N. 89 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 gennaio 2021

Ordinanza del 5 gennaio 2021 del Tribunale di Napoli nel procedimento
civile promosso da  DiaSorin  spa  contro  Azienda  sanitaria  locale
Napoli 1 Centro, Intesa San Paolo S.p.a.. 
 
Esecuzione forzata - Sanita' pubblica - Misure connesse all'emergenza
  epidemiologica da COVID-19 - Divieto di intraprendere o  proseguire
  azioni esecutive nei confronti degli enti  del  Servizio  sanitario
  nazionale -  Termine  di  applicabilita'  fino  alla  data  del  31
  dicembre 2020, prorogato, dall'art. 3, comma 8,  del  decreto-legge
  n. 183 del 2020, sino al 31 dicembre 2021. 
- Decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in  materia  di
  salute, sostegno al lavoro e  all'economia,  nonche'  di  politiche
  sociali  connesse  all'emergenza   epidemiologica   da   COVID-19),
  convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020,  n.  77,
  art. 117, comma 4. 
(GU n.25 del 23-6-2021 )
 
                         TRIBUNALE DI NAPOLI 
                   Quattordicesima sezione civile 
 
    Il giudice dell'esecuzione, dott. Valerio Colandrea; 
    Letti gli atti della procedura espropriativa sopra indicata; 
    Premesso che si e' disposta la trattazione  dell'udienza  fissata
per il giorno 21 dicembre 2020 nella  c.d.  forma  scritta  ai  sensi
dell'art. 221, quarto  comma,  del  decreto-legge  n.  34  del  2020,
convertito in legge n. 77 del 2020; 
    Preso atto della nota depositata in data  11  dicembre  2020  dal
procuratore  del  creditore  pignorante  contenente  le   istanze   e
conclusioni formulate; 
 
                               Osserva 
 
    1. La presente procedura  espropriativa  e'  stata  promossa  nei
confronti della Azienda sanitaria locale Napoli 1 Centro con atto  di
pignoramento notificato in data 18-20 febbraio 2020 ad istanza  della
societa' DiaSorin S.p.a. in forza di titolo esecutivo costituito  dal
decreto ingiuntivo n. 4294 del 6 giugno 2019 del Tribunale di  Napoli
per la parte concernente il residuo credito di euro 34.231,84. 
    Nel corso della procedura il terzo  pignorato  Intesa  San  Paolo
S.p.a. (quale tesoriere  del  sopra  citato  ente)  non  ha  reso  la
prescritta dichiarazione di quantita' ed il procuratore del creditore
ha domandato disporsi il prosieguo  dell'esecuzione,  con  rinvio  al
fine di sollecitarne l'invio. 
      
    2.  Cio'  posto,  alla  luce   dell'omessa   trasmissione   della
dichiarazione di  quantita'  questo  giudice  sarebbe  chiamato  agli
incombenti previsti dall'art. 548 del codice di procedura  civile  e,
in  particolar  modo,  al  rinvio  in  prosieguo  dell'udienza   onde
consentire l'operativita'  del  meccanismo  di  ficta  confessio  ivi
disciplinato. 
    Tuttavia, occorre considerare come - nelle  more  della  presente
procedura - sia sopravvenuta la disposizione  dell'art.  117,  quarto
comma, del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito in  legge  n.  77
del 2020. 
    Dunque, occorre verificare in quale  misura  siffatta  previsione
sia idonea ad incidere sull'esistenza del vincolo del pignoramento e,
eventualmente,   a   precludere   l'ulteriore   ordinario   prosieguo
dell'esecuzione. 
      
    3. La disposizione dell'art. 117, quarto comma, del decreto-legge
n. 34 del 2020, convertito in legge n. 77 del 2020, si compone di tre
periodi a tenore dei quali: 
        «Al fine di far fronte alle esigenze straordinarie ed urgenti
derivanti dalla diffusione del COVID-19  nonche'  per  assicurare  al
Servizio  sanitario   nazionale   la   liquidita'   necessaria   allo
svolgimento delle attivita' legate alla citata emergenza, compreso un
tempestivo pagamento dei debiti commerciali, nei confronti degli enti
del Servizio sanitario nazionale di cui all'articolo 19  del  decreto
legislativo 23 giugno 2011, n. 118, non possono essere  intraprese  o
proseguite azioni esecutive» (primo periodo); 
        «I pignoramenti e le  prenotazioni  a  debito  sulle  rimesse
finanziarie trasferite dalle regioni agli enti del  proprio  Servizio
sanitario regionale effettuati prima della data di entrata in  vigore
del presente provvedimento non producono effetti dalla suddetta  data
e non vincolano  gli  enti  del  Servizio  sanitario  regionale  e  i
tesorieri, i quali possono disporre, per le  finalita'  dei  predetti
enti legate alla gestione dell'emergenza sanitaria e al pagamento dei
debiti, delle  somme  agli  stessi  trasferite  durante  il  suddetto
periodo» (secondo periodo); 
        «Le disposizioni del presente comma si applicano fino  al  31
dicembre 2020» (terzo periodo). 
    Peraltro, l'art. 3, comma 8, del decreto-legge n.  183  del  2020
(in corso di conversione) ha prorogato il termine  di  applicabilita'
del divieto di azioni esecutive cosi' sancito sino  al  «31  dicembre
2021». 
    Orbene,  per  quanto  in  questa  sede  specificamente  interessa
occorre interrogarsi sul significato da attribuirsi alla  fattispecie
di improcedibilita' cosi' disciplinata per la  parte  concernente  le
procedure espropriative gia' pendenti nei confronti  degli  enti  del
servizio sanitario nazionale. 
    Al riguardo, ritiene  questo  giudice  che  venga  in  gioco  una
fattispecie di definitiva «improcedibilita'»  delle  esecuzioni  gia'
intraprese. 
    Queste le ragioni. 
    3.1. Anzitutto, a sostegno  di  tale  interpretazione  milita  il
tenore letterale della disposizione di legge. 
    Invero,  il  legislatore  ha  espressamente  sancito  un  divieto
generalizzato di agire esecutivamente nei confronti  degli  enti  del
servizio sanitario nazionale (ovviamente,  per  il  limitato  periodo
preso in considerazione  della  norma):  viene  cioe'  inibito  tanto
l'avvio, quanto l'ulteriore prosieguo delle  procedure  espropriative
in danno di siffatti enti. 
    Peraltro, sotto il  profilo  dell'interpretazione  letterale  non
deve trascurarsi come l'ordinamento non ignori disposizioni normative
che, per contro, disciplinano espressamente peculiari fattispecie  di
sospensione di procedure espropriative nei confronti  di  determinate
categorie di enti pubblici, fattispecie collegate  ad  esigenze  lato
sensu  «finanziarie»  ed  emergenziali:  il   riferimento   e'   alla
previsione  dell'art.  243-bis,  quarto  comma,  T.U.E.L.,  la  quale
statuisce la sospensione delle procedure espropriative  pendenti  nei
confronti di enti locali sottoposti ad una procedura di  riequilibrio
finanziario  pluriennale  (sospensione  operante  dalla  data   della
relativa  deliberazione  e  sino  all'approvazione   del   piano   di
riequilibrio). 
    Dunque, la circostanza per cui il sopra  citato  art.  117  abbia
optato  per  una  differente  formulazione  incentrata  sull'espressa
previsione di improcedibilita' (piuttosto che  sul  meccanismo  della
sospensione) appare sintomo di una scelta significativamente diversa,
nel senso, cioe', della vera e propria «caducazione» del vincolo  del
pignoramento e non gia' del mero  arresto  temporaneo  dell'ulteriore
corso dell'esecuzione con salvaguardia del vincolo gia' esistente. 
    Ne' significativi elementi per una diversa  soluzione  provengono
dalla relazione di accompagnamento al testo del decreto-legge  n.  34
del 2020, relazione  nella  quale  la  previsione  del  quarto  comma
dell'art.  117  viene  giustificata  sotto  forma   di   «sospensione
temporanea delle azioni esecutive nei confronti degli  enti  sanitari
fino al 31 dicembre 2020». 
    Invero, occorre considerare che: 
        da un lato,  i  lavori  preparatori  di  un  testo  normativo
possono  al  piu'   disvelare   l'intentio   sottesa   all'intervento
legislativo, ma non escludono che  il  significato  della  previsione
adottata  debba   desumersi   dall'assetto   che   la   norma   abbia
concretamente    assunto    nella    formulazione     letterale     e
logico-sistematica; 
        dall'altro  lato,  a  parte  l'estrema   stringatezza   della
relazione di accompagnamento non puo' non concordarsi  sul  carattere
a-tecnico della terminologia adoperata, atteso che -  attraverso  una
denominazione onnicomprensiva - si e' inteso in realta'  esprimere  e
il concetto di  una  sostanziale  e  generalizzata  inibitoria  delle
azioni  esecutive  (tanto  quelle  avviate  ex   novo   nel   periodo
considerato, quanto quelle gia' pendenti). 
    3.2. In secondo luogo ed in collegamento con l'esegesi  letterale
della disposizione, occorre tener conto della  ratio  dell'intervento
normativo quale esplicitata nell'incipit del comma 4  (si  ribadisce:
«al fine  di  far  fronte  alle  esigenze  straordinarie  ed  urgenti
derivanti dalla diffusione del COVID-19  nonche'  per  assicurare  al
servizio  sanitario   nazionale   la   liquidita'   necessaria   allo
svolgimento delle attivita' legate alla citata emergenza ...»). 
    A  ben  vedere,  la  finalita'  affermata  expressis  verbis  dal
legislatore  di  «assicurare  al  Servizio  sanitario  nazionale   la
liquidita'  necessaria»   potrebbe   essere   realizzata   unicamente
attraverso una qualche forma di liberazione  delle  somme  vincolate,
laddove invece  -  qualora  si  opinasse  nei  termini  di  una  mera
temporanea sospensione dell'ulteriore corso della procedura - i  beni
pignorati resterebbero  comunque  vincolati  alla  soddisfazione  dei
crediti  azionati  esecutivamente,  in  tal  modo  determinandosi  la
vanificazione del risultato legislativamente prefissato. 
    In tale prospettiva, cioe', il divieto di proseguire le procedure
gia'   pendenti   apparirebbe   privo   di   sostanziale   ed   utile
giustificazione:  non  sarebbe  infatti  idoneo  ad   assicurare   un
risultato effettivo ne' per l'ente esecutato (stante  la  persistenza
del vincolo sulle somme pignorate), ne' per il  creditore  che  abbia
gia'  avviato  l'azione  esecutiva  (per  il  quale  vi  sarebbe   un
differimento della possibilita' di procedere al soddisfacimento delle
proprie ragioni sulle somme comunque gia' vincolate). 
    3.3. La soluzione qui prospettata  trova  un  ulteriore  supporto
nell'interpretazione logico-sistematica della previsione  del  quarto
comma dell'art. 117 e, in  particolar  modo,  nell'esegesi  congiunta
delle disposizioni contenute nel primo e nel secondo periodo. 
    Al riguardo, si e' visto  come  -  dopo  l'affermazione  generale
contenuta nel primo periodo  in  ordine  al  divieto  di  iniziare  o
proseguire azioni esecutive nei confronti  degli  enti  del  servizio
sanitario nazionale - il secondo periodo della disposizione in  esame
contenga una disposizione ad hoc per i procedimenti gia' pendenti. 
    In  particolare,  la  previsione  si  dipana  in  una  duplice  e
complementare direzione: 
        da un lato, vi e' la comminatoria di  una  (per  certi  versi
singolare) sopravvenuta «inefficacia» del pignoramento; 
        dall'altro lato, e' espressamente sancito il  recupero  della
piena «disponibilita'» delle somme ad opera degli enti  del  servizio
sanitario e dei rispettivi tesorieri. 
    Cio' posto, ritiene questo giudice che -  pur  a  fronte  di  una
formulazione non del tutto perspicua - la previsione in  discorso  si
riferisca a tutti i pignoramenti gia' pendenti e non  solo  a  quelli
che investano determinati beni  (ovverosia,  le  rimesse  finanziarie
provenienti dalle regioni). 
    Invero, in punto di diritto sarebbe difficilmente ipotizzabile un
pignoramento  che  investa  rimesse  finanziarie  provenienti   dalle
regioni: come noto, gli enti del servizio  sanitario  nazionale  sono
soggetti al regime di tesoreria unica ai sensi della legge n. 720 del
1984, ragion per cui -  ai  sensi  dell'art.  1-bis  della  legge  in
questione - l'azione esecutiva non puo' che svolgersi  nei  confronti
del soggetto preposto al servizio di tesoreria ed in  relazione  alle
somme giacenti sulle relative contabilita' speciali. 
    Dunque, una limitazione  della  portata  della  disposizione  del
secondo  periodo  ai  soli  pignoramenti   concernenti   le   rimesse
finanziarie  provenienti   dalle   regioni   si   tradurrebbe   nello
svuotamento di significato della disposizione legislativa  in  esame,
laddove, al contrario, l'origine «emergenziale» non esclude che  essa
debba essere collocata  pur  sempre  nel  quadro  di  un  determinato
«sistema», cio' che rappresenta  il  sostrato  alla  luce  del  quale
ricostruire il significato della previsione medesima. 
    Nel quadro cosi' delineato, allora, il riferimento  alle  rimesse
finanziarie deve leggersi in collegamento non  gia'  ai  pignoramenti
pregressi (i quali non potrebbero che riguardare - si ribadisce -  il
saldo  di  cassa  gestito  dal  soggetto  tesoriere),   bensi'   alle
prenotazioni a debito eventualmente operate,  il  che  giustifica  la
portata della specificazione contenuta. 
    In questa prospettiva, dunque, la previsione del secondo  periodo
non  appare  disciplinare  una  fattispecie  distinta  (e   speciale)
rispetto  a  quella  del  primo  periodo,   bensi'   costituisce   la
specificazione - con  riferimento  alle  procedure  pregresse  -  del
divieto generale di  agire  esecutivamente  gia'  sancito  nel  primo
periodo. 
    In altri termini, il senso della disposizione e'  di  specificare
le conseguenze del divieto di prosecuzione delle azioni esecutive  in
relazione alle procedure gia'  pendenti,  contemplando  per  esse  un
meccanismo di sopravvenuta  perdita  di  efficacia  del  vincolo  del
pignoramento e - in via del tutto speculare  -  affermando  la  piena
disponibilita' delle  somme  da  parte  degli  enti  debitori  e  dai
rispettivi tesorieri. 
    3.4.  Infine,  un  ultimo  argomento  puo'  individuarsi  in  una
prospettiva per cosi' dire  «storica»,  ponendo  mente  all'immediato
antecedente della disposizione in  esame:  ovverosia,  la  previsione
dell'art. 1, comma 51, della legge n. 220 del  2010,  la  quale  pare
aver rappresentato il  modello  normativo  al  quale  il  legislatore
dell'emergenza si e' materialmente ispirato. 
    Sotto questo profilo, infatti, il tenore  dell'art.  117,  quarto
comma, del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito in  legge  n.  77
del 2020, risulta pressoche' coincidente -  mutatis  mutandis  -  con
quello di cui alla prima versione dell'art. 1, comma 51, della  legge
n. 220 del 2010 (ovverosia, la versione vigente prima  della  novella
operata  con  l'art.  6-bis  del  decreto-legge  n.  158  del   2012,
convertito in legge n. 189 del 2012). 
    A ben vedere, entrambe le disposizioni: 
        contengono   l'esplicitazione   in   premessa   dell'esigenza
perseguita dal legislatore di assicurare la concreta operativita'  di
pagamenti a cura degli enti del  servizio  sanitario  nazionale  (nel
primo caso in dipendenza della procedura di ricognizione  dei  debiti
per le regioni soggette a piani di rientro  dei  disavanzi  sanitari;
nel  secondo  caso  in   collegamento   con   l'attivita'   derivante
dall'emergenza epidemiologica per il Covid-19); 
        affermano conseguentemente  un  identico  divieto  di  azioni
esecutive onde assicurare il  raggiungimento  della  finalita'  cosi'
affermata (testualmente sancendosi che «non possono essere intraprese
o proseguite azioni esecutive»); 
        disciplinano in termini  pressoche'  identici  la  sorte  dei
pignoramenti pregressi e delle prenotazioni a  debito  gia'  operate,
nel senso che in entrambi i casi si prevede che  essi  non  producano
effetto e che gli enti ed i rispettivi  tesorieri  abbiano  la  piena
disponibilita' delle somme  («i  pignoramenti  e  le  prenotazioni  a
debito  sulle  rimesse  finanziarie  trasferite  dalle  regioni   ...
effettuati prima ... non producono effetti dalla suddetta data ...  e
non  vincolano  gli  enti  del  Servizio  sanitario  regionale  e   i
tesorieri, i quali possono disporre, per le  finalita'  dei  predetti
enti ... delle somme  agli  stessi  trasferite  durante  il  suddetto
periodo»). 
    In tale contesto, peraltro, non appaiono rilevanti le  differenze
presenti nella successiva versione dell'art. 1, comma 51, della legge
n. 220  del  2010,  differenze  riconducibili,  essenzialmente,  alla
esplicitazione di una vera e propria  «estinzione»  dei  pignoramenti
gia' pendenti («sono estinti di diritto  dalla  data  di  entrata  in
vigore  della  presente  disposizione»)  e  ad  una   piu'   incisiva
affermazione della riacquisizione di  disponibilita'  delle  relative
somme («Dalla medesima  data  cessano  i  doveri  di  custodia  sulle
predette  somme,  con   obbligo   per   i   tesorieri   di   renderle
immediatamente disponibili, senza previa  pronuncia  giurisdizionale,
per garantire  l'espletamento  delle  finalita'  indicate  nel  primo
periodo»). 
    Invero, come e' stato  sottolineato  dalla  Corte  costituzionale
nella sentenza n. 186  del  2013,  la  novella  dell'art.  6-bis  del
decreto-legge n. 158 del 2012, convertito in legge n. 189  del  2012,
ha semplicemente  estremizzato  «le  soluzioni  gia'  presenti  nella
previgente disciplina», della quale la novella  ha  rappresentato,  a
ben vedere, una piu' chiara e perspicua evoluzione normativa. 
    Cio' posto, la sostanziale identita' e continuita' tra  il  testo
dell'art. 1, comma 51, della legge n. 220 del 2010 (quanto meno nella
versione originaria) e l'attuale previsione dell'art. 117 costituisce
un elemento che - sul piano interpretativo - induce a ricostruire  la
portata di quest'ultima disposizione in termini analoghi a quelli che
la giurisprudenza aveva prospettato in passato con  riferimento  alla
prima: ovverosia, quale improcedibilita'  definitiva  dell'esecuzione
in precedenza avviata nei confronti degli enti del servizio sanitario
nazionale. 
      
    4. La conclusione sopra raggiunta  presenta  indubbi  aspetti  di
criticita' sotto il profilo costituzionale e in special modo  -  come
meglio si vedra' nel prosieguo - in riferimento ai parametri  di  cui
agli articoli 24 e 111 della Costituzione. 
    Prima di concentrare l'attenzione su siffatti aspetti,  tuttavia,
non appare fuor luogo verificare la  praticabilita'  di  una  diversa
interpretazione diretta ad «attenuare» i riflessi della  sanzione  di
improcedibilita' sulle procedure espropriative gia' pendenti. 
    Nondimeno, ritiene questo giudice che  la  soluzione  al  quesito
debba essere negativa. 
    4.1. Anzitutto, si e' gia' evidenziato  come  non  sia  possibile
interpretare il divieto di proseguire le procedure espropriative gia'
pendenti   nei   termini   di   una   mera   sospensione   temporanea
dell'ulteriore corso dell'esecuzione, con salvezza degli effetti  dei
pignoramenti gia' eseguiti. 
    Infatti, vi ostano gli elementi complessivamente ricavabili dalla
ricostruzione  letterale,  teleologica  e  logico-sistematica   della
disposizione in esame. 
    In altri termini, la praticabilita'  di  una  mera  «sospensione»
appare  smentita  sia  dall'espressa  previsione   nei   termini   di
improcedibilita' dell'esecuzione, sia dall'obiettivo  perseguito  dal
legislatore con l'introduzione del divieto (si ribadisce,  «liberare»
liquidita' in favore degli enti del servizio sanitario  nazionale  al
fine  di  far  fronte  alle  maggiori  spese   legate   all'emergenza
epidemiologica), sia dalla precisazione comunque operata in punto  di
sopravvenuta inefficacia dei pignoramenti pregressi. 
    4.2. In secondo luogo, non appare  plausibile  un'interpretazione
restrittiva della disposizione in esame che - collegando  il  divieto
del comma 4 alle precedenti previsioni dei commi 1, 2 e  3  dell'art.
117 - limiti l'operativita' di siffatto divieto alle sole  (maggiori)
risorse finanziarie  messe  a  disposizione  del  servizio  sanitario
nazionale in conseguenza dell'emergenza da Covid-19. 
    Indubbiamente, il divieto di procedere esecutivamente si  colloca
nel quadro di un piu' ampio intervento  volto  ad  «incrementare»  le
risorse per far fronte  all'emergenza  epidemiologica,  cio'  che  ha
avuto luogo sia  attraverso  l'ampliamento  dei  trasferimenti  dallo
Stato  alle  regioni  (comma  1),  sia   attraverso   la   previsione
dell'obbligo per le regioni di integrale messa a disposizione di tali
fondi agli enti del servizio sanitario (comma 3). 
    Tuttavia,  in  alcun  modo  quel  divieto  e'  limitato  ai  soli
trasferimenti finanziari  operati  con  il  medesimo  art.  117,  ne'
l'obiettivo dichiarato dal legislatore  di  assicurare  una  maggiore
liquidita' per gli enti del servizio sanitario  nazionale  giustifica
una limitazione di tal fatta. 
    In  altri  termini,  una  tale  prospettazione   si   tradurrebbe
nell'elisione di una rilevante parte del contenuto  precettivo  della
norma, atteso che non avrebbe ragion d'essere ne' la  previsione  del
divieto (non solo di iniziare, ma  anche)  di  proseguire  le  azioni
esecutive, ne' la  sanzione  di  inefficacia  dei  pignoramenti  gia'
eseguiti alla data di entrata in vigore della disposizione di legge. 
    4.3.  Resta  da   verificare   un'ultima   opzione:   quella   di
un'interpretazione che - con riguardo ai pignoramenti pregressi - non
escluda la caducazione degli effetti (e, quindi, l'inoperativita' del
vincolo gia'  perfezionato  sulle  somme),  ma  postuli  comunque  il
carattere meramente  temporaneo  di  tale  fenomeno  sotto  forma  di
«reviviscenza» del vincolo  allo  spirare  del  termine  sancito  dal
legislatore  (ovviamente,  sulle  sole   disponibilita'   finanziarie
successive). 
    Tuttavia, neppure tale soluzione appare plausibile. 
    Anzitutto, oltre ai sopra citati elementi di carattere  letterale
e logico-sistematico deve evidenziarsi come un  fenomeno  del  genere
non solo appaia sostanzialmente sconosciuto  al  vigente  ordinamento
giuridico processuale, ma ponga soprattutto inevitabili  problemi  in
relazione alle modalita' con cui operare  la  pretesa  «reviviscenza»
del  vincolo  del  pignoramento,  essendo  difficile  ipotizzarne  il
ripristino automatico sol che si pensi alle esigenze di certezza  nei
rapporti con un soggetto estraneo ai rapporti di debito-credito (tale
essendo il terzo pignorato). 
    In ogni caso, poi, una soluzione del genere non escluderebbe  che
- stante la caducazione del vincolo  del  pignoramento  (sebbene  con
un'efficacia  per  cosi'  dire   temporanea)   -   sarebbe   comunque
paralizzato il diritto di agire esecutivamente del creditore. 
    Dunque, non verrebbe  eliminato  quel  punto  di  «frizione»  con
l'esigenza di assicurare la  tutela  costituzionale  del  diritto  di
azione del creditore. 
      
    5. Le considerazioni che precedono comportano che,  nel  caso  di
specie, questo giudice non potrebbe dare seguito all'ulteriore  corso
della procedura nei termini richiesti dal creditore e, in ogni  caso,
alla fissazione dell'udienza per le determinazioni ex  art.  548  del
codice di procedura civile, bensi' dovrebbe pronunciare ordinanza  di
chiusura  con  dichiarazione  di  definitiva  improcedibilita'  della
presente esecuzione. 
    In conformita' alla complessiva  interpretazione  sopra  operata,
infatti, la sopravvenuta previsione dell'art. 117, quarto comma,  del
decreto-legge n. 34 del 2020, convertito in legge n. 77 del 2020,  si
risolve nel venir meno dell'oggetto dell'esecuzione gia'  intrapresa,
cio' in  conseguenza  della  caducazione  ex  lege  del  vincolo  del
pignoramento. 
    Tuttavia, appare legittimo dubitare della compatibilita'  di  una
siffatta conclusione in relazione alle disposizioni degli articoli 24
e 111 della  Costituzione  in  tema  di  tutela  giurisdizionale  dei
diritti e giusto processo. 
    In  proposito,  possono  svolgersi  le  seguenti   considerazioni
generali. 
    5.1. E' noto come la Corte  costituzionale  abbia  affrontato  in
plurime occasioni  la  questione  della  legittimita'  di  previsioni
legislative dirette al «blocco» di azioni esecutive nei confronti  di
determinate categorie di enti pubblici (e, in  special  modo,  quelli
del servizio sanitario nazionale). 
    Ai fini di opportuna sintesi appare sufficiente richiamare quanto
precisato  nella  sentenza  n.  186   del   2013,   nella   quale   -
nell'esaminare la questione della legittimita' dell'art. 1, comma 51,
della legge n. 220 del  2010  (disposizione  che,  si  ribadisce,  ha
rappresentato il modello di riferimento utilizzato anche nel caso  di
specie) - i giudici costituzionali hanno compendiato le condizioni in
presenza delle quali la previsione del divieto di azioni esecutive  e
la  caducazione  delle  procedure  gia'  pendenti   possa   ritenersi
compatibile  con  i  principi  degli  articoli   24   e   111   della
Costituzione. 
    Nelle  parole  della  Corte,  in   particolare,   un   intervento
legislativo di tal fatta «puo' ritenersi giustificato da  particolari
esigenze transitorie qualora, per un verso, siffatto svuotamento  sia
limitato ad un ristretto periodo temporale (sentenze n. 155 del  2004
e n. 310 del 2003) e, per altro verso, le disposizioni  di  carattere
processuale  che  incidono  sui  giudizi   pendenti,   determinandone
l'estinzione, siano controbilanciate  da  disposizioni  di  carattere
sostanziale che, a loro volta, garantiscano, anche per altra via  che
non  sia  quella  della   esecuzione   giudiziale,   la   sostanziale
realizzazione dei diritti oggetto delle procedure  estinte  (sentenze
n. 277 del 2012 e n. 364 del 2007)» (Corte  costituzionale,  sentenza
n. 186 del 2013, in particolare par. 4.1.). 
    5.2. Cio' posto,  con  riguardo  alla  previsione  potenzialmente
applicabile nel caso di specie e'  legittimo  dubitare  del  rispetto
delle condizioni sopra indicate. 
    Anzitutto,  deve  osservarsi  come  l'orizzonte  temporale  della
disposizione in discorso (inizialmente limitato  ad  un  periodo  che
appariva non eccessivo) sia stato successivamente dilatato sino al 31
dicembre 2021 in conseguenza dell'art. 3, comma 8, del  decreto-legge
n. 183 del 2020: dunque, il divieto di azioni esecutive nei confronti
degli enti del servizio sanitario nazionale finisce  per  interessare
un periodo di oltre un anno e mezzo, con  significativa  compressione
del diritto dei creditori di procedere esecutivamente. 
    In ogni caso, poi, giova soprattutto  evidenziare  come  non  sia
stato delineato alcun meccanismo  idoneo  ad  assicurare  una  tutela
sostanziale in via equivalente. 
    Per la verita', il legislatore  non  ha  ignorato  l'esigenza  di
contemplare  -  pur  nel  quadro  di  una  situazione   indubbiamente
emergenziale quale quella derivante dall'emergenza epidemiologica  da
Covid-19 - strumenti idonei ad assicurare  il  soddisfacimento  delle
ragioni dei creditori degli enti del servizio sanitario nazionale. 
    Sotto questo profilo, infatti, i commi 5-11 del medesimo art. 117
hanno  introdotto  la  possibilita'  per  le  regioni  di  richiedere
anticipazioni  di  liquidita'  alla  Cassa  Depositi  e  Prestiti  da
destinare al «ai pagamenti dei  debiti  certi  liquidi  ed  esigibili
maturati alla data del 31 dicembre 2019 relativi a  somministrazioni,
forniture, appalti e a obbligazioni per  prestazioni  professionali»,
previsione che deve  leggersi  in  collegamento  con  le  statuizioni
contenute nel  precedente  art.  115  (istitutivo  di  un  «Fondo  di
liquidita'  per  il  pagamento  dei  debiti  commerciali  degli  enti
territoriali» con dotazione finanziaria ad hoc). 
    Nondimeno, appare dubbia l'effettivita' di un siffatto meccanismo
al fine di assicurare la tutela delle ragioni dei crediti colpiti dal
divieto di azioni esecutive, cio' ove si ponga mente al fatto che: 
        il sistema contemplato dal legislatore non e' automaticamente
collegato  al  divieto  di  azioni  esecutive,  bensi'   si   risolve
nell'approntamento di un mero canale finanziario ulteriore in  favore
delle regioni; 
        conseguentemente,  non  vi  e'  alcun  obbligo  ma  una  mera
facolta' per l'amministrazione  regionale  interessata  di  avvalersi
dell'anticipazione  di  liquidita'  in   questione,   occorrendo   in
particolare una deliberazione ad iniziativa della giunta regionale da
adottarsi entro un termine prefissato  (deliberazione  che  in  alcun
modo configura un atto dovuto); 
        infine, non  e'  contemplata  una  tutela  generalizzata  per
qualsivoglia   credito   gia'   azionato   esecutivamente,    potendo
l'anticipazione  essere  destinata   all'estinzione   unicamente   di
determinate  tipologie  di  debiti  (ovverosia,  quelli  «relativi  a
somministrazioni, forniture, appalti e a obbligazioni per prestazioni
professionali») da individuarsi unilateralmente a cura  della  stessa
azienda esecutata. 
    5.3.  Le  considerazioni  che   precedono   inducono   allora   a
configurare  come  rilevante  e  non  manifestamente   infondata   la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 117, quarto comma,
del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito in legge n. 77 del 2020,
sotto un duplice profilo: 
        anzitutto, in  relazione  al  parametro  dell'art.  24  della
Costituzione, atteso che il «sacrificio» posto a carico dei creditori
degli  enti  del  servizio  sanitario  nazionale  (sotto   forma   di
improcedibilita' delle azioni esecutive dagli stessi  gia'  promosse)
non appare «bilanciato» con la previsione di un sistema di  effettiva
tutela equivalente, con consequenziale  vanificazione  degli  effetti
della tutela giurisdizionale nei procedimenti esecutivi  promossi  da
quei creditori; 
        in secondo luogo, poi, in  relazione  altresi'  al  parametro
dell'art. 111 della  Costituzione  con  riguardo  al  concetto  della
«parita' delle armi», atteso che, con la disposizione  censurata,  il
legislatore ha finito per introdurre una fattispecie di ius singulare
che  -  pur  originata   da   comprensibili   preoccupazioni   legate
all'emergenza  epidemiologica  in  corso   -   ha   determinato   uno
sbilanciamento fra due posizioni in gioco, esentando quella pubblica,
di   cui   lo   Stato   risponde   economicamente,   dagli    effetti
pregiudizievoli delle condanne giudiziarie subite. 
    Nella misura  in  cui  la  disposizione  dell'art.  117  dovrebbe
trovare applicazione nel caso di specie  (con  conseguente  rilevanza
della questione ai fini  del  prosieguo  della  presente  procedura),
pertanto, ritiene questo giudice di disporre d'ufficio la  rimessione
degli atti alla Corte costituzionale per la soluzione della questione
di legittimita' sopra prospettata. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Letto l'art. 23 della legge n. 87 del 1953; 
    Dichiara d'ufficio rilevante e non  manifestamente  infondata  la
questione  di  legittimita'  dell'art.   117,   quarto   comma,   del
decreto-legge n. 34 del 2020, convertito in legge n. 77 del 2020,  in
riferimento  agli  articoli  24  e  111  della  Costituzione  e   per
l'effetto: 
        Dispone la rimessione degli atti alla Corte costituzionale; 
        Dichiara sospeso il presente procedimento; 
        Dispone la comunicazione della  presente  ordinanza,  a  cura
della cancelleria, alle parti del procedimento, alla  Presidenza  del
Consiglio dei ministri ed ai presidenti della Camera dei  Deputati  e
del Senato della Repubblica. 
          Napoli, 5 gennaio 2021 
 
                Il giudice dell'esecuzione: Colandrea