N. 177 SENTENZA 7 - 30 luglio 2021

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Energia - Norme della Regione Toscana - Disposizioni  in  materia  di
  installazione di impianti di produzione  di  energia  elettrica  da
  fonti  rinnovabili  di  energia  nelle  aree  rurali  -   Possibile
  realizzazione di impianti fotovoltaici a terra  fino  alla  potenza
  massima, per ciascun  impianto,  di  8.000  chilowatt  elettrici  -
  Rilascio dell'autorizzazione unica alla  costruzione  ed  esercizio
  degli impianti fotovoltaici a terra di potenza  superiore  a  1.000
  chilowatt elettrici previa  intesa  con  il  Comune,  o  i  Comuni,
  interessati  dall'impianto  -   Applicazione   delle   disposizioni
  suindicate anche ai procedimenti in corso - Violazione dei principi
  fondamentali  nella   materia   della   produzione,   trasporto   e
  distribuzione    nazionale    dell'energia     -     Illegittimita'
  costituzionale. 
- Legge della Regione Toscana 7 agosto 2020, n. 82, art. 2, commi  1,
  2 e 3,  rispettivamente  introduttivi  dei  commi  1-bis,  1-ter  e
  1-quater nell'art. 9 della legge della  Regione  Toscana  21  marzo
  2011, n. 11. 
- Costituzione, art. 117, terzo comma. 
(GU n.31 del 4-8-2021 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giancarlo CORAGGIO; 
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'
  ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca   ANTONINI,   Stefano
  PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela  NAVARRETTA,  Maria  Rosaria  SAN
  GIORGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 1,
2 e 3 della  legge  della  Regione  Toscana  7  agosto  2020,  n.  82
(Disposizioni relative alle  linee  guida  regionali  in  materia  di
economia circolare e all'installazione degli impianti fotovoltaici  a
terra. Modifiche alla l.r. 34/2020 e alla l.r. 11/2011), promosso dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il  9-13
ottobre 2020, depositato in cancelleria il 13 ottobre 2020,  iscritto
al n. 94 del  registro  ricorsi  2020  e  pubblicato  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 47,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2020. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Toscana; 
    udita  nell'udienza  pubblica  del  7  luglio  2021  la   Giudice
relatrice Emanuela Navarretta; 
    uditi  l'avvocato  dello  Stato  Giovanni   Palatiello   per   il
Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Marcello Cecchetti
per la Regione Toscana; 
    deliberato nella camera di consiglio del 7 luglio 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 9-13 ottobre 2020 e  depositato  il
13 ottobre 2020 (reg.  ric.  n.  94  del  2020),  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  ha  promosso   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 2, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione
Toscana 7 giugno 2020, n. 82 (Disposizioni relative alle linee  guida
regionali in materia di economia circolare e all'installazione  degli
impianti fotovoltaici a terra. Modifiche alla  l.r.  34/2020  e  alla
l.r. 11/2011),  in  riferimento  all'art.  117,  terzo  comma,  della
Costituzione, relativamente all'art. 12 del  decreto  legislativo  29
dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa
alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti  energetiche
rinnovabili  nel  mercato  interno  dell'elettricita'),  nonche'   al
decreto del Ministro  dello  sviluppo  economico  10  settembre  2010
(Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da  fonti
rinnovabili). 
    2.- L'impugnato art. 2, comma 1, della legge reg. Toscana  n.  82
del 2020 aggiunge all'art. 9 della legge regionale Toscana  21  marzo
2011, n. 11, recante «Disposizioni in  materia  di  installazione  di
impianti di produzione di energia elettrica da fonti  rinnovabili  di
energia. Modifiche alla legge  regionale  24  febbraio  2005,  n.  39
(Disposizioni in materia di energia) e alla legge regionale 3 gennaio
2005, n. 1 (Norme per il governo del  territorio)»,  un  nuovo  comma
1-bis, che prevede quanto segue: «[f]atte salve le  aree  individuate
all'articolo 5, nelle aree  rurali  come  definite  dall'articolo  64
della legge regionale 10 novembre 2014, n. 65 (Norme per  il  governo
del territorio) e identificate negli strumenti  della  pianificazione
territoriale e negli altri atti di governo del territorio di cui alla
stessa  L.R.  65/2014,  e'  ammessa  la  realizzazione  di   impianti
fotovoltaici a terra fino alla potenza massima, per ciascun impianto,
di 8.000 chilowatt elettrici». 
    2.1.-  Ad  avviso  dell'Avvocatura  generale,   la   disposizione
impugnata introdurrebbe «con riguardo alle aree rurali - fatte  salve
le aree urbanizzate destinate ad insediamenti produttivi, commerciali
e servizi - un limite di  potenza  ai  fini  della  realizzazione  di
impianti  fotovoltaici  a   terra,   con   il   conseguente   divieto
d'installazione per tutti gli impianti di potenza superiore a  quella
definita normativamente». 
