta' antagoniste. 
    Bisogna, insomma, evitare che  l'applicazione  del  principio  di
precauzione possa risolversi nell'adozione di blocchi generalizzati -
come avvenuto - di attivita' di ogni tipo, non  fondati  su  adeguati
riscontri scientifici, poiche' tale situazione sarebbe, invero, posta
in violazione del medesimo principio. 
    Si  consideri,  poi,   che   la   comunita'   scientifica   sulla
problematica Covid-19 ha posizioni differenziate,  il  prof.  Giorgio
Palu' ad es. (Corriere della sera 24 ottobre 2020) ha focalizzato  la
problematica in modo oggettivo, esponendo concetti  giusti  al  posto
giusto contribuendo a chiarire la problematica anche attraverso video
diffuso https://youtu.be/O1VEi2fZ78M sottolineando come la  letalita'
oscilla tra lo 0,3 - 0,6 % e che la  paura  e'  letale  non  il  buon
senso,  altri  ancora  hanno  preso   posizioni   significative   nei
confronti, di  esposizioni  c.d.  «ufficiali».  I  dati  offerti  non
appaiono oggettivi, tenuto conto che l'accezione di asintomatico e di
positivo non  puo'  considerarsi  -  sic  et  simpliciter  -,  attesa
l'esigenza di tenere conto che, l'asintomatico sierologico  puo'  non
essere contagioso mentre, il positivo al tampone si'  e  quindi  come
infettivo  o  diffusivo,  dovendosi  considerare  -  comunque  -   la
necessita' di valutazione idonea circa il singolo caso in esame ed il
grado eventuale di incidenza ai fini del possibile contagio nella sua
effettiva concretezza. 
    La prescrizione dell'uso della mascherina, poi, precisata con  la
copertura delle vie respiratorie, come si coniuga con l'art. 85 Testo
unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS) (R.D. 18 giugno 1931,
n. 773) [Aggiornato al 30  giugno  2020],  per  cui  sarebbe  vietato
andare in giro mascherati? 
    Il quadro complessivo appare vedersi la democrazia «compressa»  e
relegata alla sua  gestione  attraverso  DPCM,  con  pregiudizio  sin
dall'art.  1  della  Costituzione   «l'Italia   e'   una   Repubblica
democratica, fondata sul lavoro», si consideri  il  lockdown  che  ha
imposto  alle  imprese  la  chiusura  generalizzata  con  pregiudizio
economico assai rilevante, la sovranita' di cui al  comma  2,  sembra
inosservata posto che la natura degli atti e delle norme «pandemiche»
- non sembrano risiedere nella corretta emanazione da parte di Organi
a cio' deputati, il Parlamento e le Assemblee Regionali. 
    Da ultimo appare  anche  che  la  questione  nell'interpretazione
della Costituzione non puo' vedersi  «giocare»  con  le  parole.  Una
pandemia non e' una guerra. Non si puo' quindi ricorrere all'art. 78.
La  Costituzione  e'  chiara.  La  profilassi  internazionale  spetta
esclusivamente allo Stato (art. 117, II comma, lettera q)). Lo  Stato
agisce con leggi, che possono delegare al governo compiti e definirne
i poteri. La Corte costituzionale, con un'abbondante  giurisprudenza,
ha definito i modi di esercizio del potere di ordinanza «contingibile
e urgente»,  cioe'  per  eventi  non  prevedibili  e  che  richiedono
interventi  immediati.  Le  definizioni  della   Corte   sono   state
rispettate      a       meta'.       (cfr.       prof.       Cassese,
https://www.ildubbio.news/2020/04/14/cassese-lapandemia-non-e-una-gue
rra-pieni-poteri-al-gaverno-sono-illegittimi/ ). 
    In considerazione di quanto precede -  anche  al  fine  di  porre
chiarezza in ordine alla problematica in  esame  -,  oltre  a  quanto
prospettato da parte ricorrente, nonche'  d'ufficio,  il  Giudice  di
Pace di Macerata in persona del Giudice Antonino di Renzo Mannino, 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visti gli articoli 134 Cost. e 23 legge 11 marzo 1953 n. 87; 
    Ritenuta  non  manifestamente  infondata  e  rilevante,  per   la
decisione  del  presente  giudizio,  la  questione  di   legittimita'
costituzionale  del  decreto-legge  23  febbraio  2020  n.   6   come
convertito con legge del 5 marzo 2020 n. 13, in relazione ai  decreti
del Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' la legge 24 aprile
2020 n. 27 conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge
17 marzo 2020  n.  18,  vedono  il  remittente,  ritenere  in  ordine
all'art.  1  del  decreto-legge  n.  6/20  (Entrata  in  vigore   del
provvedimento:  23  febbraio  2020   decreto-legge   convertito   con
modificazioni dalla legge 5 marzo 2020, n. 13 (in Gazzetta  Ufficiale
9 marzo 2020, n. 61), per violazione degli articoli 1, 2, 3, 13,  16,
17, 19, 24, 32, 76, 117 della  Costituzione  nei  termini  e  per  le
ragioni di cui in motivazione; 
    Dispone la sospensione del procedimento in corso; 
    Ordina la notificazione della presente ordinanza - a mezzo pec  -
ai procuratori delle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri
e la comunicazione  della  stessa  ai  Presidenti  della  Camera  dei
Deputati e del Senato; 
    Ordina la trasmissione dell'ordinanza alla  Corte  costituzionale
insieme con gli atti del giudizio e con la prova delle  notificazioni
e delle comunicazioni prescritte. 
      Macerata, 30 ottobre 2020 
 
                     Il Giudice di Pace: Mannino