N. 179 SENTENZA 6 - 30 luglio 2021

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Sanita' pubblica - Norme della Regione Marche - Nomina dei  direttori
  di dipartimento delle  aziende  del  Servizio  sanitario  regionale
  (SSR) - Requisiti di competenza e di professionalita'  richiesti  -
  Inclusione  dei  dirigenti  sanitari  -  Violazione  dei   principi
  fondamentali della legislazione statale nella materia della  tutela
  della salute - Illegittimita' costituzionale in parte qua. 
- Legge della Regione Marche 9 luglio 2020, n. 30, art. 1. 
- Costituzione, art. 117, terzo comma. 
(GU n.31 del 4-8-2021 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giancarlo CORAGGIO; 
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria  de  PRETIS,  Nicolo'
  ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
  Giovanni  AMOROSO,  Francesco  VIGANO',  Luca   ANTONINI,   Stefano
  PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela  NAVARRETTA,  Maria  Rosaria  SAN
  GIORGIO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1  della
legge della Regione Marche 9 luglio 2020, n. 30 (Modifica alla  legge
regionale 20  giugno  2003,  n.  13  "Riorganizzazione  del  Servizio
Sanitario Regionale"), promosso  dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri con ricorso notificato il 14-17 settembre  2020,  depositato
in cancelleria il 18 settembre 2020, iscritto al n. 84  del  registro
ricorsi 2020 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica
n. 45, prima serie speciale, dell'anno 2020. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Marche; 
    udito nell'udienza pubblica del 6 luglio 2021 il Giudice relatore
Giulio Prosperetti; 
    uditi l'avvocato dello Stato Ruggero Di Martino per il Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Stefano Grassi per la Regione
Marche, in collegamento da remoto, ai sensi del punto 1) del  decreto
del Presidente della Corte del 18 maggio 2021; 
    deliberato nella camera di consiglio del 6 luglio 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 14-17 settembre 2020  e  depositato
il 18 settembre 2020 (reg. ric. n. 84 del 2020),  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, ha  impugnato,  in  riferimento  all'art.  117,
terzo comma, della Costituzione, l'art. 1 della legge  della  Regione
Marche 9 luglio 2020, n. 30 (Modifica alla legge regionale 20  giugno
2003, n. 13, "Riorganizzazione del Servizio Sanitario regionale"). 
    Il ricorrente evidenzia che i commi 3 e 4 dell'art. 8 della legge
della Regione Marche 20 giugno  2003,  n.  13  (Riorganizzazione  del
Servizio Sanitario regionale),  come  sostituiti  dall'art.  1  della
legge regionale impugnata, regolamentano il  procedimento  di  nomina
dei  direttori  di   dipartimento   delle   aziende   ospedaliere   e
dell'azienda sanitaria unica regionale (ASUR) della  Regione  Marche,
limitandosi a stabilire che questi  debbano  essere  individuati  dal
direttore generale tra i dirigenti delle professioni sanitarie  delle
rispettive aree di competenza. 
    Tali disposizioni, ad avviso del  ricorrente,  si  porrebbero  in
palese contrasto con la norma statale di cui all'art.  17-bis,  comma
2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502  (Riordino  della
disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della  legge
23 ottobre 1992, n. 421), costituente  principio  fondamentale  della
legislazione statale in materia di «tutela  della  salute»  ai  sensi
dell'art. 117, terzo comma, Cost., che espressamente  prescrive  che:
«[i]l direttore di dipartimento e' nominato  dal  direttore  generale
fra i dirigenti con incarico di direzione delle  strutture  complesse
aggregate nel dipartimento». 
    2.- Con atto depositato il 5 ottobre 2020, la Regione  Marche  si
e' costituita in giudizio, chiedendo che il  ricorso  sia  dichiarato
non fondato. 
    La Regione  contesta,  in  particolare,  la  qualificazione  come
principio fondamentale in materia di «tutela della salute»  dell'art.
17-bis, comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992, invocato dal  ricorrente
quale parametro interposto violato dalle norme impugnate. 
    Ad avviso della difesa regionale tale assunto sarebbe  errato  in
quanto le norme legislative statali in materia  di  organizzazione  e
gestione delle aziende sanitarie non assumono - per cio'  solo  -  la
natura e la qualifica di principi fondamentali,  con  il  conseguente
effetto di risultare inderogabili per la legislazione regionale. 
