N. 64 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 febbraio 2021

Ordinanza del 17 febbraio  2021  della  Corte  dei  conti  -  Sezione
giurisdizionale  regionale  per   la   Campania   nel   giudizio   di
responsabilita' proposto dal Procuratore regionale  della  Corte  dei
conti nei confronti di E.R. e altri. 
 
Responsabilita' amministrativa e  contabile  -  Codice  di  giustizia
  contabile  -  Giudizio   per   responsabilita'   amministrativa   -
  Pluralita' di parti -  Preclusione  della  chiamata  in  causa  per
  ordine del giudice - Previsione che, quando  il  fatto  dannoso  e'
  causato da piu' persone ed alcune di esse non sono state  convenute
  nello stesso processo, se si tratta di  responsabilita'  parziaria,
  il  giudice  tiene  conto  di  tale  circostanza  ai   fini   della
  determinazione della minor somma da porre a carico dei  condebitori
  nei confronti dei quali pronuncia sentenza. 
- Decreto legislativo 26 agosto 2016, n.  174  (Codice  di  giustizia
  contabile, adottato ai sensi dell'articolo 20 della legge 7  agosto
  2015, n. 124), art. 83, commi 1 e 2. 
(GU n.20 del 19-5-2021 )
 
                         LA CORTE DEI CONTI 
          Sezione giurisdizionale regionale per la Campania 
 
    composta dai seguenti magistrati: 
        Salvatore Nicolella, Presidente; 
        Rossella Cassaneti, consigliere (relatore); 
        Robert Schulmers von Pernwerth, consigliere; 
    ha pronunciato la seguente 
 
                 Sentenza non definitiva - ordinanza 
 
    nel giudizio di responsabilita', iscritto  al  numero  71770  del
registro di Segreteria, instaurato a istanza della Procura  regionale
presso questa sezione nei confronti dei signori: 
        1. R. E.  ,  nato  il  a  ,  ivi  residente  alla  via  (  ),
elettivamente domiciliato in Casalnuovo  di  Napoli  (NA),  alla  via
Napoli,  n.   141,   nello   studio   dell'avv.   Antonio   Pelliccia
(avv.antoniopelliccia@pec.qiuffre.it),  il  quale  lo  rappresenta  e
difende,  unitamente  e  disgiuntamente  all'avv.   Angelo   Giustino
(anqelogiustino@avvocatinapoli.legalmail.it), in virtu' di procura in
calce alla memoria di costituzione in giudizio: 
        2. S. I. (gia' S. L.), nato a , residente in , alla (c.f.: ),
elettivamente  domiciliato  in  Napoli,  al  viale  Gramsci,  n.  23,
unitamente            all'avv.             Andrea             Orefice
(andreaorefice@avvocatinapoli.legalmail.it),  che  lo  rappresenta  e
difende in virtu' di procura in calce alla memoria di costituzione: 
        3. G. Z.  ,  nato  il  a  ,  ivi  residente  alla  via  (  ),
elettivamente domiciliato in Casandrino (NA), alla via Trento, n.  7,
nello         studio         dell'avv.         Giuseppe         Fusco
(giuseppefusco2@avvocatinapoli.legalmail.it), che  lo  rappresenta  e
difende in virtu' di procura in calce alla memoria di costituzione in
giudizio; 
        4. G. S. , nato il ,  residente  in  ,  alla  via  (c.f.:  ),
rappresentato  e  difeso   dall'avv.   Francesco   Maria   Caianiello
(francescomaria.caianiello@avvocatismcv.it),     con     il     quale
elettivamente domicilia in Napoli, al viale Gramsci, n. 19, in virtu'
di procura in calce alla memoria di costituzione in giudizio; 
        5. V. F. , nato a , residente in ( ), rappresentato e difeso,
in virtu' di procura a margine dell'atto di costituzione in  giudizio
dagli avvocati Gherardo Marone e Giuseppe Maria Perullo, con i  quali
elettivamente domicilia in Napoli, alla via  Cesario  Console,  n.  3
(gherardomarone@avvocatinapoli.legalmail.it); 
        6. A. F. , nato , ivi residente alla  (  ),  rappresentato  e
difeso, giusta procura in  calce  alla  memoria  di  costituzione  in
giudizio,      dagli      avvocati      prof.      Antonio      Palma
(antoniopalma@avvocatinapoli.legalmail.it),      Simona       Scatola
(simonascatola@ovvocatinapoli.legalmail.it   e   Francesco    Rinaldi
(francescorinaldi@avvocatinapoli.legalmail.it),    con    i     quali
elettivamente domiciliata in Napoli, alla via G.G. Orsini, 30; 
    Visto l'atto di  citazione  della  Procura  regionale  depositato
presso questa Sezione giurisdizionale il 31 maggio 2019; 
    Viste le memorie di costituzione depositate presso la  segreteria
di questa Sezione giurisdizionale dalle difese dei convenuti; 
    Visti gli altri atti del giudizio; 
    Chiamata la causa nella pubblica udienza del  giorno  6  febbraio
2020, con l'assistenza del segretario dott.ssa Filomena  Manganiello,
sentiti il relatore consigliere Rossella Cassaneti, il rappresentante
del pubblico ministero in persona del V.P.G. Francesco Vitiello e gli
avvocati Angelo Giustino, Andrea Orefice, Giuseppe  Fusco,  Francesco
Maria Caianiello, Riccardo  Marone  (per  delega  dell'avv.  Gherardo
Marone) e Francesco Rinaldi. 
 
                          ritenuto in fatto 
 
    [1] Con atto di citazione depositato il 31 maggio 2019 la Procura
regionale ha evocato in giudizio i signori R. E. , S. L. , G. Z. , G.
S. , V. F. e A. F. , per sentirli condannare,  pro  quota  (e  tenuto
conto dell'archiviazione  delle  posizioni  di  altri  soggetti),  al
pagamento in favore del Comune di , della somma di euro  1.445.715,20
(di cui euro 1.314.286,50 per danno patrimoniale  e  euro  131.428,70
per danno non patrimoniale derivante dalla  lesione  del  diritto  al
buon andamento della P.A.), oltre  accessori  di  legge  e  spese  di
giustizia. 
    La  richiesta   risarcitoria   e'   conseguita   al   complessivo
pregiudizio appurato  dal  requirente  contabile  mediante  attivita'
istruttoria  che  ha  tratto  abbrivio  da  una  notizia   di   danno
formalizzata dalla Legione dei Carabinieri  Campania.  Tenenza  di  ,
che,  delegata  alle  indagini,  ha  depositato  numerose   ulteriori
informative (di cui si da' conto nell'atto introduttivo del giudizio)
descrittive di una  fattispecie  di  danno  erariale  collegata  alla
mancata riscossione nell'anno 2009, per gli immobili  a  destinazione
abitativa, e nel periodo 2009/2013, per i locali ad  uso  commerciale
dei canoni e/o delle  indennita'  di  occupazione  dei  cespiti  [750
immobili a destinazione abitativa realizzati ai sensi del titolo VIII
della legge n. 219/1981 e trasferiti al  patrimonio  disponibile  del
Comune di in data 27 aprile 200l; trentaquattro locali a destinazione
commerciale facenti parte del ridetto patrimonio gia'  dal  1997]  di
cui al complesso immobiliare « » di proprieta' comunale. 
    In  punto  di  fatto,  dopo  aver  sinteticamente  riportato   le
risultanze di talune acquisizioni istruttorie ritenute di particolare
rilievo,  il  requirente  ha  rappresentato   come,   nonostante   la
comprovata conoscenza, da parte  degli  Uffici  comunali  competenti,
delle  criticita'  legate   alla   perdurante   morosita'/occupazione
illegittima  dei  cespiti  immobiliari  de  quibus,  «non  e'  stato,
tuttavia, mai adottato  alcun  atto  diretto  ad  attivare  tutte  le
procedure legali necessarie al  recupero  delle  indennita'  e/o  dei
canoni. 
    Nonostante, poi, l'ufficio legale, pur compulsato  dagli  uffici,
avesse evidenziato, a piu' riprese, la necessita' della trasmissione,
tra l'altro, dei singoli contratti, a cio' non si e' mai riscontrato. 
    Gli uffici  competenti,  solo  una  volta  avuto  contezza  delle
indagini  [...],  si  sono  limitati»,  nel  2015,  2017  e  2018,  a
formalizzare la notifica di  diffide  finalizzate  a  interrompere  i
termini di prescrizione dei crediti relativi alle annualita'  2010  e
dal 2012 in poi, mentre in precedenza si ero provveduto a  notificare
diffide in tal senso «dalla , concessionaria del servizio dal 2001 al
2010, nel corso  dell'anno  2009,  con  riferimento  alle  annualita'
pregresse [...]. 
    Nessuna diffida, invece, e' stata mai notificata con  riferimento
alle morosita'  inerenti  i  trentaquattro  locali  commerciali,  ne'
alcuna attivita' concreta diretta all'aggiornamento e riscossione dei
relativi canoni e/o della indennita'  di  occupazione,  nonostante  i
chiari indirizzi forniti  fin  dal  2004  con  la  delibera  giuntale
comunale n. 98/2004. 
    1.1) Soffermandosi  poi,  in  primo  luogo,  sul  danno  erariale
derivato dalla  mancata  riscossione  di  canoni  e/o  indennita'  di
occupazione  delle  unita'  abitative  in  relazione  all'anno  2009,
l'Ufficio di Procura ha precisato  che  i  canoni  relativi  all'anno
indicato, non riscossi e non piu' riscuotibili  per  inutile  decorso
del termine quinquennale prescrizionale, ammontano nel  complesso  ad
euro 521.832,59 (euro 432.811,28 per canoni mai  riscossi  ne'  dalla
fino al 31 dicembre 2010, ne' dal comune dal 1° gennaio 2011  +  euro
89.021,31 per quota pari  al  60%  dei  complessivi  euro  148.368,85
riscossi   dalla   mai   riversato   al    comune    come,    invece,
convenzionalmente stabilito). 
    Nel  focalizzare,  dunque,  l'attenzione  sui  soggetti  ai   cui
comportamenti (posti in essere nel quinquennio 2009/2014, durante  il
quale le ridette spettanze dell'ente avrebbero  potuto/dovuto  essere
riscosse)  il  mancato  introito  delle   stesse   si   e'   ritenuto
eziologicamente collegato, la P.R. ha  preliminarmente  rappresentato
che tale nesso eziologico deve essere individuato con riferimento  ai
funzionari/dirigenti  comunali  che,  cessato  il  rapporto  con   la
concessionaria , hanno assunto  lo  gestione  diretta  dell'attivita'
scrutinata a partire dal 1° gennaio 2011, avendo costoro avuto sino a
tutto il 2014 tutti i necessari tempi  ed  elementi  conoscitivi  per
poter proficuamente procedere alla riscossione di che trattasi. 
    Quindi, il requirente ha analizzato, con una serie di riferimenti
alle risultanze documentali, il vincolo causale sussistente  rispetto
alla  rilevata  illecita  omissione  delle   condotte   serbata   dai
responsabili del Servizio manutenzione del Comune di nel  periodo  di
riferimento, ovvero  S.  L.  (che  ha  contestualmente  e  lungamente
ricoperto anche l'incarico di responsabile del settore LL.PP. in  cui
il Servizio manutenzione era incardinato), G.  Z.  e  R.  E.  ponendo
altresi' in risalto le ragioni di  riferibilita',  a  tali  condotte,
della connotazione della grave colpevolezza. 
    Nell'articolare tale analisi, la P.R. ha  illustrato  le  ragioni
per le quali ai soggetti suindicati,  va  contestato  l'atteggiamento
gravemente, nonche' reiteratamente, omissivo serbato  nella  gestione
della  vicenda  all'esame  del  Collegio,   anche   con   riferimento
all'inadempimento dell'obbligo di denuncia  di  danno  erariale  alla
Procura contabile di cui all'art. 53 regio-decreto n. 1214/1934. 
    All'ex segretario comunale V. F. (in  servizio  dal  luglio  1997
all'ottobre 2007 e dal 14 febbraio 2012 al  15  settembre  2015),  la
Procura attrice contesta l'avere inescusabilmente omesso,  nonostante
l'estrema gravita' dei fatti e la loro notorieta', di intervenire per
fornire direttive in proposito, sollecitare  i  responsabili  inerti,
promuovere eventuali procedimenti disciplinari; nonche' di  adempiere
l'obbligo di denuncia di danno erariale precedentemente richiamato. 
    Al responsabile del Servizio finanziario G.  S.  ,  l'Ufficio  di
Procura reputa addebitabile - sebbene questi abbia  sollecitato  «uno
piu' efficiente riscossione con specifico riferimento alle  moratorie
relative ai cespiti» del - l'avere omesso,  nonostante  egli  facesse
parte del gruppo di lavoro costituito proprio al fine di affrontare e
risolvere la vicenda in parola, di  adottare  «alcun  atto  concreto,
finalizzato alla efficiente risoluzione della predetta  problematica,
limitandosi [...] sempre e solo alla stampa degli estratti conto  dai
quali  desumersi  in  modo  indistinto  il  quantum  riscosso   dalle
locazioni  dei  cespiti  in  parola  ed  a   comunicarlo   al   [...]
responsabile del servizio manutenzione»:  oltre,  naturalmente,  alla
violazione dell'obbligo di denuncia  di  danno  erariale  piu'  volte
menzionato in precedenza. 
    Infine, ad A. F. (sindaco del Comune di nel periodo dal 15 aprile
2010  al  19  giugno  2014)  la  P.R.  contesta  di  aver  tollerato,
nonostante la  piena  conoscenza  dei  fatti  di  cui  in  narrativa,
«unitamente alla componente gestionale, la negligente inerzia in  una
vicenda non solo gravemente lesiva delle finanze dell'ente  ma  anche
rilevante sotto il profilo delle ricadute  in  termini  di  emergenza
sociale e di ordine pubblico». 
    Il requirente  ha  altresi'  richiamato,  al  fine  di  dare  una
esaustiva rappresentazione dei  fatti  analizzati,  la  sentenza  del
Tribunale civile di Napoli Nord n.  3167/2018,  nonche'  vicende  che
hanno dimostrato gli effetti irrimediabili in termini  di  produzione
di squilibrio economico-finanziario determinati a carico dell'ente da
una gestione amministrativo e burocratica oltremodo negligente  (i.e.
dissesto). 
    1.1.1)  Venendo  al  danno  erariale   derivato   dallo   mancato
riscossione  di  canoni  e/o  di   indennita'   di   occupazione   di
trentaquattro locali commerciali negli anni dal 2009 al 2013 la  P.R.
lo  ha  quantificato  in  euro  792.453.81,  illustrando  i   criteri
prudenziali che hanno informato tale determinazione quantitativa  sia
per i locali inizialmente contrattualizzati senza che pero'  di  tale
contratto vi fosse rinnovo; sia per quelli occupati ab  origine  sine
titulo, provvedendo altresi', sotto  tale  profilo,  a  confutare  le
controdeduzioni  offerte   dagli   odierni   convenuti   nella   fase
preprocessuale. 
    Con riferimento a tale ulteriore quota di danno erariale,  l'arco
temporale assunto in considerazione dalla Procura attrice, al fine di
selezionare le condotte antigiuridiche, commissive e/o  emissive,  da
ritenersi concorrenti alla produzione dello stesso, nel rispetto  del
nesso di causalita' materiale, e' quello dal 2009 a tutto il 2018. 
    Infatti, poiche' viene in rilievo  l'omissione  della  riscossone
dei canoni inerenti  gli  anni  dal  2009  al  2013  e  dato  che  la
fattispecie dannosa riveste i requisiti della certezza, attualita' ed
esigibilita' al maturare del  termine  quinquennale  di  prescrizione
civilistico del sotteso diritto di credito di  cui  era  titolare  il
Comune  di  ,  il  dies  a  qua  per   l'esercizio   dell'azione   di
responsabilita' contabile e' decorso, gradatamente per ciascuna delle
annualita' in esame, a partire dall'anno 2014. 
    Potendo, poi, l'azione di  responsabilita'  essere  a  sua  volta
intrapresa entro il termine di cinque anni, decorrente dalla certezza
ed esigibilita' del danno,  l'instaurazione  del  presente  giudizio,
sempre ad  avviso  del  requirente,  deve  ritenersi  tempestiva  per
ciascuna delle annualita' in contestazione. 
    Le condotte all'origine della produzione di tale ulteriore  quota
di pregiudizio economico,  a  carico  del  Comune  di  ,  secondo  la
prospettazione attorea, sono riconducibili  agli  odierni  convenuti,
per ragioni sovrapponibili a quelle gia' analizzate  con  riferimento
alla prima quota di danno, con le  seguenti  ulteriori  precisazioni:
l'incuria che ha caratterizzato la gestione dei cespiti in  esame  si
rivela ancora piu' evidente; per G. S. va tenuto conto del fatto  che
egli (responsabile del settore  finanziario)  e'  stato  direttamente
investito dell'obbligo di curare la riscossione dei canoni in parola,
dall'agosto 2017 al 20 dicembre 2018, per  effetto  di  due  delibere
giuntali comunali. 
    1.1.2) Il requirente ha, infine, esposto le ragioni  per  cui  ha
ritenuto di procedere all'archiviazione delle posizioni di altri  due
soggetti nella fase preprocessuale (sig.ri M. e C. ). 
    1.2) L'Ufficio di Procura ha poi descritto la terza voce di danno
per la quale ha  reputato  di  dover  procedere,  ovvero  quello  non
patrimoniale arrecato all'efficienza e al buon andamento della P.A. 
    Richiamando sul punto giurisprudenza della Corte di cassazione  e
della Corte costituzionale, il requirente ha evidenziato  la  portata
lesiva, nei  termini  descritti,  delle  condotte  antigiuridiche  in
contestazione, concretizzatesi nella  omessa  riscossione,  reiterata
per anni, di ingenti entrate inerenti ai cespiti di cui al   ,  cosi'
«sottraendo risorse vitali  per  un  bilancio  gia'  notoriamente  in
sofferenza,   contribuendo,   quindi,   non   solo    alla    lesione
dell'equilibrio in se', ma  anche  all'ineludibile  dichiarazione  di
dissesto». 
    Ha poi ulteriormente evidenziato, sul punto, che «appare di tutta
evidenza la effettiva lesione del bene  interesse  rappresentato  dal
diritto/dovere al buon andamento della  pubblica  amministrazione  ed
allo efficacia ed efficienza della gestione delle  pubbliche  risorse
ed al mantenimento degli equilibri di bilancio». 
    Infine, ha quantificato in via equitativa ex art. 1226 del codice
civile l'ulteriore nocumento de quo  (dando  atto  dell'archiviazione
nella fase preprocessuale della posizione del sig. C.    ). 
    1.3) Concludendo, il requirente ha dato atto delle singole  quote
addebitabili ai convenuti. 
    [2] Tutti i convenuti si sono  costituiti  in  giudizio,  con  il
patrocinio degli avvocati Antonio Pelliccia e Angelo Giustino (R.  E.
), Andrea Orefice (S. L. ), Giuseppe Fusco (G. Z. ), Francesco  Maria
Caianiello (G. Z. ), Gherardo Marone e Giuseppe Maria Perullo (V.  F.
), Antonio Palma, Simona Scatola e Francesco Rinaldi (A. F. ). 
    2.1) In via pregiudiziale, hanno sollevato le seguenti eccezioni: 
        inammissibilita' dell'atto di citazione, per mancato esame  e
conseguente confutazione, delle controdeduzioni presentate nella fase
preprocessuale (S. L. ); 
        nullita'  dell'atto  di  citazione  ai  sensi  del  combinato
disposto degli articoli 86, comma 2, lettera e) e 87  del  Codice  di
giustizia contabile, ovvero per mancanza assoluta  di  specificazione
su quale sia la  condotta  in  concreto  ascrivibile  ai  fini  della
configurabilita' della responsabilita'  contabile  [S.  L.  ,  che  a
sostegno dell'eccezione richiama la sentenza n.  337/2019  di  questa
Sezione giurisdizionale; G. Z. , che fa riferimento alla decisione n.
1194/2013 della  Sezione  giurisdizionale  Puglia],  e  comunque  per
mancata «specifica individuazione dei criteri attraverso i  quali  e'
stata determinata la quota di danno imputata a ciascun  convenuto,  e
in particolare all'ing. L. ; 
        nullita' di tutti gli  atti  istruttori  posti  a  monte  del
giudizio di responsabilita' amministrativa instaurato con  l'atto  di
citazione per violazione del disposto  dell'art.  51  del  Codice  di
giustizia contabile, ovvero per mancata specificazione della «notizia
di danno», con conseguente insanabile  indeterminatezza  della  causa
petendi e del petitum, anche con riferimento alla non  chiara  scelta
di  «ridurre  il  contraddittorio»  solo  agli   odierni   convenuti,
escludendo dalla vocatio in ius taluni soggetti rispetto ai quali  il
contraddittorio andrebbe integrato (A. F. , che tra  l'altro  cita  a
sostegno giurisprudenza della Sezione giurisdizionale Lazio); 
        inammissibilita' dell'atto di citazione per violazione  degli
articoli 67 e 68 del Codice di giustizia contabile, ovvero per essere
stato notificato oltre il termine di centoventi giorni dalla scadenza
del   precedente   termine,   indicato   per   il   deposito    delle
contro-deduzioni (A. F. , che cita a sostegno la sentenza  n.  5/1998
della Sezione giurisdizionale Sicilia). 
    2.2) In via preliminare di merito, hanno  eccepito  l'intervenuta
prescrizione quinquennale dell'azione erariale: 
        R. E. , secondo cui «l'esordio del  termine  di  prescrizione
quinquennale non puo' che riportarsi gia' agli anni 2010/2011,  epoca
in cui a giudizio dell'accusa era a tutti  noto  il  danno  derivante
dall'omessa  riscossione  dei  canoni  di  locazione  del   complesso
immobiliare », in applicazione del principio per cui il dies a quo in
parola coincide con il momento  in  cui  il  danno  medesimo  diviene
conoscibile per l'amministrazione danneggiata; 
        A. F. , per il quale  l'incipit  del  termine  prescrizionale
quinquennale  va  ancorato  al  momento   dell'esplicitazione   delle
condotte di cui si asserisce l'illiceita' nell'atto introduttivo  del
giudizio,  collocate  nell'arco  temporale  2009/2013,  in   disparte
l'inefficacia ai fini interruttivi del termine de quo,  rivestito  in
fattispecie, per le modalita' di formulazione, dall'invito a dedurre; 
        S. L. e G. S. , che non hanno rappresentato argomentazioni  a
sostegno dell'eccezione in parola; 
        G. Z. , ad avviso del  quale  «L'azione  di  risarcimento  e'
stata proposta dalla Procura regionale  [...]  oltre  il  termine  di
cinque anni dallo scoperta del danno  da  parte  dell'amministrazione
danneggiata [...]», come da richiamati precedenti giurisprudenziali. 
    2.3) Nel merito, tutti  hanno  contestato  la  sussistenza  degli
elementi dell'illecito amministrativo-contabile loro contestato dalla
Procura attrice. 
    Riguardo l'elemento oggettivo del danno erariale, S. L.  premesso
che nell'atto introduttivo del giudizio non risulta  specificato  ne'
in che modo sia stato quantificato il danno  complessivo,  ne'  quale
sia stato il criterio di riparto del suddetto importo tra  i  singoli
invitati,  ha  rilevato  che  la  Procura  attrice  ho  operato  tale
quantificazione partendo dall'erroneo presupposto che  «i  canoni  di
locazione e/o le indennita' di  occupazione  relativi  all'anno  2009
sarebbero stati integralmente riscossi»,  laddove  al  contrario  era
estremamente concreta «la possibilita' (piuttosto elevato trattandosi
di nullatenenti per lo piu' dediti ad  attivita'  criminali)  che  le
azioni esecutive per il recupero dei canoni di locazione e indennita'
illegittime avrebbero  potuto  essere  infruttuose»,  tanto  che  dai
prospetti allegati alla nota prot. n.  0023191/2017  del  30  ottobre
2017, a firma dell'arch. C. , si evince che per gli anni dal 2010  al
20l5 la percentuale media  di  riscossione  e'  pari  a  13,3%  della
morosita', con  la  conseguenza  che  tale  voce  di  danno  andrebbe
rideterminata in riduzione, rispetto alla prospettazione attorea,  in
misura corrispondente, e comunque espungendo  dalla  quota  di  danno
imputata  al  convenuto  le  somme  corrispondenti  ai  canoni  delle
annualita'  2009  relativi  a   quarantatre   immobili   oggetto   di
dismissione nel nei cui contratti di alienazione l'ing. L. ha  curato
l'inserimento della clausola prevedente, a carico  degli  acquirenti,
anche l'obbligo di pagamento di tutte le annualita' pregresse. 
    Quest'ultima rideterminazione -  ovvero,  in  identico  misura  -
viene richiesta da L. anche con riferimento alle competenze  relative
ai locali commerciali. 
    Anche R. E. ha evidenziato, riguardo al quantum della prima  voce
di  danno  patrimoniale  indicata  dalla  Procura  attrice,  che  «il
pregiudizio asseritamente subito  ed  economicamente  valutabile  non
potra' mai essere basato su una valutazione  meramente  astratta  dei
potenziali mancati incassi, bensi' su un giudizio  prognostico  circa
l'effettiva realizzazione degli stessi», e che «agli  atti  non  v'e'
prova alcuna che  le  unita'  immobiliari  ricomprese  nel  complesso
fossero tutte effettivmente occupate e/o locate». 
    Sempre  sul  piano   oggettivo   dell'illecito   ipotizzato   dal
requirente, G. Z. ha rappresentato che il Comune di , gia' nel  corso
della  gestione  ,  degli  immobili  facenti  parte   del   complesso
denominato e, successivamente, con delibere assunte dal  giugno  2010
in poi, esprimeva ripetutamente (impartendo disposizioni di indirizzo
politico-amministrativo in tal senso) lo volonta'  di  dismettere  il
ridetto patrimonio immobiliare,  mediante  espletamento  di  apposita
procedura di gara a mezzo  cottimo  fiduciario  per  l'affidamento  a
soggetto  esterno  del  servizio   di   assistenza   riguardante   la
predisposizione degli atti tecnico-amministrativi  propedeutici  alla
dismissione   dell'intero   compendio   immobiliare    in    vendita;
l'espletamento   delle   procedure   di   alienazione;   nonche'   la
comunicazione all'utenza interessata, con pubblico manifesto inteso a
consentire   la   presentazione   di   apposite   istanze   per    la
regolarizzazione del rapporto locativo. 
    In esecuzione di cio' (segnala ancora il  convenuto)  l'arch.  Z.
adottava, nell'anno 2013, determinazioni di aggiudicazione  alla  del
servizio di  assistenza  specialistica  per  l'alienazione  dei  beni
immobili . 
    Nella memoria difensiva viene, altresi',  testualmente  riportato
il contenuto degli atti deliberativi comunali (anche) successivi alla
cessazione  di  Z.  dall'incarico   di   responsabile   del   settore
manutenzione [avvenuta in data 16 febbraio 2015], da cui  emerge  che
la volonta' di indirizzo politico dell'ente era sempre orientata  nel
senso di attivare una gestione unitaria esternalizzata,  comprendente
sia la gestione amministrativa che il completamento del programma  di
dismissione,  visto  che  la  gestione  diretta   si   era   rivelata
inattuabile per endemiche carenze di risorse finanziarie e umane. 
    Del danno patrimoniale rilevato dalla Procura  attrice,  inoltre,
G. Z. nega la certezza, la concretezza e l'attualita', in primo luogo
perche'  l'intervenuto  smarrimento  della  documentazione  contabile
impedisce  di  escludere   che   gli   occupanti/conduttori   abbiano
effettivamente nel frattempo pagato; in  secondo  luogo  perche'  una
pluralita' di  locali  commerciali  risulta  non  occupata  da  tempo
risalente sino ad oggi; e ancora per il fatto (sottolineato anche  da
G. S. ) che in fattispecie «i danni prospettati  integrerebbero  solo
"danni da temporanea mancata acquisizione dell'entrata" o  "danno  da
tardiva  acquisizione  dell'entrata"  [...]  quanto  ai  canoni   non
riscossi si eccepisce che gli stessi non sono prescritti poiche' agli
atti vi sono le costituzioni in mora effettuate dall'ente  comunale»;
quanto alle occupazioni  abusive  si  osserva  che  esse  «non  hanno
affatto determinato la prescrizione della riscossione delle  relative
indennita'», in quanto «da parte degli occupanti e'  stato  integrato
il reato previsto e punito dall'art. 633 del codice penale (invasione
di terreni o di edifici) ragione per cui,  a  norma  dell'art.  2947,
comma 3° del codice civile, si applica  la  prescrizione  piu'  lunga
previsto  per  il  reato»,  che  avrebbe   tra   l'altro   «carattere
permanente». 
    Sul piano oggettivo, anche il  convenuto  A.  F.  ,  sindaco  del
Comune di dal 15 aprile 2010 al 19 giugno 2014, ha posto in risalto -
facendo a sua volto ampio  riferimento  alle  risultanze  documentali
richiamate da Z. e al sostanziale scopo di negare la  sussistenza  di
condotte inerti a lui rimproverabili - come all'assunzione diretta da
parte dell'ente della gestione dei cespiti immobiliari del sia  stata
contemporaneamente perseguita  la  scelta  di  dismettere  i  cespiti
immobiliari in questione, scelta che «affondava le proprie necessarie
ragioni  nella  oggettiva  difficolta'  di  recupero  dei  canoni  di
locazione, pregressi e correnti, nei  confronti  degli  occupanti;  e
nelle  cospicue  spese  gravanti  sull'ente  per  far   fronte   alla
manutenzione  ordinaria   e   straordinaria   degli   alloggi»;   «Il
configurarsi di una situazione di oggettiva e straordinaria emergenza
del vivere quotidiano [ha osservato ancora il convenuto F. ] ha  reso
inefficaci i pur adottati, da parte  dell'ente  e  dei  suoi  organi,
diffide, atti e provvedimenti in relazione al pagamento  dei  canoni,
almeno nella stragrande maggioranza dei casi». 
    Tali aspetti inerenti alle caratteristiche ambientali assunte dal
nel corso del  tempo,  in  contrasto  ovviamente  con  le  intenzioni
progettuali della struttura, vengono sottolineati anche dalle  difese
di V. F. e di G. S. , con ausilio del riferimento alla relazione  del
Prefetto di al Ministro degli interni del 9  aprile  2018,  prot.  n.
sull'esito  degli  accertamenti  ispettivi  volti  a  verificare   la
sussistenza dei  presupposti  per  l'adozione  del  provvedimento  di
scioglimento   del   Consiglio   comunale   di   per   fenomeni    di
condizionamento camorristico. 
    In punto di  quantum  della  prima  voce  di  danno  patrimoniale
indicata nell'atto di citazione, A. F. ho osservato  -  negandone  in
buona sostanza e almeno in buona parte, la  certezza  e  l'attualita'
che «per tutti gli alloggi del complesso  ,  e  per  tutti  i  locali
commerciali occupati sine titulo (anche quelli in origine coperti  da
contratti di locazione poi scaduti), deve ritenersi,  almeno  sino  a
tutto il 2019 (ed oltre ove vi siano  ulteriori  atti  interruttivi),
esperibile l'azione di ripetizionhe delle indennita'  di  occupazione
abusiva, soggetta al termine ordinario di prescrizione  decennale  ex
art. 2033 del codice civile», oltre a non essevi  all'epoca  del  suo
mandato  sindacale,  elementi  certi  per  far  ritenere   i   locali
commerciali tutti (e non solo parte di  essi)  occupati.  Proseguendo
con ampie argomentazioni sul punto, F.  contesta  la  quantificazione
del danno operata dal CTU  dell'Ufficio  di  Procura,  prospettandone
comunque una significativa rimodulazione/riduzione. 
    V. F. ,  partendo  dalla  circostanza  della  imputabilita'  alle
societa' concessionarie del servizio di  riscossione  dei  canoni  in
discorso (prima e poi  )  del  mancato  effettivo  esperimento  delle
azioni rientranti in tale servizio, ha rilevato che cio'  costituisce
motivo di esercizio nei confronti dei rispettivi  amministratori,  da
parte dell'ente titolare, dell'azione di risarcimento danni, soggetta
a termine di prescrizione decennale e, dunque,  non  ancora  decorso,
con  conseguente  non  attualita'  e  non  concretezza  del  rilevato
nocumento patrimoniale. 
    La Difesa del convenuto aggiunge, altresi', che «non e'  maturata
neanche la prescrizione dei crediti relativi ai canoni di occupazione
degli alloggi per l'anno 2009 e quella dei crediti per  l'occupazione
dei locali ad uso commerciale [...] in quanto per tutte le somme  che
non rappresentano canoni di locazione ma  indennita'  di  occupazione
abusiva degli immobili il termine di prescrizione e' decennale [...];
con la conseguenza che quando il dott.  F.  e'  cessato  dal  proprio
incarico nell'anno 2015 mancavano ancora cinque anni per il  maturare
della  prescrizione  dei  canoni  relativi  all'anno  2009.   Analogo
discorso vale per i locali commerciali per  i  quali  il  Procuratore
contesta  i  mancati  incassi  negli  anni  2009/2013  in  quanto  la
prescrizione dei relativi crediti e' maturata ben oltre  la  data  in
cui l'odierno convenuto ha lasciato il proprio incarico». 
    La prescrizione, inoltre, «non puo' essere considerata  fonte  di
danno erariale laddove non venga accertata con  sentenza  passata  in
giudicato  nel  relativo  giudizio   civile   [...]   perche'   [...]
l'eccezione  di  prescrizione   del   credito   non   e'   rilevabile
autonomamente dal giudice ma  deve  essere  sollevata  dal  convenuto
entro precisi termini di decadenza»; con la conseguenza che il  danno
oggetto delle pretesa risarcitoria del requirente risulta  privo  dei
requisiti dell'attualita' e della concretezza. 
    La  sussistenza  della  voce  di  danno  non  patrimoniale  viene
contestata da G. Z. perche' «del tutto  non  provata,  inesigibile  a
titolo di danno erariale e comunque palesemente sproporzionata». 
    Riguardo la medesima voce di danno, R. E. - cosi' come A. F.  ·ha
argomentato sulla mancanza, in fattispecie, dei presupposti stabiliti
ex lege per l'esperibilita' dell'azione intesa al  suo  risarcimento,
nonche' sull'infondatezza nel merito dei rilievi posti dalla  P.R.  a
sostegno della domanda de qua. 
    In quest'ultimo senso, anche V. F. . 
    In punto di nesso eziologico,  S.  L.  ha  rappresentato  che  le
risultanze  documentali  agli  atti,  dimostrano  che  la  competenza
all'accertamento e alla riscossione dei  canoni  di  locazione  degli
immobili di proprieta' comunale era affidata, all'epoca dei fatti, al
settore finanziario del  Comune  di  ,  nel  senso  che  nessun  atto
deliberativo ha mai assegnato, all'Ufficio  manutenzione,  risorse  e
competenze ai fini della gestione non solo tecnica ma anche economica
del patrimonio immobiliare dell'ente  (argomentazione,  quest'ultima,
espressa anche da R. E. nella propria memoria a difesa) pur se non vi
e' mai stata da parte degli Uffici politici  l'adozione  di  atti  di
indirizzo e/o programmazione economico-finanziaria  consequenziali  a
tale chiara distribuzione di competenze. 
    L'ingegner L. ha altresi'  rappresentato  di  aver  ricoperto  il
ruolo di responsabile del settore manutenzioni  solo  dal  21  aprile
2009 al 21 ottobre 2010 e poi a partire dal  17  febbraio  2015,  con
conseguente venir meno del nesso  eziologico  rispetto  alla  mancata
riscossione dei canoni di locazione relativi  alle  unita'  abitative
per l'anno 2009, per la quale rileva il periodo dall'1  gennaio  2011
al 31 dicembre 2014; di non aver  avuto  conoscenza  della  relazione
prodotta dalla il 13 febbraio 2014, di cui era  destinatario  il  suo
predecessore arch. Z. ; di aver svolto il ridetto ruolo  per  periodi
non sufficientemente prolungati da consentirgli di  affrontare  anche
la problematica (della cui rilevanza egli non  poteva  avere  neppure
sospetti) - afferente i locali commerciali e di aver  avuto  comunque
una serie di altri significativi impegni gestionali da affrontare  in
contemporanea. 
    Inoltre, con riferimento al periodo dal 22  ottobre  2010  al  16
febbraio 2015 in cui ha svolto l'incarico di responsabile del Settore
lavori pubblici, il L.  ha  precisato  che,  diversamente  da  quanto
prospettato  dall'Ufficio  di  Procura,  tale  settore  non  ha   mai
incorporato  il  Settore  manutenzione  e  che  i   due   settori   -
precedentemente  del  tutto  autonomi  -  sono  stati  unificati  con
delibera giuntale comunale n. 105 del 30 agosto 2017. 
    Con riferimento, invece, all'attivita' di Componente del  «Gruppo
di lavoro»  che  sarebbe  stato  istituito  allo  specifico  fine  di
risolvere la problematica inerente la riscossione  dei  canoni  degli
immobili del , L. evidenzia che di  tale  struttura  si  fa  menzione
unicamente nella nota prot. n.  dell'8  febbraio  2011  a  firma  del
Segretario generale dott. T. D'E. . 
    In ogni caso, L. esprime rilevanti perplessita' sulle ragioni per
le quali «la ripartizione del presunto danno  non  debba  interessare
anche tutti gli altri soggetti che nel corso degli anni sono stati  a
vario titolo  interessati  e/o  investiti  della  problematico  della
gestione   del   patrimonio   immobiliare   dell'ente,   ovvero   gli
amministratori, i dirigenti e i dipendenti della   i responsabili del
Settore affari legali e contenzioso, tutti i dipendenti  dei  Settori
competenti, gli assessori competenti,  i  consiglieri  comunali  e  i
commissari prefettizi del Comune di che  si  sono  succeduti  durante
l'arco temporale  che  interessa  i  fatti  richiamati  nell'atto  di
citazione». 
    In  riferimento  alla  contestata  violazione   dell'obbligo   di
denuncia previsto dall'art. 53 del regio decreto n. 1214/1934, S.  L.
ritiene  tale  addebito  infondato  rispetto   alla   sua   specifica
posizione, non avendo egli,  nel  periodo  considerato  dalla  stessa
Procura (1°  gennaio  2011  -  31  dicembre  2014),  mai  assunto  la
responsabilita' dei Settori  in  capo  ai  quali  sono  astrattamente
collocabili le condotte  in  ipotesi  causative  del  presunto  danno
azionato dalla Procura, laddove l'obbligo di omessa denuncia segue il
principio della cd. verticalizzazione o "gerarchizzazione"». 
    Riguardo la medesima voce di danno erariale, R. E.  ha  segnalato
che nel periodo in cui ha ricoperto  il  ruolo  di  responsabile  del
Servizio  manutenzione,  non  poteva  in  alcun  modo  prevedere  e/o
presumere, neppure astrattamente, il configurarsi di un danno  futuro
alle casse del Comune di ; tanto che l'evento dannoso si sarebbe  poi
concretizzato soltanto nel corso dell'anno  2014,  ovvero  non  aveva
assunto,  al  predetto  momento,  i  caratteri  della  concretezza  e
dell'attualita', in presenza dei quali soltanto  sorge  l'obbligo  di
denuncia la cui violazione gli e'  stata  contestata  dal  requirente
contabile. 
    La sussistenza del nesso eziologico e' negata anche da G. Z. , il
quale rileva che «tutta la  documentazione  contabile  inerente  agli
incassi volontari  e  coattivi  dei  canoni  locativi  del  complesso
relativi ai periodi  in  contestazione  non  e'  stato  rinvenuta  e,
addirittura, la perdita di tutta tale importantissima  documentazione
non  e'  neppure  stata  denunciata  alla   A.G.   dal   responsabile
dell'Ufficio tributi ed economato del Comune di », competente in  via
esclusiva «a verificare e riscontrare il flusso di entrata  circo  il
pagamento dei canoni». 
    Facendo poi  testuale  riferimento  alla  relazione  formalizzata
dalla  il  16  maggio  2016,  G.  Z.  evidenzia   le   rilevantissime
difficolta' operative  inerenti  la  gestione,  sotto  ogni  profilo,
dell'area in questione, caratterizzata da una «situazione  ambientale
di diffusa illegittimita'», cui «si aggiunge uno stato  di  indigenza
oggettiva», con il risultato che «recuperare un qualsivoglia  credito
divento arduo». 
    Sempre lo Z. pone in rilievo, sotto l'esaminato profilo,  che  il
depauperamento  erariale,   legato   allo   gestione   delle   unita'
immobiliari comprese  nel  ,  e'  legato  a  una  serie  di  condotte
reciprocamente intrecciate, a causa della notevole complessita' della
vicenda, nell'ambito della quale il suo ruolo ha rivestito  carattere
oltremodo marginale. 
    A sua volta, R. E. , responsabile del  Settore  manutenzione  del
Comune di dal 22 ottobre 2010 al 1° marzo 2012 e poi  dal  12  aprile
2012 al 7 maggio 2012, in primo luogo rappresenta che, scaduta il  29
gennaio  2011  la  convenzione  con  per  la  gestione  dei   cespiti
immobiliari del , in ogni caso, nonostante  i  solleciti  indirizzati
dall'A.C. alla ridetta societa', l'ente alla data del 26 luglio  2011
«non era ancora subentrato nella  gestione  tecnico-contabile  del  ,
non era in possesso di analitica documentazione  contenente  l'elenco
dettagliato della situazione di fatto  e  di  diritto  del  descritto
patrimonio immobiliare, ne' infine  conosceva  le  generalita'  degli
originari assegnatari e/o casi di eventuale occupazione abusiva degli
immobili de quibus», situazione richiedente un'attivita'  ricognitiva
che egli non  avrebbe  certamente  potuto  eseguire  in  pochi  mesi,
tant'e' vero che essa e' stata svolta soltanto nel febbraio del  2014
dalla societa' all'uopo incaricata. 
    V. F. ha preliminarmente rilevato che «il Segretario generale non
ha alcuna competenza sull'attivita' di  gestione  e  riscossione  dei
canoni degli immobili di  edilizia  economico-popolare  del  comune»,
richiamando in proposito: l'art. 107 TUEL  dedicato  alle  competenze
dirigenziali;   la   spettanza   all'organo   politico   dei   poteri
d'indirizzo;  l'esternalizzazione  sin  dal   2002   della   gestione
immobiliare dei cespiti ricompresi nel , con compiti di  controllo  e
di  applicazione  delle  penali  e  delle  ulteriori   sanzioni   per
l'inadempimento   dell'appaltante,   rientranti   ex    lege    nelle
attribuzioni del R.U.P. e del D.E.C., con «la precisazione  ulteriore
che, per quanto riguardo il primo concessionario (Igica),  il  comune
avevo  addirittura  costituito  una  Commissione  per   la   verifica
dell'attivita' del concessionario stesso; Commissione presieduta  dal
sindaco  e  composta  da  vari  consiglieri   comunali   [...]   che,
evidentemente, non ha svolto la sua funzione  di  controllo  [...]  e
che, quindi, dovrebbe essere presente  nel  giudizio  instaurato  dal
Procuratore regionale». 
    In ogni caso - osserva conclusivamente V. F. - «l'amministrazione
comunale e' stata retta per anni da organi straordinari che, al  pari
di  quelli  elettivi,  non  sono  riusciti  od  andare   oltre   mere
dichiarazioni  di  intenti.  Dal  che  si  deve  trarre  la  scontata
considerazione che non e' per «colpa» di chi si e' avvicendato  nella
gestione dell'ente che i canoni non sono stati riscossi ma  che  cio'
e'   dipeso,   piuttosto,   da   una   situazione   economico-sociale
insostenibile, connotata dal pervasivo controllo  della  criminalita'
organizzata sul territorio e dalla infiltrazione  della  criminalita'
finanche nel tessuto politico-amministrativo del  comune.  In  queste
condizioni non si poteva pretendere che il Segretario comunale (anche
quando se ne  fosse  assunto  l'onere  che  pur  non  gli  competeva]
potesse, con mere sollecitazioni, risolvere il problema». 
    G. S. , argomentando in punto di nesso di  causalita',  evidenzia
che egli, in quanto responsabile p.t.  del  Settore  finanziario  del
comune  di  ,  non  ha  mai  avuto  l'incarico  di  occuparsi   della
riscossione dei canoni di locazione per gli immobili del , essendogli
stato affidato per un arco temporale di soli quattro/cinque giorni  -
giusta nota prot. n. 246 dell'8 febbraio 2011 - il  compito  inerente
la bollettazione dei  canoni  di  locazione  e  delle  indennita'  di
occupazione, nonche' la riscossione del  dovuto,  salvo  praticamente
immediato riaffidamento al responsabile del Settore manutenzione  del
compito medesimo. 
    S. inoltre,  rileva,  in  disparte  la  genericita'/apoditticita'
delle contestazioni attoree, che egli in ogni caso non  disponeva  di
alcuno strumento, formale o sostanziale, «per  porre  argine  ad  una
situazione  ormai  irrimediabilmente  compromesso   da   decenni   di
inadempienze da parte degli organi comunali competenti». 
    Riguardo l'elemento soggettivo, S. L. rileva  di  aver  ottenuto,
nonostante  la  vasta  confusione  imperante  con  riferimento   alla
gestione immobiliare del , che per  tal  motivo  aveva  richiesto  da
parte sua un enorme sforzo di ricostruzione,  «risultati  eccellenti,
avendo egli per lo prima volta nella storia  del  comune  di  inviato
oltre settecentocinquanta atti di diffida per il recupero dei  canoni
pregressi, ed avendo provveduto ad alienare ben quarantatre immobili,
per i quali nel prezzo  di  vendita  sono  state  inserite  anche  le
morosita' pregresse». 
    In aggiunta, S. L. avanza istanza istruttoria di acquisizione  di
CTU finalizzata ad «accertare la percentuale di  riscossione  per  le
annualita' nelle quali sono state formulate diffide di  pagamento  da
parte degli uffici comunali», nonche' istanza di  chiamata  in  causa
della impresa assicuratrice TUA Assicurazioni  S.p.a.  con  la  quale
egli ha stipulato un contratto di assicurazione per la copertura  dei
rischi discendenti dalle attivita'  oggetto  del  presente  giudizio,
«affinche' possa garantire il  convenuto  in  caso  non  auspicato  e
improbabile di condanna». 
    Anche A. F. propone istanza  di  acquisizione  di  CTU  intesa  a
quantificare con esattezza  l'effettivo  ammontare  delle  somme  non
introitate dall'ente al titolo indicato  nell'atto  introduttivo  del
giudizio. 
    G. Z. , a sua  volta,  rappresenta  di  aver  «puntualmente  dato
seguito» [durante la prima fase  in  cui  rivestiva  le  funzioni  di
responsabile del Servizio casa-manutenzione immobili del Comune di  ,
ovvero nel periodo dal 16 maggio 2012 al 16 febbraio 2015 (avendo poi
la seconda fase avuto durata brevissima, dal 13  luglio  2015  al  23
novembre 2015)],  «alle  direttive  politico-istituzionali  ricevute,
finalizzate primariamente alla dismissione del compendio immobiliare,
adoperandosi dapprima nella sottesa istruttoria e poi affidando  alla
la complessa gestione dell'intero patrimonio immobiliare». 
    R.  E.  segnala  di  aver  svolto  il  proprio  incarico  con  la
necessaria  diligenza,  eseguendo   «pedissequamente   le   direttive
impartite dal Segretario generale con la [...] nota  dell'8  febbraio
2011 (procedendo  alla  voltura  delle  utenze  relative  all'energia
elettrica delle parti condominiali del ; alla voltura dell'utenza per
fornitura gas Ufficio sito nel per la gestione di alcuni  servizi  di
front-office ed adottando gli atti necessari per la prosecuzione  del
servizio di manutenzione degli ascensori e del  servizio  di  pulizia
delle parti comuni)», «ponendo cosi' in  essere  tutte  le  attivita'
necessarie a  salvaguardare  e  garantire  il  buon  andamento  della
pubblica  amministrazione,   segnalando   altresi'   le   difficolta'
operative  connesse  alla  carenza  di  personale  tecnico»;  nonche'
provvedendo a far affiggere manifesti indicanti il  numero  di  conto
corrente intestato al Comune di su cui gli  inquilini  del  avrebbero
dovuto versare canoni locativi e/o indennita' e spese condominiali  a
decorrere dal mese di febbraio 2011, ad affidare a una ditta  privata
l'assistenza, la consulenza e la manutenzione  del  software  per  la
gestione dei fitti del e ad istruire «l'intero procedimento  che  nel
febbraio 2014 consentiva alla Societa' di fornire  al  Comune  di  un
documento completo delle informazioni  necessarie  (nominativi  degli
occupanti e degli  assegnatari)  per  l'esperimento  delle  attivita'
finalizzate al recupero dei canoni e/o indennita' di occupazione». 
    Il convenuto E. evidenzia altresi' che,  a  suo  avviso,  risulta
incomprensibile «la necessita' e/o la presunta utilita' di reiterare,
a meno di un anno di distanza [rispetto a quanto gia' fatto da ,], la
notifica di diffide di pagamento dei canoni di locazione/occupazione,
attivita' che avrebbe avuto come unico risultato un aggravio di spesa
per le casse comunali». 
    G. S. ricorda di aver  assunto  tutte  le  iniziative  rientranti
nelle sue competenze, notiziando «gli organi competenti, segnatamente
il responsabile del Settore manutenzione, nonche' il sindaco p.t., il
Segretario generale ed il  Presidente  del  consiglio  p.  t.,  della
necessita'  di  attivare  ogni  piu'  idonea  attivita'  volta   alla
riscossione dei canoni di locazione per gli immobili occupati  nel  e
di proprieta' comunale. In talune circostanze,  anche  relative  alla
redazione del bilancio  annuale  [il  S.  ]  quale  responsabile  del
Servizio finanziario, ha richiesto, sempre agli uffici  competenti  e
segnatamente al responsabile del Settore manutenzione, l'accertamento
relativo ai fitti del  ,  si'  da  poter  inserire  nel  bilancio  il
corrispettivo economico». 
    Della piu' ampia applicazione del potere riduttivo  dell'addebito
poi, in via di mero subordine, fanno istanza G. Z. , V. F. e G. S. . 
    A.  F.  e  V.   F.   avanzano   istanza   di   integrazione   del
contraddittorio nei confronti di vari soggetti. 
    [3] Alla  pubblica  udienza  odierna  il  pubblico  ministero  ha
premesso  di  riportarsi,  nel  merito,  a  tutto  quanto  esposto  e
argomentato nell'atto introduttivo del giudizio, ritenendo  gia'  ivi
esaustivamente confutate le deduzioni versate nelle memorie difensive
dei convenuti. 
    Riguardo le eccezioni pregiudiziali e preliminari, ha  osservato,
in  sintesi,  quanto  segue:  sull'eccezione  inerente   l'(asserito)
mancato   esame   delle    controdeduzioni    svolte    nella    fase
pre-processuale, va evidenziato che,  al  contrario,  tale  esame  e'
stato ampiamente svolto in sede di redazione dell'atto  di  citazione
e, comunque,  non  e'  richiesto  ai  fini  del  soddisfacimento  dei
requisiti  contenutistici  dell'atto   introduttivo   del   giudizio;
rilevata altresi', l'infondatezza  dell'eccezione  d'inammissibilita'
dell'atto de quo per genericita'  e  indeterminatezza  nonche'  delle
altre eccezioni pregiudiziali, anche quella  di  prescrizione,  nelle
diverse formulazioni proposte dalla Difese dei convenuti, va ritenuta
priva  di  fondamento  tecnico-giuridico  per  quanto   statuito   in
proposito,  in  fattispecie   del   tutto   analoghe,   da   uniforme
giurisprudenza della Corte dei conti e per quanto  gia'  puntualmente
considerato sull'argomento nell'atto di citazione. 
    Rilevata, infine, l'infondatezza sia dell'istanza  del  convenuto
L.  di  autorizzazione  alla  chiamata  in  causa   della   compagnia
assicuratrice con cui costui  intrattiene  un  rapporto  contrattuale
inteso  a  tenerlo  indenne  dai  rischi  connessi  ad   ipotesi   di
responsabilita' erariale (per difetto di  giurisdizione),  che  delle
varie istanze di integrazione del contraddittorio rispetto  ad  altri
soggetti  per   non   ricorrenza   dell'ipotesi   di   litisconsorzio
necessario, il pubblico ministero ha integralmente confermato  l'atto
introduttivo  del  giudizio  e  insistito  per  l'accoglimento  delle
domande in esso formulate, dopo aver illustrato i motivi per i  quali
va ritenuto sussistente in fattispecie il nesso eziologico anche  per
i convenuto A. , F. e V. F. . 
    I  difensori  che  hanno  argomentato  in   difesa   dei   propri
assistiti., compresi gli avv.ti Giustino e Fusco, hanno richiamato  i
punti ritenuti di  particolare  rilievo  ai  fini  dell'illustrazione
delle  rispettive  posizioni  e  hanno  insistito   per   l'integrale
accoglimento  delle  eccezioni,  delle  deduzioni  e  delle   istanze
formulate  per  iscritto,  di  cui  hanno  pertanto   confermato   le
conclusioni. 
    In particolare, vanno segnalate le seguenti puntualizzazioni. 
    L'avv. Andrea Orefice ha posto  in  risalto  che,  per  pervenire
all'integrale  proscioglimento  del  suo  assistito  (S.  L.  ),   e'
sufficiente fare riferimento all'avverbio «ovviamente» inserito nella
nota del  2011  con  cui  l'allora  Segretario  generale  operava  la
ripartizione, fra gli uffici comunali, delle  competenze  affidate  a
ciascuno di essi riguardo  le  attivita'  rientranti  nella  gestione
della vicenda qui esaminata. 
    L'avv. Francesco  Maria  Caianiello  ha  richiamato  l'attenzione
sulla circostanza che e' proprio il  «rimpallo  di  responsabilita'»,
emergente dal contesto delle memorie difensive di ciascun  convenuto,
che  testimonia  chiaramente  la  genericita'   delle   contestazioni
dell'Ufficio di Procura nei confronti dei medesimi; nonche' sul fatto
che, a  suo  avviso,  non  puo'  attribuirsi  rilievo  decisivo  alla
ripartizione di competenze effettuata  nella  nota  segretariale  del
2011, visto che siffatta ripartizione non rientra fra  le  competenze
affidate al Segretario generale dell'ente. 
    L'avv. Riccardo Marone ha ribadito le  oggettive  caratteristiche
ambientali del di quale roccaforte  della  criminalita'  organizzata,
onde stigmatizzare l'astrattezza e la mancanza di  concretezza  della
prospettazione  offerta  dal  requirente;  ha  poi  sottolineato   la
necessita'  di  integrare  il  contraddittorio  nei  confronti  delle
commissioni prefettizie che hanno  governato  l'ente  per  circa  sei
anni,   poiche'   desta   consistenti   perplessita'   l'assenza   di
contestazioni nei confronti delle stesse, laddove i componenti, quali
rappresentanti dello Stato sul territorio  locale,  avrebbero  dovuto
attivarsi  per   la   sua   «bonifica»   in   termini   di   gestione
amministrativo-burocratica. 
    L'avv. Francesco Rinaldi ha evidenziato,  facendo  riferimento  a
vari documenti allegati alla memoria difensiva in atti, come  a  cura
dell'OSL sia in corso  una  consistente  attivita'  di  recupero  dei
crediti del Comune  di  ,  con  conseguente  possibile  significativa
elusione del danno rilevato dall'Ufficio di Procura. 
    In tale stato la causa e' passata in decisione. 
 
                       considerato in diritto 
 
    [A] Il Collegio deve procedere  allo  scrutinio  delle  eccezioni
sollevate dai convenuti in via pregiudiziale,  nessuna  delle  quali,
per quanto oltre si dira', puo' reputarsi giuridicamente fondata. 
    A. 1) L'eccezione d'inammissibilita' dell'atto di  citazione  per
mancato esame,  e  conseguente  confutazione,  delle  controdeduzioni
presentate nella fase preprocessuale - sollevata dalla difesa  di  S.
L. - e' ormai da tempo  oggetto  di  statuizioni  d'infondatezza  per
conforme e consolidato  orientamento  delle  Sezioni  territoriali  e
d'Appello della Corte dei conti. Al riguardo, invero,  tale  costante
giurisprudenza  contabile  ha  escluso  che   il   requirente   debba
rappresentare, analiticamente, le ragioni per cui abbia  ritenuto  di
disattendere gli elementi forniti dai soggetti invitati  in  sede  di
controdeduzioni (cfr. ex plurimis, Sezione II d'Appello n. 326/2018).
Tra l'altro, nel caso in esame la Procura regionale  ha  puntualmente
esaminato gli elementi offerti in sede di controdeduzioni, pervenendo
ad  esprimere  l'avviso,  descritto  in  modo  articolato   nell'atto
introduttivo del giudizio, di sussistenza della  responsabilita'  dei
convenuti per il danno erariale in esso rappresentato. 
    Ma va aggiunto sull'argomento - come la  Sezione  ha  gia'  avuto
cura di fare con la sentenza n. 255/2019 - che «il giudizio  de  quo,
[...], essendo stato introdotto a seguito dell'entrato in vigore  del
decreto legislativo n. 174/2016, ricade nell'ambito  di  applicazione
dello disciplina da esso previsto per i giudizi  innanzi  alla  Corte
dei conti. Nessuna disposizione in esso contenuta  prevede  l'obbligo
per il pubblico ministero  di  indicare  nell'atto  di  citazione  le
ragioni percui le difese svolte dal presunto responsabile nella  fase
preprocessuale  non  siano  state  ritenute  idonee  a  superare  gli
addebiti, ne', tantomeno, prevede per tale omissione alcuna  nullita'
dell'atto di citazione. L'art. 87 del decreto legislativo n. 174/2016
si limito a sanzionare con la nullita' la mancata corrispondenza "tra
i fatti di cui all'arti. 86, comma 2,  lettera  e),  e  gli  elementi
essenziali del fatto esplicitati nell'invito a dedurre, tenuto  conto
degli ulteriori elementi di  conoscenza  acquisiti  a  seguito  delle
controdeduzioni"». 
    A.2) Privo di fondamento giuridico e', altresi',  l'eccezione  di
nullita' dell'atto di citazione ai sensi del combinato disposto degli
articoli 86, comma 2,  lettera  e)  e  87  del  Codice  di  giustizia
contabile, ovvero per mancanza assoluta di  specificazione  su  quale
sia   la   condotta   in   concreto   ascrivibile   ai   fini   della
configurabilita' della  responsabilita'  contabile  e  comunque,  per
mancata «specifica individuazione dei criteri attraverso i  quali  e'
stata determinata la quota di danno imputata a ciascun  convenuto,  e
in particolare all'ing. L.  »;  eccezione,  questa,  sollevata  dalla
difesa di S. L. , che a sostegno richiama la sentenza n: 337/2019  di
questa Sezione giurisdizionale, nonche', in analoghi termini,  da  G.
Z. , che fa riferimento alla decisione  n.  1194/2013  della  Sezione
giurisdizionale Puglia. 
    Premesso che la sentenza n. 337/2019  di  questa  Sezione  rileva
difetti dell'atto introduttivo del  giudizio  non  riscontrabili  nel
caso di  specie  e  che  la  pronuncia  n.  1194/2013  della  Sezione
giurisdizionale Puglia e' piuttosto risalente, va osservato, sotto il
primo  profilo  (mancata  «specifica   individuazione   dei   criteri
attraverso i quali e' stato determinato la quota di danno imputato  a
ciascun convenuto»), intanto che  sintetica  individuazione  di  tali
criteri e' stata, invece, fornita dalla Procura regionale,  la  quale
ha sostanzialmente ancorato la ridetta ripartizione  al  rilievo  del
ruolo istituzionale di ciascun convenuto e alla durata dei rispettivi
incarichi; e soprattutto, che nemmeno  la  «mancata  ripartizione  in
quote della responsabilita' [...] costituisce un profilo in grado  di
compromettere la validita'  della  citazione,  non  costituendo  quel
profilo un aspetto del «fatto» (il solo per il quale  e'  imposta  la
continuita' tra la fase preprocessuale e quella processuale) ma  solo
un prodotto valutativo del fatto» (Sezione II d'Appello, sentenza  n.
385/2019). 
    Deve  altresi'   escludersi   che   l'atto   di   citazione   sia
caratterizzato da «assoluta incertezza sull'oggetto della domanda» in
quanto, «avendo presente che la "ratio" ispiratrice della  disciplina
assistita dalla sanzione di nullita' e' da individuare  nell'esigenza
di porre immediatamente il convenuto nelle condizioni  di  apprestare
adeguate e puntuali difese, l'esposizione dei  fatti  costituenti  le
ragioni della domanda e' tale da  assicurare  l'instaurazione  di  un
pieno contraddittorio sulle vicende di causa,  essendo  compiutamente
definiti la condotta censurata, il nocumento patrimoniole che da essa
si assume generato, l'elemento soggettivo che  ha  connotato  l'agire
contestato e, in definitiva, tutti  gli  elementi  strutturali  della
fattispecie  della  responsabilita'  amministrativa.  Peraltro,  ogni
possibile  residuo  dubbio   viene   meno   considerando   l'avvenuta
costituzione in giudizio del [...] convenuto  [...]  e  l'ampiezza  e
pertinenza delle difese spiegate» (Sezione II d'Appello, sentenza  n.
385/2019, cit.). 
    A.3) Ad analogo rilievo d'infondatezza si perviene, ad avviso del
Collegio,  riguardo  l'eccezione  di  nullita'  di  tutti  gli   atti
istruttori  posti   a   monte   del   giudizio   di   responsabilita'
amministrativa instaurato con l'atto di citazione per violazione  del
disposto dell'art. 51 del Codice di giustizia contabile,  ovvero  per
mancata specificazione della  «notizia  di  danno»,  con  conseguente
insanabile  indeterminatezza  della  causa  petendi  e  del  petitum,
sollevata dalla difesa di A. F. . 
    Com'e' noto, l'art. 51  del  Codice  di  giustizia  contabile  ha
ripreso l'abrogata disposizione di cui all'art. 17, comma 30-ter  del
decreto-legge n. 78/2009, convertito con modificazioni  in  legge  n.
102/2009, secondo cui  le  Procure  della  Corte  dei  conti  possono
iniziare l'attivita' istruttoria ai fini  dell'esercizio  dell'azione
di danno erariale a fronte di specifica e concreta notizia di  danno.
Le SS.RR. contabili hanno precisato, in proposito, che  l'espressione
«notizia di danno», richiesta dalla legge, fa riferimento, secondo la
comune  accezione,  ad  un  dato  meramente  cognitivo  e  non   deve
equivalere ad una  informativa  cosi'  precisa  e  circostanziata  da
contenere tutti gli elementi necessari per dar  corso  all'azione  di
responsabilita'. La sanzione di nullita' puo' colpire,  dunque,  solo
quegli atti istruttori e processuali che  traggano  origine  da  mere
supposizioni (SS.RR. n. 12/2011/QM). 
    In altri termini, secondo la giurisprudenza  contabile  la  ratio
della norma era quella di garantire che  l'istruttoria  del  pubblico
ministero  contabile  fosse  suffragata,  nella  fase  di  avvio,  da
elementi concreti e specifici e non si  basasse  su  mere  ipotesi  o
illazioni astratte tali da consentire che la richiesta istruttoria si
dirigesse in modo generico su un settore di attivita'  amministrativa
per un rilevante lasso di tempo, cosi' dando corpo a una attivita' di
controllo da parte di un organo a cio' non abilitato. 
    Tale approdo giurisprudenziale e' ora  stato  recepito  dall'art.
51, comma 2 del Codice di giustizia contabile, secondo  il  quale  la
notizia di danno, comunque acquisita, e' specifica e concreta  quando
consiste in informazioni circostanziate  e  non  riferibili  a  fatti
ipotetici o indifferenziati. 
    Cio' premesso, si osserva che, nel caso in esame, la  notizia  di
danno e' «stata formalizzata dalla legione dei carabinieri  Campania,
tenenza di , che, delegati alle indagini, hanno  depositato  numerose
informative comprovanti la suddetta fattispecie  di  danno  erariale»
(cfr.  pag.  1  atto  di   citazione);   informative   poi   indicate
specificamente,  mediante  riferimento  ai   rispettivi   numeri   di
protocollo e date,  nel  medesimo  atto  introduttivo  e  ovviamente,
allegate in copia ad esso. 
    Ad avviso del Collegio, nel caso in esame, gli elementi pervenuti
alla  Procura  regionale  presentavano  i  necessari   caratteri   di
specificita' e concretezza, in quanto riferivano fatti e  circostanze
sufficienti  a  legittimare  l'attivita'  istruttoria  del   pubblico
ministero contabile. 
    Non si puo', infatti, negare  la  sussistenza  della  notizia  di
danno nei termini richiesti dalla legge a fronte della prospettazione
di un'attivita' che avrebbe determinato  un  significativo  nocumento
patrimoniale per il Comune di in relazione  al  mancato  introito  di
canoni di locazione relativi a varie unita' immobiliari situate nel ;
e cio' a prescindere dal  collegamento  coi  motivi  di  fatto  e  di
diritto  addotti  dalla  Procura  attrice  per  azionare  la  pretesa
erariale, che devono costituire oggetto di disamina nel merito. 
    Non   devono   essere   infatti   confusi   i    diversi    piani
dell'ammissibilita' dell'azione del Procuratore regionale - afferente
alla concretezza della notizia del fatto in  se'  stesso  e  del  suo
ipotetico collegamento con un  nocumento  erariale  -  rispetto  alla
fondatezza della pretesa erariale che costituisce materia  dell'esame
nel merito. 
    A.4)   Palesemente    infondata    e'    l'ulteriore    eccezione
pregiudiziale, inerente all'asserita  inammissibilita'  dell'atto  di
citazione per violazione  degli  articoli  67  e  68  del  Codice  di
giustizia contabile, ovvero per  essere  stato  notificato  oltre  il
termine di centoventi giorni dalla scadenza del  precedente  termine,
indicato per  il  deposito  delle  controdeduzioni,  sollevata  dalla
difesa di A. F. , che ha citato a  sostegno  la  sentenza  n.  5/1998
della Sezione giurisdizionale Sicilia. 
    Va premesso, in proposito, che i commi 5 e  6  dell'art.  67  del
Codice  di  giustizia  contabile,  prevedono  che   «Il   procuratore
regionale deposito  l'atto  di  citazione  in  giudizio,  a  pena  di
inammissibilita' dello stesso, entro centoventi giorni dalla scadenza
del termine  per  la  presentazione  delle  deduzioni  da  parte  del
presunto responsabile del danno, salvo quanto disposto dall'art.  86»
e che «Nel caso l'invito a dedurre sia stato  emesso  contestualmente
nei confronti di una pluralita' di soggetti, il  termine  di  cui  al
comma 5 decorre dal momento del perfezionamento  della  notificazione
per l'ultimo invitato; in tutti gli altri casi, decorre autonomamente
per  ciascun  invitato  dal   momento   del   perfezionamento   della
notificazione nei suoi confronti». 
    In fattispecie, l'invito a dedurre e' stato notificato a ciascuno
degli odierni convenuti il 14 gennaio 2019, con attribuzione espressa
di quarantacinque giorni da tale data di  notifica  per  il  deposito
delle deduzioni; il termine in parola e', dunque, venuto  a  scadenza
il 28 febbraio 2019. Poiche' l'atto di citazione e' stato  depositato
presso la Segreteria della Sezione il  31  maggio  2019,  ovvero  ben
entro il termine di centoventi  giorni  indicato  dalle  disposizioni
normative sopra richiamate,  ne  discende  la  sua  incontrovertibile
tempestivita'. 
    Del resto, la difesa di F. pretende di fare riferimento, ai  fini
della valutazione dell'avvenuto rispetto del  termine  de  quo,  alla
data di notifica dell'atto di citazione,  che  invece  e'  del  tutto
privo di rilievo ai ridetti fini, visto  che  la  norma  fa  espresso
riferimento  alla  data  del  deposito  dell'atto  introduttivo   del
giudizio. 
    [B] Devesi, peraltro, dichiarare  ex  officio  l'inammissibilita'
della domanda risarcitoria avanzata dal requirente,  nell'importo  di
euro 131.428.70, per danno non patrimoniale derivante  dalla  lesione
del diritto al buon andamento della pubblica amministrazione. 
    A tal riguardo, va  infatti  evidenziato  che  l'art.  17,  comma
30-ter, decreto-legge n. 78/2009, convertito in legge n.  102/2009  e
successive modifiche e integrazioni, letto in combinato disposto  con
l'art. 7, legge n. 97/2001 ivi richiamato [poi abrogato, a  decorrere
dal 7 ottobre 2016, dall'art. 4, comma 1,  lettera  g)  delle  «norme
transitorie  ed  abrogazioni»  al  nuovo   Codice   della   giustizia
contabile,  approvato  con  il  decreto  legislativo  n.  174/2016  e
successive  modifiche  e  integrazioni],  consente  espressamente  la
perseguibilita' del danno all'immagine innanzi al  giudice  contabile
nelle ipotesi di sentenze definitive per uno  dei  delitti  dei  p.u.
contro la  pubblica  amministrazione,  vale  a  dire  uno  di  quelli
contenuti nel capo 1 del  titolo  I  del  libro  secondo  del  codice
penale. 
    In proposito, la Corte costituzionale ha ritenuto che  la  scelta
del legislatore «[...] di non estendere l'azione  risarcitoria  anche
in presenza di condotte non costituenti reato, ovvero costituenti  un
reato  diverso  da  quelli  espressamente   previsti,   puo'   essere
considerato non  manifestamente  irragionevole  [...]»  (cosi'  Corte
costituzionale, sentenza n.  355/2010;  in  termini  analoghi,  Corte
costituzionale, ordinanze numeri 219, 220 e 221 del 2011). 
    Le stesse Sezioni riunite di questa Corte,  con  la  sentenza  n.
8/2015/QM, nel dirimere i contrasti interpretativi insorti sul punto,
hanno affermato il principio di diritto, per cui  «l'art.  17,  comma
30-ter, va inteso nel senso che le  Procure  della  Corte  dei  conti
possono  esercitare  l'azione   per   il   risarcimento   del   danno
all'immagine solo per i delitti di cui al capo 1 del  titolo  II  del
libro secondo del codice penale». 
    Del resto, la perseguibilita' del danno all'immagine innanzi alla
Corte dei conti e' stata oggi confermata dal Codice  della  giustizia
contabile, approvato con il decreto legislativo 26  agosto  2016,  n.
174, il quale ha dettato,  all'art.  51,  comma  6,  ed  all'art.  4,
lettera g) ed h), delle «norme transitorie  ed  abrogazioni»,  talune
disposizioni proprio in materia di danno all'immagine, con le quali -
diversamente da quanto ritenuto da una  parte  della  giurisprudenza,
secondo cui esse avrebbero ampliato i  confini  della  risarcibilita'
del  pregiudizio  all'immagine,  ricomprendendovi  tutti  i   delitti
commessi  a  danno  della  pubblica  amministrazione  accertati   con
sentenza irrevocabile di  condanna  -  e'  stata  in  buona  sostanza
confermata la perseguibilita' del  danno  in  questione,  innanzi  al
giudice contabile, solo in presenza di reati propri dei  p.u.  contro
la pubblica amministrazione. 
    Ebbene,  nel   caso   di   specie,   nonostante   la   suggestiva
prospettazione attorea, si deve rilevare che la domanda  risarcitoria
avente ad oggetto il nocumento non patrimoniale subito dalla pubblica
amministrazione a seguito della lesione del diritto al buon andamento
che sarebbe derivata dai fatti descritti nell'atto  introduttivo  del
giudizio,  fuoriesce  dai  confini   delineati   dalle   disposizioni
precedentemente richiamate, risultando cosi' inammissibile. 
    Che la giurisprudenza contabile abbia ritenuto configurabile  una
lesione  riguardante   non   solo   l'immagine   dell'amministrazione
danneggiata, in quanto tale, ma anche - attraverso essa  -  in  senso
piu' ampio il buon andamento della pubblica amministrazione  ex  art.
97 della Costituzione e' avvenuto a ridosso  degli  anni  novanta,  a
seguito del disvelamento di numerosi episodi  corruttivi  nell'ambito
dei pubblici appalti.  Venendo  poi  rimeditata  e  rimodulata,  tale
impostazione, attraverso la  regolamentazione  normativa  intervenuta
nel 2009 - di cui sopra si e' detto - e recentemente  confermata  con
l'entrata in vigore del Codice di giustizia contabile. Tanto  che  le
Sezioni d'Appello hanno  in  proposito  rilevato,  pronunciandosi  su
impugnazioni riferite a pronunce di questa  Sezione  giurisdizionale,
nelle quali si statuiva su  analoghe  pretese  risarcitorie  avanzate
dalla Procura regionale con  dichiarazione  d'inammissibilita'  delle
stesse soltanto  in  presenza  di  eccezione  sollevata  dalle  parti
convenute, che «La questione [...] e' rilevabile ex officio,  poiche'
il giudice deve verificare la procedibilita', o proponibilita', della
domanda, alla luce dell'art. 17, comma 30-ter, del  decreto-legge  n.
78 del 2009 e dell'art. 7 della legge n. 97 del 2001, che limitano la
risarcibilita'  del  danno  all'immagine  alle  ipotesi  in  cui  sia
intervenuta sentenza irrevocabile di condanna per i delitti contenuti
nel capo 1 del libro II del codice penale. Trattandosi, quindi, di un
presupposto processuale che non si e' verificato  per  nessuno  degli
appellanti, sul punto va riformata la decisione di primo  grado,  con
la decurtazione della relativa posta  di  condanna  (cfr.  Corte  dei
conti, Sezione II centrale di Appello, numeri 1168/2016 e  782/2015)»
(Sezione I di Appello, sentenza n. 56/2017). 
    [C] Il Collegio reputa, altresi', di dover statuire  anche  sulla
preliminare eccezione di merito, inerente l'intervenuta  prescrizione
quinquennale dell'azione erariale,  sollevata  dai  convenuti  e  nei
termini che seguono: S. L. e G. S.  ,  che  non  hanno  rappresentato
argomentazioni a sostegno dell'eccezione in parola; R. E.  ,  secondo
cui «l'esordio del termine  di  prescrizione  quinquennale  non  puo'
riportarsi  gia'  agli  anni  2010/2011,  epoca  in  cui  a  giudizio
dell'accusa  era  a  tutti  noto  il  danno   derivante   dall'omessa
riscossione dei canoni di locazione del complesso immobiliare  »,  in
applicazione del principio per cui il dies a quo in  parola  coincide
con il momento in cui  il  danno  medesimo  diviene  conoscibile  per
l'amministrazione danneggiata; A.  F.  per  il  quale  l'incipit  del
termine  prescrizionale   quinquennale   va   ancorato   al   momento
dell'esplicitazione delle condotte di cui si  asserisce  l'illiceita'
nell'atto introduttivo del giudizio,  collocate  nell'arco  temporale
2009/2013, in disparte l'inefficacia ai fini interruttivi del termine
de quo, rivestita in fattispecie, per le modalita'  di  formulazione,
dall'invito a dedurre; G. Z. ,  ad  avviso  del  quale  «L'azione  di
risarcimento e' stata proposta dalla Procura regionale [...] oltre il
termine  di  cinque  anni  dalla  scoperta   del   danno   da   parte
dell'amministrazione   danneggiata   [...]»,   come   da   richiamati
precedenti giurisprudenziali. 
    L'eccezione e', comunque sia stata articolata e  motivata,  priva
di pregio. 
    Onde individuarne i motivi  d'infondatezza,  il  Collego  ritiene
sufficiente riportare la motivazione espressa su analogo punto, dalla
Sezione III d'Appello nella sentenza n. 233/2019, che ha  confermato,
sull'argomento,  la  sentenza   n.   697/2016   di   questa   Sezione
giurisdizionale. 
    «Quanto alla ribadita  eccezione  di  prescrizione,  il  Collegio
condivide le argomentazioni  sviluppate  dalla  Sezione  Campania  di
questa Corte, essendo qui sufficiente ribadire che -  trattandosi  di
mancate riscossioni concernenti rapporti di locazione [...] oppure di
mancati introiti per omessa riscossione di' indennita' di occupazione
- la perdita erariale per le entrate  non  riscosse  ha  acquisito  i
caratteri della certezza e della definitivita' quando e'  spirato  il
termine di  prescrizione  decorrente  dal  maturare  del  diritto  di
credito da recuperare; solo in tale momento puo'  essere  individuato
il dies a quo della prescrizione quinquennale imputabile al  soggetto
chiamato a rispondere innanzi al giudice contabile per il conseguente
danno erariale. 
    Peraltro, si puntualizza che, in sostanza, diversamente da quanto
preteso dalla parte che la ha eccepito, ai  fini  della  prescrizione
non ha rilievo il periodo in cui l'appellante ha diretto la struttura
[...]  trattandosi  di  fatto  che  attiene  all'accertamento   della
sussistenza della condotta omissiva imputata allo stesso appellante e
al nesso di causalita' con l'evento dannoso,  ma  che  non  introduce
elementi idonei di per se' al maturare dello prescrizione del diritto
al risarcimento del danno derivante dalla mancata entrata. Il periodo
in cui l'interessato ha  ricoperto  una  determinata  funzione,  puo'
semmai risultare rilevante ai fini della quantificazione del danno. 
    [...] nella specie i convenuti sono stati chiamati  a  rispondere
[...] per non aver posto in essere gli adempimenti volti  a  far  si'
che non cadesse in prescrizione il diritto dell'amministrazione volto
ad ottenere gli importi dovuti [...]. 
    Nel  caso  in  esame,  quindi,   il   termine   quinquennale   di
prescrizione dell'azione erariale decorre dal momento  della  perdita
definitiva del  diritto  di  credito  relativo  ai  canoni  locatizi.
L'orientamento,  ampiamente  consolidato   presso   la   magistratura
contabile (di  recente,  ex  multis  Corte  dei  conti,  Sezione  II,
sentenza n. 126, 18 marzo 2015), ritiene consumato e attuale il danno
erariale da mancata entrata soltanto quando sia  decorso  inutilmente
il termine di prescrizione per  la  riscossione  del  credito  ovvero
quand'esso sia divenuto ormai inesigibile. Non e'  configurabile,  in
altri termini, un danno erariale da  mancato  entrata  connotato  dai
caratteri dell'attualita' e della certezza, laddove non vi sia  stata
per l'amministrazione la perdita definitiva del  diritto  di  credito
(cfr. sentenza Sezione terza  centrale  d'Appello  n.  369/2012).  Il
danno e', infatti, da identificare con la perdita stessa del  diritto
di credito. [...] la fattispecie dannosa dedotta in questa sede [...]
si identifica con [...] l'impossibilita' di recupero della somma,  di
talche' si rende necessario l'accertamento delle  responsabilita'  in
capo a coloro che, avendo determinato tale ultimo evento, sono  stati
chiamati al relativo risarcimento (debito di valore)». 
    Valga soltanto aggiungere, riguardo il rilievo del  convenuto  A.
F. inerente l'inefficacia dell'invito a dedurre ai fini  interruttivi
del termine de quo per le modalita' con cui e' stato  in  fattispecie
formulato, che tale  rilievo  e'  palesemente  infondato,  in  quanto
l'invito a dedurre contiene esplicito riferimento all'art.  2943  del
Codice  civile  -  che   riconosce   efficacia   interruttiva   della
prescrizione a qualsivoglia atto che valga a costituire  in  mora  il
debitore, sia esso stragiudiziale o giudiziale - e all'art. 1219  del
Codice  civile,  che  con  riguardo   alla   costituzione   in   mora
stragiudiziale, prevede  che  «il  debitore  e'  costituito  in  mora
mediante intimazione o richiesta fatta  per  iscritto».  Inoltre,  il
medesimo invito a dedurre e' pienamente conforme a quanto statuito in
proposito dalla Suprema Corte,  la  quale  ha  affermato  che  «[...]
affinche'  un  atto  possa  acquisire  efficacia  interruttiva  della
prescrizione, a norma dell'art. 2943, quarto comma del Codice civile,
[...] deve contenere l'esplicitazione di una  pretesa,  vale  a  dire
un'intimazione  o  richiesta  scritta   di   adempimento   idonea   a
manifestare l'inequivocabile volonta' del titolare del credito di far
valere il proproi diritto nei confronti  del  soggetto  passivo,  con
l'effetto sostanziale di costituirlo in mora [...]». 
    Il danno patrimoniale contestato ai contenuti e' quantificato dal
requirente in euro 1.314.286,50, importo dato dalla  somma  tra  euro
792.453,81 (corrispendente a quanto non riscosso a titolo  di  canoni
e/o indennita' di occupazione per  trentaquattro  locali  commerciali
siti all'interno del  nel  periodo  2009/2013)  ed  euro  521.832,59,
corrispondente a quanto non riscosso nel  2009  a  titolo  di  canoni
locatizi per unita' abitative (euro 432.811,28) oltre l'importo (euro
89.021,31) pari al60% di euro 148.368,85 riscossi al  ridetto  titolo
nella medesima annualita' dalla Societa' , e non riversati - come  da
obbligo contrattuale - al Comune di . 
    Quindi, le suindicate voci di danno si sono attualizzate, tenendo
conto della definitiva maturazione del termine quinquennale entro cui
esercitare l'azione di recupero da parte del comune,  rispettivamente
negli anni 2014/2019 e 2014. Poiche'  l'invito  a  dedurre  e'  stato
notificato a ciascuno degli odierni convenuti il 14 gennaio 2019,  da
cio' risulta la tempestivita' dell'azione erariale  intrapresa  dalla
Procura in  riferimento  a  entrambe  le  contestate  voci  di  danno
patrimoniale. 
    [D]  Sgombrato  il  campo   dalle   questioni   pregiudiziali   e
preliminari dedotte in giudizio,  al  Collegio  e'  fatto  carico  di
esaminare in punto di merito la vicenda descritta nella  premessa  in
fatto, attraverso la verifica della sussistenza, nel  caso  concreto,
degli  elementi  tipici  della  responsabilita'  amministrativa  che,
com'e' noto, si sostanziano in un danno patrimoniale,  economicamente
valutabile, arrecato alla pubblica amministrazione, in  una  condotta
connotata da colpa grave o dolo,  nel  nesso  di  causalita'  tra  il
predetto comportamento e l'evento dannoso, nonche' nella  sussistenza
di un rapporto di servizio fra coloro  che  lo  hanno  determinato  e
l'ente che lo ha subito. 
    La valutazione in parola, tuttavia, e'  ad  avviso  del  Collegio
preclusa, nella sua imprescindibile completezza ed esaustivita',  dal
divieto, posto dall'art. 83 del Codice di  giustizia  contabile  (nel
testo conseguente alle modifiche recate  dal  decreto  legislativo  7
ottobre 2019, n.  114)  di  integrazione  del  contraddittorio  iussu
iudicis. 
    Invero, tale norma, intitolata «Pluralita' di  parti»,  e'  cosi'
formulata: 
        «1.  Nel  giudizio  per  responsabilita'  amministrativa   e'
preclusa la chiamata in causa per ordine del giudice. 
        2. Quando il fatto dannoso e'  causato  da  piu'  persone  ed
alcune di esse non sono state convenute nello stesso processo, se  si
tratta di responsabilita' parziaria, il giudice tiene conto  di  tale
circostanza ai fini della determinazione della minor somma da porre a
carico dei condebitori nei confronti dei quali pronuncia sentenza. 
        3. Soltanto qualora nel corso  del  processo  emergano  fatti
nuovi rispetto a quelli  posti  a  base  dell'atto  introduttivo  del
giudizio, il giudice ordina la trasmissione degli  atti  al  pubblico
ministero per le  valutazioni  di  competenza,  senza  sospendere  il
processo. Il pubblico  ministero  non  puo'  comunque  procedere  nei
confronti di soggetto gia' destinatario di formale  provvedimento  di
archiviazione,  ovvero  di  soggetto  per   il   quale,   nel   corso
dell'attivita'  istruttoria  precedente  l'adozione   dell'invito   a
dedurre, sia stata valutata  l'infondatezza  del  contributo  causale
della  condotta  al  fatto  dannoso,  salvo  che   l'elemento   nuovo
segnalatogli consista in un fatto sopravvenuto, ovvero  preesistente,
ma dolosamente occultato, e ne sussistano motivate ragioni. 
        4. Nei casi  di  cui  all'ultimo  periodo  del  comma  3,  il
pubblico  ministero  non  puo'  comunque  disporre  la  citazione   a
giudizio, se  non  previa  notifica  dell'invito  a  dedurre  di  cui
all'art. 67». 
    Eppure, il Collegio reputa che le argomentazioni svolte da alcuni
convenuti   nel   presente   giudizio,   in   punto   di   necessita'
d'integrazione   del   contraddittorio,   risultino   particolarmente
pregnanti, al fine di far emergere l'incompiutezza della  valutazione
del merito della fattispecie eseguibile dal Collegio, in applicazione
del surriportato divieto. 
    Invero, i convenuti S. L. , R. E. , G. Z. e V.  F.  hanno  svolto
osservazioni, il cui  rilievo  il  Collegio  non  puo'  esimersi  dal
considerare, riferite al grave pregiudizio inflitto  dal  divieto  in
parola alla compiutezza  della  valutazione  da  eseguire  nell'esame
dell'estremamente complessa vicenda dedotta in giudizio. 
    Cio' premesso, il Collegio intende  sottoporre  al  sindacato  di
legittimita' del giudice delle leggi il divieto, contenuto  nell'art.
83 del Codice di giustizia contabile, imposto al giudice contabile di
procedere all'integrazione del contraddittorio. 
D.1) Sulla rilevanza delle questioni di  costituzionalita'  dell'art.
83, commi 1° e 2°, del  Codice  di  giustizia  contabile  (nel  testo
conseguente alle modifiche recate dal decreto legislativo  7  ottobre
2019, n. 114), adottato in attuazione  dell'art.  20  della  legge  7
agosto 2015, n. 124. 
    Riguardo la rilevanza nel presente giudizio  delle  questioni  di
costituzionalita'  che   questa   Sezione   intende   sollevare,   va
preliminarmente ricordato che, in  disparte  le  specifiche  ipotesi,
previste  espressamente  dalla   legge,   di   responsabilita'   c.d.
sanzionatoria, con le quali il legislatore sanziona la  trasgressione
di una particolare disposizione della legge contabile con la condanna
al pagamento di una sanzione pecuniaria fissata tra un  minimo  e  un
massimo edittale, il giudizio di responsabilita' amministrativa,  con
la  sua  struttura   contrattuale/extracontrattuale,   si   inserisce
nell'archetipo  della  responsabilita'  patrimoniale,  a   prevalente
funzione risarcitoriarecuperatoria  (ovvero  nel  piu'  ampio  quadro
delle finalita' di tutela delle risorse di finanza  pubblica  rimesse
al  presente  plesso  giudiziario)  ed  e'  rivolto  a  obiettivi  di
reintegro del patrimonio pubblico rimasto depauperato in  conseguenza
di danno ingiusto. 
    Va  altresi'   detto   che,   in   ambito   di'   responsabilita'
amministrativo-contabile e in ipotesi  (quale  quella  all'esame)  di
sussistenza dell'elemento psicologico  della  colpa  grave,  vige  la
regola della «parziarieta'» dell'obbligazione risarcitoria:  in  tali
fattispecie  non  si   verificano   in   nessun   caso   ipotesi   di
«litisconsorzio  necessario»   che   comportino   eventualmente   una
integrazione del contraddittorio. 
    Peraltro, in applicazione dell'art. 83 del  Codice  di  giustizia
contabile sopra citato,  eventuali  concorrenti  responsabilita'  non
evocate in giudizio, oppure non piu' evocabili, andrebbero  prese  in
considerazione astrattamente, onde pervenire ad eventuali scomputi di
quote  sui  soggetti  citati  in  giudizio,  ognuno  dei  quali  deve
rispondere soltanto nei limiti del proprio  apporto  alla  causazione
del danno. 
    Tuttavia,  l'inderogabile  preclusione  imposta  dalla  norma  in
parola all'ordine di integrazione del contraddittorio da impartire da
parte del giudicante, e' suscettibile di arrecare  insanabile  vulnus
al corretto inquadramento di fattispecie che - come quella in esame -
per il loro elevato grado di complessita', non si prestano ad  essere
delineate,  valutate  e  definite  senza   acquisire   l'apporto   al
contraddittorio di ulteriori soggetti;  cio'  in  quanto  il  divieto
imposto al giudicante all'ampliamento della platea degli  evocati  in
giudizio dall'attore pubblico, preclude in radice l'individuazione di
responsabilita' concorrenti  per  effetto  della  quale  disporre  lo
scomputo, parziale o totale, di quote di responsabilita'  prospettate
dal requirente come addebitabili ai convenuti. 
    In applicazione, quindi, dei primi due  commi  dell'art.  83  del
Codice  di  giustizia  contabile  -  imprescindibile   nel   presente
giudizio, in presenza di istanze all'uopo formulate da vari convenuti
- il Collegio dovrebbe  comunque  decidere  sull'esistenza  di  fatti
preclusivi della domanda attorea, ovvero - ed e' questo l'aspetto che
qui rileva - di autonome condotte  di  altri  soggetti  peraltro  non
evocati in giudizio, che costituendo pur solo parzialmente il  motivo
dell'insorgenza del danno lamentato, riducano la responsabilita'  dei
convenuti ovvero la eliminino del tutto. 
    Questo,  senza  tuttavia  poter  procedere  all'integrazione  del
contraddittorio nei  confronti  di  terzi  e  senza  che  l'eventuale
statuizione finale abbia efficacia verso di loro. 
    Questo  giudice  contabile,   pertanto,   pur   dubitando   della
costituzionalita' delle disposizioni de quibus, dovrebbe esaminare le
condotte sia dei convenuti, che di soggetti non evocati  in  giudizio
(anche se, per questi ultimi, al fine di statuire  esattamente  sugli
addebiti   di   responsabilita'   dei   primi),   pervenendo   quindi
all'individuazione (eventuale) di concorrenti apporti  causativi  del
danno nonche', appunto, all'(eventuale) scomputo (totale o  parziale)
di quote di responsabilita' dei  convenuti,  pur  non  disponendo  di
elementi conoscitivi  e  illustrativi  a  tal  fine  imprescindibili,
venendo cosi' meno alle finalita' per le  quali  e'  stato  intestato
alla Corte dei conti il giudizio di  responsabilita'  erariale  quale
sede in cui si svolge con carattere di esclusivita' l'approfondita ed
esaustiva valutazione delle fattispecie causative di  danno  ingiusto
al patrimonio pubblico. 
    Ebbene,  nel  caso  di  specie,  le  norme  di  cui  si  sospetta
l'illegittimita' costituzionale incidono  in  maniera  insanabilmente
pregiudizievole sul compito, affidato al  Collegio,  di  tener  conto
della circostanza che  alcune  delle  parti,  nei  cui  confronti  la
decisione  debba  avere  comunque  il  (sia  pure  ridotto)   rilievo
precisato,  non  siano  state   convenute,   al   solo   fine   della
determinazione della minor somma da porre a carico dei convenuti  nei
confronti dei quali pronuncia sentenza; compito, quello in questione,
insuscettibile di essere svolto  in  assenza  di  acquisizione  degli
apporti difensivi, conoscitivi e chiarificatori, dei ridetti soggetti
(non convenuti in giudizio). 
    Questi  ultimi  in  particolare,  nella  fattispecie,  dovrebbero
essere concretamente individuati nelle  societa'  concessionarie  del
servizio di riscossione dei canoni in discorso, prima . - fino al  31
dicembre 2010 - e poi - affidataria del servizio di riscossione delle
entrate comunali dal 2011 al 2020 - della cui  chiamata  in  causa  -
prospettata dal convenuto V. F. nella propria memoria difensiva -  si
profila ad avviso  del  Collegio  l'opportunita',  non  attuabile  in
applicazione proprio della norma impugnata. 
    Data, invero, la piu'  che  probabile  sussistenza  del  rilevato
nocumento erariale patrimoniale - tenuto  altresi'  presente  che  lo
specifico profilo del quantum del non riscosso e'  stato  certificato
dal medesimo Comune  di  -  il  Collegio  reputa  ravvisabile,  nella
concreta   fattispecie,   l'incidenza   causale   ai    fini    della
determinazione del ridetto danno, attribuibile alle condotte sia  dei
convenuti, che dei soggetti indicati al capoverso che precede. 
    Infatti, non si rivelano meritevoli di adesione le argomentazioni
del requirente, laddove espongono che, pur  concentrandosi  l'analisi
del nesso di causalita' sui comportamenti posti in essere dal 2009 al
2014 per la prima voce di danno (canoni non riscossi  per  le  unita'
abitative nell'ano 2009) e dal 2009 al 2018 per la  seconda  voce  di
danno (canoni non riscossi per i trentaquattro locali commerciali dal
2009 al 2013), , non e' stata individuata quale responsabile di  tali
mancati introiti, pur essendo stata titolare fino al 31 dicembre 2010
del servizio di riscossione coattiva dei canoni in parola, in  quanto
«dal 1° gennaio 2011 [...] gli uffici del Comune di ... [...] avevano
[...] tutto il tempo per intraprendere, entro [la data]  di  scadenza
del termine di prescrizione  quinquennale  dei  diritti  relativi  ai
canoni e/o indennita' di occupazione [...], le necessarie azioni, sia
al fine di riscuotere sia al fine  di  interrompere  il  decorso  dei
predetti termini». 
    Analoghe perplessita' desta la mancata  considerazione,  ai  fini
dell'individuazione degli apporti causativi del danno  in  questione,
del comportamento  della  ·  ,  incaricata  dal  2011  in  poi  della
riscossione coattiva delle entrate comunali - fra le quali  avrebbero
dovuto  rientrare  per  disposizione  contrattuale,  secondo   quanto
affermato dalla  stessa  P.R.  contabile,  anche  i  canoni  locatizi
relativi alle unita' abitative e ai locali commerciali situati nel di
,  concentrandosi  sul  punto  il  requirente,   esclusivamente   sul
comportamento dei dirigenti  comunali  che  non  ne  hanno  richiesto
l'attivazione a tale scopo. 
    Il Collegio ritiene, pertanto, di non poter applicare le norme di
cui si sospetta l'illegittimita' costituzionale e,  conseguentemente,
di non poter  ne'  delineare  eventuali  responsabilita'  concorrenti
rispetto  a  quelle  degli  odierni  convenuti,  ne'  di   potere   -
conseguentemente - statuire per costoro conseguenti scomputi,  totali
o parziali, di responsabilita', nonostante  la  sussistenza  di  tali
responsabilita' si  riveli  piu'  che  probabile  in  presenza  degli
elementi conoscitivi gia' in atti. 
D.2)  Sulla   non   manifesta   infondatezza   delle   questioni   di
costituzionalita'  dell'art.  83,  commi  1°  e  2°,  del  Codice  di
giustizia contabile «nel testo conseguente alle modifiche recate  dal
decreto legislativo 7 ottobre 2019, n. 114), adottato  in  attuazione
dell'art. 20 della legge 7 agosto 2015, n. 124. 
    Le  questioni  di  costituzionalita'  che  la   Sezione   intende
sollevare, oltre ad essere rilevanti (secondo quanto osservato), sono
non manifestamente infondate, per contrasto con gli articoli  3,  24,
76, 81 e 111 della Costituzione, per le ragioni  che  di  seguito  si
espongono. 
    Sul punto, va premesso che  il  testo  legislativo  censurato  e'
insuscettibile  di  interpretazione   costituzionalmente   orientata,
ovvero tale da far superare i  dubbi  di  costituzionalita',  poiche'
esso non puo' essere letto, se non nel  senso  dell'assoluto  divieto
fatto  al  giudice,  innanzi  al  quale  si  svolge  il  giudizio  di
responsabilita' amministrativa, di ordinare la chiamata in  causa  di
soggetti ulteriori rispetto a quelli gia' convenuti  in  giudizio  ad
opera del requirente contabile, non  potendo  far  altro,  quanto  il
fatto dannoso e' causato da piu' persone ed alcune di esse  non  sono
state  convenute  nello  steso  processo  ed  inoltre  si  tratta  di
responsabilita' parziaria, che tener conto  di  tale  circostanza  ai
fini della determinazione della minor somma da  porre  a  carico  dei
condebitori nei confronti dei quali pronuncia sentenza. 
    In  altri  termini,   non   appare   accessibile   l'ipotesi   di
un'interpretazione  costituzionalmente  orientata  della   norma   da
applicare, stante il tenore letterale della disposizione legislativa,
che non  consente  opzioni  ermeneutiche  alternative,  poiche'  tale
soluzione comporterebbe la  pura  e  semplice  disapplicazione  della
norma, e pertanto non si puo'  che  procedere  alla  rimessione  alla
Corte costituzionale della questione incidentale di legittimita'. 
D.2.1) Sulla violazione dell'art. 76 della Costituzione. 
    Un primo e preliminare rilievo di contrarieta' dello norma de qua
ai principi costituzionali, deriva dal travalicamento  del  perimetro
entro cui vietare la chiamata in giudizio di soggetti su  ordine  del
giudice, delineato dall'art. 20, comma 2, della legge 7 agosto  2015,
n. 124 («Deleghe al Governo  in  materia  di  riorganizzazione  delle
amministrazioni pubbliche»), che al primo comma conferisce delega  al
Governo «ad adottare [...] un decreto legislativo recante il riordino
e la ridefinizione della disciplina processuale concernente tutte  le
tipologie di giudizi che si svolgono  innanzi  la  Corte  dei  conti,
compresi i giudizi pensionistici, i giudizi di conto e  i  giudizi  a
istanza di parte»,  ovvero  il  cd.  Codice  di  giustizia  contabile
(approvato col decreto  legislativo  26  agosto  2016,  n.  174,  poi
modificato dal decreto legislativo 7 ottobre 2019, n. 114). 
    La  norma  sopra  richiamata  stabilisce,  al  secondo  comma,  i
principi e i  criteri  direttivi  ai  quali  il  decreto  legislativo
avrebbe dovuto attenersi, prevedendo, per cio' che  rileva  nel  caso
all'esame, che esso avrebbe dovuto: 
        «a) adeguare le norme  vigenti,  anche  tramite  disposizioni
innovative, alla giurisprudenza della Corte  costituzionale  e  delle
giurisdizioni superiori, coordinandole con le  norme  del  codice  di
procedura civile espressione di principi generali  e  assicurando  la
concentrazione  delle  tutele   spettanti   alla   cognizione   della
giurisdizione contabile; 
        b) disciplinare lo  svolgimento  dei  giudizi  tenendo  conto
della peculiarita' degli interessi pubblici oggetto di tutela  e  dei
diritti   soggettivi   coinvolti,   in   base   ai   principi   della
concentrazione e dell'effettivita' della tutela e  nel  rispetto  del
principio della ragionevole durata del  processo  anche  mediante  il
ricorso a procedure informatiche e telematiche; 
        [...] 
        g) riordinare la fase dell'istruttoria  e  dell'emissione  di
eventuale invito a dedurre in conformita' ai seguenti principi: 
        [...] 
6) preclusione in sede di giudizio di chiamata in causa su ordine del
giudice e in assenza di nuovi elementi e motivate ragioni di soggetto
gia' destinatario di' formalizzata archiviazione; 
La legge-delega, dunque, ha previsto l'adeguamento delle disposizioni
regolatrici del processo contabile alla giurisprudenza costituzionale
e nomofilattica, chiarendo alla lettera g), punto 6), che la chiamata
in causa da parte del giudice e' esclusa in assenza di nuovi elementi
e se c'e' stata gia' archiviazione. 
    Tali indicazioni sono state recepite al comma 3 dell'art. 83  del
Codice di giustizia contabile, il quale  pero',  facendo  seguito  al
generale divieto di chiamata iussu iudicis di cui al comma  1,  e  in
combinato   disposto   con   il    medesimo,    attua,    ampliandolo
illegittimamente, il contenuto della delega che invece - a contrariis
- sembra  da  interpretare  nel  senso  di  affermare  il  potere  di
integrare il  contraddittorio  laddove  non  ricorraqno  le  riferite
circostanze  (assenza  di  nuovi  elementi  e  presenza  di  espresso
provvedimento di archiviazione). 
    Il che rende palese l'eccesso di delega in cui  e'  incorso,  sul
punto, il  decreto  legislativo  n.  174/2016,  come  modificato  dal
decreto legislativo 7 ottobre 2019, n. 114. 
    Da cio' discende infatti, ad avviso del Collegio,  la  violazione
dell'art.  76  della  Costituzione,  disciplinante  l'istituto  della
delegazione legislativa e contenente disposizioni  -  da  leggere  in
combinazione con quelle del successivo art. 77 - non a caso  espresse
in  forma  negativa,  che  nel  mentre  confermano  lo  cautela   del
Costituente nei confronti dell'attribuzione all'esecutivo del  potere
normativa primario, riconducono entro limiti ben definiti  l'istituto
della delegazione, la quale viene, infatti,  inteso  come  temporaneo
conferimento non della titolarita', ma dell'esercizio della  funzione
legislativa, a condizione che: a) destinatario della  delega  sia  il
Governo   (nella   sua   collegialita'),   b)   essa   avvenga    con
predeterminazione  di  principi   e   criteri   direttivi,   c)   sia
temporalmente circoscritta e d) concerna oggetti definiti. 
    Ora il Collegio, sebbene sia consapevole della finalizzazione del
radicale  divieto  di  chiamata  in   causa   iussu   iudicis,   alla
realizzazione del principio di terzieta' del giudice,  deve  rilevare
che una tale radicale preclusione si spinge oltre i  limiti  indicati
in sede di delegazione legislativa  e  che  tale  conclusione  appare
ancor piu' esatta allorche' la si raccordi alle lesioni di  ulteriori
principi costituzionali, di cui si dira' ai punti che seguono. 
D.2.2) Sulla violazione dell'art. 3 della Costituzione. 
    Riguardo la violazione dell'art.  3  della  Costituzione,  questa
consegue, ad avviso del Collegio,  alla  limitazione  dell'equilibrio
sostanziale fra le parti del giudizio. 
    La  disposizione  infatti,  impedendo  al  giudice  contabile  di
disporre la chiamata in causa di soggetti ulteriori rispetto a quelli
evocati  in  giudizio  dall'attore  pubblico,  genera  una   evidente
discriminazione e disparita' di trattamento tra i soggetti  convenuti
in giudizio e quelli nei cui  confronti  la  Procura  scelga  di  non
esercitare  l'azione  di  responsabilita';  i   primi   posti   nella
condizione di far valere le proprie ragioni, e di fornire la  propria
ricostruzione fattuale e  giuridica  della  fattispecie  oggetto  del
giudizio, anche «in danno» dei secondi i  quali,  non  coinvolti  nel
medesimo  giudizio,  potrebbero  vedersi  dichiarati   «virtualmente»
colpevoli, senza mai essere  stati  presenti  nel  giudizio  per  far
valere le loro ragioni. 
    Al che deve aggiungersi che la decisione di  vedere  chiamato  il
terzo  in  causa  verrebbe,  poi,   lasciata   all'esclusivo   potere
dell'Organo  dell'accusa,  con  contemporanea  sottrazione  di   tale
valutazione  al  Collegio,  per  definizione  operante   secondo   il
principio di imparzialita'. 
    A tali elementi rivelatori della  concreta  irrazionalita'  delle
disposizioni della cui  legittimita'  costituzionale  si  dubita,  si
aggiunge quello. ulteriore, dell'evidente diminuzione della  garanzia
di soddisfazione del credito erariale, derivante dalla preclusione al
Collegio giudicante di ordinare la chiamata  in  causa  di  ulteriori
soggetti  potenzialmente  individuabili   quali   compartecipi   alla
determinazione del nocumento pubblico. 
    Non a caso, in sede giurisdizionale ordinaria, ai sensi dell'art.
107 del Codice di procedura civile, la chiamata in  causa  del  terzo
puo' essere disposta anche per  ordine  del  giudice,  quando  questi
ritiene opportuno che il processo si svolga in confronto di un  terzo
con il quale ritiene la  causa  comune.  Tale  disposto,  dettato  da
esigenze di economia  processuale,  mira  ad  evitare  al  terzo  gli
effetti pregiudizievoli della sentenza resa fra le parti, nonche'  la
possibilita' di giudicati contraddittori.  In  entrambi  i  casi,  lo
scopo viene realizzato in vista del superiore interesse  al  corretto
funzionamento del processo. 
    La preclusione di tale chiamata in causa su ordine  del  giudice,
inserita  nel  codice  di  giustizia  contabile,  non   consente   di
realizzare,   nell'ambito    del    giudizio    di    responsabilita'
amministrativa, il  medesimo  scopo  di  corretto  funzionamento  del
processo, cosi' risultando palesemente irragionevole,  non  potendosi
ritenere - l'effetto pregiudizievole del principio di  uguaglianza  -
superato o almeno mitigato dalla  possibilita',  contemplata  dal  2°
comma dell'art. 83 del Codice di giustizia contabile, quando il fatto
dannoso sia causato da piu' persone  (di  cui  alcune  non  convenute
nello stesso processo) e si tratti di responsabilita'  parziaria,  di
tener conto, di tali circostanze ai fini della  determinazione  della
minor somma da porre a carico dei condebitori nei confronti dei quali
si pronuncia sentenza. 
    Invero,   siffatta   disposizione   contribuisce   a   ingenerare
l'irrazionalita' del sistema, imponendo al Collegio  di  operare  una
valutazione  per  la  cui  compiutezza  non  dispone  di  sufficienti
elementi conoscitivi. 
D.2.3) Sulla violazione dell'art. 24 della Costituzione. 
    Riguardo la violazione dell'art. 24 della  Costituzione,  occorre
considerare che il divieto di chiamata  in  giudizio  su  ordine  del
giudice. contenuto nell'art. 83 del Codice  di  giustizia  contabile,
viene a determinare una compromissione del diritto  di  difesa  della
parte convenuta e una posizione di  maggior  favore  per  la  Procura
contabile. 
    E' ben vero che  il  codice  consente  il  predetto  scomputo  di
responsabilita' a prescindere dall'acquisizione delle difese di altri
soggetti non evocati in giudizio, quindi sulla  base  soltanto  delle
difese del convenuto; ma per effetto di cio' un'ipotetica lesione del
diritto di difesa  puo'  allora  ravvisarsi  in  capo  o  i  medesimi
soggetti  non  convenuti,  privandoli  -  come  gia'  precedentemente
osservato -  della  possibilita'  di  dispiegare  le  proprie  difese
nell'ambito del giudizio nel  quale  resterebbero  comunque,  pur  se
«virtualmente», coinvolti. 
    Eppure, a suffragio del diritto di difesa, che implica il diritto
alla partecipazione al giudizio con la  difesa  sia  sostanziale  che
tecnica, il principio del giusto processo  postula  il  diritto  alla
piu' ampia ed efficace partecipazione al procedimento, da  intendersi
altresi'  quale  diritto   all'impugnazione   di   un   provvedimento
giurisdizionale che - in applicazione delle disposizioni  di  cui  si
ipotizza la contrarieta' ai  principi  costituzionali  in  analisi  -
conterrebbe l'analisi di  posizioni  di  soggetti  non  concretamente
posti nella condizione di partecipare  al  processo  e,  dunque,  non
potrebbe da costoro essere impugnato. 
    Quindi, precludere in  modo  assoluto  al  giudice  contabile  di
ordinare la chiamata in causa di ulteriori soggetti rispetto a coloro
ai quali la parte pubblica che esercita l'azione  erariale  prospetta
la circoscrizione in termini di addebito del rilevato danno erariale,
incide pesantemente sull'esercizio del diritto di difesa ex  art.  24
della Costituzione, sia per gli evocati in giudizio  che  per  coloro
che, almeno «virtualmente»,  non  vi  sono  stati  inclusi,  oltre  a
impedire che si pervenga alla piu' giusta e avveduta decisione  della
causa  «principale»;  nonche'  a   creare   pericolo   di   giudicati
contraddittori. 
D.2.4) Sulla violazione dell'art. 111 della Costituzione 
    Ad avviso del Collegio, e' altresi'  ravvisabile  una  violazione
dell'art. 111 della Costituzione, sotto due distinti profili. 
    Per  un  verso,   un   simile   divieto   ha   reso   impossibile
l'instaurazione  dell'effettivo  contraddittorio   processuale,   con
evidente  pregiudizio  dei  convenuti;  per   altro   verso,   quella
preclusione ha finito per vincolare irragionevolmente il giudice alle
scelte e alle valutazioni effettuate  dall'Organo  di  accusa,  senza
avere la possibilita' di accertare, egli  stesso,  su  istanza  delle
parti  convenute,  la  sussistenza  o  meno   della   responsabilita'
erariale,  abdicando  cosi'  all'essenza  della  propria  funzione  e
venendo meno alle proprie  prerogative  di  accertare  il  fatto,  in
posizione di estraneita' e  imparzialita'  rispetto  alle  parti  del
processo. 
D.2.5) Sulla violazione dell'art. 81 della Costituzione. 
    L'ultima  osservazione  induce  a  rilevare,   a   carico   delle
disposizioni impugnate, l'ulteriore  violazione  dell'art.  81  della
Costituzione,   derivante   dal   fatto   che    l'affermazione    di
responsabilita' limiterebbe il  risarcimento  del  riscontrato  danno
erariale a carico dei soli convenuti, senza reintegrare integralmente
la finanza danneggiata. 
D.3) Sul potere di chiamata iussu  iudicis  in  rapporto  al  diritto
all'espletamento della  fase  preprocessuale  e  all'esercizio  delle
prerogative del Pubblico ministero. 
    Le argomentazioni riguardanti la non manifesta infondatezza delle
questioni di illegittimita' costituzionale della disciplina in esame,
innanzi esposte, non cedono a  fronte  della  tesi  che  l'ordine  di
chiamata  da  parte  del  giudice  contabile  precluderebbe  la  fase
preprocessuale prevista dal codice di rito  contabile  e  gli  stessi
poteri assegnati alla Pubblica accusa. 
    A  conclusione   dell'iter   argomentativo   e   subordinatamente
all'accoglimento delle censure che precedono, infatti, la disciplina,
della cui legittimita'  si  dubita,  dovra'  essere  oggetto  di  una
interpretazione  costituzionalmente  orientata,  nel  senso  che   la
chiamata in  giudizio  iussu  iudicis  sarebbe  subordinata  comunque
all'attivazione di detta fase preprocessuale  e  all'esercizio  delle
prerogative del pubblico ministero. 
    [E] Tanto premesso, la Sezione giurisdizionale regionale  per  la
Campania solleva l'incidente di costituzionalita' dell'art. 83, commi
1° e 2°, del Codice di giustizia  contabile  (nel  testo  conseguente
alle modifiche recate dal decreto  legislativo  7  ottobre  2019,  n.
114), con riferimento agli  articoli  3,  24,  76,  81  e  111  della
Costituzione, per le ragioni che precedono, con rimessione degli atti
alla Corte costituzionale, riservando ogni decisione sul merito della
causa all'esito del relativo giudizio di legittimita'. 
    [F] La pronuncia sulle spese relative al giudizio,  e'  riservata
al definitivo esito dello stesso. 
 
                               P.Q.M. 
 
    La Corte dei conti - Sezione  giurisdizionale  regionale  per  la
Campania disattesa al riguardo ogni contraria  istanza,  eccezione  e
deduzione, non definitivamente pronunciando sull'atto di citazione in
epigrafe: 
        1  -  respinge   le   eccezioni   d'inammissibilita'/nullita'
dell'atto di citazione e degli atti istruttori; 
        2 - dichiara l'inammissibilita'  della  domanda  risarcitoria
avanzata dal requirente, nell'importo di euro 131.428.70,  per  danno
non  patrimoniale  derivante  dalla  lesione  del  diritto  al   buon
andamento della pubblica amministrazione; 
        3 -  respinge  l'eccezione  di  prescrizione  dell'azione  di
responsabilita' erariale. 
    Visti, quindi, l'art. 134 della Costituzione e la legge 11  marzo
1953, n. 87, art. 23; 
    Dichiara rilevanti e non manifestamente infondate, in riferimento
agli articoli 3, 24, 76, 81 e 111 della Costituzione, le questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 83, commi 1° e 2°,  del  Codice
di giustizia contabile (nel testo conseguente alle  modifiche  recate
dal  decreto  legislativo  7  ottobre  2019,   n.   114),   questioni
prospettate nei termini di cui in motivazione. 
    Dispone la sospensione del presente giudizio. 
    Ordina la trasmissione degli atti alla  Corte  costituzionale,  a
cura della segreteria della Sezione. 
    Ordina  altresi',  alla  Segreteria  stessa,  che   la   presente
ordinanza sia notificata alle parti del giudizio e al Presidente  del
Consiglio dei ministri e  che  venga  comunicata  al  Presidente  del
Senato della Repubblica e al Presidente della Camera dei deputati. 
    Spese del giudizio al definitivo. 
        Cosi' deciso non definitivamente  e  provveduto,  in  Napoli,
nella Camera di consiglio del giorno 6 febbraio 2020. 
 
                      Il Presidente: Nicolella 
 
                                  Il consigliere estensore: Cassaneti