N. 95 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 novembre 2020
Ordinanza del 17 novembre 2020 del Tribunale di Pavia nel procedimento di esecuzione proposto da Teiusanu Lucia c/ Poloniato Pier Felice e Poste Italiane spa. Patrocinio a spese dello Stato - Spese del processo di esecuzione - Omessa previsione che, in caso di creditore ammesso a tale beneficio, il giudice deve procedere alla liquidazione dei compensi e delle spese ai sensi dell'art. 82 del d.P.R. n. 115 del 2002, non limitando tali importi alla somma oggetto di distribuzione nel processo esecutivo. - Codice di procedura civile, art. 95.(GU n.27 del 7-7-2021 )
IL GIUDICE DELL'ESECUZIONE Visto il verbale dell'udienza tenutasi in data odierna; Esaminati gli atti e lette le deduzioni a verbale del procuratore della parte creditrice procedente nella procedura esecutiva presso terzi R.G.E. n. 1671/2018; Vista la dichiarazione resa dal terzo pignorato per un importo esiguo (euro 153,60); Considerato il limite alla liquidazione delle spese delle procedure esecutive, stabilito dall'art. 95 del codice di procedura civile; Visto l'importo del credito, precisato come da precetto in euro 31.242,70 oltre interessi legali sul capitale dal dovuto al saldo; Vista l'istanza di liquidazione delle spese, da porsi a carico dello Stato essendo la parte ammessa al gratuito patrocinio con delibera del Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Pavia n. 1/2015 del 12 gennaio 2015, per compensi professionali (gia' ridotti del 50% rispetto ai valori medi) di euro 1.057,50 oltre 15% spese generali, oltre CPA e IVA come per legge; Preso atto di tale istanza di liquidazione a carico dell'Erario delle spese della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, con la esplicita richiesta di non limitare l'importo liquidato alla somma oggetto di distribuzione nel processo esecutivo; Ritenuto che la liquidazione delle spese deve essere limitata al ricavato dell'esecuzione, come disposto dall'art.95 del codice di procedura civile anche (e a maggior ragione) nei caso di liquidazione a carico dell'erario; Ritenuto quindi che, nel caso di specie l'importo della liquidazione deve essere limitata alla (esigua) somma dichiarata dal terzo; Dato atto che il procedente, nell'ipotesi in cui il Giudice dell'esecuzione ritenga di non poter liquidare i compensi del patrocinatore in misura superiore rispetto alla somma oggetto di assegnazione, solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 95 del codice di procedura civile; Visti i motivi della istanza con la quale Marzio Bini, quale procuratore della creditrice procedente, solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 95 del codice di procedura civile (R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443) in riferimento agli art. 3 comma 2, 24, 36 e 111 della Costituzione, nella parte in cui non prevede che la sua applicazione sia esclusa in caso di liquidazione delle spesse a carico dell'Erario ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115; Viste, in particolare, le seguenti argomentazioni svolte nell'istanza: 1) l'applicazione dell'art. 95 del codice di procedura civile come interpretato dalla giurisprudenza vivente della Suprema Corte e dei giudici di merito (cfr. ad esempio tra le piu' recenti sentenza 5 ottobre 2018, n. 24571 in Corriere giur., 2019, 2, 253 nota di Boccagna e ord. n. 5609/2019) nel caso di soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato costituisce violazione dei principi e diritti costituzionalmente garantiti; 2) la violazione e' apprezzabile sia dal punto di vista del soggetto creditore che del suo difensore. Infatti se nel caso di soggetto non ammesso al patrocinio a spese dello Stato, i compensi che non siano soddisfarti dal ricavato del processo esecutivo (per incapienza totale o parziale) e che rimangono quindi a carico del creditore procedente, sebbene non possano essere richiesti al debitore (per criticabile e non condivisibile orientamento giurisprudenziale maggioritario) possono essere richiesti dal difensore alla parte assistita sulla base dei parametri contenuti nel decreto ministeriale n. 55/2014; 3) in caso di persona ammessa al patrocino a spese dello Stato, il difensore per espresso divieto, non solo contenuto nelle norme deontologiche, ma normativamente espresso nell'art. 85 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, laddove il legislatore afferma che la violazione del divieto costituisce grave illecito disciplinare professionale; 4) prima di affrontare l'eventuale questione di legittimita' costituzionale dell'art. 95 del codice di procedura civile, il difensore argomenta ulteriormente come segue. L'art. 82 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, prevede espressamente che l'onorario e le spese spettanti al difensore sono liquidati dall'autorita' giudiziaria con decreto di pagamento, osservando la tariffa professionale in modo che, in ogni caso, non risultino superiori ai valori medi delle tariffe professionali vigenti relative ad onorari, diritti ed indennita', tenuto conto della natura dell'impegno professionale, in relazione all'incidenza degli atti assunti rispetto alla posizione processuale della persona difesa, senza alcuna specifica di una diversa disciplina nel processo di esecuzione; 5) la lettura fatta dalla giurisprudenza maggioritaria del testo dell'art. 95 del codice di procedura civile, secondo la quale il giudice dell'esecuzione non potrebbe liquidare spese di giudizio a carico del creditore oltre le somme oggetto di distribuzione, darebbe luogo ad una presunta antinomia tra le due norme citate. Infatti, secondo la disposizione dell'art. 82 del decreto del Presidente della Repubblica il giudice, anche del processo esecutivo, dovrebbe liquidare in favore del difensore della Parte ammessa al gratuito patrocinio, i compensi calcolati sulla base dei parametri indicati nel decreto ministeriale n. 55/2014. Secondo la norma tratta dalla giurisprudenza dalla disposizione dell'art. 95 del del codice di procedura civile, invece, nei processi esecutivi la liquidazione dei compensi sarebbe limitata alle somme oggetto di liquidazione (peraltro che verrebbero pagate all'Erario in virtu' della causa di prelazione ex lege); 6) nel caso in esame il ricorrente ritiene che tale presunta antinomia deve essere risolta sulla base del criterio di specialita', secondo il quale deve essere preferita la legge speciale rispetto a quella avente carattere generale. La norma contenuta nell'art. 82 del decreto del Presidente della Repubblica regolando il caso specifico di soggetti processuali ammessi al gratuito patrocinio per assicurare l'accesso alla giustizia (e prevedendo tra l'altro la diminuzione dei compensi per il difensore nominato), da' attuazione al diritto previsto al comma 3 dell'art. 24 della Carta costituzionale. Inoltre nel caso in esame va anche considerato che lo Stato, in base all'art. 135 decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 ha altresi' diritto di prelazione sulle somme oggetto di assegnazione. 7) peraltro, la lettera dell'art. 95 del codice di procedura civile, a parere della difesa del procedente, non prevede espressamente di limitare la liquidazione delle spese al realizzato nell'azione esecutiva. L'art. 95 del codice di procedura civile infatti, prevede espressamente solo che le spese sostenute dal creditore procedente e da quelli intervenuti che partecipano utilmente alla distribuzione sono a carico di chi ha subito l'esecuzione. Sostenere che la partecipazione utile alla distribuzione sia solo quella completamente satisfattiva del credito vantato e delle spese maturate, e' una forzatura interpretativa che non e' condivisibile e non e' ravvisabile dalla lettera della disposizione; 8) il ricorrente ritiene, quindi, che nel caso in esame il Giudice, dovrebbe applicare esclusivamente l'art. 82 decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, liquidando in favore della parte e del suo difensore i compensi nella misura indicata dallo stesso decreto del Presidente della Repubblica; 9) Nel caso in cui, invece, il Tribunale adito ritenesse di applicare nel presente procedimento l'art. 95 del codice di procedura civile nella interpretazione vivente fornita dalla giurisprudenza maggioritaria e quindi procedere alla liquidazione dei compensi in favore del difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, limitando la somma liquidata con il decreto di pagamento di cui all'art. 83 del T.U. Spese di Giustizia alla (esigua) somma oggetto di assegnazione, il ricorrente solleva sin d'ora una questione di legittimita' costituzionale dell'art. 95 del R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443 in riferimento agli art. 3, comma 2, 24, 36 e 111 della Costituzione, nella parte in cui non prevede che, in caso di creditore ammesso al beneficio del patrocinio a spese dello Stato il Giudice, deve procedere alla liquidazione dei compensi e delle spese di giudizio ai sensi dell'art. 82, decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 e comunque senza limitare tali importi alla somma oggetto di distribuzione nel processo esecutivo; 10) sotto il profilo della rilevanza nel presente procedimento e' indubbio che il Giudice dell'esecuzione in quanto richiesto dalla parte procedente di liquidare le spese e i compensi di avvocato del presente giudizio non possa decidere la presente causa, senza la soluzione della questione di legittimita' costituzionale sollevata ed invocata. La decisione sulle spese del giudizio, appartiene senza dubbio al contenuto della decisione anche nel procedimento esecutivo. La regolamentazione delle spese di lite e' processualmente accessoria alla pronuncia del giudice che la definisce in quanto tale ed e' anche funzionalmente servente rispetto alla realizzazione della tutela giurisdizionale come diritto costituzionalmente garantito (art. 24 della Costituzione). Il «normale complemento» dell'accoglimento della domanda - ha affermato questa Corte (cfr. sentenza Corte costituzionale n. 303 del 1986) - e' costituito proprio dalla liquidazione delle spese e delle competenze in favore della parte vittoriosa. Vieppiu' nel caso in esame, laddove il soggetto creditore ha agito in giudizio per ottenere la soddisfazione di un credito relativo ad oneri di mantenimento e alimentari in favore di un soggetto minore, a cui l'ordinamento deve garantire una speciale tutela; 11) sotto il profilo della non manifesta infondatezza il ricorrente si esprime come segue. La norma, nel significato attribuitole dalla giurisprudenza e dal Tribunale adito, contrasta can l'art. 3, comma 2, della Carta costituzionale. Infatti applicare l'interpretazione dell'art. 95 del codice di procedura civile anche ai casi di soggetti processuali ammessi al patrocinio a spese dello Stato significherebbe non garantire il rispetto del principio di eguaglianza sostanziale sancito dall'art. 3, comma 2 della Costituzione. L'articolo in commento, come noto, prevede che e' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la liberta' e l'eguaglianza dei cittadini. Se l'art. 95 del codice di procedura civile impedisse la liquidazione dei compensi per l'avvocato patrocinante secondo le normali regole del patrocinio a spese dello Stato si verificherebbe una irragionevole ed ingiustificata parita' di trattamento di situazioni geneticamente e concretamente differenti. Mentre nelle situazioni di soggetto procedente non ammesso al patrocinio a spese dello Stato, i compensi che non siano soddisfatti dal ricavato del processo esecutivo (per incapienza totale o parziale) e che rimangono quindi a carico del creditore procedente, sebbene non possano essere richiesti al debitore - per criticabile e non condivisibile orientamento giurisprudenziale maggioritario possono essere richiesti dal difensore alla parte assistita sulla base dei parametri contenuti nel decreto ministeriale n. 55/2014, invece in caso di persona ammessa al patrocino a spese dello Stato, il difensore per espresso divieto, non solo contenuto nelle norme deontologiche, ma normativamente espresso nell'art. 85 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, laddove il legislatore afferma che la violazione del divieto costituisce grave illecito disciplinare professionale; 12) quindi proprio in quelle situazioni in cui il soggetto che richiede tutela giudiziaria (tra l'altro nel caso di specie nel processo esecutivo, quindi dopo che il suo diritto e' stato riconosciuto da un provvedimento giurisdizionale ed e' divenuto definitivo o quantomeno azionabile) e' piu' debole perche' sprovvisto dei mezzi necessari per poter sostenere le spese di un giudizio dinnanzi all'autorita' giudiziaria, si genererebbe una minore tutela del soggetto interessato in quanto i difensori potrebbero essere restii in concreto ad accettare un incarico senza la certezza di vedersi riconosciuto un compenso - anche dimezzato - essendo esso subordinato alla capienza del pignoramento azionato; 13) questo, dal punto di vista della persona ammessa al gratuito patrocinio si trasformerebbe in una maggiore difficolta' o nel caso limite in una impossibilita' di ottenere la soddisfazione dei diritti riconosciuti dall'ordinamento e da una decisione giurisdizionale; 14) sarebbe del tutto irragionevole trattare in modo eguale situazioni oggettivamente differenti. Il principio di eguaglianza sostanziale e' un tratto distintivo e caratterizzante della Carta costituzionale ed e' preclusivo di qualunque normazione o attivita' che si ponga in contrasto con il fine di ottenere l'eguaglianza di fatto; 15) le «azioni positive», infatti, come ha avuto modo di osservare la Corte costituzionale (cfr. sent. n. 109/1993) sono il piu' potente strumento a disposizione del legislatore, che, nel rispetto della liberta' e dell'autonomia dei singoli individui, tende a innalzare la soglia di partenza per le singole categorie di persone socialmente svantaggiate - fondamentalmente quelle riconducibili ai divieti di discriminazione espressi nel primo comma dello stesso art. 3 (sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali) - al fine di assicurare alle categorie medesime uno statuto effettivo di pari opportunita' di inserimento sociale, economico e politico; 16) il ricorrente ritiene, poi, che la norma in commento sia in contrasto con l'art. 24, comma 3, della Carta costituzionale. Infatti in detto articolo e' espresso il diritto anche per i non abbienti ad agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. La prospettiva, sopra esaminata, della parte e del suo difensore di vedere non riconosciuto il diritto al pagamento delle spese di lite, costituisce una remora ingiustificata a far valere i propri diritti, incompatibile con il diritto riconosciuto dall'articolo della Carta costituzionale in commento; 17) non risulterebbe, infatti, garantito il diritto inviolabile di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, laddove non venga liquidato un compenso per un'attivita' processuale svolta, con evidente sperequazione tra la situazione dei cittadini che non si valgono del gratuito patrocinio rispetto a quelli che si trovano nelle condizioni per fruirne, perche' questi ultimi, diversamente dai primi, risulterebbero danneggiati dalla possibilita' del mancato compenso; 18) ne' tale violazione puo' essere, nel caso di specie, giustificata come a volte ha fatto la Corte costituzionale (cfr. sent. n. 178/2017 o n. 16/2018) con il riferimento al generale obbiettivo di limitare le spese giudiziali, poiche' nel caso di specie non siamo di fronte a ipotesi di illecito o spregiudicato utilizzo dello strumento processuale, ma di tentativo di ottenere il soddisfacimento di un diritto di credito in favore di una minore; 19) il ricorrente ritiene, poi, che la norma in commento contrasti con l'art. 36 della Carta costituzionale, negando, in caso di infruttuosita' totale del pignoramento o di sua minima fruttuosita' - come nel caso in esame - di riconoscere all'avvocato un compenso, se pur ridotto in base al criterio di cui all'art. 130 decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115; 20) la giurisprudenza vivente ha affermato che il criterio di determinazione del compenso spettante al professionista che difende la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato in un giudizio civile, con la previsione dell'abbattimento nella misura della meta' della somma risultante in base alle tariffe professionali, non impone al professionista un sacrificio tale da risolvere il ragionevole legame tra l'onorario a lui spettante ed il relativo valore di mercato, trattandosi, semplicemente, di una, parzialmente diversa, modalita' di determinazione del compenso medesimo, tale da condurre ad un risultato si economicamente inferiore a quello cui si sarebbe giunti applicando il criterio ordinario, e tuttavia ragionevolmente proporzionato, e giustificato dalla considerazione dell'interesse generale che il legislatore ha inteso perseguire, nell'ambito di una disciplina, mirante ad assicurare al non abbiente l'effettivita' del diritto di difesa in ogni stato e grado del processo, nella quale la liquidazione degli onorari professionali e' suscettibile di restare a carico dell'erario (Cfr. Corte di cassazione, sezione seconda civile, sentenza 23 aprile 2013, n. 9808); 21) anche la Corte costituzionale si e' piu' volte pronunciata in merito alla compatibilita' di un sistema di riduzione dei compensi spettanti al difensore (v., tra le altre, sentenza n. 394 del 2000; ordinanza n. 299 del 2002; ordinanza n. 350 del 2005; in senso conforme, ordinanza n. 201 del 2006), ma tale riduzione non puo' certamente essere tale per cui in caso di infruttuosita' dell'azione esecutiva - ad esempio per incapienza o minima incapienza di rapporti bancari esistenti, come nel caso in esame - al difensore non spetti un compenso o ne spetti uno che tale non puo' essere definito (se il rapporto bancario avesse avuto un credito di 10,00 euro, questo sarebbe stato il compenso liquidabile). Verrebbe a mancare qualunque principio di ragionevolezza nella compressione del diritto dell'avvocato che contrasterebbe con i precetti costituzionali della proporzionalita' alla quantita' e qualita' del lavoro svolto e della necessita' di garantire un'esistenza libera e dignitosa; 22) infatti la misura del compenso, gia' compressa dalle disposizioni di legge, verrebbe annullata in caso di incapienza del ricavato e per cause indipendenti dalla buona fede del creditore procedente o dalla fondatezza della sua azione; 23) infine il ricorrente ritiene che la norma oggetto di critica sia in contrasto con la disposizione di cui all'art. 111, comma 1, della Carta costituzionale. Si puo' senz'altro affermare che l'art. 111 della Costituzione, la' dove parla di giusto processo, ha voluto assegnare a tale formula il significato pratico di processo coerente con quei valori di civilta' giuridica, che in un determinato contesto storico sono espressi o condivisi dalla collettivita'; 24) non e' certamente «giusto» il processo nel quale un soggetto che ha un diritto riconosciuto da un provvedimento giurisdizionale divenuto definitivo, e' un soggetto non abbiente (forse anche perche' la sua situazione e' aggravata dal comportamento del debitore), agisce nei confronti del debitore per il recupero del proprio credito tramite un avvocato (in via obbligatoria) e non solo non ottiene soddisfacimento delle proprie pretese ma non ha diritto ad ottenere una pronuncia satisfattiva delle spese del procedimento esecutivo solo perche' il debitore ha occultato i suoi beni; 25) tale statuizione, peraltro, sarebbe oltremodo punitiva ed ingiusta considerando che: a) in base all'art. 133 decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 il provvedimento che pone a carico della parte soccombente non ammessa al patrocinio la rifusione delle spese processuali a favore della parte ammessa dispone che il pagamento sia eseguito a favore dello Stato; b) in base all'art. 135 decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, le spese relative ai processi esecutivi, mobiliari e immobiliari, hanno diritto di prelazione, ai sensi degli articoli 2755 e 2770 del codice civile, sul prezzo ricavato dalla vendita o sul prezzo dell'assegnazione o sulle rendite riscosse dall'amministratore giudiziario.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 87; Ritenuto che il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale; Ritenuta la rilevanza della questione nel presente giudizio, stante l'ammissione della parte creditrice al patrocinio a spese dello Stato, stante l'istanza di liquidazione ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 (con esplicita richiesta di non limitare l'importo liquidato alla somma oggetto di distribuzione) e stante la verifica dell'attuale perdurare delle condizioni economiche della parte, prendendo atto del provvedimento in data 7 settembre 2020 del Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Pavia e dando pertanto atto che non risultano circostanze che comportino, ai sensi dell'art. 136 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002, la revoca dell'ammissione; Ritenuto inoltre che la questione sollevata non sia manifestamente infondata, alla stregua dei motivi dell'istanza sopra richiamati; Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale sia notificata alle parti e al Pubblico Ministero, nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Pavia, 7 ottobre 2020 Il G.E. GOP Confalonieri