N. 101 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 dicembre 2020

Ordinanza del 29 dicembre 2020 del Tribunale  di  Udine  sul  ricorso
proposto da Banca di Udine Credito Cooperativo  Societa'  cooperativa
c/Consorzio per lo Sviluppo Industriale della zona  dell'Aussa  Corno
in liquidazione. 
 
Consorzi - Fallimento e altre procedure  concorsuali  -  Norme  della
  Regione autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  -  Consorzi  di  sviluppo
  industriale - Previsione, in via di interpretazione autentica,  che
  la liquidazione si svolge secondo la disciplina e con  gli  effetti
  della liquidazione coatta amministrativa. 
- Legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 18 gennaio 1999,
  n. 3 (Disciplina dei consorzi di sviluppo  industriale),  art.  14,
  comma 5-nonies, come sostituito dall'art. 2, comma 141, lettera a),
  della legge regionale 11  agosto  2016,  n.  14  (Assestamento  del
  bilancio per l'anno 2016 e del bilancio per gli anni  2016-2018  ai
  sensi della legge regionale 10 novembre 2015, n. 26)  e  modificato
  dall'art. 64, comma 2  (recte:  art.  2,  comma  64),  della  legge
  regionale 4 agosto 2017, n. 31 (Assestamento del bilancio  per  gli
  anni 2017-2019 ai sensi dell'articolo 6 della  legge  regionale  10
  novembre 2015, n. 26). 
(GU n.28 del 14-7-2021 )
 
                        IL TRIBUNALE DI UDINE 
 
    riunito in camera di consiglio nelle persone dei seguenti signori
magistrati: 
      dott. Francesco Venier - Presidente 
      dott. Andrea Zuliani - giudice 
      dott. Gianmarco Calienno - giudice relatore 
    ha emesso la seguente ordinanza: nel ricorso ex  art.  213  legge
fallimentare iscritto al n. 28/2020 promosso con  ricorso  depositato
il 7 gennaio 2020 da Banca  di  Udine  Credito  Cooperativo  Societa'
cooperatva: in persona del legale rappresentante dott. Lorenzo Sirch,
rapp. e dif. dall'avv. Paolo Persello;  ricorrente  contro  Consorzio
per  lo  sviluppo  industriale  della  zona   dell'Aussa   Corno   in
liquidazione: in persona  del  commissario  liquidatore  dott.  Marco
Pezzetta, rapp. e dif. dall'avv. Roberto Paviotti; 
    Con ricorso, depositato il 7 gennaio 2020, ai sensi dell'art. 213
R.D. 267/1942 (LF, la Banca di  Udine  Credito  Cooperativo  societa'
cooperativa (di seguito piu' brevemente la banca  o  la  ricorrente),
dopo aver premesso di essere pacificamente creditrice  nei  confronti
del Consorzio per lo sviluppo industriale della zona dell'Aussa Corno
in liquidazione  (di  seguito  piu'  brevemente  il  Consorzio  o  la
Resistente) per l'importo di € 955.792,12 in via ipotecaria  e  di  €
211.034,00 in via chirografaria, contestava il primo piano di riparto
parziale  comunicatole  via  pec  dal  commissario  liquidatore   del
Consorzio in data 23 dicembre 2019, assumendo il proprio  diritto  di
ricevere l'intero importo della vendita dei  beni  ipotecati  in  suo
favore, maggiorato anche degli importi di locazione,  o  comunque  un
importo ben maggiore di quello proposto nel piano di riparto,  previa
rimessione alla corte costituzionale della questione di  legittimita'
costituzionale di alcune norme della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia
(1) in  base  alle  quali  e'  stata  disposta  l'applicazione  della
disciplina della liquidazione coatta amministrativa (di seguito  piu'
brevemente anche solo LCA) al Consorzio. 
    Cio', per effetto della pretesa inapplicabilita' della disciplina
della LCA al consorzio resistente  quale  conseguenza  dell'eventuale
accoglimento della predetta questione di legittimita'  da  parte  del
giudice delle leggi e,  quindi,  della  conseguente  inapplicabilita'
della ritenuta del 20% di cui all'art.  113  comma  1  LF  richiamato
dall'art. 212, ultimo comma LF nonche'  delle  trattenute  per  spese
future e compenso curatore di cui  all'art.  113, secondo  comma  LF,
richiamato dall'art. 212, ultimo comma LF e, piu' in generale,  delle
spese prededucibili nella misura proposta nel piano di riparto che la
ricorrente «bolla» come generica e immotivata. 
    Si costituiva in giudizio il Consorzio  il  quale,  assumendo  la
manifesta infondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale
sollevate dalla ricorrente, concludeva per il rigetto del ricorso. 
    Compariva  in  giudizio,  senza   costituirsi,   l'autorita'   di
vigilanza,  ossia  la  Regione  Friuli-Venezia   Giulia,   la   quale
depositava delle osservazioni. 
    Disposta  dopo   la   prima   udienza   la   rinnovazione   della
comunicazione nei confronti di alcuni dei componenti del comitato  di
sorveglianza, nessun membro si costituiva o  compariva  in  giudizio,
ne' depositava delle osservazioni nel termine di legge, sicche', dopo
uno scambio di note, la causa veniva rimessa al Collegio  all'udienza
del 15 ottobre 2020. 
    Orbene, il  Collegio  dubita  della  legittimita'  costituzionale
dell'art.14  comma  5-nonies  della  legge  regionale  della  Regione
Friuli-Venezia Giulia 18 gennaio 1999 n. 3, come sostituito dall'art.
2, comma 14,1 lettera a) della legge regionale 11 agosto 2016 n. 14 e
modificato dall'art. 64, comma 2, della legge regionale 4 agosto 2017
n. 31 , per violazione dell'art. 117 comma secondo lettera  l)  Cost.
che  riserva  allo  Stato  la  potesta'  legislativa  in  materia  di
giurisdizione e norme  processuali  e  di  ordinamento  civile,  come
analogamente  gia'  dichiarato  dalla  corte  costituzionale  con  la
sentenza n. 25/2007 in riferimento ad alcune disposizioni legislative
della  Regione  Puglia  censurate   come   incostituzionali   perche'
presupponendo l'assoggettamento alla procedura di liquidazione coatta
amministrativa  delle  Usl  in  gestione  liquidatoria,  violano   la
competenza esclusiva dello Stato in materia di giurisdizione e  norme
processuali e di ordinamento civile. 
    In ossequio all'art. 23 della legge n. 87 del 1953,  il  Collegio
espone qui di seguito, in  distinti  paragrafi,  perche'  ritiene  la
predetta questione rilevante e non manifestamente infondata. 
 
                              Rilevanza 
 
    A sostegno dell'assunto che il presente giudizio non possa essere
definito  indipendentemente  dalla  risoluzione   della   prospettata
questione  di  legittimita'  costituzionale,  giova   preliminarmente
soffermarsi sulla norma che ha investito il Collegio della  decisione
della presente causa. 
    In particolare, la ricorrente,  come  sinteticamente  esposto  in
premessa, ha contestato tempestivamente  (ossia  entro  venti  giorni
dalla comunicazione) con ricorso depositato in data 7  gennaio  2020,
ai sensi dell'art.  213  LF,  il  primo  piano  di  riparto  parziale
comunicatole in  data  23  dicembre  2019  via  PEC  dal  commissario
liquidatore del Consorzio. 
    Com'e' noto, l'art. 213 LF e' inserito nel R.D. n. 267/1942 nella
parte dedicata alla disciplina della procedura concorsuale denominata
liquidazione amministrativa. 
    Tale disposizione e' interpretata dalla giurisprudenza di  merito
(vedi in senso conforme Tribunale Milano 12 giugno 2006  n.  6939)  e
dalla stessa  Corte  costituzionale  (vedi  Corte  costituzionale  14
aprile 2006 n. 154), (2) nel senso che essa regola non solo il  piano
di riparto finale, ma anche i piani di riparto parziali, come  quello
oggetto di contestazione nel presente procedimento. 
    La legittimazione attiva della ricorrente non  e'  revocabile  in
dubbio posto che la Banca e' creditrice «ammessa» nella procedura  di
LCA del Consorzio per l'importo di € 955.792,12 in via  ipotecaria  e
di € 211.034,00  in  via  chirografaria  come  da  comunicazione  del
commissario liquidatore del 19 aprile 2016 (doc.  8  ric.),  come  lo
stesso parziale impugnato e come risulta dallo stesso  stato  passivo
della procedura (doc. 35 ric.). 
    La contestazione della Banca  e',  altresi',  tempestiva  perche'
depositata in data 7 gennaio 2020  innanzi  al  Tribunale  di  Udine,
competente per territorio in ragione della sede legale: dei Consorzio
all'interno  del  circondario  dell'intestato  Tribunale,  entro   il
termine perentorio di venti giorni decorrente dalla comunicazione via
pec del commissario di data 23 dicembre 2019  del  piano  di  riparto
parziale oggetto del presente procedimento. 
    A questo punto occorre soffermarsi sul merito del ricorso al fine
di  evidenziare  che  la  prospettata   questione   di   legittimita'
costituzionale (su  cui  ci  si  soffermera'  piu'  diffusamente  nel
paragrafo dedicato alla non  manifesta  infondatezza)  si  pone  come
antecedente logico-giuridico necessario rispetto alla  domanda  della
Banca. 
    A tal fine giova premettere che il Consorzio  Aussa-Corno  e'  un
ente pubblico economico istituito dall'art. 5 della legge n. 633/1964
ed e' stato sciolto e posto in liquidazione con la  deliberazione  n.
2283 del 13 novembre 2015 della giunta regionale  del  Friuli-Venezia
Giulia, pubblicata nel Bollettino Ufficiale  della  Regione  Autonoma
Friuli-Venezia Giulia n. 48 del 2 dicembre 2015. 
    La  deliberazione  anzidetta   prevedeva   che   il   commissario
liquidatore provvedesse «all'estinzione dei debiti esclusivamente nei
limiti delle risorse disponibili alla data della liquidazione  ovvero
di quelle che si  ricavano  dalla  liquidazione  del  patrimonio  del
Consorzio medesimo», ma non richiamava in  alcun  modo  le  norme  in
materia di liquidazione coatta amministrativa. 
    Alla  data  di  adozione  della   deliberazione   di   messa   in
liquidazione del Consorzio, infatti, il comma «5-nonies, della  legge
regionale n. 3/1999 (aggiunto dall'art.  24,  comma  1,  lettera  b),
della  legge  regionale  n.  4/2014)  stabiliva  semplicemente   che:
5-nonies. Il commissario di cui al comma 5-octies si sostituisce agli
organi  disciolti  e  provvede  alla  «Liquidazione  del   Consorzio,
all'estinzione dei debita', esciusivamente nei limiti  delle  risorse
disponibili alla data della liquidazione  ovvero  di  quelle  che  si
ricavano dalla liquidazione del patrimonio del Consorzio. Ogni atto o
contratto adottato e sottoscritto dal Commissario  di  cui  al  comma
5-octies in deroga a quanto previsto dal presente articolo e' nullo». 
    Dalla piana lettura di  tali  disposizioni  emerge  l'assenza  di
qualsivoglia riferimento alla disciplina  della  liquidazione  coatta
amministrativa. 
    Il comma 5-nonies e' stato poi integralmente sostituito dall'art.
2,  comma  141,  lettera  a),  della  legge  regionale  n.   14/2016,
pubblicata nel supplemento ordinario n. 35 del 12 agosto 2016 al  BUR
n. 32 del 10 agosto 2016 (doc. 4), con  il  seguente:  «5-nonies.  Il
commissario  liquidatore  si  sostituisce  agli  organi  disciolti  e
provvede alla liquidazione del Consorzio, all'estinzione  dei  debiti
esclusivamente nei limiti delle risorse disponibili alla  data  della
liquidazione ovvero di quelle che si ricavano dalla liquidazione  del
patrimonio  del  Consorzio  medesimo.  Il   commissario   liquidatore
nell'esecuzione delle funzioni attribuite e' autorizzato a  porre  in
essere ogni atto funzionale alla liquidazione, alla gestione  e  alla
salvaguardia del patrimonio del consorzio. La liquidazione si  svolge
secondo la disciplina e con gli  effetti  della  liquidazione  coatta
amministrativa». 
