N. 71 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 febbraio 2021
Ordinanza del 18 febbraio 2021 del Tribunale di Trapani sul ricorso proposto da Cammarata Piera Daniela contro Ministero dell'istruzione ed altri. Istruzione - Organici del personale educativo dei convitti ed educandati - Distinzione tra alunni convittori e alunne convittrici ai fini dell'individuazione dei posti di organico per le esigenze delle attivita' convittuali da affidare a personale educativo rispettivamente maschile e femminile. - Decreto-legge 3 luglio 2001, n. 255 (Disposizioni urgenti per assicurare l'ordinato avvio dell'anno scolastico 2001/2002), convertito, con modificazioni, nella legge 20 agosto 2001, n. 333, art. 4-ter, comma 3.(GU n.21 del 26-5-2021 )
TRIBUNALE DI TRAPANI Ordinanza Il G.L., a scioglimento della riserva assunta in data 20 gennaio 2021, nella causa tra Piera Daniela Cammarata, codice fiscale CMMPDN76C52E974T, e Ministero dell'istruzione, in persona del Ministro pro tempore, codice fiscale/partiva iva 80185250583, avente ad oggetto la legittimita' del decreto del 21 agosto 2020 dell'U.S.R. per la Sicilia Ufficio XI - Ambito territoriale di Trapani nella parte in cui esclude l'accesso al posto disponibile per il personale educativo della Provincia di Trapani alle aspiranti di sesso femminile. Osserva quanto segue Sintesi della questione di merito. La ricorrente, a partire dal 2001, e' inserita nel personale educativo, nel profilo di educatrice, degli istituti previsti dalla legge a seguito del superamento del relativo concorso ed e' inserita nella G.A.E. della Provincia di Trapani per il personale educativo al primo posto con n. 140 punti. Con decreto del 19 agosto 2020 l'Ufficio XI - Ambito territoriale di Trapani dell'U.S.R. per la Sicilia ha disposto la copertura per l'a.s. 2020/2021 di due posti disponibili per il personale educativo avvalendosi della graduatoria di merito e della graduatoria ad esaurimento nella misura di un posto ciascuno. Successivamente, dopo essere stata convocata per l'assegnazione di uno dei posti, con decreto del 21 agosto 2020 l'U.S.R. per la Sicilia stabiliva che uno dei due posti previsti per la Provincia di Trapani (nella fattispecie, il posto disponibile presso l'I.T. Agrario A. Damiani) fosse esclusivamente riservato ad aspiranti di sesso maschile. Con il ricorso in oggetto la ricorrente ha formulato le seguenti richieste: 1) accertare e dichiarare la natura discriminatoria del decreto di data 21 agosto 2020 dell'U.S.R. per la Sicilia Ufficio XI - Ambito territoriale di Trapani, nella parte in cui limita l'accesso al posto disponibile per il personale educativo della Provincia di Trapani ai soli aspiranti di sesso maschile escludendo quindi le donne e, di tutti gli atti connessi e conseguenziali; 2) per l'effetto ordinare all'amministrazione convenuta di cessare immediatamente il comportamento discriminatorio e di rimuoverne gli effetti rettificando il decreto ed eliminando la clausola discriminatoria contestata; 3) ammettere la sig.ra Cammarata Piera Daniela alla convocazione indetta per l'assegnazione del posto disponibile nel ruolo del personale educativo negli istituti della Provincia di Trapani in ragione della sua posizione nella graduatoria ad esaurimento allegata; 4) condannare l'amministrazione convenuta al risarcimento del danno non patrimoniale in favore di parte ricorrente da determinarsi equitativamente ex art. 1226 del codice civile. Sulla rilevanza della questione. Il provvedimento amministrativo del quale si chiede la disapplicazione si pone in linea con la normazione primaria e, in particolare, con il comma terzo dell'art. 4-ter del decreto-legge n. 255/2001 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 333/2001), il quale cosi' dispone: «La distinzione tra alunni convittori e alunne convittrici opera solo ai fini dell'individuazione dei posti di organico per le esigenze delle attivita' convittuali da affidare a personale educativo rispettivamente maschile e femminile». Tale disciplina primaria, pero', nella misura in cui incide sull'accesso al lavoro del personale docente, sembra porsi in disarmonia con quella racchiusa negli artt. 3 e 51 della Costituzione, in quanto introduce una vistosa deroga al principio di non discriminazione per ragioni di genere. La questione di legittimita' costituzionale in esame e' quindi rilevante ai fini del decidere la controversia di merito, posto che, nel caso di illegittimita' costituzionale della disposizione legislativa sopra riportata, il provvedimento amministrativo di attuazione (contestato dalla ricorrente), sarebbe affetto da illegittimita' derivata e, quindi, diventerebbe suscettibile di disapplicazione in seno al giudizio di merito, con evidenti ripercussioni in ordine all'esito dello stesso. Sulla non manifesta infondatezza. L'art. 4-ter del decreto-legge n. 255/2001 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 333/2001) concerne l'unificazione dei ruoli provinciali del personale educativo degli istituti di cui all'art. 446 del decreto legislativo n. 297/1994. Giova riportate il testo integrale della disposizione: «1. I distinti ruoli provinciali del personale educativo degli istituti di cui all'art. 446 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione, di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sono unificati. 2. Per l'assunzione del personale educativo individuato in relazione alle esigenze delle attivita' convittuali e semiconvittuali, e comunque nel rispetto dei criteri di cui al medesimo art. 446 del citato testo unico, si utilizzano graduatorie provinciali unificate. 3. La distinzione tra alunni convittori e alunne convittrici opera solo ai fini dell'individuazione dei posti di organico per le esigenze delle attivita' convittuali da affidare a personale educativo rispettivamente maschile e femminile.» In linea con tali coordinate, anche l'art. 20, comma secondo del decreto del Presidente della Repubblica n. 81/2009 ha previsto una distinzione dei posti assegnare al personale educativo correlata al genere («Entro il limite massimo di personale determinato per effetto del conteggio di cui al comma primo, i dirigenti delle istituzioni educative definiscono la ripartizione dei posti da assegnare, distintamente, al personale educativo maschile e a quello femminile»). Il quadro contesto normativo e giurisprudenziale in cui si collocano le disposizioni appena richiamate e' orientato in modo univoco a sancire l'illegittimita' di qualsivoglia disparita' di trattamento per ragioni di genere, anche con riferimento all'accesso al lavoro. Sul punto non e' necessario soffermarsi oltre il dovuto, trattandosi di circostanza pacifica. Basti richiamare la disciplina racchiusa nella legge n. 903/1977, oggi confluita nei decreti legislativi n. 151/2001 e n. 198/2006, nonche' (per il pubblico impiego) quella dell'art. 7 del decreto legislativo n. 165/2001. Nella stessa direzione si pongono pure l'art. 119 del Trattato istitutivo della CEE, gli artt. 2, 3, 13 e 137 del Trattato di Amsterdam, l'art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, la Convenzione delle N.U. n. 79/1981. Lo scrivente non ignora il fatto che la consulta ha piu' volte ricordato che, per aversi violazione del principio di eguaglianza, non e' sufficiente che vi sia una qualsivoglia asimmetria nella disciplina (ancorche' la stessa sia foriera di vantaggi o svantaggi per talune categorie di soggetti), ma occorre che il diverso trattamento sia anche connotato da irragionevolezza. Sotto questo profilo va sottolineato che, secondo taluni commentatori, la distinzione di trattamento per ragioni di genere, operata dall'art. 4-ter del decreto-legge n. 255/2001 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 333/2001), potrebbe essere giustificata per il fatto che la funzione educativa non si esaurisce nel solo aspetto didattico ma contempla anche la partecipazione attiva dell'educatore al processo di crescita umana dell'educando in tutti i suoi possibili sviluppi culturali, affettivi, relazionali e sessuali implicando, di conseguenza, lo svolgimento di una funzione di vigilanza e controllo notturni attraverso l'esercizio di poteri ispettivi e disciplinari spesso particolarmente incisivi. Una parte della giurisprudenza ha quindi sostenuto che «considerato che destinatari dell'attivita' educativa sono per lo piu' giovani in eta' minore, e dunque nella delicatissima fase della formazione della propria personalita', il contatto con educatori del medesimo sesso puo' avere una legittima ragion d'esser nella misura in cui consente un rapporto tra le parti piu' paritario e confidenziale, viene recepito come forma di ingerenza meno invasiva - evitando forme di comprensibile soggezione da parte di chi non abbia ancora maturato una piena capacita' di relazionarsi con l'altro esso in maniera consapevole ed ordinaria - ed inculca nell'educando un senso di disciplina e rispetto della diversita' tra i sessi fondamentale nella fase della crescita». (Tribunale di Bari, sez. lav., del 31 luglio 2003). In questo senso anche il Consiglio di Stato ha affermato che, a seguito dell'entrata in vigore della legge 10 aprile 1991, n. 125, volta a realizzare l'uguaglianza sostanziale tra uomini e donne nel lavoro, e' stato imposto ai convitti nazionali di accogliere le iscrizioni a semiconvitto di maschi e femmine chiedendo la rilevazione distinta per semiconvittori e semiconvittrici, con conseguente organico distinto degli istitutori e delle istitutrici (Consiglio di Stato, Sezione II, sentenza n. 388/1999). Lo scrivente ritiene che, pero', ci si debba comunque chiedere se la deroga al principio di non discriminazione per ragioni di genere, introdotta dall'art. 4-ter del decreto-legge n. 255/2001 possa dirsi ragionevole e, quindi, se la stessa sia o meno compatibile con gli artt. 3 e 51 della Costituzione. Infatti, la logica sottesa alla disciplina legislativa oggetto di sindacato appare piuttosto anacronistica, specie se si considera che la societa' odierna e' caratterizzata da una forte impronta educativa, «globale» e «unisex», tramite la rete internet. Fin dalla piu' tenera eta', cioe', i giovani di entrambi i sessi possono avere accesso alle medesime fonti informative e il loro percorso di crescita viene non solo accelerato in misura parecchio rilevante rispetto a quello che era il normale percorso di crescita di un giovane di pari eta' fino ad un ventennio fa, ma viene pure omologato, nel senso si assiste ad un ridimensionamento delle differenze nello sviluppo che un tempo caratterizzavano le esigenze dei giovani dei due sessi. Cio' determina un'attenuazione delle necessita' (invocate dalla giurisprudenza sopra richiamata) di evitare traumi nel periodo di «formazione della personalita'» del minore, o di evitare «ingerenze invasive» da parte di un adulto di sesso opposto. Del resto, a ragionare diversamente, si dovrebbe ritenere che l'intera materia dell'insegnamento dovrebbe essere caratterizzata da una distinzione di genere. In altri termini, le esigenze messe in luce dalla giurisprudenza di cui sopra appaiono compromesse gia' solo per il carattere misto della composizione delle classi, con assegnazione di insegnanti di qualsiasi sesso. Neppure puo' essere valorizzata oltremisura la circostanza che i convitti nazionali e gli educandati statali siano strutture residenziali o semiresidenziali. Il pernottamento presso tali istituzioni, infatti, non dovrebbe connotare in modo determinante le esigenze educative dei minori, specie in considerazione del fatto che i dirigenti delle stesse hanno comunque la possibilita' di organizzare il lavoro del personale assunto e le turnazioni in modo tale da preservare la privacy dei convittori. In sintesi: da un lato, si deve considerare che, al giorno d'oggi, i minori hanno solitamente acquisito un bagaglio di informazioni e di esperienze ben piu' consistente di quello che un ventennio fa era impotizzabile, quindi, le esigenze messe in luce dalla giurisprudenza sopra riportata devono dirsi fortemente ridimensionate; dall'altro lato, la possibilita' per i dirigenti scolastici di organizzare il servizio rende probabilmente eccessiva (e quindi irragionevole) la scelta del legislatore del 2001 di derogare al principio di pari opportunita' di accesso al lavoro dei lavoratori per ragioni di genere. Cio' induce lo scrivente, il cui sindacato e' circoscritto ad una mera valutazione di non manifesta infondatezza, a sollevare d'ufficio questione di costituzionalita' in termini sopra indicati.
P. Q. M. Ravvisatane la rilevanza e la non manifesta infondatezza. Solleva d'ufficio, nei temimi anzidetti, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4-ter, comma terzo del decreto-legge n. 255/2001 (convertito, con modificaioni, dalla legge n. 333/2001), in relazione agli artt. 3 e 51 della Costituzione. Sospende il giudizio in corso. Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale ed ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza venga notificata al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Trapani, 18 febbraio 2021 Il giudice: Petrusa