N. 70 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 ottobre 2020

Ordinanza del 20 ottobre 2020 del  Consiglio  di  Stato  sul  ricorso
proposto da Manutencoop societa'  cooperativa  contro  Ministero  del
lavoro e delle politiche sociali, Anpal - Agenzia  per  le  politiche
attive del lavoro, Coopfond S.p.a.. 
 
Cooperative  -  Cooperative  di  produzione  e  lavoro  -   Esercizio
  dell'attivita' di somministrazione di lavoro - Requisiti  giuridici
  - Obbligo della presenza di almeno sessanta soci  e  tra  di  essi,
  come socio sovventore, di almeno un fondo mutualistico. 
- Decreto legislativo 10 settembre 2003,  n.  276  (Attuazione  delle
  deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla
  legge 14 febbraio 2003, n. 30), art. 5, comma 2, lettera e). 
(GU n.21 del 26-5-2021 )
 
                        IL CONSIGLIO DI STATO 
 
               in sede giurisdizionale (Sezione Terza) 
 
    Ha pronunciato la presente ordinanza 
    sul ricorso numero di registro generale 4450 del  2020,  proposto
da  Manutencoop  societa'  cooperativa,   in   persona   del   legale
rappresentante pro tempore, rappresentata  e  difesa  dagli  avvocati
Fabio Francario, Maria Alessandra Sandulli,  Alessandro  Crosta,  con
domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia  e  domicilio
eletto presso lo studio Maria  Alessandra  Sandulli  in  Roma,  corso
Vittorio Emanuele II n. 349; 
    contro Ministero del lavoro e delle politiche  sociali,  Anpal  -
Agenzia per le politiche attive del lavoro, in persona dei rispettivi
legali   rappresentanti   pro   tempore,   rappresentati   e   difesi
dall'Avvocatura generale dello Stato, presso cui domiciliano ex  lege
in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 
    nei confronti: 
        Coopfond S.p.a. - non costituita in giudizio; 
    per  la  riforma  della  sentenza  del  Tribunale  amministrativo
regionale per il Lazio (Sezione Terza) n.  04936/2020,  resa  tra  le
parti, concernente provvedimento di  sospensione  dell'autorizzazione
all'esercizio dell'attivita' di somministrazione di lavoro. 
    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; 
    Visti gli atti di costituzione  in  giudizio  del  Ministero  del
lavoro e delle  politiche  sociali  e  di  Anpal  -  Agenzia  per  le
politiche attive del lavoro; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24  settembre  2020  il
cons. Giovanni Pescatore e uditi per la parte appellante gli avvocati
Fabio Francario e Maria Alessandra Sandulli; 
    1. Manutencoop e' una cooperativa a mutualita' prevalente, dedita
alla somministrazione di  lavoro  in  favore  di  societa',  enti  ed
associazioni. 
    2. L'art. 5, comma 2, lettera  e),  del  decreto  legislativo  n.
276/2003 prevede che le cooperative di produzione e lavoro per  poter
esercitare  l'attivita'  di   somministrazione   di   lavoro   devono
soddisfare, oltre ai requisiti indicati al comma 1 e al comma  2  del
predetto art. 5, anche quello concernente  la  presenza,  come  socio
sovventore/finanziatore, di  almeno  un  fondo  mutualistico  per  la
promozione e lo sviluppo della cooperazione, di cui agli articoli  11
e 12 della legge 31 gennaio 1992  n.  59  e  successive  modifiche  e
integrazioni. 
    3. Quest'ultima condizione e' venuta meno nel caso  di  specie  a
seguito del recesso del socio avventore Coopfond S.p.a., comunicato a
Manutencoop con raccomandata del 21 dicembre 2018 e  da  quest'ultima
trasmesso ad ANPAL con nota dell'11 dicembre 2019. 
    4. L'ANPAL e' l'Agenzia nazionale per  le  politiche  attive  del
lavoro, deputata alla tenuta dell'albo, istituito presso il Ministero
del lavoro, al  quale  devono  essere  iscritti  i  soggetti  privati
autorizzati a svolgere le attivita' di mediazione. 
    5.  A  seguito  della  comunicazione  dell'intervenuto   recesso,
l'ANPAL, con note del 12 dicembre 2019  e  del  7  gennaio  2020,  ha
formalmente  invitato  Manutencoop   a   regolarizzare   la   propria
posizione, ripristinando la presenza del socio sovventore ai sensi ed
in attuazione del menzionato art. 5, comma 2, lettera e), del decreto
legislativo n. 276/2003,  ai  fini  del  mantenimento  della  propria
iscrizione all'albo informatico delle Agenzie per il lavoro. 
    6. Con il ricorso  introduttivo  del  primo  grado  di  giudizio,
Manutencoop   ha   impugnato   gli   atti   recanti   l'invito   alla
regolarizzazione  del  proprio   assetto   societario,   evidenziando
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 2, lettera e), del
decreto  legislativo  n.  276/2003  sotto  i  diversi  profili  della
violazione dei principi di mutualita' (art. 45  della  Costituzione),
di  uguaglianza  (art.  3  della  Costituzione)  di  liberta'   della
iniziativa economica (art. 41  della  Costituzione),  oltre  che  per
eccesso di delega legislativa (art. 76 della Costituzione). 
    7. Mediante ricorso per motivi aggiunti, l'impugnativa  e'  stata
estesa alla nota dell'ANPAL del 12 febbraio 2020  prot.  n.  0000019,
con la quale e'  stata  disposta  nei  confronti  di  Manutencoop  la
sospensione  dell'autorizzazione  all'esercizio   dell'attivita'   di
somministrazione di lavoro ed e' stato ulteriormente  precisato  che,
trascorsi ulteriori sessanta giorni dalla  data  di  ricezione  della
nota   medesima,   l'amministrazione   avrebbe   adottato   «...   il
provvedimento di revoca dell'autorizzazione a tempo  indeterminato  e
di contestuale cancellazione dalla  sezione  I  di  albo  informatico
delle agenzie per il lavoro». 
    In  aggiunta  alle  deduzioni  gia'   prospettate   nel   ricorso
introduttivo, nei motivi aggiunti e' stata  formulata  una  ulteriore
censura, rubricata «violazione dell'art. 3 della legge n.  241/1990»,
intesa a lamentare la carenza motivazionale del provvedimento del  19
febbraio 2020, nella parte in cui non fa menzione della  proposizione
del ricorso giurisdizionale avverso le comunicazioni del 12  dicembre
2019 e del 7 gennaio 2020. 
    8. Il ricorso e'  stato  respinto  dal  Tribunale  amministrativo
regionale Lazio, Sezione Terza Quater, con pronuncia n. 4936/2020. 
    Il giudice di primo grado ha innanzitutto escluso la possibilita'
di  una  lettura  costituzionalmente  orientata  della   disposizione
normativa contestata (e, dunque, il carattere meramente facoltativo e
non obbligatorio della presenza del socio  sovventore),  evidenziando
il tenore  precettivo  chiaro  ed  univoco  dell'art.  5,  come  tale
insuscettibile di interpretazioni niente piu' che letterali. 
    Indi,  ricostruito  il  quadro  normativo  di   riferimento,   il
Tribunale amministrativo regionale ha riconosciuto la rilevanza delle
questioni poste ma ne ha statuito altresi' la manifesta infondatezza,
sostenendo che: 
        l'art. 5, comma 2, lettera e),  del  decreto  legislativo  n.
276/2003 non si pone in contrasto con l'art. 45 della Costituzione in
quanto,  nello  stabilire  che  il  socio  sovventore  debba   essere
costituito da un fondo mutualistico per la promozione e  lo  sviluppo
della cooperazione, esso realizza l'obiettivo della c.d.  «mutualita'
esterna» o «di sistema».  Detta  finalita'  sistematica  trova  ampio
riconoscimento nelle disposizioni della legge  n.  59/1992,  rispetto
alle quali la ricorrente  non  ha  sollevato  dubbi  di  legittimita'
costituzionale; 
        neppure e'  ravvisabile  la  violazione  dell'art.  76  della
Costituzione, in quanto il decreto legislativo 10 settembre 2003,  n.
276, e' stato adottato in attuazione  delle  deleghe  in  materia  di
«occupazione e mercato del lavoro» di  cui  alla  legge  14  febbraio
2003, n. 30, e la specifica disposizione contestata (art. 5, comma 2,
lettera e) del decreto legislativo n. 276/2003) risulta perfettamente
coerente con l'oggetto della delega legislativa; 
        e'  stata  esclusa  anche  la  violazione  del  principio  di
uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, sospettata  per  il
fatto che il legislatore delegato ha previsto l'obbligatoria presenza
di un socio sovventore in forma di fondo  mutualistico  solo  per  le
cooperative che svolgono attivita' di somministrazione  di  lavoro  e
non anche per tutte le societa' cooperative. 
    Al riguardo il primo giudice ha osservato che tale scelta origina
dallo specifico oggetto e ambito applicativo delle deleghe in materia
di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge n. 30/2003; ed
ha  aggiunto  che  la  condizione  delle  cooperative  che   svolgono
attivita' di somministrazione di  lavoro,  con  riguardo  all'oggetto
sociale e statutario, non e' comunque  equiparabile  a  quella  delle
cooperative che operano in altri settori; 
    il  Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio  ha   infine
ritenuto che  la  previsione  dell'obbligatoria  presenza  del  socio
sovventore, sub specie di fondo mutualistico, non puo'  rappresentare
un serio ostacolo alla liberta'  della  iniziativa  economica  e  non
integra, quindi, una violazione dell'art. 41 della  Costituzione,  in
quanto la quota della  partecipazione  sociale  non  e'  definita  in
misura fissa, sicche' essa puo' essere anche minima  (come  nel  caso
della Coopfond S.p.a., gia' detentrice in Manutencoop  di  una  quota
societaria di circa 25 euro). 
    9.  L'appello  qui  in  esame   fonda   su   una   riproposizione
dell'apparato di deduzioni censorie avanzate in primo grado e su  una
contestazione  della  insufficienza  delle   clausole   motivazionali
adottate  dal  giudice  di  primo  grado,  ritenute  da   Manutencoop
tautologiche, stereotipe e lapidarie, quindi sostanzialmente  elusive
delle questioni poste. 
    10. Si sono costituiti in giudizio  il  Ministero  del  lavoro  e
delle politiche sociali e l'ANPAL - Agenzia per le  politiche  attive
del lavoro, replicando alle deduzioni avversarie. 
    11. In data antecedente all'udienza camerale del 2  luglio  2020,
fissata  per  la  discussione  dell'istanza  cautelare,  la  societa'
cooperativa   ricorrente,   onde   scongiurare   qualsiasi    rischio
d'interruzione dell'attivita', ha acquisito nella  propria  compagine
sociale un fondo mutualistico diverso da Coopfond, pur precisando  di
non voler prestare alcuna acquiescenza ai provvedimenti  impugnati  e
di conservare integro l'interesse al loro annullamento. 
    Conseguentemente l'ANPAL, con provvedimento direttoriale generale
n. 80 del 1° luglio 2020, notificato in pari data all'appellante,  ha
revocato il provvedimento  di  sospensione  impugnato,  ripristinando
l'autorizzazione a tempo indeterminato  all'esercizio  dell'attivita'
di somministrazione. 
    12.  Da  questo  fatto  sopravvenuto  hanno  tratto  spunto   sia
l'ordinanza n. 3977/2020, con la quale e' stata respinta (per assenza
del periculum in mora) l'istanza cautelare avanzata  da  Manutencoop;
sia  l'eccezione  di  sopravvenuta   improcedibilita'   dell'appello,
sollevata dalle parti appellate con memoria depositata il 3 settembre
2020, per essere venuto meno il provvedimento impugnato, oggetto  del
ricorso. 
    13. Espletato lo scambio delle memorie  ex  art.  73  c.p.a.,  la
causa e' stata infine  discussa  e  posta  in  decisione  all'udienza
pubblica del 24 settembre 2020. 
    14. All'esito, la Sezione ritiene di  accogliere  l'eccezione  di
legittimita'  costituzionale  della  norma  istitutiva  dell'obbligo,
gravante sulla societa' cooperativa che  abbia  per  oggetto  sociale
prevalente l'attivita' di somministrazione di lavoro, di avere  nella
propria compagine sociale, onde poter svolgere la suddetta attivita',
almeno un fondo mutualistico come socio sovventore. 
    Si tratta, come gia' esposto, dell'art. 5, comma 2,  lettera  e),
del decreto legislativo n. 276/2003, il quale  espressamente  prevede
che «Per l'esercizio delle attivita' di cui all'articolo 20, oltre ai
requisiti di  cui  al  comma  1,  e'  richiesta:..  e)  nel  caso  di
cooperative di produzione e lavoro, oltre ai  requisiti  indicati  al
comma 1 e nel presente comma 2, la presenza di almeno sessanta soci e
tra di essi, come socio sovventore, almeno un fondo mutualistico  per
la promozione e lo sviluppo della cooperazione, di cui agli  articoli
11  e  12  della  legge  31  gennaio  1992,  n.  59,   e   successive
modificazioni». 
    15. II Collegio osserva anzitutto che la questione e'  rilevante,
perche' la  norma  citata  e'  certamente  dirimente  ai  fini  della
soluzione della fattispecie oggetto del giudizio, come reso  evidente
dal contenuto degli atti impugnati  che  la  assumono  a  proprio  ed
esclusivo fondamento. 
    I motivi di appello, coincidenti con  altrettanti  profili  della
questione   di   costituzionalita',   rivestono   inoltre   carattere
assorbente, perche' dalla fondatezza di  uno  di  essi  conseguirebbe
raccoglimento dell'impugnazione e la conseguente positiva delibazione
anche del ricorso di primo grado. 
    I provvedimenti impugnati  verrebbero  infatti  a  mancare  della
relativa base giuridica,  non  esistendo  piu'  la  norma  istitutiva
dell'obbligo del  quale  si  intende  esigere,  da  parte  di  ANPAL,
l'adempimento. 
    16. Sempre in punto rilevanza della questione,  il  Collegio  non
ritiene   di   poter   accedere   alla   prospetta    eccezione    di
improcedibilita' dell'appello. 
    Vero e', infatti, che a seguito  del  provvedimento  direttoriale
generale n. 80 del 1° luglio 2020 e' stato revocato il  provvedimento
di sospensione dell'autorizzazione  all'esercizio  dell'attivita'  di
somministrazione di lavoro, in  precedenza  adottato  dall'ANPAL  nei
confronti di Manutencoop con nota  del  12  febbraio  2020  prot.  n.
0000019. 
    Nondimeno: 
        detto provvedimento di revoca e' meramente  conseguente  alla
scelta di Manutencoop di acquisire nella propria compagine sociale un
fondo mutualistico diverso da Coopfond, onde scongiurare, nelle  more
del  giudizio,  qualsiasi  possibilita'  di  rischio   d'interruzione
dell'attivita'; 
        la scelta di Manutencoop e' stata piu'  volte  motivata  come
opzione  di  carattere  meramente  prudenziale  e  provvisoria,   non
interpretabile come atto di acquiescenza alle posizioni di Anpal  (si
veda la memoria depositata da Manutencoop il 24 luglio 2020); 
        tale scelta si e' imposta alla luce della nota ANPAL  del  12
febbraio 2020 con la quale veniva preannunciato  a  Manutencoop  che,
trascorsi  ulteriori  sessanta  giorni  dalla  ricezione  della  nota
stessa, l'amministrazione avrebbe adottato un  «..  provvedimento  di
revoca dell'autorizzazione a tempo  indeterminato  e  di  contestuale
cancellazione dalla sezione I di albo informatico delle  agenzie  per
il lavoro» (v. nota 12 febbraio 2020); 
        il meccanismo  della  revoca  definitiva  dell'autorizzazione
rinviene  la  propria  fonte  nel  regolamento  di  cui  al   decreto
ministeriale  del  23  dicembre  2003  (pubblicato   nella   Gazzetta
Ufficiale della Repubblica italiana - n. 53 del 3 marzo 2004) ove  si
prevede (art. 7) che al soggetto destinatario  del  provvedimento  di
sospensione venga assegnato un ulteriore termine di  sessanta  giorni
per  adeguarsi  a  quanto  richiesto  o  fornire  chiarimenti.   Solo
all'inutile decorso di  tale  termine,  ovvero  nell'ipotesi  in  cui
chiarimenti    forniti     non     siano     ritenuti     sufficienti
dall'amministrazione vigilante,  segue  il  provvedimento  di  revoca
definitiva dell'autorizzazione; 
        sul piano  formale,  pur  a  fronte  dell'intervenuta  revoca
dell'appena richiamata  nota  del  12  febbraio  2020,  l'impugnativa
conserva un sostrato oggettivo nelle intimazioni del 12 dicembre 2019
e del 7 gennaio 2020, rispetto alle quali permane  l'interesse  della
ricorrente alla definizione di un diverso assetto  regolatorio  della
materia e del quadro dei principi normativi; 
        puo' quindi dirsi configurabile, sia pure a parti  invertite,
una situazione analoga a  quella  in  cui,  disposta  la  sospensione
cautelare degli effetti di un provvedimento, l'amministrazione vi  si
adegui mediante l'adozione di un  atto  consequenziale  al  contenuto
dell'ordinanza  cautelare.  In  ambedue  i  casi  posti  a  confronto
(divergenti solo per la parte  contendente  che  nell'una  ipotesi  e
nell'altra si allinea interinalmente alle posizioni  dell'altra)  non
puo'  aversi  improcedibilita'  del  ricorso,  ne'  cessazione  della
materia del contendere, giacche' l'adozione non  spontanea  dell'atto
ha una rilevanza solo provvisoria, valida in attesa che  la  sentenza
di merito  accerti  se  le  determinazioni  impugnate  siano  o  meno
legittime; 
        in  conclusione,  al  fondo  dell'assetto  provvisorio  degli
interessi determinatosi «pendente lite» si coglie in capo alla  parte
appellante un interesse alla  petizione  di  principio  ancora  vivo,
concreto e necessitante di tutela. 
    17. Per effetto  dell'atto  di  revoca  datato  1°  luglio  2020,
risulta  invece  improcedibile  la  censura  (dedotta  con  i  motivi
aggiunti al  ricorso  di  primo  grado)  concernente  la  carenza  di
motivazione della nota del 12 febbraio 2020. 
    18. La questione di legittimita' costituzionale di  che  trattasi
risulta  altresi'  non  manifestamente  infondata,  in  relazione  ai
diversi profili formulati nel giudizio di primo  grado  e  riproposti
tal quali nel presente grado di giudizio (ai motivi A, B, C, D, E). 
    La sua esposizione impone  la  previa  illustrazione  del  quadro
normativo di riferimento: 
        i) la categoria del socio sovventore e' stata introdotta  nel
regime cooperativo dalla legge n.  59/1992,  al  fine  di  consentire
all'impresa cooperativa l'acquisizione di risorse  finanziarie  anche
da parte di terzi, diversi dai soci cooperatori, e a questi ultimi di
divenire soci senza vincolo mutualistico, ma per finalita'  puramente
lucrativa (fatta salva la residuale possibilita' di cumulare  le  due
qualita', in se' autonome, di sovventore e  cooperatore).  Ammettendo
una contingentata presenza di  capitale  di  rischio  nel  patrimonio
sociale, si e' operato un temperamento  (entro  limiti  ben  precisi)
dell'altrimenti  tradizionale   divieto   per   le   cooperative   di
intraprendere operazioni speculative con terzi; 
        ii) in particolare, l'art. 4 della predetta legge  ha  esteso
alle societa' cooperative e ai loro consorzi,  con  esclusione  delle
societa' e dei consorzi operanti nel settore dell'edilizia abitativa,
l'applicazione del primo e del secondo comma dell'articolo  2548  del
codice civile e, quindi, la «possibilita'»  di  prevedere  a  livello
statutario la figura del socio sovventore. 
    Si tratta di figura sui generis,  non  necessariamente  provvista
degli  specifici  requisiti  soggettivi  richiesti  per   partecipare
all'attivita' mutualistica e nei confronti della quale lo scambio con
la cooperativa si concretizza esclusivamente nell'apporto di capitale
a fronte di una remunerazione dello stesso. Il socio sovventore  puo'
essere eletto amministratore  ma  la  maggioranza  del  Consiglio  di
amministrazione  deve  essere  composta  da  soci   cooperatori;   al
contempo, i voti attribuiti ai soci sovventori  non  devono  superare
1/3 dei voti spettanti a tutti i soci;  anche  la  sua  remunerazione
incontra limiti massimi non superabili. 
    iii)  l'art.  11  della  legge  n.  59/1992,   rubricato   «Fondi
mutualistici per la promozione e lo sviluppo della  cooperazione»,  a
sua volta ha previsto: 
        al primo comma, la possibilita' per le associazioni nazionali
di rappresentanza, assistenza e  tutela  del  movimento  cooperativo,
riconosciute ai sensi dell'art. 5 del citato decreto legislativo  del
Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577 e  per  quelle
riconosciute in base a leggi emanate da regioni a  statuto  speciale,
di costituire fondi mutualistici per  la  promozione  e  lo  sviluppo
della cooperazione, gestiti senza scopo  di  lucro  da  societa'  per
azioni o da associazioni; 
        al comma 3, la  possibilita'  per  i  fondi  mutualistici  di
promuovere  la  costituzione  di  societa'  cooperative  o  di   loro
consorzi, nonche' di assumere partecipazioni in societa'  cooperative
o in  societa'  da  queste  controllate  e  di  finanziare  specifici
programmi di sviluppo di societa' cooperative  o  di  loro  consorzi,
organizzare o gestire corsi di formazione professionale del personale
dirigente amministrativo o tecnico del  settore  della  cooperazione,
promuovere studi e ricerche su temi economici e sociali di  rilevante
interesse per il movimento cooperativo; 
        al comma 4, l'obbligo in capo alle societa' cooperative ed ai
loro consorzi, aderenti alle  associazioni  riconosciute  di  cui  al
primo  periodo  del  comma  1,  di  destinare  alla  costituzione   e
all'incremento di ciascun fondo  costituito  dalle  associazioni  cui
aderiscono una quota degli utili annuali pari  al  3  per  cento:  si
tratta d una forma  di  autocontribuzione  obbligatoria,  finalizzata
alla promozione e al finanziamento di nuove imprese e  di  iniziative
di sviluppo del movimento cooperativo; 
        al comma 5, l'obbligo di devolvere ai fondi di cui al comma 1
il patrimonio residuo delle cooperative in liquidazione,  dedotti  il
capitale versato e rivalutato e i dividendi  eventualmente  maturati,
di cui al primo comma, lettera c), dell'art. 26  del  citato  decreto
legislativo del Capo provvisorio dello Stato  14  dicembre  1947,  n.
1577; 
        al comma 6, l'obbligo per le societa' cooperative  e  i  loro
consorzi non aderenti alle associazioni riconosciute di cui al  primo
periodo del comma 1, o  aderenti  ad  associazioni  che  non  abbiano
costituito il fondo di cui al comma 1, di assolvere agli obblighi  di
cui ai commi 4 e 5, secondo quanto previsto all'art. 20; 
        al comma 10, la decadenza dai benefici  fiscali  e  di  altra
natura concessi ai sensi della  normativa  vigente  per  le  societa'
cooperative e i loro consorzi che non ottemperano  alle  disposizioni
di cui all'art. 11; 
    iv) l'art. 20 della legge  n.  59/1992  prevede  la  soppressione
della gestione  fuori  bilancio  relativa  al  «Fondo  contributi  di
pertinenza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale per le
spese  relative  alle  ispezioni  ordinarie»  e  lo  stanziamento  di
appositi  capitoli  da  istituire  nello  stato  di  previsione   del
Ministero del lavoro e della  previdenza  sociale  e  da  alimentarsi
anche con il gettito dei contributi di cui all'articolo  11,  comma6,
della medesima legge; 
    v) ebbene, l'obbligo  per  le  societa'  cooperative  ed  i  loro
consorzi, aderenti alle  associazioni  nazionali  di  rappresentanza,
assistenza e tutela del  movimento  cooperativo,  di  destinare  alla
costituzione e  all'incremento  di  ciascun  fondo  costituito  dalle
associazioni cui aderiscono una quota degli utili annuali (pari al  3
per  cento),  realizza  la  cosiddetta  «mutualita'  esterna»  o  «di
sistema», per effetto  della  quale  lo  scopo  mutualistico  non  si
realizza solo nell'ambito della compagine societaria (in  favore  dei
soci lavoratori, soci produttori o soci consumatori), ma  assume  una
valenza piu' ampia, appunto «di sistema»; 
    vi) con il decreto legislativo 10  settembre  2003,  n.  276,  e'
stata data attuazione  alle  deleghe  in  materia  di  occupazione  e
mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30. 
    Per l'effetto: 
        l'art. 4 del predetto decreto legislativo ha istituito presso
il Ministero del lavoro delle  politiche  sociali  un  apposito  albo
delle agenzie per il lavoro ai fini dello svolgimento delle attivita'
di  somministrazione,  intermediazione,  ricerca  e   selezione   del
personale, supporto alla ricollocazione professionale (articolato  in
cinque sezioni); 
        l'art. 5 del decreto legislativo n. 276/2003 ha individuato i
requisiti giuridici  e  finanziari  richiesti  per  l'iscrizione  nel
predetto albo, richiedendo al comma 2, lettera e), per le cooperative
di produzione e lavoro,  oltre  al  possesso  degli  altri  requisiti
indicati al comma 1 e al comma 2, la presenza di almeno sessanta soci
e tra di essi, come socio sovventore, almeno di un fondo mutualistico
per la promozione e lo  sviluppo  della  cooperazione,  di  cui  agli
articoli 11 e 12 della legge 31 gennaio 1992,  n.  59,  e  successive
modificazioni. 
    19. Cosi'  tracciato  il  quadro  normativo  di  riferimento,  il
Collegio  ritiene  di  condividere  le  considerazioni  espresse  dal
Tribunale amministrativo regionale del Lazio  secondo  le  quali  non
pare  praticabile  un'interpretazione  costituzionalmente   orientata
dell'art.  5,  comma  2,  lettera  e),  del  decreto  legislativo  n.
276/2003,  che  giunga  a  ravvisare  in  capo  alle  cooperative  di
produzione e lavoro cooperativa la sussistenza di una mera  facolta',
e non gia' di un vero e proprio obbligo, di assicurare comunque nella
propria compagine la presenza di un  fondo  mutualistico  come  socio
sovventore. 
    A tale ipotesi di lettura osta il  tenore  precettivo  chiaro  ed
univoco dell'art. 5, non suscettibile di interpretazioni  alternative
a quella letterale. 
    20.  Quanto  ai  profili  di  non  manifesta   infondatezza,   e'
prioritario considerare  che  l'assetto  introdotto  dalla  legge  n.
59/1992 impediva di considerare la figura del socio  sovventore  come
necessaria e  indefettibile  per  il  perseguimento  della  finalita'
mutualistica dell'impresa cooperativa, in quanto la sua presenza  era
prevista  come  meramente  «facoltativa»;  e  tale  (cioe'  meramente
facoltativa) era anche l'opzione di adesione  ai  fondi  mutualistici
finalizzata all'adempimento degli scopi di mutualita' esterna. 
    20.1) La flessibilita' insita nella libera  scelta  rimessa  alla
societa' era idonea a garantire la necessaria conciliazione  tra  due
valori confliggenti: la garanzia della capacita' di acquisizione  dei
mezzi  finanziari  con  modalita'  non  riconducibili  al   principio
mutualistico e la salvaguardia del carattere identitario dell'impresa
cooperativa. 
    20.2) Ebbene, le disposizioni della legge  n.  59/1992  sono  qui
richiamate come norme interposte del giudizio  di  costituzionalita',
in quanto specificano il  contenuto  della  mutualita'  e  il  limite
massimo di tollerabilita' della sua dilatazione. 
    20.3)  La  diversa  e  innovativa  imposizione  dell'obbligo   di
assumere una forma che preveda  la  necessaria  compresenza  di  soci
cooperatori e soci  sovventori,  introdotta  dall'art.  5,  comma  2,
lettera e) del decreto legislativo n. 276/2003, impone alle  societa'
cooperativa  (in  particolare  a  quelle  attive  nel  settore  della
somministrazione di lavoro) un assetto  costitutivo  non  compatibile
con lo spirito mutualistico e, quindi, violativo dell'art.  45  della
Costituzione, in quanto implicante,  tra  i  contenuti  essenziali  e
vincolati del  contratto  associativo,  la  presenza  di  una  figura
(quella del socio sovventore) rispondente ad una logica antitetica  a
quella del socio cooperatore. 
    20.4) Come noto,  lo  scopo  mutualistico  differenzia  l'impresa
cooperativa dall'impresa privata avente scopo di lucro ed implica che
la partecipazione del  socio  cooperatore  sia  motivata  dalla  sola
finalita'  di  consentirgli  di  conseguire  beni  e  servizi  (socio
consumatore),  ovvero  occasioni  di  lavoro  (socio  lavoratore)   a
condizioni piu' favorevoli di quelle vigenti nel libero mercato. 
    Anche  ai  diversi  fini  dell'attribuzione  di  taluni  benefici
fiscali  le   cooperative   devono   svolgere   la   loro   attivita'
prevalentemente in  favore  dei  soci  o  comunque  avvalersi,  nello
svolgimento dell'attivita', delle prevalenti  prestazioni  lavorative
dei soci; ed il carattere di mutualita' si riscontra  finanche  nella
particolare   organizzazione   dell'impresa   cooperativa,   la   cui
governance e' ispirata al criterio  della  assoluta  equipollenza  di
tutti i soci (principio «una testa un voto»). 
    L'investitore  non  trova,  dunque,  in  ambito  cooperativo   un
contesto favorevole al conseguimento dei suoi obiettivi  speculativi,
che sono orientati, a contrario, alla redditivita'  dell'investimento
(in termini di dividendi e patrimonializzazione della partecipazione)
e alla possibilita' di influire sui destini societari (in proporzione
al numero di azioni detenute). 
    20.5) Il sospetto - ingenerato dalla introduzione, ad opera della
legge n. 59/1992, della figura del socio sovventore -  che  la  causa
sociale della cooperativa fosse diventata mista, cioe' mutualistica e
lucrativa ad un tempo, e' stato fugato proprio  dalla  considerazione
che la presenza del socio  sovventore  era  prevista  come  meramente
eventuale e non necessaria. 
    Detta  condizione  limite  e',  appunto,   saltata   nell'assetto
legislativo del 2003. 
    21. La prescrizione introdotta dall'art. 5, comma 2,  lettera  e)
del  decreto  legislativo  n.  276/2003,  oltre  ad   apportare   una
significativa  forzatura  nel  modello   generale   della   struttura
societaria cooperativa, non pare adeguatamente giustificabile neppure
alla luce delle finalita' di  realizzazione  degli  scopi  della  cd.
«mutualita' esterna» o «di sistema» introiettate  nel  sistema  dalla
legge del 1992. 
    21.1) Con questa espressione si fa riferimento, come si  e'  gia'
accennato,  ad  un  fenomeno  di  dilatazione  dello  scopo   sociale
mutualistico  verso  finalita'  solidaristiche  di   carattere   piu'
generale, al quale sono funzionali  tanto  la  contribuzione  annuale
obbligatoria quanto la devoluzione finale del patrimonio residuo,  di
cui all'art. 11, commi 4, 5 e 6, della legge n. 59/1992. 
    Attraverso l'intervento partecipativo dei fondi  mutualistici  ed
il  riverbero  della  contribuzione  a  beneficio  del  mondo   della
cooperazione si intende favorire la nascita di nuove  societa'  e  il
rafforzamento  di  quelle  esistenti,  indi,  piu'  in  generale,  lo
sviluppo e il miglioramento del  sistema  cooperativo  del  quale  la
singola  cooperativa  costituisce  cellula   produttiva   e   fattore
propulsivo. 
    21.2) Ebbene, il rafforzamento solidaristico del «sistema»  della
cooperazione  ex  art.  45  della  Costituzione  si  realizza,  nelle
intenzioni del legislatore del 1992, non  soltanto  tramite  un'ampia
normativa di agevolazione e di sostegno, ma anche attraverso forme di
finanziamento  dall'interno  del  sistema  stesso  e  cio',  appunto,
tramite vincoli imposti alle singole cooperative per quanto  riguarda
la destinazione sia di una parte degli  utili  netti  annuali  -  che
nella percentuale stabilita dalla legge  devono  essere  devoluti  ai
Fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione
- sia di una parte del patrimonio per il quale e' prevista la  stessa
sorte in caso di trasformazione e di scioglimento. 
    Il vincolo di destinazione di tali fondi e' inoltre garantito dal
fatto che l'oggetto sociale dei fondi  mutualistici  deve  consistere
esclusivamente nella promozione e nel finanziamento di nuove  imprese
o di iniziative di sviluppo della cooperazione. 
    21.3) E' cruciale osservare, tuttavia, ai fini della  valutazione
di non manifesta infondatezza qui condotta, che  la  legge  del  1992
consente modalita'  alternative  di  assolvimento  di  tali  fini  di
«mutualita' esterna»,  in  quanto  prevede  che  la  cooperativa  non
aderente alle associazioni riconosciute, o aderente  ad  associazioni
che non abbiano costituito il fondo, possa (senza  aderire  al  fondo
mutualistico) limitarsi ad effettuare il  versamento  in  favore  del
fondo appositamente costituito presso il Ministero del  lavoro  (art.
11, comma 6). 
    Analoga filosofia permea la previsione di cui  all'art.  4  della
stessa legge n. 59 del 1992 e  la  «possibilita'»,  ivi  riconosciuta
alle societa' cooperative e ai loro consorzi, di prevedere a  livello
statutario la figura  del  socio  sovventore  cosi  da  aprirsi  alla
contribuzione e al finanziamento esterno. 
    21.4) Appare lecito sostenere che l'evoluzione in «obbligo»  (per
effetto del decreto legislativo n. 273/2003) di quella che in origine
si profilava come una mera «facolta'» di accesso a soci  speculativi,
costituisca  un  irragionevole  irrigidimento  della  disciplina   di
settore,  in   quanto   travalicante   il   limite   cruciale   della
ragionevolezza  e  della   ponderata   funzionalita'   agli   intenti
perseguiti dal legislatore. 
    La normativa del 2003 impone alle cooperative  di  realizzare  in
forme  vincolanti  e  cogenti  gli  stessi  obiettivi  che  l'assetto
legislativo del 1992 consentiva di perseguire  in  forme  compatibili
con  le  libere  scelte  imprenditoriali   della   singola   societa'
cooperativa e con la preservazione dei suoi tratti costitutivi. 
    22. Sotto un terzo profilo, la  necessaria  compresenza  di  soci
cooperatori e soci sovventori (e, tramite questi, delle  associazioni
nazionali di rappresentanza e tutela del  movimento  cooperativo:  v.
infra) implica una alterazione delle regole della concorrenza  e  del
mercato, in quanto rende cogente una forma necessaria per l'esercizio
dell'impresa   cooperativa   in   materia   di   somministrazione   e
intermediazione     lavoro,     anche     laddove     i     requisiti
economico-finanziari richiesti per  l'iscrizione  all'albo  risultino
diversamente soddisfatti dalla societa' cooperativa. 
    22.1) Opportunamente osserva in proposito la parte appellante che
la disposizione sospettata di incostituzionalita', oltre  ad  imporre
la  presenza  del  fondo  mutualistico  nella  compagine  societaria,
produce l'ulteriore effetto di obbligare la  cooperativa  ad  aderire
alle associazioni nazionali di rappresentanza e tutela del  movimento
cooperativo, dalle quali i fondi mutualistici promanano. 
    Cio' in quanto tutti i Fondi  mutualistici  esistenti,  istituiti
dai  principali  organismi  associativi  nazionali  nell'attuare   la
suddetta normativa, subordinano  la  possibilita'  di  partecipazione
alla  previa  adesione,  della  societa'  cooperativa,  all'organismo
associativo nazionale che ha istituito Fondo. 
    22.2) Ne viene che ad una societa'  cooperativa  e'  preclusa  la
possibilita' di esercitare l'attivita' d'intermediazione se la stessa
non presenta un socio sovventore che sia fondo mutualistico e se  non
aderisce previamente ad uno  degli  organismi  associativi  nazionali
esistenti. 
    E' quanto accaduto nel caso di specie, in quanto  il  recesso  di
Coopfond (societa' istituita da Legacoop) da Manutencoop, avvenuto in
data 21 dicembre  2018,  e'  conseguente  al  recesso  comunicato  da
Manutencoop a Legacoop il 10 settembre 2018. 
    22.3) La ricaduta di tale  assetto  sul  piano  dei  principi  e'
quella di una  sospetta  irragionevole  compressione  della  liberta'
d'iniziativa  economica  in  ambito  cooperativo   (art.   41   della
Costituzione). 
    Ed, invero, una volta superato (per effetto della riforma  Biagi)
il  regime  di  monopolio  pubblico  nel  settore  del  collocamento,
l'attivita'  d'intermediazione  non  sembra  rivelare   piu'   alcuna
specialita' che possa giustificarne un  trattamento  differenziato  e
piu' restrittivo rispetto alle altre attivita' pure  generalmente,  e
senza particolari limitazioni, esercitabili in forma cooperativa. 
    Onde operare nel settore  e'  certamente  opportuno  che  vengano
richieste  garanzie  di  serieta'  e  di  solidita'  finanziaria   ed
economica agli operatori, dunque  anche  alle  societa'  cooperative.
Nondimeno, l'imposizione alle sole societa' cooperative  dedite  alla
intermediazione  lavoro,  in  aggiunta  alle  garanzie   generalmente
richieste a tutti gli altri operatori,  della  condizione  aggiuntiva
della  necessaria  partecipazione  di  un  fondo  mutualistico  nella
compagine sociale, appare frutto di  una  scelta  priva  di  motivate
ragioni ed implicante una altrettanto  immotivata  restrizione  della
liberta' d'iniziativa economica (articoli 3 e 45 della Costituzione). 
    23. Sotto un ulteriore ma correlato profilo, e'  lecito  dubitare
della legittimita' della norma  in  relazione  al  parametro  di  cui
all'art. 3  della  Costituzione,  proprio  con  riguardo  all'effetto
scriminante da essa scaturente  di  rendere  obbligatoria  l'adesione
della societa' cooperativa a un  fondo  mutualistico  nel  solo  caso
dello svolgimento di attivita' di somministrazione di lavoro. 
    23.1) Cio' avviene in contrasto con lo  scopo  istituzionale  dei
fondi mutualistici  che,  come  si  e'  ampiamente  dedotto,  vengono
appunto istituiti per promuovere e sviluppare una mutualita' generale
(o di sistema), non di settore. 
    23.2) Ne' pare sostenibile l'argomento per cui nello specifico  e
delicato   settore   dell'intermediazione   di   lavoro    solo    la
partecipazione di un fondo mutualistico garantirebbe,  oltre  ad  una
qualificata garanzia di solidita' finanziaria, la  rispondenza  della
cooperativa alle finalita' di mutualita' e, dunque, la prevenzione di
forme abusive di esercizio dell'attivita'. 
    Come si e' gia' esposto, il sistema disciplinato agli articoli  4
e 5 del decreto legislativo n.  276/2003  predispone,  oltre  ad  una
serie di stringenti requisiti giuridici e finanziari, un  sistema  di
vigilanza  ministeriale  permanente  sulle  attivita'  svolte   dagli
operatori nel campo della intermediazione  lavoro  ed  un  articolato
sistema di rilascio dell'autorizzazione che passa attraverso una fase
di autorizzazione provvisoria cui fa  seguito,  previa  verifica  dei
requisiti   e   del   corretto   andamento   dell'attivita'   svolta,
l'autorizzazione in via definitiva. 
    23.3) Aggiungasi che la norma in  questione  (art.  5,  comma  2,
lettera e) del decreto legislativo n. 276/2003) non  fissa  la  quota
partecipativa del fondo mutualistico,  limitandosi  a  stabilirne  la
obbligatoria presenza ai fini della iscrizione all'albo delle Agenzie
per il lavoro: il valoro  irrisorio  e  praticamente  solo  simbolico
della partecipazione sociale detenuta da Coopfond in Manutencoop  (25
euro) la dice lunga sull'inconferenza del richiamo a una esigenza  di
garantire la solidita' finanziaria del soggetto cooperativo. 
    24. Ultima ma non meno rilevante e' la tematica  dell'eccesso  di
delega (art. 76 della Costituzione). 
    24.1) In proposito occorre considerare che le disposizioni recate
dall'art. 5, comma 2, lettera e) del decreto legislativo n. 276/2003,
pur incidendo profondamente sui principi fondamentali  ed  essenziali
del regime giuridico cooperativo, sono state emanate in attuazione di
una delega concessa per dettare i «principi fondamentali  in  materia
di disciplina dei servizi per l'impiego, con particolare  riferimento
al   sistema   del   collocamento,   pubblico   e   privato,   e   di
somministrazione di manodoperda» (art.  1  della  legge  14  febbraio
2003, n. 30). 
    Si puo' dunque ritenere che il  mandato  contenuto  nella  delega
potesse consentire, in virtu' dei  criteri  direttivi  come  in  essa
specificati, una rimodulazione del regime autorizzatorio in relazione
alla natura giuridica dell'intermediario, non anche una rivisitazione
e  un'alterazione  della  stessa  natura   giuridica   del   soggetto
intermediario. 
    24.2) Sotto il profilo dell'art. 76 della  Costituzione,  rileva,
dunque, come profilo di sospetta incostituzionalita', la  circostanza
che siano stati  modificati  principi  generali  e  fondamentali  del
regime giuridico cooperativo, senza che tale possibilita' fosse stata
considerata come possibile oggetto della delega legislativa. 
    24.3) Mette conto  considerare,  nel  medesimo  senso,  che,  nel
dichiarare infondata  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
sollevata nei confronti delle nuove  norme  in  materia  di  societa'
cooperative dettate dalla legge n. 59/1992, per supposta invasione di
competenze  legislative  regionali,  la  Corte  costituzionale  aveva
motivato la pronuncia proprio precisando che «si  tratta  di  aspetti
concernenti la disciplina delle figure soggettive, la struttura delle
cooperative, l'impostazione generale delle  finalita'  mutualistiche,
indipendentemente dai settori nei  quali  le  cooperative  operano  e
della  disciplina  delle  materie  che  formano  oggetto  della  loro
attivita', in ordine alle quali si esprimono competenze regionali non
idonee a toccare o ad assorbire la disciplina delle figure soggettive
della cooperazione, affidate alla competenza statale. Le disposizioni
della legge n. 59 del 1992 disciplinano appunto questi aspetti comuni
e generali della cooperazione, della condizione dei  soggetti  quanto
all'ammissibilita'  dei  soci,  delle  modalita'  di  iscrizione   in
registri gia' previsti, delle forme di solidarieta'  nell'ambito  del
movimento cooperativo» (Corte costituzionale n. 115/1993). 
    Nel caso di specie, a contrario, non  e'  implausibile  sostenere
che la disposizione contestata ecceda il limite della  materia  della
«disciplina dei servizi per l'impiego» prevista  dalla  legge  delega
(Riforma Biagi), avendo essa finito per invadere - e illegittimamente
stravolgere - quella  dei  principi  generali  e  fondamentali  della
disciplina in materia di societa' cooperative. 
    25. Alla luce delle considerazioni che precedono, appare pertanto
rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale  dell'art.  5,  comma  2,  lettera  e),  del   decreto
legislativo  n.  276/2003,  nella  parte  in  cui  prevede  che  «Per
l'esercizio delle attivita' di cui all'art. 20, oltre ai requisiti di
cui al comma 1,  e'  richiesta:..  e)  nel  caso  di  cooperative  di
produzione e lavoro, oltre ai requisiti indicati al  comma  1  e  nel
presente comma 2, la presenza di almeno sessanta soci e tra di  essi,
come socio sovventore, almeno un fondo mutualistico per la promozione
e lo sviluppo della cooperazione, di cui agli articoli 11 e 12  della
legge 31 gennaio 1992, n. 59, e successive modificazioni». 
    26. Ai sensi dell'art. 23, secondo comma, della  legge  11  marzo
1953, n. 87, il presente giudizio davanti al Consiglio  di  Stato  e'
sospeso fino alla definizione dell'incidente di costituzionalita'. 
    27. Ai sensi dell'art. 23, quarto comma,  della  legge  11  marzo
1953, n. 87,  la  presente  ordinanza  sara'  comunicata  alle  parti
costituite, notificata al Presidente del  Consiglio  dei  ministri  e
comunicata anche al Presidente  del  Senato  della  Repubblica  e  al
Presidente della Camera dei deputati. 
    28. Ogni ulteriore statuizione in rito, in  merito  e  in  ordine
alle spese resta riservata alla decisione definitiva. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza): 
        dichiara  rilevante  e  non   manifestamente   infondata   la
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  5,  comma  2,
lettera e), del decreto legislativo n. 276/2003, nei limiti di cui in
motivazione, in  relazione  agli  articoli  3,  41,  45  e  76  della
Costituzione; 
        ordina  la  immediata  trasmissione  degli  atti  alla  Corte
costituzionale; 
        ordina  che,  a  cura  della  segreteria  della  sezione,  la
presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente
del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata  ai  Presidenti  della
Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. 
          Cosi' deciso in Roma nella Camera di consiglio  del  giorno
24 settembre 2020 con l'intervento dei magistrati: 
Roberto Garofoli, Presidente; 
Giulio Veltri, consigliere; 
Stefania Santoleri, consigliere; 
Giovanni Pescatore, consigliere, estensore; 
Raffaello Sestini, consigliere. 
 
                       Il Presidente: Garofoli 
 
                                               L'estensore: Pescatore