N. 32 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 23 giugno 2021

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 23 giugno  2021  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Energia - Norme della Regione Abruzzo - Impianti alimentati da  fonti
  rinnovabili - Sospensione, nelle more dell'individuazione  in  sede
  amministrativa delle aree e dei siti inidonei, delle  installazioni
  non ancora autorizzate di specifici impianti  alimentati  da  fonti
  rinnovabili,  nelle  zone  agricole  caratterizzate  da  produzioni
  agroalimentari di qualita' e/o di particolare  pregio  rispetto  al
  contesto  paesaggistico-culturale  -  Previsione  che   la   Giunta
  regionale e' tenuta a proporre al Consiglio regionale lo  strumento
  di pianificazione entro e non oltre il 31 dicembre 2021. 
- Legge della Regione Abruzzo 23 aprile 2021, n. 8 (Esternalizzazione
  del servizio gestione degli archivi dei  Geni  Civili  regionali  e
  ulteriori disposizioni), art. 4. 
(GU n.31 del 4-8-2021 )
    Ricorso ex art. 127 della  Costituzione  per  il  Presidente  del
Consiglio   dei   ministri,   rappresentato   e   difeso   ex   lege,
dall'Avvocatura generale dello Stato  (codice  fiscale  80224030587),
per   il   ricevimento   degli   atti   fax   06-96514000   e    pec:
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it presso i cui uffici in Roma,  alla
via dei Portoghesi n. 12, domicilia; 
    Nei confronti della Regione Abruzzo, in  persona  del  presidente
p.t. per la  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  della
legge regionale 23 aprile 2021, n. 8, art. 4, pubblicata nel BLTR  n.
90 del 23 aprile 2021, giusta delibera consiliare del 17 giugno 2021. 
    La  legge  regionale  epigrafata,   che   reca   norme   per   la
esternalizzazione del servizio gestione degli archivi dei geni civili
regionali, nonche' ulteriori disposizioni, e' censurabile  in  quanto
la disposizione contenuta  nell'art.  4  risulta,  per  i  motivi  di
seguito specificati, in contrasto con gli  articoli  41,  97  e  117,
commi primo e terzo, della Costituzione. 
    Detta norma regionale e' costituzionalmente illegittima in quanto
contrastante con la potesta' legislativa concorrente  in  materia  di
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», i cui
principi fondamentali, per costante giurisprudenza di codesta  ecc.ma
Corte costituzionale, non tollerano eccezioni sull'intero  territorio
nazionale (da ultimo, Corte costituzionale sentenza n. 126/2020), nel
cui  ambito  i  principi  fondamentali  sono  dettati   dal   decreto
legislativo 28 dicembre  2003,  n.  387,  recante  «Attuazione  della
direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia  elettrica
prodotta  da  fonti  energetiche  rinnovabili  nel  mercato   interno
dell'elettricita'», che, e' notorio,  costituisce  parametro  statale
interposto. 
 
               In particolare, si rileva quanto segue 
 
    L'art.  4  della  legge  regionale  de  qua,  sotto  la   rubrica
«Disposizioni    urgenti    per    individuazione    aree    inidonee
all'installazione di impianti  da  fonti  rinnovabili»,  dispone  che
«Nelle more dell'individuazione in via amministrativa  delle  aree  e
dei siti inidonei all'installazione di specifici  impianti  da  fonti
rinnovabili,  cosi'  come  previsto  dal  decreto   ministeriale   10
settembre 2010  (Linee  guida  per  l'autorizzazione  degli  impianti
alimentati da fonti rinnovabili), sono sospese le  installazioni  non
ancora autorizzate di impianti di produzione  di  energia  eolica  di
ogni tipologia, le grandi installazioni di fotovoltaico posizionato a
terra e di impianti per il trattamento dei  rifiuti,  inclusi  quelli
soggetti ad edilizia libera, nelle zone  agricole  caratterizzate  da
produzioni  agroalimentari  di   qualita'   (produzioni   biologiche,
produzioni  D.O.P.,  I.G.P.,  S.T.G.,  D.O.C.,  D.O.C.G.,  produzioni
tradizionali)  e/o  di  particolare  pregio  rispetto   al   contesto
paesaggistico-culturale, al fine di non compromettere  o  interferire
negativamente con la valorizzazione delle  tradizioni  agroalimentari
locali e del paesaggio rurale» (comma 1). 
    Il comma 2, del citato art. 4, fissa, altresi',  al  31  dicembre
2021 il termine entro il  quale  la  giunta  regionale  e'  tenuta  a
proporre al consiglio regionale lo strumento di pianificazione di cui
al  comma  1.  Il  successivo  comma  3,  prevede,  infine,  che   le
sospensioni disposte ai sensi del comma 1 cessino qualora  la  Giunta
non adempia a quanto stabilito al comma 2. 
    Attraverso l'anzidetta disposizione, il legislatore regionale  ha
stabilito una  sospensione  dei  procedimenti  autorizzativi  per  la
costruzione ed esercizio di impianti alimentati da fonti  rinnovabili
ivi indicati (c.d. «moratoria») sino all'adozione dello strumento  di
pianificazione  teso  alla   individuazione   delle   aree   inidonee
all'installazione degli impianti  medesimi  e  comunque  sino  al  31
dicembre 2021. 
    A tal riguardo, occorre in limine evidenziare che la disposizione
in  esame,  nel  disciplinare  le  procedure  autorizzative  per   la
costruzione ed esercizio di impianti alimentati da fonti rinnovabili,
e'  da  ritenersi,  in  quanto  tale,  riconducibile   alla   materia
(attribuita alla potesta' legislativa concorrente ex art. 117,  comma
3  della  Costituzione)  «produzione,   trasporto   e   distribuzione
nazionale dell'energia», nel cui ambito i principi fondamentali  sono
dettati dal decreto legislativo n. 387 del 2003 (recante  «Attuazione
della direttiva  2001/77/CE  relativa  alla  promozione  dell'energia
elettrica prodotta  da  fonti  energetiche  rinnovabili  nel  mercato
interno dell'elettricita'») e, in specie, nell'ambito previsionale di
cui all' art. 12, norma interposta alla stregua dell'insegnamento  di
codesta ecc.ma Corte  costituzionale  (decisioni  n.  166/2014  e  n.
298/2013). 
    Detta norma, al comma 4, nel prevedere che l' autorizzazione alla
costruzione ed esercizio degli  impianti  di  produzione  di  energia
elettrica alimentati da fonti rinnovabili e'  rilasciata  nell'ambito
di un procedimento unico cui  partecipano  tutte  le  amministrazioni
interessate, svolto nel rispetto  dei  principi  di  semplificazione,
dispone che «(  ...)  il  termine  massimo  per  la  conclusione  del
procedimento unico non puo' essere superiore  a  novanta  giorni,  al
netto dei tempi previsti  dall'art.  26  del  decreto  legislativo  3
aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, per il provvedimento
di valutazione di impatto ambientale». 
    Cio' premesso, giova rilevare che l'indicazione  del  termine  di
conclusione del procedimento autorizzativo, di cui al citato art. 12,
comma 4,  assurge,  secondo  il  costante  orientamento  della  Corte
costituzionale, a principio fondamentale della materia,  dettato  dal
legislatore statale a salvaguardia delle esigenze di semplificazione,
celerita' nonche' di omogeneita' sull'intero territorio nazionale  ed
e' pertanto inderogabile da parte delle regioni (Corte costituzionale
sentenza n. 189 del 2014). 
    Nel  regolare,  difatti,  l'installazione   di   detti   impianti
attraverso un  procedimento  che  si  conclude  con  il  rilascio  di
un'autorizzazione unica (commi 3 e 4),  la  citata  norma  interposta
reca  un  principio  fondamentale  vincolante  per   il   legislatore
regionale (sentenze n. 224 del 2012, n. 192 del 2011, n. 124 del 2010
e  n.  282  del  2009),  essendo,  inoltre,  «ispirata  a  canoni  di
semplificazione» ed, in  quanto  tale  «finalizzata  a  rendere  piu'
rapida  la  costruzione  degli  impianti  di  produzione  di  energia
alternativa» (Corte costituzionale sentenza n. 344 del 2010). 
    La medesima natura di «principi fondamentali» e' stata,  inoltre,
riconosciuta anche alle linee guida previste dall'art. 12, comma  10,
del decreto legislativo n.  387  del  2003  emanate  con  il  decreto
ministeriale 10 settembre 2010, per lo svolgimento  del  procedimento
autorizzativo  unico,  in  quanto  esse   costituiscono   «necessaria
integrazione delle previsioni contenute nell'art.  12»  del  medesimo
decreto legislativo (Corte costituzionale sentenza n. 275 del 2012) e
la loro adozione «e' informata al principio di  leale  collaborazione
tra Stato e regioni» (Corte costituzionale sentenza n. 308 del 2011). 
    Ebbene, l'art. 4 della legge regionale impugnata,  nell'implicare
la sospensione del rilascio delle  autorizzazioni  degli  impianti  a
fonti rinnovabili nel territorio regionale, si traduce in un  effetto
di  procrastinazione  che  contravviene  al  principio   fondamentale
espresso dall'art. 12, comma 4 del decreto  legislativo  n.  387  del
2003, con conseguente illegittimita' per violazione dei limiti  della
competenza della regione  in  materia  di  «produzione,  trasporto  e
distribuzione nazionale dell'energia», ex art. 117,  comma  3,  della
Costituzione. 
    A tal riguardo giova richiamare la sentenza n. 364 del 2006 -  la
prima intervenuta sul tema  -  afferente  alla  legge  della  Regione
Puglia 11 agosto 2005, n. 9, con la quale il giudice delle  leggi  ha
affermato, per i profili che qui rilevano: 
    «E' illegittimo l'art. 1, comma 1 della legge regionale 11 agosto
2005, n.  9,  Puglia  (Moratoria  per  le  procedure  di  valutazione
d'impatto ambientale e per le procedure autorizzative in  materia  di
impianti  di  energia  eolica).  La  suddetta  legge  regionale   nel
disciplinare le procedure autorizzative in  materia  di  impianti  di
energia  eolica,  incide  sulla  materia  "produzione,  trasporto   e
distribuzione nazionale  dell'energia"  rientrante  nella  competenza
legislativa concorrente delle regioni, ai sensi dell'art. 117,  comma
3 della Costituzione. 
    I principi fondamentali in materia si ricavano dalla legislazione
statale e, attualmente, dal decreto legislativo 29 dicembre 2003,  n.
387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa  alla  promozione
dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili  nel
mercato interno dell'elettricita') (...). L'indicazione del  termine,
contenuto nell'art. 12, comma 4, deve  qualificarsi  quale  principio
fondamentale in materia di  "produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale dell'energia", in quanto tale disposizione risulta ispirata
alle regole della semplificazione amministrativa  e  della  celerita'
garantendo, in modo uniforme  sull'intero  territorio  nazionale,  la
conclusione   entro   un   termine    definito    del    procedimento
autorizzativo». 
    Occorre  aggiungere  che  il  richiamato  principio  fondamentale
sancito dall'art. 12, comma 4 del  decreto  legislativo  n.  387  del
2003, attuativo dell'art. 13 della direttiva n.  2009/28/CE,  secondo
cui «[g]li Stati membri assicurano che le norme nazionali in  materia
di procedure di autorizzazione [...] applicabili agli impianti  [...]
per  la  produzione  di  elettricita'  [...]  a  partire   da   fonti
energetiche rinnovabili ... siano  proporzionate  e  necessarie.  Gli
Stati membri  prendono  in  particolare  le  misure  appropriate  per
assicurare  che:  [...]  c)   le   procedure   amministrative   siano
semplificate e accelerate al livello amministrativo adeguato  [...]»,
risulta ora ripreso  dall'art.  15  della  direttiva  2018/2001/UE  a
tenore del quale gli Stati membri  sono  tenuti  ad  adottare  misure
appropriate  per  assicurare  che   siano   previste   procedure   di
autorizzazione semplificate e meno gravose per  la  produzione  e  lo
stoccaggio di energia da fonti rinnovabili, con la conseguenza che la
disposizione regionale qui  censurata  risulta  collidere  anche  con
detta disposizione sovranazionale e, suo  tramite,  con  l'art.  117,
primo comma, della Costituzione che impone alle regioni di esercitare
la potesta' legislativa anche nel rispetto dei vincoli comunitari. 
    Si sottolinea, infine, l'ulteriore contrasto  della  disposizione
regionale in esame, con gli articoli  97  e  41  della  Costituzione,
nella misura in cui la sospensione del potere autorizzativo  relativo
a un'attivita' non solo consentita, ma anche promossa  e  incentivata
dall'ordinamento  nazionale  ed  europeo,  costituirebbe   un   grave
ostacolo  all'iniziativa  economica  nel   campo   della   produzione
energetica da fonti rinnovabili. 
    In tale contesto, si richiama la sentenza del 26 luglio 2018,  n.
177, con  cui  codesta  ecc.ma  Corte  costituzionale  ha  dichiarato
l'illegittimita' dell'art. 15, comma 3 della legge  Regione  Campania
n. 6/2016. 
    Nell'ambito della citata pronuncia  la  Corte,  nel  rilevare  il
contrasto della norma impugnata con l'art. 117,  primo  comma,  della
Costituzione - anche per il sostanziale contrasto con la prescrizione
dell'art. 13 della direttiva 2009/28/CE - rileva, altresi',  che  «la
normativa comunitaria promuove [...] il maggiore ricorso  all'energia
da fonti rinnovabili, espressamente collegandolo alla  necessita'  di
ridurre le emissioni di gas ad  effetto  serra,  e  dunque  anche  al
rispetto del protocollo  di  Kyoto  della  convenzione  quadro  delle
Nazioni unite  sui  cambiamenti  climatici,  in  una  prospettiva  di
modifica radicale della politica energetica  dell'Unione.  [...].  In
una diversa, non meno importante, direzione, la normativa comunitaria
ha  richiesto  agli  Stati  membri  di  semplificare  i  procedimenti
autorizzatori» (sentenza n. 275 del 2012). 
    Il  percorso   di   regolamentazione   settoriale   a   carattere
eurounitario avviato dalla menzionata direttiva  2001/77/CE,  cui  e'
stata data attuazione con il decreto legislativo n. 387 del 2003,  si
e' poi ulteriormente sviluppato ed ampliato attraverso  la  direttiva
2009/28/CE, sostitutiva della precedente, che ha ricevuto  attuazione
con il decreto legislativo 3 marzo  2011,  n.  28  (Attuazione  della
direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da  fonti
rinnovabili,  recante  modifica  e   successiva   abrogazione   delle
direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE). 
    L'anzidetta normativa europea, come strutturata, da un lato esige
che la procedura amministrativa si ispiri a canoni di semplificazione
e rapidita' - esigenza cui risponde il procedimento di autorizzazione
unica - e, dall'altro, richiede che in  tale  contesto  confluiscano,
per essere ponderati,  gli  interessi  correlati  alla  tipologia  di
impianto, quale, nel caso di impianti  energetici  da  fonte  eolica,
quello, potenzialmente  confliggente,  della  tutela  del  territorio
nella dimensione paesaggistica. 
    La  sospensione  disposta  in  via  generale  dalla  disposizione
censurata collide con le norme di principio della legge nazionale  in
materia  di  «produzione,   trasporto   e   distribuzione   nazionale
dell'energia» e con le ricordate norme europee che, per i termini  in
cui  sono  formulate,   mostrano   chiaramente   di   non   tollerare
condizionamenti anche se  giustificati  da  un'asserita  esigenza  di
tutela dell'ambiente. 
    La  moratoria  prevista  s'inserisce,  dunque,  in  una   cornice
normativa interna e sovranazionale  connotata  dalla  presenza  degli
evidenziati principi e criteri direttivi  che  impediscono  l'arresto
dei  procedimenti  autorizzatori  in  nome  della   salvaguardia   di
interessi ulteriori, i quali possono comunque trovare  considerazione
nel  contesto  procedimentale  unificato,  attraverso  una   concreta
ponderazione della fattispecie in sede amministrativa. 
    Con la  sospensione  del  rilascio  di  nuove  autorizzazioni  la
regione ha, pertanto, alterato il  contesto  normativo  esistente  al
momento della presentazione della richiesta di autorizzazione  unica,
caratterizzato da una tempistica certa e celere, in coerenza  con  il
particolare favor riconosciuto  alle  fonti  energetiche  rinnovabili
dalla disciplina interna e sovranazionale. 
    Ne deriva che, sotto  tale  profilo,  la  norma  in  esame  della
Regione Abruzzo colpisce l'interesse del richiedente alla  tempestiva
disamina dell'istanza, che concorre a influenzare la relativa  scelta
di sfruttamento imprenditoriale, la cui posizione non consiste in  un
diritto al  rilascio  dell'autorizzazione,  bensi'  in  un  interesse
qualificato all'esame dell'istanza a legislazione vigente, secondo il
procedimento valutativo integrato in precedenza descritto. 
    Per dette ragioni si evidenzia dunque la fondatezza della censura
posta in riferimento all'art. 97 della Costituzione. 
    In merito alla disciplina degli  impianti  da  fonte  di  energia
rinnovabile, la stessa giurisprudenza costituzionale  ha  evidenziato
che «[e'] nella sede procedimentale [...] che puo' e deve avvenire la
valutazione  sincronica  degli   interessi   pubblici   coinvolti   e
meritevoli di tutela, a confronto sia con  l'interesse  del  soggetto
privato operatore  economico,  sia  ancora  (e  non  da  ultimo)  con
ulteriori  interessi  di  cui  sono  titolari  singoli  cittadini   e
comunita',  e  che  trovano  nei  principi  costituzionali  la   loro
previsione e tutela. La struttura  del  procedimento  amministrativo,
infatti, rende possibile  l'emersione  di  tali  interessi,  la  loro
adeguata prospettazione, nonche'  la  pubblicita'  e  la  trasparenza
della loro valutazione, in attuazione dei principi di cui all'art.  1
della legge 7  agosto  1990,  n.  241  (Nuove  norme  in  materia  di
procedimento amministrativo e di  diritto  di  accesso  ai  documenti
amministrativi): efficacia, imparzialita', pubblicita' e trasparenza.
Viene in tal modo garantita, in primo  luogo,  l'imparzialita'  della
scelta, alla stregua dell'art. 97 della Costituzione, ma poi anche il
perseguimento, nel modo piu'  adeguato  ed  efficace,  dell'interesse
primario,  in   attuazione   del   principio   del   buon   andamento
dell'amministrazione, di cui allo stesso art. 97 della  Costituzione»
(sentenza n. 69 del 2018). 
    La  scelta  della  norma  censurata,  quindi,  di  sospendere  il
rilascio dell'autorizzazione unica non solo trascura completamente le
istanze recate dalle normative europea  e  nazionale  precedentemente
richiamate, ma paralizza - seppur momentaneamente - la stessa sede in
cui tutti gli  interessi  coinvolti  debbono  confluire  per  trovare
adeguato contemperamento onde garantire il buon andamento dell'azione
amministrativa. 
    Con riferimento, poi, al rilevato contrasto con l'art.  41  della
Costituzione, come da codesta ecc.ma Corte rilevato nella sentenza n.
177 del 2018, la norma  regionale  che  si  contesta,  prevedendo  la
sospensione del rilascio di nuove autorizzazioni per impianti eolici,
ha  alterato  il  contesto  normativo  esistente  al  momento   della
presentazione della richiesta di autorizzazione unica, caratterizzato
da una tempistica certa e celere,  in  coerenza  con  il  particolare
favor  riconosciuto  alle   fonti   energetiche   rinnovabili   dalla
disciplina interna e sovranazionale. 
    Sotto tale profilo essa  sacrifica  l'interesse  del  richiedente
alla tempestiva disamina dell'istanza, che concorre a influenzare  la
scelta di sfruttamento imprenditoriale. Occorre al riguardo precisare
che la posizione del  richiedente  non  consiste  in  un  diritto  al
rilascio dell'autorizzazione,  bensi'  in  un  interesse  qualificato
all'esame   dell'istanza   a   legislazione   vigente,   secondo   il
procedimento valutativo integrato precedentemente descritto. 
    Dunque, «il legislatore  regionale  ha  inserito  una  norma  non
coordinata, sotto il  profilo  [...]  temporale,  con  l'esigenza  di
concentrare   [i]   tempi   [...]   degli   accertamenti   confluenti
nell'autorizzazione finale.  Il  risultato  di  tale  operazione  non
conforme  al  dettato  costituzionale  e'  quello   di   penalizzare,
attraverso non ordinati  "schermi  burocratici"  [...]  le  strategie
industriali di settore,  che  non  possono  prescindere  dal  fattore
tempo» (sentenza n. 267 del 2016). 
    Ne'  la  moratoria  puo'  essere  giustificata  con   diverso   e
qualificato interesse d'ordine generale poiche', alla luce di  quanto
in precedenza evidenziato, l'interesse  alla  tutela  del  territorio
nella  dimensione   paesaggistica   trova   adeguata   valorizzazione
all'interno degli schemi  procedimentali  tipizzati  dal  legislatore
competente. 
    Alla luce dei suesposti indirizzi interpretativi, si conclude nel
senso della illegittimita' della disposizione censurata  riguardo  ai
parametri evocati, atteso che la ivi disposta  moratoria  non  appare
giustificabile  in  considerazione  della  circostanza  che  siffatti
impianti  siano  da  ubicarsi  in  zone  agricole  caratterizzate  da
produzioni  agro-alimentari  di  qualita'   (produzioni   biologiche,
produzioni  D.O.P.,  I.G.P.,  S.T.G.,  D.O.C.,  D.O.C.G.,  produzioni
tradizionali)  e/o  di  particolare  pregio  rispetto   al   contesto
paesaggistico-culturale. 
    Al riguardo e' sufficiente osservare che la destinazione agricola
di un'area  non  costituisce,  in  linea  generale  ed  aprioristica,
elemento ostativo all'installazione di impianti a fonti  rinnovabili,
richiamandosi in  tal  senso  l'art.  12,  comma  7  del  piu'  volte
menzionato decreto legislativo n. 387 del 2003  prevedente,  appunto,
che «gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all'art.
2, comma 1, lettere b) e c), possono essere  ubicati  anche  in  zone
classificate agricole dai vigenti piani urbanistici.  Nell'ubicazione
si dovra' tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno  nel
settore agricolo, con  particolare  riferimento  alla  valorizzazione
delle   tradizioni   agroalimentari   locali,   alla   tutela   della
biodiversita', cosi' come del patrimonio culturale  e  del  paesaggio
rurale (...)». 
    Come a tal riguardo precisato dalla giurisprudenza del  Consiglio
di Stato «Appare evidente come il legislatore, nel rendere  possibile
l'ubicazione di impianti di  produzione  di  energia  anche  in  zone
classificate agricole, non intende consentire, in via  generalizzata,
la possibilita' di ubicare impianti, per cosi'  dire  "a  discrezione
del privato", derogando  alle  destinazioni  impresse  al  territorio
dagli strumenti  urbanistici.  La  disposizione  in  esame,  infatti,
contiene una "possibilita'", offerta alla regione in sede di rilascio
di autorizzazione unica regionale di consentire l'ubicazione anche in
zone classificate agricole dagli strumenti urbanistici regionali,  ed
a tal fine indica alla medesima regione una  serie  di  elementi  dei
quali la stessa deve tener conto, laddove intenda determinarsi a tale
scelta. In definitiva, l'art. 12, comma 7  non  prevede  affatto  una
immediata possibilita' di deroga alla zonizzazione  comunale,  ma  si
limita  a  non  impedire  che  cio'  possa  avvenire  qualora  -  nel
bilanciamento degli interessi pubblici presenti e tenuto conto  degli
elementi indicati dal legislatore - si ritenga che la  ubicazione  in
zona agricola  risulti  ragionevole  ed  opportuna»  (cfr.  sez.  IV,
sentenza 22 marzo 2017, n. 1298). Quanto  precede,  trova,  altresi',
puntuale conferma nell'ambito delle anzidette linee  guida  nazionali
per l'autorizzazione degli impianti in esame, approvate  con  decreto
ministeriale 10 settembre 2010,  che,  al  paragrafo  17  («Aree  non
idonee»), dispongono che le regioni possano individuare «aree e  siti
non idonei alla installazione di specifiche tipologie  di  impianti»,
secondo le modalita' di cui  al  presente  punto  e  sulla  base  dei
criteri di cui all'allegato 3. 
    L'individuazione della non idoneita' dell'area e'  operata  dalle
regioni attraverso  un'apposita  istruttoria  avente  ad  oggetto  la
ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell'ambiente,  del
paesaggio, del  patrimonio  storico  e  artistico,  delle  tradizioni
agroalimentari locali, della biodiversita' e  del  paesaggio  rurale,
che  identificano  obiettivi  di  protezione  non   compatibili   con
l'insediamento, in determinate  aree,  di  specifiche  tipologie  e/o
dimensioni  di  impianti,   i   quali   determinerebbero,   pertanto,
un'elevata probabilita' di esito negativo delle valutazioni, in  sede
di autorizzazione. 
    Occorre, infine, porre in  rilievo  che,  sulla  base  di  quanto
disposto dal citato allegato 3 (Criteri per l'individuazione di  aree
non idonee, lettera c): «ai sensi dell'art.  12,  comma  7,  le  zone
classificate agricole  dai  vigenti  piani  urbanistici  non  possono
essere genericamente considerate aree e siti non idonei». 
 
                              P. Q. M. 
 
    Si chiede che la ecc.ma Corte costituzionale voglia accogliere il
presente ricorso statuendo l'incostituzionalita'  dell'art.  4  della
legge regionale n. 8/2021. 
    Si deposita  l'attestazione  del  deliberato  consiliare  del  17
giugno 2021. 
      Roma, 21 giugno 2021 
 
          Il Vice Avvocato Generale dello Stato: Figliolia