    Tale previsione  contrasterebbe  con  l'art.  117,  terzo  comma,
Cost., in riferimento all'art. 12 del d.lgs. n. 387  del  2003  e  al
citato d.m. 10 settembre 2010 (d'ora in avanti: Linee guida), recanti
principi  fondamentali   della   materia   concorrente   «produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia». 
    In particolare, l'indicato art. 12, al comma  7,  stabilisce  che
gli impianti di  produzione  di  energia  elettrica  «possono  essere
ubicati  anche  in  zone  classificate  agricole  dai  vigenti  piani
urbanistici». 
    Ad  avviso  del  ricorrente,  questo  non  comporterebbe  -  come
confermato dalla giurisprudenza amministrativa (Consiglio  di  Stato,
sezione quarta, sentenza 22 marzo 2017, n.  1298)  -  una  automatica
«possibilita' di ubicare impianti, per cosi' dire "a discrezione  del
privato", derogando alle destinazioni impresse  dal  territorio  agli
strumenti urbanistici», quanto piuttosto permetterebbe «alla  Regione
in sede di  rilascio  di  autorizzazione  unica  regionale  [...]  di
consentire  l'ubicazione  anche  in  zone   classificate   agricole»,
«qualora - nel bilanciamento  degli  interessi  pubblici  presenti  e
tenuto conto degli elementi indicati dal legislatore - si ritenga che
l'ubicazione in zona agricola sia opportuna». 
    Cio' confermerebbe - nella prospettazione del ricorrente  -  che,
nel quadro normativo statale, la destinazione agricola di un'area non
costituisce  di  per  se'  e  in  via  generale   elemento   ostativo
all'installazione  di  particolari  tipologie  di  impianti,  potendo
tutt'al  piu'  escludere   l'accesso   agli   incentivi   (art.   65,
decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1,  recante  «Disposizioni  urgenti
per  la  concorrenza,  lo  sviluppo   delle   infrastrutture   e   la
competitivita'», convertito, con modificazioni, nella legge 24  marzo
2012, n. 27). 
    Di  conseguenza,  l'Avvocatura  generale  censura  la  previsione
regionale  che,  viceversa,  impedirebbe,  in   aree   agricole,   la
realizzazione di impianti fotovoltaici superiori  a  una  determinata
soglia di potenza. 
    La   disposizione   impugnata   -   secondo   il   ricorrente   -
contrasterebbe inoltre con le citate Linee guida, le  quali,  secondo
l'orientamento costante di  questa  Corte,  condividerebbero  con  il
citato art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 la  qualifica  di  principi
fondamentali della materia  «produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale dell'energia», e sarebbero, dunque, vincolanti per tutte le
Regioni (sono citate le sentenze n. 86 e n. 286 del 2019, n.  68  del
2018 e n. 13 del 2014). 
    Il combinato disposto dell'art. 12, comma 7, del  d.lgs.  n.  387
del  2003  e  delle  Linee  guida  dovrebbe,  pertanto,  condurre   a
confermare «il costante orientamento» di questa Corte nel segno della
«illegittimita'  di  previsioni  regionali  che  sanciscano,  in  via
generale ed astratta, la non idoneita' di intere aree  di  territorio
ovvero   impongano   limitazioni   in   maniera   generalizzata    ed
aprioristica». Simili previsioni impedirebbero infatti -  secondo  la
sentenza n. 13 del 2014 citata in ricorso - «un'adeguata  tutela  dei
molteplici e rilevanti interessi coinvolti»,  «in  contrasto  con  il
principio, di derivazione europea,  della  massima  diffusione  degli
impianti da fonti di energia rinnovabili». 
    3.- La seconda disposizione impugnata, l'art. 2, comma  2,  della
legge reg. Toscana n. 82 del 2020, aggiunge, a sua volta, all'art.  9
della legge reg. Toscana n. 11 del 2011  un  nuovo  comma  1-ter,  il
quale dispone quanto segue: «[n]elle aree rurali di cui  al  comma  1
bis, per gli impianti fotovoltaici a terra  di  potenza  superiore  a
1.000 chilowatt elettrici l'autorizzazione unica alla costruzione  ed
esercizio e' rilasciata previa  intesa  con  il  comune  o  i  comuni
interessati dall'impianto». 
    L'Avvocatura generale ritiene che tale  previsione  introduca  un
sistema autorizzatorio diverso  rispetto  a  quello  disegnato  dalla
disciplina statale. 
    Ad  avviso  della  difesa  erariale,  il  procedimento   per   la
costruzione e per l'esercizio degli impianti di produzione di energia
elettrica alimentati da fonti rinnovabili, nonche' per gli interventi
di modifica e di realizzazione delle  opere  e  delle  infrastrutture
connesse, sarebbe regolato  secondo  il  modello  dell'autorizzazione
unica, in modo chiaro e inderogabile, dalle seguenti fonti: l'art. 12
del d.lgs. n. 387 del 2003, gli artt. 5 e 6 del decreto legislativo 3
marzo 2011,  n.  28  (Attuazione  della  direttiva  2009/28/CE  sulla
promozione  dell'uso  dell'energia  da  fonti  rinnovabili,   recante
modifica  e  successiva  abrogazione  delle  direttive  2001/77/CE  e
2003/30/CE), che al medesimo art. 12 si richiamano, nonche' le citate
Linee guida. 
