N. 126 SENTENZA 12 maggio - 21 giugno 2021

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Assistenza  e  solidarieta'  sociale  -  Reddito  di  cittadinanza  -
  Sospensione  del  beneficio  nei  confronti,  tra  gli  altri,  del
  beneficiario o richiedente a cui e' applicata una misura  cautelare
  personale - Denunciata irragionevolezza, violazione del diritto  al
  lavoro e dei  principi,  anche  convenzionali,  di  uguaglianza,  a
  tutela della famiglia, di personalita' della responsabilita' penale
  e di non colpevolezza - Non fondatezza delle questioni. 
- Decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni,
  nella legge 28 marzo 2019, n. 26, art. 7-ter, comma 1. 
- Costituzione. artt. 1, 2, 3, 4, 27, primo e secondo comma, 29, 30 e
  31 e 117, primo comma; Convenzione per la salvaguardia dei  diritti
  dell'uomo e delle liberta' fondamentali, art. 6, paragrafo 2; Carta
  dei diritti fondamentali dell'Unione europea, art. 48. 
(GU n.25 del 23-6-2021 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giancarlo CORAGGIO; 
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'
  ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca   ANTONINI,   Stefano
  PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela  NAVARRETTA,  Maria  Rosaria  SAN
  GIORGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  7-ter,
comma 1, del  decreto-legge  28  gennaio  2019,  n.  4  (Disposizioni
urgenti in  materia  di  reddito  di  cittadinanza  e  di  pensioni),
convertito, con  modificazioni,  in  legge  28  marzo  2019,  n.  26,
promosso dal  Giudice  per  le  indagini  preliminari  del  Tribunale
ordinario di Palermo nel procedimento penale a carico di F.  M.,  con
ordinanza del  7  ottobre  2019,  iscritta  al  n.  86  del  registro
ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 29, prima serie speciale, dell'anno 2020. 
    Visto  l'atto  d'intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 12  maggio  2021  il  Giudice
relatore Giuliano Amato; 
    deliberato nella camera di consiglio del 12 maggio 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.-  Il  Giudice  per  le  indagini  preliminari  del   Tribunale
ordinario di Palermo, con ordinanza del 7 ottobre 2019 (reg. ord.  n.
86 del 2020), emessa in sede di interrogatorio ex art. 294 del codice
di procedura penale di F. M., ha sollevato, in riferimento agli artt.
1, 2, 3, 4, 27, primo e secondo comma, 29, 30 e 31 della Costituzione
e al principio di ragionevolezza, nonche' all'art. 117, primo  comma,
Cost. - quest'ultimo in relazione  all'art.  6,  paragrafo  2,  della
Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali (CEDU), firmata a  Roma  il  4  novembre  1950,
ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto  1955,  n.  848,  e
all'art. 48 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione  europea
(CDFUE),  proclamata  a  Nizza  il  7  dicembre  2000  e  adattata  a
Strasburgo  il  12  dicembre  2007  -   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 7-ter, comma 1, del decreto-legge 28 gennaio
2019,  n.  4  (Disposizioni  urgenti  in  materia   di   reddito   di
cittadinanza e di pensioni), convertito, con modificazioni, in  legge
28 marzo 2019, n. 26. 
    Ivi, in relazione all'erogazione del reddito di cittadinanza,  si
prevede che «[n]ei confronti del beneficiario o del  richiedente  cui
e' applicata una misura cautelare personale, anche adottata a seguito
di convalida dell'arresto o del fermo,  nonche'  del  condannato  con
sentenza non definitiva per taluno dei delitti indicati  all'articolo
7, comma 3, l'erogazione del  beneficio  di  cui  all'articolo  1  e'
sospesa. La medesima sospensione si applica anche nei  confronti  del
beneficiario  o  del  richiedente  dichiarato  latitante   ai   sensi
dell'articolo 296  del  codice  di  procedura  penale  o  che  si  e'
sottratto volontariamente all'esecuzione della pena.  La  sospensione
opera nel limite e con le modalita' di cui all'articolo 3, comma 13». 
    1.1.- Premette  il  giudice  a  quo  che  l'art.  l  della  legge
costituzionale  9  febbraio  1948,  n.  1  (Norme  sui   giudizi   di
legittimita' costituzionale e  sulle  garanzie  d'indipendenza  della
Corte costituzionale) individua come condizioni di ammissibilita' del
vaglio incidentale di legittimita' costituzionale  che  la  questione
sorga dinanzi a un giudice e nell'ambito di un giudizio. 
    1.1.1.- Secondo la  giurisprudenza  costituzionale  tali  termini
devono essere intesi sulla base di un'interpretazione  sostanziale  e
non  meramente  formale,  al  fine  di  evitare  «zone   franche   di
incostituzionalita'». Sono cosi' ammissibili le  questioni  sollevate
da un soggetto chiamato ad applicare il diritto a casi concreti e  in
condizione di autonomia, neutralita' e indipendenza da altri  poteri,
nell'esercizio di attribuzioni che attengono alla tutela di diritti e
interessi legittimi e che vengono esercitate nel rispetto  di  regole
che garantiscano il diritto di difesa (sono richiamate le sentenze n.
226  del  1976  e,  con  specifico  riferimento  ai  procedimenti  di
volontaria giurisdizione, n. 129 del 1957). 
    Nel caso di specie, sebbene non sia dubbio  in  astratto  che  il
giudice per  le  indagini  preliminari  rientri  nella  giurisdizione
ordinaria e che il procedimento cautelare sia un giudizio, il  potere
cautelare sarebbe gia' stato compiutamente esercitato con  l'adozione
della  misura  cautelare,  mentre  la  sospensione  del  reddito   di
cittadinanza   avverrebbe   nell'ambito   di    un    subprocedimento
consequenziale all'esercizio del potere  giurisdizionale  menzionato.
Nondimeno, anche a voler considerare la sospensione  del  reddito  di
cittadinanza quale sanzione amministrativa, si tratterebbe pur sempre
dell'applicazione  del  diritto  da  parte  di  un  soggetto   terzo,
imparziale e indipendente. 
    1.1.2.- La misura che il giudice deve obbligatoriamente adottare,
inoltre, potrebbe configurarsi solo formalmente come  amministrativa,
ma sarebbe sostanzialmente penale ai sensi della giurisprudenza della
Corte europea dei diritti dell'uomo, che ha qualificato  le  sanzioni
amministrative di carattere afflittivo equiparabili a quelle  penali,
con conseguente necessita' di  applicare  le  relative  garanzie  (si
richiama la sentenza 8  giugno  1976,  Engel  e  altri  contro  Paesi
Bassi). 
    La sospensione del reddito  di  cittadinanza  avrebbe  un  chiaro
carattere afflittivo, poiche', al cospetto di un beneficio di  natura
assistenziale  -  volto  a  soddisfare  le   esigenze   basilari   di
sopravvivenza del  percettore  e  del  suo  nucleo  familiare  e  una
pluralita' di diritti fondamentali, come, ad esempio, il diritto alla
vita, al  lavoro  e  alla  famiglia  -  non  s'individuerebbe  alcuna
finalita' diversa da quella punitiva nel provvedimento sospensivo  in
conseguenza  della  mera  applicazione  di   una   misura   cautelare
personale. Il carattere afflittivo si coglierebbe, poi,  anche  dalla
definitivita'   della   lesione   prodotta   dal   provvedimento   di
sospensione, poiche' in caso di revoca di quest'ultimo gli  arretrati
non corrisposti non potrebbero essere recuperati dal beneficiario. 
    Se si considerasse inammissibile la questione in esame,  inoltre,
il soggetto si  vedrebbe  gravato  da  una  sanzione  sostanzialmente
penale senza che sia stato attivato  il  contraddittorio  sul  punto,
nemmeno in maniera postuma; la sospensione del  beneficio  economico,
infatti, opererebbe  automaticamente,  senza  che  la  decisione  sia
suscettibile d'impugnazione, ne' dinanzi al  giudice  amministrativo,
non  essendo  la  decisione  qualificabile  come   atto   formalmente
amministrativo, ne' al Tribunale del riesame, essendo sottoponibili a
questo soltanto le questioni attinenti alla misura cautelare. 
    1.1.3.- La  proposizione  della  questione  di  legittimita'  non
potrebbe  nemmeno  ritenersi  tardiva,  sia  perche'  il  potere   di
sospendere il  reddito  di  cittadinanza  non  sarebbe  ancora  stato
esercitato dal  rimettente,  sia  perche'  la  valutazione  circa  la
sospensione non potrebbe essere assunta in  un  momento  antecedente.
Infatti, nella fase di cui al giudizio a quo,  costituente  passaggio
obbligato conseguente all'applicazione della misura cautelare e  allo
svolgimento dell'interrogatorio ex  art.  294  cod.  proc.  pen.,  il
giudice dovrebbe fare applicazione dell'art. 7-ter, comma l, del d.l.
n. 4 del 2019, come convertito, tenuto conto che il successivo  comma
3 del medesimo articolo prevede che e' in sede di interrogatorio  che
puo' e  deve  essere  chiesto  al  soggetto  sottoposto  alla  misura
cautelare se sia beneficiario del reddito di cittadinanza. 
    1.2.- Cio' premesso, in punto di rilevanza il rimettente  precisa
che  la  vicenda  alla  base  dell'ordinanza  di  rimessione  origina
dall'applicazione, nei confronti di F.  M.,  della  misura  cautelare
personale del divieto di avvicinamento ai  luoghi  frequentati  dalla
persona offesa ex art. 282-bis cod. proc. pen., in relazione a  fatti
riconducibili al reato di maltrattamenti in famiglia, di cui all'art.
572 del codice penale. In sede d'interrogatorio  ai  sensi  dell'art.
294 cod. proc. pen. il soggetto in questione ha dichiarato di  essere
beneficiario del reddito di cittadinanza. 
    Il  rimettente,  pertanto,  dovrebbe  necessariamente   applicare
l'art. 7-ter, comma l, del d.l. n. 4 del 2019, come convertito, ossia
sospendere l'erogazione del beneficio economico (alla luce del  comma
4 del medesimo articolo), con  decreto  che  deve  essere  comunicato
all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) entro quindici
giorni. 
    1.3.- Nel merito le norme censurate sarebbero in primo  luogo  in
contrasto con gli artt. 2 e 3, secondo comma, Cost. 
    1.3.1.- Tali disposizioni, infatti, pongono la persona  umana  al
centro del sistema, sia nella  sua  dimensione  individuale,  sia  in
quella collettiva, impegnando la Repubblica a rimuovere gli  ostacoli
di carattere economico e sociale che fungono da limite, tra le  altre
cose, appunto al pieno sviluppo della persona. 
    Come confermerebbero anche i lavori  preparatori  alla  legge  di
conversione del d.l. n.  4  del  2019,  il  reddito  di  cittadinanza
sarebbe volto a porre delle «misure  di  contrasto  alla  poverta'  e
all'esclusione   sociale»,   andando   a   inserire   gli   strumenti
assistenziali introdotti nell'ambito dei  «livelli  essenziali  delle
prestazioni» (LEP). Tale impostazione risulterebbe  confermata  dalla
lettura dell'art. l del citato decreto-legge,  in  cui  e'  precisato
come  il  reddito  di  cittadinanza  sia  una  misura  destinata   al
«contrasto [...] all'esclusione  sociale»,  a  «favorire  il  diritto
all'informazione, all'istruzione,  alla  formazione»  e  a  garantire
«sostegno economico  e  [...]  inserimento  sociale  dei  soggetti  a
rischio di emarginazione». 
    In virtu' della  sospensione,  quindi,  il  beneficiario  sarebbe
privato di un sostegno economico che potrebbe anche configurarsi come
condizione imprescindibile alla sua sopravvivenza,  senza  che  possa
ravvisarsi alcuna ragione giustificatrice di  un  simile  trattamento
punitivo. La ratio del reddito di cittadinanza, infatti, non  sarebbe
premiale, ma assistenziale e d'inclusione. In questo senso,  finanche
chi  viene  condannato  in  via  definitiva  avrebbe  il  diritto  di
sopravvivere, a meno che non si  voglia  considerare  la  revoca  del
beneficio quale strumento per configurare un complesso  sanzionatorio
con funzione general-preventiva e punitiva,  in  violazione  altresi'
del principio rieducativo di cui all'art. 27, terzo comma, Cost. 
    Emergerebbe, quindi, una palese irragionevolezza  del  sacrificio
imposto al soggetto nella fase cautelare, senza che cio' sia ancorato
a  una  ragione  giustificatrice  diversa  da  quella   squisitamente
sanzionatoria-punitiva. 
    1.4.- In secondo luogo, sarebbero altresi' violati gli artt. l  e
4 Cost. 
    L'art. 4 del d.l. n. 4 del 2019, come convertito, infatti, impone
al beneficiario del reddito di cittadinanza la sottoscrizione  di  un
patto per il lavoro e di un patto per l'inclusione sociale,  con  una
dichiarazione  d'immediata  disponibilita'   al   lavoro;   ulteriori
disposizioni, poi, prevedono la riduzione  della  somma  erogata  nel
caso in cui il beneficiario non partecipi alle  attivita'  formative,
nonche' la revoca del reddito di cittadinanza se per tre volte  venga
rifiutata una congrua proposta di lavoro. 
    Tale   strumento,    pertanto,    sarebbe    anche    finalizzato
all'inserimento   lavorativo   e   alla   formazione   privata    del
beneficiario. La sospensione, cosi', limiterebbe  ingiustificatamente
la  possibilita'  del  soggetto  sottoposto  a  misura  cautelare  di
formarsi in maniera tale da essere inserito  nel  mondo  del  lavoro,
poiche' la limitazione della liberta'  connessa  all'attivazione  del
meccanismo    cautelare     non     comporterebbe     necessariamente
l'impossibilita' del soggetto di svolgere l'attivita' lavorativa. 
    1.5.- La disposizione censurata violerebbe poi gli artt. 29, 30 e
31 Cost. 
    Il reddito di cittadinanza, infatti, e' riconosciuto in  funzione
dei redditi familiari e come sostegno all'intero nucleo,  ove  questo
sia composto da altri soggetti oltre al diretto beneficiario. 
    La tutela della famiglia, anche con misure economiche,  in  linea
con le previsioni di origine sovranazionale (art. 9  CDFUE),  sarebbe
cosi' pregiudicata dalla sospensione del beneficio. 
    1.6.- Ancora sarebbero lesi gli artt. 27, primo e secondo  comma,
e 117, primo comma, Cost.,  quest'ultimo  in  relazione  all'art.  6,
paragrafo 2, CEDU. 
    1.6.1.- Innanzi tutto,  verrebbe  pregiudicato  il  principio  di
personalita'  della  responsabilita'  penale,   poiche'   il   nucleo
familiare sarebbe privato del sostentamento in  virtu'  di  un  fatto
eventualmente commesso da un familiare. 
    1.6.2.- Inoltre, vi sarebbe anche una  violazione  del  principio
della presunzione di non colpevolezza, posta  dall'art.  27,  secondo
comma, Cost., nonche' dall'art. 48 CDFUE e dall'art. 6, paragrafo  2,
CEDU. 
    Il regime cautelare, infatti, avrebbe di per se' carattere  rebus
sic stantibus, sarebbe contraddistinto da un contradditorio ridotto e
si fonderebbe su un accertamento basato su criteri meno stringenti di
quelli previsti dall'art. 533  cod.  proc.  pen.  per  giungere  alla
condanna, la quale, in ogni caso, e' suscettibile di essere  superata
dalle decisioni assunte in sede di impugnazione, quanto meno fino  al
sopraggiungere del giudicato. 
    La  disposizione  censurata  -  imponendo  l'applicazione   della
sospensione  del  reddito  di  cittadinanza,  sanzione  di  carattere
penale,  a  un  soggetto  non  ancora  condannato,  nemmeno  in   via
provvisoria  -  determinerebbe  cosi'  una  palese  violazione  della
presunzione d'innocenza. 
    1.7.- Infine,  sarebbe  violato  l'art.  3  Cost.,  inteso  quale
fondamento del principio di ragionevolezza. 
    1.7.1.- L'art. 7-ter, comma 1, del  d.l.  n.  4  del  2019,  come
convertito, prevede la sospensione del reddito di cittadinanza sia in
caso  di  applicazione  di  una  misura  cautelare   personale,   con
riferimento a qualsiasi reato, sia in conseguenza di una condanna non
definitiva, ma per i soli reati per i quali l'art. 7,  comma  3,  del
medesimo decreto-legge dispone la revoca del beneficio nell'evenienza
di condanna definitiva (ossia i delitti di cui  agli  artt.  270-bis,
280, 289-bis, 416-bis, 416-ter, 422 e 640-bis cod. pen.). 
    Nel caso oggetto del giudizio a quo l'indagato non e' chiamato  a
rispondere per uno di tali reati e, pertanto, il rimettente  dovrebbe
sospendere il  beneficio  pur  sapendo  che  tale  statuizione  sara'
sicuramente revocata, anche in presenza di una condanna definitiva. 
    Emergerebbe, quindi, un trattamento  assolutamente  irragionevole
oltre che discriminatorio, posto che  in  presenza  di  due  condotte
identiche, per cui a una soltanto faccia seguito l'applicazione della
misura cautelare, ove si giungesse alla medesima condanna, l'avvenuta
sospensione del reddito di cittadinanza vi sarebbe stata solo per  un
condannato. 
    Tale disparita' risulterebbe ancora piu' grave in  considerazione
del gia' citato comma 5 dello stesso art. 7-ter, secondo cui, in caso
di revoca della sospensione, il beneficiario non puo'  piu'  ottenere
gli  arretrati,  con  conseguente  integrazione  di  un  vulnus   non
riparabile neppure in seguito a una pronuncia assolutoria, con palese
ribaltamento, ancora una volta, della presunzione di innocenza. 
    1.7.2.- Oltre a tale irragionevolezza intrinseca, la disposizione
censurata sarebbe irragionevole anche in raffronto all'art.  1  della
legge 27 luglio 2011, n. 125  (Esclusione  dei  familiari  superstiti
condannati per omicidio del pensionato o dell'iscritto a un  ente  di
previdenza dal diritto alla pensione di reversibilita' o  indiretta),
che  prevede  la   sospensione   del   diritto   alla   pensione   di
reversibilita' per il soggetto che sia stato rinviato a giudizio  per
l'omicidio  volontario  del  coniuge.  Tale  disciplina,   che   pure
sembrerebbe violare  la  presunzione  di  innocenza,  in  ogni  caso,
posticiperebbe la sospensione  a  un  vaglio  di  meritevolezza  piu'
profondo e piu' completo (visto il  contraddittorio  che  precede  il
rinvio a giudizio) di quello compiuto in sede cautelare e prevedrebbe
il diritto dell'imputato a ricevere le somme arretrate e non ottenute
per via della sospensione, in caso di proscioglimento definitivo. 
    1.8.- Da ultimo, il giudice a quo asserisce  l'impossibilita'  di
fornire un'interpretazione costituzionalmente conforme, che  consenta
di valutare l'opportunita' di  sospendere  o  meno  l'erogazione  del
reddito di cittadinanza. Una tale interpretazione, oltre  a  produrre
effetto solo inter partes, sarebbe contra legem e  risulterebbe  essa
stessa  incostituzionale,  rimettendo  al  giudice  una   valutazione
prettamente amministrativa, caratterizzata da un arbitrio in  assenza
di  criteri  guida   legislativamente   imposti,   con   un   effetto
sanzionatorio comunque incompatibile con la ratio  assistenziale  del
beneficio economico. 
    2.- Con atto depositato il  4  agosto  2020  e'  intervenuto  nel
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che   le
questioni sollevate dal GIP presso  il  Tribunale  di  Palermo  siano
dichiarate inammissibili o comunque infondate. 
    2.1.- In punto di rilevanza  l'Avvocatura  generale  dello  Stato
evidenzia  come  l'intervento  richiesto  sia  senz'altro   creativo,
implicando  scelte  affidate  alle  valutazioni   discrezionali   del
legislatore, con conseguente inammissibilita' delle  questioni  (sono
richiamate la sentenza di questa Corte n. 87 del 2013 e le  ordinanze
n. 176 e n. 156 del 2013). 
    2.1.1.-  Com'e'  noto,  infatti,  il  potere  discrezionale   del
legislatore  e'  suscettibile  di  sindacato  solo  laddove  il   suo
esercizio  travalichi  il  canone  della  ragionevolezza,  che   deve
presiedere alle scelte normative. In  questo  senso,  «[p]erche'  sia
dunque possibile operare uno scrutinio che  direttamente  investa  il
merito  delle  scelte  sanzionatorie  operate  dal  legislatore,   e'
pertanto  necessario  che  l'opzione  normativa  contrasti  in   modo
manifesto  con  il  canone  della  ragionevolezza,  vale  a  dire  si
appalesi, in concreto, come espressione  di  un  uso  distorto  della
discrezionalita'  che  raggiunga  una  soglia  di  evidenza  tale  da
atteggiarsi alla stregua di una figura per cosi' dire sintomatica  di
"eccesso  di  potere"  e,  dunque,   di   sviamento   rispetto   alle
attribuzioni che l'ordinamento  assegna  alla  funzione  legislativa»
(cosi' la richiamata sentenza di questa Corte n. 313  del  1995;  nei
medesimi termini si richiamano anche le sentenze n. 229 e n. 223  del
2015, n. 248 e n. 81 del 2014). 
    2.1.2.- Allo stesso tempo,  prosegue  l'Avvocatura  dello  Stato,
sono   stati   progressivamente   definiti    dalla    giurisprudenza
costituzionale i  connotati  propri  del  canone  di  ragionevolezza,
attraverso figure consolidate che, in qualche misura,  appaiono  come
sintomatiche del vizio di legittimita' costituzionale o  dell'assenza
del vizio medesimo. 
    In particolare, sotto il  profilo  della  coerenza  della  scelta
normativa, che puo' essere riferita anche ai  principi  generali  del
sistema e al quadro normativo, e'  stato  affermato  che  difetta  la
ragionevolezza laddove «la legge manca il suo obiettivo e tradisce la
sua ratio» (cosi' la sentenza n. 43 del 1997). La  ragionevolezza  si
manifesta anche come non arbitrarieta', quando la scelta  legislativa
sia sostenuta da una ragione giustificatrice sufficiente, ovvero  non
si presenti come costituzionalmente intollerabile  (viene  richiamata
la sentenza n. 206 del 1999). Il  sindacato  di  ragionevolezza  puo'
consistere, poi, in una valutazione  circa  la  proporzionalita',  la
congruita' e l'adeguatezza del mezzo rispetto al fine perseguito. 
    Ebbene,   rispetto   ai   prospettati   dubbi   di   legittimita'
costituzionale, la  scelta  del  legislatore  attuata  attraverso  la
normativa  censurata,  lungi  dal  costituire  una  misura   punitiva
sproporzionatamente afflittiva, sarebbe tutt'altro che manifestamente
irragionevole. 
    2.2.- Cio' premesso, l'Avvocatura dello  Stato  precisa,  innanzi
tutto,  che  il  reddito  di  cittadinanza  sarebbe  una  misura   di
inclusione sociale volta ad agevolare  l'inserimento  al  lavoro  per
quei soggetti  che  vivono  una  situazione  di  particolare  disagio
economico. 
    Il  beneficio  e'   riconosciuto   ai   familiari   in   possesso
cumulativamente, al momento della presentazione della domanda  e  per
tutta la durata  dell'erogazione  del  beneficio,  di  una  serie  di
requisiti elencati nell'art. 2, comma 1, del d.l. n. 4 del 2019, come
convertito. Tra questi vi e' la mancata sottoposizione a  una  misura
cautelare personale, anche adottata a seguito di convalida di arresto
o fermo, nonche' la mancanza di condanne definitive, intervenute  nei
dieci anni precedenti la richiesta, per taluno dei  delitti  indicati
dal successivo art. 7, comma 3. 
    L'art. 7-ter, comma l, oggetto di censura, prevede  poi  che  nei
confronti del beneficiario o del richiedente  cui  e'  applicata  una
misura cautelare personale, anche adottata  a  seguito  di  convalida
dell'arresto o del fermo, nonche' del  condannato  con  sentenza  non
definitiva  per  taluno  degli  indicati  delitti,  l'erogazione  del
beneficio venga sospesa. 
    2.2.1.- La questioni sollevate sarebbero prive di fondamento  per
le medesime ragioni gia' vagliate dalla recente  sentenza  di  questa
Corte n. 122 del 2020, concernente proprio la disposizione oggetto di
censura. Ivi, si e' sottolineato che «il provvedimento di sospensione
del  reddito  di  cittadinanza,  nel  caso  di  sopravvenuta   misura
cautelare personale a carico  del  richiedente  o  del  beneficiario,
appare trasparentemente collegato alla  circostanza  che  la  mancata
soggezione a tali misure, cosi' come l'assenza di  una  condanna  per
taluni specifici reati  (intervenuta  nei  dieci  anni  antecedenti),
costituiscano due requisiti essenziali per l'ottenimento del  reddito
di cittadinanza. Si tratta di particolari requisiti (si  vedano,  tra
le piu' recenti, le sentenze n. 248 del 2019, n. 161 del  2018  e  n.
276 del 2016), per l'ottenimento di un beneficio  economico  rispetto
al quale, tra l'altro, l'interessato non puo' vantare  alcun  diritto
precostituito in assenza della legge di cui e' parte la  disposizione
censurata (sul punto si veda la sentenza n. 248 del 2019)». Pertanto,
il provvedimento di sospensione «altro non e' che la conseguenza  del
venir meno di un requisito necessario alla concessione del  beneficio
e rientra per cio'  stesso  tra  i  casi  in  cui  la  giurisprudenza
costituzionale riconosce la legittimita'  di  sospensione,  revoca  o
decadenza, anche  attraverso  meccanismi  automatici  (si  vedano  le
sentenze n. 161 del 2018, n. 276 del 2016, n. 2 del 1999, n. 226  del
1997 e n. 297 del 1993)». 
    2.3.- Gli  ulteriori  profili  di  illegittimita'  costituzionale
evidenziati dal rimettente nel  caso  in  esame  parimenti  sarebbero
tutti inammissibili e comunque manifestamente infondati. 
    2.3.1.-  La  sospensione  dell'erogazione   del   beneficio   non
determinerebbe un diretto pregiudizio del diritto al  lavoro  sancito
dagli artt. l e 4  Cost.,  incidendo  la  stessa  su  una  misura  di
sostegno economico  che  il  legislatore  attribuisce  a  determinati
soggetti, in presenza dei requisiti richiesti. 
    Il venir meno di uno di questi requisiti  renderebbe  ragionevole
la scelta operata dal  legislatore  di  sospendere  l'erogazione  del
beneficio per  tutta  la  durata  della  misura  cautelare  in  atto,
risultando preminenti le esigenze cautelari sottese all'adozione  del
provvedimento  restrittivo  della  liberta'  personale.  Infatti,  la
scelta normativa di sospendere il beneficio anche per  reati  diversi
da quelli indicati dall'art. 7, comma 3, del d.l. n. 4 del 2019, come
convertito, sarebbe giustificata  dalla  necessita'  di  fronteggiare
situazioni di pericolo concreto, cessate  le  quali  puo'  riprendere
l'iter di accompagnamento al lavoro. 
    Diversa, invece, sarebbe l'ipotesi di sospensione  del  beneficio
prevista  nel  medesimo  art.  7-ter  con  riferimento,  pero',  alle
sentenze di condanna  non  definitive  in  relazione  ai  soli  reati
indicati al citato comma 3 dell'art. 7. In tali casi  l'accertamento,
seppur non definitivo, della responsabilita' penale del richiedente o
beneficiario per reati che il  legislatore,  nell'esercizio  del  suo
potere discrezionale non  sindacabile,  ha  ritenuto  di  particolare
allarme  sociale,  legittimerebbe   la   scelta   legislativa   della
sospensione del reddito di cittadinanza. 
    Alla luce dei differenti presupposti che  sorreggono  le  opzioni
legislative  adottate  non  potrebbe  parlarsi,  quindi,  di   scelta
legislativa irragionevole nell'accezione sopra precisata. 
    2.3.2.- Con specifico riferimento all'asserita  violazione  degli
artt. 29, 30 e 31 Cost., sarebbe sufficiente constatare che  siffatta
tesi  porterebbe  all'impossibilita'  di  subordinare   a   qualsiasi
condizione di meritevolezza (in senso lato) un  beneficio  economico,
per tutti i casi in cui  il  fruitore  della  provvidenza  abbia  una
famiglia a carico. Il che, considerata la natura e le  finalita'  del
reddito di cittadinanza, non potrebbe di certo ritenersi ammissibile. 
    2.3.3.- Risulterebbe inconferente anche il richiamo  operato  dal
giudice   rimettente   al   principio   della   personalita'    della
responsabilita' penale (art. 27 Cost.), dal momento che  gli  effetti
pregiudizievoli della condotta del reo ricadrebbero unicamente  nella
sua sfera giuridica. 
    2.3.4.- Parimenti dovrebbe ritenersi inammissibile  la  questione
relativa  al  contrasto  con  l'art.  117,  primo  comma,  Cost.,  in
correlazione con l'art. 6, comma 2, CEDU. 
    Il giudice a quo  richiama,  ancora  una  volta,  i  principi  di
personalita'  della  responsabilita'  e   di   presunzione   di   non
colpevolezza riconosciuti dal diritto convenzionale, tralasciando  di
considerare: da un lato, che si tratta di principi fondamentali  gia'
sanciti nel testo costituzionale (art. 27 Cost.); dall'altro, che  il
censurato art. 7-ter fonderebbe la sua  ratio  non  sull'accertamento
definitivo  della  colpevolezza,  bensi'  su   esigenze   di   natura
cautelare, che prescinderebbero da  un  compiuto  accertamento  della
responsabilita' penale. 
    Inoltre,  il  verificarsi  di  una   condizione   ostativa   alla
possibilita' di beneficiare di una provvidenza economica non potrebbe
essere  considerata  una  sanzione  anticipata  in  assenza   di   un
accertamento  definitivo  di  responsabilita'  (ex   plurimis,   sono
richiamate le sentenze di questa Corte n. 248 del 2019,  n.  206  del
1999, n. 239 e n. 141 del 1996), ma costituirebbe solo il venir  meno
di  un  requisito  per  l'accesso  al  beneficio,   determinato   dal
legislatore  nell'esercizio  del  proprio  potere  discrezionale  (si
richiamano le sentenze di questa Corte n. 122 del 2020 e n.  194  del
2017); scelta non affetta da irrazionalita' manifesta e  irrefutabile
costituzionalmente rilevante (e' richiamata anche la sentenza  n.  86
del 2017). 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Giudice  per  le  indagini  preliminari  del   Tribunale
ordinario di Palermo, con ordinanza iscritta al n.  86  del  registro
ordinanze del 2020, ha sollevato, in riferimento agli artt. 1, 2,  3,
4, 27, primo e secondo comma, 29, 30 e 31  della  Costituzione  e  al
principio di ragionevolezza, nonche' all'art. 117, primo comma, Cost.
-  quest'ultimo  in  relazione  all'art.  6,   paragrafo   2,   della
Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali (CEDU), firmata a  Roma  il  4  novembre  1950,
ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto  1955,  n.  848,  e
all'art. 48 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione  europea
(CDFUE),  proclamata  a  Nizza  il  7  dicembre  2000  e  adattata  a
Strasburgo  il  12  dicembre  2007  -   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 7-ter, comma 1, del decreto-legge 28 gennaio
2019,  n.  4  (Disposizioni  urgenti  in  materia   di   reddito   di
cittadinanza e di pensioni), convertito, con modificazioni, in  legge
28 marzo 2019, n. 26. 
    Ivi, in relazione all'erogazione del reddito di cittadinanza,  si
prevede che «[n]ei confronti del beneficiario o del  richiedente  cui
e' applicata una misura cautelare personale, anche adottata a seguito
di convalida dell'arresto o del fermo,  nonche'  del  condannato  con
sentenza non definitiva per taluno dei delitti indicati  all'articolo
7, comma 3, l'erogazione del  beneficio  di  cui  all'articolo  1  e'
sospesa. La medesima sospensione si applica anche nei  confronti  del
beneficiario  o  del  richiedente  dichiarato  latitante   ai   sensi
dell'articolo 296  del  codice  di  procedura  penale  o  che  si  e'
sottratto volontariamente all'esecuzione della pena.  La  sospensione
opera nel limite e con le modalita' di cui all'articolo 3, comma 13». 
    2.- Secondo il giudice a quo la  disposizione  censurata  sarebbe
costituzionalmente  illegittima  nella  parte  in   cui   impone   di
sospendere l'erogazione del reddito di cittadinanza nei confronti del
beneficiario  o  del  richiedente  a  cui  e'  applicata  una  misura
cautelare personale. 
    2.1.- In primo luogo, sarebbero violati gli artt. 2 e 3,  secondo
comma, Cost. 
    In virtu' della sospensione,  infatti,  il  beneficiario  sarebbe
privato di un sostegno economico che potrebbe anche configurarsi come
condizione imprescindibile  alla  sua  sopravvivenza,  a  pregiudizio
della liberta' e della dignita' dello  stesso,  senza  che  cio'  sia
ancorato  a   una   ragione   giustificatrice   diversa   da   quella
squisitamente sanzionatoria e punitiva. 
    2.2.- In secondo luogo, verrebbero lesi gli artt. l e 4 Cost., in
quanto  il  reddito  di  cittadinanza   sarebbe   finalizzato   anche
all'inserimento   lavorativo   e   alla   formazione   privata    del
beneficiario, obiettivi che verrebbero  ingiustificatamente  limitati
dal provvedimento di sospensione. 
    2.3.- Vi sarebbe poi una violazione  degli  artt.  29,  30  e  31
Cost., perche' il reddito di cittadinanza e' riconosciuto in funzione
dei redditi familiari e come sostegno all'intero nucleo familiare, la
cui tutela  sarebbe  pregiudicata  dalla  sospensione  del  beneficio
economico. 
    2.4.- Ancora, sussisterebbe una lesione degli artt. 27,  primo  e
secondo comma, e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo  in  relazione
all'art. 6, paragrafo 2, CEDU e all'art. 48 CDFUE. 
    Da  un  lato,  la  disposizione  censurata  pregiudicherebbe   il
principio di personalita' della responsabilita'  penale,  poiche'  il
nucleo familiare sarebbe privato del sostentamento in  virtu'  di  un
fatto eventualmente commesso da un familiare. 
    Dall'altro lato, verrebbe leso il principio della presunzione  di
non  colpevolezza,  imponendosi  la  sospensione   del   reddito   di
cittadinanza, sanzione di  carattere  sostanzialmente  penale,  a  un
soggetto non condannato nemmeno in via provvisoria. 
    2.5.- Infine, sarebbe violato l'art. 3  Cost.,  in  relazione  al
principio di ragionevolezza. 
    Da una parte, infatti, per le condotte estranee a quelle  di  cui
all'art. 7, comma 3, del d.l. n. 4  del  2019,  come  convertito,  si
dovrebbe disporre la sospensione del  beneficio  in  caso  di  misura
cautelare  personale,  pur  sapendo  che   tale   statuizione   sara'
sicuramente revocata in presenza di una condanna definitiva per  tali
condotte. 
    Dall'altra  parte,  nel  caso  di  revoca  del  provvedimento  di
sospensione,  non  vi  sarebbe  la  possibilita'  di   ottenere   gli
arretrati,  in  palese  discriminazione,  tra  l'altro,  con   quanto
previsto dall'art. 1 della legge 27 luglio 2011, n.  125  (Esclusione
dei familiari superstiti condannati per  omicidio  del  pensionato  o
dell'iscritto a un ente di previdenza dal diritto  alla  pensione  di
reversibilita' o  indiretta),  ove  si  prevede  la  sospensione  del
diritto alla pensione di reversibilita' per il soggetto che sia stato
rinviato a giudizio per l'omicidio volontario  del  coniuge  (con  un
vaglio di meritevolezza quindi  piu'  profondo  e  piu'  completo  di
quello compiuto in sede cautelare),  con  la  possibilita'  pero'  di
ricevere le somme arretrate in caso di proscioglimento definitivo. 
    3.- In via preliminare va respinta l'eccezione d'inammissibilita'
del Presidente del Consiglio dei ministri,  intervenuto  in  giudizio
per  mezzo  dell'Avvocatura  generale  dello  Stato,  relativa   alla
questione sollevata in riferimento agli artt. art. 27  e  117,  primo
comma, Cost. 
    Secondo  l'Avvocatura  dello  Stato,  infatti,  la  ratio   della
sospensione del reddito di cittadinanza  non  sarebbe  legata  a  una
presunzione di colpevolezza, come ritenuto invece dal rimettente, non
venendo in esame, quindi, questioni relative al sistema penale. 
    Si tratta di argomenti che attengono piu' propriamente al  merito
delle censure. 
    4.- Altresi'  infondata  risulta  l'eccezione  d'inammissibilita'
sollevata in riferimento all'art. 3  Cost.,  in  quanto  l'intervento
richiesto   a   questa   Corte   sarebbe   eccessivamente   creativo,
intervenendo   su   aspetti   rimessi   alla   discrezionalita'   del
legislatore. 
    Il giudice a quo, infatti, non  chiede  un  intervento  additivo,
bensi' una  pronuncia  d'illegittimita'  parziale,  che  colpisca  la
disposizione nella parte in cui impone la sospensione del reddito  di
cittadinanza in caso di misura cautelare personale. 
    L'eventuale   non   manifesta   irragionevolezza   della   scelta
legislativa,  argomentata  dall'interveniente,  quindi,   costituisce
semmai elemento per il rigetto della questione nel merito e  non  per
la sua inammissibilita'. 
    5.- Sempre in via preliminare  deve  senz'altro  riconoscersi  la
legittimazione del GIP  del  Tribunale  di  Palermo  a  sollevare  la
questione  in  esame,  tra  l'altro  non  contestata  dall'Avvocatura
generale dello Stato. 
    La sospensione del reddito di cittadinanza,  ai  sensi  dell'art.
7-ter, commi 2 e 3, del d.l. n. 4 del 2019, come convertito,  avviene
all'interno di una fase consequenziale alla  decisione  sulla  misura
cautelare, mentre la diversa fase  che  fa  capo  all'ente  erogatore
attiene alle sole modalita' esecutive  del  provvedimento  sospensivo
(art. 7-ter, comma 4). 
    Il giudice che ha disposto  la  misura  cautelare,  pertanto,  e'
tenuto ad adottare il provvedimento di  sospensione  del  reddito  di
cittadinanza,  accertando  in  capo  al  destinatario  della   misura
cautelare il godimento del beneficio economico nel primo atto cui  e'
presente l'indagato o l'imputato, cioe', come  nel  caso  di  specie,
proprio in sede di interrogatorio ex art. 294 del codice di procedura
penale. 
    6.- Nel merito, le questioni sollevate dal GIP del  Tribunale  di
Palermo non sono fondate. 
    6.1.- Il  reddito  di  cittadinanza  costituisce  un  particolare
beneficio economico, introdotto per la prima  volta  nell'ordinamento
italiano dal d.l. n. 4 del 2019, al dichiarato  fine  di  operare  un
riordino  del  sistema  di  assistenza   sociale   e   una   generale
razionalizzazione dei servizi per l'impiego, con l'obiettivo  di  una
piu' efficace gestione delle politiche attive per il lavoro. 
    L'art. 1, comma 1, cosi', definisce il  reddito  di  cittadinanza
quale misura fondamentale di politica attiva del lavoro, oltre che di
contrasto  alla  poverta',  alla  disuguaglianza   e   all'esclusione
sociale, prevedendo a tal fine politiche volte al sostegno  economico
e all'inserimento sociale dei soggetti  a  rischio  di  emarginazione
nella societa' e nel mondo del lavoro. 
    6.1.1.- L'art. 2 del d.l. n. 4 del 2019  disciplina  i  requisiti
personali, reddituali e patrimoniali per  accedere  al  reddito,  che
devono sussistere, sia al momento della presentazione della  domanda,
sia per tutta la durata dell'erogazione. 
    La lettera c-bis) del comma 1 di  tale  articolo,  introdotta  in
sede di conversione, in particolare, stabilisce che il richiedente il
beneficio non deve essere sottoposto a  misura  cautelare  personale,
anche adottata a seguito di convalida dell'arresto  o  del  fermo,  o
condannato in via definitiva, nei dieci anni precedenti la richiesta,
per taluno dei delitti indicati dal successivo art. 7,  comma  3.  Si
tratta di determinati reati, individuati ai commi 1 e 2 dello  stesso
art.  7  (attinenti  alle   false   dichiarazioni   o   alle   omesse
comunicazioni concernenti i requisiti per  ottenere  e  mantenere  il
reddito di cittadinanza), nonche' dagli artt. 270-bis, 280,  289-bis,
416-bis, 416-ter e 422 del codice penale (concernenti fattispecie  di
terrorismo ed eversione e di stampo mafioso) e dall'art. 640-bis cod.
pen. (truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche);
a questi si aggiungono i reati commessi avvalendosi delle  condizioni
previste dal predetto  art.  416-bis  ovvero  al  fine  di  agevolare
l'attivita' delle associazioni di cui allo stesso articolo. 
    Il beneficio economico e' erogato sulla  base  di  una  scala  di
equivalenza parametrata sui componenti del nucleo familiare.  Qualora
un componente del nucleo familiare beneficiario  si  trovi  in  stato
detentivo, ovvero sia ricoverato in istituti di cura di lunga degenza
o altre strutture residenziali a totale carico dello Stato o di altra
amministrazione pubblica, il parametro della scala di equivalenza non
tiene conto di tali soggetti (art. 3, comma 13). Medesima conseguenza
si  ha  quando  faccia  parte  del  nucleo  familiare  un  componente
sottoposto a misura cautelare o condannato  per  taluno  dei  delitti
indicati dall'art. 7, comma 3. 
    Ai sensi dell'art. 4, per beneficiare del reddito di cittadinanza
e' necessario rispettare numerose condizionalita', quali  l'immediata
disponibilita' al lavoro (con l'obbligo di accettare  almeno  una  di
tre  offerte  di  lavoro  congrue)  e  l'adesione   a   un   percorso
personalizzato  di  accompagnamento  all'inserimento   lavorativo   e
all'inclusione sociale, attraverso la sottoscrizione di un patto  per
il lavoro e, ove siano presenti particolari criticita', di  un  patto
per l'inclusione sociale. 
    Al rispetto di tali  condizioni  sono  tenuti  i  componenti  del
nucleo familiare maggiorenni, non occupati e che non  frequentano  un
regolare corso di studi, salvi taluni specifici casi di  esonero.  Il
venir  meno  agli  obblighi  comporta   dirette   conseguenze   sulla
percezione  del  beneficio,  le  quali,  a  seconda  della   gravita'
dell'inadempimento, vanno da una decurtazione delle somme da erogarsi
sino alla decadenza dallo stesso beneficio. 
    6.1.2.- Alla condanna definitiva (o all'applicazione  della  pena
su richiesta delle parti) per i ricordati reati di  cui  all'art.  7,
comma 3, consegue la revoca del reddito di cittadinanza. La revoca ha
efficacia retroattiva  e  comporta  l'obbligo  alla  restituzione  di
quanto indebitamente percepito e determina l'ulteriore effetto di non
poter piu' richiedere il beneficio prima che siano decorsi dieci anni
dalla condanna. 
    L'art. 7-ter, comma 1, invece, disciplina  la  fattispecie  della
sospensione  del  reddito   di   cittadinanza   nei   confronti   del
beneficiario o del richiedente  a  cui  venga  applicata  una  misura
cautelare  personale,  anche  adottata   a   seguito   di   convalida
dell'arresto o del fermo, o  che  sia  condannato  con  sentenza  non
definitiva per uno dei reati indicati all'art. 7, comma 3 (o che  sia
dichiarato latitante ai sensi dell'art. 296 cod. proc. pen. o si  sia
sottratto volontariamente all'esecuzione della pena). 
    Il provvedimento di sospensione - che puo'  essere  a  sua  volta
revocato dall'autorita' giudiziaria che l'ha disposto quando  vengano
meno le condizioni che l'abbiano determinato, senza la corresponsione
differita degli importi maturati durante il  periodo  di  sospensione
(art. 7-ter, comma 5) - opera nel limite e con le modalita' di cui al
citato art. 3, comma 13, del d.l. n. 4 del 2019, come convertito.  Si
e' gia' ricordato che, ai sensi di tale disposizione, il  reddito  di
cittadinanza puo' essere concesso anche se nel nucleo  familiare  sia
presente un  soggetto  in  stato  detentivo  o  sottoposto  a  misura
cautelare, senza pero' computare tale soggetto  nel  parametro  della
scala di equivalenza. Ne deriva  che  analoga  conseguenza  si  avra'
qualora  lo  stato  detentivo  o  la   misura   cautelare   personale
sopraggiungano in corso d'opera. 
    A differenza della revoca, dunque, la sospensione non ha  effetto
retroattivo ed e' adottata dal giudice  che  ha  disposto  la  misura
cautelare oppure che ha emesso la sentenza di condanna non definitiva
o dichiarato la latitanza, ovvero  dal  giudice  dell'esecuzione,  su
richiesta del pubblico ministero che ha emesso l'ordine di esecuzione
di cui all'art. 656 cod. proc. pen., al quale il  condannato  si  sia
volontariamente sottratto (art. 7-ter, commi 2 e 3). Il provvedimento
di sospensione e' poi comunicato all'ente erogatore che deve disporre
la temporanea cessazione dell'erogazione del reddito di  cittadinanza
(art. 7-ter, comma 4). 
    Come gia' chiarito da questa Corte  nella  sentenza  n.  122  del
2020, il legislatore ha dunque previsto un particolare  requisito  di
onorabilita' per la  richiesta  del  reddito  di  cittadinanza  -  la
mancata soggezione a misure cautelari personali -  che,  al  pari  di
qualsiasi altro requisito, deve sussistere non solo al momento  della
domanda, ma anche per tutta la durata dell'erogazione  del  beneficio
economico. 
    Il provvedimento di  sospensione  in  caso  di  misure  cautelari
sopravvenute, quindi, «altro non e' che la conseguenza del venir meno
di un requisito necessario alla concessione del beneficio  e  rientra
per cio' stesso tra i casi in cui  la  giurisprudenza  costituzionale
riconosce la legittimita' di sospensione, revoca o  decadenza,  anche
attraverso meccanismi automatici (si vedano le sentenze  n.  161  del
2018, n. 276 del 2016, n. 2 del 1999, n. 226 del 1997 e  n.  297  del
1993)». 
    6.2.- In riferimento a tutte le questioni sollevate e,  in  primo
luogo, a quella relativa alla violazione degli artt. 2 e 3 Cost.,  al
di la' degli argomenti di cui alla  ricordata  sentenza  n.  122  del
2020, rileva che la disciplina del reddito di cittadinanza  definisce
un percorso di reinserimento nel mondo lavorativo che va  al  di  la'
della pura assistenza economica. 
    Cio' differenzia la misura  in  questione  da  altre  provvidenze
sociali, la cui erogazione si fonda essenzialmente sul solo stato  di
bisogno,  senza  prevedere  un  sistema  di   rigorosi   obblighi   e
condizionalita'. 
    Cosi', ad esempio, per  quelle  prestazioni  che  si  configurano
quali misure di sostegno indispensabili per una vita dignitosa,  come
la pensione d'inabilita' civile - di cui all'art. 12 della  legge  30
marzo 1971, n. 118 (Conversione in legge del decreto-legge 30 gennaio
1971, n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili) -
diretta alla salvaguardia di condizioni di vita  accettabili  e  alla
tutela di bisogni primari della persona (sentenza n. 7 del 2021),  al
fine di garantire un minimo vitale  di  sussistenza  a  presidio  del
nucleo  essenziale  e  indefettibile  del  diritto  al  mantenimento,
garantito a ogni cittadino inabile al lavoro  (sentenza  n.  152  del
2020). 
    Si pensi anche alla pensione di  cittadinanza  -  prevista  dallo
stesso d.l. n. 4 del 2019, come convertito, per  i  nuclei  familiari
composti esclusivamente da uno o  piu'  componenti  di  eta'  pari  o
superiore a 67 anni - che  e'  una  misura  di  mero  contrasto  alla
poverta' delle  persone  anziane;  o  ancora  all'assegno  sociale  -
riconosciuto dall'art. 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n.  335
(Riforma del sistema pensionistico obbligatorio  e  complementare)  a
coloro che abbiano compiuto 65 (ora 67) anni di eta' e siano titolari
di un reddito al di sotto della soglia di legge - volto a far  fronte
a un particolare stato di bisogno derivante dall'indigenza. 
    Per tali provvidenze non e' prevista la sospensione nel  caso  di
misure cautelari personali. 
    6.2.1.-  Il  reddito  di  cittadinanza,  invece,  non  ha  natura
meramente assistenziale, proprio perche' accompagnato da un  percorso
formativo e  d'inclusione  che  comporta  precisi  obblighi,  il  cui
mancato rispetto determina, in varie forme, l'espulsione dal percorso
medesimo. 
    Pertanto,  la  sospensione  del  beneficio  non  ha  una  ragione
punitiva e  sanzionatoria,  ma  si  collega  appunto  agli  obiettivi
dell'intervento legislativo.  In  tal  senso,  la  presenza  di  piu'
specifiche e severe condizioni per la richiesta e per il mantenimento
della provvidenza (ex multis, sentenza n. 194 del 2017), oltre a  dar
corpo al particolare requisito morale sotteso dall'istituto, e' anche
strumentale all'effettiva realizzazione  del  percorso  d'inserimento
lavorativo, che puo' essere ostacolato o addirittura  impedito  dalla
misura cautelare. 
    La sospensione in  esame,  pertanto,  risulta  espressione  della
discrezionalita' attribuita al legislatore (tra le tante, sentenze n.
113 del 2019, n. 222 del 2018, n. 194 del 2017, n. 223 del  2015,  n.
214 e n. 81 del 2014, n. 134, n. 120 e n. 36  del  2012),  «che  puo'
essere ed e' stata discussa, ma non si  presenta  affetta  da  quella
irrazionalita'  "manifesta  e  irrefutabile"  che  richiederebbe   la
declaratoria d'illegittimita' costituzionale (tra le tante,  sentenze
n. 86 del 2017 e n. 46 del 1993)» (sentenza n. 122 del 2020). 
    6.2.2.-  Tra  l'altro,  la  stessa  sospensione  del  reddito  di
cittadinanza non comporta, di per se', la  necessaria  privazione  in
capo al soggetto interessato dei mezzi per vivere. 
    Infatti,   proprio   in   quanto   provvidenza   non    meramente
assistenziale, essa e' compatibile con  ulteriori,  seppur  limitati,
redditi, derivanti da lavoro o da altri strumenti  assistenziali,  la
cui  presenza  determina  semmai  una  decurtazione  dell'importo  da
erogarsi (e i benefici non soggetti alla prova  dei  mezzi  non  sono
neppure computati nel reddito rilevante ai fini ISEE). 
    In ogni caso,  a  colui  che  si  veda  sospendere  il  beneficio
economico non sarebbe preclusa la possibilita', ove  ne  ricorrano  i
presupposti,  di  accedere  ad  altre  forme  di  assistenza  sociale
previste  dall'ordinamento,  per  le  quali  la  presenza  di  misure
cautelari personali non costituisce causa ostativa. 
    6.3.- In secondo luogo, non fondate risultano  anche  le  censure
relative alla violazione del diritto al lavoro sancito dagli artt.  l
e 4 Cost. 
    6.3.1.-  Il  reddito  di   cittadinanza   e'   finalizzato   alla
realizzazione di tale diritto. Non contrasta certo con  esso  che  il
legislatore lo riservi a un soggetto di cui non  sono  in  dubbio  le
qualita' morali, che non e' in condizione di attuale pericolosita' ed
e' in grado di seguire un  percorso  d'inserimento  nel  mercato  del
lavoro, non essendo destinatario di misure le quali, come gia' detto,
possano risultare a tal fine impeditive. 
    Rileva,  inoltre,  che  tali   requisiti   sono   previsti   «per
l'ottenimento di  un  beneficio  economico  rispetto  al  quale,  tra
l'altro, l'interessato non puo' vantare alcun  diritto  precostituito
in assenza della legge di cui e' parte la disposizione censurata (sul
punto si veda la sentenza n. 248 del  2019)»  (sentenza  n.  122  del
2020). 
    6.4.- Con riferimento alla lesione degli artt. 29, 30 e 31 Cost.,
l'incidenza della sospensione del reddito di cittadinanza sull'intero
nucleo familiare e' una mera conseguenza del fatto che,  in  presenza
di  misure  cautelari  personali,  non  e'  possibile  effettuare  la
richiesta del reddito di  cittadinanza.  Il  sopraggiungere  di  tale
causa ostativa, pertanto, comporta la sospensione del beneficio  gia'
in corso di erogazione. 
    D'altronde,   come   gia'   osservato,   risulta   nella   logica
dell'intervento legislativo una possibile  ripercussione  sul  nucleo
familiare del venir meno di peculiari requisiti personali,  anche  da
parte di un solo familiare. 
    Non si dimentichi, inoltre, che la sospensione  si  ha  solo  ove
destinatario del  provvedimento  cautelare  sia  il  richiedente  del
beneficio, operando negli altri casi lo  scomputo  del  soggetto  dal
parametro della scala di equivalenza, come prima ricordato. 
    6.5.- Non fondate sono anche le censure sollevate in  riferimento
agli artt. art. 27 e 117, primo comma, Cost., in  relazione  all'art.
48 CDFUE e all'art. 6, paragrafo 2, CEDU. 
    Come gia' chiarito dalla sentenza n. 122 del  2020,  infatti,  la
ratio della sospensione del reddito di  cittadinanza  al  richiedente
sottoposto a misura cautelare personale e' conseguenza del venir meno
di un peculiare requisito morale, che trova  la  sua  giustificazione
non nella  presunzione  di  colpevolezza,  bensi'  nella  valutazione
d'incompatibilita' tra la richiesta  del  beneficio  economico  e  la
soggezione a detta misura cautelare. 
    Non  vengono  in  gioco,   pertanto,   profili   attinenti   alla
responsabilita' penale. 
    6.6.-  Da  ultimo,  non  fondate  risultano  anche  le  doglianze
relative alla violazione dell'art.  3  Cost.,  quale  fondamento  del
principio di ragionevolezza. 
    6.6.1.- Da una  parte,  infatti,  non  e'  irragionevole  che  il
reddito di cittadinanza venga sospeso in  caso  di  misura  cautelare
personale e possa poi  tornare  a  essere  erogato  in  seguito  alla
condanna definitiva, salvo che per i reati di cui all'art.  7,  comma
3, del d.l. n. 4 del 2019, come convertito. 
    Tale conseguenza, «sebbene  opinabile,  appare  coerente  con  il
contesto  normativo  disegnato  dal  legislatore,  poiche'   con   la
cessazione della misura cautelare cessa anche quel pericolo  concreto
e attuale che legittima la  sospensione  e  il  soggetto  interessato
riacquista  nuovamente  lo  specifico  requisito  per  richiedere  il
reddito di cittadinanza». Le condanne,  invece,  «sono  ritenute  dal
legislatore ostative alla concessione o al mantenimento del beneficio
solo  quando  concernono  peculiari  tipologie  di  reato,  in  parte
sovrapponibili a quelle che gia' erano e sono causa di  revoca  degli
ammortizzatori sociali» (sentenza n. 122 del 2020). 
    6.6.2.- Dall'altra parte, non pertinente appare il raffronto  con
l'art. 1 della legge n. 125 del 2011, che prevede la sospensione  del
diritto alla pensione di reversibilita' per il soggetto che sia stato
rinviato a giudizio per l'omicidio volontario del coniuge. 
    Tale disciplina, infatti, e' dettata  dalla  diversa  ragione  di
sospendere  l'erogazione  di  somme  nei  confronti  di  un  soggetto
rinviato a giudizio per l'omicidio di chi era titolare del  beneficio
previdenziale  da  cui  deriva  la  percezione  di  somme  da   parte
dell'accusato, che si sarebbe in tal modo  "illecitamente  costruito"
il beneficio economico. Il provvedimento ha, quindi, natura meramente
cautelare, che si lega alla specificita' del reato; non  a  caso,  la
pensione di reversibilita'  puo'  essere  nuovamente  percepita,  con
effetto retroattivo, in caso di proscioglimento. 
    Nel caso in esame, invece, la sospensione non  si  fonda  su  una
valutazione  legata  all'eventuale  futura  condanna   del   soggetto
interessato, ma sulla mera sussistenza del  provvedimento  cautelare;
ragione  per  cui,  alla  cessazione  di  quest'ultimo,   la   misura
sospensiva puo' si' essere revocata, ma con effetto non retroattivo. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara non fondate le questioni di legittimita'  costituzionale
dell'art. 7-ter, comma 1, del decreto-legge 28  gennaio  2019,  n.  4
(Disposizioni urgenti in materia di  reddito  di  cittadinanza  e  di
pensioni), convertito, con modificazioni, in legge 28 marzo 2019,  n.
26, sollevate, in riferimento agli artt. 1, 2,  3,  4,  27,  primo  e
secondo comma, 29, 30 e 31  della  Costituzione  e  al  principio  di
ragionevolezza,  nonche'  all'art.  117,   primo   comma,   Cost.   -
quest'ultimo in relazione all'art. 6, paragrafo 2, della  Convenzione
per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata  e
resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955,  n.  848,  e  all'art.  48
della Carta dei diritti  fondamentali  dell'Unione  europea  (CDFUE),
proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo  il  12
dicembre 2007 - dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale
ordinario di Palermo, con l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 maggio 2021. 
 
                                F.to: 
                   Giancarlo CORAGGIO, Presidente 
                      Giuliano AMATO, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 21 giugno 2021. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA