N. 130 ORDINANZA 26 maggio - 24 giugno 2021

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Esecuzione penale - Pene pecuniarie inflitte dal Giudice  di  pace  -
  Conversione per insolvibilita' del condannato - Attribuzione  della
  competenza, a seguito della novella, al magistrato di  sorveglianza
  - Denunciata violazione del principio di legalita'  ed  eccesso  di
  delega - Manifesta inammissibilita' delle questioni. 
- Decreto del Presidente della Repubblica 30  maggio  2002,  n.  115,
  art. 299; legge 27 dicembre 2017, n. 205, art. 1, comma 473;  legge
  8 marzo 1999, n. 50, art. 7. 
- Costituzione, artt. 25, 76, 97, secondo comma, e 111. 
(GU n.26 del 30-6-2021 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giancarlo CORAGGIO; 
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'
  ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca   ANTONINI,   Stefano
  PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela  NAVARRETTA,  Maria  Rosaria  SAN
  GIORGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  299  del
decreto del Presidente della  Repubblica  30  maggio  2002,  n.  115,
recante «Testo unico delle disposizioni legislative  e  regolamentari
in materia di spese di giustizia  (Testo  A)»,  nella  parte  in  cui
abroga l'art. 42 del decreto  legislativo  28  agosto  2000,  n.  274
(Disposizioni sulla competenza penale del giudice di  pace,  a  norma
dell'articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), dell'art.  1,
comma 473,  della  legge  27  dicembre  2017,  n.  205  (Bilancio  di
previsione  dello  Stato  per  l'anno  finanziario  2018  e  bilancio
pluriennale per il triennio  2018-2020),  che  ha  introdotto  l'art.
238-bis del medesimo d.P.R. n. 115 del  2002,  e  dell'art.  7  della
legge 8 marzo 1999, n. 50 (Delegificazione e  testi  unici  di  norme
concernenti procedimenti amministrativi -  Legge  di  semplificazione
1998), promosso dal Giudice  di  pace  di  Taranto  nel  procedimento
penale a carico di D. P., con ordinanza del 19 luglio 2019,  iscritta
al n. 50 del registro ordinanze  2020  e  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 22,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2020. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 26  maggio  2021  il  Giudice
relatore Franco Modugno; 
    deliberato nella camera di consiglio del 26 maggio 2021. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 19 luglio 2019 (r.o.  n.  50  del
2020), il Giudice di  pace  di  Taranto  ha  sollevato  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 299 del decreto del  Presidente
della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo  unico  delle
disposizioni legislative e  regolamentari  in  materia  di  spese  di
giustizia (Testo A)», nella parte in cui abroga l'art. 42 del decreto
legislativo 28 agosto 2000, n.  274  (Disposizioni  sulla  competenza
penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della  legge  24
novembre 1999, n. 468), e dell'art. 1,  comma  473,  della  legge  27
dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno
finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il  triennio  2018-2020),
che ha  introdotto  l'art.  238-bis  del  d.P.R.  n.  115  del  2002,
prospettando la violazione degli artt.  25,  76,  97,  primo  (recte:
secondo) comma, e 111 della Costituzione,  «e,  in  via  subordinata,
dell'art. 7 della legge 8 marzo 1999, n. 50 (Delegificazione e  testi
unici di norme concernenti procedimenti  amministrativi  -  Legge  di
semplificazione   1998),   con   riferimento   all'art.   76    della
Costituzione»; 
    che il giudice a quo premette di essere  investito  del  processo
nei confronti di una persona imputata del reato di cui  all'art.  633
del codice penale, per aver  occupato  abusivamente  un  immobile  di
altrui proprieta'; 
    che  il  rimettente  rileva  che   l'imputato   potrebbe   essere
condannato al termine del dibattimento e  quindi  sottoposto  ad  una
delle pene previste per i reati di competenza del  giudice  di  pace,
compresa  la  permanenza  domiciliare,  essendogli  stata  contestata
l'aggravante della recidiva  reiterata  infraquinquennale  (art.  52,
comma 3, del d.lgs. n. 274 del 2000): il che potrebbe determinare una
successiva attivita' dello stesso giudice di  pace,  in  qualita'  di
giudice dell'esecuzione (art. 40 del d.lgs. n. 274 del 2000); 
    che, in ragione di cio', «si rend[erebbe] necessario prevenire in
dibattimento    [un]    eventuale    conflitto     di     competenze,
nell'applicazione    e    riconversione    dell'eventuale    condanna
dell'imputato alla pena pecuniaria o alla pena sostitutiva del lavoro
di pubblica utilita' o alla permanenza domiciliare»; 
    che, al riguardo, il rimettente osserva che, con la  sentenza  12
marzo 2019-24 aprile 2019, n. 17595, la prima  sezione  penale  della
Corte di cassazione, risolvendo un conflitto  di  competenza  tra  il
Giudice di pace di Alessandria e il  Magistrato  di  sorveglianza  di
Alessandria, ha ritenuto che competente a  decidere  in  ordine  alla
conversione per insolvibilita' del condannato di  una  pena  irrogata
dal giudice di pace sia il magistrato di sorveglianza; 
    che, in tale pronuncia, la Corte di cassazione  ha  rilevato  che
l'esecuzione delle pene pecuniarie inflitte dal giudice di  pace  era
originariamente disciplinata dall'art. 42 del d.lgs. n. 274 del 2000,
il  quale  stabiliva  che  l'accertamento   dell'insolvibilita'   del
condannato fosse svolto - anziche' dal  magistrato  di  sorveglianza,
come stabilito in  termini  generali  dall'art.  660  del  codice  di
procedura penale -  dallo  stesso  giudice  di  pace  competente  per
l'esecuzione, che adottava  anche  i  provvedimenti  in  ordine  alla
rateizzazione o alla conversione della pena pecuniaria; 
    che l'art. 42 del d.lgs. n. 274  del  2000  e'  stato,  peraltro,
abrogato dall'art. 299 del d.P.R. n. 115 del  2002,  nel  quale  sono
confluite le disposizioni legislative di cui al  decreto  legislativo
30 maggio 2002, n.  113,  recante  «Testo  unico  delle  disposizioni
legislative in materia  di  spese  di  giustizia  (Testo  B)»,  e  le
disposizioni regolamentari di cui al d.P.R. 30 maggio 2002,  n.  114,
recante «Testo unico delle disposizioni regolamentari in  materia  di
spese di giustizia (Testo C)»; 
    che tale intervento abrogativo si inseriva nel piu' ampio disegno
volto ad attribuire in via generale, con l'art. 238 del d.P.R. n. 115
del 2002, al giudice dell'esecuzione i  procedimenti  di  conversione
delle pene pecuniarie: prospettiva nella quale  lo  stesso  art.  299
abrogava anche l'art. 660  cod.  proc.  pen.,  che,  come  ricordato,
affidava in precedenza al magistrato di sorveglianza  i  procedimenti
in questione; 
    che, con la sentenza n. 212 del 2003, la Corte costituzionale  ha
dichiarato, tuttavia, costituzionalmente illegittimi, per eccesso  di
delega, gli artt. 238 e 299 del d.lgs. n. 113 del 2002,  quest'ultimo
nella parte in cui aveva abrogato l'art. 660 cod. proc.  pen.:  cio',
in quanto  la  modifica  della  competenza  per  il  procedimento  di
conversione delle pene pecuniarie non poteva essere  fatta  rientrare
nella materia delle spese di giustizia, alla quale soltanto  atteneva
la delega legislativa conferita dall'art. 7 della  legge  n.  50  del
1999, sulla cui base il d.lgs. n. 113 del 2002 era stato emanato; 
    che,  a  seguito  di  tale  pronuncia,  l'intera  materia   della
conversione delle pene pecuniarie era confluita -  secondo  la  sopra
citata pronuncia della Corte di cassazione  -  nelle  competenze  del
magistrato di sorveglianza: avendo la Corte costituzionale dichiarato
illegittimo l'art. 299 del d.lgs. n. 113 del 2002 solo  parzialmente,
restava infatti salvo l'effetto abrogativo di tale norma sull'art. 42
del d.lgs. n. 274 del 2000, che  prevedeva  precedentemente,  in  via
derogatoria, la competenza del giudice di pace;  con  la  conseguenza
che anche la conversione delle pene pecuniarie irrogate  dal  giudice
onorario resterebbe affidata al magistrato di sorveglianza; 
    che tale conclusione - sempre secondo la Corte  di  cassazione  -
risulterebbe  rafforzata  dalla  successiva  introduzione   dell'art.
238-bis del d.P.R. n. 115 del 2002 ad opera dell'art. 1,  comma  473,
della legge n. 205 del 2017, che, nel regolare la fase di attivazione
della procedura di conversione  delle  pene  pecuniarie  non  pagate,
individua  unicamente  nel  magistrato   di   sorveglianza   l'organo
competente a provvedere; 
    che, ad avviso del giudice a quo, la ricostruzione operata  dalla
Corte di cassazione avrebbe dovuto condurre, in realta', a un diverso
risultato: ossia a ritenere che l'art. 299 del d.P.R. n. 115 del 2002
sia costituzionalmente illegittimo,  per  eccesso  di  delega,  anche
nella parte in cui ha abrogato l'art. 42 del d.lgs. n. 274 del  2000;
norma, quest'ultima, che dovrebbe «essere restituita a piena  vigenza
(ex tunc) esattamente come l'art. 660 c.p.p.», ripristinando, in  tal
modo, la competenza del giudice di pace  in  materia  di  conversione
delle pene pecuniarie dallo stesso irrogate; 
    che l'affermazione contenuta nella  sentenza  n.  212  del  2003,
secondo cui il legislatore delegato era «sicuramente privo del potere
di dettare una disciplina del procedimento di conversione delle  pene
pecuniarie», tesa a modificare radicalmente le regole di  competenza,
sarebbe,  infatti,  riferibile  all'intervento  normativo   nel   suo
complesso, e dunque anche all'art. 299 nella parte in cui ha abrogato
l'art. 42 del d.lgs. n. 274 del 2000; 
    che, per gli stessi motivi, il rimettente dubita, altresi', della
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 473,  della  legge  n.
205 del 2017, che ha introdotto nel d.P.R. n.  115  del  2002  l'art.
238-bis - il quale, come detto, nel disciplinare l'attivazione  delle
procedure  di  conversione  delle  pene   pecuniarie,   indica   come
competente per esse il magistrato di sorveglianza - ravvisando, anche
in tal caso, la violazione dell'art. 76 Cost.,  nonche'  degli  artt.
25, 97, primo (recte:  secondo)  comma,  e  111  Cost.,  «e,  in  via
subordinata, dell'art. 7 della legge 8 marzo 1999, n. 50  [...],  con
riferimento all'art. 76 della Costituzione»; 
    che le questioni sarebbero «rilevant[i], e nei  fatti  decisiv[e]
nel  procedimento  dibattimentale  in  corso»,  in  quanto  il   loro
accoglimento rappresenterebbe «un elemento  nuovo  e  risolutivo  per
affermare che - diversamente da  quanto  sancito  a  risoluzione  del
conflitto venutosi a  creare  -  competente  a  valutare  l'eventuale
applicazione della pena pecuniaria comminata all'imputato in sede  di
esecuzione dell'emananda sentenza, ma anche l'applicazione della pena
sostitutiva,  e'  il  Giudice  di  pace  e  non  il   Magistrato   di
sorveglianza»; 
    che e' intervenuto nel giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che le questioni siano  dichiarate  inammissibili  o
infondate; 
    che,  ad  avviso  dell'Avvocatura  dello  Stato,   le   questioni
sarebbero inammissibili, perche' palesemente premature e  ipotetiche:
esse  investono,  infatti,   norme   relative   all'attribuzione   di
competenze proprie della fase esecutiva,  delle  quali  non  potrebbe
certamente farsi questione nel corso del dibattimento di primo grado; 
    che, inoltre, la rilevanza delle  questioni  sarebbe  prospettata
dallo stesso rimettente in  modo  dubitativo  ed  eventuale,  facendo
riferimento  alla  possibilita'  che  l'imputato  sia  condannato  al
termine del dibattimento; 
    che le questioni relative all'art. 299  del  d.P.R.  n.  115  del
2002, nella parte in cui abroga l'art. 42 del d.lgs. n. 274 del 2000,
risulterebbero in ogni caso irrilevanti per la ragione gia'  indicata
dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 95 del  2020:  data  la
prevalenza, nel caso di specie, della norma  generale  posteriore  su
quella speciale  anteriore,  l'accoglimento  di  tali  questioni  non
potrebbe  produrre  effetti  nel  giudizio   principale,   il   quale
continuerebbe ad essere regolato dall'art. 238-bis del d.P.R. n.  115
del 2002, con la conseguenza che la  competenza  per  la  conversione
della pena pecuniaria irrogata dal giudice di pace rimarrebbe in capo
al magistrato di sorveglianza; 
    che,  con  la  medesima  sentenza  n.  95  del  2020,  la   Corte
costituzionale ha dichiarato, d'altro canto, non fondate le questioni
di legittimita' costituzionale del citato art. 238-bis del d.P.R.  n.
115 del 2002,  rilevando,  in  particolare,  come  tale  disposizione
costituisca espressione dell'ampia discrezionalita' legislativa nella
conformazione  degli  istituti  processuali,  il  cui  esercizio   e'
sindacabile, in sede di  scrutinio  di  legittimita'  costituzionale,
solo ove trasmodi nella manifesta irragionevolezza  e  nell'arbitrio:
limiti che non possono ritenersi valicati nel caso in esame. 
    Considerato che il  Giudice  di  pace  di  Taranto  dubita  della
legittimita' costituzionale: 
    a) dell'art. 299 del decreto del Presidente della  Repubblica  30
maggio  2002,  n.  115,  recante  «Testo  unico  delle   disposizioni
legislative e regolamentari in materia di spese di  giustizia  (Testo
A)», nella parte in cui abroga l'art. 42 del decreto  legislativo  28
agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice
di pace, a norma dell'articolo 14 della legge 24  novembre  1999,  n.
468),  che   attribuiva   al   giudice   di   pace,   quale   giudice
dell'esecuzione, la competenza in materia di conversione  delle  pene
pecuniarie inflitte dallo stesso giudice onorario; 
    b) dell'art. 1, comma 473, della legge 27 dicembre 2017,  n.  205
(Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno  finanziario  2018  e
bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020),  che  ha  introdotto
l'art. 238-bis del d.P.R. n. 115 del 2002,  il  quale,  nel  regolare
l'attivazione della procedura di conversione  delle  pene  pecuniarie
ineseguite per insolvibilita' del condannato, individua come  giudice
competente il solo magistrato di sorveglianza; 
    che il giudice a quo denuncia la violazione  dell'art.  76  della
Costituzione, per eccesso di delega, in quanto la delega  legislativa
conferita  dall'art.  7   della   legge   8   marzo   1999,   n.   50
(Delegificazione e testi  unici  di  norme  concernenti  procedimenti
amministrativi - Legge di semplificazione 1998), sulla  cui  base  e'
stato emanato il decreto legislativo 30 maggio 2002, n. 113,  recante
«Testo unico delle disposizioni legislative in materia  di  spese  di
giustizia (Testo B)» -  confluito  nel  d.P.R.  n.  115  del  2002  -
atteneva alla sola materia delle spese di giustizia e non consentiva,
dunque, al legislatore delegato di operare modifiche alla  competenza
in tema di conversione delle pene pecuniarie; 
    che viene dedotta, altresi', la violazione degli  artt.  25,  97,
primo (recte: secondo) comma, e 111 Cost., «e,  in  via  subordinata,
dell'art. 7 della legge 8 marzo 1999, n. 50 (Delegificazione e  testi
unici di norme concernenti procedimenti  amministrativi  -  Legge  di
semplificazione   1998),   con   riferimento   all'art.   76    della
Costituzione»; 
    che l'obiettivo sostanziale perseguito dal rimettente, tramite la
proposizione dell'incidente di costituzionalita', e' far si'  che  il
giudice di pace torni ad essere competente a disporre, quale  giudice
dell'esecuzione - in luogo  del  magistrato  di  sorveglianza  -,  la
conversione delle  pene  pecuniarie  inflitte  dallo  stesso  giudice
onorario e rimaste ineseguite per insolvibilita' del condannato; 
    che, conformemente a quanto eccepito dall'Avvocatura dello Stato,
le  questioni  sono  manifestamente  inammissibili  per  difetto   di
rilevanza, in quanto palesemente premature e ipotetiche (ex plurimis,
sentenza n. 217 del 2019; ordinanze n. 210 del  2020  e  n.  259  del
2016), e vertenti su disposizioni delle quali il  rimettente  non  e'
chiamato a fare applicazione (tra le altre, sentenze n. 20 del  2019,
n. 177 del 2018; ordinanza n. 259 del 2016); 
    che l'istituto della conversione delle pene  pecuniarie,  cui  si
riferiscono   i   quesiti,   si   colloca,   infatti,   nella    fase
dell'esecuzione penale: esso  presuppone  che  l'imputato  sia  stato
condannato con sentenza irrevocabile a una di  tali  pene  e  che  la
stessa sia rimasta ineseguita; 
    che, secondo quanto si riferisce nell'ordinanza di rimessione, il
giudice  a  quo  e',  per  converso,  investito  di  un  giudizio  di
cognizione di primo grado nei confronti di una persona  imputata  del
reato di invasione di edifici; 
    che il problema dell'individuazione del giudice competente per la
conversione della pena pecuniaria che  sara'  eventualmente  inflitta
all'imputato e', dunque, del tutto  inattuale  -  restando  legato  a
eventi futuri e incerti - e, in ogni caso, non si porra'  nell'ambito
del giudizio di cui il rimettente e' investito; 
    che, a cio' va aggiunto, che le censure di violazione degli artt.
25, 97, secondo comma, e 111 Cost. risultano  sfornite  di  qualsiasi
motivazione di supporto:  il  che  costituisce  ulteriore  motivo  di
manifesta inammissibilita' delle relative questioni; 
    che, per le  ragioni  indicate,  le  questioni  vanno  dichiarate
quindi manifestamente inammissibili, restando  assorbito  l'ulteriore
profilo di inammissibilita', eccepito  dall'Avvocatura  dello  Stato,
concernente le sole questioni aventi ad oggetto l'art. 299 del d.P.R.
n. 115  del  2002  e  che  si  connetterebbe  all'infondatezza  delle
questioni,  logicamente  pregiudiziali,  relative   all'altra   norma
sottoposta a scrutinio, alla luce di quanto deciso  da  questa  Corte
con la sentenza n. 95 del 2020. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  delle   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 299 del decreto del  Presidente
della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo  unico  delle
disposizioni legislative e  regolamentari  in  materia  di  spese  di
giustizia (Testo A)», e  dell'art.  1,  comma  473,  della  legge  27
dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno
finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il  triennio  2018-2020),
sollevate, in riferimento agli artt. 25, 76, 97, secondo comma, e 111
della Costituzione, dal Giudice di pace di  Taranto  con  l'ordinanza
indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  dalla  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 26 maggio 2021. 
 
                                F.to: 
                   Giancarlo CORAGGIO, Presidente 
                      Franco MODUGNO, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 24 giugno 2021. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA