N. 110 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 aprile 2021

Ordinanza  dell'8  aprile  2021  della  Corte   di   cassazione   nel
procedimento civile promosso da INPS - Istituto Nazionale  Previdenza
Sociale contro Mohammad Riaz, Eta Beta spa. 
 
Previdenza e assistenza - Straniero - Assegno per il nucleo familiare
  - Presupposti - Nozione di nucleo familiare -  Cittadini  di  paesi
  terzi titolari di permesso di  lungo  soggiorno  -  Previsione  che
  esclude,  dalla  considerazione   quali   componenti   del   nucleo
  familiare, il  coniuge  ed  i  figli  ed  equiparati  di  cittadino
  straniero  che  non  abbiano  la  residenza  nel  territorio  della
  Repubblica italiana, salvo che dallo Stato di cui lo  straniero  e'
  cittadino  sia  riservato  un  trattamento  di   reciprocita'   nei
  confronti  dei  cittadini  italiani  ovvero  sia  stata   stipulata
  convenzione internazionale in materia di trattamenti di famiglia  -
  Interpretazione, da parte  della  Corte  di  giustizia  dell'Unione
  europea, sentenza 25 novembre 2020, nella causa C-303/19, dell'art.
  11, paragrafo  1,  lettera  d),  della  direttiva  2003/109/CE  del
  Consiglio, del 25 novembre 2003,  in  relazione  al  riconoscimento
  della parita' di trattamento  del  soggiornante  di  lungo  periodo
  rispetto ai cittadini nazionali per quanto riguarda le  prestazioni
  sociali, l'assistenza sociale e  la  protezione  sociale  ai  sensi
  della legislazione nazionale. 
- Decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69 (Norme in materia previdenziale,
  per il miglioramento delle gestioni degli enti  portuali  ed  altre
  disposizioni urgenti), convertito, con modificazioni,  nella  legge
  13 maggio 1988, n. 153, art. 2, comma 6-bis. 
(GU n.33 del 18-8-2021 )
 
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
                           Sezione lavoro 
 
    Composta dagli Ill.mi sigg.ri Magistrati: 
        dott. Antonio Manna - Presidente; 
        dott. Enrica D'Antonio - consigliere; 
        dott. Rossana Mancino - consigliere; 
        dott. Daniela Calafiore - rel. consigliere; 
        dott. Luigi Cavallaro - consigliere; 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria  sul  ricorso
9538-2017 proposto da INPS - Istituto nazionale  previdenza  sociale,
elettivamente domiciliato in Roma - via Cesare Beccaria n. 29, presso
lo studio dell'avvocato Antonietta  Coretti,  che  lo  rappresenta  e
difende unitamente agli avvocati Vincenzo Triolo, Vincenzo Stumpo;  -
ricorrenti -. 
    Contro Mohammad  Riaz,  elettivamente  domiciliato  in  Roma,  in
piazza Cavour s.n.c. - presso la Corte di cassazione, rappresentato e
difeso dagli avvocati Neri Livio e Guariso Alberto - controricorrente
incidentale - 
    Nonche' contro Eta Beta S.p.a.; - intimata - 
    Avverso la sentenza n. 393/2016 della Corte d'appello di Brescia,
depositata l'8 novembre 2016; 
    Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza  del
3 marzo 2021 dal consigliere dott. Daniela Calafiore. 
 
                          Rilevato in fatto 
 
    1. Mohammad Riaz  ha  proposto  ricorso,  ai  sensi  del  decreto
legislativo 1° settembre 2011, n. 150, art. 28  e  dell'art.  702-bis
del codice di procedura civile al Tribunale  giudice  del  lavoro  di
Brescia,  nei  confronti  dell'Istituto  nazionale  della  previdenza
sociale (INPS) e della propria datrice di lavoro (Eta  Beta  S.p.a.),
lamentando il carattere  discriminatorio  della  negazione  da  parte
dell'INPS dell'assegno del nucleo familiare per il  periodo  compreso
tra settembre 2011 ed aprile 2014 nel corso del quale  tutti  i  suoi
familiari avevano lasciato l'Italia per rientrare nel Paese d'origine
(Pakistan) ed ha chiesto ordinarsi la cessazione di tale condotta con
la condanna dell'INPS e di Eta Beta S.p.a.  alla  restituzione  delle
somme trattenute con predisposizione di un piano di  rimozione  degli
effetti negativi ai sensi del decreto legislativo n.  150  del  2011,
art. 28; 
    2. Il Tribunale di Brescia, in funzione di giudice del lavoro, ha
sostanzialmente accolto il ricorso e la Corte d'appello  di  Brescia,
su impugnazione proposta dall'INPS, ha confermato  la  decisione  del
Tribunale  sulla  base   delle   seguenti   argomentazioni:   a)   il
decreto-legge n. 69 del 1988, art. 2, comma 6-bis conv. in  legge  n.
153  del  1988,  la'  dove  esclude  (salvo  specifiche   convenzioni
internazionali o condizioni di reciprocita') dal  novero  dei  membri
del nucleo familiare cui  e'  rivolto  l'assegno  i  familiari  dello
straniero che non abbiano la residenza, da ritenersi effettiva e  non
solo  formale,  nel  territorio  della  Repubblica,   introduce   una
disciplina differente rispetto a quella generale fissata dalla  legge
n. 153 del 1988, art. 2, comma 2,  valevole  per  i  cittadini  dello
Stato italiano per i quali l'assegno per il nucleo familiare spetta a
prescindere dalla residenza dei membri del nucleo familiare medesimo;
b) l'art. 11 della direttiva n. 2003/109/CE, primo paragrafo, lettera
d), prevede che il soggiornante di lungo  periodo  debba  fruire  dei
medesimi trattamenti previsti per i cittadini quanto alle prestazioni
sociali, all'assistenza sociale ed alla protezione sociale  ai  sensi
della legislazione  nazionale;  inoltre,  al  secondo  paragrafo,  lo
stesso art. 1 prevede che lo Stato membro puo' limitare la parita' di
trattamento ai casi in cui il soggiornante  di  lungo  periodo  o  il
familiare per cui questi chiede la prestazione abbia eletto dimora  o
risieda abitualmente nel suo territorio; infine il  paragrafo  quarto
afferma  che  gli  Stati  membri  possono  limitare  la  parita'   di
trattamento in materia di assistenza  sociale  e  protezione  sociale
alle prestazioni essenziali;  c)  la  direttiva  in  esame  e'  stata
recepita in Italia dal decreto legislativo 8 gennaio 7007, n. 3  che,
modificando il decreto legislativo 26 aprile 1988, n.  286,  art.  9,
ha, tra l'altro, previsto che il titolare del permesso  di  soggiorno
CE per soggiornanti di lungo periodo puo' usufruire delle prestazioni
di assistenza sociale, di previdenza sociale, di quelle  relative  ad
erogazioni in materia sanitaria,  scolastica  e  sociale,  di  quelle
relative all'accesso a beni e servizi  a  disposizione  del  pubblico
(...) salvo che sia diversamente disposto e sempre che sia dimostrata
l'effettiva residenza dello straniero sul territorio nazionale; d) la
prestazione dell'assegno al nucleo familiare prevista dalla legge  n.
153 del 1988 ha natura assistenziale  ed  essenziale,  ai  sensi  del
tredicesimo considerando della direttiva n. 2003/109/CE, e come  tale
non puo'  rientrare  nelle  deroghe  alla  regola  della  parita'  di
trattamento; e) la legge n. 153 del 1988, art.  2,  comma  6-bis,  si
pone in contrasto con la direttiva  n.  2003/109/CE  e  realizza  una
oggettiva discriminazione e va, dunque, disapplicato in  presenza  di
disposizione  contenuta  nell'art.  11,  paragrafo  1,  della  citata
direttiva, di  diretta  applicabilita',  sufficientemente  precisa  e
priva di condizioni per la sua esecuzione; 
    5.  Avverso  tale  sentenza  l'INPS  ha  proposto   ricorso   per
cassazione fondato su di un unico motivo con il quale ha lamentato la
violazione  e  o  falsa  applicazione  del  combinato  disposto   del
decreto-legge n. 69 del 1988, art. 2,  comma  6-bis,  convertito  con
modificazioni in legge n. 153 del 1988, del  decreto  legislativo  n.
286 del 1998, articoli 43 e 44, anche in relazione all'art. 12  delle
disposizioni sulla  legge  in  generale  fonda  tale  denunzia  sulla
affermazione che, al contrario  di  quanto  statuito  dalla  sentenza
impugnata, l'assegno per il nucleo familiare di cui al  decreto-legge
n. 69 del 1988, art. 2, conv. in legge n. 153  del  1988,  ha  natura
previdenziale e  non  assistenziale  e,  comunque,  anche  in  questo
secondo caso non potrebbe  considerarsi  misura  essenziale  tale  da
impedire la deroga all'obbligo di osservare la parita' di trattamento
tra  cittadini  e  stranieri;  in  ogni  caso,  poi,   la   questione
interpretativa pone dei dubbi che avrebbero  imposto  al  giudice  di
procedere con rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia oppure con
la proposizione di  una  questione  di  costituzionalita'  e  non  di
disapplicare la norma nazionale; 
    6.  Mohammad  Riaz  ha  resistito  con  controricorso  e  ricorso
incidentale  fondato  sull'unico  motivo  della  violazione  e  falsa
applicazione degli articoli 91 e 92 del codice di procedura civile in
ragione della erronea compensazione delle spese del giudizio; 
    7. Eta Beta S.p.a. e' rimasta intimata; 
    8. Questa Corte di cassazione, con  ordinanza  interlocutoria  n.
9021 del  2019,  ha  disposto  rinvio  pregiudiziale  alla  Corte  di
giustizia  dell'Unione  europea,  ai  sensi   dell'art.   267   TFUE,
considerando che: 
        a) rileva nella fattispecie la situazione dei componenti  del
nucleo familiare del lavoratore Mohammad Riaz  proveniente  da  Stato
terzo, occupato in Italia ed in possesso dello status di soggiornante
di  lungo  periodo  ai  sensi  della  direttiva  n.  2003/109/CE  del
Consiglio e che tali componenti del nucleo familiare sono  stati  nel
periodo rilevante per la causa pacificamente residenti  in  fatto  in
Pakistan (Stato terzo d'origine); 
        b) la materia della condizione lavorativa  del  cittadino  di
Stato terzo appartiene alla sfera di applicazione della direttiva  n.
2003/109/CE del Consiglio,  nell'art.  2,  lettera  e),  quanto  alla
definizione di «familiari» riferita ai cittadini di paesi  terzi  che
soggiornano nello Stato membro interessato ai sensi  della  direttiva
n. 2003/86/CE del  Consiglio  del  22  settembre  2003,  relativa  al
diritto  al  ricongiungimento  familiare;  art.  11  -   parita'   di
trattamento - paragrafo 1, lettera d); 
        c) la direttiva dei Consiglio n. 2003/109, nei  considerando,
ai punti 12, 13, 14 e soprattutto all'art. 11, paragrafo  1,  lettera
d) prevede: «il soggiornante  di  lungo  periodo  gode  dello  stesso
trattamento dei cittadini nazionali per quanto riguarda: (...) d)  le
prestazioni sociali, l'assistenza sociale ai sensi della legislazione
nazionale. (...) paragrafo 4, gli Stati membri  possono  limitare  la
parita' di trattamento in materia di assistenza sociale e  protezione
sociale alle prestazioni essenziali (...); 
        d) dal punto di vista delle disposizioni nazionali  viene  in
rilievo il decreto-legge 13 marzo  1988,  n.  69  «Norme  in  materia
previdenziale,  per  il  miglioramento  della  gestione  degli   enti
portuali ed altre disposizioni urgenti, conv. con mod. in  legge.  n.
153 del 1988». titolo I - norme in materia previdenziale - art.  2  -
1. Per i lavoratori dipendenti, i titolari  delle  pensioni  e  delle
prestazioni economiche previdenziali derivanti da lavoro  dipendente,
i lavoratori assistiti dall'assicurazione contro la  tubercolosi,  il
personale statale in  attivita'  di  servizio  ed  in  quiescenza,  i
dipendenti e pensionati degli enti pubblici anche non territoriali, a
decorrere dal periodo di paga  in  corso  al  1°  gennaio  1988,  gli
assegni familiari, le quote  di  aggiunta  di  famiglia,  ogni  altro
trattamento di famiglia comunque denominato e la maggiorazione di cui
al decreto-legge 29 gennaio 1983, n.  17,  art.  5,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 25 marzo 1983, n. 79,  cessano  di  essere
corrisposti e sono sostituiti, ove ricorrano le  condizioni  previste
dalle disposizioni del presente articolo, dall'assegno per il  nucleo
familiare. 
        2. L'assegno compete in misura differenziata in  rapporto  al
numero dei componenti ed al reddito del nucleo familiare, secondo  la
tabella allegata al presente decreto.  I  livelli  di  reddito  della
predetta tabella sono aumentati di lire dieci milioni  per  i  nuclei
familiari che  comprendono  soggetti  che  si  trovino,  a  causa  di
infermita' o difetto fisico o  mentale,  nell'assoluta  e  permanente
impossibilita'  di  dedicarsi  ad  un  proficuo  lavoro,  ovvero,  se
minorenni, che abbiano difficolta' persistenti a svolgere i compiti e
le funzioni proprie della loro eta'. I medesimi  livelli  di  reddito
sono aumentati di lire due milioni se i soggetti di cui al comma 1 si
trovano in condizioni di vedovo o vedova,  divorziato  o  divorziata;
separato o separata legalmente, celibe o nubile. Con effetto  dal  1°
luglio 1994, qualora del nucleo familiare di cui al comma 6  facciano
parte due o piu' figli, l'importo mensile dell'assegno  spettante  e'
aumentato a lire 20.000 per ogni figlio, con esclusione del primo. 
        3. (...). 4. (...). 5. (...). 
        6.  Il  nucleo  familiare  e'  composto  dai   coniugi,   con
esclusione del coniuge legalmente ed effettivamente separato,  e  dai
figli ed equiparati,  ai  sensi  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 26 aprile 1957, n. 818,  art.  38,  di  eta'  inferiore  a
diciotto anni compiuti ovvero,  senza  limite  di  eta',  qualora  si
trovino,  a  causa  di  infermita'  o  difetto  fisico   o   mentale,
nell'assoluta e permanente impossibilita' di dedicarsi ad un proficuo
lavoro.  Del  nucleo  familiare  possono  far  parte,   alle   stesse
condizioni previste per i figli ed equiparati, anche i  fratelli,  le
sorelle ed i nipoti di eta' inferiore a diciotto anni compiuti ovvero
senza limiti di eta', qualora si trovino, a  causa  di  infermita'  o
difetto fisico o mentale, nell'assoluta e  permanente  impossibilita'
di dedicarsi ad un proficuo lavoro, nel caso in cui essi siano orfani
di entrambi i genitori e non abbiano conseguito il diritto a pensione
ai superstiti. 
        6-bis. Non fanno parte del nucleo familiare di cui al comma 6
il coniuge ed i figli ed equiparati di cittadino  straniero  che  non
abbiano la residenza nel territorio della Repubblica, salvo che dallo
Stato di cui lo straniero e cittadino sia riservato un trattamento di
reciprocita' nei confronti dei cittadini italiani  ovvero  sia  stata
stipulata convenzione internazionale in  materia  di  trattamenti  di
famiglia. L'accertamento degli Stati nei quali vige il  principio  di
reciprocita' e' effettuato dal Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, sentito il Ministro degli affari esteri. 
        7. (...) 8-bis (...) 9. (...) 10. (...) 11. (...)  12.  (...)
12-bis. (...)13. (...)14. (...); 
        e)  e'  insorto  un  dubbio  interpretativo   relativo   alla
eventualita' che il principio  fissato  dall'art.  11  -  parita'  di
trattamento - paragrafo 1,  lettera  d)  della  citata  direttiva  n.
109-2003 comporti che i familiari del cittadino di Stato terzo, lungo
soggiornante e titolare del diritto alla erogazione dell'assegno  per
il nucleo familiare di cui alla legge n. 153 del 1988,  art.  2,  pur
risiedendo di fatto fuori  dal  territorio  dello  Stato  membro  ove
questi presta attivita' lavorativa,  siano  inclusi  nel  novero  dei
familiari sostanziali beneficiari del trattamento stesso  e  cio'  in
quanto si deve ritenere che il  nucleo  familiare  individuato  dalla
legge n. 153 del 1988, art. 2 non e' solo considerato quale  base  di
calcolo dell'importo relativo al trattamento familiare in oggetto  ma
ne e' anche  il  beneficiario  per  il  tramite  del  titolare  della
retribuzione o della pensione cui lo stesso accede; 
        f) l'assegno per il nucleo familiare di cui al  decreto-legge
n. 69 del 1988, art. 2 conv. in legge n. 153 del 1988, e'  dal  punto
di vista della sua struttura formale una  integrazione  economica  di
cui beneficiano tutti i prestatori di lavoro sul territorio italiano,
i titolari di pensioni  e  di  prestazioni  economiche  previdenziali
derivanti  da  lavoro  subordinato,   i   lavoratori   assistiti   da
assicurazione contro malattie, i dipendenti  ed  i  pensionati  degli
enti pubblici,  purche'  abbiano  un  nucleo  familiare  che  produca
redditi non superiori ad una soglia individuata; 
        g) l'importo  dell'assegno  per  il  nucleo  familiare  viene
quantificato in proporzione al numero dei componenti, al  numero  dei
figli e al reddito familiare; 
        h) quanto alla natura della prestazione, la giurisprudenza di
questa Corte di cassazione ha avuto modo  di  evidenziare  la  natura
duplice dell'assegno per il nucleo familiare di cui alla legge n. 153
del 1988, art. 2: 
          da un lato, le Sezioni unite della Corte  di  cassazione  7
marzo 2008, n. 6179 hanno attribuito al trattamento in  esame  natura
previdenziale essendo lo stesso fondato sul meccanismo finanziario di
provvista della contribuzione dei datori di lavoro  e  di  erogazione
congiunta con la retribuzione (art. 2, comma 3 sopra riportato) e non
essendo  raccordato  alla  retribuzione  del  «capofamiglia» -   come
avveniva con il previgente decreto del Presidente della Repubblica 30
maggio 1955, n. 797, art. 1 - ed al numero e qualita' delle persone a
carico, in misura differenziata per  i  vari  comparti  produttivi  e
settori merceologici; l'assegno per il nucleo  familiare  e'  infatti
raccordato al  reddito,  di  qualsiasi  natura,  e  non  del  singolo
lavoratore, ma a quello complessivo del suo nucleo  familiare  (comma
9)  e  nello   stesso   senso,   la   Corte   costituzionale   (Corte
costituzionale  14   dicembre   1995,   n.   516),   ha   evidenziato
l'unificazione della funzione previdenziale del  nuovo  istituto  che
rafforza la stretta correlazione con il tipo  di  pensione  goduta  e
valorizza gli elementi strutturali del trattamento familiare in esame
in quanto finanziato dai contributi  versati  da  parte  di  tutti  i
datori di lavoro (cui si aggiunge il concorso integrativo dello Stato
legge n. 153 del 1988,  ex  art.  2,  comma  13)  ed  il  sistema  di
erogazione attuato mediante anticipazione del datore di lavoro che e'
autorizzato a porre a conguaglio quanto versato con il proprio debito
contributivo; 
          peraltro, Cassazione n. 6351 del 30 marzo 2015 e Cassazione
n. 3214 del 2018, ricollegandosi a precedenti pronunce e valorizzando
l'incidenza del numero e della condizione psico-fisica dei componenti
del nucleo familiare e del  reddito  prodotto  dal  medesimo  nucleo,
hanno affermato la natura assistenziale dell'assegno  per  il  nucleo
familiare; 
        i) si e' dunque affermato che l'istituto  in  esame  realizza
una compenetrazione tra strumenti previdenziali  ed  assistenziali  e
precisamente tra quelli posti a tutela per il carico di famiglia, con
quelli apprestati a tutela di malattie, essendosi rivolta particolare
attenzione a quei nuclei familiari che presentano aree di  accentuata
sofferenza in ragione di infermita' che hanno  colpito  qualcuno  del
propri componenti e quindi tale istituto  integra  quelle  rientranti
nell'ambito della previsione di cui all'art. 11, paragrafo 1, lettera
d della direttiva  n.  2003/109/CE,  che  contempla  «le  prestazioni
sociali, l'assistenza sociale e la protezione sociale ai sensi  della
legislazione nazionale»; 
    9. La questione pregiudiziale  ha  dunque  avuto  ad  oggetto  il
quesito se, poiche' secondo il disposto della legge n. 153 del  1988,
art. 2, comma 6-bis, solo i familiari del cittadino  straniero  vanno
esclusi dal nucleo familiare qualora rientrino nello Stato terzo e la
loro residenza effettiva non possa piu' dirsi  in  Italia  e  non  vi
siano condizioni di reciprocita', la direttiva n.  2003/109/CE,  art.
11, paragrafo 1, lettera d), osti alla previsione  nazionale  citata,
precisato che per cittadino straniero deve  intendersi  il  cittadino
non appartenente all'Unione europea, ai sensi del decreto legislativo
25 luglio 1998, n. 286, testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina  dell'immigrazione  e   norme   sulla   condizione   dello
straniero, e successive modificazioni (testo unico immigrazione); 
    10. Con sentenza della CGUE Quinta sezione nella causa  C-303/109
del 25 novembre 2020, e' stato affermato che l'art. 11, paragrafo  1,
lettera d), della direttiva n. 2003/109 osta a una disposizione  come
l'art. 2, comma 6-bis, della legge n. 153/1988, secondo il quale  non
fanno parte del nucleo familiare di  cui  a  tale  legge  il  coniuge
nonche' i figli ed equiparati di cittadino di  Paese  terzo  che  non
abbiano la residenza nel territorio della Repubblica italiana,  salvo
che dallo Stato di cui lo straniero e'  cittadino  sia  riservato  un
trattamento di reciprocita'  nei  confronti  dei  cittadini  italiani
ovvero sia stata stipulata convenzione internazionale in materia  di'
trattamenti di famiglia, posto che la Repubblica italiana non  si  e'
avvalsa della deroga consentita  dall'art.  11,  paragrafo  2,  della
medesima direttiva non essendo espresso una tale intenzione  in  sede
di recepimento della direttiva n. 2003/109 nel diritto nazionale. Per
cui l'art. 11 della detta  direttiva  deve  essere  interpretato  nel
senso che esso osta a una normativa di  uno  Stato  membro  in  forza
della  quale,  ai  fini  della  determinazione  dei  diritti  a   una
prestazione di sicurezza sociale, non vengono presi in considerazione
i familiari del soggiornante di lungo periodo, ai sensi dell'art.  2,
lettera b), di detta direttiva, che risiedano non gia' nel territorio
di tale Stato membro, bensi' in un paese terzo, mentre vengono  presi
in considerazione i familiari del cittadino  di  detto  Stato  membro
residenti in un paese terzo, qualora  tale  Stato  membro  non  abbia
espresso, in sede di  recepimento  di  detta  direttiva  nel  diritto
nazionale, la propria  intenzione  di  avvalersi  della  deroga  alla
parita' di trattamento consentita dall'art. 11,  paragrafo  2,  della
medesima direttiva. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    12. Occorre dare esecuzione  alla  sentenza  della  CGUE  del  25
novembre 2020 sopra indicata in applicazione del  principio  generale
di cooperazione, il quale impone a tutte le autorita' statali di  non
adottare   atti   e/o   comportamenti   che    possano    determinare
l'inadempimento di obblighi comunitari; 
    13. Secondo la giurisprudenza  della  C.G.U.E.  (sentenza  del  3
febbraio 1977 Luigi Benedetti contro Munari F.lli s.a.s.) che  a  sua
volta si rifa' a propri conformi precedenti, «[...]  risulta  da  una
giurisprudenza costante che la sentenza con  la  quale  la  Corte  si
pronunzia in via pregiudiziale vincola il giudice  nazionale  per  la
definizione della lite principale (v.,  in  particolare,  sentenza  3
febbraio 1977, causa 52/76, Benedetti, racc. pag. 163,  punto  26,  e
ordinanza 5 marzo 1986,  causa  69/85,  Wünsche  Handelsgesellschaft,
racc. pag. 947, punto 13).  50  [...]  il  giudice  nazionale  ha  la
facolta' e, eventualmente, l'obbligo di deferire  alla  Corte,  anche
d'ufficio, una questione di interpretazione della sesta direttiva, se
ritiene che una decisione della Corte sia necessaria  su  tale  punto
per pronunciare la sua sentenza e, quando ha effettuato tale  rinvio,
e' vincolato dalla decisione della Corte allorche' esso pronuncia  la
sentenza che definisce la controversia principale»; 
    14.  In  particolare,  in  materia  di   rimozione   di   effetti
antidiscriminatori derivanti da atti normativi, (C.G.U.E  22  gennaio
2019 C-193/17) ha affermato che «[...]  se  e'  vero  che  gli  Stati
membri, conformemente all'art. 16 della direttiva  n.  2000/78,  sono
tenuti ad abrogare tutte le disposizioni legislative, regolamentari e
amministrative contrarie al principio della parita'  di  trattamento,
tale articolo  non  impone  loro  tuttavia  di  adottare  determinati
provvedimenti in caso di violazione del divieto di discriminazione ma
lascia ai medesimi la liberta' di scegliere, fra le  varie  soluzioni
atte a conseguire lo scopo che esso contempla, quella che  appare  la
piu' adatta a tale effetto, in funzione delle situazioni che  possono
presentarsi  (v.,  in  tal  senso,  sentenza  del  14   marzo   2018,
Stollwitzer, C-482/16, EU:C:2018:180, punti 28 e 30)»; 
 
           Rilevanze della questione di costituzionalita' 
 
    15. La Corte di giustizia con la sentenza indicata ha  dichiarato
l'incompatibilita' tra l'art. 2, comma 6-bis, decreto-legge n. 69 del
1988 conv. in legge n. 153 del 1988 ed il  principio  di  parita'  di
trattamento di cui all'art. 11, lettera  d),  direttiva  n.  109  del
2003:  cio'  si   traduce   nella   considerazione   che,   ai   fini
dell'eliminazione dell'effetto discriminatorio da rimuovere,  non  e'
tanto significativa la condotta (meramente esecutiva  della  volonta'
di legge) osservata dall'INPS nel  negare  la  prestazione  economica
dell'assegno per il nucleo familiare oggetto di  ricorso,  quanto  la
formulazione  della   disposizione   italiana   che   disciplina   la
fattispecie concreta, per cui per dare piena esecuzione alla sentenza
della CGUE in oggetto non e' sufficiente limitarsi  a  respingere  il
ricorso  per  cassazione  dell'INPS  confermando  la   pronuncia   di
affermata disapplicazione adottata dalla Corte d'appello; 
    in altre parole, ad avviso di questa Corte  di  legittimita',  la
questione di merito rimessa al proprio ambito di  giudizio  non  puo'
essere risolta procedendo alla mera «interpretazione  conforme»,  non
sussistendo  in  proposito  quel  margine  di  discrezionalita'   che
consente  all'interprete  di  scegliere   tra   due   interpretazioni
possibili  della  norma  interna,  a   fronte   della   chiarezza   e
inequivocita' dell'art. 2, comma 6-bis, decreto-legge n. 69 del 1988,
la' dove prevede: «Non fanno parte del nucleo  familiare  di  cui  al
comma 6 il coniuge ed i figli ed equiparati  di  cittadino  straniero
che non abbiano la residenza nel territorio della  Repubblica,  salvo
che dallo Stato di cui io straniero e'  cittadino  sia  riservato  un
trattamento di reciprocita'  nei  confronti  dei  cittadini  italiani
ovvero sia stata stipulata convenzione internazionale in  materia  di
trattamenti di famiglia»; 
    16. Neppure puo' farsi ricorso alla tecnica di  «disapplicazione»
della norma in esame, giacche' tale  evenienza  potrebbe  verificarsi
solo alla condizione che la direttiva sia dotata di efficacia diretta
cioe' che la norma contestata sia suscettibile di essere disapplicata
per contrasto con normative comunitarie; nel caso di  specie  non  e'
individuabile  una  disciplina   self-executing   di   tale   matrice
direttamente  applicabile  alla  fattispecie  oggetto  di   giudizio,
giacche' il diritto dell'Unione non regola  direttamente  la  materia
dei trattamenti di famiglia; 
    17. Piu' in  generale,  non  puo'  dirsi  che  in  via  ordinaria
attraverso l'utilizzo delle direttive,  in  materia  previdenziale  e
non, il diritto  dell'Unione  realizzi  l'effetto  di  sostituire  la
disciplina nazionale  con  una  propria  regolamentazione,  cosa  che
invece avviene ove vengano emanati dei regolamenti; 
    18. Cio' nonostante  la  progressiva  attenzione  posta  in  sede
europea  nei  riguardi  della  politica  sociale  (a  partire   dalle
modifiche al Trattato istitutivo del  1957  e  sino  al  Trattato  di
Lisbona del 2007, passando per l'Atto unico europeo del 1986, per  il
trattato di Maastricht del 1992 e per il Trattato  di  Amsterdam  del
1997), con  l'evidente  spinta  esercitata  nel  perseguimento  degli
obbiettivi della libera circolazione dei lavoratori all'interno dello
spazio  comune  europeo,   con   la   fissazione   del   divieto   di
discriminazione per nazionalita', ed ancor di piu' con la previsione,
ad opera soprattutto del fondamentale regolamento n. 1408  del  1971,
rielaborato dal regolamento n. 883 del 2004 ed  infine  adottato  dal
regolamento  n.  987  del   2009,   di   specifiche   discipline   di
coordinamento  delle  regole  nazionali  in  tema  di   contribuzioni
previdenziali   e   di   singole   prestazioni   che    costituiscono
l'inveramento del cd. principio di sussidiarieta'  (5,  paragrafo  3,
TUE, art. 152 TFUE) sul quale poggia l'intervento  delle  istituzioni
dell'Unione possibile quando: il medesimo non riguardi un settore  di
competenza esclusiva  dell'Unione  (competenza  non  esclusiva);  gli
obiettivi dell'azione  prevista  non  possono  essere  conseguiti  in
misura sufficiente dagli Stati membri (necessita'); l'azione puo',  a
motivo della portata o degli effetti della stessa, essere  conseguita
meglio a livello di Unione (valore aggiunto); 
    19. La direttiva n. 109  del  2003,  all'art.  11,  paragrafo  1,
lettere d), dunque, pur imponendo allo Stato italiano di non trattare
diversamente dagli altri destinatari, considerandoli quali componenti
del nucleo familiare ai fini del calcolo  dell'assegno  familiare,  i
congiunti del lavoratore non cittadino europeo anche se residenti  in
paese terzo, come ha affermato la Corte di giustizia con la  sentenza
del 25 novembre 2020 adita in via pregiudiziale da  questa  Corte  di
cassazione in seno  a  questo  stesso  giudizio,  non  e'  disciplina
completa che consenta di affermare in via diretta  il  primato  della
(inesistente) disciplina euro unitaria sulla disciplina nazionale; 
    20. In verita', l'affermazione che anche  tale  concreta  ipotesi
rientra nell'ambito protetto della direttiva (con  la  necessita'  di
applicare il principio di parita' di trattamento),  non  consegna  al
giudice nazionale un meccanismo normativo di' immediata  applicazione
che possa realizzarsi solo ove la  norma  europea  sia  in  grado  di
sostituirsi  integralmente,  nell'applicazione  concreta,  a   quella
nazionale; 
    21. Nel caso di specie, esclusa la possibilita'  di  interpretare
il testo di legge italiana in senso  conforme  alla  lettura  fornita
dalla  CGUE,  non  potendosi  dare  immediata  applicazione  ad   una
disciplina euro  unitaria  inesistente,  quella  che  viene  definita
«disapplicazione» altro non  realizzerebbe  che  una  modifica  della
norma  nazionale  mediante  la  sostituzione   del   criterio   della
reciprocita' ovvero della specifica  convenzione  internazionale  con
quello della parita' di trattamento, ove i destinatari diretti  della
prestazione siano cittadini di  paesi  non  europei  titolari  di  un
permesso di lungo soggiorno ai sensi della citata direttiva; 
    22. Tale operazione, del tutto distante dal fenomeno che si suole
descrivere con l'efficacia diretta delle direttive self executing, si
tradurrebbe inevitabilmente in un  intervento  di  tipo  manipolativo
inibito a questa Corte di  legittimita'  che,  nell'esercizio  di  un
doveroso self restraint, non puo' estendere i  propri  compiti  oltre
quelli  che  l'ordinamento  le  attribuisce   e   che   non   possono
oltrepassare i limiti della  interpretazione  ed  applicazione  delle
leggi; 
    23. In altre parole,  quando  - come  nel  caso  di  specie -  la
direttiva euro  unitaria  non  produca  effetti  diretti  e  non  sia
possibile ad essa adeguare in via interpretativa  le  regole  interne
(ostandovi il chiaro tenore letterale di queste  ultime),  non  resta
che investire della questione la Corte costituzionale. 
 
                     Non manifesta infondatezza. 
 
    25. Secondo l'interpretazione resa dalla sentenza della CGUE  del
25 novembre 2020 sopra citata a proposito della direttiva n. 103  del
2009 e segnatamente dell'art. 11, paragrafo 1, lettera d),  lo  Stato
italiano viola la direttiva  medesima  quando  con  l'art.  2,  comma
6-bis, decreto-legge n. 69 del 1988 conv. in legge n.  153  del  1988
non osserva la parita' di trattamento  tra  i  beneficiari  cittadini
nazionali ed europei e quelli appartenenti a paesi  terzi  che  siano
anche titolari di permesso di lungo soggiorno ai sensi della medesima
direttiva; tale accertata  incompatibilita'  rende  evidente  la  non
manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 2, comma 6-bis, decreto-legge n. 69 del 1988 conv. in legge
n. 153 del 1988 per violazione dell'art. 11 Cost.  e  dell'art.  117,
primo comma Cost., quest'ultimo in relazione all'art.  11,  paragrafo
1, lettera d) ed all'art. 1, paragrafo 1, lettera b),  la'  dove,  ai
fini della determinazione  del  diritto  all'assegno  per  il  nucleo
familiare, non  vengono  presi  in  considerazione  i  familiari  del
titolare di un permesso di lungo soggiorno,  ai  sensi  dell'art.  2,
paragrafo 1, lettere a), b) ed e) della direttiva  n.  2003/109/CE  -
Status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti  di  lungo
periodo. 
    26. La giurisprudenza costituzionale (Corte costituzionale n. 227
del 2010 e, in precedenza, le sentenze n. 232/1975, n.  183/1973,  n.
98/1965 e  n.  14/1964)  ha  individuato  il  sicuro  fondamento  del
rapporto tra ordinamento nazionale e diritto comunitario nell'art. 11
Cost., in forza del quale la Corte ha riconosciuto, tra  l'altro,  il
principio di prevalenza del diritto comunitario e,  conseguentemente,
il  potere-dovere  del   giudice   nazionale   di'   dare   immediata
applicazione alle norme comunitarie provviste di effetto  diretto  in
luogo di norme interne che siano con esse in contrasto insanabile  in
via interpretativa; ovvero di  sollevare  questione  di  legittimita'
costituzionale per violazione di quel parametro costituzionale quando
il contrasto fosse con norme comunitarie prive di effetto diretto. Il
novellato art. 117, primo comma,  Cost. -  che  pure  ha  colmato  la
lacuna  della  mancata  copertura   costituzionale   per   le   norme
internazionali convenzionali, escluse dalla previsione dell'art.  10,
primo comma, Cost. - ha dunque confermato  espressamente,  in  parte,
cio' che  era  stato  gia'  collegato  all'art.  11  Cost.,  e  cioe'
l'obbligo del legislatore,  statale  e  regionale,  di  rispettare  i
vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario. 
    27. Sempre la  giurisprudenza  costituzionale  su  richiamata  ha
affermato che non  puo'  attribuirsi  effetto  diretto,  al  fine  di
rendere  possibile  la  disapplicazione  della  normativa   nazionale
incompatibile, all'art. 12 del Trattato CE, oggi art.  18  del  TFUE,
che vieta ogni discriminazione in base alla nazionalita' nel campo di
applicazione del Trattato. Anche sotto tale profilo e' stato ritenuto
corretto il ricorso al giudice  delle  leggi,  poiche'  il  contrasto
della norma con il principio di non discriminazione non e' sempre  di
per  se'  sufficiente  a  consentire  la  «non  applicazione»   della
confliggente norma interna da parte del giudice  comune.  Invero,  il
divieto in esame, pur  essendo  in  linea  di  principio  di  diretta
applicazione ed efficacia, non e' dotato di una portata assoluta tale
da far ritenere sempre e comunque incompatibile  la  norma  nazionale
che formalmente vi contrasti, poiche' e'  consentito  al  legislatore
nazionale di prevedere una limitazione alla  parita'  di  trattamento
tra il proprio cittadino e il cittadino  di  altro  Stato  membro;  a
condizione che sia proporzionata e' adeguata. 
    28. L'ipotesi di illegittimita' della  norma  nazionale  per  non
corretta  attuazione  della  decisione   quadro   e'   riconducibile,
pertanto, ai casi in  cui,  secondo  la  giurisprudenza  della  Corte
costituzionale, non sussiste il potere del  giudice  comune  di  «non
applicare» la prima, bensi' il potere-dovere di  sollevare  questione
di legittimita' costituzionale, per violazione degli  articoli  11  e
117,  primo  comma,   Cost.,   integrati   dalla   norma   conferente
dell'Unione, ove, come nella, specie, sia  impossibile  escludere  il
detto contrasto con gli  ordinari  strumenti  ermeneutici  consentiti
dall'ordinamento. 
 
                          Thema decidendum 
 
    29. Il profilo della questione attiene, dunque,  alla  violazione
degli articoli  11  e  117  primo  comma  Costituzione  in  relazione
all'art. 2, paragrafo 1,  lettere  a),  b)  ed  e)  ed  all'art.  11,
paragrafo 1, lettera d) della direttiva n. 2003/109/CE del Consiglio,
del 25 novembre 2003, relativa allo status  dei  cittadini  di  paesi
terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, da parte dell'art.  2,
comma 6-bis, decreto-legge n. 69 del 1988 conv. in legge n.  153  del
1988 che assoggetta ad un regime peculiare,  regolato  dal  principio
della  reciprocita'  o  della  apposita  convenzione;  i  beneficiari
dell'assegno per  il  nucleo  familiare  non  cittadini  italiani  (o
europei) che non risiedano sul territorio  nazionale,  piuttosto  che
ispirarsi al principio di parita' di trattamento senza discriminare a
causa della nazionalita', come pure espressamente  vietato  dall'art.
11 della direttiva n. 2003/109 (applicabile  ai  cittadini  di  Paesi
terzi, titolari del permesso di lungo soggiorno come l'odierno contro
ricorrente) che espressamente prevede il diritto dei lavoratori e dei
loro familiari di cui all'art. 2, paragrafo 1, lettere a) b)  ed  e),
di beneficiare dello stesso trattamento riservato ai cittadini  dello
Stato membro in cui soggiornano per quanto concerne -  fra  l'altro -
all'art. 11, paragrafo 1,  lettera  d),  i  settori  della  sicurezza
sociale definiti nel regolamento (CE) n. 883/2004. 
    Consegue alle argomentazioni sin qui svolte, che deve dichiararsi
rilevante  e  non   manifestamente   infondata,   la   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 2, decreto-legge n. 69 del 1988
conv. in legge n. 153 del 1988 per  contrasto  con  gli  articoli  11
Cost. e 117, primo  comma,  Cost.  in  relazione  alla  direttiva  n.
2003/109, art. 11, paragrafo 1, lettera d) ed art.  2,  paragrafo  1,
lettere a) b) ed e), che prevedono il diritto dei cittadini di  paesi
terzi titolari di permesso di lungo soggiorno  di  beneficiare  dello
stesso trattamento riservato ai cittadini dello Stato membro  in  cui
soggiornano  per  quanto  concerne -  fra  l'altro -   all'art.   11,
paragrafo 1, lettera d), i settori della sicurezza  sociale  definiti
nel regolamento (CE) n. 883/2004. 
    A norma dall'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87,  va  dichiarata
la sospensione del presente procedimento con l'immediata trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale. 
    La cancelleria provvedera' alla notifica di copia della  presente
ordinanza alle parti e al Presidente del  Consiglio  dei  ministri  e
alla comunicazione  della  stessa  ai  Presidenti  della  Camera  dei
deputati e del Senato della Repubblica. 
 
                               P.Q.M. 
 
    La Corte di cassazione,  visti  l'art.  134  della  Costituzione,
l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e l'art. 23
della  legge  11  marzo  1953,  n.  87,  dichiara  rilevante  e   non
manifestamente infondata, la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 2, comma 6-bis, decreto-legge n. 69 de 1988 conv. in  legge
n. 153 del 1988 per violazione degli articoli 11 e 117, primo  comma,
Costituzione in relazione all'art. 2, paragrafo 1, lettere a), b)  ed
e) ed all'art.  11,  paragrafo  1,  lettera  d)  della  direttiva  n.
2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status
dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo,
nella parte in cui anche per i cittadini non appartenenti  all'Unione
europea titolari di permesso di  lungo  soggiorno,  prevede  che  non
fanno parte dei nucleo familiare di cui al comma 6 il  coniuge  ed  i
figli ed  equiparati  di  cittadino  straniero  che  non  abbiano  la
residenza nel territorio della Repubblica, salvo che dallo  Stato  di
cui lo  straniero  e'  cittadino  sia  riservato  un  trattamento  di
reciprocita' nei confronti dei cittadini italiani  ovvero  sia  stata
stipulata convenzione internazionale in  materia  di  trattamenti  di
famiglia,  diversamente  dagli  altri   beneficiari   non   cittadini
stranieri. 
    Sospende il presente procedimento. 
    Manda la cancelleria per gli adempimenti previsti  dell'art.  23,
ultimo comma, legge 11  marzo  1953,  n.  87  e  dispone  l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. 
        Cosi' deciso in Roma il 3 marzo 2021. 
 
                        Il Presidente: Manna