N. 168 SENTENZA 24 giugno - 23 luglio 2021

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Sanita' pubblica - Misure  urgenti  per  il  rilancio  della  sanita'
  calabrese - Contingente di personale a supporto del Commissario  ad
  acta - Fissazione di un limite  minimo,  anziche'  massimo,  di  25
  unita' proveniente dai ruoli regionali o da enti pubblici regionali
  e da enti del servizio sanitario regionale -  -  Possibilita',  per
  far fronte al prevalente fabbisogno della struttura  commissariale,
  provveda lo Stato - Omessa previsione - Carenza dei presupposti per
  l'esercizio  del  potere  sostitutivo  statale,  violazione   della
  competenza regionale residuale in materia di  organizzazione  degli
  uffici, del principio  dell'equilibrio  del  bilancio  regionale  e
  lesione dell'autonomia finanziaria della Regione  -  Illegittimita'
  costituzionale in parte qua. 
Sanita' pubblica - Misure  urgenti  per  il  rilancio  della  sanita'
  calabrese  -  Contributo   di   solidarieta'   -   Condizioni   per
  l'erogazione  -  Presentazione  e  approvazione,   da   parte   del
  Commissario ad acta, del programma operativo  di  prosecuzione  del
  piano di rientro anche per il periodo 2022-2023 - Possibilita',  in
  aggiunta, che la Regione approvi il nuovo piano di rientro - Omessa
  previsione   -   Irragionevolezza,   violazione    del    principio
  dell'equilibrio del bilancio regionale e delle competenze regionali
  nelle materie della tutela della salute e del  coordinamento  della
  finanza pubblica - Illegittimita' costituzionale in parte qua. 
Sanita' pubblica - Misure  urgenti  per  il  rilancio  della  sanita'
  calabrese - Modalita' di nomina di un commissario straordinario per
  ogni ente, o anche per piu' enti, del Servizio sanitario  regionale
  (SSR) - Affidamento degli appalti di lavori, servizi e forniture da
  parte del commissario ad acta - Possibilita' di avvalersi dei mezzi
  di acquisto e di negoziazione aventi ad  oggetto  beni,  servizi  e
  lavori di  manutenzione  messi  a  disposizione  dalla  Consip  spa
  ovvero,  previa  convenzione,  da  centrali  di  committenza  delle
  Regioni limitrofe o dalla centrale  di  committenza  della  Regione
  Calabria  -  Periodo  temporale  di  vigenza   delle   disposizioni
  impugnate - Possibilita', da parte del Consiglio dei  ministri,  di
  aggiornare il mandato commissariale - Cessazione,  dall'entrata  in
  vigore del decreto legge impugnato, dei  direttori  generali  degli
  enti  del  SSR,  nonche'  di  ogni  ulteriore  organo  ordinario  o
  straordinario preposto ad aziende  o  enti  del  medesimo  servizio
  sanitario, eventualmente nominati dalla Regione dopo il 3  novembre
  2020 - Ricorso della Regione Calabria -  Lamentata  violazione  del
  principio autonomistico, delle competenze regionali  nelle  materie
  della tutela della salute, del coordinamento della finanza pubblica
  e  dell'organizzazione  degli  uffici,  del  principio   di   leale
  collaborazione, della funzione legislativa riservata  al  Consiglio
  regionale, carenza  dei  presupposti  per  l'esercizio  del  potere
  sostitutivo statale - Non fondatezza delle questioni. 
- Decreto-legge  10  novembre   2020,   n.   150,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 30 dicembre 2020, n. 181, artt. 1, 2, 3,
  6 e 7. 
- Costituzione, artt. 3, 5, 32, 81, 97, 117, 118,  119,  120,  121  e
  136. 
(GU n.30 del 28-7-2021 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giancarlo CORAGGIO; 
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'
  ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca   ANTONINI,   Stefano
  PETITTI, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 6
e 7 del decreto-legge 10 novembre 2020, n. 150 (Misure urgenti per il
rilancio del servizio sanitario  della  regione  Calabria  e  per  il
rinnovo degli organi elettivi delle  regioni  a  statuto  ordinario),
convertito, con modificazioni, nella legge 30 dicembre 2020, n.  181,
promossi  dalla  Regione   Calabria   con   ricorsi   rispettivamente
notificati il 28 dicembre 2020 e il 22 febbraio 2021,  depositati  in
cancelleria il 29 dicembre 2020 e il 26 febbraio 2021, iscritti al n.
105 del registro ricorsi 2020 e al n. 9 del registro ricorsi  2021  e
pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 4  e  10,
prima serie speciale, dell'anno 2021. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  23  giugno  2021  il  Giudice
relatore Luca Antonini; 
    uditi  l'avvocato  Giuseppe  Naimo  per  la  Regione  Calabria  e
l'avvocato  dello  Stato  Leonello  Mariani  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri; 
    deliberato nella camera di consiglio del 24 giugno 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato a mezzo posta elettronica  certificata
(PEC) il 28 dicembre 2020 e  depositato  il  successivo  29  dicembre
(reg. ric. n. 105 del 2020), la Regione  Calabria  ha  impugnato  gli
artt. 1, 2, 3, 6 e 7 del  decreto-legge  10  novembre  2020,  n.  150
(Misure urgenti per il rilancio del servizio sanitario della  regione
Calabria e per il rinnovo  degli  organi  elettivi  delle  regioni  a
statuto ordinario), denunciandone il contrasto con gli artt.  5,  81,
117, 119, 120, 121 e 136 della Costituzione, nonche' con il principio
di leale collaborazione tra Stato e Regioni e in relazione agli artt.
8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni  per  l'adeguamento
dell'ordinamento  della  Repubblica  alla  legge  costituzionale   18
ottobre 2001, n. 3); 2,  commi  78,  88  e  88-bis,  della  legge  23
dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)»;
1, 2, 3, 6, 7 e 8 del decreto  legislativo  4  agosto  2016,  n.  171
(Attuazione della delega di cui all'articolo 11, comma 1, lettera  p,
della  legge  7  agosto  2015,  n.  124,  in  materia  di   dirigenza
sanitaria); 11, comma 1, lettera p), della legge 7  agosto  2015,  n.
124  (Deleghe  al  Governo  in  materia  di  riorganizzazione   delle
amministrazioni pubbliche); 5-bis del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma
dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421). 
    1.1.- Le disposizioni impugnate sono  censurate  nelle  parti  in
cui: a) si impone (art.  1,  comma  2)  alla  Regione  di  mettere  a
disposizione del commissario  ad  acta  un  contingente  «minimo»  di
venticinque unita'  di  personale  appartenente  ai  ruoli  regionali
oppure a quelli di enti pubblici regionali e  di  enti  del  servizio
sanitario regionale (SSR); b) si demanda (art. 2, commi  1  e  2)  al
commissario ad acta la nomina, previa intesa con la Regione  (e,  nei
casi di aziende ospedaliere universitarie, con  il  rettore),  di  un
commissario straordinario per ogni ente, o anche per piu'  enti,  del
SSR, prevedendo poi che esso possa essere scelto «anche»  nell'ambito
dell'elenco nazionale di cui all'art. 1 del d.lgs. n. 171  del  2016;
c) si dispone (art. 3, comma 1) che il commissario ad acta si avvalga
unicamente - per  l'affidamento  di  appalti  di  lavori,  servizi  e
forniture  strumentali  all'esercizio  delle   proprie   funzioni   e
superiori alle  soglie  di  rilevanza  comunitaria  -  dei  mezzi  di
acquisto e di negoziazione aventi ad oggetto beni, servizi  e  lavori
di manutenzione messi a disposizione dalla Consip spa ovvero,  previa
convenzione, da centrali di committenza  delle  Regioni  limitrofe  o
dalla  centrale  di  committenza  della  Regione  Calabria;   d)   si
condiziona (art. 6, comma 2) l'erogazione delle somme  finalizzate  a
supportare gli interventi di potenziamento del SSR alla presentazione
e all'approvazione del programma operativo di prosecuzione del  piano
di rientro per il periodo 2022-2023; e) si stabilisce (art. 7,  comma
1) che le precedenti disposizioni si  applicano  per  un  periodo  di
ventiquattro mesi dalla loro entrata in  vigore;  f)  si  attribuisce
(art. 7, comma 3) al Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro
dell'economia e delle finanze, di  concerto  con  il  Ministro  della
salute, sentito il Ministro per gli affari regionali e le  autonomie,
la possibilita' di aggiornare, in relazione ai  compiti  affidati  al
commissario ad acta con lo stesso d.l. n. 150 del  2020,  il  mandato
commissariale assegnato con la deliberazione del 19 luglio  2019;  g)
si prevede (art. 7, comma 4) che i direttori generali degli enti  del
SSR, nonche' ogni ulteriore organo ordinario o straordinario preposto
ad aziende o enti  del  medesimo  servizio  sanitario,  eventualmente
nominati dalla Regione dopo il 3 novembre 2020,  cessino  dalle  loro
funzioni a  decorrere  dalla  entrata  in  vigore  del  decreto-legge
medesimo. 
    1.2.-   La   Regione   riassume   preliminarmente    la    genesi
dell'intervento normativo oggetto di censura, rilevando che gia'  con
il decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35 (Misure  emergenziali  per  il
servizio sanitario della Regione Calabria e altre misure  urgenti  in
materia sanitaria), convertito, con  modificazioni,  nella  legge  25
giugno  2019,  n.  60,  il  legislatore   aveva   introdotto   misure
eccezionali - che avrebbero dovuto trovare applicazione per  diciotto
mesi  dalla  loro  entrata  in  vigore  (art.  15,   comma   1,   del
decreto-legge  appena  citato)  -  al  fine  di  supportare  l'azione
commissariale di risanamento del SSR. 
    Evidenzia, quindi, che, dopo soli  sette  giorni  dalla  scadenza
dell'indicato termine di diciotto mesi, il Governo ha emanato il d.l.
n. 150 del 2020. 
    1.3.- Su tali premesse, la difesa regionale ritiene che le  norme
impugnate ledano, innanzitutto, l'art. 136 Cost. 
    Esse  violerebbero,  infatti,  il  giudicato  costituzionale   in
assunto derivante dalla sentenza n. 233 del 2019, con la quale questa
Corte ha  deciso  i  ricorsi  proposti  dalla  Regione  Calabria  nei
confronti di numerose disposizioni del citato d.l. n.  35  del  2019,
sia nella loro  formulazione  originaria  che  in  quella  risultante
all'esito della conversione in legge. 
    Al riguardo, la  ricorrente  sottolinea  che  questa  Corte,  nel
rigettare  le  questioni  allora  promosse,  ha  affermato:  a)   che
«[l]'effettiva rispondenza delle misure  adottate  [...]  allo  scopo
perseguito di "risanamento del servizio sanitario" e  soprattutto  di
tutela del "rispetto dei livelli essenziali di assistenza  in  ambito
sanitario" nella Regione Calabria nonche' l'assenza di eventuali loro
effetti  controproducenti»  avrebbero  dovuto  essere   «attentamente
monitorate da parte dello Stato, e  valutate  in  concreto,  in  sede
applicativa»;  b)  che  le  competenze  regionali  con  le  quali  la
normativa  statale  interferiva  non  erano  state  violate  ma  solo
«temporaneamente ed eccezionalmente  "contratte",  in  ragione  della
pregressa inerzia regionale». 
    Sennonche', prosegue la Regione, lo Stato avrebbe  ecceduto  tali
«limiti», dal momento che: a)  avrebbe  non  solo  dato  vita  a  una
gestione commissariale inefficiente ma anche «clamorosamente mancato»
nel  suddetto  monitoraggio;  b)  dopo   aver   fatto   «inutilmente»
trascorrere il periodo di vigenza delle disposizioni dettate dal d.l.
n. 35 del 2019, avrebbe quindi  reiterato  il  precedente  intervento
normativo, ponendosi in «conclamata continuita'» con esso. 
    1.4.- Anche il secondo motivo di ricorso  investe,  al  pari  del
primo, tutte le norme impugnate, le quali violerebbero gli  artt.  5,
117, terzo e quarto comma, 120 e 121 Cost., nonche' il  principio  di
leale collaborazione e gli artt. 8 della legge n. 131  del  2003;  2,
comma 78, della legge n. 191 del 2009; 1, 2, 3, 6 e 8 del  d.lgs.  n.
171 del 2016; 11, comma 1, lettera p), della legge n. 124 del 2015. 
    La ricorrente sostiene, da un lato, che il d.l. n. 150  del  2020
avrebbe realizzato una ingiustificata contrazione  -  tutt'altro  che
temporanea e persino  produttiva  di  effetti  pregiudizievoli  sulla
sanita'  calabrese  -  delle  competenze  regionali   nelle   materie
«organizzazione degli uffici», «tutela della salute» e «coordinamento
della finanza pubblica». 
    Afferma, dall'altro, che tale intervento sarebbe  stato  adottato
in modo del tutto unilaterale e quindi in contrasto con il  principio
di leale collaborazione. 
    Sotto il primo profilo, la Regione documenta l'inefficacia  della
gestione commissariale della sanita', durante  la  quale  si  sarebbe
verificato un progressivo peggioramento  dei  livelli  di  assistenza
senza  sostanziali  riduzioni  del  disavanzo   sanitario,   con   la
conseguenza, affermata dalla Corte dei conti in sede di  giudizio  di
parificazione del rendiconto della Regione Calabria  per  l'esercizio
finanziario 2019, che «gli abitanti della Calabria  stanno  da  dieci
anni colmando una voragine finanziaria che cresce e  si  alimenta  di
anno in anno. A fronte di questi "sacrifici finanziari",  i  medesimi
cittadini non godono pero' di servizi sanitari adeguati». 
    Sintomatica della lamentata inefficacia, sarebbe, tra l'altro, la
circostanza che il programma operativo per il triennio  2019-2021  e'
stato approvato dal commissario ad acta con grave ritardo, cioe' solo
nel mese di febbraio del 2020, ovvero a ben un anno di  distanza  dal
relativo termine di decorrenza. 
    Sotto il  secondo  profilo,  la  ricorrente  rimarca  la  dedotta
unilateralita' dell'intervento legislativo censurato, osservando  che
il Governo, violando l'art. 8, commi 1 e 4, della legge  n.  131  del
2003, non avrebbe invitato il Presidente  della  Giunta  regionale  a
partecipare alla riunione del Consiglio dei ministri nel corso  della
quale e' stato adottato il d.l. n.  150  del  2020,  ne'  avrebbe  in
seguito trasmesso il testo approvato alla Conferenza Stato-Regioni. 
    Alla luce delle considerazioni svolte sarebbe evidente, a  parere
della Regione, la lesione degli artt. 5, 117, secondo (recte:  terzo)
e quarto comma, Cost., in relazione alle materie della  tutela  della
salute,  del   coordinamento   della   finanza   pubblica   e   della
organizzazione degli uffici, nonche' degli artt. 120, secondo  comma,
e 121 Cost., il  quale  «prevede  che  il  potere  legislativo  della
Regione sia esercitato dal Consiglio regionale». 
    1.5.- Ulteriori censure sono specificamente rivolte alle  singole
misure introdotte dal d.l. n. 150 del 2020. 
    La Regione prende le mosse dall'art. 1, comma 2, secondo periodo,
che la obbliga a mettere a disposizione del commissario  ad  acta  un
«contingente minimo» di venticinque unita' di personale. 
    L'omessa  previsione  di  un  contingente  massimo  di  personale
violerebbe, in primo luogo, gli artt. 117, quarto comma, e 121  Cost.
perche' lascerebbe al «mero  arbitrio  del  commissario  ad  acta  la
scelta del numero» dei dipendenti, esponendo  cosi'  l'organizzazione
degli uffici regionali  al  rischio  di  «venire  devastata  da  tale
impatto del tutto "indiscriminato"»: sarebbe percio' invasa la  sfera
di competenza residuale nella materia «ordinamento  e  organizzazione
amministrativa regionale». 
    Risulterebbero, in secondo luogo, lesi gli artt. 81, terzo comma,
e  119  Cost.,  non   essendo   «finanziariamente   sostenibile»   la
disponibilita' di un numero superiore a dieci unita' di personale, il
cui costo annuale ammonterebbe alla somma  di  euro  500.000,00  gia'
iscritta, a tal fine, in bilancio. 
    La ricorrente, inoltre, precisa che  la  disposizione  impugnata,
non  ponendo  limiti  quantitativi  al   personale   da   mettere   a
disposizione del commissario ad acta, produrrebbe effetti incerti sul
bilancio regionale e privi di  copertura  finanziaria;  tali  effetti
sarebbero   peraltro   aggravati   dalla   considerazione   che    la
«sottrazione» del suddetto personale imporrebbe, al fine di mantenere
un livello adeguato dei servizi, di  «reperire  altrove»  le  risorse
umane «distratte», cosi' generando nuove spese a carico del  medesimo
bilancio. 
    1.6.- Gli artt. 2, commi 1 e 2, e 7, comma 4, del d.l. n. 150 del
2020 violerebbero gli artt. 5, 117, terzo comma, 120 e 121 Cost.,  in
relazione agli artt. 1, 2 e 8 del d.lgs. n. 171 del 2016  e  all'art.
11, comma 1, lettera p), della legge n. 124 del 2015. 
    Osserva, in particolare, la difesa regionale che i commi  1  e  2
dell'impugnato  art.  2  consentirebbero  una   «immotivata»   deroga
all'obbligo, derivante dagli artt. 1  e  2  del  decreto  legislativo
citato,  di  attingere,  per  il  conferimento  degli  incarichi   di
direttore generale delle  aziende  sanitarie  locali,  delle  aziende
ospedaliere e degli  altri  enti  del  Servizio  sanitario  nazionale
(SSN), dall'elenco nazionale degli idonei a tal fine. 
    Inoltre, l'art. 7, comma 4, del d.l. n. 150 del 2020 - disponendo
la cessazione dalle funzioni dei direttori  generali  e  degli  altri
organi preposti agli enti o aziende del SSR  nominati  dalla  Regione
dopo il 3 novembre 2020 - introdurrebbe un'ipotesi di  decadenza  non
prevista dal legislatore statale. 
    Tanto premesso, la Regione ritiene che le disposizioni impugnate,
ponendo norme di dettaglio,  incidano  «sull'assetto  delineato»  dal
d.lgs. n. 171 del 2016, interferendo con le proprie competenze  nelle
materie  «tutela  della  salute»  e  «coordinamento   della   finanza
pubblica». 
    Esse priverebbero altresi' la Regione del potere  di  nomina  (di
cui all'art. 20, comma 2 -  recte:  comma  3  -,  della  legge  della
Regione  Calabria  7  agosto  2002,  n.  29,  recante   «Approvazione
disposizioni normative collegate  alla  legge  finanziaria  regionale
relative al Settore Sanita`») dei commissari delle aziende sanitarie.
In ossequio al principio di leale collaborazione, pertanto, avrebbero
dovuto  essere  precedute   dall'intesa   in   sede   di   Conferenza
Stato-Regioni (e' richiamata la sentenza n. 251 del 2016). 
    1.7.- Passando all'esame dell'art. 3, comma 1, del  d.l.  n.  150
del 2020, la ricorrente premette che  la  stazione  unica  appaltante
(SUA) e' stata istituita  con  la  legge  della  Regione  Calabria  7
dicembre 2007, n. 26 (Istituzione dell'autorita' regionale denominata
"Stazione Unica Appaltante" e disciplina della trasparenza in materia
di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture), il cui  art.  1,
comma 1, prevedrebbe l'obbligatorieta' del ricorso  a  essa  per  gli
enti appartenenti al SSR. 
    Quindi,  sostiene  che,  «obbliga[ndo]  gli  Enti  del   Servizio
sanitario della Regione  ad  avvalersi»  della  Consip  spa  o  delle
centrali  di  committenza  di  altre  Regioni,  l'art.  3,  comma  1,
recherebbe  una  norma  di  dettaglio  «in  materia  di  legislazione
concorrente» (sono richiamate le sentenze n. 166 del 2019 e n. 42 del
2011). 
    Di qui la dedotta violazione degli artt. 117, terzo comma, e  121
Cost. 
    La disposizione impugnata contrasterebbe altresi' con  gli  artt.
81, quarto comma (recte: terzo comma), 117 e 119 Cost. 
    Nel piano di rientro, infatti, sarebbe  stato  predeterminato  un
abbattimento dei costi in considerazione del ricorso alla  SUA  -  la
quale non dovrebbe  sostenere,  in  caso  di  eventuali  controversie
giudiziarie,  le   relative   spese   difensive   perche'   assistita
dall'avvocatura regionale -  mentre  il  ricorso  ad  altre  stazioni
appaltanti avverrebbe senza  limiti  di  costo:  di  conseguenza,  in
difetto di una credibile stima dei relativi oneri, la norma impugnata
sarebbe priva di copertura finanziaria. 
    1.8.- L'art. 6, comma 2, del  d.l.  n.  150  del  2020  subordina
l'erogazione del contributo di  solidarieta'  di  cui  al  precedente
comma 1 - ovvero delle somme, finalizzate a supportare gli interventi
di potenziamento del SSR, di sessanta milioni di  euro  per  ciascuno
degli anni dal 2021 al 2023  -  tra  l'altro,  alla  presentazione  e
all'approvazione del programma operativo di prosecuzione del piano di
rientro per il biennio 2022-2023. 
    Secondo la Regione il  citato  art.  6,  comma  2,  condizionando
l'erogazione   del   suddetto   contributo   alla   presentazione   e
all'approvazione del programma operativo di prosecuzione del piano di
rientro per il periodo 2022-2023, dimostrerebbe «l'intenzione statale
di protrarre sine die,  e  certamente  addirittura  oltre  la  stessa
vigenza  della  norma,  la   dannosa   espropriazione   del   settore
sanit[ario] regionale calabrese»  (viene  citata,  in  proposito,  la
sentenza n. 199 del  2018,  nella  quale  questa  Corte  ha  rilevato
l'anomalia di un commissariamento protratto oltre un decennio). 
    Inoltre,  la  norma  porrebbe  «nel  2020  come  condizione   per
l'erogazione di  fondi  [la]  presentazione  ed  approvazione  di  un
Programma Operativo che, teoricamente, lo  Stato  dovrebbe  dare  per
scontato non essere approvato, per conclusione  del  commissariamento
al piu' entro il 2021», favorendo cosi' «il susseguirsi di  Programmi
Operativi sistematicamente non  attuati,  ed  approvati  con  abnorme
ritardo». 
    Risulterebbero, quindi, violati gli artt.  81,  117,  119  e  120
Cost., giacche', subordinando l'erogazione del contributo a un evento
«futuro e incerto», il legislatore statale  avrebbe  determinato  una
«"entrata" meramente illusoria e non utilizzabile  nell'immediatezza,
causando in concreto una falla nel bilancio regionale». 
    Sarebbe violato, inoltre, il principio di leale collaborazione. 
    1.9.- La Regione sollecita, infine, questa Corte, «ove necessario
ai fini della decisione», a sollevare  dinanzi  a  se'  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 2, commi  88  e  88-bis,  della
legge n. 191 del 2009, nella parte in cui «consentono -  senza  alcun
meccanismo di coinvolgimento della Regione e/o della Conferenza Stato
Regioni - di proseguire mediante atto unilaterale del Commissario  il
Piano di Rientro e il correlato commissariamento». 
    Tali norme violerebbero gli artt. 5, 120 e 121 Cost., nonche' gli
artt. 8 della legge n. 131 del 2003, 2, comma 78, della legge n.  191
del 2009 e il principio di leale collaborazione «per  come  declinato
dagli articoli appena citati», dal momento  che  riconoscerebbero  al
solo commissario ad acta la  possibilita',  mediante  l'adozione  del
programma operativo di prosecuzione del  piano  di  rientro  e  senza
«alcun  limite  temporale»,  di  «protrarre  anche   sine   die»   il
commissariamento. Cio' che,  nella  specie,  sarebbe  dimostrato  sia
dalla  durata  ultradecennale  del  commissariamento  calabrese;  sia
dall'art. 6, comma 2, del d.l. n. 150 del 2020, il quale  come  visto
«gia' prefigurer[ebbe]»  una  estensione  del  suddetto  piano;  sia,
infine, dal successivo art. 7, comma 3, che consente  l'aggiornamento
del mandato commissariale. 
    2.- Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  concludendo  per  la  declaratoria  di  inammissibilita',   e
comunque  di  non  fondatezza,  delle  questioni  promosse   in   via
principale, nonche' deducendo l'irrilevanza  e  l'infondatezza  delle
questioni oggetto della richiesta di autorimessione. 
    2.1.- La difesa statale, prima di  procedere  alla  contestazione
dei singoli motivi di ricorso, effettua  una  articolata  e  puntuale
illustrazione della «gravissima situazione di fatto che ha indotto il
Governo ad adottare le norme» impugnate. 
    Propone quindi una ricognizione delle misure introdotte dal  d.l.
n. 35 del 2019, come convertito,  segnalando,  fra  l'altro,  che  la
procedura di verifica straordinaria sui vertici degli enti  del  SSR,
che il commissario  ad  acta  avrebbe  dovuto  effettuare,  ai  sensi
dell'art. 2 del medesimo decreto-legge, per accertare se le azioni da
questi  poste  in  essere  fossero  coerenti  con  gli  obiettivi  di
attuazione del piano di rientro, non  si  e'  svolta  a  causa  della
«assenza  di  direttori  generali  in  carica»,  in  quanto   l'unico
direttore generale che lo era al momento dell'entrata in  vigore  del
decreto-legge si e' dimesso spontaneamente. 
    Evidenzia,  inoltre,  che  pure   «la   nomina   dei   commissari
straordinari si e' rivelata pero'  particolarmente  complessa,  anche
perche' spesso sono seguite  le  dimissioni  dei  nominati».  Infatti
«[a]lla scadenza del termine di efficacia delle misure introdotte dal
d.l.  n.  35  del  2019  la  situazione  delle  5  Aziende  sanitarie
provinciali  (ASP)   era   la   seguente:   due   commissariate   per
infiltrazioni mafiose; quanto alle restanti tre, in  una  operava  il
commissario straordinario ex d.l. n.  35/2019  nominato  con  decreto
ministeriale in assenza di intesa con la Regione (Vibo Valentia),  in
un'altra vi era il  commissario  straordinario  ex  d.l.  n.  35/2019
nominato con decreto del Commissario ad acta (Cosenza), nella  terza,
infine, operava un  direttore  generale  facente  funzione  anch'esso
nominato dal Commissario ad acta (Crotone)». 
    L'Avvocatura generale ricorda poi che gia'  dal  verbale  redatto
all'esito della riunione congiunta del  25  maggio  2020  del  Tavolo
tecnico per la verifica degli adempimenti regionali  e  del  Comitato
permanente per la verifica dei Livelli essenziali di assistenza (LEA)
emergevano, in sintesi, «notevoli  criticita'  con  riferimento  alla
rete  ospedaliera,  alla  rete  perinatale,  alla  rete   oncologica,
all'assistenza territoriale, allo stato dei pagamenti  delle  aziende
del Servizio sanitario della  regione  Calabria,  alla  gestione  del
personale, ai flussi informativi, alla contabilita'  analitica  e  al
programma operativo per la gestione dell'emergenza da COVID-19». 
    L'ulteriore  aggravamento  della  situazione  del  SSR  calabrese
emergerebbe dal verbale redatto all'esito  della  riunione  congiunta
dell'8 e del 9 ottobre 2020 dei predetti Tavoli. 
    In tale occasione sarebbero state sottolineate le  gravi  carenze
in  ordine  ai  bilanci  aziendali  degli  enti  del  SSR,  non  solo
stigmatizzando «la mancata adozione dei bilanci 2013-2017  della  ASP
di Reggio Calabria», ma anche rimarcando che, per «i bilanci 2018, ne
e'  stata  constatata  l'adozione  da  parte  di  tutte  le   aziende
sanitarie, escluse l'ASP di Cosenza e,  di  nuovo,  l'ASP  di  Reggio
Calabria» e che, per  «quanto  concerne  la  situazione  dei  bilanci
relativi all'anno 2019, e' stato  possibile  riscontrarne  l'adozione
solo da parte del direttore generale dell'AO di Cosenza». 
    Sarebbe  poi  stato  evidenziato   il   permanere:   a)   di   un
significativo disavanzo; b) della gravita' dello stato dei pagamenti;
c) dell'altrettanto grave  situazione  sanitaria  con  riferimento  a
diverse aree assistenziali  («area  della  prevenzione»,  «assistenza
ospedaliera»,  «rete  oncologica»,  «rete  laboratoristica»,   «liste
d'attesa», «flussi informativi», «gestione della pandemia»,  «livelli
essenziali di assistenza»). 
    Questa situazione, dimostrando  non  solo  che  «non  risultavano
superate le criticita' che avevano indotto all'adozione del  d.l.  n.
35/2019» ma che  «la  situazione  si  era  ulteriormente  aggravata»,
avrebbe  reso  necessario,  ad   avviso   dell'Avvocatura   generale,
l'intervento normativo  oggetto  del  presente  giudizio,  diretto  a
protrarre il «regime speciale» con misure ancora piu' «stringenti». 
    2.2.-  Venendo  ai  singoli  motivi  di  ricorso,  il  resistente
innanzitutto   esclude   la   dedotta   violazione   del    giudicato
costituzionale e, quindi, dell'art. 136 Cost. 
    Premessa  la  riconducibilita'   delle   norme   impugnate   alla
competenza esclusiva statale in tema «di determinazione  dei  livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili  e  sociali
da  garantire  su  tutto  il  territorio  nazionale»  e  ai  principi
fondamentali della materia «coordinamento  della  finanza  pubblica»,
l'Avvocatura generale, infatti,  sostiene  che  il  monito  contenuto
nella citata sentenza n. 233  del  2019  -  a  valutare  attentamente
l'efficacia delle misure introdotte con il d.l. n. 35 del 2019,  come
convertito - sarebbe stato puntualmente  osservato,  come  dimostrato
dalle riunioni dei menzionati Tavoli tecnici, i  cui  esiti  negativi
avrebbero concorso alla decisione di adottare  il  d.l.  n.  150  del
2020. 
    2.3.- Infondato sarebbe altresi' il secondo motivo di ricorso. 
    Le disposizioni  impugnate,  infatti,  costituirebbero  legittima
espressione del potere sostitutivo statale  previsto  dall'art.  120,
secondo comma, Cost. e della competenza esclusiva ai sensi  dell'art.
117,  secondo  comma,  lettera  m),  Cost.,  cui  sarebbero  estranei
meccanismi di  codecisione  e  forme  pattizie  di  compartecipazione
regionale. 
    Ne' si potrebbe obiettare, come  ipotizzato  dalla  Regione,  che
verrebbe nella specie in rilievo la competenza concorrente in materia
di tutela della salute, perche' questa  Corte  avrebbe  ripetutamente
affermato la necessita' che  le  funzioni  commissariali  restino  al
riparo da ogni interferenza degli organi regionali. In  quest'ottica,
ricorda   ancora    l'Avvocatura    generale,    la    giurisprudenza
costituzionale avrebbe anche  chiarito  che  l'autonomia  legislativa
concorrente delle Regioni puo'  incontrare  limiti  alla  luce  degli
obiettivi di contenimento della spesa pubblica propri  dei  piani  di
rientro, concordati, peraltro, con le Regioni stesse. 
    Non   solo,   dunque,   sarebbe   insussistente   la    lamentata
compromissione dell'autonomia regionale, ma non risulterebbe  nemmeno
violato il principio di leale collaborazione, il quale, in ogni caso,
non rileverebbe nel sindacato di legittimita' degli atti legislativi. 
    D'altra parte, sottolinea in conclusione la  difesa  statale,  il
commissariamento della sanita' calabrese  non  troverebbe  origine  e
fondamento nelle disposizioni dettate dal d.l. n. 35 del 2019  o  dal
d.l. n. 150 del 2020, bensi' nella normativa generale che  disciplina
i piani di rientro dal disavanzo sanitario e nell'accordo  raggiunto,
a suo tempo, tra lo Stato e la Regione, nonche' nel  perdurare  delle
ragioni a esso sottese. 
    2.4.- Quanto alle censure specificamente  concernenti  l'art.  1,
comma 2, del d.l. n. 150 del 2020, che impone alla Regione di mettere
a disposizione del commissario  ad  acta  un  contingente  minimo  di
personale,    la    difesa    statale    eccepisce,    in     limine,
l'inammissibilita',  per  difetto  di  ridondanza,  della   questione
promossa in riferimento all'art. 81, terzo comma, Cost., in quanto la
ricorrente non avrebbe chiarito  in  che  termini  l'asserito  vulnus
comporterebbe una menomazione delle sue competenze. 
    Nel  merito,  il  resistente  osserva,  da  un   lato,   che   la
disposizione impugnata non  comporterebbe  effetti  finanziari,  come
suffragato dalla relazione  tecnica  al  d.l.  n.  150  del  2020,  e
rispecchierebbe quanto gia' previsto  dalla  normativa  generale  sui
piani di rientro. Dall'altro,  che  nella  specie  la  necessita'  di
stabilire la consistenza  minima  della  dotazione  di  personale  da
mettere a disposizione della struttura commissariale sarebbe sorta  a
seguito  della  «mancata  collaborazione  degli  apparati   regionali
all'espletamento delle  funzioni  commissariali»,  cio'  che  avrebbe
«gravemente ostacolato le  iniziative  di  risanamento  promosse  dal
commissario ad acta che spesso si e'  trovato  ad  operare  senza  le
risorse umane e materiali indispensabili all'attuazione  del  mandato
governativo». 
    2.5.- Nemmeno sarebbero suscettibili di accoglimento le questioni
aventi ad  oggetto  le  disposizioni  che  prevedono  la  nomina  dei
commissari straordinari degli enti del  SSR  e  la  cessazione  dalle
funzioni dei direttori generali e degli altri organi preposti a  tali
enti o  aziende  eventualmente  nominati  dalla  Regione  dopo  il  3
novembre 2020 (artt. 2, commi 1 e 2, e 7, comma 4, del  d.l.  n.  150
del 2020). 
    Neppure tali  norme,  infatti,  genererebbero  oneri  finanziari,
potendo anzi determinare un risparmio di spesa in caso di  nomina  di
un solo commissario straordinario per piu'  enti.  Inoltre,  prosegue
l'Avvocatura  generale,  la  facolta'  di  scegliere   i   commissari
straordinari  «anche»  -  e  quindi  non  esclusivamente  -  in  seno
all'elenco degli idonei di cui all'art. 1 del d.lgs. n. 171 del  2016
perseguirebbe  l'obiettivo  di  ampliare  il  novero   dei   soggetti
selezionabili, in tal modo assicurando, in sostanza,  che  la  scelta
possa cadere sulle migliori professionalita'. 
    2.6.- Anche le censure attinenti all'art. 3, comma 1, del d.l. n.
150 del 2020 sarebbero prive di fondamento. 
    Tale norma non stabilirebbe, infatti, alcun obbligo, in  capo  al
commissario ad acta, di  avvalersi,  per  l'affidamento  di  appalti,
lavori, servizi e forniture sopra soglia comunitaria, delle  centrali
di committenza di altre Regioni,  ne'  la  prevista  possibilita'  di
ricorrere alla Consip spa comporterebbe «costi aggiuntivi». 
    2.7.- Parimenti non fondate sarebbero le questioni che riguardano
la disciplina, recata dall'art. 6, comma 2, del d.l. n. 150 del 2020,
del  contributo  di  solidarieta'  finalizzato   a   supportare   gli
interventi di potenziamento del SSR. 
    Premessa l'inconferenza del richiamo fatto dalla difesa regionale
al  principio  di  leale   collaborazione,   osserva   in   proposito
l'Avvocatura generale che sarebbe del tutto  ragionevole  subordinare
l'erogazione del contributo alla presentazione e all'approvazione del
programma operativo di prosecuzione del  piano  di  rientro,  essendo
questa la sede piu' idonea alla individuazione degli  interventi  «di
maggiore rilevanza e priorita'». 
    2.8.- Da ultimo, la difesa statale si incentra sulla richiesta di
autorimessione  della  questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 2, commi 88 e 88-bis, della legge n. 191  del  2009,  della
quale  eccepisce  preliminarmente  l'inammissibilita'   perche'   sia
irrilevante ai fini della decisione, sia non  adeguatamente  motivata
in ordine alla sua non manifesta infondatezza. 
    Nel merito, il prospettato dubbio di legittimita'  costituzionale
sarebbe, comunque, infondato in quanto lo stesso comma 88 del  citato
art. 2 prevedrebbe che la Regione possa in qualunque  momento  uscire
dal  commissariamento  predisponendo  un  nuovo  piano  di   rientro,
smentendo  per  tabulas  la  durata  indeterminata,  sostenuta  dalla
ricorrente, dell'intervento sostitutivo dello Stato. 
    3.- Con ricorso notificato a mezzo PEC  il  22  febbraio  2021  e
depositato il successivo 26 febbraio (reg. ric. n. 9  del  2021),  la
Regione Calabria ha impugnato gli artt. 1, 2, 3, 6 e 7  del  d.l.  n.
150 del 2020, convertito, con modificazioni, nella legge 30  dicembre
2020, n. 181, per violazione degli artt. 3, 5, 32, 81, 97, 117,  118,
119,  120,  121  e  136  Cost.,  nonche'  del  principio   di   leale
collaborazione tra Stato e Regioni e in relazione agli artt. 8  della
legge n. 131 del 2003; 2, comma 78, della legge n. 191 del  2009;  1,
2, 3, 6, 8 e 9 del d.lgs. n. 171 del 2016; 11, comma 1,  lettera  p),
della legge n. 124 del 2015; 5-bis del d.lgs. n. 502 del 1992. 
    3.1.- Ripercorse le medesime  premesse  del  ricorso  avverso  il
decreto-legge, la Regione preliminarmente  precisa  che  la  relativa
legge di conversione ha apportato alle norme gia' censurate modifiche
in larga parte marginali o ultronee e,  comunque,  inidonee  a  farne
venire meno la lesivita'. 
    3.2.-  Quindi,  reitera  i  primi  due  motivi  di  ricorso,  che
coinvolgono tutte le norme impugnate, dolendosi del contrasto,  oltre
che con i parametri gia' evocati, anche con gli artt. 32, 81,  118  e
119 Cost. 
    Tali censure, sostanzialmente  articolate  nei  medesimi  termini
esposti nel ricorso iscritto al reg. ric. n. 105 del 2020,  sarebbero
ulteriormente comprovate, in particolare, dal contenuto dell'atto  di
costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri,  che  avrebbe
chiaramente «ammesso» la sostanziale continuita' tra il d.l.  n.  150
del 2020 e il d.l. n. 35 del 2019 e soprattutto il peggioramento  del
quadro della sanita' calabrese proprio durante il commissariamento. 
    Agli argomenti gia' esposti  nel  primo  ricorso,  la  ricorrente
aggiunge poi, in ordine alla ridondanza, che tutte le norme impugnate
inciderebbero  sulle  materie  della  tutela  della  salute   e   del
coordinamento   della   finanza   pubblica,   le   quali    sarebbero
«strettamente  intrecciate»  con  quella,  riservata  alla   potesta'
legislativa statale,  della  determinazione  dei  livelli  essenziali
delle  prestazioni.  D'altronde,  prosegue  sul   punto   la   difesa
regionale, l'art. 118, terzo comma, Cost., in considerazione di  tale
intreccio, in alcune materie (ovvero in quelle della  immigrazione  e
dell'ordine pubblico e della sicurezza)  «di  altissima  sensibilita'
politica  e  di  altrettanto  rilievo  per  la  tutela  dei   diritti
fondamentali individuali» avrebbe previsto l'individuazione di forme,
tuttavia assenti nel caso di specie, di  coordinamento  tra  Stato  e
Regioni. 
    Il  ricorso  evidenzia,  infine,  che  lo  «stato  della  sanita'
calabrese»,  determinato  dalle   «inefficienze   statali»,   avrebbe
comportato il «costante aumento della pressione fiscale sui cittadini
calabresi» e  al  contempo  una  riduzione  dell'accesso  ai  servizi
sanitari, con violazione quindi anche dell'art. 32 Cost., che  tutela
la salute  non  solo  come  diritto  fondamentale  dell'individuo  ma
altresi' come interesse della collettivita'. 
    3.3.- Con  riferimento  alle  censure  specificamente  ritagliate
sulle singole misure introdotte dal legislatore statale,  la  Regione
sottolinea, innanzitutto, che l'art. 1 del d.l. n. 150 del 2020, come
convertito, non ponendo limiti quantitativi  massimi  al  ricorso  ai
dipendenti  regionali  da  parte   della   struttura   commissariale,
condurrebbe a pretese e a costi «irragionevoli», tali,  in  sostanza,
da far «deflagrare [...] la macchina organizzativa regionale». 
    Paradigmatica sarebbe, al riguardo, la  richiesta,  avanzata  dal
commissario ad acta nel mese di febbraio  del  2021,  di  venticinque
unita' di  personale  nonostante  fossero  stati  gia'  messi  a  sua
disposizione «oltre un centinaio  di  [dipendenti]  del  Dipartimento
Tutela della Salute (v. D.G.R. n° 2/21, nonche' PEC del  Dipartimento
Organizzazione e Personale, che si  producono,  per  complessive  109
unita', 98 dipendenti -  un  Dirigente  Generale,  12  Dirigenti,  53
Funzionari Cat. D, 11 Collaboratori Cat. C, 21  ulteriori  unita'  di
categorie B ed A - ed 11 unita' lavorative in  distacco  da  Calabria
Lavoro)». 
    Disponibilita',  questa,  che  il  commissario  avrebbe  tuttavia
ritenuto insufficiente, tanto da indurlo a demandare, con «il  D.C.A.
n°  26/21»,  al  dirigente   generale   del   medesimo   Dipartimento
l'acquisizione tramite  la  Consip  spa  di  «servizi  professionali»
idonei a garantirgli il necessario supporto. 
    La Regione ripropone  quindi,  sul  punto,  le  medesime  censure
esposte nel primo ricorso e in particolare, tra queste, sostiene  «la
macroscopica violazione degli art. 117, c. 4, e 121 Cost.». 
    3.4.- Sostanzialmente ribadite le medesime  doglianze  illustrate
nel primo ricorso in merito al «combinato disposto»  degli  artt.  2,
commi 1 e 2, e 7, comma 4, nonche' in ordine all'art. 3, comma 1 -  a
tale ultimo proposito menzionando, nella  sola  rubrica  del  motivo,
anche il principio di leale  collaborazione  -  la  difesa  regionale
passa quindi ad esaminare l'impugnato art. 6, comma 2,  dello  stesso
decreto-legge, come convertito, sostenendo che esso violi,  oltre  ai
parametri gia' evocati, anche gli artt. 3, 97  e  117,  terzo  comma,
Cost. 
    La   norma,   infatti,   per   come    strutturata,    renderebbe
«sostanzialmente non percepibili somme aggiuntive» - minando  in  tal
modo  l'equilibrio  di  bilancio  -  che  la  stessa   «indica   come
indispensabili  per  contribuire  alla  soluzione  dei  problemi  del
sistema  sanitario  calabrese,   ponendo   cosi'   un   ostacolo   al
riequilibrio della situazione calabrese  determinata  dall[o]  stesso
Stato». 
    3.5.-  Reiterata  la  sollecitazione   all'autorimessione   delle
suddette questioni di legittimita' costituzionale, la  cui  rilevanza
sarebbe dimostrata dall'avvenuta proroga, medio tempore, del piano di
rientro, la Regione chiede, infine,  che  il  presente  giudizio  sia
riunito a quello promosso con il ricorso iscritto al reg. ric. n. 105
del 2020. 
    4.- Con atto depositato il 1° aprile 2021, si e' costituito anche
in  questo  giudizio  il  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
concludendo per la declaratoria di inammissibilita',  e  comunque  di
non  fondatezza,  delle  questioni  promosse  in  via  principale   e
deducendo l'irrilevanza  e  l'infondatezza  delle  questioni  oggetto
della richiesta di autorimessione. 
    4.1.- Dopo avere riproposto le  difese  svolte  in  relazione  al
ricorso avverso il d.l. n. 150 del 2020 ed esaminato le  modifiche  a
questo apportate dalla legge di conversione, la  difesa  statale,  in
sintesi, osserva ed eccepisce: a) che non si  sarebbe  formato  alcun
giudicato costituzionale a seguito della sentenza n.  233  del  2019,
dal momento che in tale  occasione  questa  Corte,  nel  rigettare  i
ricorsi allora proposti  dalla  Regione  Calabria,  avrebbe  soltanto
formulato la mera «raccomandazione di "monitorare"  il  rispetto  dei
livelli minimi di prestazione e assistenza in materia sanitaria»;  b)
che, essendo le norme impugnate riconducibili alla competenza di  cui
all'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., non potrebbe  trovare
applicazione nella specie il principio di  leale  collaborazione,  il
quale,  in  ogni  caso,  non  sarebbe  invocabile  quale   «requisito
generale» di legittimita' dell'esercizio della funzione  legislativa;
c) quanto alla natura non transitoria del  commissariamento,  che  il
potere sostitutivo sarebbe giustificato fintanto  che  non  risultino
ripristinati i livelli minimi di tutela del diritto alla  salute;  d)
che le censure basate sull'asserita lesione, ad  opera  di  tutte  le
norme  impugnate,  degli  artt.  117,  119  e  121  Cost.,  sarebbero
inammissibili,  dal  momento  che  l'elevato  numero  dei   parametri
costituzionali evocati e la sovrapposizione di  temi  eterogenei  non
consentirebbero  di  coglierne  il  nucleo  essenziale;  e)  che   la
ricorrente non avrebbe dimostrato la concreta, grave  e  irreparabile
incidenza  negativa  che  l'avvalimento  di  venticinque  unita'   di
personale previsto dall'impugnato art. 1, comma 2,  e  la  disciplina
recata dall'art. 3, comma 1, comporterebbero sul bilancio  regionale;
f)  che,  comunque,  l'infondatezza  dei  motivi  di  ricorso  basati
sull'asserita  lesione   dell'art.   81   Cost.   deriverebbe   dalla
introduzione, con l'art. 6, comma 1, del d.l. n. 150 del 2020, di  un
rilevante contributo di solidarieta' in favore della  ricorrente;  g)
quanto, infine, alla censura sull'art. 6, comma 2, e  in  particolare
al profilo sulla durata sostanzialmente indeterminata  del  piano  di
rientro, che la soggezione a questo non discenderebbe dal d.l. n. 150
del 2020,  ma  «dall'originaria  applicazione»  delle  norme  di  cui
all'art. 1, commi 174, 176 e 180, della legge 30  dicembre  2004,  n.
311, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)». 
    5.- In data 31 maggio 2021, la Regione Calabria ha depositato una
memoria nel giudizio promosso con il ricorso iscritto al reg. ric. n.
9 del 2021, insistendo per il suo accoglimento. 
    In particolare, la difesa regionale insiste nel sostenere che  lo
Stato  non  avrebbe  rispettato  il  monito  contenuto  nella  citata
sentenza n. 233 del 2019 e rimarca che la  situazione  di  perdurante
criticita' della sanita' calabrese sarebbe imputabile all'inefficacia
della  gestione  commissariale.  Evidenzia,  inoltre,  che  il  nuovo
intervento normativo «si congiung[erebbe] intimamente» con quello  di
cui al d.l. n. 35 del 2019,  come  convertito,  cosi'  protraendo  il
regime speciale introdotto per la Regione  Calabria:  sarebbe  dunque
evidente l'insussistenza della  «transitorieta'  ed  eccezionalita'»,
affermata nella suddetta sentenza, della contrazione delle competenze
regionali.  Sottolinea,  quindi,  l'aleatorieta'  del  contributo  di
solidarieta'  disciplinato  dall'impugnato  art.   6,   che   sarebbe
dimostrata dalla mancata sottoscrizione dell'accordo da esso previsto
ai fini dell'erogazione del  contributo  stesso;  sottoscrizione  non
ancora avvenuta, dunque, a  distanza  di  sei  mesi  dall'entrata  in
vigore della legge di conversione. 
    Reiterate  le  altre  doglianze  gia'  formulate,  la  ricorrente
rinnova, infine, la richiesta di autorimessione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 28 dicembre 2020  e  depositato  il
giorno successivo (reg. ric. n. 105 del 2020), la Regione Calabria ha
impugnato gli artt. 1, 2, 3, 6 e  7  del  decreto-legge  10  novembre
2020, n. 150 (Misure urgenti per il rilancio del  servizio  sanitario
della regione Calabria e per il rinnovo degli organi  elettivi  delle
regioni a statuto ordinario). 
    1.1.- Tali disposizioni sono censurate, in sintesi,  nelle  parti
in cui: a) si impone (art. 1, comma 2)  alla  Regione  di  mettere  a
disposizione del commissario  ad  acta  un  contingente  «minimo»  di
venticinque unita'  di  personale  appartenente  ai  ruoli  regionali
oppure a enti pubblici regionali e  a  enti  del  servizio  sanitario
regionale (SSR); b) si demanda (art. 2, commi 1 e 2)  al  commissario
ad acta la nomina, previa intesa con  la  Regione  (e,  nei  casi  di
aziende ospedaliere universitarie, con il rettore), di un commissario
straordinario per  ogni  ente,  o  anche  per  piu'  enti,  del  SSR,
prevedendo poi che questo possa  essere  scelto  «anche»  nell'ambito
dell'elenco nazionale di cui all'art. 1  del  decreto  legislativo  4
agosto 2016, n. 171 (Attuazione della delega di cui all'articolo  11,
comma 1, lettera p, della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia  di
dirigenza sanitaria);  c)  si  dispone  (art.  3,  comma  1)  che  il
commissario ad acta si avvalga  unicamente  -  per  l'affidamento  di
appalti di lavori,  servizi  e  forniture  strumentali  all'esercizio
delle  proprie  funzioni  e  superiori  alle  soglie   di   rilevanza
comunitaria - dei mezzi di  acquisto  e  di  negoziazione  aventi  ad
oggetto beni, servizi e lavori di manutenzione messi  a  disposizione
dalla  Consip  spa  ovvero,  previa  convenzione,  da   centrali   di
committenza delle Regioni limitrofe o dalla centrale  di  committenza
della  Regione  Calabria;  d)  si  condiziona  (art.  6,   comma   2)
l'erogazione delle somme finalizzate a supportare gli  interventi  di
potenziamento del  SSR  alla  presentazione  e  all'approvazione  del
programma operativo di prosecuzione  del  piano  di  rientro  per  il
periodo 2022-2023;  e)  si  stabilisce  (art.  7,  comma  1)  che  le
precedenti disposizioni si applicano per un periodo  di  ventiquattro
mesi dalla loro entrata in vigore; f) si attribuisce (art.  7,  comma
3) al Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro  dell'economia
e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, sentito il
Ministro per gli affari regionali e le autonomie, la possibilita'  di
aggiornare, in relazione ai compiti affidati al commissario  ad  acta
con lo  stesso  d.l.  n.  150  del  2020,  il  mandato  commissariale
assegnato con la deliberazione del 19  luglio  2019;  g)  si  prevede
(art. 7, comma 4) che  i  direttori  generali  degli  enti  del  SSR,
nonche' ogni ulteriore organo ordinario o straordinario  preposto  ad
aziende  o  enti  del  medesimo  servizio  sanitario,   eventualmente
nominati dalla Regione dopo il 3 novembre 2020,  cessino  dalle  loro
funzioni a  decorrere  dalla  entrata  in  vigore  del  decreto-legge
medesimo. 
    1.2.- Ad avviso della ricorrente, le descritte norme violerebbero
gli artt. 5, 81, 117, 119, 120, 121 e 136 della Costituzione, nonche'
il  principio  di  leale  collaborazione  tra  Stato  e  Regioni,  in
relazione  agli  artt.  8  della  legge  5  giugno   2003,   n.   131
(Disposizioni per  l'adeguamento  dell'ordinamento  della  Repubblica
alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3); 2, commi 78,  88  e
88-bis, della legge 23 dicembre 2009, n. 191,  recante  «Disposizioni
per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale  dello  Stato
(legge finanziaria 2010)»; 1, 2, 3, 6, 7 e 8 del d.lgs.  n.  171  del
2016; 11, comma 1, lettera p), della legge  7  agosto  2015,  n.  124
(Deleghe  al   Governo   in   materia   di   riorganizzazione   delle
amministrazioni pubbliche); 5-bis del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma
dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421). 
    Al di la' del  ridondante  richiamo  alle  numerose  disposizioni
statali con le quali le norme impugnate contrasterebbero, le  censure
prospettate sono individuabili nei termini di seguito precisati. 
    1.2.1.- Con il primo motivo di ricorso,  la  Regione  lamenta  la
violazione, ad opera di tutte le disposizioni oggetto  di  doglianza,
dell'art. 136 Cost. 
    Il  legislatore  statale  non  avrebbe,  infatti,  rispettato  il
giudicato costituzionale in assunto derivante dalla sentenza  n.  233
del 2019, laddove questa Corte ha  affermato  che  lo  Stato  avrebbe
dovuto attentamente monitorare l'efficacia delle misure straordinarie
-  introdotte  dal  decreto-legge  30  aprile  2019,  n.  35  (Misure
emergenziali per il servizio sanitario della Regione Calabria e altre
misure urgenti in materia sanitaria), convertito, con  modificazioni,
nella legge 25 giugno 2019, n.  60  -  volte  a  supportare  l'azione
commissariale  di  risanamento  della  sanita'  calabrese  e  che  le
competenze regionali con le quali la  normativa  statale  interferiva
non erano state violate, ma solo «temporaneamente ed  eccezionalmente
"contratte"». 
    1.2.2.- Con il secondo, piu' articolato, motivo di  ricorso,  che
come il primo investe tutte le norme impugnate, la  Regione  sostiene
che queste violerebbero gli artt. 5, 117, terzo e quarto comma, 120 e
121 Cost., nonche' il principio di leale collaborazione  e  l'art.  8
della legge n. 131 del 2003. 
    Secondo la ricorrente il legislatore statale, adottando  il  d.l.
n. 150 del 2020, avrebbe realizzato un'ingiustificata  contrazione  -
non solo tutt'altro che temporanea ma  anche  produttiva  di  effetti
pregiudizievoli sulla sanita' calabrese - delle competenze  regionali
nelle materie «organizzazione degli uffici», «tutela della salute»  e
«coordinamento della finanza pubblica». 
    In particolare, la Regione documenta l'inefficacia della gestione
commissariale della sanita', durante la quale si  sarebbe  verificato
un  progressivo  peggioramento  dei  livelli  di   assistenza   senza
sostanziali riduzioni del disavanzo sanitario,  con  la  conseguenza,
affermata dalla Corte dei conti in sede di giudizio di  parificazione
del rendiconto della Regione  Calabria  per  l'esercizio  finanziario
2019, che «gli abitanti della Calabria stanno da dieci anni  colmando
una voragine finanziaria che cresce e si alimenta di anno in anno.  A
fronte di questi "sacrifici finanziari",  i  medesimi  cittadini  non
godono pero' di servizi sanitari adeguati». 
    Sintomatica della lamentata inefficacia, sarebbe, tra l'altro, la
circostanza che il programma operativo per il triennio  2019-2021  e'
stato approvato dal commissario ad acta con grave ritardo, cioe' solo
nel mese di febbraio del 2020, ovvero a ben un anno di  distanza  dal
relativo termine di decorrenza. 
    La ricorrente  rimarca  quindi  l'unilateralita'  dell'intervento
legislativo censurato, osservando che il Governo, violando l'art.  8,
commi 1 e 4, della legge n. 131 del 2003,  non  avrebbe  invitato  il
Presidente della Giunta regionale a  partecipare  alla  riunione  del
Consiglio dei ministri nel corso della quale  e'  stato  adottato  il
d.l. n. 150 del 2020, ne'  avrebbe  in  seguito  trasmesso  il  testo
approvato alla Conferenza Stato-Regioni. 
    Alla luce delle considerazioni svolte sarebbe evidente, a  parere
della Regione, la lesione degli artt. 5, 117, secondo (recte:  terzo)
e quarto comma, Cost., in relazione alle materie della «tutela  della
salute»,  del  «coordinamento  della  finanza   pubblica»   e   della
«organizzazione degli  uffici»,  nonche'  degli  artt.  120,  secondo
comma, 121 Cost., il quale «prevede che il potere  legislativo  della
Regione sia esercitato dal Consiglio Regionale», e del  principio  di
leale collaborazione. 
    1.2.3.- Quanto ai motivi  d'impugnazione  specificamente  rivolti
alle singole misure introdotte dal legislatore  statale,  secondo  la
Regione l'impugnato art. 1, comma 2, non ponendo limiti  quantitativi
al personale da mettere a disposizione della struttura commissariale,
per un verso,  invaderebbe  la  competenza  residuale  nella  materia
«ordinamento e organizzazione amministrativa regionale», violando gli
artt. 117, quarto comma, e 121 Cost., in conseguenza dell'impatto che
avrebbe sull'organizzazione  dei  propri  uffici;  per  altro  verso,
produrrebbe  sul  bilancio  regionale  effetti  incerti  e  privi  di
copertura finanziaria, ponendosi cosi' in contrasto con gli artt.  81
e 119 Cost. 
    1.2.4.- Gli impugnati artt. 2,  commi  1  e  2,  e  7,  comma  4,
lederebbero gli artt. 5, 117,  terzo  comma,  120  e  121  Cost.,  in
relazione agli artt. 1, 2 e 8 del d.lgs. n. 171 del 2016  e  all'art.
11, comma 1, lettera p), della legge n. 124 del 2015. 
    Infatti, disciplinando  la  nomina  dei  commissari  straordinari
degli enti del SSR e disponendo  la  cessazione  dalle  funzioni  dei
direttori generali o  di  altri  organi  preposti  ai  medesimi  enti
nominati dalla Regione dopo la scadenza del termine di applicabilita'
delle suddette norme speciali dettate dal d.l. n. 35 del  2019,  come
convertito, essi recherebbero norme di dettaglio nelle materie  della
tutela della salute e del  coordinamento  della  finanza  pubblica  e
inciderebbero «sull'assetto delineato» dal citato d.lgs. n.  171  del
2016, sicche' avrebbero  dovuto  essere  preceduti,  in  ossequio  al
principio di leale collaborazione, dall'intesa in sede di  Conferenza
Stato-Regioni. 
    1.2.5.- L'art. 3, comma 1, violerebbe, da un lato, gli artt. 117,
terzo comma, e 121 Cost., giacche' porrebbe una  norma  di  dettaglio
«in materia di legislazione concorrente»; dall'altro, gli  artt.  81,
terzo comma, 117, e 119  Cost.,  poiche'  il  previsto  ricorso  alle
stazioni appaltanti diverse  da  quella  calabrese  avverrebbe  senza
limiti di costo, con la conseguenza che la disposizione sarebbe priva
di copertura finanziaria. 
    1.2.6.- L'ultimo motivo di impugnazione e' diretto nei  confronti
dell'art. 6, comma 2, il quale, ad  avviso  della  difesa  regionale,
subordinerebbe l'erogazione, in favore della Regione, del  contributo
di solidarieta' previsto dal precedente comma 1 alla presentazione  e
all'approvazione del programma operativo di prosecuzione del piano di
rientro per un periodo (2022-2023) successivo alla prossima  scadenza
(nel 2021) del programma attualmente vigente. 
    In  tal  modo  la  norma  censurata  dimostrerebbe  «l'intenzione
statale di protrarre sine die,  e  certamente  addirittura  oltre  la
stessa vigenza della norma, la  dannosa  espropriazione  del  settore
sanit[ario] regionale calabrese»  (viene  citata,  in  proposito,  la
sentenza n. 199 del  2018,  nella  quale  questa  Corte  ha  rilevato
l'anomalia di un commissariamento protratto oltre un decennio). 
    Inoltre,  la  norma  porrebbe  «nel  2020  come  condizione   per
l'erogazione di  fondi  [la]  presentazione  ed  approvazione  di  un
Programma Operativo che, teoricamente, lo  Stato  dovrebbe  dare  per
scontato non essere approvato, per conclusione  del  commissariamento
al piu' entro il 2021», favorendo cosi' «il susseguirsi di  Programmi
Operativi sistematicamente non  attuati,  ed  approvati  con  abnorme
ritardo». 
    Risulterebbero, quindi, violati gli artt.  81,  117,  119  e  120
Cost., giacche', subordinando l'erogazione del contributo a un evento
«futuro e incerto», il legislatore statale  avrebbe  determinato  una
«"entrata" meramente illusoria e non utilizzabile  nell'immediatezza,
causando in concreto una falla nel bilancio regionale». 
    Sarebbe violato, inoltre, il principio di leale collaborazione. 
    1.3.- La  Regione  sollecita  infine  questa  Corte  a  sollevare
dinanzi a se' questioni di legittimita' costituzionale  dell'art.  2,
commi 88 e 88-bis, della legge n. 191 del 2009. Disposizioni, queste,
che violerebbero, secondo la ricorrente, gli artt.  5,  120,  secondo
comma, e 121 Cost., oltre a contrastare con gli artt.  2,  comma  78,
della stessa legge n. 191 del 2009 e 8, comma 4, della legge  n.  131
del 2003, nonche' con il principio  di  leale  collaborazione,  nella
parte  in  cui  «consent[irebbero]  -  senza  alcun   meccanismo   di
coinvolgimento della Regione e/o della Conferenza Stato Regioni -  di
proseguire mediante atto unilaterale  del  Commissario  il  Piano  di
Rientro e il correlato commissariamento». 
    2.- Con ulteriore  ricorso  notificato  il  22  febbraio  2021  e
depositato il 26 febbraio 2021 (reg. ric. n. 9 del 2021), la  Regione
Calabria ha impugnato le medesime gia'  denunciate  disposizioni  del
d.l. n. 150 del 2020, nel testo risultante dalla legge di conversione
30 dicembre 2020, n. 181, per violazione degli artt. 3,  5,  32,  81,
97, 117, 118, 119, 120, 121 e 136 Cost.,  nonche'  del  principio  di
leale collaborazione tra Stato e Regioni e degli artt. 8 della  legge
n. 131 del 2003; 2, comma 78, della legge n. 191 del 2009; 1,  2,  3,
6, 8 e 9 del d.lgs. n. 171 del 2016; 11, comma 1, lettera  p),  della
legge n. 124 del 2015; 5-bis del d.lgs. n. 502 del 1992. 
    2.1.- Ritenendo che le modifiche apportate dalla citata legge  di
conversione siano marginali e, comunque, inidonee a elidere  la  gia'
lamentata lesivita'  delle  suddette  norme  quali  risultanti  dalla
formulazione originaria del  decreto-legge,  la  ricorrente  articola
censure in larga parte sovrapponibili a quelle poste a  sostegno  del
primo ricorso. 
    2.1.1.- In particolare, con riguardo alle doglianze che investono
tutte  le  norme  impugnate,  la  difesa  regionale  ribadisce,   con
argomentazioni analoghe a quelle spese nel primo ricorso, la  dedotta
violazione degli artt. 5, 117, secondo (recte: terzo) e quarto comma,
120, secondo comma, 121 e 136 Cost., nonche' del principio  di  leale
collaborazione. 
    Sono altresi' evocati a parametro gli artt. 32,  81,  118  e  119
Cost. 
    Osserva in proposito la ricorrente, in punto di  ridondanza,  che
le materie di competenza regionale sulle  quali  le  norme  impugnate
inciderebbero sarebbero strettamente intrecciate in  particolare  con
quella della determinazione dei livelli essenziali delle  prestazioni
e ricorda, quindi, che l'art. 118, terzo comma,  Cost.  prevede  che,
nelle materie - connotate da analogo intreccio  -  dell'immigrazione,
dell'ordine pubblico e della sicurezza,  la  legge  individui  forme,
tuttavia assenti nel caso di specie, di  coordinamento  tra  Stato  e
Regioni. 
    Ricordato, inoltre, che l'art. 32 Cost. tutela la salute non solo
come diritto fondamentale  dell'individuo  ma  anche  come  interesse
della collettivita', la Regione rileva, poi, che lo stato di dissesto
in cui versa la sanita' calabrese avrebbe determinato  una  riduzione
dell'accesso ai servizi ospedalieri. 
    2.1.2.- Venendo  alle  censure  specificamente  ritagliate  sulle
singole  misure  introdotte  dalle  norme  impugnate,  la  ricorrente
innanzitutto rimarca che l'art. 1, comma 2, del d.l. n. 150 del 2020,
come convertito, continuerebbe a non  porre  limiti  quantitativi  al
ricorso  ai   dipendenti   regionali   da   parte   della   struttura
commissariale, cosi' sottoponendo la Regione al rischio di pretese da
parte del commissario finanziariamente non sostenibili  e  del  tutto
irragionevoli (al riguardo il ricorso documenta in modo analitico una
sequenza  di  incomprensioni  e  contrasti  con   la   gestione   del
commissario), a fronte delle quali  questa  Corte  dovrebbe  «trovare
[...] un punto di equilibrio in materia». 
    Sostanzialmente ribadite, inoltre,  le  medesime  doglianze  gia'
illustrate nel primo ricorso in merito al «combinato disposto»  degli
artt. 2, commi 1 e 2, e 7, comma 4, nonche'  in  ordine  all'art.  3,
comma 1 - a tale ultimo proposito menzionando, nella sola rubrica del
motivo, anche il  principio  di  leale  collaborazione  -  la  difesa
regionale si sofferma, quindi, sull'art. 6,  comma  2,  ovvero  sulla
norma che si occupa del contributo di  solidarieta',  sostenendo  che
essa violi, oltre ai parametri in precedenza gia' evocati, anche  gli
artt. 3, 97 e 117, terzo comma, Cost. 
    La   norma,   infatti,   per   come    strutturata,    renderebbe
«sostanzialmente non percepibili somme aggiuntive» - minando  in  tal
modo  l'equilibrio  di  bilancio  -  che  la  stessa   «indica   come
indispensabili  per  contribuire  alla  soluzione  dei  problemi  del
sistema  sanitario  calabrese,   ponendo   cosi'   un   ostacolo   al
riequilibrio della situazione calabrese  determinata  dall[o]  stesso
Stato». 
    2.2.- Infine, la Regione rinnova a questa Corte la  richiesta  di
autorimessione  delle  questioni   di   legittimita'   costituzionale
anzidette e  chiede  la  riunione  del  presente  giudizio  a  quello
promosso con il primo ricorso. 
    3.- I giudizi, in considerazione della loro evidente connessione,
devono essere riuniti, per essere decisi con un'unica pronuncia. 
    4.- Prima di procedere allo scrutinio delle  questioni  promosse,
occorre osservare che a seguito della conversione in legge  del  d.l.
n. 150 del 2020 il contenuto  precettivo  delle  norme  impugnate  e'
rimasto in buona misura inalterato e, anche laddove esse hanno subito
modifiche, queste non incidono sui motivi di censura. 
    Infatti, gli artt. 1, comma 2, 2, comma 2, e 7, comma 4, non sono
stati modificati,  mentre  sostanzialmente  immutata  e'  rimasta  la
portata dell'art. 2, comma 1  (nel  cui  testo  originario,  dopo  le
parole «Il Commissario ad acta», sono  state  semplicemente  inserite
quelle «di cui all'articolo 1»); nell'art. 3, comma 1, per quanto qui
rileva, la parola «superiori» (alle soglie di rilevanza  comunitaria)
e' stata  sostituita  con  quelle  «di  importo  pari  o  superiore»;
nell'art. 6, comma 2,  la  legge  di  conversione  ha  introdotto  la
previsione secondo cui la sottoscrizione dell'accordo tra lo Stato  e
le Regioni, al quale (unitamente all'ulteriore condizione di  cui  si
duole la ricorrente) e' subordinata l'erogazione  del  contributo  di
solidarieta', deve intervenire «entro novanta giorni  dalla  data  di
entrata in vigore della legge di conversione del  presente  decreto»;
nell'art. 7, comma 1, le parole «per un  periodo  di  24  mesi»  sono
state sostituite con quelle «fino al raggiungimento  degli  obiettivi
di cui all'articolo 1,  comma  1,  e  comunque  per  un  periodo  non
superiore a 24 mesi»; infine, nell'art.  7,  comma  3,  la  legge  di
conversione ha aggiunto la previsione che l'aggiornamento del mandato
commissariale possa avvenire dopo aver sentito anche  «il  Presidente
della regione». 
    Poiche', dunque, in sede di  conversione  il  testo  delle  norme
impugnate non ha subito  modifiche  di  rilievo  e  considerato  che,
comunque, anche  i  profili  di  parziale  novita'  appena  descritti
risultano indifferenti rispetto al concreto  tenore  delle  doglianze
(le quali nel secondo ricorso sono state reiterate  e  ampliate),  lo
scrutinio  puo'  essere  condotto  direttamente  sulle   norme   come
convertite, tenendo conto delle ragioni esposte in entrambi i ricorsi
(in senso analogo, sentenze n.  108  del  2021  e  n.  5  del  2018).
Pertanto, le argomentazioni che  seguono  e  le  statuizioni  che  ne
discendono devono intendersi cumulativamente riferite  agli  articoli
del d.l. n. 150 del 2020, tanto nella loro  originaria  formulazione,
quanto  in  quella  risultante  dalla  conversione   in   legge   del
decreto-legge. 
    5.- Puo', a questo punto, procedersi al vaglio delle  censure  di
illegittimita' costituzionale. 
    6.- La questione promossa  in  riferimento  alla  violazione  del
giudicato costituzionale formatosi a seguito della  sentenza  n.  233
del 2019, e  pertanto  dell'art.  136  Cost.,  e'  inammissibile  per
difetto di motivazione. 
    Nella specie, infatti,  con  la  sentenza  n.  233  del  2019  le
questioni oggetto dello scrutinio sono state dichiarate inammissibili
e non fondate e la ricorrente, nel lamentare il dedotto  vulnus,  non
ha chiarito in  alcun  modo  le  ragioni  per  cui  da  una  siffatta
pronuncia deriverebbe un giudicato vincolante per il legislatore. 
    7.- Le ulteriori censure, che hanno ad  oggetto  tutte  le  norme
impugnate, denotano il contrasto con gli artt. 5, 32, 81, 117,  terzo
e quarto comma, 118, 119, 120, secondo comma, e  121  Cost.,  nonche'
con il principio di leale collaborazione. 
    8.- Preliminarmente all'esame del merito, deve essere  scrutinata
l'eccezione  di  inammissibilita'   delle   questioni   promosse   in
riferimento  agli   artt.   117,   119   e   121   Cost.,   sollevata
dall'Avvocatura generale dello Stato sulla scorta del rilievo per cui
l'«elevato  numero  di  parametri  costituzionali   evocati»   e   la
sovrapposizione di temi eterogenei non consentirebbero  di  coglierne
il nucleo essenziale. 
    L'eccezione va disattesa relativamente alle censure riferite agli
artt. 117,  terzo  e  quarto  comma,  e  121  Cost.,  il  cui  nucleo
essenziale, contrariamente a quanto sostenuto dalla  difesa  statale,
alla stregua delle considerazioni dianzi svolte (punto 1.2.2.) e'  in
realta' ben individuabile. 
    Essa deve, invece, essere accolta con riguardo  all'evocato  art.
119 Cost. 
    La Regione si  limita,  infatti,  a  richiamare  tale  parametro,
omettendo tuttavia sia di illustrare le  ragioni  per  cui  le  norme
impugnate comprimerebbero la propria autonomia  finanziaria,  sia  di
specificare l'entita' di tale  asserita  compressione  (ex  plurimis,
sentenza n. 83 del 2019). 
    8.1.-  Per  gli   stessi   motivi,   devono   essere   dichiarate
inammissibili le questioni promosse in riferimento all'art. 81 Cost.,
dal momento che anche questo parametro e' stato evocato, a fondamento
del motivo d'impugnazione che investe tutte le  norme  impugnate,  in
maniera meramente assertiva. 
    8.2.- Altrettanto  generiche  e,  pertanto,  inammissibili  sono,
infine, le censure formulate in riferimento agli artt. 32 e 118 Cost. 
    La dedotta lesione dell'interesse della collettivita' alla tutela
della salute e', infatti, in ultima  analisi  argomentata  alla  luce
delle pessime condizioni in cui versa  il  SSR,  ma  la  Regione  non
chiarisce, in alcun modo, la ridondanza  della  lamentata  violazione
sulle proprie competenze. 
    Analogamente, la ricorrente evoca in maniera del  tutto  generica
l'art. 118 Cost., e in particolare il suo terzo comma,  in  relazione
alle «forme di coordinamento fra Stato e Regioni»  da  esso  previste
«nelle materie di  cui  alle  lettere  b)  e  h)  del  secondo  comma
dell'articolo 117  [Cost.]»  senza  chiarirne,  in  modo  minimamente
adeguato, il nesso con le norme censurate. 
    9.- Rimangono quindi da vagliare nel merito le ulteriori censure,
che coinvolgono parimenti tutte le norme impugnate e  che  riguardano
il contrasto con gli artt. 5, 117, terzo e quarto comma, in relazione
alle materie «tutela  della  salute»,  «coordinamento  della  finanza
pubblica» e «organizzazione degli uffici», 120, secondo comma, e  121
Cost., nonche' con il principio di leale collaborazione. 
    10.- Nell'ambito di tali generali censure, occorre trattare prima
separatamente quella concernente l'art. 1,  comma  2,  dell'impugnato
decreto-legge,  come  convertito,   che   deve   essere   considerata
congiuntamente con le specifiche doglianze - basate sulla  violazione
degli  artt.  81,  117,  quarto  comma,  in  relazione  alla  materia
«ordinamento e organizzazione amministrativa regionale»,  119  e  121
Cost. - segnatamente rivolte soltanto a tale disposizione. 
    10.1.- Rispetto a queste ultime, specifiche, censure, in  limine,
va disattesa l'eccezione di inammissibilita' della questione promossa
in riferimento all'art. 81  Cost.,  per  difetto  di  ridondanza,  in
quanto la ricorrente non avrebbe chiarito in che  termini  l'asserita
lesione comporterebbe una menomazione delle sue competenze. 
    In realta' la Regione, diversamente da quanto fatto nel motivo di
ricorso,  sopra  esaminato,  che  coinvolge  tutte  le   disposizioni
impugnate, articola una  puntuale  e  documentata  indicazione  degli
elementi che comproverebbero le ripercussioni dell'impugnato comma  2
dell'art. 1 -  previsione  di  per  se'  idonea  a  produrre  effetti
finanziari a carico del bilancio  regionale  e  priva  di  un  limite
quantitativo all'apporto esigibile da parte del commissario ad acta -
sulle   competenze   regionali   in   materia    di    organizzazione
amministrativa e di autonomia finanziaria. Ne  consegue  che  risulta
sufficientemente motivata la ridondanza  della  violazione  dell'art.
81, terzo  comma,  Cost.  sull'autonomia  organizzativa  e  di  spesa
regionale. 
    10.2.- Nel  merito,  le  questioni  dichiarate  ammissibili  sono
fondate in riferimento all'art.  120,  secondo  comma,  nonche'  agli
artt. 81, terzo comma, 117, quarto comma, e 119 Cost. 
    10.3.- La precisazione dei motivi che conducono  all'accoglimento
deve essere preceduta da un inquadramento nel sistema  costituzionale
del potere sostitutivo di cui all'art. 120, secondo comma, Cost. 
    Questo istituto e' stato espressamente previsto all'interno della
riforma del 2001 diretta a ristrutturare il Titolo V della  Parte  II
della Costituzione in termini decisamente piu' favorevoli  agli  enti
territoriali. Cio' a significare che la maggiore autonomia  e'  stata
riconosciuta nell'ambito  di  una  prospettiva  generativa,  per  cui
promuovendo processi di integrazione fra i vari livelli istituzionali
e civili, gli enti territoriali  avrebbero  consentito  una  migliore
attuazione,   rispetto    all'assetto    precedente,    dei    valori
costituzionali (cosi' avviene, del resto, in diverse realta' presenti
nel variegato panorama del pluralismo istituzionale italiano  proprio
con riguardo alla tutela della salute). 
    E'  emblematico,  da  questo  punto  di  vista,  che  la   regola
dell'attribuzione   delle   funzioni   amministrative    agli    enti
territoriali  piu'  vicini  ai  cittadini  (i   Comuni)   sia   stata
compensata, nell'ordinaria allocazione delle funzioni,  dai  principi
di differenziazione, adeguatezza e sussidiarieta'  (art.  118,  primo
comma, Cost.), che implicano  una  relazione  di  adaequatio  rei  et
iuris, in termini di giudizio -  dato  «il  variabile  livello  degli
interessi coinvolti» (sentenza n. 179  del  2019)  -  sulla  migliore
idoneita' allo svolgimento di una determinata funzione  da  parte  di
istituzioni quantunque meno vicine (in progressione: Province, Citta'
metropolitane, Regioni e Stato). 
    E' inoltre indubbio che  la  medesima  logica  non  sia  estranea
nemmeno  ai  criteri  che  hanno  condotto  alla  ripartizione  delle
funzioni legislative  tra  Stato  e  Regioni:  del  resto  la  stessa
rigidita' dei confini delle materie e' a sua  volta  suscettibile  di
deroga in forza dell'esercizio, nel rispetto del principio  di  leale
collaborazione, dell'attrazione  in  sussidiarieta'  da  parte  dello
Stato (ex plurimis, sentenza n. 74 del 2018). 
    E' soprattutto la previsione, in via straordinaria (ex  plurimis,
sentenza n.  43  del  2004),  di  un  potere  sostitutivo  statale  a
confermare ed esplicitare che  il  riconoscimento  del  valore  delle
autonomie territoriali  non  prescinde  dalla  prova  concreta  della
realizzazione di  determinati  interessi  essenziali:  si  prefigura,
infatti, la possibilita'  che  queste  possano  giungere  a  limitare
l'effettivita'  dei  diritti  costituzionali;  a  mettere  a  rischio
l'unita' giuridica  e/o  economica  della  Repubblica;  a  esporre  a
responsabilita' internazionale o comunitaria l'istituzione statale. 
    La disciplina di un potere sostitutivo statale  nelle  specifiche
fattispecie indicate nell'art. 120, secondo comma, Cost. sta dunque a
prefigurare   la   possibilita'   di   una   situazione   di    crisi
dell'autonomia, che  puo'  giungere  sino  al  punto  di  non  essere
prontamente o efficacemente rimediabile dallo stesso controllo  degli
elettori  sugli  organi  politici  di  quella   determinata   realta'
territoriale: da  qui  l'intervento  del  potere  statale,  che  puo'
spingersi fino a esautorare, per determinate materie e  nel  rispetto
del   principio   di   leale   collaborazione,   anche   gli   organi
democraticamente eletti,  potendosi  esigere  che  persino  la  legge
regionale «non interferisca con lo  svolgimento  delle  funzioni  del
commissario» (ex plurimis, da ultimo, sentenza n. 217 del 2020). 
    In altre parole, le  previsioni  dell'art.  120,  secondo  comma,
Cost. fanno «sistema con le norme costituzionali di allocazione delle
competenze,  assicurando  comunque,  nelle  ipotesi  patologiche,  un
intervento  di  organi  centrali  a  tutela  di  interessi   unitari»
(sentenza n. 44 del 2014), e pongono lo Stato quale garante di ultima
istanza della tenuta del sistema costituzionale  rispetto  a  «taluni
interessi essenziali» (sentenza n. 43 del 2004). 
    Cio' a  fronte,  come  detto,  della  crisi  di  una  determinata
autonomia  territoriale,  di  cui  pero'  il  sistema  costituzionale
continua a riconoscere il valore  potenziale,  in  quanto  non  viene
mutata, nell'esercizio del potere di cui all'art. 120, secondo comma,
Cost., la titolarita' originaria delle competenze esercitate  in  via
sostitutiva dall'autorita' centrale. 
    10.3.1.- Quanto esposto chiarisce la connotazione  costituzionale
del potere sostitutivo di cui all'art.  120,  secondo  comma,  Cost.:
questo, da un lato, si giustifica solo in quanto l'intervento statale
sia  tale  da  garantire  le  esigenze  unitarie   della   Repubblica
compromesse  invece  dalla  realta'   istituzionale   sostituita   e,
dall'altro,  si  caratterizza  per  una  necessaria  temporaneita'  e
cedevolezza  dell'intervento  sostitutivo,   dato   il   valore   che
l'ordinamento continua a riconoscere, come detto, alla  potenzialita'
del principio autonomistico. 
    In queste due coordinate si sostanzia quindi il  precipuo  ruolo,
tipico degli ordinamenti  a  elevato  tasso  di  decentramento  e  al
contempo ispirati al modello cooperativo,  dell'istituzione  statale,
che attraverso l'art.  120,  secondo  comma,  Cost.  e'  chiamata  ad
assumersi la «responsabilita'» (sentenza n. 43 del 2004) di risolvere
nel minor tempo possibile la crisi dissipativa di un determinato ente
autonomo, si' da rimetterlo in condizione di tornare  a  garantire  i
beni da questo invece al momento compromessi. 
    In tale delicato ruolo lo Stato non puo' mancare  di  raggiungere
l'effetto utile ed e' tenuto ad impegnare, se del  caso,  le  proprie
migliori  energie  e  anche  adeguate  risorse   finanziarie;   senza
travalicare,   da   quest'ultima   prospettiva,   il   principio   di
responsabilita' finanziaria  imputabile  a  una  determinata  realta'
territoriale,  occorre  infatti,  comunque  garantire  un  punto   di
equilibrio  che  impedisca,  a  danno  di  tutta  la  Repubblica,  il
cronicizzarsi di una condizione di crisi, che risulterebbe lesiva  di
plurimi principi costituzionali. 
    Infatti, in questa situazione si  stabilizzerebbero,  altrimenti:
a)  la  sospensione  degli  ordinari  meccanismi  di  responsabilita'
politica e del relativo potere di controllo  degli  elettori  locali,
essendosi realizzata la sostituzione governativa agli organi politici
regionali;  b)  l'incremento  ai  massimi  livelli  della   pressione
fiscale, previsto in via automatica (dall'art. 1,  comma  174,  della
legge  30  dicembre  2004,  n.  311,  recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale  e  pluriennale  dello  Stato  (legge
finanziaria 2005)» e dall'art. 1, comma 86, della legge  n.  191  del
2009) e quindi non piu' imputabile  a  una  specifica  decisione  dei
rappresentanti degli elettori  regionali;  c)  il  venir  meno  della
garanzia dei Livelli essenziali di  assistenza  (LEA)  nei  confronti
degli abitanti della Regione; d) la discriminazione degli  stessi  in
contrasto con il principio di eguaglianza; e) il vulnus al  principio
dell'equilibrio di bilancio. 
    10.3.2.-  La  norma   impugnata   non   riflette   la   descritta
connotazione   costituzionale   del   potere   sostitutivo,   perche'
stabilisce una misura  che  si  dimostra  irragionevole  per  la  sua
inadeguatezza alla situazione nella quale deve  intervenire,  segnata
dal piu' che decennale commissariamento della sanita'  della  Regione
Calabria. 
    Va  infatti  precisato  che  quest'ultimo,  per  diversi  motivi,
costituisce   un   unicum   nel   panorama    nazionale,    essendosi
caratterizzato in modo particolare rispetto a tutti gli altri  sinora
intervenuti. 
    A differenza di altre situazioni, dove i commissariamenti statali
hanno assunto, a volte, durate non troppo dissimili ma  si  sono  poi
conclusi con il ritorno alla gestione regionale della  sanita'  (come
nel caso del Lazio e della Campania), solo per quello  della  Regione
Calabria  sono   stati   adottati,   in   rapida   successione,   due
decreti-legge recanti specifiche discipline per la prosecuzione della
gestione commissariale, giunta cosi' a  distinguersi  da  ogni  altro
precedente. 
    Unicamente nella Regione Calabria, inoltre, a differenza di altre
realta' regionali (come  quella  del  Molise),  la  sostituzione  del
Presidente della Regione con un funzionario statale quale commissario
ad acta si protrae sin dal 2014, determinando pero'  l'accendersi  di
una distruttiva conflittualita' tra gli  organi  regionali  e  quelli
commissariali. 
    Solo nella Regione Calabria, infine, le irregolarita'  registrate
nella gestione regionale  della  sanita'  hanno  assunto  livelli  di
gravita' mai riscontrati in precedenza. 
    Alle origini  del  commissariamento  della  ricorrente  si  pone,
infatti, l'accordo per il piano di rientro dal disavanzo della  spesa
sanitaria  della  Regione  Calabria  per   il   triennio   2010-2012,
sottoscritto in data 17 dicembre 2009 in base all'art. 1, comma  180,
della legge n. 311 del 2004, dal quale emerge espressamente  come  si
fosse  raggiunto  un  tale  livello  d'inaffidabilita'  della  intera
contabilita' regionale della sanita' da dover addirittura  ricorrere,
per tentare di ricostruirla, alla «cosiddetta procedura  di  "ascolto
certificato" consistente in una dichiarazione dei Direttori  Generali
circa il livello dei debiti e dei crediti in capo a ciascuna  Azienda
Sanitaria». 
    10.3.3.-  Criticita'  non  dissimili,  per  gravita',   del   SSR
calabrese  tuttavia  perdurano  ancora,  come  ricorda   l'Avvocatura
generale nelle memorie  di  costituzione  riportando  le  conclusioni
della riunione dell'8 e del 9 ottobre 2020 del Tavolo tecnico per  la
verifica degli adempimenti regionali e del Comitato permanente per la
verifica dell'erogazione dei LEA. 
    In particolare,  la  difesa  statale  ha  sottolineato  le  gravi
carenze in ordine ai bilanci aziendali degli enti del SSR,  non  solo
stigmatizzando «la mancata adozione dei bilanci 2013-2017  della  ASP
di Reggio Calabria», ma anche evidenziando che, per «i bilanci  2018,
ne e' stata constatata  l'adozione  da  parte  di  tutte  le  aziende
sanitarie, escluse l'ASP di Cosenza e,  di  nuovo,  l'ASP  di  Reggio
Calabria» e che, per  «quanto  concerne  la  situazione  dei  bilanci
relativi all'anno 2019, e' stato  possibile  riscontrarne  l'adozione
solo da parte del direttore generale  dell'AO  di  Cosenza».  Ha  poi
rimarcato la «assenza  di  direttori  generali  in  carica»,  che  ha
impedito  non  solo  l'applicazione  delle  procedure   di   verifica
straordinaria per questi previste dall'art. 2  del  d.l.  n.  35  del
2019, come convertito, ma anche la stessa possibilita' di programmare
le attivita' con il necessario orizzonte temporale. 
    Piu'  in  generale,  l'Avvocatura  dello  Stato,  richiamando  il
verbale della  suddetta  riunione  congiunta  dei  menzionati  Tavoli
tecnici, ha delineato l'allarmante quadro  della  sanita'  calabrese,
con riguardo «alla rete ospedaliera, alla rete perinatale, alla  rete
oncologica, all'assistenza territoriale,  allo  stato  dei  pagamenti
delle aziende del Servizio sanitario  della  regione  Calabria,  alla
gestione del personale,  ai  flussi  informativi,  alla  contabilita'
analitica e al programma operativo per la gestione dell'emergenza  da
COVID-19». 
    In udienza la difesa  statale  ha  ricordato,  infine,  anche  le
misure cautelari  personali  che  di  recente  hanno  interessato  la
sanita' calabrese, del resto caratterizzata da ben  due  (su  cinque)
aziende sanitarie che  hanno  da  poco  subito  lo  scioglimento  per
infiltrazioni mafiose (nel settembre 2019 quella  di  Catanzaro,  nel
marzo 2019 quella di Reggio Calabria). 
    10.3.4.- A fronte di questo contesto, tuttavia, non si  puo'  non
convenire  con  i  ricorsi  regionali  quando  constatano  che   tale
situazione si verifica nonostante il lungo commissariamento. 
    Infatti, «in dieci anni, il disavanzo cristallizzato nel piano di
rientro si e' ridotto - in termini assoluti - di pochissimo, passando
da 104,304 mln di euro iniziali a € 98,013 mln a fine 2019»,  con  la
conseguenza che «gli abitanti della Calabria  stanno  da  dieci  anni
colmando una voragine finanziaria che cresce e si alimenta di anno in
anno. A fronte di questi "sacrifici finanziari", i medesimi cittadini
non godono pero' di servizi sanitari adeguati», perche' i LEA  ancora
non sono garantiti secondo il livello ritenuto sufficiente dal Tavolo
e dal Comitato sopra ricordati, mentre  la  mobilita'  sanitaria  dei
cittadini calabresi ha ormai assunto dimensioni imponenti (Corte  dei
conti,   sezione   regionale   di   controllo   per   la    Calabria,
rispettivamente: relazione annessa al giudizio di  parificazione  del
rendiconto  generale   della   Regione   Calabria   per   l'esercizio
finanziario  2019  e  intervento  orale   del   magistrato   relatore
nell'udienza del 10 dicembre 2020). 
    Si e' dunque realizzata una situazione di doppia negativita'  fra
costi e prestazioni, ovvero tra «performance negativa nella  qualita'
delle prestazioni» e «disavanzi privi di copertura» (Corte dei conti,
sezioni riunite in sede di controllo, delibera 29 maggio 2919, n.  9,
Rapporto 2019 sul coordinamento della finanza pubblica). 
    10.3.5.- E' in questo quadro che deve essere  dunque  considerata
la norma impugnata, che prevede, nei primi due periodi: «[l]a regione
Calabria mette a disposizione del Commissario ad acta  il  personale,
gli uffici e i mezzi  necessari  all'espletamento  dell'incarico,  ai
sensi dell'articolo 4, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n.
159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007,  n.
222. Il contingente minimo di personale messo  a  disposizione  dalla
regione Calabria e' costituito da 25 unita' di  personale  dotato  di
adeguata esperienza professionale, appartenente ai ruoli regionali in
posizione di distacco obbligatorio o da acquisire tramite interpello,
in posizione di comando, ai sensi dell'articolo 17, comma  14,  della
legge 15 maggio 1997, n. 127, da enti pubblici regionali  e  da  enti
del servizio sanitario regionale». 
    Essa detta un'irragionevole e non proporzionata disciplina di  un
aspetto  cruciale  dei  processi  in  cui  si  esercita   il   potere
sostitutivo di  cui  all'art.  120,  secondo  comma,  Cost.,  perche'
l'impegnativa azione di risanamento, in cui,  come  detto,  lo  Stato
assume la responsabilita' del garante di  ultima  istanza,  non  puo'
evidentemente essere sostenuta,  nei  casi  critici  come  quello  in
esame, dal solo commissario ad acta. 
    Quest'ultimo, infatti, agendo -  nell'attuazione  del  concordato
piano di rientro - in sostituzione del  livello  politico  regionale,
inevitabilmente,  si  confronta  con  una  pubblica   amministrazione
territoriale che risulta  gravemente  inadempiente  sotto  molteplici
profili.  In  tale  azione,  pertanto,  il  commissario  deve  essere
assistito   da   una   struttura   amministrativa   all'altezza   del
delicatissimo compito che si trova a svolgere. 
    La norma censurata  ha  inteso  identificare  tale  struttura  in
prevalenza nei dipendenti  della  stessa  amministrazione  regionale,
ovvero in un minimo di venticinque unita' di personale  «appartenente
ai ruoli regionali» o di enti pubblici regionali e di enti  del  SSR,
mentre meramente ancillare  a  questa  previsione,  per  contenuti  e
numeri, e' quella (di cui  al  comma  4  dello  stesso  art.  1)  che
consente al  commissario  di  avvalersi  del  personale  dell'Agenzia
nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS). 
    Tale impostazione e' risultata fallimentare  e  ha  condotto,  in
forza della sequenza di seguito descritta, all'attuale,  paradossale,
situazione, confermata in udienza da entrambe le  parti,  per  cui  a
distanza di quasi otto mesi dall'approvazione delle norme urgenti del
d.l. n. 150 del 2020 il commissario ad acta non dispone ancora di una
adeguata struttura di supporto. 
    La  Regione  ricorrente,  infatti,  con  la  delibera  di  Giunta
regionale 13 gennaio 2021, n. 2 (Articolo 1, comma 2,  Decreto  Legge
10 novembre 2020, n. 150, convertito, con modificazioni  dalla  Legge
30 dicembre 2020, n. 181 "Misure urgenti per il rilancio del servizio
sanitario della regione  Calabria  e  per  il  rinnovo  degli  organi
elettivi delle regioni a statuto ordinario" - adempimenti),  sostiene
di avere messo a disposizione  del  commissario  ad  acta  «oltre  un
centinaio di [dipendenti] del Dipartimento Tutela della Salute  [...]
per complessive 109 unita', 98 dipendenti - un Dirigente Generale, 12
Dirigenti,  53  Funzionari  Cat.  D,  11  Collaboratori  Cat.  C,  21
ulteriori unita' di categorie B ed A - ed  11  unita'  lavorative  in
distacco da Calabria Lavoro)». 
    Tuttavia, a  fronte  di  questa  delibera,  emerge  dalla  stessa
documentazione prodotta dalla difesa regionale  che  il  commissario,
ritenendola meramente elusiva, ha  assunto  il  decreto  12  febbraio
2021, n. 26, nel quale ha osservato che  la  delibera  medesima  «non
risponde adeguatamente alle  esigenze  di  supporto  della  struttura
commissariale,  atteso  che  il  Dipartimento  Tutela  della  Salute,
Servizi Sociali e Socio Sanitari presenta tuttora una  grave  carenza
di risorse umane». 
    Rilevando quindi che «alcuni  Settori  di  strategica  importanza
sono del tutto privi di personale» e che «alla data odierna non  sono
ancora disponibili i mezzi necessari  all'espletamento  dell'incarico
commissariale», il decreto in esame non trova altra via di uscita che
quella di demandare «l'acquisizione di servizi idonei a garantire  il
supporto  necessario  alle  azioni  del  mandato   commissariale   in
relazione   particolarmente   al   rilascio   di   autorizzazioni   e
accreditamenti» ed altre delicate funzioni alle procedure  attivabili
«tramite CONSIP S.p.A. o mercato elettronico, per un  periodo  minimo
di 6 mesi, nelle  more  del  verificarsi  delle  condizioni  previste
all'art. 1 del D.L. 150/2020». 
    Tali condizioni,  come  confermato  dalle  parti  in  udienza,  a
tutt'ora non si sono verificate. 
    10.3.6.-  La   descritta,   paradossale   situazione   sottolinea
l'incongrua modalita' di disciplina del  potere  sostitutivo  statale
declinata dalla  norma  censurata.  Questa,  infatti,  ha  in  ultima
analisi escluso la possibilita' che il commissario ad  acta  sia  sin
dall'inizio assistito  da  una  adeguata  ed  efficace  struttura  di
supporto extra regionale, in quanto ha  invece  preteso  affidare  il
compito di fornirla alla  stessa  amministrazione  regionale,  quando
sono proprio la grave inefficienza e il condizionamento ambientale di
quest'ultima  che  hanno  concorso  a   determinare   le   condizioni
dell'attivazione del potere sostitutivo. 
    Quest'ultimo,  invece,  in  situazioni  estreme  come  quella  in
oggetto,  non  puo'  essere  certo   attuato   attraverso   il   mero
avvicendamento  del   vertice,   senza   considerare   l'inefficienza
dell'intera struttura sulla quale tale vertice e' chiamato a  operare
in nome dello Stato; si  rischia  altrimenti  di  produrre,  a  causa
dell'impotenza  cui   si   destina   il   commissario,   un   effetto
moltiplicatore di diseguaglianze e privazioni in una Regione che gia'
sconta condizioni di sanita' diseguale. 
    E' chiaro che in situazioni come quella in esame, l'effetto utile
- evocato dalla censura regionale - dell'esercizio del potere di  cui
all'art. 120, secondo comma, Cost.  non  puo',  infatti,  che  essere
perseguito attraverso  un  intervento  che  comporti  una  prevalente
sostituzione  della  struttura  inefficiente  con  personale  esterno
altamente qualificato fornito direttamente dallo Stato  -  e  di  cui
sarebbe opportuno che l'onere sia a  carico  della  stessa  autorita'
centrale -, in modo da evitare anche ogni  possibile  condizionamento
ambientale. 
    La previsione contenuta nella norma impugnata,  che  da  un  lato
insiste  nell'assegnare  un  ruolo  determinante,  in  sostanza,   al
Dipartimento Tutela della  salute  della  Regione  e  dall'altro  non
dispone  un  adeguato  innesto  di  personale  esterno  e   altamente
qualificato, si dimostra dunque, nella specie,  non  proporzionata  e
incongrua rispetto alle urgenti finalita' perseguite dal d.l. n.  150
del 2020, come convertito, nel suo complesso. 
    Infatti, per l'esercizio di un commissariamento in corso da  piu'
di un decennio essa  finisce  per  far  dipendere  l'ottenimento  del
contingente di supporto - e quindi, in definitiva, l'effettivita' del
potere sostitutivo esercitato dal commissario ad acta -  proprio  dal
comportamento della Regione, nonostante, peraltro, la conflittualita'
e il conclamato peggioramento dei rapporti reciproci. 
    Questa Corte ha del resto in diverse  occasioni  evidenziato  che
«[i]l lungo protrarsi del commissariamento  costituisce  tuttavia  un
sintomo  negativo  dell'andamento  di  tale  processo,  cosicche'  si
accentua l'esigenza di soluzioni strutturali univoche ed  efficaci  e
del rigoroso rispetto delle regole a tale scopo concepite»  (sentenza
n. 117 del 2018). 
    La necessita' di  una  discontinuita'  nell'intervento  e  di  un
affiancamento forte e straordinario dello Stato,  in  particolare  da
parte dei Ministeri della salute e dell'economia e delle finanze,  al
fine di attuare effettivamente il piano di rientro e al  contempo  di
porre  le  condizioni  per  una  possibile  successiva   uscita   dal
commissariamento, e' peraltro  largamente  emersa  nell'ambito  delle
audizioni  di  esperti,  svolte  il  17  novembre  2020   presso   la
Commissione Affari  sociali  della  Camera  dei  deputati  nel  corso
dell'esame del disegno di legge di conversione del d.l.  n.  150  del
2020. 
    Il    carattere    della     sproporzione     consiste     quindi
nell'inadeguatezza  del  meccanismo   normativo   a   garantirne   la
finalita'. 
    Ne'   a   cio'   supplisce   adeguatamente   l'ulteriore   potere
sostitutivo,  previsto   nell'ultimo   periodo   della   disposizione
impugnata, attivabile in caso di inadempienza della Regione,  perche'
esso non solo vanifica le evidenti esigenze di immediata operativita'
dell'azione del commissario, ma si presta a facili elusioni, analoghe
a quelle che, del resto, puntualmente si sono verificate. 
    10.3.7.- In questi  termini  la  norma  censurata  disattende  il
monito contenuto nella sentenza n. 233 del 2019, dove questa Corte ha
avuto cura di precisare che «[l]'effettiva rispondenza  delle  misure
adottate  dal  legislatore  del  2019  allo   scopo   perseguito   di
"risanamento del servizio sanitario"  e  soprattutto  di  tutela  del
"rispetto dei livelli essenziali di assistenza in  ambito  sanitario"
nella Regione Calabria nonche' l'assenza di  eventuali  loro  effetti
controproducenti [...] dovranno  essere  attentamente  monitorate  da
parte dello Stato, e valutate in concreto, in sede applicativa  delle
misure stesse». 
    Tale valutazione risulta, per quanto detto,  mancata  perche'  il
metodo prefigurato dalla norma censurata si traduce in una misura che
difetta di proporzionalita', non solo determinando  un  grave  vulnus
all'effettivita' dei livelli essenziali delle  prestazioni  sanitarie
per gli abitanti della Regione ma anche tendendo a far  perdere  allo
stesso potere sostitutivo quella temporaneita' (sentenza n.  233  del
2019) che e' invece insita nella sua stessa natura. 
    10.3.8.- Le  considerazioni  che  precedono  conducono  dunque  a
ritenere che l'art. 1, comma 2, secondo periodo, del d.l. n. 150  del
2020, come convertito, violi l'art. 120, secondo comma, Cost. 
    10.4.-  Gli  argomenti  illustrati  fanno  altresi'  emergere  la
sussistenza del contrasto con gli artt. 81, terzo comma, 117,  quarto
comma, e 119 Cost. 
    Come stabilito anche dall'art. 8, comma 5, della legge n. 131 del
2003 «[i] provvedimenti sostitutivi devono essere proporzionati  alle
finalita' perseguite», in caso contrario risolvendosi invece  in  una
compressione arbitraria dell'autonomia regionale,  sacrificata  senza
giustificazione alcuna. 
    Persa, infatti, la funzione  propria  del  potere  sostitutivo  a
causa  dell'inadeguatezza  del  personale  regionale  a  fornire   un
esaustivo  supporto  all'azione  del  commissario,  la   disposizione
impugnata manifesta un ulteriore difetto di proporzionalita'  laddove
obbliga la Regione a mettere a disposizione dello stesso  commissario
un contingente «minimo» di personale di  almeno  venticinque  unita',
quando invece il suddetto supporto necessita, come detto,  di  essere
congruamente garantito da personale statale  o  comunque  diverso  da
quello  regionale,   anche   in   modo   da   avviare   processi   di
riqualificazione e di valorizzazione di quest'ultimo. 
    In questi termini la  suddetta  disposizione,  in  assenza  (come
dedotto  dalla  ricorrente)  di  uno  specifico  limite  quantitativo
massimo, finisce per fare ingiustificatamente leva su un fattore  che
puo'  svolgere  un  ruolo   solo   ancillare   rispetto   a   quello,
quantitativamente e  qualitativamente  prevalente,  che  deve  invece
spettare al personale esterno. 
    Imponendo alla  Regione  un  onere  organizzativo  e  finanziario
indeterminato   e   ingiustificato,   tale   disposizione   determina
un'illegittima interferenza con la competenza regionale residuale  in
materia  di   organizzazione   degli   uffici,   con   il   principio
dell'equilibrio di bilancio  regionale  e,  infine,  con  l'autonomia
finanziaria dell'ente nell'allocazione delle spese. 
    10.5.- Sulla scorta  dei  rilievi  svolti,  deve  in  conclusione
essere dichiarata l'illegittimita' costituzionale del secondo periodo
dell'art. 1, comma 2, del d.l. n.  150  del  2020,  come  convertito,
nella parte in cui non prevede che  al  prevalente  fabbisogno  della
struttura commissariale provveda direttamente lo Stato e nella  parte
in cui, nell'imporre alla  Regione  di  mettere  a  disposizione  del
commissario  ad  acta  un  contingente  di  venticinque   unita'   di
personale, stabilisce che tale entita' costituisce un  dato  «minimo»
anziche' «massimo». 
    10.6.-   Restano   assorbite   le   ulteriori   censure   rivolte
all'impugnato art. 1, comma 2, ad eccezione  di  quella  sulla  leale
collaborazione, da dichiararsi non fondata per le stesse ragioni  che
verranno esposte di seguito. 
    11.- Le altre censure che attengono al restante  complesso  degli
artt. 2, commi 1 e 2, 3, comma 1, 6, comma 2, e 7, commi 1,  3  e  4,
del d.l. n. 150 del 2020, come convertito, non sono fondate. 
    Tali  disposizioni  introducono,  infatti,  misure  straordinarie
volte a rafforzare i precipui poteri del commissario  ad  acta  nella
perdurante sussistenza di una situazione estremamente  critica  nella
sanita' calabrese e pongono precetti che -  in  questo  caso  -  sono
funzionali allo scopo dell'erogazione dei LEA  e  del  raggiungimento
degli obiettivi economico-finanziari. 
    E' pertanto decisiva, al fine  del  rigetto  delle  questioni  in
discorso,  la  considerazione  che  le  norme  in   esame   risultano
fisiologicamente ascrivibili al potere sostitutivo  di  cui  all'art.
120, secondo comma, Cost.,  nonche'  alla  competenza  statale  nella
materia della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni
(art. 117, secondo comma, lettera m, Cost.)  concernenti  il  diritto
alla  salute  e  ai   principi   fondamentali   della   materia   del
coordinamento della finanza pubblica (art. 117, terzo comma, Cost.). 
    Nemmeno esse si pongono in contrasto con il  principio  di  leale
collaborazione perche', come questa Corte ha costantemente precisato,
la disciplina dei piani di  rientro  dai  disavanzi  sanitari  e  dei
relativi commissariamenti e'  connotata  da  «un  costante  confronto
collaborativo tra il livello statale e quello regionale, la cui  sede
di elezione e'  rappresentata  dall'azione  congiunta  del  "Comitato
paritetico permanente per  la  verifica  dei  Livelli  essenziali  di
assistenza" e del "Tavolo tecnico per la verifica degli  adempimenti"
regionali [...]: organismi la cui stessa composizione,  improntata  a
una compenetrazione tra la componente  statale  e  quella  regionale,
garantisce di per se' il pieno coinvolgimento della Regione in merito
all'analisi dell'andamento del proprio piano di rientro» (sentenza n.
200 del 2019; nello stesso senso, sentenza n. 233 del 2019). 
    Si tratta di principi  che  devono  essere  qui  ribaditi  e  che
comportano  l'infondatezza  della  doglianza  della  ricorrente:   la
partecipazione della Regione  al  percorso  di  risanamento  risulta,
infatti, assicurata dall'evidenziato confronto con lo Stato  in  sede
di verifica dell'attuazione del piano. 
    Peraltro, va anche considerato che, con il motivo in esame, a ben
vedere  la  ricorrente  lamenta  l'omessa  previsione  di  forme   di
interlocuzione non tanto nella fase a valle, attuativa delle  singole
norme introdotte dal d.l. n. 150 del 2020,  come  convertito,  quanto
nella fase a monte, relativa cioe' all'adozione dello stesso. 
    A sostegno della rilevata non  fondatezza  della  censura,  viene
quindi in considerazione il costante  orientamento  di  questa  Corte
secondo cui «il principio di leale collaborazione non e'  applicabile
alle  procedure  legislative,  ove  non  imposto  direttamente  dalla
Costituzione» (ex plurimis, da ultimo, sentenza n. 37 del 2021). 
    11.1.- In forza delle argomentazioni che precedono, le  questioni
di legittimita' costituzionale che investono, nel loro  insieme,  gli
artt. 2, commi 1 e 2, 3, comma 1, 6, comma 2, e 7, commi 1,  3  e  4,
del d.l. n. 150 del 2020, come convertito, per violazione degli artt.
5, 117, terzo e quarto  comma,  120,  secondo  comma,  e  121  Cost.,
nonche' del principio di leale collaborazione, non sono fondate. 
    12.- Quanto poi alle altre  specifiche  doglianze  che  attengono
alle singole disposizioni, vanno dichiarate non fondate le  questioni
di legittimita' costituzionale promosse nei confronti degli artt.  2,
commi  1  e  2,  e  7,  comma  4,  impostate  sull'assunto  che  tali
disposizioni afferiscano alla materia  della  «tutela  della  salute»
incidendo, in particolare,  sull'assetto  della  dirigenza  sanitaria
delineato dal d.lgs. n. 171 del 2016. 
    Quella  della  ricorrente   e',   infatti,   una   prospettazione
riduttiva,  poiche'  le  norme  denunciate,  senza  dubbio   speciali
rispetto alla disciplina generale  dettata  dal  decreto  legislativo
appena citato, vanno piuttosto ricondotte in via prevalente a  titoli
di competenza esclusiva statale, sia perche' concernenti  l'esercizio
del potere sostitutivo di cui all'art. 120, secondo comma, Cost., sia
perche' ascrivibili alla materia della  «determinazione  dei  livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili  e  sociali
che devono essere garantiti su tutto il territorio  nazionale»  (art.
117, secondo comma, lettera m, Cost.). 
    In  particolare,  la  previsione  della  nomina  dei   commissari
straordinari da parte del commissario  ad  acta  e  quella,  ad  essa
strumentale, che fa cessare dalle funzioni gli  organi  eventualmente
nominati  dalla  Regione  dopo  la  scadenza   dell'efficacia   delle
disposizioni del d.l. n. 35 del 2019, come convertito,  esprimono  la
finalita' di assicurare un idem sentire nell'attuazione del piano  di
rientro e, in questa prospettiva, rafforzano l'esercizio  del  potere
sostitutivo statale, a fronte dei risultati negativi del  modello  di
direzione   aziendale   di   nomina    regionale    nella    gestione
economico-finanziaria degli enti del SSR e nella erogazione dei LEA. 
    13.-  Le  questioni  di  legittimita'  costituzionale  aventi  ad
oggetto l'art. 3, comma 1, sono inammissibili. 
    13.1.- Con riferimento alla  denunciata  violazione  degli  artt.
117, terzo comma,  e  121  Cost.,  la  ricorrente  non  ha,  infatti,
sufficientemente chiarito le ragioni  del  lamentato  contrasto,  dal
momento che, in entrambi gli atti introduttivi, ha sostenuto  che  la
disposizione in discorso costituirebbe «norma non di principio, ma di
estremo dettaglio in  materia  di  legislazione  concorrente»  senza,
tuttavia, specificare di  quale  materia  si  tratterebbe.  Ne'  tale
carenza e' colmata dal richiamo, operato dalla  difesa  regionale,  a
due pronunce di questa Corte (sentenze n. 166 del 2019 e  n.  43  del
2011),    giacche'    queste    si    riferiscono    alla     materia
dell'organizzazione  amministrativa  regionale,  riconducibile   alla
competenza residuale di cui all'art. 117, quarto comma, Cost. e non a
quella concorrente di cui all'evocato art. 117, terzo comma, Cost. 
    La  censura  e',  pertanto,   oscura   e   contraddittoria,   con
conseguente preclusione dell'esame nel merito (da ultimo, sentenza n.
115 del 2021). 
    Anche le questioni promosse in riferimento agli artt. 81,  quarto
(recte: terzo) comma, 117 e 119 Cost. sono inammissibili. 
    Infatti, sotto un primo profilo, la ricorrente afferma in maniera
generica e assertiva che  il  ricorso  alla  Consip  spa  «p[otrebbe]
avvenire senza limiti di costo», ma non  argomenta  ulteriormente  al
riguardo, specialmente con riferimento  alle  spese  degli  ipotetici
contenziosi che deriverebbero dalle procedure curate da tale centrale
di committenza. 
    Inoltre, la censura non chiarisce in che modo la norma - che  non
istituisce  nuovi  uffici  ne'  amplia  le  funzioni   di   strutture
esistenti,  limitandosi  a  richiedere  il  ricorso  a  centrali   di
committenza - comporterebbe nuovi e  diretti  oneri,  necessariamente
soggetti all'obbligo di copertura. 
    La lacuna motivazionale ora rilevata porta, altresi', a  ritenere
del tutto insufficiente anche la dimostrazione della ridondanza sulle
competenze regionali ritenute lese. 
    14.- Infine, le censure che hanno ad oggetto l'art. 6,  comma  2,
sono fondate in riferimento agli artt. 3,  97  e  117,  terzo  comma,
Cost.,  in  relazione  alle   materie   «tutela   della   salute»   e
«coordinamento della finanza pubblica», per  le  ragioni  di  seguito
precisate. 
    Ad avviso della ricorrente, la norma  in  esame,  nelle  suddette
materie di competenza concorrente, non  consentirebbe  «alla  Regione
l'equilibrio di bilancio, rendendo  sostanzialmente  non  percepibili
somme aggiuntive», benche' indicate «come indispensabili» a risolvere
i problemi del SSR, «ponendo cosi' un ostacolo al riequilibrio  della
situazione calabrese determinata dall[o] stesso  Stato»  e  di  fatto
irragionevolmente stabilizzando un metodo che  avrebbe  l'effetto  di
determinare l'automatica «estensione per almeno un altro biennio  del
commissariamento». 
    La  doglianza  regionale  coglie,  in   relazione   ai   suddetti
parametri,  una  contraddizione  insita  nella  puntuale   condizione
prescritta dalla norma impugnata, dal momento che  la  finalita'  del
«contributo di solidarieta'» in essa previsto e' espressamente quella
di consentire - previa sottoscrizione  di  un  accordo  tra  Stato  e
Regioni  -  «interventi  di  potenziamento  del  servizio   sanitario
regionale  stante  la  grave   situazione   economico-finanziaria   e
sanitaria presente nella regione Calabria»  (cosi'  il  comma  1  del
medesimo art. 6). 
    Tuttavia la «erogazione della somma» di sessanta milioni di  euro
«per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023», in cui si  sostanzia  un
contributo ritenuto dallo stesso legislatore necessario  al  fine  di
risollevare la situazione del SSR della Calabria, e'  resa  possibile
unicamente in forza della presentazione e approvazione, che competono
al commissario ad acta di nomina statale, del programma operativo  di
prosecuzione del piano di rientro per il periodo 2022-2023. 
    In questi  termini  la  norma  censurata  esclude  implicitamente
l'erogazione del contributo  nell'ipotesi  parimenti  prevista  dalla
legislazione in  materia  all'art.  2,  comma  88,  secondo  e  terzo
periodo,  della  legge  n.  191  del  2009:  «[e']  fatta  salva   la
possibilita' per la regione di presentare un nuovo piano  di  rientro
ai sensi della disciplina recata dal  presente  articolo.  A  seguito
dell'approvazione del nuovo piano cessano i commissariamenti, secondo
i tempi e le procedure definiti nel medesimo piano per  il  passaggio
dalla gestione straordinaria commissariale  alla  gestione  ordinaria
regionale». 
    Va ricordato che questa Corte,  con  specifico  riferimento  alla
Regione Calabria, ha precisato che  le  competenze  regionali  devono
ritenersi  «temporaneamente  ed  eccezionalmente   "contratte"»,   in
funzione e «nei  limiti  necessari  ad  evitare  che,  in  parti  del
territorio nazionale, gli utenti debbano assoggettarsi ad  un  regime
di assistenza sanitaria inferiore, per quantita' e qualita', a quello
ritenuto intangibile dallo Stato» (sentenza n. 233 del 2019). 
    Da questo punto di vista, non appare ragionevole  ed  e'  insieme
lesivo delle evocate competenze regionali, nonche' dell'equilibrio di
bilancio  di  cui  all'art.  97,  primo  comma,  Cost.,   costringere
l'autonomia regionale fino a tutto  il  2023  al  solo  proseguimento
della soggezione al potere  sostitutivo  statale,  escludendo  quindi
l'ipotesi che questa possa recuperare il ruolo che le e' proprio. 
    L'approvazione di un nuovo piano di rientro e l'approvazione  del
programma   operativo   di    prosecuzione    del    commissariamento
costituiscono, del resto, fattispecie equiparabili, poiche' il primo,
come  il  secondo,  deve  contenere  misure  atte  a  garantire   sia
l'erogazione dei LEA, sia l'equilibrio di  bilancio  sanitario  (come
richiesto dall'art. 2, comma 77, della legge n. 191 del 2009)  e,  se
ritenuto adeguato e quindi approvato dal Consiglio dei  ministri  (ai
sensi  del  successivo  comma  79  dell'art.  2  appena  citato),  e'
immediatamente efficace, esecutivo e vincolante per la Regione. 
    Ai  fini  considerati  dalla  norma  impugnata,  il  nuovo  piano
proposto dalla Regione - che peraltro rappresenta una via d'uscita di
cui dovrebbe  farsi  promotrice  la  stessa  azione  commissariale  -
assolve  dunque  la  medesima  funzione   del   programma   operativo
predisposto dal commissario ad acta e pertanto, qualora  riconosciuto
idoneo dal Consiglio dei ministri, garantirebbe in egual modo, ma  in
una forma piu' rispettosa dell'autonomia regionale,  la  destinazione
del contributo finanziario alle stesse finalita' avute  di  mira  dal
legislatore statale attraverso la  previsione  di  un  contributo  di
solidarieta'. 
    Deve quindi  essere  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 6, comma 2, del d.l. n.  150  del  2020,  come  convertito,
nella parte in cui non prevede che  l'erogazione  del  contributo  di
solidarieta' consegua, in alternativa, anche  alla  presentazione  da
parte della Regione e all'approvazione da parte  dello  Stato  di  un
nuovo piano di rientro in base a quanto previsto dall'art.  2,  comma
88, della legge n. 191 del 2009. 
    Restano assorbite le ulteriori questioni. 
    15.- Da ultimo, deve essere disattesa la richiesta della  Regione
di autorimessione  delle  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 2, commi  88  e  88-bis,  della  legge  n.  191  del  2009,
giacche', come emerge dalla motivazione che precede,  tali  questioni
non sono rilevanti ai fini della decisione, non rivestendo  carattere
di pregiudizialita'. Sebbene, infatti, l'art. 1, comma 1, del d.l. n.
150 del 2020, come convertito, assegni  al  commissario  ad  acta  il
compito di attuare gli obiettivi previsti nei programmi operativi  di
prosecuzione del piano di rientro, questa specifica previsione non e'
oggetto di  impugnativa  e,  soprattutto,  l'efficacia  dei  suddetti
programmi, con cui nella Regione Calabria sta proseguendo il piano di
rientro, costituisce un mero  presupposto  per  l'applicazione  delle
norme  denunciate,  ma  non  coinvolge  direttamente   il   contenuto
precettivo di queste. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 2,
del decreto-legge 10 novembre 2020, n. 150  (Misure  urgenti  per  il
rilancio del servizio sanitario  della  regione  Calabria  e  per  il
rinnovo degli organi elettivi delle  regioni  a  statuto  ordinario),
convertito, con modificazioni, nella legge 30 dicembre 2020, n.  181,
nella parte in cui non prevede che  al  prevalente  fabbisogno  della
struttura commissariale provveda direttamente lo Stato e nella  parte
in cui, nell'imporre alla  Regione  di  mettere  a  disposizione  del
commissario  ad  acta  un  contingente  di  venticinque   unita'   di
personale,  stabilisce  che  tale  entita'  costituisce  un  «minimo»
anziche' un «massimo»; 
    2) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 2,
del d.l. n. 150 del 2020, come convertito, nella  parte  in  cui  non
prevede,  in  alternativa  alla  presentazione  e  approvazione   del
programma operativo di prosecuzione  del  piano  di  rientro  per  il
periodo  2022-2023,  l'approvazione  del  nuovo  piano   di   rientro
presentato dalla Regione ai sensi  dell'art.  2,  comma  88,  secondo
periodo, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante  «Disposizioni
per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale  dello  Stato
(legge finanziaria 2010)»; 
    3)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 1, comma 2, 2, commi 1 e 2, 3, comma 1, 6,
comma 2, e 7, commi 1, 3  e  4,  del  d.l.  n.  150  del  2020,  come
convertito, promosse dalla Regione Calabria, in riferimento  all'art.
136 della Costituzione, con i ricorsi indicati in epigrafe; 
    4)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 1, comma 2, 2, commi 1 e 2, 3, comma 1, 6,
comma 2, e 7, commi 1, 3  e  4,  del  d.l.  n.  150  del  2020,  come
convertito, promosse dalla  Regione  Calabria,  in  riferimento  agli
artt. 32, 81, 118 e 119 Cost., con i ricorsi indicati in epigrafe; 
    5)  dichiara   inammissibili   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 3, comma 1, del d.l. n. 150 del  2020,  come
convertito, promosse dalla  Regione  Calabria,  in  riferimento  agli
artt. 81, terzo comma, 117, 119 e 121 Cost., con i  ricorsi  indicati
in epigrafe; 
    6)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 2, del d.l. n. 150 del  2020,  come
convertito,  promossa  dalla  Regione  Calabria,  in  riferimento  al
principio  di  leale  collaborazione,  con  i  ricorsi  indicati   in
epigrafe; 
    7)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 2, commi 1 e 2, 3, comma 1, 6, comma 2,  e
7, commi 1, 3 e 4,  del  d.l.  n.  150  del  2020,  come  convertito,
promosse dalla Regione Calabria, in riferimento agli  artt.  5,  117,
terzo e quarto comma, 120, secondo comma, e  121  Cost.,  nonche'  al
principio  di  leale  collaborazione,  con  i  ricorsi  indicati   in
epigrafe; 
    8)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 2, commi 1 e 2, e 7, comma 4,  del  d.l.  n.
150 del 2020, come convertito, promosse dalla  Regione  Calabria,  in
riferimento agli artt. 5, 117, terzo comma, 120 e 121  Cost.,  con  i
ricorsi indicati in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 giugno 2021. 
 
                                F.to: 
                   Giancarlo CORAGGIO, Presidente 
                      Luca ANTONINI, Redattore 
                    Filomena PERRONE, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 23 luglio 2021. 
 
                           Il Cancelliere 
                       F.to: Filomena PERRONE