    In particolare, l'Avvocatura generale sostiene che, sulla base di
tale complesso normativo, emergerebbe una vocazione della  conferenza
dei servizi, convocata dalla Regione o dalla Provincia  delegata,  ad
attrarre  «tutti  gli  apporti  amministrativi   necessari   per   la
costruzione e l'esercizio dell'impianto, delle opere connesse e delle
infrastrutture indispensabili» (paragrafo 14.1 delle Linee guida). 
    Diversamente - secondo il ricorrente - la disposizione  regionale
impugnata imporrebbe, con riguardo agli impianti di potenza superiore
a 1.000  chilowatt  elettrici,  una  disciplina  che  impedirebbe  il
rilascio  dell'autorizzazione  unica  «in  difetto  della  preventiva
intesa con il Comune». 
    Tale norma altererebbe il quadro delle competenze  amministrative
definito  dai  principi  statali,  che  vedrebbero   vanificati   gli
obiettivi di semplificazione e di razionalizzazione perseguiti per il
tramite dell'autorizzazione unica. 
    L'Avvocatura generale, in sostanza, ritiene che, nel quadro della
disciplina dettata  delle  norme  statali  di  principio,  il  Comune
disporrebbe «della possibilita' di rappresentare  l'eventuale  regime
vincolistico vigente a livello locale», ma potrebbe  esercitare  tale
facolta' «solo nell'ambito  della  conferenza  dei  servizi,  la  cui
funzione e' quella di comporre, in  un  unico  deliberato,  l'insieme
degli interessi,  anche  variegati,  espressi  dalle  amministrazioni
coinvolte». 
    4.-  Da  ultimo,  il  ricorrente  afferma   che   i   motivi   di
illegittimita'  costituzionale   evidenziati   con   riferimento   ai
menzionati commi 1 e 2 dell'art. 2 della legge reg. Toscana n. 82 del
2020 si estendono, «e per certi versi si amplificano»,  con  riguardo
al comma 3 del medesimo articolo della  stessa  legge  regionale.  La
citata  disposizione,  intervenendo  sull'art.  9  della  legge  reg.
Toscana n. 11 del 2011, inserisce un nuovo comma 1-quater,  il  quale
stabilisce che: «Le disposizioni di cui ai commi 1 bis  e  1  ter  si
applicano anche ai procedimenti in corso  alla  data  di  entrata  in
vigore del presente comma, relativi all'autorizzazione unica  di  cui
all'articolo 12 del decreto legislativo  29  dicembre  2003,  n.  387
(Attuazione  della  direttiva  2001/77/CE  relativa  alla  promozione
dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili  nel
mercato interno dell'elettricita') o al provvedimento  autorizzatorio
unico regionale di cui all'articolo 27 bis del decreto legislativo  3
aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale)». 
    Ad avviso del ricorrente, la  disposizione  regionale  impugnata,
«in mancanza di una norma transitoria, estende  la  nuova  disciplina
anche ai procedimenti gia' avviati imponendo agli operatori economici
un radicale cambio di prospettiva con il probabile azzeramento  delle
procedure in corso  e  con  una  sensibile  alterazione  dell'assetto
regolatorio». 
    5.- Si e' costituita in giudizio la  Regione  Toscana,  chiedendo
che il ricorso sia dichiarato non fondato. 
    5.1.- Con riferimento alle censure che investono l'art. 2,  comma
1, della legge reg. Toscana n.  82  del  2020,  la  difesa  regionale
chiarisce che il legislatore toscano  non  avrebbe  inteso  porre  un
limite alla possibilita' di installare  impianti  fotovoltaici  nelle
aree rurali, bensi' avrebbe solo introdotto  un  dimensionamento  dei
singoli impianti, escludendo che in tali aree essi possano avere  una
potenza massima superiore a 8.000 chilowatt elettrici. 
    Secondo la resistente, dunque, le censure sarebbero  infondate  e
la disposizione impugnata sarebbe diversa  da  quelle  oggetto  delle
sentenze di questa Corte citate  in  ricorso,  trattandosi,  in  quei
casi, di norme che prevedevano  divieti  assoluti  di  localizzazione
degli impianti. 
    Per  converso,  ad  avviso  della  difesa  regionale,  la   norma
censurata  costituirebbe  «una   puntualizzazione,   una   norma   di
dettaglio» del principio, secondo cui, pur essendo le  aree  agricole
generalmente compatibili con l'istallazione di impianti fotovoltaici,
tale compatibilita' non  sarebbe  assoluta.  La  norma  regionale  si
limiterebbe,  in  sostanza,  a  impedire,  nelle  aree   rurali,   la
realizzazione degli impianti in  assoluto  piu'  impattanti,  a  fini
puramente conservativi del paesaggio rurale toscano,  in  conformita'
con la giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 166  del  2014)  e
con le Linee guida (paragrafo 17). 
    5.2.- Quanto alle censure che investono l'art. 2, comma 2,  della
legge  reg.  Toscana  n.  82  del  2020,  la  Regione  osserva   che,
contrariamente a quanto dedotto dalla parte ricorrente, l'intesa  con
il Comune o con i Comuni interessati  non  introdurrebbe  un  sistema
autorizzatorio diverso rispetto a quello  disegnato  dal  legislatore
statale. 
    Tale  intesa,  secondo  la  richiamata  prospettazione,  potrebbe
essere acquisita nell'ambito della conferenza dei servizi,  ai  sensi
dell'art. 12, comma 3, del  d.lgs.  n.  387  del  2003,  sicche'  non
sarebbero  modificati  i   termini   statali   di   conclusione   del
procedimento per il rilascio dell'autorizzazione. 
    Il legislatore regionale,  anche  in  tal  caso,  avrebbe  inteso
contemplare  una  disposizione  di  dettaglio,  finalizzata  solo   a
rimarcare   il   ruolo   centrale   del   Comune   nel   procedimento
autorizzatorio,  in  ragione  delle   sue   competenze   in   materia
urbanistica e di tutela ambientale. 
    5.3.- Da ultimo, secondo la Regione, e' da ritenere  non  fondata
anche la questione promossa in relazione all'art. 2, comma  3,  della
legge reg. Toscana n. 82 del 2020. 
    La citata disposizione,  contrariamente  a  quanto  ritenuto  dal
ricorrente, recepirebbe un  principio  affermato  in  dottrina  e  in
giurisprudenza, in base al quale la  norma  sopravvenuta  costituisce
diritto applicabile da parte dell'amministrazione, nel  caso  in  cui
non sia stato ancora adottato il provvedimento finale.  Non  sarebbe,
infatti, corretto «considerare l'assetto normativo cristallizzato  in
via definitiva alla data dell'atto che  vi  ha  dato  avvio,  con  la
conseguenza che la legittimita' del provvedimento adottato al termine
di un procedimento avviato ad istanza di parte deve  essere  valutata
con riferimento alla disciplina vigente al  tempo  in  cui  e'  stato
adottato il provvedimento finale» (cosi' Consiglio di Stato,  sezione
quinta, sentenza 10 aprile 2018, n.  2171,  riportata  nella  memoria
regionale). 
    6.- In data 15 giugno  2021,  il  ricorrente  ha  depositato  una
memoria integrativa, nella  quale  ha  ribadito  gli  argomenti  gia'
svolti e ha contestato le difese della Regione. 
    6.1.- In riferimento  all'art.  2,  comma  1,  della  legge  reg.
impugnata, la difesa erariale  insiste  nel  rilevare  che  la  norma
avrebbe «introdotto in via legislativa un divieto di installazione di
impianti fotovoltaici a terra di potenza superiore ad una determinata
soglia, valevole, in via  generale,  astratta  ed  aprioristica,  non
previsto  dalla  disciplina  statale».  Precisa,  inoltre,   che   la
disposizione impugnata non rispetterebbe il «necessario  procedimento
amministrativo di pianificazione e/o programmazione» con  conseguente
violazione  «della  necessaria  istruttoria»  e  «senza   un'adeguata
valutazione in concreto dei luoghi in sede procedimentale». 
    6.2.- Con riguardo alla questione promossa in relazione  all'art.
2, comma 2, della medesima legge  reg.,  il  ricorrente  contesta  la
possibilita', evocata dalla difesa regionale, di considerare l'intesa
come uno degli atti che possono essere  acquisiti  nell'ambito  della
conferenza dei servizi. Ad avviso dell'Avvocatura generale,  «ove  si
voglia  attribuire  un  senso  ed  un'utilita'  concreta  alla  norma
regionale impugnata», sarebbe inevitabile  riconoscere  che  l'intesa
con il Comune «e' un atto ulteriore e diverso rispetto  agli  assensi
da acquisire nella conferenza dei servizi». 
    6.3.- Infine, in relazione alla questione promossa sul  comma  3,
il ricorrente ribadisce che, «in disparte la lesione delle  legittime
aspettative degli operatori economici in relazione alle istanze  gia'
presentate»,  la  norma  sarebbe  «affetta  dagli  stessi   vizi   di
illegittimita' costituzionale denunciati a carico dei  commi  1  e  2
dell'articolo  2».   Di   conseguenza,   a   seguito   dell'eventuale
accoglimento  delle  questioni  promosse  in   riferimento   a   tali
disposizioni, il comma 3 «rimarrebbe privo di  autonomo  significato,
[sicche'] che la Corte dovrebbe  comunque  dichiararne  d'ufficio  la
illegittimita' costituzionale in via consequenziale ex art. 27  della
L. n. 87/1953». 
    7.- All'udienza pubblica del 7 luglio 2021 sono  intervenuti  sia
l'Avvocatura generale dello Stato sia la difesa regionale, che  hanno
insistito per l'accoglimento delle rispettive conclusioni  rassegnate
negli scritti difensivi. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 9-13 ottobre 2020 e  depositato  il
13 ottobre 2020 (reg.  ric.  n.  94  del  2020),  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  ha  promosso   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 2, commi 1, 2 e 3, della legge della Regione
Toscana 7 giugno 2020, n. 82 (Disposizioni relative alle linee  guida
regionali in materia di economia circolare e all'installazione  degli
impianti fotovoltaici a terra. Modifiche alla  l.r.  34/2020  e  alla
l.r. 11/2011),  in  riferimento  all'art.  117,  terzo  comma,  della
Costituzione, relativamente all'art. 12 del  decreto  legislativo  29
dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa
alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti  energetiche
rinnovabili  nel  mercato  interno  dell'elettricita'),  nonche'   al
decreto del Ministro  dello  sviluppo  economico  10  settembre  2010
(Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da  fonti
rinnovabili). 
    2.- L'impugnato art. 2, comma 1, della legge reg. Toscana  n.  82
del 2020 aggiunge  un  nuovo  comma  1-bis  all'art.  9  della  legge
regionale Toscana 21 marzo 2011,  n.  11,  recante  «Disposizioni  in
materia  di  installazione  di  impianti  di  produzione  di  energia
elettrica da fonti  rinnovabili  di  energia.  Modifiche  alla  legge
regionale 24  febbraio  2005,  n.  39  (Disposizioni  in  materia  di
energia) e alla legge regionale 3 gennaio 2005, n. 1  (Norme  per  il
governo del territorio)». 
    La novella  prevede  che:  «[f]atte  salve  le  aree  individuate
all'articolo 5, nelle aree  rurali  come  definite  dall'articolo  64
della legge regionale 10 novembre 2014, n. 65 (Norme per  il  governo
del territorio) e identificate negli strumenti  della  pianificazione
territoriale e negli altri atti di governo del territorio di cui alla
stessa  L.R.  65/2014,  e'  ammessa  la  realizzazione  di   impianti
fotovoltaici a terra fino alla potenza massima, per ciascun impianto,
di 8.000 chilowatt elettrici». 
    2.1.- Ad avviso  del  ricorrente,  tale  disposizione  violerebbe
l'art. 117, terzo comma, Cost., in relazione all'art. 12, commi  7  e
10, del d.lgs. n. 387 del 2003 e al correlato d.m. 10 settembre  2010
(d'ora in avanti: Linee guida). 
    La previsione impugnata  introdurrebbe,  infatti,  «con  riguardo
alle  aree  rurali  [...]  un  limite  di  potenza  ai   fini   della
realizzazione di impianti fotovoltaici a terra,  con  il  conseguente
divieto d'installazione per tutti gli impianti di potenza superiore a
quella definita normativamente». 
    3.- La questione e' fondata. 
    3.1.- Secondo la giurisprudenza  costante  di  questa  Corte,  la
disciplina dei regimi abilitativi degli impianti alimentati da  fonti
rinnovabili, riconducibile  alla  materia  «produzione,  trasporto  e
distribuzione nazionale dell'energia» (art. 117, terzo comma, Cost.),
deve conformarsi ai principi fondamentali, previsti dal d.lgs. n. 387
del 2003, nonche', in attuazione del suo art.  12,  comma  10,  dalle
menzionate Linee guida (ex plurimis, sentenze n. 258 del 2020, n. 106
del 2020, n. 286 del 2019 e n. 69 del 2018). 
    In particolare, queste ultime, approvate in  sede  di  conferenza
unificata, sono espressione della leale collaborazione  tra  Stato  e
Regioni e sono, pertanto, vincolanti, in  quanto  «costituiscono,  in
settori  squisitamente  tecnici,  il  completamento  della  normativa
primaria» (sentenza n. 86 del 2019). Nell'indicare puntuali modalita'
attuative  della  legge  statale,  le  Linee  guida   hanno   «natura
inderogabile e devono essere applicate in modo uniforme in  tutto  il
territorio nazionale (sentenze n. 286 e n. 86 del  2019,  n.  69  del
2018)» (sentenza n. 106 del 2020). 
    3.2.-  Nel  quadro  delle  fonti  statali  sopra  richiamato,  la
questione  di  legittimita'  costituzionale,  posta  con  riferimento
all'art. 2, comma 1, della legge reg. Toscana n. 82  del  2020,  deve
confrontarsi, innanzitutto, con l'art. 12, comma 7, del d.lgs. n  387
del 2003, il quale dispone  che  «[g]li  impianti  di  produzione  di
energia elettrica, di cui all'art. 2,  comma  1,  lettere  b)  e  c),
possono essere  ubicati  anche  in  zone  classificate  agricole  dai
vigenti piani urbanistici. Nell'ubicazione  si  dovra'  tenere  conto
delle disposizioni in materia di sostegno nel settore  agricolo,  con
particolare  riferimento   alla   valorizzazione   delle   tradizioni
agroalimentari locali, alla tutela della  biodiversita',  cosi'  come
del patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui alla  legge  5
marzo 2001, n. 57, articoli 7 e 8, nonche' del decreto legislativo 18
maggio 2001, n. 228, articolo 14». 
    3.2.1.-  In  attuazione  di  tale  disciplina,  le  Linee   guida
stabiliscono che «le Regioni e le Province autonome possono procedere
alla indicazione di aree e siti  non  idonei  alla  installazione  di
specifiche tipologie di impianti» (paragrafo 17.1),  avvalendosi  del
seguente iter procedimentale. 
    La Regione deve  compiere  «un'apposita  istruttoria,  avente  ad
oggetto  la  ricognizione  delle  disposizioni  volte   alla   tutela
dell'ambiente, del paesaggio, del  patrimonio  storico  e  artistico,
delle tradizioni agroalimentari locali,  della  biodiversita'  e  del
paesaggio rurale» (paragrafo 17.1). All'esito di tale istruttoria, la
Regione procede ad indicare,  nell'atto  di  pianificazione,  la  non
idoneita' di ciascuna area «in relazione a specifiche  tipologie  e/o
dimensioni  di   impianti»,   motivando   le   incompatibilita'   con
riferimento   agli   obiettivi   di   protezione   perseguiti   dalle
disposizioni, che sono  state  individuate  tramite  la  ricognizione
effettuata sulla scorta dell'art. 12, comma 7, del d.lgs. n. 387  del
2003. 
    Le  aree  non  idonee  confluiscono,   pertanto,   nell'atto   di
pianificazione con cui le Regioni e le Province autonome  «conciliano
le politiche di tutela dell'ambiente e del paesaggio  con  quelle  di
sviluppo e valorizzazione delle energie rinnovabili, tenendo conto di
quanto eventualmente gia' previsto  dal  piano  paesaggistico  e  del
necessario rispetto della quota minima di produzione  di  energia  da
fonti rinnovabili loro assegnata (burden sharing)» (paragrafo 17.2). 
    3.2.2.-  Dall'iter  procedimentale  tratteggiato  si  inferiscono
talune rilevanti implicazioni sostanziali. 
    Innanzitutto, l'indicazione che possono  fornire  le  Regioni  in
merito alla non  idoneita'  di  determinate  aree  ad  accogliere  la
costruzione di impianti per la produzione di energie  rinnovabili  e'
espressamente riferita alla  segnalazione  di  aree  non  idonee  «in
relazione a specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti». Spetta,
pertanto, all'atto di pianificazione individuare le  incompatibilita'
di determinate aree, in relazione  al  tipo  e  alle  dimensioni  (e,
dunque, anche alla potenza) degli impianti (si  vedano  Consiglio  di
Stato, sezione quarta, sentenza  8  aprile  2021,  n.  2848,  nonche'
Tribunale amministrativo  regionale  per  l'Abruzzo,  sezione  prima,
sentenza 19 ottobre 2020, n. 363; TAR Molise, sezione prima, sentenza
23 giugno 2016, n. 281). 
    Inoltre, l'atto di pianificazione della Regione, nell'individuare
le aree non idonee, non comporta un divieto assoluto, bensi'  -  come
si evince sempre dalle Linee guida - serve a segnalare  «una  elevata
probabilita'  di  esito  negativo  delle  valutazioni,  in  sede   di
autorizzazione»  e,  dunque,  ha  la  funzione  di  «accelerare»   la
procedura (paragrafo 17.1). 
    Osserva,  in  proposito,  la  giurisprudenza  amministrativa  che
«trattasi non di impedimento assoluto, ma di  valutazione  di  "primo
livello"», che impone poi di verificare «in concreto, caso per  caso,
se l'impianto cosi' come  effettivamente  progettato,  considerati  i
vincoli  insistenti  sull'area,  possa   essere   realizzabile,   non
determinando una reale compromissione dei valori tutelati dalle norme
di protezione  (dirette)  del  sito,  nonche'  di  quelle  contermini
(buffer)» (TAR Sardegna, sezione seconda, sentenza 8 luglio 2020,  n.
573; in senso analogo, la gia' citata sentenza del Consiglio di Stato
n. 2848 del 2021; nonche' le gia' citate sentenze TAR Abruzzo n.  363
del 2020 e TAR Molise n. 281 del 2016). 
    3.3.- Alla luce dell'assetto disegnato dall'art. 12, comma 7, del
d.lgs. n. 387 del 2003, come integrato dalle Linee guida, risulta,  a
questo punto, evidente  il  contrasto  della  disposizione  regionale
impugnata con l'art.  117,  terzo  comma,  Cost.  e  con  i  relativi
principi  fondamentali  della  materia   «produzione,   trasporto   e
distribuzione nazionale dell'energia». 
    L'art. 2, comma 1, della  legge  reg.  Toscana  n.  82  del  2020
contempla,  infatti,  un  divieto  generale,   non   previsto   dalla
legislazione statale. 
    In  particolare,  la  disposizione  regionale  impone  un  limite
associato alla  potenza  (8.000  chilowatt  elettrici)  dell'impianto
fotovoltaico, quando,  invece,  in  base  alle  Linee  guida,  spetta
all'atto di pianificazione escludere l'installazione  in  determinate
aree di impianti, in relazione alla loro specifica tipologia  o  alle
loro dimensioni. 
    Inoltre, l'atto di pianificazione contiene criteri che presiedono
alla determinazione, attuata con il singolo atto autorizzativo, volta
a comporre in concreto i tanti interessi coinvolti. Per converso,  il
carattere  generale  e  vincolante   della   disposizione   impugnata
cristallizza il precetto della «non idoneita'» in tutto il territorio
regionale e, pertanto, sfugge alla possibilita' del bilanciamento  in
concreto degli  interessi,  che  il  legislatore  statale  affida  al
procedimento amministrativo. 
    Del resto, secondo un  orientamento  costante  di  questa  Corte,
nella disciplina  relativa  all'autorizzazione  di  impianti  per  la
produzione di energia da fonti rinnovabili, le  Regioni  non  possono
imporre in  via  legislativa  vincoli  generali  non  previsti  dalla
disciplina statale. Una normativa  regionale,  che  non  rispetti  la
riserva di procedimento amministrativo e,  dunque,  non  consenta  di
operare un bilanciamento in concreto  degli  interessi,  strettamente
aderente  alla  specificita'  dei  luoghi,  impedisce   la   migliore
valorizzazione di  tutti  gli  interessi  pubblici  implicati  e,  di
riflesso, viola il principio,  conforme  alla  normativa  dell'Unione
europea, della massima diffusione degli impianti da fonti di  energia
rinnovabili (sentenza n. 286 del 2019, in senso analogo,  ex  multis,
sentenze n. 106 del 2020, n. 69 del 2018, n. 13 del 2014 e n. 44  del
2011). 
    Per le ragioni esposte, l'art. 2, comma 1, della legge n. 82  del
2020 deve ritenersi  costituzionalmente  illegittimo  per  violazione
dell'art. 117, terzo comma, Cost., in relazione  ai  citati  principi
fondamentali della materia  «produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale dell'energia». 
    4.- La seconda disposizione impugnata dal ricorrente e' il  comma
2 del medesimo art. 2 della legge reg. Toscana n. 82 del 2020, che ha
integrato l'art. 9 della legge reg. n. 11  del  2011,  con  il  comma
1-ter, il quale dispone quanto segue: «[n]elle aree rurali di cui  al
comma 1 bis,  per  gli  impianti  fotovoltaici  a  terra  di  potenza
superiore a 1.000 chilowatt  elettrici  l'autorizzazione  unica  alla
costruzione ed esercizio e' rilasciata previa intesa con il comune  o
i comuni interessati dall'impianto». 
    4.1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri sostiene che  tale
disposizione   avrebbe   introdotto   una   modifica    al    modello
autorizzatorio disegnato dal legislatore statale con il d.lgs. n. 387
del 2003 e con le Linee guida. 
    Fulcro di tale modello viene ritenuta la conferenza  dei  servizi
nella  quale  devono  concentrarsi,  a  beneficio   di   istanze   di
razionalizzazione   e   di   semplificazione,   tutti   gli   apporti
amministrativi necessari  al  fine  di  approvare  la  costruzione  e
l'esercizio degli impianti. 
    Di   conseguenza,   i   principi   fondamentali   della   materia
«produzione, trasporto e distribuzione  nazionale  dell'energia»  non
consentirebbero  di  introdurre  un  aggravio  procedimentale,  quale
sarebbe, ad avviso del ricorrente, la necessaria «previa intesa»  con
il Comune  o  i  Comuni  interessati,  richiesta  dalla  disposizione
regionale impugnata. 
    5.- La questione e' fondata. 
    5.1.- Alla luce del quadro normativo precedentemente ricostruito,
la legittimita' costituzionale della norma regionale  impugnata  deve
essere valutata alla stregua  della  compatibilita'  con  i  principi
fondamentali disposti dal d.lgs. n. 387 del 2003  e  dalle  correlate
Linee guida. 
    In particolare, l'art. 12, comma 4, del d.lgs. n.  387  del  2003
stabilisce che l'autorizzazione di cui al comma 3  sia  rilasciata  a
seguito  di  un  procedimento  unico,  che  deve  svolgersi  «tramite
conferenza di servizi, nell'ambito della quale - precisa il paragrafo
14.1  delle  Linee   guida   -   confluiscono   tutti   gli   apporti
amministrativi per la costruzione e l'esercizio dell'impianto,  delle
opere connesse e delle infrastrutture indispensabili». 
    La concentrazione di tutti gli apporti amministrativi nella  sede
della  conferenza  dei  servizi  e'  funzionale  all'attuazione   del
principio di massima diffusione delle  energie  rinnovabili,  che  si
invera  nell'ordinamento  anche  mediante  la  semplificazione  e  la
razionalizzazione   insite    nel    richiamato    procedimento    di
autorizzazione unica. 
    Questa Corte  ha  piu'  volte  affermato,  e  anche  recentemente
ribadito, che il procedimento di cui all'art. 12, comma 4, del d.lgs.
n. 387 del 2003  «e'  ispirato  "alle  regole  della  semplificazione
amministrativa e della celerita'" ed e' volto a garantire,  "in  modo
uniforme sull'intero territorio nazionale, la  conclusione  entro  un
termine definito del procedimento autorizzativo" (sentenze n. 177 del
2018  e  n.  156  del  2016),  in  linea  con  il  particolare  favor
riconosciuto alle  fonti  energetiche  rinnovabili  dalla  disciplina
interna  e  sovranazionale»  (sentenza  n.  106   del   2020).   Tale
procedimento    consente    di    contemperare    vari     interessi,
costituzionalmente  rilevanti,  «attraverso  l'incrocio  di   diverse
tipologie di verifica, il cui coordinamento» - in sede di  conferenza
dei servizi - «e la cui acquisizione sincronica [...]  non  tollerano
ulteriori differenziazioni su base regionale» (sentenza  n.  267  del
2016). 
    La disposizione impugnata, viceversa,  subordinando  il  rilascio
dell'autorizzazione unica, per gli impianti di  potenza  superiore  a
1.000 chilowatt elettrici nelle aree rurali, alla «previa intesa» con
il Comune o i Comuni interessati dall'impianto, si pone  in  evidente
contrasto con il richiamato modello del procedimento unico. 
    In particolare, non e' percorribile l'interpretazione  propugnata
dalla difesa regionale, secondo la quale l'intesa con il Comune  o  i
Comuni interessati sarebbe acquisibile nell'ambito  della  conferenza
dei servizi e, quindi, la  disposizione  regionale  non  andrebbe  ad
alterare il quadro procedimentale delineato dal legislatore statale. 
    Tale  interpretazione,  infatti,  risulta  sconfessata  dal  dato
testuale dell'art. 2, comma 2, della legge reg.  Toscana  n.  82  del
2020 che, indicando la  necessita'  di  una  intesa  «previa»,  rompe
inequivocabilmente la sincronicita' dell'acquisizione  degli  apporti
amministrativi, tipica della conferenza  dei  servizi.  Peraltro,  la
ricostruzione  proposta  dalla   difesa   regionale   priverebbe   di
qualsivoglia portata precettiva la disposizione impugnata, rimuovendo
ogni suo effetto utile. 
    Per  le  ragioni  esposte,  deve   dichiararsi   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 2, della legge reg. Toscana  n.  82
del 2020, in riferimento all'art. 117, terzo  comma,  Cost.,  essendo
violati  i  summenzionati   principi   fondamentali   della   materia
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia». 
    6.- Da ultimo, il ricorrente ha  impugnato  l'art.  2,  comma  3,
della legge reg. Toscana n. 82 del 2020, che prevede l'applicabilita'
delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 del medesimo art.  2  «anche
ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore» della  legge
regionale recante le disposizioni impugnate. 
    Ad avviso del ricorrente, tale contenuto precettivo  non  fa  che
amplificare le ragioni di  illegittimita'  costituzionale  contestate
all'art. 2, commi 1 e 2, della legge reg. Toscana n. 82 del 2020. 
    7.- La questione e' fondata. 
    L'art. 2, comma 3, della legge reg. Toscana n.  82  del  2020  e'
affetto dagli stessi vizi di illegittimita' costituzionale  accertati
con riferimento ai commi 1 e 2 del medesimo articolo. 
    La disposizione impugnata, infatti,  si  limita  a  regolare  sul
piano temporale l'applicazione dei commi 1 e 2 e, pertanto, condivide
il loro contenuto precettivo e,  di  riflesso,  i  relativi  vizi  di
illegittimita' costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 1,  2
e 3,  della  legge  della  Regione  Toscana  7  giugno  2020,  n.  82
(Disposizioni relative alle  linee  guida  regionali  in  materia  di
economia circolare e all'installazione degli impianti fotovoltaici  a
terra. Modifiche alla l.r. 34/2020 e alla l.r. 11/2011). 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2021. 
 
                                F.to: 
                   Giancarlo CORAGGIO, Presidente 
                   Emanuela NAVARRETTA, Redattrice 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 30 luglio 2021. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA