N. 101 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 dicembre 2020
Ordinanza del 29 dicembre 2020 del Tribunale di Udine sul ricorso proposto da Banca di Udine Credito Cooperativo Societa' cooperativa c/Consorzio per lo Sviluppo Industriale della zona dell'Aussa Corno in liquidazione. Consorzi - Fallimento e altre procedure concorsuali - Norme della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia - Consorzi di sviluppo industriale - Previsione, in via di interpretazione autentica, che la liquidazione si svolge secondo la disciplina e con gli effetti della liquidazione coatta amministrativa. - Legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 18 gennaio 1999, n. 3 (Disciplina dei consorzi di sviluppo industriale), art. 14, comma 5-nonies, come sostituito dall'art. 2, comma 141, lettera a), della legge regionale 11 agosto 2016, n. 14 (Assestamento del bilancio per l'anno 2016 e del bilancio per gli anni 2016-2018 ai sensi della legge regionale 10 novembre 2015, n. 26) e modificato dall'art. 64, comma 2 (recte: art. 2, comma 64), della legge regionale 4 agosto 2017, n. 31 (Assestamento del bilancio per gli anni 2017-2019 ai sensi dell'articolo 6 della legge regionale 10 novembre 2015, n. 26).(GU n.28 del 14-7-2021 )
IL TRIBUNALE DI UDINE riunito in camera di consiglio nelle persone dei seguenti signori magistrati: dott. Francesco Venier - Presidente dott. Andrea Zuliani - giudice dott. Gianmarco Calienno - giudice relatore ha emesso la seguente ordinanza: nel ricorso ex art. 213 legge fallimentare iscritto al n. 28/2020 promosso con ricorso depositato il 7 gennaio 2020 da Banca di Udine Credito Cooperativo Societa' cooperatva: in persona del legale rappresentante dott. Lorenzo Sirch, rapp. e dif. dall'avv. Paolo Persello; ricorrente contro Consorzio per lo sviluppo industriale della zona dell'Aussa Corno in liquidazione: in persona del commissario liquidatore dott. Marco Pezzetta, rapp. e dif. dall'avv. Roberto Paviotti; Con ricorso, depositato il 7 gennaio 2020, ai sensi dell'art. 213 R.D. 267/1942 (LF, la Banca di Udine Credito Cooperativo societa' cooperativa (di seguito piu' brevemente la banca o la ricorrente), dopo aver premesso di essere pacificamente creditrice nei confronti del Consorzio per lo sviluppo industriale della zona dell'Aussa Corno in liquidazione (di seguito piu' brevemente il Consorzio o la Resistente) per l'importo di € 955.792,12 in via ipotecaria e di € 211.034,00 in via chirografaria, contestava il primo piano di riparto parziale comunicatole via pec dal commissario liquidatore del Consorzio in data 23 dicembre 2019, assumendo il proprio diritto di ricevere l'intero importo della vendita dei beni ipotecati in suo favore, maggiorato anche degli importi di locazione, o comunque un importo ben maggiore di quello proposto nel piano di riparto, previa rimessione alla corte costituzionale della questione di legittimita' costituzionale di alcune norme della Regione Friuli-Venezia Giulia (1) in base alle quali e' stata disposta l'applicazione della disciplina della liquidazione coatta amministrativa (di seguito piu' brevemente anche solo LCA) al Consorzio. Cio', per effetto della pretesa inapplicabilita' della disciplina della LCA al consorzio resistente quale conseguenza dell'eventuale accoglimento della predetta questione di legittimita' da parte del giudice delle leggi e, quindi, della conseguente inapplicabilita' della ritenuta del 20% di cui all'art. 113 comma 1 LF richiamato dall'art. 212, ultimo comma LF nonche' delle trattenute per spese future e compenso curatore di cui all'art. 113, secondo comma LF, richiamato dall'art. 212, ultimo comma LF e, piu' in generale, delle spese prededucibili nella misura proposta nel piano di riparto che la ricorrente «bolla» come generica e immotivata. Si costituiva in giudizio il Consorzio il quale, assumendo la manifesta infondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale sollevate dalla ricorrente, concludeva per il rigetto del ricorso. Compariva in giudizio, senza costituirsi, l'autorita' di vigilanza, ossia la Regione Friuli-Venezia Giulia, la quale depositava delle osservazioni. Disposta dopo la prima udienza la rinnovazione della comunicazione nei confronti di alcuni dei componenti del comitato di sorveglianza, nessun membro si costituiva o compariva in giudizio, ne' depositava delle osservazioni nel termine di legge, sicche', dopo uno scambio di note, la causa veniva rimessa al Collegio all'udienza del 15 ottobre 2020. Orbene, il Collegio dubita della legittimita' costituzionale dell'art.14 comma 5-nonies della legge regionale della Regione Friuli-Venezia Giulia 18 gennaio 1999 n. 3, come sostituito dall'art. 2, comma 14,1 lettera a) della legge regionale 11 agosto 2016 n. 14 e modificato dall'art. 64, comma 2, della legge regionale 4 agosto 2017 n. 31 , per violazione dell'art. 117 comma secondo lettera l) Cost. che riserva allo Stato la potesta' legislativa in materia di giurisdizione e norme processuali e di ordinamento civile, come analogamente gia' dichiarato dalla corte costituzionale con la sentenza n. 25/2007 in riferimento ad alcune disposizioni legislative della Regione Puglia censurate come incostituzionali perche' presupponendo l'assoggettamento alla procedura di liquidazione coatta amministrativa delle Usl in gestione liquidatoria, violano la competenza esclusiva dello Stato in materia di giurisdizione e norme processuali e di ordinamento civile. In ossequio all'art. 23 della legge n. 87 del 1953, il Collegio espone qui di seguito, in distinti paragrafi, perche' ritiene la predetta questione rilevante e non manifestamente infondata. Rilevanza A sostegno dell'assunto che il presente giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della prospettata questione di legittimita' costituzionale, giova preliminarmente soffermarsi sulla norma che ha investito il Collegio della decisione della presente causa. In particolare, la ricorrente, come sinteticamente esposto in premessa, ha contestato tempestivamente (ossia entro venti giorni dalla comunicazione) con ricorso depositato in data 7 gennaio 2020, ai sensi dell'art. 213 LF, il primo piano di riparto parziale comunicatole in data 23 dicembre 2019 via PEC dal commissario liquidatore del Consorzio. Com'e' noto, l'art. 213 LF e' inserito nel R.D. n. 267/1942 nella parte dedicata alla disciplina della procedura concorsuale denominata liquidazione amministrativa. Tale disposizione e' interpretata dalla giurisprudenza di merito (vedi in senso conforme Tribunale Milano 12 giugno 2006 n. 6939) e dalla stessa Corte costituzionale (vedi Corte costituzionale 14 aprile 2006 n. 154), (2) nel senso che essa regola non solo il piano di riparto finale, ma anche i piani di riparto parziali, come quello oggetto di contestazione nel presente procedimento. La legittimazione attiva della ricorrente non e' revocabile in dubbio posto che la Banca e' creditrice «ammessa» nella procedura di LCA del Consorzio per l'importo di € 955.792,12 in via ipotecaria e di € 211.034,00 in via chirografaria come da comunicazione del commissario liquidatore del 19 aprile 2016 (doc. 8 ric.), come lo stesso parziale impugnato e come risulta dallo stesso stato passivo della procedura (doc. 35 ric.). La contestazione della Banca e', altresi', tempestiva perche' depositata in data 7 gennaio 2020 innanzi al Tribunale di Udine, competente per territorio in ragione della sede legale: dei Consorzio all'interno del circondario dell'intestato Tribunale, entro il termine perentorio di venti giorni decorrente dalla comunicazione via pec del commissario di data 23 dicembre 2019 del piano di riparto parziale oggetto del presente procedimento. A questo punto occorre soffermarsi sul merito del ricorso al fine di evidenziare che la prospettata questione di legittimita' costituzionale (su cui ci si soffermera' piu' diffusamente nel paragrafo dedicato alla non manifesta infondatezza) si pone come antecedente logico-giuridico necessario rispetto alla domanda della Banca. A tal fine giova premettere che il Consorzio Aussa-Corno e' un ente pubblico economico istituito dall'art. 5 della legge n. 633/1964 ed e' stato sciolto e posto in liquidazione con la deliberazione n. 2283 del 13 novembre 2015 della giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia n. 48 del 2 dicembre 2015. La deliberazione anzidetta prevedeva che il commissario liquidatore provvedesse «all'estinzione dei debiti esclusivamente nei limiti delle risorse disponibili alla data della liquidazione ovvero di quelle che si ricavano dalla liquidazione del patrimonio del Consorzio medesimo», ma non richiamava in alcun modo le norme in materia di liquidazione coatta amministrativa. Alla data di adozione della deliberazione di messa in liquidazione del Consorzio, infatti, il comma «5-nonies, della legge regionale n. 3/1999 (aggiunto dall'art. 24, comma 1, lettera b), della legge regionale n. 4/2014) stabiliva semplicemente che: 5-nonies. Il commissario di cui al comma 5-octies si sostituisce agli organi disciolti e provvede alla «Liquidazione del Consorzio, all'estinzione dei debita', esciusivamente nei limiti delle risorse disponibili alla data della liquidazione ovvero di quelle che si ricavano dalla liquidazione del patrimonio del Consorzio. Ogni atto o contratto adottato e sottoscritto dal Commissario di cui al comma 5-octies in deroga a quanto previsto dal presente articolo e' nullo». Dalla piana lettura di tali disposizioni emerge l'assenza di qualsivoglia riferimento alla disciplina della liquidazione coatta amministrativa. Il comma 5-nonies e' stato poi integralmente sostituito dall'art. 2, comma 141, lettera a), della legge regionale n. 14/2016, pubblicata nel supplemento ordinario n. 35 del 12 agosto 2016 al BUR n. 32 del 10 agosto 2016 (doc. 4), con il seguente: «5-nonies. Il commissario liquidatore si sostituisce agli organi disciolti e provvede alla liquidazione del Consorzio, all'estinzione dei debiti esclusivamente nei limiti delle risorse disponibili alla data della liquidazione ovvero di quelle che si ricavano dalla liquidazione del patrimonio del Consorzio medesimo. Il commissario liquidatore nell'esecuzione delle funzioni attribuite e' autorizzato a porre in essere ogni atto funzionale alla liquidazione, alla gestione e alla salvaguardia del patrimonio del consorzio. La liquidazione si svolge secondo la disciplina e con gli effetti della liquidazione coatta amministrativa». L'art. 2, comma 64, della legge regionale n. 31/2017, pubblicata nel supplemento n. 26 del 9 agosto 2017 al BUR n. 32 del 9 agosto 2017 (doc. 5) ha poi sostituito alcune parole del comma 5-nonies dell'art. 14 della legge regionale n. 3/1999: «Al comma 5-nonies dell'art. 14 della legge regionale 18 gennaio 1999, n. 3 (Disciplina dei Consorzi di sviluppo industriale), le parole «La liquidazione si svolge» sono sostituite dalle seguenti: «In via di interpretazione autentica, la liquidazione si svolge». Con la deliberazione n. 2087 dell'11 novembre 2016, avente per oggetto « ...Consorzio per lo sviluppo industriale della zona dell'Aussa Corno in liquidazione. Apertura della liquidazione coatta amministrativa...», pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia n. 48 del 30 novembre 2016 (doc. 2) la giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia ha disposto: «Il Consorzio di sviluppo industriale della Zona dell'Aussa Como e' posto in liquidazione coatta amministrativa ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 194 e seguenti della legge fallimentare». Orbene, fermo restando che la Banca e' pacificamente ci-editrice «ammessa» del Consorzio per gli importi di € 955.792,12 in via ipotecarie e di € 211.034,00 in via chirografaria, e' incontestato che il commissario liquidatore abbia venduto l'immobile gravato dall'ipoteca in favore della Banca per il prezzo di € 450.000,00. La Banca sostiene, quale principale motivo di contestazione del primo piano di riparto parziale, che quanto ricavato dalla vendita le debba essere integralmente versato, maggiorato dei canoni percepiti dalla procedura in relazione alla locazione del predetto immobile, dedotte le sole spese di pubblicazione degli avvisi di vendita, tenuto conto della denunziata incostituzionalita' delle norme regionali, sopra citate, che innovando nella materia della liquidazione dei consorzi, hanno previsto l'applicazione a tali enti della procedura di liquidazione coatta amministrativa e che la giunta regionale ha, poi, applicato alla liquidazione del Consorzio resistente. In altri termini, la banca sostiene che il proprio diritto soggettivo di credito, garantito da ipoteca gravante sull'immobile venduto dalla procedura, non sia «falcidiabile» con costi che attengono alla procedura di LCA (si pensi ad esempio al compenso per il commissario liquidatore), diversi da quelli strettamente attinenti alla vendita del cespite (avvisi di vendita, eventuali perizie valutative ecc.). Effettivamente il commissario ha, invece, depositato, in data 21 dicembre 2019, il primo piano di riparto parziale, che riguarda le somme ricavate dalla vendita dei beni immobili gravati da ipoteca, prevede il pagamento in favore di Banca di Udine del solo importo di € 276.536,07, a fronte di € 450.000,00 ricavati dalla vendita del cespite. La differenza tra il prezzo ricavato dalla vendita dell'immobile di via Pradamano e l'importo che il commissario intende pagare a Banca di Udine e' data, secondo il piano di riparto parziale: da costi asseritamente prededucibili per € 48.100,26; da «accantonamenti per oneri futuri (importo di cui alla causa n. 1003/2019 R.G. presso il Tribunale di Udine promossa per la restituzione di somme incassate da Banca di Udine in lesione della par condicio creditorum)» di € 57.188,90; da un accantonamento del 20% delle somme ripartibili ex art. 113 legge fallimentare. Ne' (ma la questione non dipende logicamente dalla prospettata QLC) risultano inclusi tra le somme da attribuirsi al creditore fondiaria Banca di Udine, i canoni percepiti dalla gestione commissariale per la locazione di parte dell'Immobile ipotecato, sulla base del contratto stipulato in data 28 ottobre 2014 con U.C.I.T. S.r.l., citato nel contratto di compravendita allegato al piano di riparto, in violazione, secondo la difesa della Banca, di quanto previsto dall'art. 41, decreto legislativo n. 385/1993 e dell'art. 111-ter legge fallimentare. E' evidente che il piano di riparto parziale contestato dalla banca, e' stata elaborato sul presupposto che alla procedura di liquidazione del Consorzio si applichino le norme dettate in materia di liquidazione coatta amministrativa quale effetto dell'applicazione delle norme regionali denunziate di illegittimita' costituzionale sulla cui base la giunta regionale ebbe a disporre l'apertura della procedura di LCA nei confronti del Consorzio resistente. Trattandosi di procedura di liquidazione coatta amministrativa tuttora in corso che, allo stato, costituisce il presupposto necessario per consentire al ricorrente, quale creditore concorsuale, di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto soggettivo di credito secondo le proprie legittime ragioni di prelazione - reputa il Collegio che la pacifica mancata impugnazione nei termini della delibera della Giunta regionale, sopra richiamata - che ha posto il Consorzio in LCA - non incida sulla rilevanza della questione perche' gli effetti delle norme denunziate di illegittimita' costituzionale perdurano tuttora perche' costituiscono il presupposto legittimante la procedura in corso e incidono attualmente sul diritto soggettivo del ricorrente di ottenere il soddisfacimento del proprio credito in conformita' a norme legittime dell'ordinamento positivo. Del resto, l'eventuale accoglimento della questione di legittimita' costituzionale imporrebbe al Collegio di considerare la delibera della giunta regionale che ha posto il consorzio resistente in LCA -ancorche' pacificamente non impugnata nei termini- priva di qualsivoglia effetto giuridico nell'ordinamento positivo, ossia nulla, perche' emessa in totale carenza di potere o, comunque, di disapplicarla vertendosi in tema di diritti soggettivi. Alla luce di quanto sin qui esposto, ritiene, quindi, il Collegio che il presente giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della prospettata questione di legittimita' costituzionale. Non manifesta infondatezza Come si e' sopra gia' anticipato, il Collegio dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-nonies della legge regionale della Regione Friuli-Venezia Giulia 18 gennaio 1999 n. 3, come sostituito dall'art. 2 comma 141 lettera a) della legge regionale 11 agosto 2016 n. 14 e modificato dall'art. 64 comma 2 della legge regionale 4 agosto 2017 n. 31, per violazione dell'art. 117 comma secondo lettera l) Cost. che riserva allo Stato la potesta' legislativa in materia di giurisdizione e norme processuali e di ordinamento civile, come analogamente gia' dichiarato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 25/2007 in riferimento ad alcune disposizioni legislative della Regione Puglia censurate come incostituzionali perche' presupponendo l'assoggettamento alla procedura di liquidazione coatta amministrativa delle Usl in gestione liquidatoria, violavano la competenza esclusiva dello Stato in materia di giurisdizione e norme processuali e di ordinamento civile. Occorre, quindi, soffermarsi sulle ragioni del contrasto tra la norma costituzionale evocata, ossia l'art. 117 lettera l) Cost. e l'art. 14 comma 5-nonies della legge regionale della Regione Friuli-Venezia Giulia 18 gennaio 1999 n. 3, come sostituito dall'art. 2, comma 141, lettera a) della legge regionale 11 agosto 2016 n. 14 e modificato dall'art. 64, comma 2, della legge regionale 4 agosto 2017 n. 31, dando adeguata motivazione dell'impraticabilita' di un'interpretazione della norma regionale conforme a Costituzione con la precisazione che siffatto obbligo a carico del giudice remittente non puo' mai condurlo a veicolare un'interpretazione in contrasto col tenore letterale della disposizione censurata (ex pluribus vedi Corte costituzionale n. 232/2013) ne' a un'interpretazione «del tutto eccentrica e bizzarra, avuto riguardo al contesto normativo ove la disposizione si colloca» (cfr. Corte costituzionale n. 36/2016). Orbene, l'art. 14 comma 5-nonies della legge regionale Friuli-Venezia Giulia (FVG) n.3/1999, come da ultimo modificata con l'art. 64 comma 2 della legge regionale 4 agosto 2017 n. 31, cosi dispone: «5-nonies. Il commissario liquidatore si sostituisce agli organi disciolti e provvede alla liquidazione del Consorzio, all'estinzione del debiti esclusivamente nei limiti delle risorse disponibili alla data della liquidazione ovvero di quelle che si ricavano dalla liquidazione del patrimonio del Consorzio medesimo. Il Commissario liquidatore nell'esecuzione delle funzioni attribuite e' autorizzato a porre in essere ogni atto funzionale alla liquidazione, alla gestione e alla salvaguardia del patrimonio del Consorzio. In via di, interpretazione autentica, la liquidazione si svolge secondo la disciplina e con gli effetti della liquidazione coatta amministrativa.». La legge regionale in cui e' inserita tale disposizione e' finalizzata, come espressamente previsto dal suo art. 1, a disciplinare l'ordinamento dei Consorzi per lo sviluppo industriale, aventi natura di enti pubblici economici, in riferimento agli ambiti degli agglomerati industriali di interesse regionale individuati dagli strumenti di programmazione economica e di pianificazione territoriale regionale, cosi' come definiti dagli strumenti urbanistici comunali. L'art. 14, in cui e' inserita il predetto comma 5-nonies , si occupa espressamente della vigilanza di tali consorzi da parte della Regione. Orbene, l'interpretazione letterale della disposizione della cui legittimita' costituzionale si dubita appare palese secondo i canoni ermeneutici di cui all'art. 12 delle preleggi del codice civile. Secondo il legislatore regionale la fase di liquidazione del Consorzio si svolge attraverso il rinvio alla disciplina statale della liquidazione coatta amministrativa e con gli effetti che le sono propri. Si tratta all'evidenza di un rinvio «puro e semplice» alla disciplina della liquidazione coatta amministrativa senza alcuna interferenza da parte del legislatore regionale sulla «regolamentazione» di tale procedimento concorsuale e sui suoi effetti. A fronte del suo chiaro senso letterale, l'attenzione dell'interprete non puo' che spostarsi sulla materia su cui incide tale norma e, una volta individuata, se essa sia, o meno, riservata in via esclusiva al legislatore statale ai sensi dell'art. 117 della costituzione. Orbene, la liquidazione coatta amministrativa e' una procedura concorsuale, avente finalita' liquidative, disciplinata, dalla legge statale, ossia dagli artt. 194 e segg. del RD) 267/1942. La legge fallimentare non individua le singole categorie di imprese assoggettabili alla procedura di LCA, posto che l'art. 2 si limita a stabilire che sono le leggi speciali ad individuare le imprese soggette alla procedura in esame, i casi per i quali quest'ultima puo' essere prevista e l'autorita' competente a disporla. Per quanto qui interessa, la liquidazione coatta amministrativa, qualora prevista per la liquidazione di un determinato ente, implica l'assegnazione «alle situazioni soggettive di coloro che hanno avuto rapporti con quegli enti un regime sostanziale e processuale, peculiare rispetto a quello (ordinario previsto dal codice civile e da quello di procedura civile altrimenti applicabile» (cfr. corte costituzionale n. 25/2007). Sicche', seguendo il ragionamento della stessa Corte costituzionale, «quando l'art. 2 della legge fallimentare prevede che a determinare le imprese assoggettabili a tale procedura concorsuale sia la «legge», tale espressione non puo' che essere intesa nel senso di legge idonea ad incedere -perche' emanata da chi ha la relativa potestà-sul regime, sostanziale e processuale, delle situazioni soggettive coinvolte nelle procedura», quindi la legge statale, cui l'art. 117 lettera l) riserva la materia dell'ordinamento civile, della giurisdizione e delle norme processuali. Ne' ritiene il Collegio che sia «praticabile» la pretesa interpretazione adeguatrice della norma regionale predetta assumendo, come proposto dalla difesa del Corsorzio, che essa trovi la sua piena legittimazione costituzionale nello Statuto speciale della Regione FVG la' dove riserva, all'art. 4 n. 6, alla potesta' esclusiva della Regione la materia dell'industria, nel cui ambito si colloca la «Disciplina dei consorzi di sviluppo industriale» dettata per l'appunto dalla legge regionale n. 3/1999 cui appartiene la norma censurata. Cio' perche' la potesta' in materia dell'industria non puo' mai spingersi al punto di incidere sull'ordinamento civile e sulle norme processuali, ossia, nella fattispecie, sul diritto soggettivo di credito assistito da garanzia reale che fa capo alla Banca. A ragionare diversamente si consentirebbe che lo stesso diritto soggettivo di credito abbia, qualora ipoteticamente esigibile nei confronti di un Consorzio di sviluppo industriale con sede in un'altra Regione della Repubblica, un trattamento diverso rispetto a quello che, invece, la norma regionale del FVG gli riserva per effetto dell'assoggettamento del Consorzio in questione alla procedura della liquidazione coatta amministrativa. Si tratta all'evidenza di un effetto che, in forza dell'interpretazione adeguatrice sostenuta dalla difesa del Consorzio, stride, ancor prima che con la riserva statale di cui all'art. 117, lett. l) Cost., con il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione. Ne', infine, il richiamo puro e semplice alla disciplina statale della liquidazione coatta amministrativa operato dalla norma della cui legittimita' si dubita consente di ritenere la stessa conforme all'art. 117, lett. 1), Cost. che si assume violato dalla disposizione regionale in questione. Di vero, il richiamo anche integrale da parte di una Regione della normativa statale in una materia riservata alla competenza esclusiva dello Stato determina, come ben osservato dalla difesa della Banca, l'illegittimita' costituzionale della norma regionale: «anche la semplice novazione della fonte, con intrusione negli ambiti di competenza esclusiva statale, costituisce senz'altro causa di Illegittimita' costituzionale della norma regionale, derivante non dal modo in cui la norma ha in concreto disciplinato, ma dal fatto stesso di avere regolato una materia di competenza legislativa esclusiva dello Stato (sentt. nn. 95 del 2007, 151 del 2010, 77, 286 del 2013, 195 del 2015, 40 del 2017)» (corte costituzionale, 10 novembre 2017, n. 234: nello stesso senso Corte costituzionale 9 ottobre 2015, n. 195: «Come questa Corte ha piu' volte ribadito, a prescindere dalla conformita' o difformita' della legge regionale alla legge statale, «la novazione della fonte con intrusione negli ambiti di competenza esclusiva statale costituisce causa di illegittimita' della norma» regionale (ex-plurimis, sentenze n. 35 del 2012 e n. 26 del 2005). La legge regionale che pur si limiti sostanzialmente a ripetere il contenuto della disciplina statale determina la violazione dei parametri invocati, derivando la sua illegittimita' costituzionale non dal modo in cui ha disciplinato, ma dal fatto stesso di aver disciplinato una materia di competenza legislativa esclusiva dello Stato»). Alla luce di quanto sin qui esposto, ritiene, quindi il Collegio che la questione di legittimita' costituzionale sin qui prospettata sia rilevante e non manifestamente infondata in relazione alla riserva statale di cui all'art. 117 secondo coma lettera l) Cost.. (1) in particolare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14 comma 5-nonies della legge regionale della Regione Friuli-Venezia Giulia 18 gennaio 1999 n. 3, come sostituito dall'art. 2 comma 141 lettera a) della legge regionale 11 agosto 2016 n. 14 e modificato dall'art. 64 comma 2 della legge regionale 4 agosto 2017 n. 31 per violazione dell'art. 117 comma secondo lettera l) Cost. che riserva allo Stato la potesta' legislativa in materia di giurisdizione e norme processuali e di ordinamento civile; in subordine questione di legittimita' costituzionale dell'art. 64 comma 2 della legge regionale 4 agosto 2017 n. 31 per violazione degli artt. 3, 24 e 117 comma 1 in relazione all'art. 6 CEDU, della Costituzione. (2) Cosi' la massima: «E' costituzionalmente illegittimo l'art. 213, comma 2, legge fall., nella parte in cui fa decorrere, nei confronti del «creditori ammessi» (tra i quali devono ritenersi compresi, pur se non figurano nello stato passivo, anche i crediti prededucibili riconosciuti esistenti, anche nel loro ammontare, dal commissario), il termine perentorio di venti giorni per proporre contestazioni avverso il piano di riparto, totale o parziale, dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della notizia dell'avvenuto deposito del medesimo in cancelleria, anziche' dalla comunicazione dell'avvenuto deposito effettuata a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento ovvero con altra modalita' prevista dalla legge.»
P. Q. M. Visti l'art. 134 Cost. e gli artt. 23 e seguenti della legge n. 87/1953: ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14 comma 5-nonies della legge regionale della Regione Friuli-Venezia Giulia 18 gennaio 1999 n. 3, come sostituito dall'art. 2 comma 141 lettera a) della legge regionale 11 agosto 2016 n. 14 e modificato dall'art. 64 coma 2 della legge regionale 4 agosto 2017 n. 31, in riferimento all'art. 117 comma secondo lettera l) Cost. che riserva allo Stato la potesta' legislativa in materia di giurisdizione e norme processuali nonche' di ordinamento civile; dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; sospende il presente giudizio fino all'esito del giudizio incidentale di costituzionalita'; ordina che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente della giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia; ordina che la presente ordinanza sia comunicata dalla Cancelleria al Presidente del Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia. Cosi' deciso in Udine in data 10 dicembre 2020. Il Presidente: Venier