    L'art. 2, comma 64, della legge regionale n. 31/2017,  pubblicata
nel supplemento n. 26 del 9 agosto 2017 al BUR n.  32  del  9  agosto
2017 (doc. 5) ha poi sostituito  alcune  parole  del  comma  5-nonies
dell'art. 14 della legge regionale  n.  3/1999:  «Al  comma  5-nonies
dell'art. 14 della legge regionale 18 gennaio 1999, n. 3  (Disciplina
dei Consorzi di sviluppo industriale), le parole «La liquidazione  si
svolge» sono sostituite dalle seguenti: «In  via  di  interpretazione
autentica, la liquidazione si svolge». 
    Con la deliberazione n. 2087 dell'11 novembre  2016,  avente  per
oggetto  «  ...Consorzio  per  lo  sviluppo  industriale  della  zona
dell'Aussa Corno in liquidazione. Apertura della liquidazione  coatta
amministrativa...», pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione
Autonoma Friuli-Venezia Giulia n. 48 del 30 novembre 2016 (doc. 2) la
giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia ha disposto: «Il Consorzio
di sviluppo industriale  della  Zona  dell'Aussa  Como  e'  posto  in
liquidazione coatta amministrativa ai sensi e per gli effetti di  cui
agli articoli 194 e seguenti della legge fallimentare». 
    Orbene, fermo restando che la Banca e' pacificamente  ci-editrice
«ammessa» del Consorzio  per  gli  importi  di €  955.792,12  in  via
ipotecarie e di € 211.034,00 in via  chirografaria,  e'  incontestato
che il  commissario  liquidatore  abbia  venduto  l'immobile  gravato
dall'ipoteca in favore della Banca per il prezzo di € 450.000,00. 
    La Banca sostiene, quale principale motivo di  contestazione  del
primo piano di riparto parziale, che quanto ricavato dalla vendita le
debba essere integralmente versato, maggiorato dei  canoni  percepiti
dalla procedura in relazione alla locazione  del  predetto  immobile,
dedotte le sole spese  di  pubblicazione  degli  avvisi  di  vendita,
tenuto  conto  della  denunziata  incostituzionalita'   delle   norme
regionali,  sopra  citate,  che   innovando   nella   materia   della
liquidazione dei consorzi, hanno previsto l'applicazione a tali  enti
della procedura di liquidazione coatta amministrativa e che la giunta
regionale  ha,  poi,  applicato  alla  liquidazione   del   Consorzio
resistente. 
    In altri termini,  la  banca  sostiene  che  il  proprio  diritto
soggettivo di credito, garantito da  ipoteca  gravante  sull'immobile
venduto  dalla  procedura,  non  sia  «falcidiabile»  con  costi  che
attengono alla procedura di LCA (si pensi ad esempio al compenso  per
il commissario liquidatore), diversi da quelli strettamente attinenti
alla vendita  del  cespite  (avvisi  di  vendita,  eventuali  perizie
valutative ecc.). 
    Effettivamente il commissario ha, invece, depositato, in data  21
dicembre 2019, il primo piano di riparto parziale,  che  riguarda  le
somme ricavate dalla vendita dei beni immobili  gravati  da  ipoteca,
prevede il pagamento in favore di Banca di Udine del solo importo  di
€ 276.536,07, a fronte di € 450.000,00  ricavati  dalla  vendita  del
cespite. 
    La differenza tra il prezzo ricavato dalla vendita  dell'immobile
di via Pradamano e l'importo che  il  commissario  intende  pagare  a
Banca di Udine e' data, secondo il piano di riparto parziale: 
      da costi asseritamente prededucibili per € 48.100,26; 
      da «accantonamenti per oneri futuri (importo di cui alla  causa
n. 1003/2019 R.G. presso  il  Tribunale  di  Udine  promossa  per  la
restituzione di somme incassate da Banca di Udine  in  lesione  della
par condicio creditorum)» di € 57.188,90; 
      da un accantonamento del 20% delle somme  ripartibili  ex  art.
113 legge fallimentare. 
    Ne' (ma la questione non dipende  logicamente  dalla  prospettata
QLC) risultano inclusi tra  le  somme  da  attribuirsi  al  creditore
fondiaria  Banca  di  Udine,  i  canoni  percepiti   dalla   gestione
commissariale per la  locazione  di  parte  dell'Immobile  ipotecato,
sulla base del contratto  stipulato  in  data  28  ottobre  2014  con
U.C.I.T. S.r.l., citato nel contratto di  compravendita  allegato  al
piano di riparto, in violazione, secondo la difesa  della  Banca,  di
quanto previsto dall'art.  41,  decreto  legislativo  n.  385/1993  e
dell'art. 111-ter legge fallimentare. 
    E' evidente che il piano di  riparto  parziale  contestato  dalla
banca, e' stata elaborato  sul  presupposto  che  alla  procedura  di
liquidazione del Consorzio si applichino le norme dettate in  materia
di liquidazione coatta amministrativa quale effetto dell'applicazione
delle norme regionali  denunziate  di  illegittimita'  costituzionale
sulla cui base la giunta regionale ebbe a disporre  l'apertura  della
procedura di LCA nei confronti del Consorzio resistente. 
    Trattandosi di procedura di  liquidazione  coatta  amministrativa
tuttora  in  corso  che,  allo  stato,  costituisce  il   presupposto
necessario per consentire al ricorrente, quale creditore concorsuale,
di ottenere il soddisfacimento  del  proprio  diritto  soggettivo  di
credito secondo le proprie legittime ragioni di prelazione  -  reputa
il Collegio che la pacifica mancata impugnazione  nei  termini  della
delibera della Giunta regionale, sopra richiamata - che ha  posto  il
Consorzio in LCA - non incida sulla rilevanza della questione perche'
gli effetti delle norme denunziate di  illegittimita'  costituzionale
perdurano tuttora perche' costituiscono il  presupposto  legittimante
la procedura in corso e incidono attualmente sul  diritto  soggettivo
del ricorrente di ottenere il soddisfacimento del proprio credito  in
conformita' a norme legittime dell'ordinamento positivo. 
    Del  resto,   l'eventuale   accoglimento   della   questione   di
legittimita' costituzionale imporrebbe al Collegio di considerare  la
delibera della giunta regionale che ha posto il consorzio  resistente
in LCA -ancorche' pacificamente non impugnata nei termini-  priva  di
qualsivoglia  effetto  giuridico  nell'ordinamento  positivo,   ossia
nulla, perche' emessa in totale carenza di  potere  o,  comunque,  di
disapplicarla vertendosi in tema di diritti soggettivi. 
    Alla luce di quanto sin qui esposto, ritiene, quindi, il Collegio
che il presente giudizio non possa essere definito  indipendentemente
dalla  risoluzione  della  prospettata  questione   di   legittimita'
costituzionale. 
    Non manifesta infondatezza 
    Come si e'  sopra  gia'  anticipato,  il  Collegio  dubita  della
legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-nonies della  legge
regionale della Regione Friuli-Venezia Giulia 18 gennaio 1999  n.  3,
come  sostituito  dall'art.  2  comma  141  lettera  a)  della  legge
regionale 11 agosto 2016 n. 14 e  modificato  dall'art.  64  comma  2
della legge regionale 4 agosto 2017 n. 31, per  violazione  dell'art.
117 comma secondo lettera l) Cost. che riserva allo Stato la potesta'
legislativa in materia di giurisdizione  e  norme  processuali  e  di
ordinamento civile, come analogamente  gia'  dichiarato  dalla  Corte
costituzionale con la sentenza n. 25/2007 in  riferimento  ad  alcune
disposizioni  legislative  della  Regione   Puglia   censurate   come
incostituzionali   perche'   presupponendo   l'assoggettamento   alla
procedura di liquidazione coatta amministrativa delle Usl in gestione
liquidatoria,  violavano  la  competenza  esclusiva  dello  Stato  in
materia di giurisdizione e norme processuali e di ordinamento civile. 
    Occorre, quindi, soffermarsi sulle ragioni del contrasto  tra  la
norma costituzionale evocata, ossia l'art. 117  lettera  l)  Cost.  e
l'art.  14  comma  5-nonies  della  legge  regionale  della   Regione
Friuli-Venezia Giulia 18 gennaio 1999 n. 3, come sostituito dall'art.
2, comma 141, lettera a) della legge regionale 11 agosto 2016 n. 14 e
modificato dall'art. 64, comma 2, della legge regionale 4 agosto 2017
n.  31,   dando   adeguata   motivazione   dell'impraticabilita'   di
un'interpretazione della norma regionale conforme a Costituzione  con
la precisazione che siffatto obbligo a carico del giudice  remittente
non puo' mai condurlo a veicolare un'interpretazione in contrasto col
tenore letterale della disposizione censurata (ex pluribus vedi Corte
costituzionale n.  232/2013)  ne'  a  un'interpretazione  «del  tutto
eccentrica e bizzarra, avuto riguardo al contesto  normativo  ove  la
disposizione si colloca» (cfr. Corte costituzionale n. 36/2016). 
    Orbene,  l'art.  14  comma   5-nonies   della   legge   regionale
Friuli-Venezia Giulia (FVG) n.3/1999, come da ultimo  modificata  con
l'art. 64 comma 2 della legge regionale 4 agosto  2017  n.  31,  cosi
dispone: 
      «5-nonies.  Il  commissario  liquidatore  si  sostituisce  agli
organi  disciolti  e  provvede  alla  liquidazione   del   Consorzio,
all'estinzione del debiti esclusivamente  nei  limiti  delle  risorse
disponibili alla data della liquidazione  ovvero  di  quelle  che  si
ricavano dalla liquidazione del patrimonio del Consorzio medesimo. Il
Commissario liquidatore nell'esecuzione delle funzioni attribuite  e'
autorizzato a porre in essere ogni atto funzionale alla liquidazione,
alla gestione e alla salvaguardia del patrimonio  del  Consorzio.  In
via di, interpretazione autentica, la liquidazione si svolge  secondo
la  disciplina  e  con  gli   effetti   della   liquidazione   coatta
amministrativa.». 
    La legge regionale  in  cui  e'  inserita  tale  disposizione  e'
finalizzata,  come  espressamente  previsto  dal  suo   art.   1,   a
disciplinare l'ordinamento dei Consorzi per lo sviluppo  industriale,
aventi natura di enti pubblici economici, in riferimento agli  ambiti
degli agglomerati  industriali  di  interesse  regionale  individuati
dagli strumenti  di  programmazione  economica  e  di  pianificazione
territoriale  regionale,  cosi'   come   definiti   dagli   strumenti
urbanistici comunali. 
    L'art. 14, in cui e' inserita il predetto  comma  5-nonies  ,  si
occupa espressamente della vigilanza di tali consorzi da parte  della
Regione. 
    Orbene, l'interpretazione letterale della disposizione della  cui
legittimita' costituzionale si dubita appare palese secondo i  canoni
ermeneutici di cui all'art. 12 delle preleggi del codice civile. 
    Secondo il legislatore regionale  la  fase  di  liquidazione  del
Consorzio si svolge attraverso  il  rinvio  alla  disciplina  statale
della liquidazione coatta amministrativa e con  gli  effetti  che  le
sono propri. 
    Si tratta all'evidenza  di  un  rinvio  «puro  e  semplice»  alla
disciplina della  liquidazione  coatta  amministrativa  senza  alcuna
interferenza   da   parte    del    legislatore    regionale    sulla
«regolamentazione»  di  tale  procedimento  concorsuale  e  sui  suoi
effetti. 
    A  fronte  del   suo   chiaro   senso   letterale,   l'attenzione
dell'interprete non puo' che spostarsi sulla materia  su  cui  incide
tale norma e, una volta individuata, se essa sia, o  meno,  riservata
in via esclusiva al legislatore statale ai sensi dell'art. 117  della
costituzione. 
    Orbene, la liquidazione coatta amministrativa  e'  una  procedura
concorsuale, avente finalita' liquidative, disciplinata, dalla  legge
statale, ossia dagli artt. 194 e segg. del RD) 267/1942. 
    La legge fallimentare  non  individua  le  singole  categorie  di
imprese assoggettabili alla procedura di LCA, posto che l'art.  2  si
limita a stabilire che sono  le  leggi  speciali  ad  individuare  le
imprese soggette  alla  procedura  in  esame,  i  casi  per  i  quali
quest'ultima  puo'  essere  prevista  e  l'autorita'   competente   a
disporla. 
    Per quanto qui interessa, la liquidazione coatta  amministrativa,
qualora prevista per la liquidazione di un determinato ente,  implica
l'assegnazione «alle situazioni soggettive di coloro che hanno  avuto
rapporti  con  quegli  enti  un  regime  sostanziale  e  processuale,
peculiare rispetto a quello (ordinario previsto dal codice  civile  e
da quello di procedura civile  altrimenti  applicabile»  (cfr.  corte
costituzionale n. 25/2007). 
    Sicche',   seguendo   il   ragionamento   della   stessa    Corte
costituzionale, «quando l'art. 2 della legge fallimentare prevede che
a determinare le imprese assoggettabili a tale procedura  concorsuale
sia la «legge», tale espressione non puo' che essere intesa nel senso
di legge idonea ad incedere -perche' emanata da chi  ha  la  relativa
potestà-sul  regime,  sostanziale  e  processuale,  delle  situazioni
soggettive coinvolte nelle procedura», quindi la legge  statale,  cui
l'art. 117 lettera l) riserva  la  materia  dell'ordinamento  civile,
della giurisdizione e delle norme processuali. 
    Ne'  ritiene  il  Collegio  che  sia  «praticabile»  la   pretesa
interpretazione adeguatrice della norma regionale predetta assumendo,
come proposto dalla difesa del Corsorzio, che essa trovi la sua piena
legittimazione costituzionale nello Statuto  speciale  della  Regione
FVG la' dove riserva, all'art. 4 n. 6, alla potesta' esclusiva  della
Regione la materia dell'industria,  nel  cui  ambito  si  colloca  la
«Disciplina  dei  consorzi  di  sviluppo  industriale»  dettata   per
l'appunto dalla legge regionale n. 3/1999  cui  appartiene  la  norma
censurata. 
    Cio' perche' la potesta' in materia dell'industria non  puo'  mai
spingersi al punto di incidere sull'ordinamento civile e sulle  norme
processuali, ossia, nella  fattispecie,  sul  diritto  soggettivo  di
credito assistito da garanzia reale che fa capo alla Banca. 
    A ragionare diversamente si consentirebbe che lo  stesso  diritto
soggettivo di credito abbia,  qualora  ipoteticamente  esigibile  nei
confronti di  un  Consorzio  di  sviluppo  industriale  con  sede  in
un'altra Regione della Repubblica, un trattamento diverso rispetto  a
quello che, invece, la  norma  regionale  del  FVG  gli  riserva  per
effetto  dell'assoggettamento  del  Consorzio   in   questione   alla
procedura della liquidazione coatta amministrativa. 
    Si  tratta   all'evidenza   di   un   effetto   che,   in   forza
dell'interpretazione   adeguatrice   sostenuta   dalla   difesa   del
Consorzio, stride, ancor prima che con  la  riserva  statale  di  cui
all'art. 117, lett. l) Cost., con il principio di uguaglianza di  cui
all'art. 3 della Costituzione. 
    Ne', infine, il richiamo puro e semplice alla disciplina  statale
della liquidazione coatta amministrativa operato  dalla  norma  della
cui legittimita' si dubita consente di ritenere  la  stessa  conforme
all'art.  117,  lett.  1),  Cost.  che  si   assume   violato   dalla
disposizione regionale in questione. 
    Di vero, il richiamo anche integrale  da  parte  di  una  Regione
della normativa statale in  una  materia  riservata  alla  competenza
esclusiva dello Stato determina,  come  ben  osservato  dalla  difesa
della Banca, l'illegittimita' costituzionale della  norma  regionale:
«anche la semplice novazione della fonte, con intrusione negli ambiti
di competenza esclusiva  statale,  costituisce  senz'altro  causa  di
Illegittimita' costituzionale della norma  regionale,  derivante  non
dal modo in cui la norma ha in concreto disciplinato,  ma  dal  fatto
stesso di  avere  regolato  una  materia  di  competenza  legislativa
esclusiva dello Stato (sentt. nn. 95 del 2007, 151 del 2010, 77,  286
del 2013, 195 del 2015,  40  del  2017)»  (corte  costituzionale,  10
novembre 2017, n. 234: nello  stesso  senso  Corte  costituzionale  9
ottobre 2015, n. 195: «Come questa Corte ha piu'  volte  ribadito,  a
prescindere dalla conformita' o  difformita'  della  legge  regionale
alla legge statale, «la novazione della fonte  con  intrusione  negli
ambiti  di  competenza  esclusiva  statale   costituisce   causa   di
illegittimita' della norma» regionale (ex-plurimis,  sentenze  n.  35
del 2012 e n. 26 del 2005). La legge  regionale  che  pur  si  limiti
sostanzialmente a ripetere  il  contenuto  della  disciplina  statale
determina la violazione dei  parametri  invocati,  derivando  la  sua
illegittimita' costituzionale non dal modo in cui ha disciplinato, ma
dal fatto stesso di  aver  disciplinato  una  materia  di  competenza
legislativa esclusiva dello Stato»). 
    Alla luce di quanto sin qui esposto, ritiene, quindi il  Collegio
che la questione di legittimita' costituzionale sin  qui  prospettata
sia rilevante  e  non  manifestamente  infondata  in  relazione  alla
riserva statale di cui all'art. 117 secondo coma lettera l) Cost.. 

(1) in  particolare  la  questione  di  legittimita'   costituzionale
    dell'art. 14 comma 5-nonies della legge regionale  della  Regione
    Friuli-Venezia Giulia 18  gennaio  1999  n.  3,  come  sostituito
    dall'art. 2 comma 141 lettera a) della legge regionale 11  agosto
    2016 n.  14  e  modificato  dall'art.  64  comma  2  della  legge
    regionale 4 agosto 2017 n. 31 per violazione dell'art. 117  comma
    secondo lettera l) Cost.  che  riserva  allo  Stato  la  potesta'
    legislativa in materia di giurisdizione e norme processuali e  di
    ordinamento  civile;  in  subordine  questione  di   legittimita'
    costituzionale dell'art. 64  comma  2  della  legge  regionale  4
    agosto 2017 n. 31 per violazione degli artt. 3, 24 e 117 comma  1
    in relazione all'art. 6 CEDU, della Costituzione. 

(2) Cosi' la massima: «E' costituzionalmente illegittimo l'art.  213,
    comma 2, legge fall.,  nella  parte  in  cui  fa  decorrere,  nei
    confronti del «creditori ammessi» (tra i quali  devono  ritenersi
    compresi, pur se  non  figurano  nello  stato  passivo,  anche  i
    crediti prededucibili  riconosciuti  esistenti,  anche  nel  loro
    ammontare, dal  commissario),  il  termine  perentorio  di  venti
    giorni per proporre contestazioni avverso il  piano  di  riparto,
    totale o parziale, dalla pubblicazione nella  Gazzetta  Ufficiale
    della notizia dell'avvenuto deposito del medesimo in cancelleria,
    anziche' dalla comunicazione dell'avvenuto deposito effettuata  a
    mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento ovvero con  altra
    modalita' prevista dalla legge.» 
 
                               P. Q. M. 
 
    Visti l'art. 134 Cost. e gli artt. 23 e seguenti della  legge  n.
87/1953: 
      ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la  questione
di legittimita' costituzionale  dell'art.  14  comma  5-nonies  della
legge regionale della Regione Friuli-Venezia Giulia 18  gennaio  1999
n. 3, come sostituito dall'art. 2 comma 141 lettera  a)  della  legge
regionale 11 agosto 2016 n. 14 e modificato dall'art. 64 coma 2 della
legge regionale 4 agosto 2017 n.  31,  in  riferimento  all'art.  117
comma secondo lettera l) Cost. che riserva  allo  Stato  la  potesta'
legislativa in materia di giurisdizione e norme  processuali  nonche'
di ordinamento civile; 
      dispone la trasmissione degli atti alla  Corte  costituzionale;
sospende il presente giudizio fino all'esito del giudizio incidentale
di costituzionalita'; 
      ordina che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza sia
notificata alle parti in causa e al Presidente della giunta regionale
del Friuli-Venezia Giulia; 
      ordina  che  la  presente  ordinanza   sia   comunicata   dalla
Cancelleria al Presidente del Consiglio regionale del  Friuli-Venezia
Giulia. 
        Cosi' deciso in Udine in data 10 dicembre 2020. 
 
                        Il Presidente: Venier