N. 64 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 febbraio 2021
Ordinanza del 17 febbraio 2021 della Corte dei conti - Sezione giurisdizionale regionale per la Campania nel giudizio di responsabilita' proposto dal Procuratore regionale della Corte dei conti nei confronti di E.R. e altri. Responsabilita' amministrativa e contabile - Codice di giustizia contabile - Giudizio per responsabilita' amministrativa - Pluralita' di parti - Preclusione della chiamata in causa per ordine del giudice - Previsione che, quando il fatto dannoso e' causato da piu' persone ed alcune di esse non sono state convenute nello stesso processo, se si tratta di responsabilita' parziaria, il giudice tiene conto di tale circostanza ai fini della determinazione della minor somma da porre a carico dei condebitori nei confronti dei quali pronuncia sentenza. - Decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174 (Codice di giustizia contabile, adottato ai sensi dell'articolo 20 della legge 7 agosto 2015, n. 124), art. 83, commi 1 e 2.(GU n.20 del 19-5-2021 )
LA CORTE DEI CONTI Sezione giurisdizionale regionale per la Campania composta dai seguenti magistrati: Salvatore Nicolella, Presidente; Rossella Cassaneti, consigliere (relatore); Robert Schulmers von Pernwerth, consigliere; ha pronunciato la seguente Sentenza non definitiva - ordinanza nel giudizio di responsabilita', iscritto al numero 71770 del registro di Segreteria, instaurato a istanza della Procura regionale presso questa sezione nei confronti dei signori: 1. R. E. , nato il a , ivi residente alla via ( ), elettivamente domiciliato in Casalnuovo di Napoli (NA), alla via Napoli, n. 141, nello studio dell'avv. Antonio Pelliccia (avv.antoniopelliccia@pec.qiuffre.it), il quale lo rappresenta e difende, unitamente e disgiuntamente all'avv. Angelo Giustino (anqelogiustino@avvocatinapoli.legalmail.it), in virtu' di procura in calce alla memoria di costituzione in giudizio: 2. S. I. (gia' S. L.), nato a , residente in , alla (c.f.: ), elettivamente domiciliato in Napoli, al viale Gramsci, n. 23, unitamente all'avv. Andrea Orefice (andreaorefice@avvocatinapoli.legalmail.it), che lo rappresenta e difende in virtu' di procura in calce alla memoria di costituzione: 3. G. Z. , nato il a , ivi residente alla via ( ), elettivamente domiciliato in Casandrino (NA), alla via Trento, n. 7, nello studio dell'avv. Giuseppe Fusco (giuseppefusco2@avvocatinapoli.legalmail.it), che lo rappresenta e difende in virtu' di procura in calce alla memoria di costituzione in giudizio; 4. G. S. , nato il , residente in , alla via (c.f.: ), rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Maria Caianiello (francescomaria.caianiello@avvocatismcv.it), con il quale elettivamente domicilia in Napoli, al viale Gramsci, n. 19, in virtu' di procura in calce alla memoria di costituzione in giudizio; 5. V. F. , nato a , residente in ( ), rappresentato e difeso, in virtu' di procura a margine dell'atto di costituzione in giudizio dagli avvocati Gherardo Marone e Giuseppe Maria Perullo, con i quali elettivamente domicilia in Napoli, alla via Cesario Console, n. 3 (gherardomarone@avvocatinapoli.legalmail.it); 6. A. F. , nato , ivi residente alla ( ), rappresentato e difeso, giusta procura in calce alla memoria di costituzione in giudizio, dagli avvocati prof. Antonio Palma (antoniopalma@avvocatinapoli.legalmail.it), Simona Scatola (simonascatola@ovvocatinapoli.legalmail.it e Francesco Rinaldi (francescorinaldi@avvocatinapoli.legalmail.it), con i quali elettivamente domiciliata in Napoli, alla via G.G. Orsini, 30; Visto l'atto di citazione della Procura regionale depositato presso questa Sezione giurisdizionale il 31 maggio 2019; Viste le memorie di costituzione depositate presso la segreteria di questa Sezione giurisdizionale dalle difese dei convenuti; Visti gli altri atti del giudizio; Chiamata la causa nella pubblica udienza del giorno 6 febbraio 2020, con l'assistenza del segretario dott.ssa Filomena Manganiello, sentiti il relatore consigliere Rossella Cassaneti, il rappresentante del pubblico ministero in persona del V.P.G. Francesco Vitiello e gli avvocati Angelo Giustino, Andrea Orefice, Giuseppe Fusco, Francesco Maria Caianiello, Riccardo Marone (per delega dell'avv. Gherardo Marone) e Francesco Rinaldi. ritenuto in fatto [1] Con atto di citazione depositato il 31 maggio 2019 la Procura regionale ha evocato in giudizio i signori R. E. , S. L. , G. Z. , G. S. , V. F. e A. F. , per sentirli condannare, pro quota (e tenuto conto dell'archiviazione delle posizioni di altri soggetti), al pagamento in favore del Comune di , della somma di euro 1.445.715,20 (di cui euro 1.314.286,50 per danno patrimoniale e euro 131.428,70 per danno non patrimoniale derivante dalla lesione del diritto al buon andamento della P.A.), oltre accessori di legge e spese di giustizia. La richiesta risarcitoria e' conseguita al complessivo pregiudizio appurato dal requirente contabile mediante attivita' istruttoria che ha tratto abbrivio da una notizia di danno formalizzata dalla Legione dei Carabinieri Campania. Tenenza di , che, delegata alle indagini, ha depositato numerose ulteriori informative (di cui si da' conto nell'atto introduttivo del giudizio) descrittive di una fattispecie di danno erariale collegata alla mancata riscossione nell'anno 2009, per gli immobili a destinazione abitativa, e nel periodo 2009/2013, per i locali ad uso commerciale dei canoni e/o delle indennita' di occupazione dei cespiti [750 immobili a destinazione abitativa realizzati ai sensi del titolo VIII della legge n. 219/1981 e trasferiti al patrimonio disponibile del Comune di in data 27 aprile 200l; trentaquattro locali a destinazione commerciale facenti parte del ridetto patrimonio gia' dal 1997] di cui al complesso immobiliare « » di proprieta' comunale. In punto di fatto, dopo aver sinteticamente riportato le risultanze di talune acquisizioni istruttorie ritenute di particolare rilievo, il requirente ha rappresentato come, nonostante la comprovata conoscenza, da parte degli Uffici comunali competenti, delle criticita' legate alla perdurante morosita'/occupazione illegittima dei cespiti immobiliari de quibus, «non e' stato, tuttavia, mai adottato alcun atto diretto ad attivare tutte le procedure legali necessarie al recupero delle indennita' e/o dei canoni. Nonostante, poi, l'ufficio legale, pur compulsato dagli uffici, avesse evidenziato, a piu' riprese, la necessita' della trasmissione, tra l'altro, dei singoli contratti, a cio' non si e' mai riscontrato. Gli uffici competenti, solo una volta avuto contezza delle indagini [...], si sono limitati», nel 2015, 2017 e 2018, a formalizzare la notifica di diffide finalizzate a interrompere i termini di prescrizione dei crediti relativi alle annualita' 2010 e dal 2012 in poi, mentre in precedenza si ero provveduto a notificare diffide in tal senso «dalla , concessionaria del servizio dal 2001 al 2010, nel corso dell'anno 2009, con riferimento alle annualita' pregresse [...]. Nessuna diffida, invece, e' stata mai notificata con riferimento alle morosita' inerenti i trentaquattro locali commerciali, ne' alcuna attivita' concreta diretta all'aggiornamento e riscossione dei relativi canoni e/o della indennita' di occupazione, nonostante i chiari indirizzi forniti fin dal 2004 con la delibera giuntale comunale n. 98/2004. 1.1) Soffermandosi poi, in primo luogo, sul danno erariale derivato dalla mancata riscossione di canoni e/o indennita' di occupazione delle unita' abitative in relazione all'anno 2009, l'Ufficio di Procura ha precisato che i canoni relativi all'anno indicato, non riscossi e non piu' riscuotibili per inutile decorso del termine quinquennale prescrizionale, ammontano nel complesso ad euro 521.832,59 (euro 432.811,28 per canoni mai riscossi ne' dalla fino al 31 dicembre 2010, ne' dal comune dal 1° gennaio 2011 + euro 89.021,31 per quota pari al 60% dei complessivi euro 148.368,85 riscossi dalla mai riversato al comune come, invece, convenzionalmente stabilito). Nel focalizzare, dunque, l'attenzione sui soggetti ai cui comportamenti (posti in essere nel quinquennio 2009/2014, durante il quale le ridette spettanze dell'ente avrebbero potuto/dovuto essere riscosse) il mancato introito delle stesse si e' ritenuto eziologicamente collegato, la P.R. ha preliminarmente rappresentato che tale nesso eziologico deve essere individuato con riferimento ai funzionari/dirigenti comunali che, cessato il rapporto con la concessionaria , hanno assunto lo gestione diretta dell'attivita' scrutinata a partire dal 1° gennaio 2011, avendo costoro avuto sino a tutto il 2014 tutti i necessari tempi ed elementi conoscitivi per poter proficuamente procedere alla riscossione di che trattasi. Quindi, il requirente ha analizzato, con una serie di riferimenti alle risultanze documentali, il vincolo causale sussistente rispetto alla rilevata illecita omissione delle condotte serbata dai responsabili del Servizio manutenzione del Comune di nel periodo di riferimento, ovvero S. L. (che ha contestualmente e lungamente ricoperto anche l'incarico di responsabile del settore LL.PP. in cui il Servizio manutenzione era incardinato), G. Z. e R. E. ponendo altresi' in risalto le ragioni di riferibilita', a tali condotte, della connotazione della grave colpevolezza. Nell'articolare tale analisi, la P.R. ha illustrato le ragioni per le quali ai soggetti suindicati, va contestato l'atteggiamento gravemente, nonche' reiteratamente, omissivo serbato nella gestione della vicenda all'esame del Collegio, anche con riferimento all'inadempimento dell'obbligo di denuncia di danno erariale alla Procura contabile di cui all'art. 53 regio-decreto n. 1214/1934. All'ex segretario comunale V. F. (in servizio dal luglio 1997 all'ottobre 2007 e dal 14 febbraio 2012 al 15 settembre 2015), la Procura attrice contesta l'avere inescusabilmente omesso, nonostante l'estrema gravita' dei fatti e la loro notorieta', di intervenire per fornire direttive in proposito, sollecitare i responsabili inerti, promuovere eventuali procedimenti disciplinari; nonche' di adempiere l'obbligo di denuncia di danno erariale precedentemente richiamato. Al responsabile del Servizio finanziario G. S. , l'Ufficio di Procura reputa addebitabile - sebbene questi abbia sollecitato «uno piu' efficiente riscossione con specifico riferimento alle moratorie relative ai cespiti» del - l'avere omesso, nonostante egli facesse parte del gruppo di lavoro costituito proprio al fine di affrontare e risolvere la vicenda in parola, di adottare «alcun atto concreto, finalizzato alla efficiente risoluzione della predetta problematica, limitandosi [...] sempre e solo alla stampa degli estratti conto dai quali desumersi in modo indistinto il quantum riscosso dalle locazioni dei cespiti in parola ed a comunicarlo al [...] responsabile del servizio manutenzione»: oltre, naturalmente, alla violazione dell'obbligo di denuncia di danno erariale piu' volte menzionato in precedenza. Infine, ad A. F. (sindaco del Comune di nel periodo dal 15 aprile 2010 al 19 giugno 2014) la P.R. contesta di aver tollerato, nonostante la piena conoscenza dei fatti di cui in narrativa, «unitamente alla componente gestionale, la negligente inerzia in una vicenda non solo gravemente lesiva delle finanze dell'ente ma anche rilevante sotto il profilo delle ricadute in termini di emergenza sociale e di ordine pubblico». Il requirente ha altresi' richiamato, al fine di dare una esaustiva rappresentazione dei fatti analizzati, la sentenza del Tribunale civile di Napoli Nord n. 3167/2018, nonche' vicende che hanno dimostrato gli effetti irrimediabili in termini di produzione di squilibrio economico-finanziario determinati a carico dell'ente da una gestione amministrativo e burocratica oltremodo negligente (i.e. dissesto). 1.1.1) Venendo al danno erariale derivato dallo mancato riscossione di canoni e/o di indennita' di occupazione di trentaquattro locali commerciali negli anni dal 2009 al 2013 la P.R. lo ha quantificato in euro 792.453.81, illustrando i criteri prudenziali che hanno informato tale determinazione quantitativa sia per i locali inizialmente contrattualizzati senza che pero' di tale contratto vi fosse rinnovo; sia per quelli occupati ab origine sine titulo, provvedendo altresi', sotto tale profilo, a confutare le controdeduzioni offerte dagli odierni convenuti nella fase preprocessuale. Con riferimento a tale ulteriore quota di danno erariale, l'arco temporale assunto in considerazione dalla Procura attrice, al fine di selezionare le condotte antigiuridiche, commissive e/o emissive, da ritenersi concorrenti alla produzione dello stesso, nel rispetto del nesso di causalita' materiale, e' quello dal 2009 a tutto il 2018. Infatti, poiche' viene in rilievo l'omissione della riscossone dei canoni inerenti gli anni dal 2009 al 2013 e dato che la fattispecie dannosa riveste i requisiti della certezza, attualita' ed esigibilita' al maturare del termine quinquennale di prescrizione civilistico del sotteso diritto di credito di cui era titolare il Comune di , il dies a qua per l'esercizio dell'azione di responsabilita' contabile e' decorso, gradatamente per ciascuna delle annualita' in esame, a partire dall'anno 2014. Potendo, poi, l'azione di responsabilita' essere a sua volta intrapresa entro il termine di cinque anni, decorrente dalla certezza ed esigibilita' del danno, l'instaurazione del presente giudizio, sempre ad avviso del requirente, deve ritenersi tempestiva per ciascuna delle annualita' in contestazione. Le condotte all'origine della produzione di tale ulteriore quota di pregiudizio economico, a carico del Comune di , secondo la prospettazione attorea, sono riconducibili agli odierni convenuti, per ragioni sovrapponibili a quelle gia' analizzate con riferimento alla prima quota di danno, con le seguenti ulteriori precisazioni: l'incuria che ha caratterizzato la gestione dei cespiti in esame si rivela ancora piu' evidente; per G. S. va tenuto conto del fatto che egli (responsabile del settore finanziario) e' stato direttamente investito dell'obbligo di curare la riscossione dei canoni in parola, dall'agosto 2017 al 20 dicembre 2018, per effetto di due delibere giuntali comunali. 1.1.2) Il requirente ha, infine, esposto le ragioni per cui ha ritenuto di procedere all'archiviazione delle posizioni di altri due soggetti nella fase preprocessuale (sig.ri M. e C. ). 1.2) L'Ufficio di Procura ha poi descritto la terza voce di danno per la quale ha reputato di dover procedere, ovvero quello non patrimoniale arrecato all'efficienza e al buon andamento della P.A. Richiamando sul punto giurisprudenza della Corte di cassazione e della Corte costituzionale, il requirente ha evidenziato la portata lesiva, nei termini descritti, delle condotte antigiuridiche in contestazione, concretizzatesi nella omessa riscossione, reiterata per anni, di ingenti entrate inerenti ai cespiti di cui al , cosi' «sottraendo risorse vitali per un bilancio gia' notoriamente in sofferenza, contribuendo, quindi, non solo alla lesione dell'equilibrio in se', ma anche all'ineludibile dichiarazione di dissesto». Ha poi ulteriormente evidenziato, sul punto, che «appare di tutta evidenza la effettiva lesione del bene interesse rappresentato dal diritto/dovere al buon andamento della pubblica amministrazione ed allo efficacia ed efficienza della gestione delle pubbliche risorse ed al mantenimento degli equilibri di bilancio». Infine, ha quantificato in via equitativa ex art. 1226 del codice civile l'ulteriore nocumento de quo (dando atto dell'archiviazione nella fase preprocessuale della posizione del sig. C. ). 1.3) Concludendo, il requirente ha dato atto delle singole quote addebitabili ai convenuti. [2] Tutti i convenuti si sono costituiti in giudizio, con il patrocinio degli avvocati Antonio Pelliccia e Angelo Giustino (R. E. ), Andrea Orefice (S. L. ), Giuseppe Fusco (G. Z. ), Francesco Maria Caianiello (G. Z. ), Gherardo Marone e Giuseppe Maria Perullo (V. F. ), Antonio Palma, Simona Scatola e Francesco Rinaldi (A. F. ). 2.1) In via pregiudiziale, hanno sollevato le seguenti eccezioni: inammissibilita' dell'atto di citazione, per mancato esame e conseguente confutazione, delle controdeduzioni presentate nella fase preprocessuale (S. L. ); nullita' dell'atto di citazione ai sensi del combinato disposto degli articoli 86, comma 2, lettera e) e 87 del Codice di giustizia contabile, ovvero per mancanza assoluta di specificazione su quale sia la condotta in concreto ascrivibile ai fini della configurabilita' della responsabilita' contabile [S. L. , che a sostegno dell'eccezione richiama la sentenza n. 337/2019 di questa Sezione giurisdizionale; G. Z. , che fa riferimento alla decisione n. 1194/2013 della Sezione giurisdizionale Puglia], e comunque per mancata «specifica individuazione dei criteri attraverso i quali e' stata determinata la quota di danno imputata a ciascun convenuto, e in particolare all'ing. L. ; nullita' di tutti gli atti istruttori posti a monte del giudizio di responsabilita' amministrativa instaurato con l'atto di citazione per violazione del disposto dell'art. 51 del Codice di giustizia contabile, ovvero per mancata specificazione della «notizia di danno», con conseguente insanabile indeterminatezza della causa petendi e del petitum, anche con riferimento alla non chiara scelta di «ridurre il contraddittorio» solo agli odierni convenuti, escludendo dalla vocatio in ius taluni soggetti rispetto ai quali il contraddittorio andrebbe integrato (A. F. , che tra l'altro cita a sostegno giurisprudenza della Sezione giurisdizionale Lazio); inammissibilita' dell'atto di citazione per violazione degli articoli 67 e 68 del Codice di giustizia contabile, ovvero per essere stato notificato oltre il termine di centoventi giorni dalla scadenza del precedente termine, indicato per il deposito delle contro-deduzioni (A. F. , che cita a sostegno la sentenza n. 5/1998 della Sezione giurisdizionale Sicilia). 2.2) In via preliminare di merito, hanno eccepito l'intervenuta prescrizione quinquennale dell'azione erariale: R. E. , secondo cui «l'esordio del termine di prescrizione quinquennale non puo' che riportarsi gia' agli anni 2010/2011, epoca in cui a giudizio dell'accusa era a tutti noto il danno derivante dall'omessa riscossione dei canoni di locazione del complesso immobiliare », in applicazione del principio per cui il dies a quo in parola coincide con il momento in cui il danno medesimo diviene conoscibile per l'amministrazione danneggiata; A. F. , per il quale l'incipit del termine prescrizionale quinquennale va ancorato al momento dell'esplicitazione delle condotte di cui si asserisce l'illiceita' nell'atto introduttivo del giudizio, collocate nell'arco temporale 2009/2013, in disparte l'inefficacia ai fini interruttivi del termine de quo, rivestito in fattispecie, per le modalita' di formulazione, dall'invito a dedurre; S. L. e G. S. , che non hanno rappresentato argomentazioni a sostegno dell'eccezione in parola; G. Z. , ad avviso del quale «L'azione di risarcimento e' stata proposta dalla Procura regionale [...] oltre il termine di cinque anni dallo scoperta del danno da parte dell'amministrazione danneggiata [...]», come da richiamati precedenti giurisprudenziali. 2.3) Nel merito, tutti hanno contestato la sussistenza degli elementi dell'illecito amministrativo-contabile loro contestato dalla Procura attrice. Riguardo l'elemento oggettivo del danno erariale, S. L. premesso che nell'atto introduttivo del giudizio non risulta specificato ne' in che modo sia stato quantificato il danno complessivo, ne' quale sia stato il criterio di riparto del suddetto importo tra i singoli invitati, ha rilevato che la Procura attrice ho operato tale quantificazione partendo dall'erroneo presupposto che «i canoni di locazione e/o le indennita' di occupazione relativi all'anno 2009 sarebbero stati integralmente riscossi», laddove al contrario era estremamente concreta «la possibilita' (piuttosto elevato trattandosi di nullatenenti per lo piu' dediti ad attivita' criminali) che le azioni esecutive per il recupero dei canoni di locazione e indennita' illegittime avrebbero potuto essere infruttuose», tanto che dai prospetti allegati alla nota prot. n. 0023191/2017 del 30 ottobre 2017, a firma dell'arch. C. , si evince che per gli anni dal 2010 al 20l5 la percentuale media di riscossione e' pari a 13,3% della morosita', con la conseguenza che tale voce di danno andrebbe rideterminata in riduzione, rispetto alla prospettazione attorea, in misura corrispondente, e comunque espungendo dalla quota di danno imputata al convenuto le somme corrispondenti ai canoni delle annualita' 2009 relativi a quarantatre immobili oggetto di dismissione nel nei cui contratti di alienazione l'ing. L. ha curato l'inserimento della clausola prevedente, a carico degli acquirenti, anche l'obbligo di pagamento di tutte le annualita' pregresse. Quest'ultima rideterminazione - ovvero, in identico misura - viene richiesta da L. anche con riferimento alle competenze relative ai locali commerciali. Anche R. E. ha evidenziato, riguardo al quantum della prima voce di danno patrimoniale indicata dalla Procura attrice, che «il pregiudizio asseritamente subito ed economicamente valutabile non potra' mai essere basato su una valutazione meramente astratta dei potenziali mancati incassi, bensi' su un giudizio prognostico circa l'effettiva realizzazione degli stessi», e che «agli atti non v'e' prova alcuna che le unita' immobiliari ricomprese nel complesso fossero tutte effettivmente occupate e/o locate». Sempre sul piano oggettivo dell'illecito ipotizzato dal requirente, G. Z. ha rappresentato che il Comune di , gia' nel corso della gestione , degli immobili facenti parte del complesso denominato e, successivamente, con delibere assunte dal giugno 2010 in poi, esprimeva ripetutamente (impartendo disposizioni di indirizzo politico-amministrativo in tal senso) lo volonta' di dismettere il ridetto patrimonio immobiliare, mediante espletamento di apposita procedura di gara a mezzo cottimo fiduciario per l'affidamento a soggetto esterno del servizio di assistenza riguardante la predisposizione degli atti tecnico-amministrativi propedeutici alla dismissione dell'intero compendio immobiliare in vendita; l'espletamento delle procedure di alienazione; nonche' la comunicazione all'utenza interessata, con pubblico manifesto inteso a consentire la presentazione di apposite istanze per la regolarizzazione del rapporto locativo. In esecuzione di cio' (segnala ancora il convenuto) l'arch. Z. adottava, nell'anno 2013, determinazioni di aggiudicazione alla del servizio di assistenza specialistica per l'alienazione dei beni immobili . Nella memoria difensiva viene, altresi', testualmente riportato il contenuto degli atti deliberativi comunali (anche) successivi alla cessazione di Z. dall'incarico di responsabile del settore manutenzione [avvenuta in data 16 febbraio 2015], da cui emerge che la volonta' di indirizzo politico dell'ente era sempre orientata nel senso di attivare una gestione unitaria esternalizzata, comprendente sia la gestione amministrativa che il completamento del programma di dismissione, visto che la gestione diretta si era rivelata inattuabile per endemiche carenze di risorse finanziarie e umane. Del danno patrimoniale rilevato dalla Procura attrice, inoltre, G. Z. nega la certezza, la concretezza e l'attualita', in primo luogo perche' l'intervenuto smarrimento della documentazione contabile impedisce di escludere che gli occupanti/conduttori abbiano effettivamente nel frattempo pagato; in secondo luogo perche' una pluralita' di locali commerciali risulta non occupata da tempo risalente sino ad oggi; e ancora per il fatto (sottolineato anche da G. S. ) che in fattispecie «i danni prospettati integrerebbero solo "danni da temporanea mancata acquisizione dell'entrata" o "danno da tardiva acquisizione dell'entrata" [...] quanto ai canoni non riscossi si eccepisce che gli stessi non sono prescritti poiche' agli atti vi sono le costituzioni in mora effettuate dall'ente comunale»; quanto alle occupazioni abusive si osserva che esse «non hanno affatto determinato la prescrizione della riscossione delle relative indennita'», in quanto «da parte degli occupanti e' stato integrato il reato previsto e punito dall'art. 633 del codice penale (invasione di terreni o di edifici) ragione per cui, a norma dell'art. 2947, comma 3° del codice civile, si applica la prescrizione piu' lunga previsto per il reato», che avrebbe tra l'altro «carattere permanente». Sul piano oggettivo, anche il convenuto A. F. , sindaco del Comune di dal 15 aprile 2010 al 19 giugno 2014, ha posto in risalto - facendo a sua volto ampio riferimento alle risultanze documentali richiamate da Z. e al sostanziale scopo di negare la sussistenza di condotte inerti a lui rimproverabili - come all'assunzione diretta da parte dell'ente della gestione dei cespiti immobiliari del sia stata contemporaneamente perseguita la scelta di dismettere i cespiti immobiliari in questione, scelta che «affondava le proprie necessarie ragioni nella oggettiva difficolta' di recupero dei canoni di locazione, pregressi e correnti, nei confronti degli occupanti; e nelle cospicue spese gravanti sull'ente per far fronte alla manutenzione ordinaria e straordinaria degli alloggi»; «Il configurarsi di una situazione di oggettiva e straordinaria emergenza del vivere quotidiano [ha osservato ancora il convenuto F. ] ha reso inefficaci i pur adottati, da parte dell'ente e dei suoi organi, diffide, atti e provvedimenti in relazione al pagamento dei canoni, almeno nella stragrande maggioranza dei casi». Tali aspetti inerenti alle caratteristiche ambientali assunte dal nel corso del tempo, in contrasto ovviamente con le intenzioni progettuali della struttura, vengono sottolineati anche dalle difese di V. F. e di G. S. , con ausilio del riferimento alla relazione del Prefetto di al Ministro degli interni del 9 aprile 2018, prot. n. sull'esito degli accertamenti ispettivi volti a verificare la sussistenza dei presupposti per l'adozione del provvedimento di scioglimento del Consiglio comunale di per fenomeni di condizionamento camorristico. In punto di quantum della prima voce di danno patrimoniale indicata nell'atto di citazione, A. F. ho osservato - negandone in buona sostanza e almeno in buona parte, la certezza e l'attualita' che «per tutti gli alloggi del complesso , e per tutti i locali commerciali occupati sine titulo (anche quelli in origine coperti da contratti di locazione poi scaduti), deve ritenersi, almeno sino a tutto il 2019 (ed oltre ove vi siano ulteriori atti interruttivi), esperibile l'azione di ripetizionhe delle indennita' di occupazione abusiva, soggetta al termine ordinario di prescrizione decennale ex art. 2033 del codice civile», oltre a non essevi all'epoca del suo mandato sindacale, elementi certi per far ritenere i locali commerciali tutti (e non solo parte di essi) occupati. Proseguendo con ampie argomentazioni sul punto, F. contesta la quantificazione del danno operata dal CTU dell'Ufficio di Procura, prospettandone comunque una significativa rimodulazione/riduzione. V. F. , partendo dalla circostanza della imputabilita' alle societa' concessionarie del servizio di riscossione dei canoni in discorso (prima e poi ) del mancato effettivo esperimento delle azioni rientranti in tale servizio, ha rilevato che cio' costituisce motivo di esercizio nei confronti dei rispettivi amministratori, da parte dell'ente titolare, dell'azione di risarcimento danni, soggetta a termine di prescrizione decennale e, dunque, non ancora decorso, con conseguente non attualita' e non concretezza del rilevato nocumento patrimoniale. La Difesa del convenuto aggiunge, altresi', che «non e' maturata neanche la prescrizione dei crediti relativi ai canoni di occupazione degli alloggi per l'anno 2009 e quella dei crediti per l'occupazione dei locali ad uso commerciale [...] in quanto per tutte le somme che non rappresentano canoni di locazione ma indennita' di occupazione abusiva degli immobili il termine di prescrizione e' decennale [...]; con la conseguenza che quando il dott. F. e' cessato dal proprio incarico nell'anno 2015 mancavano ancora cinque anni per il maturare della prescrizione dei canoni relativi all'anno 2009. Analogo discorso vale per i locali commerciali per i quali il Procuratore contesta i mancati incassi negli anni 2009/2013 in quanto la prescrizione dei relativi crediti e' maturata ben oltre la data in cui l'odierno convenuto ha lasciato il proprio incarico». La prescrizione, inoltre, «non puo' essere considerata fonte di danno erariale laddove non venga accertata con sentenza passata in giudicato nel relativo giudizio civile [...] perche' [...] l'eccezione di prescrizione del credito non e' rilevabile autonomamente dal giudice ma deve essere sollevata dal convenuto entro precisi termini di decadenza»; con la conseguenza che il danno oggetto delle pretesa risarcitoria del requirente risulta privo dei requisiti dell'attualita' e della concretezza. La sussistenza della voce di danno non patrimoniale viene contestata da G. Z. perche' «del tutto non provata, inesigibile a titolo di danno erariale e comunque palesemente sproporzionata». Riguardo la medesima voce di danno, R. E. - cosi' come A. F. ·ha argomentato sulla mancanza, in fattispecie, dei presupposti stabiliti ex lege per l'esperibilita' dell'azione intesa al suo risarcimento, nonche' sull'infondatezza nel merito dei rilievi posti dalla P.R. a sostegno della domanda de qua. In quest'ultimo senso, anche V. F. . In punto di nesso eziologico, S. L. ha rappresentato che le risultanze documentali agli atti, dimostrano che la competenza all'accertamento e alla riscossione dei canoni di locazione degli immobili di proprieta' comunale era affidata, all'epoca dei fatti, al settore finanziario del Comune di , nel senso che nessun atto deliberativo ha mai assegnato, all'Ufficio manutenzione, risorse e competenze ai fini della gestione non solo tecnica ma anche economica del patrimonio immobiliare dell'ente (argomentazione, quest'ultima, espressa anche da R. E. nella propria memoria a difesa) pur se non vi e' mai stata da parte degli Uffici politici l'adozione di atti di indirizzo e/o programmazione economico-finanziaria consequenziali a tale chiara distribuzione di competenze. L'ingegner L. ha altresi' rappresentato di aver ricoperto il ruolo di responsabile del settore manutenzioni solo dal 21 aprile 2009 al 21 ottobre 2010 e poi a partire dal 17 febbraio 2015, con conseguente venir meno del nesso eziologico rispetto alla mancata riscossione dei canoni di locazione relativi alle unita' abitative per l'anno 2009, per la quale rileva il periodo dall'1 gennaio 2011 al 31 dicembre 2014; di non aver avuto conoscenza della relazione prodotta dalla il 13 febbraio 2014, di cui era destinatario il suo predecessore arch. Z. ; di aver svolto il ridetto ruolo per periodi non sufficientemente prolungati da consentirgli di affrontare anche la problematica (della cui rilevanza egli non poteva avere neppure sospetti) - afferente i locali commerciali e di aver avuto comunque una serie di altri significativi impegni gestionali da affrontare in contemporanea. Inoltre, con riferimento al periodo dal 22 ottobre 2010 al 16 febbraio 2015 in cui ha svolto l'incarico di responsabile del Settore lavori pubblici, il L. ha precisato che, diversamente da quanto prospettato dall'Ufficio di Procura, tale settore non ha mai incorporato il Settore manutenzione e che i due settori - precedentemente del tutto autonomi - sono stati unificati con delibera giuntale comunale n. 105 del 30 agosto 2017. Con riferimento, invece, all'attivita' di Componente del «Gruppo di lavoro» che sarebbe stato istituito allo specifico fine di risolvere la problematica inerente la riscossione dei canoni degli immobili del , L. evidenzia che di tale struttura si fa menzione unicamente nella nota prot. n. dell'8 febbraio 2011 a firma del Segretario generale dott. T. D'E. . In ogni caso, L. esprime rilevanti perplessita' sulle ragioni per le quali «la ripartizione del presunto danno non debba interessare anche tutti gli altri soggetti che nel corso degli anni sono stati a vario titolo interessati e/o investiti della problematico della gestione del patrimonio immobiliare dell'ente, ovvero gli amministratori, i dirigenti e i dipendenti della i responsabili del Settore affari legali e contenzioso, tutti i dipendenti dei Settori competenti, gli assessori competenti, i consiglieri comunali e i commissari prefettizi del Comune di che si sono succeduti durante l'arco temporale che interessa i fatti richiamati nell'atto di citazione». In riferimento alla contestata violazione dell'obbligo di denuncia previsto dall'art. 53 del regio decreto n. 1214/1934, S. L. ritiene tale addebito infondato rispetto alla sua specifica posizione, non avendo egli, nel periodo considerato dalla stessa Procura (1° gennaio 2011 - 31 dicembre 2014), mai assunto la responsabilita' dei Settori in capo ai quali sono astrattamente collocabili le condotte in ipotesi causative del presunto danno azionato dalla Procura, laddove l'obbligo di omessa denuncia segue il principio della cd. verticalizzazione o "gerarchizzazione"». Riguardo la medesima voce di danno erariale, R. E. ha segnalato che nel periodo in cui ha ricoperto il ruolo di responsabile del Servizio manutenzione, non poteva in alcun modo prevedere e/o presumere, neppure astrattamente, il configurarsi di un danno futuro alle casse del Comune di ; tanto che l'evento dannoso si sarebbe poi concretizzato soltanto nel corso dell'anno 2014, ovvero non aveva assunto, al predetto momento, i caratteri della concretezza e dell'attualita', in presenza dei quali soltanto sorge l'obbligo di denuncia la cui violazione gli e' stata contestata dal requirente contabile. La sussistenza del nesso eziologico e' negata anche da G. Z. , il quale rileva che «tutta la documentazione contabile inerente agli incassi volontari e coattivi dei canoni locativi del complesso relativi ai periodi in contestazione non e' stato rinvenuta e, addirittura, la perdita di tutta tale importantissima documentazione non e' neppure stata denunciata alla A.G. dal responsabile dell'Ufficio tributi ed economato del Comune di », competente in via esclusiva «a verificare e riscontrare il flusso di entrata circo il pagamento dei canoni». Facendo poi testuale riferimento alla relazione formalizzata dalla il 16 maggio 2016, G. Z. evidenzia le rilevantissime difficolta' operative inerenti la gestione, sotto ogni profilo, dell'area in questione, caratterizzata da una «situazione ambientale di diffusa illegittimita'», cui «si aggiunge uno stato di indigenza oggettiva», con il risultato che «recuperare un qualsivoglia credito divento arduo». Sempre lo Z. pone in rilievo, sotto l'esaminato profilo, che il depauperamento erariale, legato allo gestione delle unita' immobiliari comprese nel , e' legato a una serie di condotte reciprocamente intrecciate, a causa della notevole complessita' della vicenda, nell'ambito della quale il suo ruolo ha rivestito carattere oltremodo marginale. A sua volta, R. E. , responsabile del Settore manutenzione del Comune di dal 22 ottobre 2010 al 1° marzo 2012 e poi dal 12 aprile 2012 al 7 maggio 2012, in primo luogo rappresenta che, scaduta il 29 gennaio 2011 la convenzione con per la gestione dei cespiti immobiliari del , in ogni caso, nonostante i solleciti indirizzati dall'A.C. alla ridetta societa', l'ente alla data del 26 luglio 2011 «non era ancora subentrato nella gestione tecnico-contabile del , non era in possesso di analitica documentazione contenente l'elenco dettagliato della situazione di fatto e di diritto del descritto patrimonio immobiliare, ne' infine conosceva le generalita' degli originari assegnatari e/o casi di eventuale occupazione abusiva degli immobili de quibus», situazione richiedente un'attivita' ricognitiva che egli non avrebbe certamente potuto eseguire in pochi mesi, tant'e' vero che essa e' stata svolta soltanto nel febbraio del 2014 dalla societa' all'uopo incaricata. V. F. ha preliminarmente rilevato che «il Segretario generale non ha alcuna competenza sull'attivita' di gestione e riscossione dei canoni degli immobili di edilizia economico-popolare del comune», richiamando in proposito: l'art. 107 TUEL dedicato alle competenze dirigenziali; la spettanza all'organo politico dei poteri d'indirizzo; l'esternalizzazione sin dal 2002 della gestione immobiliare dei cespiti ricompresi nel , con compiti di controllo e di applicazione delle penali e delle ulteriori sanzioni per l'inadempimento dell'appaltante, rientranti ex lege nelle attribuzioni del R.U.P. e del D.E.C., con «la precisazione ulteriore che, per quanto riguardo il primo concessionario (Igica), il comune avevo addirittura costituito una Commissione per la verifica dell'attivita' del concessionario stesso; Commissione presieduta dal sindaco e composta da vari consiglieri comunali [...] che, evidentemente, non ha svolto la sua funzione di controllo [...] e che, quindi, dovrebbe essere presente nel giudizio instaurato dal Procuratore regionale». In ogni caso - osserva conclusivamente V. F. - «l'amministrazione comunale e' stata retta per anni da organi straordinari che, al pari di quelli elettivi, non sono riusciti od andare oltre mere dichiarazioni di intenti. Dal che si deve trarre la scontata considerazione che non e' per «colpa» di chi si e' avvicendato nella gestione dell'ente che i canoni non sono stati riscossi ma che cio' e' dipeso, piuttosto, da una situazione economico-sociale insostenibile, connotata dal pervasivo controllo della criminalita' organizzata sul territorio e dalla infiltrazione della criminalita' finanche nel tessuto politico-amministrativo del comune. In queste condizioni non si poteva pretendere che il Segretario comunale (anche quando se ne fosse assunto l'onere che pur non gli competeva] potesse, con mere sollecitazioni, risolvere il problema». G. S. , argomentando in punto di nesso di causalita', evidenzia che egli, in quanto responsabile p.t. del Settore finanziario del comune di , non ha mai avuto l'incarico di occuparsi della riscossione dei canoni di locazione per gli immobili del , essendogli stato affidato per un arco temporale di soli quattro/cinque giorni - giusta nota prot. n. 246 dell'8 febbraio 2011 - il compito inerente la bollettazione dei canoni di locazione e delle indennita' di occupazione, nonche' la riscossione del dovuto, salvo praticamente immediato riaffidamento al responsabile del Settore manutenzione del compito medesimo. S. inoltre, rileva, in disparte la genericita'/apoditticita' delle contestazioni attoree, che egli in ogni caso non disponeva di alcuno strumento, formale o sostanziale, «per porre argine ad una situazione ormai irrimediabilmente compromesso da decenni di inadempienze da parte degli organi comunali competenti». Riguardo l'elemento soggettivo, S. L. rileva di aver ottenuto, nonostante la vasta confusione imperante con riferimento alla gestione immobiliare del , che per tal motivo aveva richiesto da parte sua un enorme sforzo di ricostruzione, «risultati eccellenti, avendo egli per lo prima volta nella storia del comune di inviato oltre settecentocinquanta atti di diffida per il recupero dei canoni pregressi, ed avendo provveduto ad alienare ben quarantatre immobili, per i quali nel prezzo di vendita sono state inserite anche le morosita' pregresse». In aggiunta, S. L. avanza istanza istruttoria di acquisizione di CTU finalizzata ad «accertare la percentuale di riscossione per le annualita' nelle quali sono state formulate diffide di pagamento da parte degli uffici comunali», nonche' istanza di chiamata in causa della impresa assicuratrice TUA Assicurazioni S.p.a. con la quale egli ha stipulato un contratto di assicurazione per la copertura dei rischi discendenti dalle attivita' oggetto del presente giudizio, «affinche' possa garantire il convenuto in caso non auspicato e improbabile di condanna». Anche A. F. propone istanza di acquisizione di CTU intesa a quantificare con esattezza l'effettivo ammontare delle somme non introitate dall'ente al titolo indicato nell'atto introduttivo del giudizio. G. Z. , a sua volta, rappresenta di aver «puntualmente dato seguito» [durante la prima fase in cui rivestiva le funzioni di responsabile del Servizio casa-manutenzione immobili del Comune di , ovvero nel periodo dal 16 maggio 2012 al 16 febbraio 2015 (avendo poi la seconda fase avuto durata brevissima, dal 13 luglio 2015 al 23 novembre 2015)], «alle direttive politico-istituzionali ricevute, finalizzate primariamente alla dismissione del compendio immobiliare, adoperandosi dapprima nella sottesa istruttoria e poi affidando alla la complessa gestione dell'intero patrimonio immobiliare». R. E. segnala di aver svolto il proprio incarico con la necessaria diligenza, eseguendo «pedissequamente le direttive impartite dal Segretario generale con la [...] nota dell'8 febbraio 2011 (procedendo alla voltura delle utenze relative all'energia elettrica delle parti condominiali del ; alla voltura dell'utenza per fornitura gas Ufficio sito nel per la gestione di alcuni servizi di front-office ed adottando gli atti necessari per la prosecuzione del servizio di manutenzione degli ascensori e del servizio di pulizia delle parti comuni)», «ponendo cosi' in essere tutte le attivita' necessarie a salvaguardare e garantire il buon andamento della pubblica amministrazione, segnalando altresi' le difficolta' operative connesse alla carenza di personale tecnico»; nonche' provvedendo a far affiggere manifesti indicanti il numero di conto corrente intestato al Comune di su cui gli inquilini del avrebbero dovuto versare canoni locativi e/o indennita' e spese condominiali a decorrere dal mese di febbraio 2011, ad affidare a una ditta privata l'assistenza, la consulenza e la manutenzione del software per la gestione dei fitti del e ad istruire «l'intero procedimento che nel febbraio 2014 consentiva alla Societa' di fornire al Comune di un documento completo delle informazioni necessarie (nominativi degli occupanti e degli assegnatari) per l'esperimento delle attivita' finalizzate al recupero dei canoni e/o indennita' di occupazione». Il convenuto E. evidenzia altresi' che, a suo avviso, risulta incomprensibile «la necessita' e/o la presunta utilita' di reiterare, a meno di un anno di distanza [rispetto a quanto gia' fatto da ,], la notifica di diffide di pagamento dei canoni di locazione/occupazione, attivita' che avrebbe avuto come unico risultato un aggravio di spesa per le casse comunali». G. S. ricorda di aver assunto tutte le iniziative rientranti nelle sue competenze, notiziando «gli organi competenti, segnatamente il responsabile del Settore manutenzione, nonche' il sindaco p.t., il Segretario generale ed il Presidente del consiglio p. t., della necessita' di attivare ogni piu' idonea attivita' volta alla riscossione dei canoni di locazione per gli immobili occupati nel e di proprieta' comunale. In talune circostanze, anche relative alla redazione del bilancio annuale [il S. ] quale responsabile del Servizio finanziario, ha richiesto, sempre agli uffici competenti e segnatamente al responsabile del Settore manutenzione, l'accertamento relativo ai fitti del , si' da poter inserire nel bilancio il corrispettivo economico». Della piu' ampia applicazione del potere riduttivo dell'addebito poi, in via di mero subordine, fanno istanza G. Z. , V. F. e G. S. . A. F. e V. F. avanzano istanza di integrazione del contraddittorio nei confronti di vari soggetti. [3] Alla pubblica udienza odierna il pubblico ministero ha premesso di riportarsi, nel merito, a tutto quanto esposto e argomentato nell'atto introduttivo del giudizio, ritenendo gia' ivi esaustivamente confutate le deduzioni versate nelle memorie difensive dei convenuti. Riguardo le eccezioni pregiudiziali e preliminari, ha osservato, in sintesi, quanto segue: sull'eccezione inerente l'(asserito) mancato esame delle controdeduzioni svolte nella fase pre-processuale, va evidenziato che, al contrario, tale esame e' stato ampiamente svolto in sede di redazione dell'atto di citazione e, comunque, non e' richiesto ai fini del soddisfacimento dei requisiti contenutistici dell'atto introduttivo del giudizio; rilevata altresi', l'infondatezza dell'eccezione d'inammissibilita' dell'atto de quo per genericita' e indeterminatezza nonche' delle altre eccezioni pregiudiziali, anche quella di prescrizione, nelle diverse formulazioni proposte dalla Difese dei convenuti, va ritenuta priva di fondamento tecnico-giuridico per quanto statuito in proposito, in fattispecie del tutto analoghe, da uniforme giurisprudenza della Corte dei conti e per quanto gia' puntualmente considerato sull'argomento nell'atto di citazione. Rilevata, infine, l'infondatezza sia dell'istanza del convenuto L. di autorizzazione alla chiamata in causa della compagnia assicuratrice con cui costui intrattiene un rapporto contrattuale inteso a tenerlo indenne dai rischi connessi ad ipotesi di responsabilita' erariale (per difetto di giurisdizione), che delle varie istanze di integrazione del contraddittorio rispetto ad altri soggetti per non ricorrenza dell'ipotesi di litisconsorzio necessario, il pubblico ministero ha integralmente confermato l'atto introduttivo del giudizio e insistito per l'accoglimento delle domande in esso formulate, dopo aver illustrato i motivi per i quali va ritenuto sussistente in fattispecie il nesso eziologico anche per i convenuto A. , F. e V. F. . I difensori che hanno argomentato in difesa dei propri assistiti., compresi gli avv.ti Giustino e Fusco, hanno richiamato i punti ritenuti di particolare rilievo ai fini dell'illustrazione delle rispettive posizioni e hanno insistito per l'integrale accoglimento delle eccezioni, delle deduzioni e delle istanze formulate per iscritto, di cui hanno pertanto confermato le conclusioni. In particolare, vanno segnalate le seguenti puntualizzazioni. L'avv. Andrea Orefice ha posto in risalto che, per pervenire all'integrale proscioglimento del suo assistito (S. L. ), e' sufficiente fare riferimento all'avverbio «ovviamente» inserito nella nota del 2011 con cui l'allora Segretario generale operava la ripartizione, fra gli uffici comunali, delle competenze affidate a ciascuno di essi riguardo le attivita' rientranti nella gestione della vicenda qui esaminata. L'avv. Francesco Maria Caianiello ha richiamato l'attenzione sulla circostanza che e' proprio il «rimpallo di responsabilita'», emergente dal contesto delle memorie difensive di ciascun convenuto, che testimonia chiaramente la genericita' delle contestazioni dell'Ufficio di Procura nei confronti dei medesimi; nonche' sul fatto che, a suo avviso, non puo' attribuirsi rilievo decisivo alla ripartizione di competenze effettuata nella nota segretariale del 2011, visto che siffatta ripartizione non rientra fra le competenze affidate al Segretario generale dell'ente. L'avv. Riccardo Marone ha ribadito le oggettive caratteristiche ambientali del di quale roccaforte della criminalita' organizzata, onde stigmatizzare l'astrattezza e la mancanza di concretezza della prospettazione offerta dal requirente; ha poi sottolineato la necessita' di integrare il contraddittorio nei confronti delle commissioni prefettizie che hanno governato l'ente per circa sei anni, poiche' desta consistenti perplessita' l'assenza di contestazioni nei confronti delle stesse, laddove i componenti, quali rappresentanti dello Stato sul territorio locale, avrebbero dovuto attivarsi per la sua «bonifica» in termini di gestione amministrativo-burocratica. L'avv. Francesco Rinaldi ha evidenziato, facendo riferimento a vari documenti allegati alla memoria difensiva in atti, come a cura dell'OSL sia in corso una consistente attivita' di recupero dei crediti del Comune di , con conseguente possibile significativa elusione del danno rilevato dall'Ufficio di Procura. In tale stato la causa e' passata in decisione. considerato in diritto [A] Il Collegio deve procedere allo scrutinio delle eccezioni sollevate dai convenuti in via pregiudiziale, nessuna delle quali, per quanto oltre si dira', puo' reputarsi giuridicamente fondata. A. 1) L'eccezione d'inammissibilita' dell'atto di citazione per mancato esame, e conseguente confutazione, delle controdeduzioni presentate nella fase preprocessuale - sollevata dalla difesa di S. L. - e' ormai da tempo oggetto di statuizioni d'infondatezza per conforme e consolidato orientamento delle Sezioni territoriali e d'Appello della Corte dei conti. Al riguardo, invero, tale costante giurisprudenza contabile ha escluso che il requirente debba rappresentare, analiticamente, le ragioni per cui abbia ritenuto di disattendere gli elementi forniti dai soggetti invitati in sede di controdeduzioni (cfr. ex plurimis, Sezione II d'Appello n. 326/2018). Tra l'altro, nel caso in esame la Procura regionale ha puntualmente esaminato gli elementi offerti in sede di controdeduzioni, pervenendo ad esprimere l'avviso, descritto in modo articolato nell'atto introduttivo del giudizio, di sussistenza della responsabilita' dei convenuti per il danno erariale in esso rappresentato. Ma va aggiunto sull'argomento - come la Sezione ha gia' avuto cura di fare con la sentenza n. 255/2019 - che «il giudizio de quo, [...], essendo stato introdotto a seguito dell'entrato in vigore del decreto legislativo n. 174/2016, ricade nell'ambito di applicazione dello disciplina da esso previsto per i giudizi innanzi alla Corte dei conti. Nessuna disposizione in esso contenuta prevede l'obbligo per il pubblico ministero di indicare nell'atto di citazione le ragioni percui le difese svolte dal presunto responsabile nella fase preprocessuale non siano state ritenute idonee a superare gli addebiti, ne', tantomeno, prevede per tale omissione alcuna nullita' dell'atto di citazione. L'art. 87 del decreto legislativo n. 174/2016 si limito a sanzionare con la nullita' la mancata corrispondenza "tra i fatti di cui all'arti. 86, comma 2, lettera e), e gli elementi essenziali del fatto esplicitati nell'invito a dedurre, tenuto conto degli ulteriori elementi di conoscenza acquisiti a seguito delle controdeduzioni"». A.2) Privo di fondamento giuridico e', altresi', l'eccezione di nullita' dell'atto di citazione ai sensi del combinato disposto degli articoli 86, comma 2, lettera e) e 87 del Codice di giustizia contabile, ovvero per mancanza assoluta di specificazione su quale sia la condotta in concreto ascrivibile ai fini della configurabilita' della responsabilita' contabile e comunque, per mancata «specifica individuazione dei criteri attraverso i quali e' stata determinata la quota di danno imputata a ciascun convenuto, e in particolare all'ing. L. »; eccezione, questa, sollevata dalla difesa di S. L. , che a sostegno richiama la sentenza n: 337/2019 di questa Sezione giurisdizionale, nonche', in analoghi termini, da G. Z. , che fa riferimento alla decisione n. 1194/2013 della Sezione giurisdizionale Puglia. Premesso che la sentenza n. 337/2019 di questa Sezione rileva difetti dell'atto introduttivo del giudizio non riscontrabili nel caso di specie e che la pronuncia n. 1194/2013 della Sezione giurisdizionale Puglia e' piuttosto risalente, va osservato, sotto il primo profilo (mancata «specifica individuazione dei criteri attraverso i quali e' stato determinato la quota di danno imputato a ciascun convenuto»), intanto che sintetica individuazione di tali criteri e' stata, invece, fornita dalla Procura regionale, la quale ha sostanzialmente ancorato la ridetta ripartizione al rilievo del ruolo istituzionale di ciascun convenuto e alla durata dei rispettivi incarichi; e soprattutto, che nemmeno la «mancata ripartizione in quote della responsabilita' [...] costituisce un profilo in grado di compromettere la validita' della citazione, non costituendo quel profilo un aspetto del «fatto» (il solo per il quale e' imposta la continuita' tra la fase preprocessuale e quella processuale) ma solo un prodotto valutativo del fatto» (Sezione II d'Appello, sentenza n. 385/2019). Deve altresi' escludersi che l'atto di citazione sia caratterizzato da «assoluta incertezza sull'oggetto della domanda» in quanto, «avendo presente che la "ratio" ispiratrice della disciplina assistita dalla sanzione di nullita' e' da individuare nell'esigenza di porre immediatamente il convenuto nelle condizioni di apprestare adeguate e puntuali difese, l'esposizione dei fatti costituenti le ragioni della domanda e' tale da assicurare l'instaurazione di un pieno contraddittorio sulle vicende di causa, essendo compiutamente definiti la condotta censurata, il nocumento patrimoniole che da essa si assume generato, l'elemento soggettivo che ha connotato l'agire contestato e, in definitiva, tutti gli elementi strutturali della fattispecie della responsabilita' amministrativa. Peraltro, ogni possibile residuo dubbio viene meno considerando l'avvenuta costituzione in giudizio del [...] convenuto [...] e l'ampiezza e pertinenza delle difese spiegate» (Sezione II d'Appello, sentenza n. 385/2019, cit.). A.3) Ad analogo rilievo d'infondatezza si perviene, ad avviso del Collegio, riguardo l'eccezione di nullita' di tutti gli atti istruttori posti a monte del giudizio di responsabilita' amministrativa instaurato con l'atto di citazione per violazione del disposto dell'art. 51 del Codice di giustizia contabile, ovvero per mancata specificazione della «notizia di danno», con conseguente insanabile indeterminatezza della causa petendi e del petitum, sollevata dalla difesa di A. F. . Com'e' noto, l'art. 51 del Codice di giustizia contabile ha ripreso l'abrogata disposizione di cui all'art. 17, comma 30-ter del decreto-legge n. 78/2009, convertito con modificazioni in legge n. 102/2009, secondo cui le Procure della Corte dei conti possono iniziare l'attivita' istruttoria ai fini dell'esercizio dell'azione di danno erariale a fronte di specifica e concreta notizia di danno. Le SS.RR. contabili hanno precisato, in proposito, che l'espressione «notizia di danno», richiesta dalla legge, fa riferimento, secondo la comune accezione, ad un dato meramente cognitivo e non deve equivalere ad una informativa cosi' precisa e circostanziata da contenere tutti gli elementi necessari per dar corso all'azione di responsabilita'. La sanzione di nullita' puo' colpire, dunque, solo quegli atti istruttori e processuali che traggano origine da mere supposizioni (SS.RR. n. 12/2011/QM). In altri termini, secondo la giurisprudenza contabile la ratio della norma era quella di garantire che l'istruttoria del pubblico ministero contabile fosse suffragata, nella fase di avvio, da elementi concreti e specifici e non si basasse su mere ipotesi o illazioni astratte tali da consentire che la richiesta istruttoria si dirigesse in modo generico su un settore di attivita' amministrativa per un rilevante lasso di tempo, cosi' dando corpo a una attivita' di controllo da parte di un organo a cio' non abilitato. Tale approdo giurisprudenziale e' ora stato recepito dall'art. 51, comma 2 del Codice di giustizia contabile, secondo il quale la notizia di danno, comunque acquisita, e' specifica e concreta quando consiste in informazioni circostanziate e non riferibili a fatti ipotetici o indifferenziati. Cio' premesso, si osserva che, nel caso in esame, la notizia di danno e' «stata formalizzata dalla legione dei carabinieri Campania, tenenza di , che, delegati alle indagini, hanno depositato numerose informative comprovanti la suddetta fattispecie di danno erariale» (cfr. pag. 1 atto di citazione); informative poi indicate specificamente, mediante riferimento ai rispettivi numeri di protocollo e date, nel medesimo atto introduttivo e ovviamente, allegate in copia ad esso. Ad avviso del Collegio, nel caso in esame, gli elementi pervenuti alla Procura regionale presentavano i necessari caratteri di specificita' e concretezza, in quanto riferivano fatti e circostanze sufficienti a legittimare l'attivita' istruttoria del pubblico ministero contabile. Non si puo', infatti, negare la sussistenza della notizia di danno nei termini richiesti dalla legge a fronte della prospettazione di un'attivita' che avrebbe determinato un significativo nocumento patrimoniale per il Comune di in relazione al mancato introito di canoni di locazione relativi a varie unita' immobiliari situate nel ; e cio' a prescindere dal collegamento coi motivi di fatto e di diritto addotti dalla Procura attrice per azionare la pretesa erariale, che devono costituire oggetto di disamina nel merito. Non devono essere infatti confusi i diversi piani dell'ammissibilita' dell'azione del Procuratore regionale - afferente alla concretezza della notizia del fatto in se' stesso e del suo ipotetico collegamento con un nocumento erariale - rispetto alla fondatezza della pretesa erariale che costituisce materia dell'esame nel merito. A.4) Palesemente infondata e' l'ulteriore eccezione pregiudiziale, inerente all'asserita inammissibilita' dell'atto di citazione per violazione degli articoli 67 e 68 del Codice di giustizia contabile, ovvero per essere stato notificato oltre il termine di centoventi giorni dalla scadenza del precedente termine, indicato per il deposito delle controdeduzioni, sollevata dalla difesa di A. F. , che ha citato a sostegno la sentenza n. 5/1998 della Sezione giurisdizionale Sicilia. Va premesso, in proposito, che i commi 5 e 6 dell'art. 67 del Codice di giustizia contabile, prevedono che «Il procuratore regionale deposito l'atto di citazione in giudizio, a pena di inammissibilita' dello stesso, entro centoventi giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle deduzioni da parte del presunto responsabile del danno, salvo quanto disposto dall'art. 86» e che «Nel caso l'invito a dedurre sia stato emesso contestualmente nei confronti di una pluralita' di soggetti, il termine di cui al comma 5 decorre dal momento del perfezionamento della notificazione per l'ultimo invitato; in tutti gli altri casi, decorre autonomamente per ciascun invitato dal momento del perfezionamento della notificazione nei suoi confronti». In fattispecie, l'invito a dedurre e' stato notificato a ciascuno degli odierni convenuti il 14 gennaio 2019, con attribuzione espressa di quarantacinque giorni da tale data di notifica per il deposito delle deduzioni; il termine in parola e', dunque, venuto a scadenza il 28 febbraio 2019. Poiche' l'atto di citazione e' stato depositato presso la Segreteria della Sezione il 31 maggio 2019, ovvero ben entro il termine di centoventi giorni indicato dalle disposizioni normative sopra richiamate, ne discende la sua incontrovertibile tempestivita'. Del resto, la difesa di F. pretende di fare riferimento, ai fini della valutazione dell'avvenuto rispetto del termine de quo, alla data di notifica dell'atto di citazione, che invece e' del tutto privo di rilievo ai ridetti fini, visto che la norma fa espresso riferimento alla data del deposito dell'atto introduttivo del giudizio. [B] Devesi, peraltro, dichiarare ex officio l'inammissibilita' della domanda risarcitoria avanzata dal requirente, nell'importo di euro 131.428.70, per danno non patrimoniale derivante dalla lesione del diritto al buon andamento della pubblica amministrazione. A tal riguardo, va infatti evidenziato che l'art. 17, comma 30-ter, decreto-legge n. 78/2009, convertito in legge n. 102/2009 e successive modifiche e integrazioni, letto in combinato disposto con l'art. 7, legge n. 97/2001 ivi richiamato [poi abrogato, a decorrere dal 7 ottobre 2016, dall'art. 4, comma 1, lettera g) delle «norme transitorie ed abrogazioni» al nuovo Codice della giustizia contabile, approvato con il decreto legislativo n. 174/2016 e successive modifiche e integrazioni], consente espressamente la perseguibilita' del danno all'immagine innanzi al giudice contabile nelle ipotesi di sentenze definitive per uno dei delitti dei p.u. contro la pubblica amministrazione, vale a dire uno di quelli contenuti nel capo 1 del titolo I del libro secondo del codice penale. In proposito, la Corte costituzionale ha ritenuto che la scelta del legislatore «[...] di non estendere l'azione risarcitoria anche in presenza di condotte non costituenti reato, ovvero costituenti un reato diverso da quelli espressamente previsti, puo' essere considerato non manifestamente irragionevole [...]» (cosi' Corte costituzionale, sentenza n. 355/2010; in termini analoghi, Corte costituzionale, ordinanze numeri 219, 220 e 221 del 2011). Le stesse Sezioni riunite di questa Corte, con la sentenza n. 8/2015/QM, nel dirimere i contrasti interpretativi insorti sul punto, hanno affermato il principio di diritto, per cui «l'art. 17, comma 30-ter, va inteso nel senso che le Procure della Corte dei conti possono esercitare l'azione per il risarcimento del danno all'immagine solo per i delitti di cui al capo 1 del titolo II del libro secondo del codice penale». Del resto, la perseguibilita' del danno all'immagine innanzi alla Corte dei conti e' stata oggi confermata dal Codice della giustizia contabile, approvato con il decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174, il quale ha dettato, all'art. 51, comma 6, ed all'art. 4, lettera g) ed h), delle «norme transitorie ed abrogazioni», talune disposizioni proprio in materia di danno all'immagine, con le quali - diversamente da quanto ritenuto da una parte della giurisprudenza, secondo cui esse avrebbero ampliato i confini della risarcibilita' del pregiudizio all'immagine, ricomprendendovi tutti i delitti commessi a danno della pubblica amministrazione accertati con sentenza irrevocabile di condanna - e' stata in buona sostanza confermata la perseguibilita' del danno in questione, innanzi al giudice contabile, solo in presenza di reati propri dei p.u. contro la pubblica amministrazione. Ebbene, nel caso di specie, nonostante la suggestiva prospettazione attorea, si deve rilevare che la domanda risarcitoria avente ad oggetto il nocumento non patrimoniale subito dalla pubblica amministrazione a seguito della lesione del diritto al buon andamento che sarebbe derivata dai fatti descritti nell'atto introduttivo del giudizio, fuoriesce dai confini delineati dalle disposizioni precedentemente richiamate, risultando cosi' inammissibile. Che la giurisprudenza contabile abbia ritenuto configurabile una lesione riguardante non solo l'immagine dell'amministrazione danneggiata, in quanto tale, ma anche - attraverso essa - in senso piu' ampio il buon andamento della pubblica amministrazione ex art. 97 della Costituzione e' avvenuto a ridosso degli anni novanta, a seguito del disvelamento di numerosi episodi corruttivi nell'ambito dei pubblici appalti. Venendo poi rimeditata e rimodulata, tale impostazione, attraverso la regolamentazione normativa intervenuta nel 2009 - di cui sopra si e' detto - e recentemente confermata con l'entrata in vigore del Codice di giustizia contabile. Tanto che le Sezioni d'Appello hanno in proposito rilevato, pronunciandosi su impugnazioni riferite a pronunce di questa Sezione giurisdizionale, nelle quali si statuiva su analoghe pretese risarcitorie avanzate dalla Procura regionale con dichiarazione d'inammissibilita' delle stesse soltanto in presenza di eccezione sollevata dalle parti convenute, che «La questione [...] e' rilevabile ex officio, poiche' il giudice deve verificare la procedibilita', o proponibilita', della domanda, alla luce dell'art. 17, comma 30-ter, del decreto-legge n. 78 del 2009 e dell'art. 7 della legge n. 97 del 2001, che limitano la risarcibilita' del danno all'immagine alle ipotesi in cui sia intervenuta sentenza irrevocabile di condanna per i delitti contenuti nel capo 1 del libro II del codice penale. Trattandosi, quindi, di un presupposto processuale che non si e' verificato per nessuno degli appellanti, sul punto va riformata la decisione di primo grado, con la decurtazione della relativa posta di condanna (cfr. Corte dei conti, Sezione II centrale di Appello, numeri 1168/2016 e 782/2015)» (Sezione I di Appello, sentenza n. 56/2017). [C] Il Collegio reputa, altresi', di dover statuire anche sulla preliminare eccezione di merito, inerente l'intervenuta prescrizione quinquennale dell'azione erariale, sollevata dai convenuti e nei termini che seguono: S. L. e G. S. , che non hanno rappresentato argomentazioni a sostegno dell'eccezione in parola; R. E. , secondo cui «l'esordio del termine di prescrizione quinquennale non puo' riportarsi gia' agli anni 2010/2011, epoca in cui a giudizio dell'accusa era a tutti noto il danno derivante dall'omessa riscossione dei canoni di locazione del complesso immobiliare », in applicazione del principio per cui il dies a quo in parola coincide con il momento in cui il danno medesimo diviene conoscibile per l'amministrazione danneggiata; A. F. per il quale l'incipit del termine prescrizionale quinquennale va ancorato al momento dell'esplicitazione delle condotte di cui si asserisce l'illiceita' nell'atto introduttivo del giudizio, collocate nell'arco temporale 2009/2013, in disparte l'inefficacia ai fini interruttivi del termine de quo, rivestita in fattispecie, per le modalita' di formulazione, dall'invito a dedurre; G. Z. , ad avviso del quale «L'azione di risarcimento e' stata proposta dalla Procura regionale [...] oltre il termine di cinque anni dalla scoperta del danno da parte dell'amministrazione danneggiata [...]», come da richiamati precedenti giurisprudenziali. L'eccezione e', comunque sia stata articolata e motivata, priva di pregio. Onde individuarne i motivi d'infondatezza, il Collego ritiene sufficiente riportare la motivazione espressa su analogo punto, dalla Sezione III d'Appello nella sentenza n. 233/2019, che ha confermato, sull'argomento, la sentenza n. 697/2016 di questa Sezione giurisdizionale. «Quanto alla ribadita eccezione di prescrizione, il Collegio condivide le argomentazioni sviluppate dalla Sezione Campania di questa Corte, essendo qui sufficiente ribadire che - trattandosi di mancate riscossioni concernenti rapporti di locazione [...] oppure di mancati introiti per omessa riscossione di' indennita' di occupazione - la perdita erariale per le entrate non riscosse ha acquisito i caratteri della certezza e della definitivita' quando e' spirato il termine di prescrizione decorrente dal maturare del diritto di credito da recuperare; solo in tale momento puo' essere individuato il dies a quo della prescrizione quinquennale imputabile al soggetto chiamato a rispondere innanzi al giudice contabile per il conseguente danno erariale. Peraltro, si puntualizza che, in sostanza, diversamente da quanto preteso dalla parte che la ha eccepito, ai fini della prescrizione non ha rilievo il periodo in cui l'appellante ha diretto la struttura [...] trattandosi di fatto che attiene all'accertamento della sussistenza della condotta omissiva imputata allo stesso appellante e al nesso di causalita' con l'evento dannoso, ma che non introduce elementi idonei di per se' al maturare dello prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante dalla mancata entrata. Il periodo in cui l'interessato ha ricoperto una determinata funzione, puo' semmai risultare rilevante ai fini della quantificazione del danno. [...] nella specie i convenuti sono stati chiamati a rispondere [...] per non aver posto in essere gli adempimenti volti a far si' che non cadesse in prescrizione il diritto dell'amministrazione volto ad ottenere gli importi dovuti [...]. Nel caso in esame, quindi, il termine quinquennale di prescrizione dell'azione erariale decorre dal momento della perdita definitiva del diritto di credito relativo ai canoni locatizi. L'orientamento, ampiamente consolidato presso la magistratura contabile (di recente, ex multis Corte dei conti, Sezione II, sentenza n. 126, 18 marzo 2015), ritiene consumato e attuale il danno erariale da mancata entrata soltanto quando sia decorso inutilmente il termine di prescrizione per la riscossione del credito ovvero quand'esso sia divenuto ormai inesigibile. Non e' configurabile, in altri termini, un danno erariale da mancato entrata connotato dai caratteri dell'attualita' e della certezza, laddove non vi sia stata per l'amministrazione la perdita definitiva del diritto di credito (cfr. sentenza Sezione terza centrale d'Appello n. 369/2012). Il danno e', infatti, da identificare con la perdita stessa del diritto di credito. [...] la fattispecie dannosa dedotta in questa sede [...] si identifica con [...] l'impossibilita' di recupero della somma, di talche' si rende necessario l'accertamento delle responsabilita' in capo a coloro che, avendo determinato tale ultimo evento, sono stati chiamati al relativo risarcimento (debito di valore)». Valga soltanto aggiungere, riguardo il rilievo del convenuto A. F. inerente l'inefficacia dell'invito a dedurre ai fini interruttivi del termine de quo per le modalita' con cui e' stato in fattispecie formulato, che tale rilievo e' palesemente infondato, in quanto l'invito a dedurre contiene esplicito riferimento all'art. 2943 del Codice civile - che riconosce efficacia interruttiva della prescrizione a qualsivoglia atto che valga a costituire in mora il debitore, sia esso stragiudiziale o giudiziale - e all'art. 1219 del Codice civile, che con riguardo alla costituzione in mora stragiudiziale, prevede che «il debitore e' costituito in mora mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto». Inoltre, il medesimo invito a dedurre e' pienamente conforme a quanto statuito in proposito dalla Suprema Corte, la quale ha affermato che «[...] affinche' un atto possa acquisire efficacia interruttiva della prescrizione, a norma dell'art. 2943, quarto comma del Codice civile, [...] deve contenere l'esplicitazione di una pretesa, vale a dire un'intimazione o richiesta scritta di adempimento idonea a manifestare l'inequivocabile volonta' del titolare del credito di far valere il proproi diritto nei confronti del soggetto passivo, con l'effetto sostanziale di costituirlo in mora [...]». Il danno patrimoniale contestato ai contenuti e' quantificato dal requirente in euro 1.314.286,50, importo dato dalla somma tra euro 792.453,81 (corrispendente a quanto non riscosso a titolo di canoni e/o indennita' di occupazione per trentaquattro locali commerciali siti all'interno del nel periodo 2009/2013) ed euro 521.832,59, corrispondente a quanto non riscosso nel 2009 a titolo di canoni locatizi per unita' abitative (euro 432.811,28) oltre l'importo (euro 89.021,31) pari al60% di euro 148.368,85 riscossi al ridetto titolo nella medesima annualita' dalla Societa' , e non riversati - come da obbligo contrattuale - al Comune di . Quindi, le suindicate voci di danno si sono attualizzate, tenendo conto della definitiva maturazione del termine quinquennale entro cui esercitare l'azione di recupero da parte del comune, rispettivamente negli anni 2014/2019 e 2014. Poiche' l'invito a dedurre e' stato notificato a ciascuno degli odierni convenuti il 14 gennaio 2019, da cio' risulta la tempestivita' dell'azione erariale intrapresa dalla Procura in riferimento a entrambe le contestate voci di danno patrimoniale. [D] Sgombrato il campo dalle questioni pregiudiziali e preliminari dedotte in giudizio, al Collegio e' fatto carico di esaminare in punto di merito la vicenda descritta nella premessa in fatto, attraverso la verifica della sussistenza, nel caso concreto, degli elementi tipici della responsabilita' amministrativa che, com'e' noto, si sostanziano in un danno patrimoniale, economicamente valutabile, arrecato alla pubblica amministrazione, in una condotta connotata da colpa grave o dolo, nel nesso di causalita' tra il predetto comportamento e l'evento dannoso, nonche' nella sussistenza di un rapporto di servizio fra coloro che lo hanno determinato e l'ente che lo ha subito. La valutazione in parola, tuttavia, e' ad avviso del Collegio preclusa, nella sua imprescindibile completezza ed esaustivita', dal divieto, posto dall'art. 83 del Codice di giustizia contabile (nel testo conseguente alle modifiche recate dal decreto legislativo 7 ottobre 2019, n. 114) di integrazione del contraddittorio iussu iudicis. Invero, tale norma, intitolata «Pluralita' di parti», e' cosi' formulata: «1. Nel giudizio per responsabilita' amministrativa e' preclusa la chiamata in causa per ordine del giudice. 2. Quando il fatto dannoso e' causato da piu' persone ed alcune di esse non sono state convenute nello stesso processo, se si tratta di responsabilita' parziaria, il giudice tiene conto di tale circostanza ai fini della determinazione della minor somma da porre a carico dei condebitori nei confronti dei quali pronuncia sentenza. 3. Soltanto qualora nel corso del processo emergano fatti nuovi rispetto a quelli posti a base dell'atto introduttivo del giudizio, il giudice ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero per le valutazioni di competenza, senza sospendere il processo. Il pubblico ministero non puo' comunque procedere nei confronti di soggetto gia' destinatario di formale provvedimento di archiviazione, ovvero di soggetto per il quale, nel corso dell'attivita' istruttoria precedente l'adozione dell'invito a dedurre, sia stata valutata l'infondatezza del contributo causale della condotta al fatto dannoso, salvo che l'elemento nuovo segnalatogli consista in un fatto sopravvenuto, ovvero preesistente, ma dolosamente occultato, e ne sussistano motivate ragioni. 4. Nei casi di cui all'ultimo periodo del comma 3, il pubblico ministero non puo' comunque disporre la citazione a giudizio, se non previa notifica dell'invito a dedurre di cui all'art. 67». Eppure, il Collegio reputa che le argomentazioni svolte da alcuni convenuti nel presente giudizio, in punto di necessita' d'integrazione del contraddittorio, risultino particolarmente pregnanti, al fine di far emergere l'incompiutezza della valutazione del merito della fattispecie eseguibile dal Collegio, in applicazione del surriportato divieto. Invero, i convenuti S. L. , R. E. , G. Z. e V. F. hanno svolto osservazioni, il cui rilievo il Collegio non puo' esimersi dal considerare, riferite al grave pregiudizio inflitto dal divieto in parola alla compiutezza della valutazione da eseguire nell'esame dell'estremamente complessa vicenda dedotta in giudizio. Cio' premesso, il Collegio intende sottoporre al sindacato di legittimita' del giudice delle leggi il divieto, contenuto nell'art. 83 del Codice di giustizia contabile, imposto al giudice contabile di procedere all'integrazione del contraddittorio. D.1) Sulla rilevanza delle questioni di costituzionalita' dell'art. 83, commi 1° e 2°, del Codice di giustizia contabile (nel testo conseguente alle modifiche recate dal decreto legislativo 7 ottobre 2019, n. 114), adottato in attuazione dell'art. 20 della legge 7 agosto 2015, n. 124. Riguardo la rilevanza nel presente giudizio delle questioni di costituzionalita' che questa Sezione intende sollevare, va preliminarmente ricordato che, in disparte le specifiche ipotesi, previste espressamente dalla legge, di responsabilita' c.d. sanzionatoria, con le quali il legislatore sanziona la trasgressione di una particolare disposizione della legge contabile con la condanna al pagamento di una sanzione pecuniaria fissata tra un minimo e un massimo edittale, il giudizio di responsabilita' amministrativa, con la sua struttura contrattuale/extracontrattuale, si inserisce nell'archetipo della responsabilita' patrimoniale, a prevalente funzione risarcitoriarecuperatoria (ovvero nel piu' ampio quadro delle finalita' di tutela delle risorse di finanza pubblica rimesse al presente plesso giudiziario) ed e' rivolto a obiettivi di reintegro del patrimonio pubblico rimasto depauperato in conseguenza di danno ingiusto. Va altresi' detto che, in ambito di' responsabilita' amministrativo-contabile e in ipotesi (quale quella all'esame) di sussistenza dell'elemento psicologico della colpa grave, vige la regola della «parziarieta'» dell'obbligazione risarcitoria: in tali fattispecie non si verificano in nessun caso ipotesi di «litisconsorzio necessario» che comportino eventualmente una integrazione del contraddittorio. Peraltro, in applicazione dell'art. 83 del Codice di giustizia contabile sopra citato, eventuali concorrenti responsabilita' non evocate in giudizio, oppure non piu' evocabili, andrebbero prese in considerazione astrattamente, onde pervenire ad eventuali scomputi di quote sui soggetti citati in giudizio, ognuno dei quali deve rispondere soltanto nei limiti del proprio apporto alla causazione del danno. Tuttavia, l'inderogabile preclusione imposta dalla norma in parola all'ordine di integrazione del contraddittorio da impartire da parte del giudicante, e' suscettibile di arrecare insanabile vulnus al corretto inquadramento di fattispecie che - come quella in esame - per il loro elevato grado di complessita', non si prestano ad essere delineate, valutate e definite senza acquisire l'apporto al contraddittorio di ulteriori soggetti; cio' in quanto il divieto imposto al giudicante all'ampliamento della platea degli evocati in giudizio dall'attore pubblico, preclude in radice l'individuazione di responsabilita' concorrenti per effetto della quale disporre lo scomputo, parziale o totale, di quote di responsabilita' prospettate dal requirente come addebitabili ai convenuti. In applicazione, quindi, dei primi due commi dell'art. 83 del Codice di giustizia contabile - imprescindibile nel presente giudizio, in presenza di istanze all'uopo formulate da vari convenuti - il Collegio dovrebbe comunque decidere sull'esistenza di fatti preclusivi della domanda attorea, ovvero - ed e' questo l'aspetto che qui rileva - di autonome condotte di altri soggetti peraltro non evocati in giudizio, che costituendo pur solo parzialmente il motivo dell'insorgenza del danno lamentato, riducano la responsabilita' dei convenuti ovvero la eliminino del tutto. Questo, senza tuttavia poter procedere all'integrazione del contraddittorio nei confronti di terzi e senza che l'eventuale statuizione finale abbia efficacia verso di loro. Questo giudice contabile, pertanto, pur dubitando della costituzionalita' delle disposizioni de quibus, dovrebbe esaminare le condotte sia dei convenuti, che di soggetti non evocati in giudizio (anche se, per questi ultimi, al fine di statuire esattamente sugli addebiti di responsabilita' dei primi), pervenendo quindi all'individuazione (eventuale) di concorrenti apporti causativi del danno nonche', appunto, all'(eventuale) scomputo (totale o parziale) di quote di responsabilita' dei convenuti, pur non disponendo di elementi conoscitivi e illustrativi a tal fine imprescindibili, venendo cosi' meno alle finalita' per le quali e' stato intestato alla Corte dei conti il giudizio di responsabilita' erariale quale sede in cui si svolge con carattere di esclusivita' l'approfondita ed esaustiva valutazione delle fattispecie causative di danno ingiusto al patrimonio pubblico. Ebbene, nel caso di specie, le norme di cui si sospetta l'illegittimita' costituzionale incidono in maniera insanabilmente pregiudizievole sul compito, affidato al Collegio, di tener conto della circostanza che alcune delle parti, nei cui confronti la decisione debba avere comunque il (sia pure ridotto) rilievo precisato, non siano state convenute, al solo fine della determinazione della minor somma da porre a carico dei convenuti nei confronti dei quali pronuncia sentenza; compito, quello in questione, insuscettibile di essere svolto in assenza di acquisizione degli apporti difensivi, conoscitivi e chiarificatori, dei ridetti soggetti (non convenuti in giudizio). Questi ultimi in particolare, nella fattispecie, dovrebbero essere concretamente individuati nelle societa' concessionarie del servizio di riscossione dei canoni in discorso, prima . - fino al 31 dicembre 2010 - e poi - affidataria del servizio di riscossione delle entrate comunali dal 2011 al 2020 - della cui chiamata in causa - prospettata dal convenuto V. F. nella propria memoria difensiva - si profila ad avviso del Collegio l'opportunita', non attuabile in applicazione proprio della norma impugnata. Data, invero, la piu' che probabile sussistenza del rilevato nocumento erariale patrimoniale - tenuto altresi' presente che lo specifico profilo del quantum del non riscosso e' stato certificato dal medesimo Comune di - il Collegio reputa ravvisabile, nella concreta fattispecie, l'incidenza causale ai fini della determinazione del ridetto danno, attribuibile alle condotte sia dei convenuti, che dei soggetti indicati al capoverso che precede. Infatti, non si rivelano meritevoli di adesione le argomentazioni del requirente, laddove espongono che, pur concentrandosi l'analisi del nesso di causalita' sui comportamenti posti in essere dal 2009 al 2014 per la prima voce di danno (canoni non riscossi per le unita' abitative nell'ano 2009) e dal 2009 al 2018 per la seconda voce di danno (canoni non riscossi per i trentaquattro locali commerciali dal 2009 al 2013), , non e' stata individuata quale responsabile di tali mancati introiti, pur essendo stata titolare fino al 31 dicembre 2010 del servizio di riscossione coattiva dei canoni in parola, in quanto «dal 1° gennaio 2011 [...] gli uffici del Comune di ... [...] avevano [...] tutto il tempo per intraprendere, entro [la data] di scadenza del termine di prescrizione quinquennale dei diritti relativi ai canoni e/o indennita' di occupazione [...], le necessarie azioni, sia al fine di riscuotere sia al fine di interrompere il decorso dei predetti termini». Analoghe perplessita' desta la mancata considerazione, ai fini dell'individuazione degli apporti causativi del danno in questione, del comportamento della · , incaricata dal 2011 in poi della riscossione coattiva delle entrate comunali - fra le quali avrebbero dovuto rientrare per disposizione contrattuale, secondo quanto affermato dalla stessa P.R. contabile, anche i canoni locatizi relativi alle unita' abitative e ai locali commerciali situati nel di , concentrandosi sul punto il requirente, esclusivamente sul comportamento dei dirigenti comunali che non ne hanno richiesto l'attivazione a tale scopo. Il Collegio ritiene, pertanto, di non poter applicare le norme di cui si sospetta l'illegittimita' costituzionale e, conseguentemente, di non poter ne' delineare eventuali responsabilita' concorrenti rispetto a quelle degli odierni convenuti, ne' di potere - conseguentemente - statuire per costoro conseguenti scomputi, totali o parziali, di responsabilita', nonostante la sussistenza di tali responsabilita' si riveli piu' che probabile in presenza degli elementi conoscitivi gia' in atti. D.2) Sulla non manifesta infondatezza delle questioni di costituzionalita' dell'art. 83, commi 1° e 2°, del Codice di giustizia contabile «nel testo conseguente alle modifiche recate dal decreto legislativo 7 ottobre 2019, n. 114), adottato in attuazione dell'art. 20 della legge 7 agosto 2015, n. 124. Le questioni di costituzionalita' che la Sezione intende sollevare, oltre ad essere rilevanti (secondo quanto osservato), sono non manifestamente infondate, per contrasto con gli articoli 3, 24, 76, 81 e 111 della Costituzione, per le ragioni che di seguito si espongono. Sul punto, va premesso che il testo legislativo censurato e' insuscettibile di interpretazione costituzionalmente orientata, ovvero tale da far superare i dubbi di costituzionalita', poiche' esso non puo' essere letto, se non nel senso dell'assoluto divieto fatto al giudice, innanzi al quale si svolge il giudizio di responsabilita' amministrativa, di ordinare la chiamata in causa di soggetti ulteriori rispetto a quelli gia' convenuti in giudizio ad opera del requirente contabile, non potendo far altro, quanto il fatto dannoso e' causato da piu' persone ed alcune di esse non sono state convenute nello steso processo ed inoltre si tratta di responsabilita' parziaria, che tener conto di tale circostanza ai fini della determinazione della minor somma da porre a carico dei condebitori nei confronti dei quali pronuncia sentenza. In altri termini, non appare accessibile l'ipotesi di un'interpretazione costituzionalmente orientata della norma da applicare, stante il tenore letterale della disposizione legislativa, che non consente opzioni ermeneutiche alternative, poiche' tale soluzione comporterebbe la pura e semplice disapplicazione della norma, e pertanto non si puo' che procedere alla rimessione alla Corte costituzionale della questione incidentale di legittimita'. D.2.1) Sulla violazione dell'art. 76 della Costituzione. Un primo e preliminare rilievo di contrarieta' dello norma de qua ai principi costituzionali, deriva dal travalicamento del perimetro entro cui vietare la chiamata in giudizio di soggetti su ordine del giudice, delineato dall'art. 20, comma 2, della legge 7 agosto 2015, n. 124 («Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche»), che al primo comma conferisce delega al Governo «ad adottare [...] un decreto legislativo recante il riordino e la ridefinizione della disciplina processuale concernente tutte le tipologie di giudizi che si svolgono innanzi la Corte dei conti, compresi i giudizi pensionistici, i giudizi di conto e i giudizi a istanza di parte», ovvero il cd. Codice di giustizia contabile (approvato col decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174, poi modificato dal decreto legislativo 7 ottobre 2019, n. 114). La norma sopra richiamata stabilisce, al secondo comma, i principi e i criteri direttivi ai quali il decreto legislativo avrebbe dovuto attenersi, prevedendo, per cio' che rileva nel caso all'esame, che esso avrebbe dovuto: «a) adeguare le norme vigenti, anche tramite disposizioni innovative, alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, coordinandole con le norme del codice di procedura civile espressione di principi generali e assicurando la concentrazione delle tutele spettanti alla cognizione della giurisdizione contabile; b) disciplinare lo svolgimento dei giudizi tenendo conto della peculiarita' degli interessi pubblici oggetto di tutela e dei diritti soggettivi coinvolti, in base ai principi della concentrazione e dell'effettivita' della tutela e nel rispetto del principio della ragionevole durata del processo anche mediante il ricorso a procedure informatiche e telematiche; [...] g) riordinare la fase dell'istruttoria e dell'emissione di eventuale invito a dedurre in conformita' ai seguenti principi: [...] 6) preclusione in sede di giudizio di chiamata in causa su ordine del giudice e in assenza di nuovi elementi e motivate ragioni di soggetto gia' destinatario di' formalizzata archiviazione; La legge-delega, dunque, ha previsto l'adeguamento delle disposizioni regolatrici del processo contabile alla giurisprudenza costituzionale e nomofilattica, chiarendo alla lettera g), punto 6), che la chiamata in causa da parte del giudice e' esclusa in assenza di nuovi elementi e se c'e' stata gia' archiviazione. Tali indicazioni sono state recepite al comma 3 dell'art. 83 del Codice di giustizia contabile, il quale pero', facendo seguito al generale divieto di chiamata iussu iudicis di cui al comma 1, e in combinato disposto con il medesimo, attua, ampliandolo illegittimamente, il contenuto della delega che invece - a contrariis - sembra da interpretare nel senso di affermare il potere di integrare il contraddittorio laddove non ricorraqno le riferite circostanze (assenza di nuovi elementi e presenza di espresso provvedimento di archiviazione). Il che rende palese l'eccesso di delega in cui e' incorso, sul punto, il decreto legislativo n. 174/2016, come modificato dal decreto legislativo 7 ottobre 2019, n. 114. Da cio' discende infatti, ad avviso del Collegio, la violazione dell'art. 76 della Costituzione, disciplinante l'istituto della delegazione legislativa e contenente disposizioni - da leggere in combinazione con quelle del successivo art. 77 - non a caso espresse in forma negativa, che nel mentre confermano lo cautela del Costituente nei confronti dell'attribuzione all'esecutivo del potere normativa primario, riconducono entro limiti ben definiti l'istituto della delegazione, la quale viene, infatti, inteso come temporaneo conferimento non della titolarita', ma dell'esercizio della funzione legislativa, a condizione che: a) destinatario della delega sia il Governo (nella sua collegialita'), b) essa avvenga con predeterminazione di principi e criteri direttivi, c) sia temporalmente circoscritta e d) concerna oggetti definiti. Ora il Collegio, sebbene sia consapevole della finalizzazione del radicale divieto di chiamata in causa iussu iudicis, alla realizzazione del principio di terzieta' del giudice, deve rilevare che una tale radicale preclusione si spinge oltre i limiti indicati in sede di delegazione legislativa e che tale conclusione appare ancor piu' esatta allorche' la si raccordi alle lesioni di ulteriori principi costituzionali, di cui si dira' ai punti che seguono. D.2.2) Sulla violazione dell'art. 3 della Costituzione. Riguardo la violazione dell'art. 3 della Costituzione, questa consegue, ad avviso del Collegio, alla limitazione dell'equilibrio sostanziale fra le parti del giudizio. La disposizione infatti, impedendo al giudice contabile di disporre la chiamata in causa di soggetti ulteriori rispetto a quelli evocati in giudizio dall'attore pubblico, genera una evidente discriminazione e disparita' di trattamento tra i soggetti convenuti in giudizio e quelli nei cui confronti la Procura scelga di non esercitare l'azione di responsabilita'; i primi posti nella condizione di far valere le proprie ragioni, e di fornire la propria ricostruzione fattuale e giuridica della fattispecie oggetto del giudizio, anche «in danno» dei secondi i quali, non coinvolti nel medesimo giudizio, potrebbero vedersi dichiarati «virtualmente» colpevoli, senza mai essere stati presenti nel giudizio per far valere le loro ragioni. Al che deve aggiungersi che la decisione di vedere chiamato il terzo in causa verrebbe, poi, lasciata all'esclusivo potere dell'Organo dell'accusa, con contemporanea sottrazione di tale valutazione al Collegio, per definizione operante secondo il principio di imparzialita'. A tali elementi rivelatori della concreta irrazionalita' delle disposizioni della cui legittimita' costituzionale si dubita, si aggiunge quello. ulteriore, dell'evidente diminuzione della garanzia di soddisfazione del credito erariale, derivante dalla preclusione al Collegio giudicante di ordinare la chiamata in causa di ulteriori soggetti potenzialmente individuabili quali compartecipi alla determinazione del nocumento pubblico. Non a caso, in sede giurisdizionale ordinaria, ai sensi dell'art. 107 del Codice di procedura civile, la chiamata in causa del terzo puo' essere disposta anche per ordine del giudice, quando questi ritiene opportuno che il processo si svolga in confronto di un terzo con il quale ritiene la causa comune. Tale disposto, dettato da esigenze di economia processuale, mira ad evitare al terzo gli effetti pregiudizievoli della sentenza resa fra le parti, nonche' la possibilita' di giudicati contraddittori. In entrambi i casi, lo scopo viene realizzato in vista del superiore interesse al corretto funzionamento del processo. La preclusione di tale chiamata in causa su ordine del giudice, inserita nel codice di giustizia contabile, non consente di realizzare, nell'ambito del giudizio di responsabilita' amministrativa, il medesimo scopo di corretto funzionamento del processo, cosi' risultando palesemente irragionevole, non potendosi ritenere - l'effetto pregiudizievole del principio di uguaglianza - superato o almeno mitigato dalla possibilita', contemplata dal 2° comma dell'art. 83 del Codice di giustizia contabile, quando il fatto dannoso sia causato da piu' persone (di cui alcune non convenute nello stesso processo) e si tratti di responsabilita' parziaria, di tener conto, di tali circostanze ai fini della determinazione della minor somma da porre a carico dei condebitori nei confronti dei quali si pronuncia sentenza. Invero, siffatta disposizione contribuisce a ingenerare l'irrazionalita' del sistema, imponendo al Collegio di operare una valutazione per la cui compiutezza non dispone di sufficienti elementi conoscitivi. D.2.3) Sulla violazione dell'art. 24 della Costituzione. Riguardo la violazione dell'art. 24 della Costituzione, occorre considerare che il divieto di chiamata in giudizio su ordine del giudice. contenuto nell'art. 83 del Codice di giustizia contabile, viene a determinare una compromissione del diritto di difesa della parte convenuta e una posizione di maggior favore per la Procura contabile. E' ben vero che il codice consente il predetto scomputo di responsabilita' a prescindere dall'acquisizione delle difese di altri soggetti non evocati in giudizio, quindi sulla base soltanto delle difese del convenuto; ma per effetto di cio' un'ipotetica lesione del diritto di difesa puo' allora ravvisarsi in capo o i medesimi soggetti non convenuti, privandoli - come gia' precedentemente osservato - della possibilita' di dispiegare le proprie difese nell'ambito del giudizio nel quale resterebbero comunque, pur se «virtualmente», coinvolti. Eppure, a suffragio del diritto di difesa, che implica il diritto alla partecipazione al giudizio con la difesa sia sostanziale che tecnica, il principio del giusto processo postula il diritto alla piu' ampia ed efficace partecipazione al procedimento, da intendersi altresi' quale diritto all'impugnazione di un provvedimento giurisdizionale che - in applicazione delle disposizioni di cui si ipotizza la contrarieta' ai principi costituzionali in analisi - conterrebbe l'analisi di posizioni di soggetti non concretamente posti nella condizione di partecipare al processo e, dunque, non potrebbe da costoro essere impugnato. Quindi, precludere in modo assoluto al giudice contabile di ordinare la chiamata in causa di ulteriori soggetti rispetto a coloro ai quali la parte pubblica che esercita l'azione erariale prospetta la circoscrizione in termini di addebito del rilevato danno erariale, incide pesantemente sull'esercizio del diritto di difesa ex art. 24 della Costituzione, sia per gli evocati in giudizio che per coloro che, almeno «virtualmente», non vi sono stati inclusi, oltre a impedire che si pervenga alla piu' giusta e avveduta decisione della causa «principale»; nonche' a creare pericolo di giudicati contraddittori. D.2.4) Sulla violazione dell'art. 111 della Costituzione Ad avviso del Collegio, e' altresi' ravvisabile una violazione dell'art. 111 della Costituzione, sotto due distinti profili. Per un verso, un simile divieto ha reso impossibile l'instaurazione dell'effettivo contraddittorio processuale, con evidente pregiudizio dei convenuti; per altro verso, quella preclusione ha finito per vincolare irragionevolmente il giudice alle scelte e alle valutazioni effettuate dall'Organo di accusa, senza avere la possibilita' di accertare, egli stesso, su istanza delle parti convenute, la sussistenza o meno della responsabilita' erariale, abdicando cosi' all'essenza della propria funzione e venendo meno alle proprie prerogative di accertare il fatto, in posizione di estraneita' e imparzialita' rispetto alle parti del processo. D.2.5) Sulla violazione dell'art. 81 della Costituzione. L'ultima osservazione induce a rilevare, a carico delle disposizioni impugnate, l'ulteriore violazione dell'art. 81 della Costituzione, derivante dal fatto che l'affermazione di responsabilita' limiterebbe il risarcimento del riscontrato danno erariale a carico dei soli convenuti, senza reintegrare integralmente la finanza danneggiata. D.3) Sul potere di chiamata iussu iudicis in rapporto al diritto all'espletamento della fase preprocessuale e all'esercizio delle prerogative del Pubblico ministero. Le argomentazioni riguardanti la non manifesta infondatezza delle questioni di illegittimita' costituzionale della disciplina in esame, innanzi esposte, non cedono a fronte della tesi che l'ordine di chiamata da parte del giudice contabile precluderebbe la fase preprocessuale prevista dal codice di rito contabile e gli stessi poteri assegnati alla Pubblica accusa. A conclusione dell'iter argomentativo e subordinatamente all'accoglimento delle censure che precedono, infatti, la disciplina, della cui legittimita' si dubita, dovra' essere oggetto di una interpretazione costituzionalmente orientata, nel senso che la chiamata in giudizio iussu iudicis sarebbe subordinata comunque all'attivazione di detta fase preprocessuale e all'esercizio delle prerogative del pubblico ministero. [E] Tanto premesso, la Sezione giurisdizionale regionale per la Campania solleva l'incidente di costituzionalita' dell'art. 83, commi 1° e 2°, del Codice di giustizia contabile (nel testo conseguente alle modifiche recate dal decreto legislativo 7 ottobre 2019, n. 114), con riferimento agli articoli 3, 24, 76, 81 e 111 della Costituzione, per le ragioni che precedono, con rimessione degli atti alla Corte costituzionale, riservando ogni decisione sul merito della causa all'esito del relativo giudizio di legittimita'. [F] La pronuncia sulle spese relative al giudizio, e' riservata al definitivo esito dello stesso.
P.Q.M. La Corte dei conti - Sezione giurisdizionale regionale per la Campania disattesa al riguardo ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, non definitivamente pronunciando sull'atto di citazione in epigrafe: 1 - respinge le eccezioni d'inammissibilita'/nullita' dell'atto di citazione e degli atti istruttori; 2 - dichiara l'inammissibilita' della domanda risarcitoria avanzata dal requirente, nell'importo di euro 131.428.70, per danno non patrimoniale derivante dalla lesione del diritto al buon andamento della pubblica amministrazione; 3 - respinge l'eccezione di prescrizione dell'azione di responsabilita' erariale. Visti, quindi, l'art. 134 della Costituzione e la legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 23; Dichiara rilevanti e non manifestamente infondate, in riferimento agli articoli 3, 24, 76, 81 e 111 della Costituzione, le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 83, commi 1° e 2°, del Codice di giustizia contabile (nel testo conseguente alle modifiche recate dal decreto legislativo 7 ottobre 2019, n. 114), questioni prospettate nei termini di cui in motivazione. Dispone la sospensione del presente giudizio. Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, a cura della segreteria della Sezione. Ordina altresi', alla Segreteria stessa, che la presente ordinanza sia notificata alle parti del giudizio e al Presidente del Consiglio dei ministri e che venga comunicata al Presidente del Senato della Repubblica e al Presidente della Camera dei deputati. Spese del giudizio al definitivo. Cosi' deciso non definitivamente e provveduto, in Napoli, nella Camera di consiglio del giorno 6 febbraio 2020. Il Presidente: Nicolella Il consigliere estensore: Cassaneti