N. 92 ORDINANZA (Atto di promovimento) 1 dicembre 2020
Ordinanza del 1° dicembre 2020 del Tribunale di Bologna nel procedimento penale a carico di K.E.K. Reati e pene - Reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina - Ipotesi di fatto commesso da tre o piu' persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti - Trattamento sanzionatorio. - Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), art. 12, comma 3, lettera d).(GU n.26 del 30-6-2021 )
TRIBUNALE DI BOLOGNA Sezione prima penale Nel proc. penale n 895/20 r.g. dib. R.G. Trib. - 10034/19 r.g.n.r. promosso nei confronti di E K K generalizzata in atti. Il Tribunale, in composizione collegiale dai seguenti magistrati: dott. Massimiliano Cenni presidente est; dott. Renato Poschi giudice; dott. Ines Rigoli giudice; sulle questioni di legittimita' costituzionale sollevate dalla difesa dell'imputata, ha pronunciato la seguente Ordinanza; 1. E K K e' stata tratta a giudizio per rispondere del delitto di cui all'art. 12, comma 1, T.U. Imm., aggravato ai sensi dell'art. 12, comma 3, lettera d), T.U. imm., perche', presentatasi il ... alla frontiera aerea di ... in arrivo con un volo proveniente da ... esibiva ai controlli di polizia un passaporto ... poi risultato falso, accompagnando con se' le minori infraquattordicenni K L e M P B C, entrambe nate nella ... per le quali esibiva due passaporti ..., anch'essi rivelatisi falsi («con la condotta sopra descritta compiva atti diretti a procurare l'ingresso illegale delle due minori con l'aggravante di essersi servita di documenti d'identificazione e permessi di soggiorno risultati falsi»); in relazione a tale accusa la signora K e' stata tratta in arresto. All'imputata si contesta altresi' il delitto di possesso di documenti di identificazione falsi di cui all'art. 497-bis del codice penale, aggravato dalla finalita' di eseguire il delitto di cui al capo n. 1 ai sensi dell'art. 61, n. 2 del codice penale. Il difensore dell'imputato all'udienza del 13 ottobre 2020, anche per il tramite di una memoria, ha sollevato le seguenti questioni di legittimita' costituzionale: a) illegittimita' costituzionale della cornice edittale prevista per la fattispecie di favoreggiamento dell'ingresso irregolare di cui all'art. 12, comma 1, T.U. imm., nonche' dell'aumento di pena previsto dall'aggravante speciale di cui all'art. 12, comma 3, lettera d) T.U. imm., per contrasto con il principio di uguaglianza-ragionevolezza (art. 3 della Costituzione); b) illegittimita' costituzionale della cornice edittale prevista per la fattispecie di favoreggiamento dell'ingresso irregolare di cui all'art. 12, comma 1 T.U. imm.), nonche' dell'aumento di pena previsto dalle aggravanti speciali di cui all'art. 12, comma 3, lettera d) T.U. imm., per contrasto con il principio di proporzionalita' della sanzione penale (articoli 3, 27 comma 3 della Costituzione; articoli 11, 117 della Costituzione, 49 par. 3 Carta dei diritti fondamentali UE); c) illegittimita' della scriminante umanitaria di cui all'art. 12, comma 2 T.U. Imm. per violazione del principio di uguaglianza-ragionevolezza (art. 3 della Costituzione), in combinato disposto con il diritto alla dignita' umana (art. 2 della Costituzione; articoli 11, 117, 1 Carta dei diritti fondamentali UE), nella parte in cui non prevede la sua applicazione anche a migranti che non si trovino in Italia. Ha dedotto, infine, l'incompatibilita' degli obblighi di incriminazione europei del favoreggiamento dell'ingresso irregolare (c.d. Facilitators Package) con la Carta dei diritti fondamentali UE (CDF), in particolare con il principio di proporzionalita' (art. 52, par. 1 CDF) letto congiuntamente al diritto alla liberta' personale (art. 6 CDF), al diritto alla dignita' umana (art. I CDF), al diritto di richiedere asilo (art. 18 CDF), al rispetto della vita privata e famigliare (art. 7 CDF). 2. Occorre premettere che l'ipotesi base del delitto di cui all'art. 12, comma 1, cit. prevede la pena delle reclusione da 1 a 5 anni; nel comma 3 della stessa norma si prevedono ipotesi qualificate dal compimento di ulteriori attivita', con la previsione di una pena da 5 a 15 anni di reclusione, alla quale si aggiunge anche la multa (15.000,00 euro per ogni persona di cui e' favorito l'ingresso). Le condotte delineate dalla norma in commento vengono definite come ipotesi di «favoreggiamento» dell'immigrazione clandestina, ma l'espressione utilizzata in senso atecnico, trattandosi di ipotesi di concorso di persone. Secondo la difesa, anzitutto, la cornice edittale prevista dall'art. 12, comma 1, T.U. imm., e la sua stessa natura giuridica di delitto anziche' di contravvenzione risulterebbero incompatibili con il canone costituzionale di uguaglianza-ragionevolezza, in ragione del trattamento sanzionatorio previsto. Infatti, la condotta di chiunque aiuti uno straniero senza regolari documenti ad entrare nel territorio dello Stato non viene sanzionata in base alle regole generali sul concorso di persone nel reato (articoli 110 c.p. e 10-bis T.U. imm.), bensi', appunto, ai sensi dell'autonoma fattispecie di favoreggiamento dell'ingresso irregolare (art. 12, comma 1, T.U. imm.). Vi sarebbe dunque una macroscopica differenza di trattamento sanzionatorio alla quale sono assoggettati lo straniero autore della contravvenzione ex art. 10-bis e colui che con la propria condotta concorra nel medesimo fatto e cio' non sarebbe sorretto da una ragionevole giustificazione, risultando incompatibile con il canone di uguaglianza-ragionevolezza. Secondo la difesa - che indica il reato ex art. 10-bis quale tertium comparationis - entrambe le norme sopraddette tutelerebbero il medesimo bene giuridico, identificabile nell'interesse dello Stato al controllo e alla gestione dei flussi migratori. L'assunto non e' condivisibile, nei termini in cui e' prospettato, dovendo ritenersi, invece, che il legislatore, nell'ambito di tutela di un medesimo bene giuridico, possa discrezionalmente stabilire condotte punibili, in una scala crescente, a mero titolo di contravvenzione o, invece, a titolo di delitto, come nel caso di specie, attribuendo maggiore rilievo e sanzionando piu' gravemente talune condotte rispetto ad altre. L'ingresso di stranieri irregolari e', infatti, considerato dal legislatore come un fenomeno che incide sull'ordine pubblico e sulla sicurezza pubblica e in tale ottica deve ritenersi consentito attribuire un maggiore disvalore a condotte poste in essere da soggetti terzi che si accompagnino a quelle degli stranieri diretti interessati, posto che mentre la condotta dei primi non appare in alcun modo giustificata, la condotta di questi ultimi e' valutata con maggiore benevolenza, trattandosi di soggetti vulnerabili e talora costretti dalle contingenze a fare ingresso clandestinamente in un paese diverso da quello di provenienza. Si deve poi osservare come il legislatore talora punisca con pene estremamente rigorose comportamenti di favoreggiamento/istigazione poste in essere da terzi rispetto a condotte da altri tenute e che si ritengono addirittura di per se' lecite (ad es. attivita' della prostituta e favoreggiamento della prostituzione; tentativo di suicido ed istigazione al suicidio). Orbene, a maggior ragione il legislatore puo' prevedere che la condotta dello straniero favorito integri una contravvenzione e quella del terzo concorrente, invece, un delitto, quando si ritenga che la seconda assuma un maggiore disvalore. D'altra parte, nella specie l'opzione per la forma del delitto e' stata imposta dalla necessita' di anticipare la soglia delle tutela per perseguire anche le condotte preparatorie («ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l'ingresso illegittimo»), obiettivo che non sarebbe stato possibile perseguire con la forma del reato contravvenzionale. Dunque, non potrebbe nemmeno ritenersi corretta l'individuazione quale tertium comparationis del blando trattamento sanzionatorio previsto dall'art. 10-bis, dovendosi al limite richiamarsi la pena come prevista dall'art. 12 cit, nella stesura originaria del decreto legislativo n. 286 del 1998 (da uno a tre anni di reclusione), cosi' come ha ritenuto di orientarsi in recenti pronunce la Corte costituzionale. Per vero, non si puo' convenire con la difesa dell'imputata quanto alla censurata eccessivita' del trattamento sanzionatorio, dovendosi constatare come trattamenti sanzionatori analoghi o addirittura deteriori sono previsti sia in relazione a reati previsti dal codice penale (ad es. articoli 495 e 497-bis del codice penale) sia a reati di cui allo stesso T.U. Imm., basti pensare all'art. 5, comma 8-bis, del decreto legislativo n. 286 del 1998, che prevede la pena della reclusione da uno a sei di reclusione anni nell'ipotesi base, nonche' la pena da tre a dieci anni di reclusione per l'ipotesi aggravata. Si deve poi considerare che il trattamento sanzionatorio previsto dall'art. 12, comma 1, cit. puo' essere mitigato in concreto prendendo le mosse dal minimo edittale di pena e considerando l'incidenza delle circostanze attenuanti generiche o, sempre per restare ai temi dedotti, e dell'attenuante dei motivi di particolare valore morale e sociale (art. 62, n. 1 del codice penale). Le predette argomentazioni consentono di ritenere non manifestamente fondata la questione di l.c. sollevata sotto entrambi i profili dedotti dalla difesa, dovendo ritenersi che la pena prevista non esorbiti in modo manifestamente irragionevole dalla discrezionale determinazione delle sanzioni da parte del legislatore. 3. La difesa ha poi sollevato i medesimi profili di incostituzionalita' in relazione all'aumento di pena previsto dall'art. 12, comma 3, lettera d) qualora ricorrano le ipotesi ivi delineate (si tratta di tre distinte ipotesi: «il fatto e' commesso da tre o piu' persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti»). La piu' recente giurisprudenza (Cassazione, sez. un., 21 giugno 2018, n. 40982) ha ritenuto che tutte le ipotesi di cui all'art. 12, comma 3, cit. configurino circostanze aggravanti ad effetto speciale speciali della fattispecie di cui all'art. 12, comma 1. Occorre premettere, in punto di rilevanza, che la questione avanzata e' dotata di pertinenza in relazione al presente giudizio, incidendo direttamente sul trattamento sanzionatorio nel caso di condanna dell'imputata. Essa, inoltre, si presenta come non manifestamente infondata sotto entrambi i canoni della ragionevolezza e della proporzionalita' dedotti. Si e' gia' detto sopra quale sia la cornice edittale prevista per la ricorrenza di dette aggravanti: la pena della fattispecie base viene quintuplicata nel minimo e triplicata nel massimo edittale, con l'aggiunta di una pena pecuniaria di ingente entita'. La disposizione censurata, per come e' normativamente definita, impone al giudice di infliggere una punizione irragionevolmente sproporzionata, pure in assenza di ragioni plausibili che la giustifichino realmente. In linea generale, non e' priva di pregio l'osservazione della difesa, anche in ragione di norme convenzionali aventi efficacia sovranazionale, secondo la quale un irrigidimento del trattamento sanzionatorio si giustificherebbe unicamente per quelle fattispecie di favoreggiamento dell'immigrazione irregolare caratterizzate da uno scopo di lucro (cd. smugglers of migrants), elemento quest'ultimo assente nella disposizione in commento e trattato, invece, nel successivo comma 3-ter della norma, con ulteriore aggravamento di pena. Inoltre, un simile trattamento si impone anche laddove, per ipotesi, il favoreggiamento della condotta dello straniero scaturisse da esigenze, quand'anche meritevoli sul piano morale o sociale, non sufficienti ad integrare la c.d. scriminante di cui all'art. 12, comma 2, T.U. Imm. o altre scriminanti comuni. L'irragionevolezza dell'aumento di pena risulta di palmare evidenza sulla base di una valutazione per cosi dire interna alla stessa disposizione. Infatti, il legislatore ha posto sullo stesso piano, in termini sanzionatori, le ipotesi in cui lo straniero venga esposto a pericolo per la vita o l'incolumita' fisica (lettera b) o sottoposto a trattamenti inumani e degradanti (lettera c), o vi sia l'uso di esplodenti o di armi (lettera e), con quelle, la cui portata appare molto piu' modesta, in cui la collaborazione a realizzare l'ingresso irregolare dello straniero venga prestata utilizzando servizi internazionali di trasporto o fornendo documenti falsi o illegalmente ottenuti (lettera d). Si tratta di condotte che vengono attuate o avvalendosi di un mezzo di per se' lecito (l'impiego di un vettore di trasporto) oppure attraverso un'ulteriore condotta delittuosa (reato di falso), sia pure assoggettata ad altre specifiche sanzioni penali, per le quali non appare giustificabile la previsione di una sanzione cosi elevata rispetto alla pena base. Con la conseguenza che la condotta consistente nel far viaggiare lo straniero nascosto nella cella frigorifera di un camion o di accompagnarlo attraverso impervi sentieri di montagna, in entrambi i casi con rischio per la vita o per l'incolumita' del migrante, viene punita nello stesso modo di chi invece faccia viaggiare lo straniero con un volo di linea o limitandosi a procurargli un passaporto o un visto falso. Le altre fattispecie delineate dall'art. 12, comma 3, T.U. Imm. (lettere a, b, c ed e) sono volte a tutelare, oltre ai beni giuridici dell'ordine pubblico e della sicurezza dei confini, anche le persone trasportate, che spesso versano in uno stato di bisogno. Dunque, il disvalore delle condotte e' determinato anche dall'incidenza delle stesse sui diritti fondamentali delle persone trasportate o illegalmente introdotte nel territorio dello Stato, le quali sono esposte a pericolo di vita e di incolumita' fisica nonche' a trattamenti inumani e degradanti. Per contro, una simile ed ulteriore ragione di tutela nelle fattispecie prospettate dall'art. 13, comma 3, lettera d) non e' ravvisabile, dal momento che esse non presentano un'aggressione anche in relazione ad ulteriori beni giuridici di rango pari a quello preso in considerazione dalle altre fattispecie aggravate: i beni dell'incolumita' e della dignita' umana non vengono qui posti in pericolo e l'eventuale pregiudizio ad altri beni giuridici trova tutela in altre norme penali. Per tali ragioni la questione deve ritenersi non manifestamente infondata sia per violazione del principio di uguaglianza-ragionevolezza (art. 3 della Costituzione), sia per violazione del principio di proporzionalita' della sanzione penale (articoli 3, 27, comma 3 della Costituzione). A questo ultimo riguardo, si richiama l'orientamento inaugurato dalla Corte delle leggi con la decisione n. 236 del 21 settembre 2016, con la quale dichiaro' l'illegittimita' costituzionale dell'art. 567, comma 2, del codice penale, nella parte in cui prevede la pena edittale della reclusione da un minimo di cinque a un massimo di quindici anni, anziche' la pena edittale della reclusione da un minimo di tre a un massimo di dieci anni, prevista dal comma primo della norma. Nella motivazione si osservava: «Laddove la proporzione tra sanzione e offesa difetti manifestamente, perche' alla carica offensiva insita nella condotta descritta dalla fattispecie normativa il legislatore abbia fatto corrispondere conseguenze punitive di entita' spropositata, non ne potra' che discendere una compromissione ab initio del processo rieducativo, processo al quale il reo tendera' a non prestare adesione, gia' solo per la percezione di subire una condanna profondamente ingiusta (sentenze n. 251 e n. 68 del 2012), del tutto svincolata dalla gravita' della propria condotta e dal disvalore da essa espressa. In tale contesto, una particolare asprezza della risposta sanzionatoria determina percio' una violazione congiunta degli articoli 3 e 27 della Costituzione, essendo lesi sia il principio di proporzionalita' della pena rispetto alla gravita' del fatto commesso, sia quello della finalita' rieducativa della pena ....». In tale pronuncia si apriva la via ad un controllo della pena sotto il profilo della sproporzione rispetto al disvalore del fatto e cio' a prescindere dall'indicazione di un tertium comparationis, con la sola avvertenza che «anche nel giudizio di "ragionevolezza intrinseca" di un trattamento sanzionatorio penale, incentrato sul principio di proporzionalita', e' infatti essenziale l'individuazione di soluzioni gia' esistenti, idonee a eliminare o ridurre la manifesta irragionevolezza lamentata (sentenza n. 23 del 2016)». Secondo la difesa l'eventuale accoglimento della questione comporterebbe la rimozione della predette circostanze, limitatamente alle condotte dell'utilizzo di servizi internazionali di trasporto - che deve ritenersi nel caso di specie contestata in fatto, emergendo dallo stesso capo di imputazione - o di documenti falsi o illegalmente ottenuti (non si prende in esame invece la prima ipotesi del fatto commesso da tre o piu' persone, la quale non viene in rilievo nel caso esaminato). Con la conseguenza che i fatti precedentemente riconducibili alla previsione dell'art. 12, comma 3, lettera d) T.U. Imm. sarebbero ricondotti alla fattispecie semplice di cui al comma 1. Una simile conclusione deve ritenersi corretta. Quanto alla circostanza aggravante dell'uso dei servizi internazionali di trasporto, premesso che la relativa disposizione tutela il medesimo bene giuridico del comma 1 dell'art. 12 cit., si e' gia' osservato come in tal caso non sia riscontrabile un maggiore disvalore della condotta rispetto alla pena per il delitto in forma semplice, in quanto lo strumento impiegato e' di per se' lecito e rappresenta, anzi, il modo ordinario per attuare uno spostamento da uno stato ad un altro e, inoltre, non presenta insidie per l'incolumita' o per la dignita' del soggetto straniero. Anche in relazione all'aggravante dell'utilizzo di documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti si puo' affermare che il bene giuridico tutelato non sia diverso ed ulteriore rispetto a quello tutelato nel primo comma della norma, posto che l'immutatio veri non assurge a bene giuridico tutelato, bensi' costituisce soltanto una modalita' dell'ingresso illegittimo, che non aggiunga in concreto alcun ulteriore disvalore alla condotta. Si deve osservare che, fatta eccezione per le modalita' di illecito ingresso con totale elusione del controllo di frontiera (i c.d. fenomeni degli scafisti o altri analoghi, riconducibili alle fattispecie piu' gravi di cui alle lettere b) e c) dell'art. 12 cit.), quella sopra descritta costituisce la modalita' piu' comune di illecito ingresso in uno stato, quando cio' avvenga non sottraendosi al controllo predetto. Si consideri, poi, che la fattispecie esaminata nella citata sentenza n. 236 del 2016 era analoga alla presente, posto che, ferma una certa omogeneita' delle condotte previste rispettivamente nei commi 1 e 2 dell'art. 567 del codice penale e la finalita' di tutela del medesimo bene giuridico, nella seconda ipotesi si presentava un'ulteriore condotta di utilizzo di false certificazioni, false attestazioni od altre falsita'. Va anche detto che il ritenuto maggior disvalore della condotta troverebbe comunque adeguata risposta sanzionatoria in norme specifiche, quale quella dell'art. 497-bis del codice penale, o eventualmente quella dell'art. 5, comma 8, bis del decreto legislativo n. 286 del 1998, nel caso in cui si possegga un visto falso. Secondo la giurisprudenza, «Il reato di concorso nel possesso di falsi documenti di identita' validi per l'espatrio (art. 497-bis del codice penale) resta assorbito nel piu' grave delitto di procurato ingresso illegale di stranieri nel territorio dello Stato commesso mediante l'utilizzazione di documenti contraffatti (art. 12, comma 3, lettera d) decreto legislativo n. 286 del 1998), essendo il primo reato elemento costitutivo del secondo» (Cass., sezione 1, 7 aprile 2011, n. 21596). Orbene, l'eventuale dichiarazione di incostituzionalita' della predetta circostanza aggravante, facendo venire meno il descritto effetto di assorbimento (reato complesso), potrebbe determinare il riespandersi della sanzione prevista dall'art. 497-bis del codice penale in concorso con quella prevista dall'art. 12, comma 1, decreto legislativo n. 286 del 1998; tanto dovrebbe ritenersi sufficiente per sanzionare l'eventuale maggiore disvalore della condotta. Ecco, allora, che possono prospettarsi anche in tal modo «soluzioni gia' esistenti, idonee a eliminare o ridurre la manifesta irragionevolezza lamentata». In definitiva, anche per detta fattispecie e' un medesimo bene ad essere leso, sia pur in forme diverse, ma le differenti modalita' esecutive non esprimono, in se' stesse, connotazioni di disvalore tali da legittimare una divergenza di trattamento sanzionatorio. Qualora la predetta conclusione non dovesse condividersi, ritenendo cioe' che la combinata risposta sanzionatoria scaturente dal comma 1 dell'art. 12 cit. e dalla norma che punisce il reato di falso non sia adeguata, il tertium comparationis potrebbe individuarsi non nel trattamento sanzionatorio previsto dall'art. 12, comma 1, cit., bensi' in quello previsto dell'art. 12, comma 3, nel testo originario del 1998, che prevedeva la pena della reclusione da quattro anni a dodici anni e della multa di lire 30 milioni per ogni straniero favorito; sempre che anche tale ultima pena non debba ritenersi intrinsecamente sproporzionata. 4. Quanto, infine, alla questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12, comma 2, T.U. imm, per violazione del principio di uguaglianza-ragionevolezza (art. 3 della Costituzione) e di altre norme costituzionali (articoli 2, 10, 11, 31 e 117 della Costituzione, in relazione a norme della Carta dei diritti fondamentali UE), appare assorbente un rilievo che ne determina l'irrilevanza ai fini del giudizio in corso. Infatti, dalla contestazione di cui al capo di imputazione si puo' solo inferire che l'imputata avrebbe fornito documenti falsi alle due minorenni, accompagnandole nel viaggio in Italia, mentre non emergono le finalita' di tale condotta, se volta, come sostiene la difesa, essenzialmente ad un fine «umanitario» ovvero ad altre finalita'. Va osservato che detta scriminante si applica a persone che si trovino in stato di bisogno, ma non si e' in grado nel caso di specie di stabilire se effettivamente le due minori versassero in una simile situazione, che e' stata assunta in modo assiomatico dalla difesa. Ne consegue che non e' stata prospettata alcuna circostanza per consentire al Tribunale di valutare la rilevanza ai fini della decisione del processo nel corso della q.l.c. in relazione alla fattispecie concretamente dedotta. 5. Infine, riguardo all'asserito contrasto tra gli obblighi imposti dalla direttiva 2002/90 UE e la Carta dei diritti fondamentali UE (CDF), appaiono assorbenti le considerazioni svolte nel par. 2, ulteriormente osservando che l'Unione ha potesta' di stabilire sanzioni appropriate per condotte potenzialmente pregiudizievoli per gli interessi degli stati membri e la previsione di una simile potesta' appare del tutto coerente con l'esigenza di disciplinare i flussi migratori.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 53 del 1987, dichiara manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale proposta dalla difesa in relazione all'art. 12, comma 1, T.U. imm.; dichiara irrilevante la questione di legittimita' costituzionale proposta dalla difesa in relazione all'art. 12, comma 2, T.U. imm.; dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12, comma 3, lettera d), T.U. imm., limitatamente alle fattispecie di impiego di servizi internazionali di trasporto o di documenti falsi o illegalmente ottenuti, nella parte in cui prevede l'aggravamento di pena rispetto alle ipotesi semplice, per contrasto con il principio di uguaglianza-ragionevolezza (art. 3 della Costituzione) e con il principio di proporzionalita' della sanzione penale (articoli 3, 27, comma 3 della Costituzione). Sospende il giudizio in corso e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale a cura della cancelleria. Visto l'art. 159, comma 1, n. 2) del codice penale, sospende il corso della prescrizione. Ordina che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti delle Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Bologna il 1° dicembre 2020 Il Presidente: Cenni I Giudici: Poschi - Rigoli