    La Regione ritiene, in particolare, che la  tesi  dell'Avvocatura
generale dello  Stato  sia  contraddetta  dalla  circostanza  che  il
richiamato art. 17-bis, comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992 e'  stato
introdotto nel corpo di tale atto normativo dall'art. 15 del  decreto
legislativo 19 giugno 1999, n. 229 (Norme  per  la  razionalizzazione
del Servizio sanitario nazionale, a norma dell'articolo 1 della legge
30 novembre 1998, n. 419),  nel  vigore  del  riparto  costituzionale
delle competenze legislative anteriore alla riforma di cui alla legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche  al  titolo  V  della
parte seconda della Costituzione), per cui  la  disposizione  statale
potrebbe essere qualificata come «norma di dettaglio cedevole», ossia
come norma immediatamente efficace e auto-applicativa, ma  derogabile
dall'intervento successivo del legislatore regionale, proprio perche'
non costituente principio fondamentale della materia. 
    La difesa regionale rileva, infine, che anche a voler  ammettere,
in via subordinata, che l'art. 17-bis, comma 2, del d.lgs. n. 502 del
1992 costituisca effettivamente principio fondamentale della  materia
«tutela della salute», le norme regionali  impugnate  non  potrebbero
necessariamente ritenersi,  per  il  solo  fatto  di  non  richiamare
espressamente la  disposizione  statale,  in  contrasto  con  questa,
risultando  possibile  una  loro  interpretazione  costituzionalmente
orientata. 
    3.- Con memoria integrativa  depositata  il  1°  marzo  2021,  la
difesa  regionale  ha  ribadito  le  argomentazioni  gia'  illustrate
nell'atto  di  costituzione  in   giudizio   e   ha   insistito   per
l'accoglimento delle conclusioni ivi formulate. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con il ricorso indicato in epigrafe  (reg.  ric.  n.  84  del
2020), il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha   promosso,   in
riferimento all'art. 117, terzo comma, della Costituzione,  questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge della  Regione
Marche 9 luglio 2020, n. 30 (Modifica alla legge regionale 20  giugno
2003, n. 13, "Riorganizzazione del Servizio Sanitario regionale"). 
    Ad avviso del ricorrente la legge regionale  impugnata,  che  nel
suo unico comma sostituisce interamente l'art.  8  della  legge  reg.
Marche  n.  13  del  2003,  nello  stabilire  che  i   direttori   di
dipartimento possano essere nominati tra i semplici  dirigenti  delle
professioni sanitarie, si porrebbe in contrasto con la norma  statale
di cui all'art. 17-bis, comma 2, del decreto legislativo 30  dicembre
1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma
dell'articolo 1 della legge 23 ottobre  1992,  n.  421),  costituente
principio fondamentale  della  legislazione  statale  in  materia  di
«tutela della salute» di cui all'art. 117, terzo  comma,  Cost.,  che
prescrive, invece, che i direttori  di  dipartimento  debbano  essere
individuati dal direttore  generale  nell'ambito  dei  dirigenti  con
incarico  di  direzione  delle  strutture  complesse  aggregate   del
dipartimento. 
    2.- La Regione Marche si e' costituita in giudizio  chiedendo  il
rigetto del ricorso, sulla base dell'assunto che l'art. 17-bis, comma
2,  del  d.lgs.  n.  502  del  1992   non   costituirebbe   principio
fondamentale in materia di «tutela della  salute»  e  che,  comunque,
anche laddove si ritenesse  fondata  la  ricostruzione  avanzata  dal
ricorrente,  le   norme   regionali   impugnate   potrebbero   essere
interpretate  in  senso  conforme  ai   requisiti   stabiliti   dalla
disciplina statale. 
    3.- Preliminare  all'esame  del  merito  delle  questioni  e'  la
delimitazione del thema decidendum. 
    Infatti, benche' il ricorrente denunci l'intero testo della legge
reg. Marche n. 30 del 2020,  le  censure  formulate  nel  ricorso  si
appuntano esclusivamente sui commi 3 e  4  dell'art.  8  della  legge
della Regione Marche 20 giugno  2003,  n.  13  (Riorganizzazione  del
Servizio Sanitario regionale),  come  sostituiti  dall'art.  1  della
legge reg. Marche n. 30 del 2020. 
    Risultano, invece,  sostanzialmente  estranee  all'impugnativa  -
alla luce  dei  profili  enunciati  nel  ricorso  -  le  altre  norme
contenute nella legge reg. Marche n. 30 del 2020. 
    4.- Con riferimento alle norme cui l'impugnativa va limitata,  la
questione e' fondata. 
    4.1.- E', innanzitutto, necessario individuare l'ambito materiale
nel quale si  collocano  le  disposizioni  regionali  impugnate,  che
disciplinano il procedimento di nomina dei direttori di  dipartimento
delle aziende ospedaliere e dell'azienda  sanitaria  unica  regionale
(ASUR) della Regione Marche. 
    Questa Corte ha  gia'  avuto  modo  di  ricondurre  alla  materia
«tutela della salute» la disciplina degli incarichi  della  dirigenza
sanitaria (sentenze n. 129 del 2012, n.  233  e  n.  181  del  2006),
rilevando in particolare «la stretta inerenza che tutte le  norme  de
quibus  presentano  con  l'organizzazione  del   servizio   sanitario
regionale e, in definitiva, con le condizioni per la fruizione  delle
prestazioni rese  all'utenza,  essendo  queste  ultime  condizionate,
sotto molteplici aspetti, dalla capacita', dalla  professionalita'  e
dall'impegno di tutti i sanitari addetti ai servizi,  e  segnatamente
di coloro che rivestono una posizione apicale (sentenze  n.  181  del
2006 e n. 50 del 2007)» (sentenza n. 371 del 2008). 
    Le norme in esame vanno, pertanto, ricondotte, conformemente alla
prospettazione  dell'Avvocatura  generale  dello  Stato,  nell'ambito
della competenza legislativa concorrente in materia di «tutela  della
salute» di cui all'art. 117, terzo comma, Cost. 
    4.2.- In questa prospettiva, il ricorrente  sostiene  che  l'art.
17-bis, comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992  costituisca  espressione
di un principio fondamentale della materia «tutela della salute», per
cui le norme  impugnate,  omettendo  ogni  riferimento  ai  requisiti
stabiliti dalla disposizione statale per la nomina dei  direttori  di
dipartimento, eccederebbero dalla  sfera  di  competenza  legislativa
riservata alla Regione ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    Va preliminarmente  evidenziato  che  il  modello  dipartimentale
rappresenta uno degli schemi organizzativi piu' diffusi nella sanita'
italiana (il comma 1 dell'art. 17-bis del  d.lgs.  n.  502  del  1992
stabilisce che:  «[l]'organizzazione  dipartimentale  e'  il  modello
ordinario di gestione operativa di tutte le attivita'  delle  Aziende
sanitarie») e che alla organizzazione  dipartimentale  della  sanita'
corrisponde una disciplina  degli  incarichi  direttivi  posta  dallo
stesso d.lgs. n. 502 del 1992, cosi' come progressivamente modificato
ed integrato dal legislatore. 
    In  proposito,  va  notato  che  la  disciplina  della  dirigenza
pubblica in materia sanitaria costituisce  un  modello  che  presenta
numerose peculiarita' rispetto alle previsioni generali  del  decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165  (Norme  generali  sull'ordinamento
del lavoro alle dipendenze delle  amministrazioni  pubbliche)  e  che
trova spiegazione nella considerazione  che  la  dirigenza  sanitaria
opera  nell'ambito,  estremamente  sensibile,  dei  diritti   sociali
costituzionalmente garantiti. A questa e' richiesta  una  particolare
competenza, non solo professionale e tecnica, ma anche gestionale. 
    In  particolare,  il   processo   di   regionalizzazione   e   di
aziendalizzazione del servizio sanitario avviato dal  d.lgs.  n.  502
del 1992 ha cercato di ovviare alle diffuse inefficienze che si erano
registrate nell'organizzazione della sanita', prevedendo l'innesto di
criteri    imprenditoriali     e     di     moduli     aziendalistici
nell'organizzazione del servizio pubblico e disegnando un sistema  di
tendenziale separazione tra politica e amministrazione. 
    In questa prospettiva, al vertice dell'azienda sanitaria e' stato
posto il direttore generale quale organo monocratico, con «[t]utti  i
poteri di gestione» dell'azienda (art. 3, comma 6, del d. lgs. n. 502
del  1992),  al  quale  spetta  la  responsabilita'  della  direzione
dell'azienda   sanitaria   e   la   cui   nomina,   riservata    alla
discrezionalita' politica della Giunta regionale, deve rispettare  il
possesso degli specifici  requisiti  stabiliti  dall'art.  3-bis  del
d.lgs. 502 del 1992 e dagli artt. 1 e 2  del  decreto  legislativo  4
agosto  2016,  n.  171,  recante  «Attuazione  della  delega  di  cui
all'articolo 11, comma 1, lettera p), della legge 7 agosto  2015,  n.
124, in materia di dirigenza sanitari»,  potendo  essere  operata  la
scelta esclusivamente tra i soggetti  iscritti  nel  relativo  elenco
nazionale. 
    4.3.- Il particolare rilievo attribuito dalla disciplina  statale
ai requisiti di competenza  e  di  professionalita',  che  lo  stesso
direttore generale deve possedere, permette di cogliere la  specifica
ratio della norma contenuta nel comma 2 dell'art. 17-bis  del  d.lgs.
n.  502  del  1992,  ai  sensi  della  quale:  «[i]l   direttore   di
dipartimento e' nominato dal direttore generale fra i  dirigenti  con
incarico  di  direzione  delle  strutture  complesse  aggregate   nel
dipartimento». 
    Alla   discrezionalita'   politica    che,    in    ogni    caso,
contraddistingue la nomina  del  direttore  generale  si  affiancano,
infatti, i vincoli posti dalla disciplina statale  nella  scelta  dei
direttori di dipartimento; questi ultimi, infatti, non possono essere
individuati nell'ambito generico dei dirigenti  sanitari,  ma  tra  i
piu' qualificati direttori delle strutture  complesse  aggregate  nel
dipartimento stesso. 
    La  normativa  statale,  imponendo  al  direttore   generale   di
selezionare il direttore di dipartimento fra i dirigenti aventi  tali
incarichi,  pone  un  chiaro  ed  inderogabile   limite   al   potere
discrezionale di nomina spettante all'organo apicale, fissando alcuni
specifici requisiti che  hanno  l'evidente  scopo  di  assicurare  la
competenza,  la  professionalita'  e  la  specifica  esperienza   del
soggetto chiamato alla guida del dipartimento. 
    In questa prospettiva, emerge chiaramente  che  i  criteri  posti
dall'art. 17-bis, comma 2, del d.lgs. n. 502 del  1992  costituiscono
espressione di un principio fondamentale della legislazione  statale,
vincolante la legislazione  regionale  di  dettaglio  in  materia  di
«tutela della salute», volto  a  disciplinare  in  modo  uniforme,  a
livello  nazionale,  la  procedura  di  nomina   dei   direttori   di
dipartimento delle aziende sanitarie. 
    4.4.- Quanto rilevato consente di  escludere  l'esperibilita'  di
un'interpretazione costituzionalmente  orientata  delle  disposizioni
regionali  censurate  volta  al  coordinamento  sistematico  con   la
disciplina statale. 
    Il contenuto e la funzione svolta dalla  suddetta  norma  statale
nel sistema ne attestano, infatti, inequivocabilmente, in conformita'
alla costante giurisprudenza di questa Corte (ex  plurimis,  sentenze
n. 44 del 2021; n. 78 del 2020; n. 164 del 1 2019; n. 246 e n. 94 del
2018; n. 16 del 2010 e n. 268  del  2007),  la  natura  di  principio
fondamentale  della  legislazione  statale.   Pertanto,   stante   il
contrasto delle disposizioni denunciate con il principio fondamentale
della legislazione  statale  in  materia  di  «tutela  della  salute»
evocato  dal  ricorrente,  deve  essere  dichiarata  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 1 della legge reg. Marche n.  30  del  2020,
limitatamente alla parte in cui sostituisce l'art. 8, commi  3  e  4,
della legge reg. Marche n. 13 del 2003. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1 della  legge
della Regione Marche 9  luglio  2020,  n.  30  (Modifica  alla  legge
regionale 20 giugno  2003,  n.  13,  "Riorganizzazione  del  Servizio
Sanitario regionale"), limitatamente alla parte  in  cui  sostituisce
l'art. 8, commi 3 e 4, della legge della  Regione  Marche  20  giugno
2003, n. 13 (Riorganizzazione del Servizio Sanitario Regionale). 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 luglio 2021. 
 
                                F.to: 
                   Giancarlo CORAGGIO, Presidente 
                    Giulio PROSPERETTI, Redattore 
             Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria 
 
    Depositata in Cancelleria il 30 luglio 2021. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA