N. 92 ORDINANZA (Atto di promovimento) 1 dicembre 2020

Ordinanza  del  1°  dicembre  2020  del  Tribunale   di   Bologna nel
procedimento penale a carico di K.E.K. 
 
Reati e pene - Reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina
  - Ipotesi di fatto commesso da tre o piu' persone in  concorso  tra
  loro o  utilizzando  servizi  internazionali  di  trasporto  ovvero
  documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente  ottenuti
  - Trattamento sanzionatorio. 
- Decreto legislativo 25 luglio  1998,  n.  286  (Testo  unico  delle
  disposizioni concernenti la disciplina  dell'immigrazione  e  norme
  sulla condizione dello straniero), art. 12, comma 3, lettera d). 
(GU n.26 del 30-6-2021 )
 
                        TRIBUNALE DI BOLOGNA 
                        Sezione prima penale 
 
    Nel proc. penale  n  895/20  r.g.  dib.  R.G.  Trib.  -  10034/19
r.g.n.r. promosso nei confronti di E K K generalizzata in atti. 
    Il Tribunale, in composizione collegiale dai seguenti magistrati: 
        dott. Massimiliano Cenni presidente est; 
        dott. Renato Poschi giudice; 
        dott. Ines Rigoli giudice; 
    sulle questioni di legittimita'  costituzionale  sollevate  dalla
difesa dell'imputata, ha pronunciato la seguente Ordinanza; 
    1. E K K e' stata tratta a giudizio per rispondere del delitto di
cui all'art. 12, comma 1, T.U. Imm., aggravato ai sensi dell'art. 12,
comma 3, lettera d), T.U. imm., perche',  presentatasi  il  ...  alla
frontiera aerea di ... in arrivo  con  un  volo  proveniente  da  ...
esibiva ai controlli  di  polizia  un  passaporto  ... poi  risultato
falso, accompagnando con se' le minori infraquattordicenni K L e M  P
 B C, entrambe nate nella ... per le  quali  esibiva  due  passaporti
..., anch'essi rivelatisi falsi («con  la  condotta  sopra  descritta
compiva atti diretti a procurare l'ingresso illegale delle due minori
con l'aggravante di essersi servita di documenti d'identificazione  e
permessi di soggiorno risultati falsi»); in relazione a  tale  accusa
la signora K e' stata tratta in  arresto.  All'imputata  si  contesta
altresi' il delitto di possesso di documenti di identificazione falsi
di cui all'art. 497-bis del codice penale, aggravato dalla  finalita'
di eseguire il delitto di cui al capo n. 1 ai sensi dell'art. 61,  n.
2 del codice penale. 
    Il difensore dell'imputato all'udienza del 13 ottobre 2020, anche
per il tramite di una memoria, ha sollevato le seguenti questioni  di
legittimita' costituzionale: 
        a)  illegittimita'  costituzionale  della  cornice   edittale
prevista  per  la  fattispecie   di   favoreggiamento   dell'ingresso
irregolare  di  cui  all'art.  12,  comma  1,  T.U.   imm.,   nonche'
dell'aumento  di  pena  previsto  dall'aggravante  speciale  di   cui
all'art. 12, comma 3, lettera d) T.U.  imm.,  per  contrasto  con  il
principio di uguaglianza-ragionevolezza (art. 3 della Costituzione); 
        b)  illegittimita'  costituzionale  della  cornice   edittale
prevista  per  la  fattispecie   di   favoreggiamento   dell'ingresso
irregolare  di  cui  all'art.  12,  comma  1  T.U.   imm.),   nonche'
dell'aumento di  pena  previsto  dalle  aggravanti  speciali  di  cui
all'art. 12, comma 3, lettera d) T.U.  imm.,  per  contrasto  con  il
principio di proporzionalita' della sanzione penale (articoli  3,  27
comma 3 della Costituzione; articoli 11, 117 della  Costituzione,  49
par. 3 Carta dei diritti fondamentali UE); 
        c)  illegittimita'  della  scriminante  umanitaria   di   cui
all'art. 12, comma 2  T.U.  Imm.  per  violazione  del  principio  di
uguaglianza-ragionevolezza (art. 3 della Costituzione), in  combinato
disposto  con  il  diritto  alla  dignita'  umana   (art.   2   della
Costituzione; articoli 11, 117, 1 Carta dei diritti fondamentali UE),
nella parte in cui non prevede la sua applicazione anche  a  migranti
che non si trovino in Italia. 
    Ha  dedotto,  infine,  l'incompatibilita'   degli   obblighi   di
incriminazione europei del favoreggiamento  dell'ingresso  irregolare
(c.d. Facilitators Package) con la Carta dei diritti fondamentali  UE
(CDF), in particolare con il principio di proporzionalita' (art.  52,
par. 1 CDF) letto congiuntamente al diritto alla  liberta'  personale
(art. 6 CDF), al diritto alla dignita' umana (art. I CDF), al diritto
di richiedere asilo (art. 18 CDF), al rispetto della vita  privata  e
famigliare (art. 7 CDF). 
    2. Occorre premettere che  l'ipotesi  base  del  delitto  di  cui
all'art. 12, comma 1, cit. prevede la pena delle reclusione da 1 a  5
anni; nel comma 3 della stessa norma si prevedono ipotesi qualificate
dal compimento di ulteriori attivita', con la previsione di una  pena
da 5 a 15 anni di reclusione, alla quale si aggiunge anche  la  multa
(15.000,00 euro per ogni persona di cui e' favorito l'ingresso). 
    Le condotte delineate dalla norma in  commento  vengono  definite
come ipotesi di «favoreggiamento» dell'immigrazione  clandestina,  ma
l'espressione utilizzata in senso atecnico, trattandosi di ipotesi di
concorso di persone. 
    Secondo  la  difesa,  anzitutto,  la  cornice  edittale  prevista
dall'art. 12, comma 1, T.U. imm., e la sua stessa natura giuridica di
delitto anziche' di contravvenzione risulterebbero incompatibili  con
il canone costituzionale di  uguaglianza-ragionevolezza,  in  ragione
del trattamento  sanzionatorio  previsto.  Infatti,  la  condotta  di
chiunque aiuti uno straniero senza regolari documenti ad entrare  nel
territorio dello Stato non  viene  sanzionata  in  base  alle  regole
generali sul concorso di persone  nel  reato  (articoli  110  c.p.  e
10-bis  T.U.  imm.),  bensi',   appunto,   ai   sensi   dell'autonoma
fattispecie di favoreggiamento  dell'ingresso  irregolare  (art.  12,
comma 1, T.U. imm.). 
    Vi sarebbe dunque  una  macroscopica  differenza  di  trattamento
sanzionatorio alla quale sono assoggettati lo straniero autore  della
contravvenzione ex art. 10-bis e colui che con  la  propria  condotta
concorra nel medesimo fatto  e  cio'  non  sarebbe  sorretto  da  una
ragionevole giustificazione, risultando incompatibile con  il  canone
di uguaglianza-ragionevolezza. Secondo la  difesa  -  che  indica  il
reato ex art. 10-bis quale tertium comparationis - entrambe le  norme
sopraddette tutelerebbero il medesimo bene giuridico,  identificabile
nell'interesse dello Stato al controllo e alla  gestione  dei  flussi
migratori. 
    L'assunto  non  e'  condivisibile,  nei   termini   in   cui   e'
prospettato,  dovendo  ritenersi,   invece,   che   il   legislatore,
nell'ambito  di  tutela  di  un  medesimo   bene   giuridico,   possa
discrezionalmente  stabilire  condotte   punibili,   in   una   scala
crescente, a mero titolo di contravvenzione o, invece,  a  titolo  di
delitto, come nel caso di  specie,  attribuendo  maggiore  rilievo  e
sanzionando piu' gravemente talune condotte rispetto ad altre. 
    L'ingresso di stranieri irregolari e', infatti,  considerato  dal
legislatore come un fenomeno che incide sull'ordine pubblico e  sulla
sicurezza  pubblica  e  in  tale  ottica  deve  ritenersi  consentito
attribuire un maggiore  disvalore  a  condotte  poste  in  essere  da
soggetti terzi che si accompagnino a quelle degli  stranieri  diretti
interessati, posto che mentre la condotta dei  primi  non  appare  in
alcun modo giustificata, la condotta di questi ultimi e' valutata con
maggiore benevolenza, trattandosi di soggetti  vulnerabili  e  talora
costretti dalle contingenze a fare ingresso  clandestinamente  in  un
paese diverso da quello di provenienza. 
    Si deve poi osservare come il legislatore talora punisca con pene
estremamente rigorose  comportamenti  di  favoreggiamento/istigazione
poste in essere da terzi rispetto a condotte da altri tenute e che si
ritengono addirittura di per  se'  lecite  (ad  es.  attivita'  della
prostituta  e  favoreggiamento  della  prostituzione;  tentativo   di
suicido ed istigazione al suicidio). 
    Orbene, a maggior ragione il legislatore puo'  prevedere  che  la
condotta dello  straniero  favorito  integri  una  contravvenzione  e
quella del terzo concorrente, invece, un delitto, quando  si  ritenga
che la seconda assuma un maggiore disvalore. 
    D'altra parte, nella specie l'opzione per la forma del delitto e'
stata imposta dalla necessita' di anticipare la soglia  delle  tutela
per perseguire anche le condotte preparatorie («ovvero  compie  altri
atti diretti  a  procurarne  illegalmente  l'ingresso  illegittimo»),
obiettivo che non sarebbe stato possibile perseguire con la forma del
reato contravvenzionale. 
    Dunque, non potrebbe nemmeno ritenersi corretta  l'individuazione
quale tertium  comparationis  del  blando  trattamento  sanzionatorio
previsto dall'art. 10-bis, dovendosi al limite  richiamarsi  la  pena
come prevista dall'art. 12 cit, nella stesura originaria del  decreto
legislativo n. 286 del 1998 (da uno a tre anni di reclusione),  cosi'
come  ha  ritenuto  di  orientarsi  in  recenti  pronunce  la   Corte
costituzionale. 
    Per vero, non si  puo'  convenire  con  la  difesa  dell'imputata
quanto alla censurata  eccessivita'  del  trattamento  sanzionatorio,
dovendosi  constatare  come  trattamenti  sanzionatori   analoghi   o
addirittura deteriori sono previsti sia in relazione a reati previsti
dal codice penale (ad es. articoli 495 e 497-bis del  codice  penale)
sia a reati di cui allo stesso T.U. Imm., basti pensare  all'art.  5,
comma 8-bis, del decreto legislativo n. 286 del 1998, che prevede  la
pena della reclusione da uno a sei di  reclusione  anni  nell'ipotesi
base, nonche' la pena da tre a dieci anni di reclusione per l'ipotesi
aggravata. 
    Si deve poi considerare che il trattamento sanzionatorio previsto
dall'art.  12,  comma  1,  cit.  puo'  essere  mitigato  in  concreto
prendendo le  mosse  dal  minimo  edittale  di  pena  e  considerando
l'incidenza delle circostanze  attenuanti  generiche  o,  sempre  per
restare ai temi dedotti, e dell'attenuante dei motivi di  particolare
valore morale e sociale (art. 62, n. 1 del codice penale). 
    Le   predette   argomentazioni   consentono   di   ritenere   non
manifestamente fondata la questione di l.c. sollevata sotto  entrambi
i profili  dedotti  dalla  difesa,  dovendo  ritenersi  che  la  pena
prevista non esorbiti  in  modo  manifestamente  irragionevole  dalla
discrezionale determinazione delle sanzioni da parte del legislatore. 
    3.  La  difesa  ha  poi   sollevato   i   medesimi   profili   di
incostituzionalita'  in  relazione  all'aumento  di   pena   previsto
dall'art. 12, comma 3, lettera d) qualora ricorrano  le  ipotesi  ivi
delineate (si tratta di tre distinte ipotesi: «il fatto  e'  commesso
da tre o piu' persone in concorso  tra  loro  o  utilizzando  servizi
internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o  alterati
o comunque illegalmente ottenuti»). La  piu'  recente  giurisprudenza
(Cassazione, sez. un., 21 giugno 2018,  n.  40982)  ha  ritenuto  che
tutte le ipotesi di  cui  all'art.  12,  comma  3,  cit.  configurino
circostanze aggravanti ad effetto speciale speciali della fattispecie
di cui all'art. 12, comma 1. 
    Occorre premettere, in  punto  di  rilevanza,  che  la  questione
avanzata e' dotata di pertinenza in relazione al  presente  giudizio,
incidendo direttamente sul  trattamento  sanzionatorio  nel  caso  di
condanna dell'imputata. 
    Essa, inoltre, si  presenta  come  non  manifestamente  infondata
sotto entrambi i canoni della ragionevolezza e della proporzionalita'
dedotti. 
    Si e' gia' detto sopra quale sia la cornice edittale prevista per
la ricorrenza di dette aggravanti: la  pena  della  fattispecie  base
viene quintuplicata nel minimo e triplicata nel massimo edittale, con
l'aggiunta di una pena pecuniaria di ingente entita'. 
    La disposizione censurata, per come e'  normativamente  definita,
impone al  giudice  di  infliggere  una  punizione  irragionevolmente
sproporzionata,  pure  in  assenza  di  ragioni  plausibili  che   la
giustifichino realmente. 
    In linea generale, non e' priva di  pregio  l'osservazione  della
difesa, anche in ragione  di  norme  convenzionali  aventi  efficacia
sovranazionale, secondo la quale  un  irrigidimento  del  trattamento
sanzionatorio si giustificherebbe unicamente per  quelle  fattispecie
di favoreggiamento dell'immigrazione irregolare caratterizzate da uno
scopo di lucro (cd. smugglers  of  migrants),  elemento  quest'ultimo
assente nella  disposizione  in  commento  e  trattato,  invece,  nel
successivo comma 3-ter della norma,  con  ulteriore  aggravamento  di
pena. 
    Inoltre, un simile  trattamento  si  impone  anche  laddove,  per
ipotesi, il favoreggiamento della condotta dello straniero scaturisse
da esigenze, quand'anche meritevoli sul piano morale o  sociale,  non
sufficienti ad integrare la c.d.  scriminante  di  cui  all'art.  12,
comma 2, T.U. Imm. o altre scriminanti comuni. 
    L'irragionevolezza  dell'aumento  di  pena  risulta  di   palmare
evidenza sulla base di una valutazione per  cosi  dire  interna  alla
stessa disposizione. 
    Infatti, il legislatore ha posto sullo stesso piano,  in  termini
sanzionatori, le ipotesi in cui lo straniero venga esposto a pericolo
per la vita  o  l'incolumita'  fisica  (lettera  b)  o  sottoposto  a
trattamenti inumani e degradanti (lettera  c),  o  vi  sia  l'uso  di
esplodenti o di armi (lettera e), con quelle, la cui  portata  appare
molto piu' modesta, in cui la collaborazione a realizzare  l'ingresso
irregolare  dello  straniero  venga  prestata   utilizzando   servizi
internazionali di trasporto o fornendo documenti falsi o illegalmente
ottenuti (lettera d). 
    Si tratta di condotte che vengono attuate  o  avvalendosi  di  un
mezzo di per se' lecito (l'impiego di un vettore di trasporto) oppure
attraverso un'ulteriore condotta delittuosa  (reato  di  falso),  sia
pure assoggettata ad altre specifiche sanzioni penali, per  le  quali
non appare giustificabile la previsione di una sanzione cosi  elevata
rispetto alla pena base. 
    Con la conseguenza che la condotta consistente nel far  viaggiare
lo straniero nascosto nella cella  frigorifera  di  un  camion  o  di
accompagnarlo attraverso impervi sentieri di montagna, in entrambi  i
casi con rischio per la vita o per l'incolumita' del migrante,  viene
punita nello stesso modo di chi invece faccia viaggiare lo  straniero
con un volo di linea o limitandosi a procurargli un passaporto  o  un
visto falso. 
    Le altre fattispecie delineate dall'art. 12, comma 3,  T.U.  Imm.
(lettere a, b, c ed e) sono volte a tutelare, oltre ai beni giuridici
dell'ordine pubblico e della sicurezza dei confini, anche le  persone
trasportate, che spesso versano in uno stato di bisogno.  Dunque,  il
disvalore delle condotte e' determinato  anche  dall'incidenza  delle
stesse  sui  diritti  fondamentali  delle   persone   trasportate   o
illegalmente introdotte nel territorio dello  Stato,  le  quali  sono
esposte a  pericolo  di  vita  e  di  incolumita'  fisica  nonche'  a
trattamenti inumani e degradanti. 
    Per contro, una simile  ed  ulteriore  ragione  di  tutela  nelle
fattispecie prospettate dall'art. 13, comma  3,  lettera  d)  non  e'
ravvisabile, dal momento che esse non presentano un'aggressione anche
in relazione ad ulteriori beni giuridici di rango pari a quello preso
in  considerazione  dalle  altre  fattispecie   aggravate:   i   beni
dell'incolumita' e della dignita' umana  non  vengono  qui  posti  in
pericolo e l'eventuale pregiudizio  ad  altri  beni  giuridici  trova
tutela in altre norme penali. 
    Per tali ragioni la questione deve ritenersi  non  manifestamente
infondata     sia     per     violazione     del     principio     di
uguaglianza-ragionevolezza  (art.  3  della  Costituzione),  sia  per
violazione del principio di proporzionalita'  della  sanzione  penale
(articoli 3, 27, comma 3 della Costituzione). 
    A questo ultimo riguardo, si richiama  l'orientamento  inaugurato
dalla Corte delle leggi con la decisione  n.  236  del  21  settembre
2016,  con  la  quale   dichiaro'   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 567, comma 2, del codice penale, nella parte in cui prevede
la pena edittale della reclusione da un minimo di cinque a un massimo
di quindici anni, anziche' la pena edittale della  reclusione  da  un
minimo di tre a un massimo di dieci anni, prevista  dal  comma  primo
della norma. Nella motivazione si osservava: «Laddove la  proporzione
tra sanzione e offesa difetti  manifestamente,  perche'  alla  carica
offensiva insita nella condotta descritta dalla fattispecie normativa
il legislatore abbia  fatto  corrispondere  conseguenze  punitive  di
entita' spropositata, non ne potra' che discendere una compromissione
ab initio del processo rieducativo, processo al quale il reo tendera'
a non prestare adesione, gia' solo per la percezione  di  subire  una
condanna profondamente ingiusta (sentenze n. 251 e n. 68  del  2012),
del tutto svincolata dalla gravita'  della  propria  condotta  e  dal
disvalore  da  essa  espressa.  In  tale  contesto,  una  particolare
asprezza  della  risposta   sanzionatoria   determina   percio'   una
violazione congiunta  degli  articoli  3  e  27  della  Costituzione,
essendo lesi sia il principio di proporzionalita' della pena rispetto
alla  gravita'  del  fatto  commesso,  sia  quello  della   finalita'
rieducativa della pena ....». 
    In tale pronuncia si apriva la via ad  un  controllo  della  pena
sotto il profilo della sproporzione rispetto al disvalore del fatto e
cio' a prescindere dall'indicazione di un tertium comparationis,  con
la  sola  avvertenza  che  «anche  nel  giudizio  di  "ragionevolezza
intrinseca" di un trattamento sanzionatorio  penale,  incentrato  sul
principio di proporzionalita', e' infatti essenziale l'individuazione
di  soluzioni  gia'  esistenti,  idonee  a  eliminare  o  ridurre  la
manifesta irragionevolezza lamentata (sentenza n. 23 del 2016)». 
    Secondo  la  difesa  l'eventuale  accoglimento  della   questione
comporterebbe la rimozione della predette circostanze,  limitatamente
alle condotte dell'utilizzo di servizi internazionali di trasporto  -
che deve ritenersi nel caso di specie contestata in fatto,  emergendo
dallo  stesso  capo  di  imputazione  -  o  di  documenti   falsi   o
illegalmente ottenuti (non si prende in esame invece la prima ipotesi
del fatto commesso da tre o piu'  persone,  la  quale  non  viene  in
rilievo nel caso esaminato). 
    Con la conseguenza che i fatti precedentemente riconducibili alla
previsione dell'art. 12, comma 3,  lettera  d)  T.U.  Imm.  sarebbero
ricondotti alla fattispecie semplice di cui al comma 1. 
    Una simile conclusione deve ritenersi corretta. 
    Quanto  alla  circostanza   aggravante   dell'uso   dei   servizi
internazionali di trasporto, premesso che  la  relativa  disposizione
tutela il medesimo bene giuridico del comma 1 dell'art. 12  cit.,  si
e' gia' osservato come in tal caso non sia riscontrabile un  maggiore
disvalore della condotta rispetto alla pena per il delitto  in  forma
semplice, in quanto lo strumento impiegato e' di  per  se'  lecito  e
rappresenta, anzi, il modo ordinario per attuare uno  spostamento  da
uno  stato  ad  un  altro  e,  inoltre,  non  presenta  insidie   per
l'incolumita' o per la dignita' del soggetto straniero. 
    Anche in  relazione  all'aggravante  dell'utilizzo  di  documenti
contraffatti o alterati o  comunque  illegalmente  ottenuti  si  puo'
affermare che il bene giuridico tutelato non sia diverso ed ulteriore
rispetto a quello tutelato nel primo comma  della  norma,  posto  che
l'immutatio veri  non  assurge  a  bene  giuridico  tutelato,  bensi'
costituisce soltanto una modalita' dell'ingresso illegittimo, che non
aggiunga in concreto alcun ulteriore disvalore alla condotta. 
    Si deve osservare  che,  fatta  eccezione  per  le  modalita'  di
illecito ingresso con totale elusione del controllo di  frontiera  (i
c.d. fenomeni degli scafisti o  altri  analoghi,  riconducibili  alle
fattispecie piu' gravi di cui alle  lettere  b)  e  c)  dell'art.  12
cit.), quella sopra descritta costituisce la modalita' piu' comune di
illecito ingresso in uno stato, quando cio' avvenga non  sottraendosi
al controllo predetto. 
    Si consideri, poi, che  la  fattispecie  esaminata  nella  citata
sentenza n. 236 del 2016 era analoga alla presente, posto che,  ferma
una certa omogeneita' delle  condotte  previste  rispettivamente  nei
commi 1 e 2 dell'art. 567 del codice penale e la finalita' di  tutela
del medesimo bene giuridico,  nella  seconda  ipotesi  si  presentava
un'ulteriore condotta di  utilizzo  di  false  certificazioni,  false
attestazioni od altre falsita'. 
    Va anche detto che il ritenuto maggior disvalore  della  condotta
troverebbe  comunque  adeguata  risposta   sanzionatoria   in   norme
specifiche, quale quella  dell'art.  497-bis  del  codice  penale,  o
eventualmente  quella  dell'art.  5,  comma  8,   bis   del   decreto
legislativo n. 286 del 1998, nel caso in cui  si  possegga  un  visto
falso. 
    Secondo la giurisprudenza, «Il reato di concorso nel possesso  di
falsi documenti di identita' validi per l'espatrio (art. 497-bis  del
codice penale) resta assorbito nel piu' grave  delitto  di  procurato
ingresso illegale di stranieri nel territorio  dello  Stato  commesso
mediante l'utilizzazione di documenti contraffatti (art. 12, comma 3,
lettera d) decreto legislativo n. 286 del  1998),  essendo  il  primo
reato elemento costitutivo del secondo» (Cass., sezione 1,  7  aprile
2011, n. 21596). 
    Orbene, l'eventuale dichiarazione  di  incostituzionalita'  della
predetta circostanza aggravante, facendo  venire  meno  il  descritto
effetto di assorbimento (reato complesso),  potrebbe  determinare  il
riespandersi della sanzione prevista  dall'art.  497-bis  del  codice
penale in concorso con quella prevista dall'art. 12, comma 1, decreto
legislativo n. 286 del 1998; tanto dovrebbe ritenersi sufficiente per
sanzionare l'eventuale maggiore disvalore della condotta. 
    Ecco,  allora,  che  possono  prospettarsi  anche  in  tal   modo
«soluzioni gia' esistenti, idonee a eliminare o ridurre la  manifesta
irragionevolezza lamentata». 
    In definitiva, anche per detta fattispecie e' un medesimo bene ad
essere leso, sia pur in forme diverse,  ma  le  differenti  modalita'
esecutive non esprimono, in se'  stesse,  connotazioni  di  disvalore
tali da legittimare una divergenza di trattamento sanzionatorio. 
    Qualora  la  predetta  conclusione  non   dovesse   condividersi,
ritenendo cioe' che la combinata  risposta  sanzionatoria  scaturente
dal comma 1 dell'art. 12 cit. e dalla norma che punisce il  reato  di
falso  non  sia   adeguata,   il   tertium   comparationis   potrebbe
individuarsi non nel trattamento sanzionatorio previsto dall'art. 12,
comma 1, cit., bensi' in quello previsto dell'art. 12, comma  3,  nel
testo originario del 1998, che prevedeva la pena della reclusione  da
quattro anni a dodici anni e della multa di lire 30 milioni per  ogni
straniero favorito; sempre che  anche  tale  ultima  pena  non  debba
ritenersi intrinsecamente sproporzionata. 
    4. Quanto, infine, alla questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 12, comma 2, T.U. imm,  per  violazione  del  principio  di
uguaglianza-ragionevolezza (art. 3 della  Costituzione)  e  di  altre
norme  costituzionali  (articoli  2,  10,  11,   31   e   117   della
Costituzione,  in  relazione  a  norme  della   Carta   dei   diritti
fondamentali UE), appare  assorbente  un  rilievo  che  ne  determina
l'irrilevanza ai fini del giudizio in corso. 
    Infatti, dalla contestazione di cui al  capo  di  imputazione  si
puo' solo inferire che l'imputata  avrebbe  fornito  documenti  falsi
alle due minorenni, accompagnandole nel viaggio in Italia, mentre non
emergono le finalita' di tale condotta, se volta,  come  sostiene  la
difesa, essenzialmente  ad  un  fine  «umanitario»  ovvero  ad  altre
finalita'. 
    Va osservato che detta scriminante si applica a  persone  che  si
trovino in stato di bisogno, ma non si e' in grado nel caso di specie
di stabilire se effettivamente le due minori versassero in una simile
situazione, che e' stata assunta in modo assiomatico dalla difesa. Ne
consegue  che  non  e'  stata  prospettata  alcuna  circostanza   per
consentire al Tribunale  di  valutare  la  rilevanza  ai  fini  della
decisione del processo nel  corso  della  q.l.c.  in  relazione  alla
fattispecie concretamente dedotta. 
    5. Infine,  riguardo  all'asserito  contrasto  tra  gli  obblighi
imposti  dalla  direttiva  2002/90  UE  e  la   Carta   dei   diritti
fondamentali UE (CDF), appaiono assorbenti le  considerazioni  svolte
nel par. 2, ulteriormente osservando  che  l'Unione  ha  potesta'  di
stabilire   sanzioni   appropriate   per   condotte    potenzialmente
pregiudizievoli per gli interessi degli stati membri e la  previsione
di una simile potesta' appare del tutto coerente  con  l'esigenza  di
disciplinare i flussi migratori. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visto l'art. 23 della legge 53 del 1987, 
        dichiara   manifestamente   infondata   la    questione    di
legittimita'  costituzionale  proposta  dalla  difesa  in   relazione
all'art. 12, comma 1, T.U. imm.; 
        dichiara   irrilevante   la   questione    di    legittimita'
costituzionale proposta dalla difesa in relazione all'art. 12,  comma
2, T.U. imm.; 
        dichiara  rilevante  e  non   manifestamente   infondata   la
questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  12,  comma  3,
lettera d), T.U. imm., limitatamente alle fattispecie di  impiego  di
servizi  internazionali  di  trasporto  o  di   documenti   falsi   o
illegalmente ottenuti, nella parte in cui prevede  l'aggravamento  di
pena rispetto alle ipotesi semplice, per contrasto con  il  principio
di uguaglianza-ragionevolezza (art. 3 della Costituzione)  e  con  il
principio di proporzionalita' della sanzione penale (articoli 3,  27,
comma 3 della Costituzione). 
    Sospende il giudizio in corso e dispone l'immediata  trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale a cura della cancelleria. 
    Visto l'art. 159, comma 1, n. 2) del codice penale,  sospende  il
corso della prescrizione. 
    Ordina che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del
Consiglio dei ministri e sia comunicata ai  Presidenti  delle  Camere
del Parlamento. 
    Cosi' deciso in Bologna il 1° dicembre 2020 
 
                        Il Presidente: Cenni 
 
                     I Giudici: Poschi - Rigoli